In uscita il 30/4/2014 (13,50 euro) Versione ebook in uscita tra fine maggio e inizio giugno 2014 (3,99 euro)
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DANIELA PICCOLI
SOGNI DI CRISTALLO
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SOGNI DI CRISTALLO
Copyright © 2014 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-6307-708-7 Copertina: Immagine Shutterstock.com
Prima edizione Aprile 2014 Stampato da Logo srl Borgoricco – Padova
Questo romanzo è opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o a personaggi viventi è da ritenersi puramente casuale
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Prefazione
Francis Scott Fitzgerald diceva che il vero motivo alla base della composizione di una storia dovrebbe essere proprio di “chi ha qualcosa da dire e non di una persona che vuol dire qualcosa”. Tale frase, significativa e profonda, mostra la differenza tra il vero scrittore e chi scrive soltanto, tra chi sceglie di tracciare concetti innovativi e chi segue le mode del momento. E la trama delicata di queste dieci storie rende giustizia a tale pensiero, perché la creatività di Daniela Piccoli la rende una scrittrice genuina e non un nome tra i tanti. “Sogni di Cristallo” percorre, grazie a uno stile semplice, temi entusiasmanti e sempre diversi con il meraviglioso - quel quid dagli anglosassoni chiamato “sense of wonder” - che fa capolino da ciascuna di queste pagine. Ma questo è anche un libro che parla della ricerca di se stessi, del tentativo che fanno alcune persone per capire il mondo in cui vivono e che, in un certo senso, temono. L’autrice non pretende di insegnare; suscita reazioni ora tristi ora entusiaste, consentendo a chi legge di aprire la propria mente verso mondi fantastici e sempre nuovi. Certamente, la narrativa della Piccoli è femminile così come senza dubbio lo è anche il suo stile, caratterizzato da tocchi riflessivi che rendono preziose le trame di questi racconti. Ma che siano donne di scienza o semplici cittadini, i protagonisti di queste shortstories hanno tutti una cosa in comune: la capacità di conserva-
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re la propria purezza critica in un mondo nel quale la società è orientata solo al potere e all’apparenza. Ciò concorre a fare di questo libro un’opera che seduce chi legge e lo accompagna per mano verso sentimenti, intenzioni, mire, ambiguità e desideri che cambiano il destino di chi non si sente capace di controllare la propria esistenza. Ed è proprio questa, forse, la qualità migliore di “Sogni di Cristallo”. Perché mostra l’insicurezza dell’essere umano che si evolve e capisce, non di rado a sue spese, che la società va affrontata di petto se non vuole soccombere davanti alle sue fredde e illogiche regole. Queste sono pagine da leggere e rileggere sempre, scritte perché tutti noi possiamo continuare a sognare e, alla fine, a riflettere. Massimo Valentini, scrittore di SF, Science-Fantasy, New Weird e Bizarro Fiction
Dedicato a coloro che amo
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L’amante perfetto
Kayraa distolse lo sguardo dal visore a parete. Poi tolse il vetrino da sotto il microscopio. Dal pannello scomparvero immediatamente molteplici bollicine colorate. “Interessante” pensò. Lo studio della Lenicitrocina stava dandole soddisfazioni. La malattia che cercava di debellare, una delle tante derivanti dalle manipolazioni genetiche che nel corso degli anni erano state eseguite per migliorare la vita del genere umano, non era per fortuna letale e presto sarebbe riuscita a curarla mediante il vaccino che stava studiando. Ripose la prova nel frigo conservatore e si preparò a togliere la tuta da lavoro e a buttarla nel cestino rifiuti. Mentre entrava nella stanza di sterilizzazione aspettando, prima di uscire, che la luce da rossa diventasse blu, si sorprese a pensare a quanta strada si fosse fatta nel campo della genetica. Sorrise pensando alla lotta che la scienza aveva dovuto fare contro gente bigotta, convinta che cercare di eliminare le malattie genetiche fosse un delitto contro la morale o contro Dio, o addirittura un tentativo di sostituirsi a Lui. Per fortuna la scienza era andata avanti e l’ignoranza alla fine aveva avuto la peggio, mentre nel mondo si era arrivati a far nascere solo bimbi perfetti. Un’umanità perfetta.
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Kayraa percorse il corridoio che portava all’uscita incontrando tre colleghi che stavano parlando del più e del meno. Sorrise loro e ne salutò una con maggiore enfasi perché era anche sua amica. Marnye era quasi sua coetanea, aveva cinquantacinque anni ma era come ne avesse trenta. La donna era arrivata nel frattempo a casa. L’aero-auto l’aveva portata in pochi minuti nel suo villino. Lo screening retinico aprì la porta e appena appoggiata la piccola borsa su un mobile si buttò di peso sul divano auto-massaggiante godendo di quel piccolo piacere. Qualche minuto più tardi, dopo essersi completamente rilassata, ad alta voce disse: «Computer, apri il programma numero L128.» Immediatamente nel mezzo della stanza si materializzò un uomo giovane e affascinante. «Amore» disse l’uomo tirandola su dal divano e abbracciandola «quanto mi sei mancata!» Affondando il viso nei suoi capelli, cominciò a darle tanti baci sul collo. Poi la scostò un attimo per guardarla in viso. La baciò sulla bocca prima dolcemente e poi con sempre più frenesia, cominciò a spogliarla con mani esperte, la sollevò e con lei in braccio attraversò la porta della camera da letto. Il mattino dopo Kayraa si svegliò ancora abbracciata a lui. Appoggiata con la testa sulla sua spalla, lo rimirava mentre il suo petto si alzava e abbassava mimando perfettamente il respiro di un uomo vero. Con la mano lei gli accarezzò i capelli fino ad arrivare a tocca-
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re il piccolo rilievo dietro l’orecchio, un piccolo rombo con racchiusa all’interno la scritta “JL”. La giovane donna chiuse un attimo gli occhi, poi con un sospiro disse ad alta voce: «Computer, apri programma numero L317.» L’uomo accanto a lei socchiuse le palpebre come se si stesse svegliando in quel momento, poi sollevò la testa, trovandosi con la donna accanto. Come da programma, per l’ennesima volta disse parole che lei ormai sapeva a memoria. «Amore, è bellissimo svegliarmi accanto a te ogni mattina.» L’uomo stava per baciarla di nuovo quando Kayraa disse: «Computer, chiudi questo programma e apri il numero L236.» Immediatamente l’uomo tornò alla posizione di dormiente per sbattere le ciglia come se si ridestasse in quel momento. Poi voltò il viso verso Kayraa, le sollevò il mento, la guardò negli occhi e le disse dolcemente: «Kayraa, ti amo.» E tornò a baciarla. La donna però si sentiva inquieta e strana quella mattina. Ormai conosceva tutti gli ottocento comportamenti del suo “uomo” e se ne sentì infastidita. Si scoprì a chiedersi cosa ci fosse in lei che non andasse, oppure che cosa ci fosse in lui. Con il suo ologramma stava bene, aveva trovato la serenità, il sesso, la dolcezza che nessun uomo poteva darle. Pensò all’umanità di un tempo, quando non erano stati ancora inventati gli Jackson Lovers; ai poveri uomini di quell’epoca, alla perenne ricerca di un’anima gemella che non esisteva.
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L’ologramma percepì che lei non collaborava e come da programmazione si scostò, la guardò negli occhi e poi con aria indagatrice e preoccupata le chiese: «Amore c’è qualcosa che non va? Ho fatto o detto qualcosa che ti ha offesa?» «No, Adam» rispose, mentre con un dito gli accarezzava una guancia «tu non hai fatto proprio niente. Anzi sei meraviglioso. Sono io che oggi non mi sento bene.» Lui si alzò dal letto e disse: «Ti porto una tisana? Sicura che non ti stia venendo un raffreddore?» Lei guardò il suo corpo statuario, i muscoli scolpiti e il volto bellissimo, poi scosse il capo e rispose: «No, tranquillo, nessun raffreddore. Voglio solo rimanere un po’ sola, se non ti dispiace.» «Va bene. Chiudo da solo il mio programma allora, ma appena mi vuoi di nuovo, chiamami.» Lanciandole un bacio mimato con le labbra, l’uomo svanì com’era apparso. Kayraa rise tra sé al pensiero di Adam, sempre preoccupato che lei avesse un raffreddore. Una delle poche “malattie” scomode che l’uomo non era ancora riuscito a debellare. Pensierosa la donna si alzò e si diresse fuori dalla stanza da letto. Quello era un giorno di riposo al laboratorio e quindi non aveva niente da fare. Così entrò in salotto e aperto un mobile ne tirò fuori un oggetto rettangolare. L’aveva trovato in un mercatino di cose antichissime e
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all’inizio non aveva nemmeno capito cosa fosse. Poi, dopo averlo aperto, aveva visto che era formato da fogli, tutti scritti in una lingua arcaica. E aveva capito: era un libro. Non ne aveva mai visto uno se non in una immagine nella rete. Incuriosita, l’aveva comprato e portato a casa. Poi lo aveva riposto in un mobile e se ne era dimenticata. Finché quella mattina le era tornato in mente. Andò in cucina, ordinò alla macchina del cibo la colazione e, con il vassoio e il libro, si diresse nel suo piccolo studio. Con l’aiuto del PC-767 tradusse in pochi minuti l’intero testo. E mentre mangiucchiava, cominciò a leggerlo. Il tempo passava e si ritrovò verso sera con le lacrime agli occhi. Andò a dormire senza richiamare Adam. Si svegliò la mattina seguente con la voglia di rileggere quella storia che l’aveva stregata. Si ritrovò così a immaginare una giovane donna affacciata a un balcone mentre scorgeva in giardino il suo amante che sfidava la morte per vederla un solo attimo. E la ragazza che si chiedeva perché, fra tanti ragazzi, si fosse innamorata proprio dell’uomo che la sua famiglia odiava. Un amore impossibile e bellissimo al tempo stesso, che sfociava in tragedia perché nessuno di loro poteva più vivere senza l’altro. Kayraa la rilesse due volte e sempre se ne sentì turbata. Aveva fatto ricerche. L’autore, un certo William Shakespeare, vissuto tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, aveva scritto altre tragedie, ma nella rete erano state tutte cancellate. Come erano stati rimossi tanti altri romanzi. «Tesoro» esordì Marnye «da un po’ ti vedo strana!»
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Stavano parlando del più e del meno, quando la sua migliore amica se ne uscì con quella frase. Erano in palestra attaccate entrambe a una macchina che prometteva una linea perfetta e tonicità muscolare come le ologramme più belle, con il minimo sforzo. «Dici?» rispose Kayraa con fare indifferente, mentre un piccolo sbuffo le sfuggiva dalla bocca. Annotò mentalmente di non credere più alle pubblicità ingannevoli che promettevano risultati fantastici senza faticare. «Sì» rispose l’amica ormai senza più fiato «sei strana da alcuni giorni.» «Oh basta! Computer finisci questa tortura e ferma questa dannata macchina!» gridò poi con l’ultimo filo di voce che le restava. «Computer termina anche questo programma» si affrettò a dire Kayraa. «Sai cosa ti dico? Non me ne frega niente di non essere come un ologramma femmina perfetto, se poi tocca soffrire in questa maniera!» Marnye prese l’asciugamano dalla maniglia dell’attrezzo e si buttò di peso su una poltroncina che era lì vicino, esausta. La sua amica fece altrettanto. Passarono così alcuni secondi, mentre cercavano di riprendere un po’ di fiato. Poi la scienziata più “anziana” riprese il discorso: «Sì cara, tu hai qualcosa che non va. E non dirmi di no, ti conosco troppo bene!» Si protese verso di lei in attesa di sentire la confidenza.
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«Va bene, è vero. Hai ragione. È che mi sento insoddisfatta, incompleta, come se mi mancasse qualcosa!» disse tutto d’un fiato la ragazza. «È qualcosa che ha a che fare con il tuo Adam? Guarda che te lo avevo detto che dovevi cambiare almeno il suo aspetto. Sempre lo stesso da almeno dieci anni! La vita sentimentale deve essere rinnovata ogni tanto, non si può rimanere statici. Devi mettere un po’ di pepe nell’amore. Hai provato a farlo con due? Guarda, è fantastico!» «No!» si affrettò a interromperla Kayraa prima che la sua amica spiegasse in maniera dettagliata le sue passate esperienze. «Non m’interessa fare sesso a due o tre.» «E allora cosa c’è?» chiese sempre più interessata l’amica. «È che non mi basta più l’amore di un ologramma!» Ecco, l’aveva detto. Aveva detto ad alta voce all’amica qualcosa che ancora non era riuscita a confessare nemmeno a se stessa. Marnye la guardò perplessa, come se non avesse capito. «E cosa vorresti?» chiese. La ragazza si guardò la punta delle scarpe da ginnastica, poi alzò lo sguardo verso l’altra e spiegò: «Io vorrei un uomo, uno vero. Uno che mi ami, ma non perché è scritto nel suo programma.» «Stai scherzando, vero?» la interruppe l’amica scandalizzata «non è possibile! Gli ologrammi sono la migliore invenzione che sia stata mai realizzata dopo il Long-Life! Come puoi pensare a un uomo vero? Vuoi rischiare la tua salute mentale? Vuoi innamorarti seriamente, essere tradita per un ologramma
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femmina, cadere in depressione e morire suicida?» Marnye cominciava a essere seriamente preoccupata per l’amica. «Non devi metterla così tragica!» si affrettò a rispondere la scienziata «chi ti dice che deve per forza finire con disperazione, depressione e suicidio?» L’amica si affrettò a guardarla bene negli occhi prima di affermare: «Kayraa, non puoi dire sul serio! Lo dicono le statistiche, gli studi effettuati in tanti anni. L’unione fra due esseri simili non può esistere, e comunque non durerebbe. Non durava quando la vita era la metà di adesso, figurati ora. Si cambierebbero amanti come si cambia una camicia e a innamorarsi davvero si soffre troppo. E poi nessun uomo reale vorrebbe una donna vera come compagna, al giorno di oggi. Loro possono permettersi tutte le ologramme che vogliono. Vorresti vivere in un harem pieno di rivali perfette?» «Hai ragione! Non l’avevo pensata in questo modo!» Kayraa si arrese alle argomentazioni più che logiche della sua amica, mentre un velo di malinconia ormai le ombrava il volto. «Dai, ho un rimedio per te» disse l’altra scienziata alzandosi e prendendola sottobraccio. «Ho sentito dire» continuò avviandosi con lei verso le docce «che il gruppo Jackson ha inventato un ologramma di nuova generazione! Non ha bisogno di essere programmato di volta in volta e prende l’iniziativa da solo. Insomma, dicono che sia più autonomo. Sarebbe come un uomo vero! Non è fantastico? Devi assolutamente provarlo e cambiare quel vecchio rudere
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del tuo Adam!» Seduta nella sala d’attesa dell’ufficio vendite di una filiale del Gruppo Jackson, Kayraa si chiedeva come avesse fatto la sua amica a convincerla. In fondo forse era un periodo passeggero, e ad Adam era affezionata. Una segretaria gentile si protese verso di lei: «La signora Kayraa Mitchell?» «Sì» si affrettò a rispondere la giovane. «Venga con me, il signor Kornell la sta aspettando.» E così facendo, la ragazza la introdusse in uno studio. Il signor Kornell, un uomo di mezza età, le tese la mano e la fece accomodare. «Signora Mitchell vedo, qui dalla sua richiesta, che lei vorrebbe rottamare il suo vecchio ologramma con uno di più nuova generazione.» Kayraa ebbe un piccolo sussulto. Rottamare il suo Adam non era proprio l’espressione che avrebbe usato lei. E dentro si sentiva come se stesse per assassinarlo. Certo Adam non era vero, non esisteva. In fondo, si convinse, era come quando era piccola e accantonava la bambola olografica vecchia per quella nuova. «Sono veramente contento della scelta da lei effettuata prediligendo la nostra azienda, che è all’avanguardia rispetto a tutte le altre.» Il dottor Kornell stava sciorinando le frasi di routine che, nella testa di Kayraa, entravano e uscivano mentre cercava di convincersi di aver fatto bene a rivolgersi a loro.
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«Ecco, ovviamente dobbiamo capire quali sono i suoi gusti e desideri per quanto riguarda la scelta del suo nuovo compagno. Per questo le faremo un test.» Il dottore continuò a parlare e mostrò un minuscolo oggetto con due piccoli elettrodi. A quel punto l’attenzione della giovane venne per forza catturata. «Vede, dobbiamo solo applicare questi alle sue tempie per circa un minuto. Tutto ciò sarà indolore e assolutamente non invasivo. E le informazioni dal suo cervello finiranno in questa matrix-mind. Qui verrà prodotta la matrice con le notizie che serviranno per confezionarle il suo uomo ideale. E badi bene che sarà la sua perfetta anima gemella, l’uomo dei suoi desideri. Ovviamente se le sue predilezioni in campo sessuale fossero, come dire» qui il signor Kornell si schiarì la voce con un leggero colpo di tosse «ehm… un tantino “pericolose” per la sua persona, il costo dell’ologramma sarebbe superiore al preventivo che le abbiamo mostrato. Sa, in quel caso si dovrebbe andare a ritoccare il programma principale standard che è costruito per non essere mai, e in nessun caso, lesivo per gli umani.» «No» chiarì Kayraa «non sono orientata verso quel genere di inclinazioni.» «Meglio così, signora Mitchell. In ogni caso si ricordi che la matrix-mind leggerà tutte le sue preferenze e il prodotto sarà esattamente ciò che lei desidera.» Il venditore rigirò ancora il piccolo manufatto fra le mani guardandola come se volesse vedere in lei chissà quali strane deviazioni. Poi continuò:
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«Bene. Allora se lei è decisa, ci basta solo che dia il suo consenso vocale e procederemo. Il suo ologramma sarà pronto fra circa due o tre giorni. Se non fosse soddisfatta, cosa finora mai successa con quest’ultimo prodotto, può recedere dal contratto entro due mesi e avrà di nuovo i suoi crediti indietro. Come sa siamo un’azienda seria in questo campo per questo abbiamo una clientela così vasta.» L’addetto alle vendite continuò descrivendo meraviglie della sua società. Kayraa si ritrovò fuori dall’ufficio, con il contratto già registrato. «Mi scusi!» disse l’uomo che le era andato addosso, all’uscita dal lavoro. «Aspetti, l’aiuto» aggiunse chinandosi «mi dispiace, si è fatta male?» Kayraa si era piegata per raccogliere gli oggetti sparsi sul terreno che erano usciti dalla sua borsa. L’uomo l’aveva urtata con tanta forza da farla quasi cadere. Si chiese dove stesse guardando quel tipo. Per cortesia, senza vederlo, continuando a raccogliere, disse: «Non fa niente. Non si preoccupi.» E si ritrovarono a prendere lo stesso oggetto. «Mi scusi ancora, sono proprio un imbranato…» L’uomo lasciò immediatamente l’oggetto alla donna, che fu costretta ad alzare la testa e a guardare il suo investitore negli occhi. Ebbe così modo di constatare che era sbadato, ma aveva un bel sorriso.
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L’incidente era concluso, la borsa era tornata al suo posto con tutto il suo contenuto. «È tutto a posto? Sicura che non si è fatta male?» chiese premurosamente l’uomo. «No, stia tranquillo, sto bene.» Involontariamente però si era toccata il braccio con una lieve smorfia di dolore. «Guardi che sono un dottore. È sicura di non volere che le dia un’occhiata? Io lavoro nell’ospedale che sta dietro a quel palazzo» insistette il giovane. «No, non è niente.» L’uomo la guardò rassicurato, ma aggiunse: «Va bene, ma se le dovesse servire, sa dove lavoro. Sono il dott. Jethro Kartryle.» Tese la mano per presentarsi con un altro dei suoi sorrisi. Gli occhi celesti gli davano l’aspetto di un uomo sincero e simpatico. Kayraa non poté fare a meno di sorridere a sua volta. «Piacere. Sono la dottoressa Kayraa Mitchell.» «È un dottore anche lei?» «Sono una ricercatrice.» Gli occhi dell’uomo ebbero un lampo d’interesse. «Fantastico! Una scienziata.» Poi, come se avesse dimenticato qualcosa, guardò l’orologio, che era un pezzo antico. «Accidenti» aggiunse a malincuore «sono in ritardo e oggi è il mio primo giorno di lavoro. Mi dispiace devo andare.» Poi s’informò:
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«Lei lavora in quell’edificio?» «Sì.» «Allora magari ci potremo incontrare e prendere qualcosa insieme. Non conosco nessuno in questa città.» L’uomo era indeciso se andare di corsa al lavoro o rimanere con la donna che aveva appena conosciuto. «Certo, magari ci rincontriamo» rispose, più per cortesia che pensando di ritrovarlo di nuovo, la scienziata. «Allora uno di questi giorni ci vediamo.» Il giovane le dette di nuovo la mano e corse verso l’ospedale. “Bell’uomo” considerò Kayraa ripensando al dottore. Quel sorriso e quegli occhi le sarebbero piaciuti nel nuovo ologramma che aveva ordinato. Peccato non averlo specificato, ma sperò che dalla matrix-mind avessero estrapolato anche informazioni di quel genere. Era passata più di una settimana e dall’industria Jackson non aveva avuto ancora notizie. Sentiva la mancanza di Adam ma era elettrizzata all’idea del nuovo ologramma appena ordinato. Forse Marnye aveva ragione quando diceva che bisognava cambiare. Nel frattempo però la sua attenzione era stata carpita dalla sua conoscenza con Jethro Kartryle. Si erano incontrati due volte dal giorno dello scontro. Avevano preso la prima volta un caffè al bar, la seconda erano andati a cena. Jethro era un ragazzo molto simpatico. Era socievole e spiritoso. Aveva un’opinione per qualsiasi cosa e lei si ritrovava a
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pensarla come lui su parecchi argomenti. Non tutti certo, ma molti. E poi certe volte sembrava che la capisse al volo, come se la conoscesse da sempre. C’era una grande sintonia tra loro. La sera che erano andati a cena, lui con fare distratto le aveva toccato la mano. Lei aveva fatto finta di niente ma dentro di sé il cuore le era salito in gola. Oppure si era fermato per qualche secondo? Si rese conto di non aver mai provato una cosa del genere. Forse doveva troncare la loro amicizia, forse doveva trovare una scusa per non uscire più con lui. S’immaginò un Jethro possessore di due ologrammi di sesso femminile che lo aspettavano sensuali nella stanza da letto, e che intanto si divertiva a fare girare la testa a una donna reale. Decise di non accettare il suo prossimo invito. Il giorno dopo però, quando la videochiamò, non riuscì a dirgli di no. Lui la portò su un ferryboat che attraversava il fiume della città di notte. Una cosa molto romantica. La città illuminata di notte era bellissima e la Luna splendeva alta nel cielo. Lei ebbe un brivido di freddo. Aveva dimenticato di portare qualcosa per coprirsi. Allora lui si tolse la giacca e gliela fece indossare nonostante le sue proteste. Poi le cinse le spalle con un braccio tirandola verso di sé. Il suo cuore cominciò a battere più forte. Voleva fuggire e nello stesso tempo non sarebbe mai andata via da lì, nemmeno se l’avessero trascinata di peso. Si stava cacciando in un grosso guaio. Non poteva innamorarsi di un suo simile. Non doveva. Andava solo incontro a dolore, depressione, suicidio. Eppure si sentiva leggera, felice. Come non si era mai sentita in
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vita sua. Era questo l’amore? Era questa sensazione a cui l’umanità aveva rinunciato per tutti quei secoli? Jethro stava indicando le stelle, il piccolo Carro, l’Orsa Maggiore, Sirio. Poi si girò verso di lei, le prese il mento con le dita lo volse verso di sé e le diede un bacio. Il primo fu a fior di labbra ma il secondo fu un bacio vero. Fu bellissimo. E Kayraa si ritrovò ormai innamorata irrimediabilmente e per sempre già dal primo. Quello dato a fior di labbra. E mentre ormai sentiva di essere sospesa in aria, udì a malapena Jethro che le diceva di aver cercato la Stella Polare e di averne trovata una tutta sua, sulla terra. I giorni insieme a Jethro, da quando vivevano insieme, scorrevano meravigliosamente. Di lui aveva saputo che non possedeva ologrammi femmine perché, come diceva spesso, preferiva avere una donna veramente innamorata piuttosto che entità artificiali programmate per esserlo. Era perfetto sotto ogni aspetto: intelligente, premuroso, spiritoso, sensibile, romantico, fantastico anche dal punto di vista sessuale. Qualche volta litigavano anche, ma erano bisticci stupidi come quando non si erano trovati d’accordo su quale film vedere la sera. Poi fare pace era meraviglioso. Lui era un uomo eccezionale eppure a volte si perdeva in un bicchiere d’acqua. E quando lei glielo faceva notare, soleva guardarla negli occhi e dire: «Ho bisogno della mia Stella Polare, perché senza di lei mi sento perso.»
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Kayraa era finalmente felice. Jethro era a lavoro, e lei stava bighellonando in casa. Pensò di controllare il suo conto crediti. Aveva sempre sognato di andare a Venezia, e voleva fare una sorpresa al suo compagno. Per il fine settimana voleva organizzare una gita romantica in quella città che era una delle poche ricostruita identica a com’era nel ventesimo secolo. Jethro amava le cose antiche, in particolar modo le città. Ne sarebbe stato felice. Controllò i crediti che aveva in banca. Se lo poteva permettere. Sorrise pensando al suo viso quando avesse saputo del viaggio. Poi una voce tra le uscite la colpì. La compagnia Jackson aveva ritirato la prima rata concernente il contratto che lei aveva stipulato. Solo allora si rese conto che però l’industria non le aveva mai consegnato l’ologramma. Strano, eppure era una ditta seria. Si ripromise che avrebbe chiarito l’indomani al più presto con una disdetta, entro poco sarebbe tornato Jethro. La serata era stata fantastica. Avevano cenato a lume di candela e poi avevano fatto sesso. Anzi non sesso, si sorprese a correggersi Kayraa, ma amore: quello con la A maiuscola. Intorno al letto, candele profumate illuminavano il buio della camera. Kayraa era sveglia mentre Jethro dormiva. Lei, appoggiata sulla sua spalla, si godeva lo spettacolo dei suoi lineamenti esaltati dalla penombra della stanza. Seguì leggera con il dito il suo
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petto che si alzava e abbassava al ritmo regolare del suo respiro, corse su per il pomo d’Adamo per poi toccare appena le labbra. Lui se le morse continuando a dormire. Lei tolse subito il dito, per poi farlo ricadere sui suoi splendidi capelli. Scese giù per l’orecchio. Senti una cosa strana, dietro, come un rilievo. Un sospetto, un atroce sospetto, le fermò il cuore. Pensò alla rata che il gruppo Jackson aveva riscosso. Risentì cupe nella mente le parole del signor Kornell: «E badi bene che sarà la sua perfetta anima gemella, l’uomo dei suoi desideri.» La luce della candela alla sua destra illuminò un piccolissimo marchio in rilievo: un rombo con un J e una L all’interno. Una lacrima scese giù dalla guancia di Kayraa. Jethro si svegliò, sentiva la spalla bagnata. Si voltò verso di lei. «Tesoro, ma tu stai piangendo!» disse sollevandosi dal letto e asciugando con la mano la lacrima che scendeva lungo il viso di lei «ho fatto qualcosa che ti ha offesa? Ti ho resa infelice?» Nella voce c’era preoccupazione, ansia, timore per la sua compagna. Lei accarezzò la mano che asciugava la sua lacrima, la tirò a sé e la baciò. «No amore, non hai fatto niente. Piango perché ti amo tanto.»
Fine anteprima.