SARA SANTINATO
ANIME PERDUTE
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ANIME PERDUTE Copyright Š 2012 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-6307-422-2 In copertina: Immagine Shutterstock.com
Finito di stampare nel mese di Marzo 2012 da Logo srl Borgoricco - Padova
A Santolo, che ha creduto in me e mi dona coraggio ogni giorno.
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CAPITOLO UNO KYLE HELLES
*** 1 Maggio *** Kyle aprì gli occhi e si accorse di essere sdraiato sopra una barella. I muri intonacati di bianco gli scorrevano veloci di fianco. Dei neon appesi al soffitto emettevano una luce bianca e scorrevano veloci sopra la sua testa, creando delle scie di luce. Due uomini con indosso dei cappelli e delle mascherine di stoffa azzurra lo guardavano dall’alto, ordinando cose a lui sconosciute e tenendolo fermo sdraiato sul letto. Un odore di ferro e medicinali gli arrivò alle narici e Kyle capì che si trattava del suo stesso sangue che stava uscendo dalla sua testa, che arrivava alla fronte e gli scorreva poi copioso su tutto il viso, arrivando fino al collo, per disperdersi prima nella camicia che portava e poi sulla fredda barella. Gli occhi cominciarono a bruciargli, non riusciva a tenerli aperti a lungo. Il sangue gli oscurava la vista e la testa gli doleva incredibilmente. Provò a girarsi e a muovere gli arti, per capire la situazione in cui si trovava, ma si accorse che gambe e braccia non lo ascoltavano più. Il terrore si impadronì della sua mente. Voleva fuggire, urlare, fermare quella folle corsa. Un violento pianto e delle suppliche gli arrivarono improvvisamente ai timpani. Capì che proveniva da dietro, era una voce familiare. Kyle cercò di guardarsi attorno per capire chi fosse a disperarsi, ma il dolore che sentiva quando provava a fare ogni minimo movimento non glielo permise. Cercò quindi di divincolarsi e di parlare, ma fu tutto inutile. Non riusciva a muoversi di un centimetro e le parole non gli uscivano dalla bocca. Un’infermiera dai sopraccigli spessi e dagli occhi piccoli correva accanto alla barella e appena riuscì a raggiungere l’estremità del suo braccio gli iniettò un liquido pungente con una siringa. Per qualche attimo una lieve pace lo consolò. L’attimo seguente invece
6 un’improvvisa fitta al petto gli fece alzare la schiena di due o tre centimetri per poi farla ricadere pesantemente sul letto. Chiuse gli occhi esausto e appoggiò di lato la testa privo di forze sulla dura barella, lasciando che il fato decidesse per lui. Era troppo stanco per lottare ancora, troppo impaurito, troppo solo. Kyle si alzò di scatto dal divano. Sudava e ansimava. Si guardò intorno spaventato, e solo dopo pochi secondi riuscì a ritrovare la lucidità perduta nel sonno. Aveva avuto il solito incubo che lo continuava a tormentare ormai da mesi. Come uno sciocco si era addormentato sul divano del suo appartamento, con ancora addosso i vestiti della domenica. Erano ormai sgualciti e madidi di sudore. Alzò il braccio e controllò l’ora che segnava il suo orologio da polso. Erano le due della mattina. Si alzò dal divano e si avvicinò alla grande finestra che occupava quasi tutta la parete di fronte. La luce che proveniva dall’esterno illuminava tutta la stanza. Aprì la grande vetrata e si affacciò dalla finestra. L’aria fresca della notte lo raggiunse, asciugandogli il sudore e rinfrescandolo. Si trovava al quarantasettesimo piano del suo palazzo, uno degli edifici più alti di San Francisco. La città era enorme e anche nell’oscurità riusciva chiaramente a distinguere i vari quartieri della zona, grazie all’illuminazione cittadina e privata. Nonostante fosse notte fonda, il centro dava ancora segni di vita, le macchine erano numerose e i bar e i locali erano più che mai nel vivo del lavoro. Rimanendo ad ammirare lo straordinario panorama che gli si presentava davanti, e che era solito guardare ogni giorno, Kyle sentì i rumori dei motori delle auto che correvano nelle strade sottostanti e le urla e gli schiamazzi di alcuni gruppetti di ragazzi che correvano e gridavano fra loro solo per attirare l’attenzione degli amici vicini. Sospirò ormai tranquillizzato, dimenticando lo strano sogno che aveva fatto. Lo ripeteva ormai da mesi e si era rassegnato a non comprenderlo. Era cominciato tutto qualche mese prima, e la prima volta era stato ore a pensarci, cercando di ricordare se avesse mai avuto un’esperienza simile. Interrogò anche la sua famiglia, chiedendo se mai da piccolo avesse avuto qualche tipo di incidente che lo avesse portato in un ospedale. Ma nulla. Era tutto frutto della sua strana fantasia. All’inizio se n’era fatto un problema, credendolo quasi una nefasta
7 previsione, ma con il passare del tempo era diventato un’abitudine. Ora l’incubo non lo turbava più. Kyle si prese le mani e allungò le braccia prima in avanti e poi in alto, sopra la testa, per stiracchiarsi. Le portò dietro al collo e le lasciò andare, ritornando nella posizione originaria. Era euforico e l’adrenalina gli scorreva nelle vene. Il momento che aspettava da anni stava per arrivare, e lui era troppo emozionato per ricominciare a dormire. Kyle aveva ricevuto una telefonata un paio di giorni prima da Michael Joanes, capo dell’ufficio del personale della Warren Wells, una delle banche più prestigiose del Paese, per chiedergli se era disponibile per un colloquio di lavoro. Erano anni che provava a spedire il suo curriculum ogni sei mesi e a chiamare per chiedere se erano libere delle posizioni lavorative per quella banca, e alla chiamata di Michael gli era parso di vivere in un sogno più che nella realtà. Quel giorno aveva chiamato di fretta il suo datore di lavoro, il Signor Larry Coen, direttore della Citybank, spiegandogli che si sarebbe preso un paio di giorni di permesso per prepararsi a un’importante occasione di lavoro. Dopo la chiamata, come prima cosa, aveva deciso di andare nel negozio in centro di sua sorella minore, Meredith Helles, per farsi sistemare capelli e barba. Uscendo dal negozio si era fermato nel centro commerciale della zona per procurarsi uno dei nuovissimi profumi di cui sentiva sempre parlare alla TV e alla radio. Doveva essere al meglio per lunedì, e anche l’aspetto fisico era di grande importanza, soprattutto in un colloquio che sarebbe durato solo una decina di minuti. Alla fine della giornata era ritornato nel suo appartamento ed era rimasto fino a notte fonda a fare ricerche in internet sulla storia aziendale della grande banca, imparando a memoria tutti i nomi dei precedenti direttori e i grandi investimenti che avevano permesso all’istituto di credito di diventare famoso e conosciuto in tutto il mondo. La mattina seguente si era recato a Lopez Avenue, un quartiere un po’ fuori dal centro di San Francisco, per incontrare i suoi genitori e la famiglia della sorella, che era solita riunirsi ormai da anni ogni domenica per un pranzo in famiglia. In quell’occasione era stato ben attento a non svelare l’importante colloquio che si sarebbe tenuto il giorno dopo. Se l’avesse saputo suo padre, Gregory Helles, non sarebbe più riuscito a rimanere tranquillo e a fare l’incontro nei migliori dei modi. In fondo quello che importava a
8 Kyle non era cambiare il suo lavoro con un posto migliore, visto che lavorava già in una delle banche più famose del Paese, la Citybank, ma solo riuscire a rendere orgoglioso suo padre. Gregory Helles era un uomo molto esigente, e in tutta la sua vita Kyle non aveva fatto altro che cercare di soddisfarlo in ogni cosa. Amava la sua famiglia e voleva essere amato a sua volta, ma più di tutto cercava in suo padre l’approvazione in tutto quello che faceva. Entrare alla Warren Wells avrebbe voluto dire diventare oggetto dell’orgoglio di Gregory, cosa che lui aveva desiderato fin dalla tenera età. Dopo la giornata passata in famiglia Kyle era rientrato nel suo appartamento, a Mission Street, ed esausto si era sdraiato nel divano di casa, rimanendo a fissare un punto vuoto del soffitto, ripetendosi a mente il discorso migliore da fare il giorno dopo, finché non si era addormentato e poi risvegliato dall’incubo. Kyle chiuse la grande finestra e si trascinò verso la camera da letto. Non poteva permettersi di non dormire, doveva essere lucido. Si spogliò rapidamente e si intrufolò nel letto, coprendosi solo con un leggero lenzuolo. La mattina seguente Kyle si svegliò in ritardo. Non fu molto allarmato dal fatto. Il colloquio sarebbe iniziato alle undici, e lui aveva tutto il tempo necessario per prepararsi e arrivare in orario. Alzandosi cominciò a ripetersi ad alta voce il discorso imparato a memoria che aveva interrotto la sera prima addormentandosi. Non perse tempo ad aprire le imposte e andò velocemente a farsi una doccia per togliersi l’odore pungente del sudore che aveva addosso e per prepararsi di tutto punto. Indossò il suo miglior completo: una camicia classica bianca con una giacca nera leggera, abbinata a un paio di pantaloni scuri e una fine cintura in pelle. Si incamminò velocemente verso l’uscita, fermandosi davanti a un piccolo specchio rotondo appeso sopra un mobiletto con il telefono di casa e si guardò attentamente. Era così elegante che sembrava pronto per un matrimonio. Aveva capelli tagliati corti e castani, il viso giovane dai lineamenti fini e dagli occhi marroni. Sospirò e uscì velocemente di casa, recuperando la valigetta ventiquattrore nera e un mazzo di chiavi. Oltrepassò velocemente il corridoio del palazzo, arrivando davanti all’ascensore che lo portò nel parcheggio sotterraneo.
9 La temperatura era bassa e Kyle si strofinò le mani per riscaldarsele. L’inizio di maggio non era mai molto caldo e la costante umidità unita a un soffio continuo di gelido vento faceva abbassare ulteriormente la temperatura, creando un clima ancora primaverile. Kyle si avvicinò di corsa alla sua vettura, una Jeep Grand Cherokee grigia metallizzata. Aveva sempre pensato che la sua macchina fosse un po’ inusuale per la vita di città, ma di certo rimaneva la sua preferita. Le macchine fuoristrada lo facevano sentire più sicuro e più a suo agio. Salì nella vettura e uscì dal parcheggio, venendo inondato dalla luce grigia del mattino. Qualche spiraglio di sole, che era riuscito a liberarsi dalla spessa corazza di nuvole grigie che lo coprivano, illuminava debolmente la città, cercando di diradare la costante nebbia che avvolgeva gli alti edifici, di asciugare la leggera brina che si era formata sopra a ogni filo d’erba verde durante la notte, e di riscaldare i piccoli animali nascosti tra le foglie dei rami degli alberi. Percorrendo la lunga via Kyle si accorse che la città grigia e fredda era nel vivo del lavoro. Notò alcuni impiegati che si fermavano a guardare le vetrine dei negozi, sotto pesanti tende di stoffa scura; altri che passeggiavano velocemente per raggiungere il posto di lavoro, fermandosi a volte in qualche bar per prendere una bibita calda da bere in ufficio o mentre aspettavano un taxi; e un gruppetto di persone che attendeva in disordine alla fermata dell’autobus il mezzo pubblico per raggiungere la propria destinazione, spettegolando e schiamazzando. Si girò e vide alcune casalinghe che camminavano cariche di buste della spesa sui grigi marciapiedi, dirette alle proprie abitazioni, pensando alla ricetta migliore da preparare; e infine vide un paio di venditori ambulanti che sistemavano la propria bancarella per iniziare a vendere, cercando di accaparrarsi il posto migliore e più visibile ai passanti. Kyle accelerò, arrivando velocemente fino all’inizio di Embarcadero, una strada formata da quattro corsie. Percorsi pochi metri fu costretto a rallentare la sua corsa, fino a fermarsi dietro a una fila infinita di altre macchine. Le vetture davanti a lui procedevano molto lentamente, fermandosi ogni paio di metri dietro ad altre vetture, aspettando pazientemente di riprendere la lenta marcia. Kyle abbassò il finestrino, facendo entrare dell’aria fredda dentro alla vettura, e allungò il collo per vedere la strada di fronte. Si accorse che era intasata dal traffico, a malapena riusciva a vedere la fila di palme che si ergeva dal marciapiede in cemento che costeggiava la sinistra, e
10 il mare con il porto della città alla destra. Si ritrasse e chiuse il finestrino, accendendo il riscaldamento della macchina. Una tiepida brezza cominciò a uscire dalle bocchette d’aria, riscaldando gli interni della vettura. Dopo una mezz’ora abbondante, l’uomo cominciò a colpire ripetutamente con il dito anulare il volante nero dell’automobile, creando un rintocco quasi musicale. Non poteva rimanere in quella situazione senza fare nulla. Chiamare sarebbe stato inutile, di certo il direttore non sarebbe rimasto ad aspettare proprio lui. Abbassò nuovamente il finestrino dell’auto infilandoci la testa dentro per guardare cosa bloccasse tutte quelle macchine. L’altezza della sua vettura gli permise di vedere un paio di vetture oltre la sua, la visuale però si fermava su un camioncino bianco con la dicitura “Prodotti surgelati freschi”, stampato in grosse lettere sul retro dello stesso. Kyle guardò prima dietro e poi avanti, e cominciò a suonare rumorosamente il clacson del fuoristrada, cercando di mobilitare chissà che cosa. «Merda! Con questo traffico non arriverò mai!» gridò ad alta voce sbattendo un pugno sul volante. Sbirciò velocemente l’orologio elettronico sul quadro motore dell’auto. Erano quasi le undici. Il colloquio sarebbe dovuto iniziare fra una quindicina di minuti. Sbuffò e ricominciò a suonare in continuazione il clacson, accelerando e avanzando di qualche centimetro, fino a riuscire ad aprirsi un varco tra una Mustang e una Cadillac che gli erano davanti, e a salire sul marciapiede pedonale della grande via alla sua sinistra. Sorrise alla riuscita della sua impresa e accelerò sorpassando tutte le vetture in colonna, girando alla fine per arrivare a Washington Street, la via che precedeva la banca. Svicolando e sorpassando diverse macchine Kyle oltrepassò anche Washington Street, fino a riuscire a immettersi in Montgomery Street, dove vide avvicinarsi sempre più il Transamerica Pyramid, il palazzo della banca. Continuò a procedere con calma verso il grande grattacielo, intrappolato ancora nell’intenso traffico cittadino. Erano ormai le undici passate. Arrivato sotto l’edificio, fermò la macchina proprio davanti all’entrata e fissò con rammarico la grande porta che divideva il marciapiede in cemento dal prezioso pavimento in marmo. Aveva perso quell’importante opportunità. «Mi scusi signore?» urlò un ragazzino da dietro al finestrino dell’auto sbattendoci l’anulare sopra un paio di volte.
11 Kyle trasalì per lo spavento. «Può lasciare la macchina a me, garantirò io la sicurezza della sua auto fino al suo ritorno dal Transamerica Pyramid» aggiunse. Kyle allungò il collo per vederlo meglio, indossava una divisa rossa a righe bianche e nella targhetta agganciata al petto del giovane, lesse le parole “Servizio del Transamerica Pyramid”. “Deve essere il parcheggiatore del palazzo” pensò. Sapeva di essere in forte ritardo, e che il signor Wells non lo avrebbe più ricevuto, ma la tentazione di provare era comunque forte. Era la sua ultima occasione. «Ragazzo te le lascio per pochi minuti» disse al parcheggiatore lanciandogli le chiavi dopo essere sceso dal fuoristrada. Camminò velocemente oltrepassando l’auto e il marciapiede in cemento e si diresse verso la porta scorrevole d’entrata del possente grattacielo. Entrando venne colpito subito dalla maestosità della banca. I pavimenti erano di un arancione abbastanza forte e nel marmo risplendeva la luce che proveniva dai grandi lampadari a piramide, formati da gocce di cristallo, che decoravano il soffitto della hall. Piante che adornavano l’atrio si ergevano nei vari spazi vuoti della stanza, e persone che si affrettavano a destra e a sinistra, cariche a volte di decine di documenti in mano, correvano velocemente fra i vari uffici. Kyle si diresse verso la lunga scrivania della reception, che copriva tutta la parete alla sinistra dell’entrata. Dietro al lungo tavolo, ad accoglierlo, furono due belle e giovani ragazze, entrambe vestite con un elegante gessato e una camicetta bianca molto scollata, che lasciava scoperto il collo e faceva intravedere il seno. Kyle si avvicinò e sbirciò per un attimo dentro alla scollatura. «Buongiorno. Sono Kyle Helles e ho un colloquio con il direttore Wells. So di essere…» la ragazza della reception lo interruppe alzando l’indice della mano. La segretaria alzò gli occhi verso il cielo e assunse un’espressione scocciata. «Il direttore è in ritardo. Si accomodi nella sala d’attesa, la contatterò appena possibile» disse come se stesse recitando una frase imparata a memoria. Il telefono appoggiato di fianco alla segretaria cominciò a squillare e la ragazza repentina rispose, non degnando più Kyle di un solo sguardo. Lui fece un grosso sorriso e si allontanò dalla scrivania.
12 Nonostante la maleducazione della segretaria le sue parole gli erano sembrate come una benedizione. Gli sembrava un sogno avere l’occasione di fare il colloquio nonostante il forte ritardo. Se tutto poi fosse andato bene forse sarebbe anche riuscito a ottenere il posto tanto ambito. Kyle si guardò attorno e vide una stanza che pensò essere adibita per l’attesa dei visitatori. Una targhetta attaccata sopra la pesante porta glielo confermò. Entrando nella stanzetta notò altre tre persone che stavano sedute in silenzio sulle comode poltroncine che offriva la sala. Una donna sulla quarantina leggeva una rivista di moda, ed era vestita molto elegantemente, portando i capelli raccolti con una forcina piena di luccicanti brillantini. Un uomo era seduto nell’angolo più in fondo della stanza, e per qualche ragione sembrava essere molto nervoso, faceva oscillare in continuazione il piede. “Forse sta aspettando da troppo tempo” pensò Kyle guardandolo. Un ultimo uomo invece era seduto vicino alla porta d’ingresso. Si notava subito la valigetta in pelle nera che aveva appoggiato vicino alla poltrona. “Sarà sicuramente un rappresentante di qualche tipo” suppose. Kyle si guardò attorno con attenzione esaminando le poltroncine che erano rimaste. Decise di sedersi più vicino possibile all’entrata. Non voleva di certo rischiare di non sentire la chiamata della segretaria. Incrociò le gambe e cominciò ad attendere il trascorrere del tempo, sbirciando a volte l’orologio che portava al polso. Tra il silenzio dell’edificio, rotto solamente dagli squilli dei telefoni, Kyle, sorridendo fra sé, pensò che era un uomo molto fortunato. Nonostante le cose tristi che gli erano accadute nella sua vita, quelle veramente importanti gli erano sempre andate bene. Alla fine era riuscito a ottenere tutto quello a cui aspirava, un’ultima cosa gli rimaneva da realizzare, ed era anche quella più importante, sposare la donna che amava.
13 *** 2 Maggio *** Le pesanti e grigie nuvole rendevano la giornata buia già dal primo mattino e la bassa temperatura imponeva agli abitanti del luogo di indossare dei vestiti pesanti, quasi invernali, nonostante il mese primaverile. Kyle Helles, estasiato per la risposta positiva del direttore della Warren Wells, non faceva eccezione. Indossava un lungo capotto nero e si preparava per uscire di buon ora dal suo appartamento, per dirigesti alla Citybank, il suo vecchio posto di lavoro, per dare le dimissioni. Il giorno prima, subito dopo il colloquio, aveva chiamato Larry Coen, il suo vecchio direttore, avvisandolo che era finalmente riuscito a entrare alla Warren Wells. Il vecchio capo di Kyle, felice per il suo impiegato, aveva sbrigato la pratica di licenziamento il giorno dopo, così facendo avrebbe consentito al suo dipendente una quindicina di giorni di vacanza per organizzarsi al meglio, per iniziare il nuovo lavoro in tutta tranquillità. Kyle uscì dal suo appartamento, chiudendo la porta a chiave, e s’incamminò di fretta per il largo corridoio dell’edificio, prendendo l’ascensore che lo portò verso il parcheggio sotterraneo, sfregandosi le mani per cercare di riscaldarsi dal freddo mattutino. Dal suo appartamento alla banca c’erano solo pochi chilometri di tragitto e dopo aver percorso una decina di minuti in mezzo al traffico, Kyle arrivò a Mission Street, dove sorgeva la Citybank. Parcheggiò davanti all’edificio e scese dal fuoristrada, rimanendo fermo a guardare l’entrata della banca. Ora gli sembrava piccola e insignificante. Si sentì subito in colpa per averlo pensato e sorrise un po’ malinconico, distogliendo lo sguardo. Prese fiato e si guardò attorno per imprimersi nella mente i minimi dettagli di quel luogo. Nonostante fossero anni che frequentava quella zona, non aveva mai notato la piccola fontana in marmo eretta sotto un grande pino e circondata da un leggero prato e una bassa recinzione alla destra dell’entrata né il piccolo negozio di prodotti stranieri sul lato opposto della strada, seguito da una bottega di animali con un’insegna alquanto bizzarra. Sorrise e oltrepassò la porta mobile dell’edificio, entrando nella Citybank. Aveva trascorso anni in quell’edificio e incontrato ogni giorno le stesse persone, andarsene era difficile. Un paio d’ore di saluti e congratulazioni dagli ex colleghi, e Kyle diede l’addio al suo vecchio posto di lavoro. Uscì carico d’orgoglio
14 reimettendosi nuovamente nel traffico cittadino in direzione di O’Farrell Street, per raggiungere il bar del suo migliore amico, Raymond Collins. Si erano conosciuti da piccoli e da allora non si erano più separati. Avevano la stessa età e Ray era proprietario di un locale al centro di San Francisco. Kyle voleva che fosse Ray il primo a sapere che era stato assunto alla Warren Wells, avrebbe così mostrato tutto il suo entusiasmo solo a lui, il suo confidente più caro. Non poteva far vedere a Gregory che era così fiero di essere entrato alla Warren Wells. Quando glielo avrebbe detto, da lì a due o tre giorni, il tempo necessario per riuscire a diminuire l’estasi, voleva mostrare un atteggiamento piuttosto indifferente, almeno suo padre non avrebbe capito spudoratamente che il solo motivo per cui si era dato tanto da fare per entrare in quella banca era la sua approvazione. Dopo aver attraversato abbastanza velocemente la città, Kyle parcheggiò il suo fuoristrada nella via adiacente al bar di Raymond. Scese e proseguì a piedi sul marciapiede che costeggiava la strada, fino ad arrivare davanti al locale. O’Farrell Street era una via molto commerciale, a destra e a sinistra si potevano trovare diversi tipi di negozi e servizi, dall’agenzia immobiliare, al piccolo supermercato. Era sempre colma di pedoni e di automobili che con il loro rumore tenevano sveglio il quartiere. Il locale di Raymond si presentava bene, ed era molto conosciuto nella zona limitrofa. Il bar era stato ideato per avere un aspetto antico, come i vecchi saloon tipici degli Stati Uniti occidentali. La vetrata lo ricordava in tutto e per tutto. Una cornice di legno delimitava interamente il perimetro della vetrina e la scritta “Western Caffè”, dipinta in marrone scuro con i tipici caratteri dei vecchi saloni, era sistemata nel centro. Entrando notò che il bar era abbastanza affollato. Alcune tazze e piattini sporchi erano appoggiati alla rinfusa su un paio di tavolini di legno, in attesa che qualcuno li raccogliesse e li pulisse. Un tavolo era circondato da ragazzi che sembravano studenti universitari e mentre chiacchieravano fra loro giravano gli stuzzicadenti degli aperitivi con aria annoiata dentro ai bicchieri; un altro tavolo era occupato da due signori di mezza età, che guardavano fuori dalla finestra mentre bevevano lentamente qualcosa di caldo da due grandi tazze in ceramica; un ultimo tavolo invece era occupato da una famiglia di stranieri, che leggevano il menu con aria perplessa, chiedendosi il significato delle parole. Il continuo chiacchierio dei clienti non fece capire a Kyle quale
15 canzone la radio del locale stesse mandando, di solito era musica soft e mai niente di moderno. Kyle cercò Raymond con lo sguardo, e lo trovò nella parte sinistra del bancone, la più lontana dall’entrata, intento a parlare con una seducente ragazza bruna. Kyle si avvicinò ai due sedendosi un paio di sgabelli più a destra, aspettando una reazione dal suo amico. I due invece non si accorsero della sua presenza. La loro discussione era molto animata. Kyle, che non volle essere indiscreto, si schiarì la gola per farsi notare. Raymond si girò di scatto, credendo che ad aver disturbato la sua conversazione fosse stato un cliente infastidito dall’attesa. I suoi occhi per un attimo si aprirono, e il suo viso assunse un’aria molto sorpresa, quasi spaventata. «Kyle! Che cosa ci fai qui?» domandò. Raymond si voltò una seconda volta verso la sua interlocutrice, e con una voce un po’ fredda gli chiese di andarsene. La donna sistemò alcuni dépliant che erano sparsi sul bancone dentro a una grande borsa di stoffa nera, si alzò, salutò velocemente Raymond e uscì in fretta dal locale. Kyle guardò il suo amico, e si accorse che era molto nervoso. Decise che era meglio non chiedere nulla di quella donna, anche se a vederla gli era sembrata una giovane rappresentante o una venditrice di qualche genere alimentare. «Sono passato per salutarti. Volevo raccontarti quello che mi è successo ieri. Se sei impegnato me ne vado, vedo che ci sono molti clienti seduti ai tavoli, stanno aspettando te?» domandò. «No, non preoccuparti, c’è Ben che sta servendo ai tavoli, io mi occupo in maggior parte del bancone» rispose girandosi verso le mensole che erano appese alla parete alle sue spalle. Guardandosi in giro Kyle notò il ragazzo nominato un attimo prima da Raymond, Ben. Era un ragazzino con un lungo grembiule nero che gli arrivava sotto le ginocchia, era molto alto e portava i capelli tagliati corti. Correva velocemente qua e là portando, con un vassoio, ogni tipo di pietanza ai tavoli, ciambelle, muffin, fette di torta e naturalmente bibite, caffè e alcolici. «Sembra bravo il ragazzino. Nessun cliente si sta lamentando per l’attesa. Quando l’hai assunto? Devo venire più spesso, ho visto che hai aggiunto anche qualche mobile nuovo e la scelta degli alcolici è notevolmente aumentata. Ah, grazie» disse prendendo il bicchiere riempito a metà di scotch che gli era stato offerto da Ray. Kyle cominciò a girare lentamente il bicchiere, facendo oscillare il liquido
16 ambrato che ne era contenuto. Continuando a osservarlo attentamente, riprese il suo discorso. «Sono venuto per raccontarti quello che mi è successo ieri. L’altro giorno ho ricevo una chiamata da uno dei segretari del Direttore Wells, capo della Warren Wells, che mi chiede se sono disponibile a un incontro con il direttore il giorno dopo. Immagina il mio stupore! Sono anni che ogni sei mesi invio un mio curriculum aggiornato, e penso che sia stato proprio questo a consentirmi di fare il colloquio. Il giorno dopo sono andato per presentarmi al direttore, mi ha fatto parecchie battute sulla mia insistenza per lavorare presso di loro. Alla fine si è alzato, mi ha stretto la mano, e mi ha detto: “Signor Helles, ci vediamo fra quindici giorni, la prego di arrivare in orario”. E così stamattina sono andato a dare le dimissioni alla Citybank. I miei colleghi non ci credevano. Ora ho una quindicina di giorni liberi. Penso che mi riposerò un po’ oziando tutto il giorno» concluse. Alzò di scatto il gomito bevendo con un solo sorso tutto il drink. Quando lo scotch fu finito Kyle sbatté rumorosamente il bicchiere vuoto sul bancone, sorridendo al suo amico con aria compiaciuta. «Complimenti Kyle. Ora sei ufficialmente il figlio preferito di Gregory. Immagino che glielo avrai già detto» rispose Ray bloccandosi il momento dopo. Si girò guardando la parte iniziale del bancone. Un cliente stava alzando il braccio per chiamarlo. Ray alzò il tono di voce e gli urlò: «Un attimo prego!» Alzò la mano e si scusò con Kyle, allontanandosi e avvicinandosi al cliente in attesa. Kyle lo esaminò, era un uomo robusto con barba e baffi in disordine, chinato sulla parte destra del bancone, vicino all’entrata del locale. Cercò di ascoltare quello che i due stavano dicendo, e capì che il cliente era indeciso su quale alcolico prendere. L’astuzia di Raymond a vendere drink però ebbe la meglio, e fece scegliere al cliente uno dei cocktail più costosi del locale. Il barista si voltò verso il grande mobile dietro di lui, contenente un centinaio di bottiglie, e, scegliendone attentamente tre, servì il cliente, preparando velocemente un moderno cocktail. Finito di servire il cliente Raymond si girò e ritornò verso di lui. «Vedo che hai da fare. Per questo non vengo mai a trovarti sul lavoro. Dobbiamo uscire una sera di queste per festeggiare. Voglio invitare Lisa. Tu invita quella bella ragazza che hai fatto scappare prima!» disse con tono scherzoso.
17 Raymond restò un attimo in silenzio, poi rispose: «Certo Kyle. A presto.» Kyle pensò che la sua esitazione nel rispondere fosse dovuta al fatto che non volesse parlare dell’argomento, quindi, senza aggiungere altro, si alzò dallo sgabello, salutò il suo amico con la mano, e proseguì dritto verso l’uscita del locale.
*** 7 Maggio *** Dalla mattina presto, a Lopez Avenue, Rosaline Hope aveva iniziato a organizzare un buon banchetto per la festa in onore di suo figlio maggiore. Aveva cominciato a fare spazio nel grande salone di casa spostando tutto il mobilio alle estremità della stanza, riuscendo così a ottenere molto spazio, poi aveva disposto una riga di tavoli di legno al centro del salotto, abbellendoli con delle tovaglie bianche a ricami azzurri. Al centro di ognuno aveva appoggiato grandi vassoi in argento, alcuni vasi riempiti di fiori e qualche candela bianca. All’estremità della grande sala, vicino alle scale che portavano al piano superiore per le stanze notturne, era riuscita ad arrangiare un piccolo bar, appoggiando un lungo tavolo in plastica e ricoprendolo con una tovaglia rossa dalla spessa stoffa, sistemandoci sopra parecchie bottiglie di alcolici e diversi bicchieri in vetro. Gregory Helles, che era stavo svegliato prima del solito dalla moglie, era stato molto felice di aiutare Rosaline a organizzare la festa per la sera. Sarebbe stata un’ottima occasione per vantarsi con i suoi amici ed ex colleghi della carriera che suo figlio maggiore stava per cominciare. Da quando aveva saputo che suo figlio era riuscito a entrare in una delle banche più importanti del Paese, non faceva altro che imitare alla sua famiglia le varie espressioni che i suoi conoscenti avrebbero fatto una volta che gli avesse detto dell’assunzione. Il pomeriggio, secondo le direttive della moglie, si era mobilitato ed era andato in una pasticceria per prendere diversi tipi di dolci da offrire agli ospiti alla fine della serata, e li aveva sistemati sopra a dei vassoi rotondi che Rosaline aveva poi appoggiato sul tavolo pensato proprio per i dessert, quello più in fondo alla sala.
18 Nel giardino sul retro della villa, Gregory aveva poi sistemato tavoli di plastica e sedie, in modo da poter permettere agli invitati di accomodarsi all’aria aperta quando lo desideravano. Era ancora maggio e le serate fresche non permettevano di uscire liberamente senza la paura di prendere freddo o di ammalarsi. Alcuni degli ospiti però avevano il vizio del fumo, e per loro sarebbe stato comodo sedersi all’aperto per fumare in tranquillità. Gregory aveva pensato ore per cercare un modo per migliorare ulteriormente la serata, e quello era stato il suo contributo maggiore. Cosicché alla fine della giornata, la casa degli Helles era stata organizzata a festa. La porta era stata spalancata, tutte le luci erano state accese, le bottiglie aperte e i vassoi riempiti con antipasti caldi e profumati. Tutto era finalmente pronto per dare inizio alla festa per l’assunzione alla Warren Wells di Kyle Helles, il loro primo figlio trentenne, laureato a Stanford. «Kyle Helles finalmente è entrato alla Warren Wells!» urlò Meredith alzando il bicchiere in segno di brindisi. La notizia era ormai già nota da giorni all’intera famiglia Helles e ai numerosi ospiti che erano presenti nel grande salone organizzato a festa. Gregory fu il primo ad alzare il bicchiere e a congratularsi per l’ennesima volta con il proprio figlio. Kyle guardò gli occhi e il viso di suo padre e finalmente vide in lui il sorriso di orgoglio che tanto bramava di ottenere. Ringraziò la sorella, le andò vicino e la baciò sulla guancia, prendendo il bicchiere di champagne che gli stava offrendo. Meredith era una giovane donna di ventotto anni, sposata con un uomo molto paziente di nome George Crown, avevano due splendide bambine di quattro e sei anni, Flora e Rose. Era proprietaria di un negozio di acconciature e trattamenti femminili al centro di San Francisco comprato dal padre per un suo capriccio ma che, con gli anni, anche grazie all’aiuto di sua madre, era riuscita ad ampliare trasformandolo in un piccolo patrimonio per la sua famiglia. La signora Rosaline Hope aveva sempre desiderato che entrambi i figli avessero una carriera rispettabile, e quando la figlia più piccola stava per aprire l’attività, era andata tutta eccitata in un negozio pubblicitario per inserire annunci sui giornali e nella radio della città per incrementare le vendite. Rosaline e Gregory si erano conosciuti in una bella giornata di sole al Golden Gate Park, a ventitré anni. Entrambi frequentavano il parco periodicamente, per lunghe camminate o anche solo per sedersi in una
19 panchina e rimanere un po’ all’aria aperta. Dopo che Gregory aveva visto Rosaline seduta sull’erba a leggere un libro, si era avvicinato, si era seduto accanto a lei e aveva cominciato a esporle le sue opinioni sul racconto che stava leggendo. Rosaline era rimasta affascinata dal modo che aveva avuto Gregory di avvicinarla e da quel momento i due non si erano più separati. Gregory era sempre stato un ragazzo molto chiuso e disciplinato, l’incontro con Rosaline l’aveva portato a frequentare pub e feste universitarie, cosa per lui molto difficile visto che non vi aveva mai partecipato prima di allora. Rosaline era invece una ragazza molto socievole, aveva tanti amici, amava viaggiare e fare sempre nuove esperienze, era semplice e vivace, tutto l’opposto della ragazza che Gregory avrebbe pensato di sposare. I due invece si sposarono dopo pochi anni, finita l’università, e andarono ad abitare insieme nella stessa città in cui entrambi erano nati e cresciuti, San Francisco. «Una città con mille possibilità per i nostri figli» aveva sempre dichiarato Gregory. Entrambi avevano sempre desiderato il meglio per i propri figli, iscrivendoli alle migliori scuole private e facendo frequentare loro corsi di ogni genere. Dopo che entrambi i figli si erano realizzati professionalmente, i genitori di Kyle e Meredith avevano potuto tirare un sospiro di sollievo, e iniziare a godersi la vecchiaia come meglio potevano. Oltre alla famiglia della sorella e ai suoi genitori, alla festa per l’assunzione di Kyle alla Warren Wells erano stati invitati dei colleghi di lavoro della Citybank, tre amici ed ex colleghi del padre con rispettive mogli, e i suoi due migliori amici, Raymond Collins e Lisa Daemon, una ragazza conosciuta all’università diversi anni prima in uno dei tanti corsi che seguiva assiduamente. La passione di Lisa era il disegno e l’arte. Diventare un giorno una famosa pittrice era un’ambizione che si portava dietro fin dai tempi dell’università. I tre ragazzi si frequentavano ormai da anni. Kyle aveva presentato Lisa a Raymond qualche mese dopo averla incontrata, portandola nel bar del ragazzo. I tre si erano subito trovati bene insieme, e da allora non si erano più separati. A volte capitava che non si vedessero per parecchio tempo per lavoro o per qualche storia d’amore appassionata, ma prima o poi sentivano la mancanza l’uno dell’altro e si chiamavano per una cena o una bevuta raccontandosi cos’era successo nel tempo che non si erano visti.
20 Meredith, qualche giorno prima, saputo che il fratello era finalmente riuscito a entrare alla Warren Wells, aveva insistito per fare una festa in famiglia. Era molto amica sia di Lisa che di Raymond, entrambi conosciuti grazie a Kyle, che non aveva esitato a far incontrare la sua famiglia ai suoi due migliori amici. Il bancario era stato costretto dalle continue insistenze della sorella ad acconsentire a dare una festa e a invitare i suoi amici a casa dei suoi genitori, dando così la notizia della sua assunzione a Lisa insieme a tutti gli altri, anche se avrebbe preferito dirglielo in privato. Kyle, dopo aver brindato per l’ennesima volta, si diresse in cucina per aiutare la madre con i preparativi della festa. Trovò Rosaline inginocchiata davanti allo spesso e ardente vetro del forno, intenta a esaminarne il contenuto. Indossava un completo molto elegante, una gonna a tubo nera con un cardigan rosso dal collo moderno. Il solito grembiule dalle tinti forti nascondeva in parte il completo. Le figlie di Meredith, Flora e Rosa, erano sedute su due alte sedie di legno, appoggiate con i gomiti sull’isola della cucina, e stavano sistemando alla meglio degli antipasti di pasta sfoglia ripieni di tonno, salmone, o formaggio, prendendoli da un grande cesto e ordinandoli su un elegante vassoio in argento. «Avete bisogno di aiuto?» domandò Kyle avvicinandosi al tavolo e afferrando uno degli stuzzichini. «Cosa stai facendo?» urlò arrabbiata Rosaline che si alzò e gli andò incontro rubandogli il piccolo antipasto dalla mano «sei venuto per aiutare o per mangiare?» domandò infastidita guardandolo torva. «Entrambi non si può?» chiese guardando le bimbe e facendogli l’occhiolino. Le due risero, divertite dal gesto dello zio. «Aiuta Flora e Rosa. Io devo controllare queste patate nel forno» ordinò avvicinandosi e abbassandosi nuovamente verso la fornace «non capisco se sono pronte.» Kyle sorrise, conoscendo la maniacale fissazione di Rosaline quando si trattava di organizzare qualche festa. Si avvicinò e si sedette in una sedia vicino alle bambine, cominciando pazientemente ad aiutarle nel loro lavoro. «Santo cielo non capisco se devo toglierle» brontolò Rosaline. «Cosa c’e mamma?» sbuffò Meredith scocciata entrando in cucina «mi farai diventare pazza! Spostati e fammi vedere» ordinò abbassandosi verso il forno e guardando oltre il vetro. «Togliamole altrimenti si bruceranno!» aggiunse.
21 Rosaline si alzò in fretta e prese da sopra al tavolo un paio di guantoni da forno, che infilò velocemente nelle mani. Meredith aprì la porta del forno spargendo un delizioso profumo in tutta la cucina. Rosaline si abbassò ed estrasse la grande placca nera colma di invitanti patate, appoggiandola sul tavolo. «Kyle prendi quel vassoio e mettici dei tovaglioli di carta, muoviti!» ordinò Rosaline repentina. Kyle si alzò con uno scatto dalla sedia ed eseguì l’ordine della madre, aiutato dalla sorella, sistemando il vassoio vicino alla placca, sul tavolo. «Le sistemo io!» disse Rose. «No, tu non le tocchi proprio!» replicò Meredith. Rosaline si avvicinò al tavolo e con l’aiuto di due grandi cucchiai di legno sollevò le patate distribuendole nel vassoio preparato. Le due bimbe allungarono il collo, per guardare i movimenti della nonna. «Ecco fatto!» disse Rosaline piena d’orgoglio guardando i due vassoi colmi di pietanze «ora possiamo portali in salotto.» «Facciamo io e Rosa!» urlò Flora alzando il braccio per farsi vedere. Rosaline guardò Meredith, in cerca dell’approvazione della figlia. Meredith acconsentì con un lieve movimento della testa. «Va bene ma fate attenzione, uno a testa. Sistemateli sul primo tavolo. Avete capito?» chiese Rosaline alle nipoti. «Sì!» replicarono in coro le due bambine prendendo ciascuna un vassoio e dirigendosi lentamente fuori dalla cucina. «Ma Raymond e Lisa ancora non sono arrivati?» chiese Kyle rivolto a Meredith. «Raymond sì. L’ho visto prima mentre andava incontro a Gregory. Lisa invece deve ancora arrivare, probab…» «Non vi preoccupate prima o poi arrivano» interruppe Rosaline che si era avvicinata al frigo. Lo aprì, estraendone un piccolo pacco rettangolare di carta grigia che appoggiò sul tavolo ora vuoto. «Meredith, comincia a sistemare questo roast beef» ordinò avvicinandosi alla credenza e aprendo un cassetto. Ne estrasse velocemente due taglieri rotondi che posizionò vicino alla confezione di salume appoggiato sul tavolo. Meredith si sedette su una delle sedie e cominciò a scartare la confezione di carta per liberare la carne. Delle finissime fette rosse e rotonde di roast beef erano ordinatamente sistemate sopra alla carta ora stesa, divise a file da uno strato sottile di altra carta trasparente. Kyle si
22 avvicinò e allungò la mano afferandone una, mettendosela poi tutta in bocca e cominciando a masticarla voracemente. «Kyle!» gridò infastidita Rosaline ancora una volta. «Ho fame» disse inghiottendo la carne «hai preparato per tutti tranne che per noi.» Meredith rise e Rosaline fece altrettanto dopo aver visto l’espressione di Kyle. «Sembri un bambino. Alzati e apri il frigo. Devi prendere quel pezzo di formaggio che sta appoggiato sul piano inferiore. È rivestito da una carta marrone. L’ho preso ieri a quel supermercato di prodotti stranieri. Il commesso mi ha detto che è piccante.» «Finalmente posso mangiare qualcosa» disse Kyle fiducioso. «Ne voglio un pezzo anch’io!» aggiunse Meredith. Il bancario si avvicinò al frigo e lo aprì. Con lo sguardo cercò fra le varie pietanze il pezzo di formaggio descritto, e lo trovò in mezzo fra una confezione di pane per tramezzini e a un barattolo di ketchup. Lo prese e lo appoggiò sul tavolo togliendone la carta. Rosaline gli passò un piccolo coltello dal manico corto e chiaro, e dalla punta a forma di freccia molto larga. «Devi fare dei pezzetti e sistemarli qui» disse, indicando con la mano il secondo tagliere che aveva messo sul tavolo vicino al formaggio. Kyle restò in silenzio, con il coltello in mano pronto a colpire il formaggio, a fissare sua madre. Si voltò e guardò Meredith che stava sistemando ordinatamente l’affettato sull’altro tagliere. «Non si mangia questa sera. Arrenditi Kyle!» disse ridendo Meredith. Kyle alzò le spalle ridendo a sua volta e si sedette sulla sedia vicina alla sorella e cominciò a spezzare la grossa forma di formaggio con il coltello creando dei piccoli pezzi tutti di forma e dimensione diverse che caddero sulla carta e un po’ sulla tavola. Rosaline si avvicinò nuovamente alla credenza, aprì due ante di vetro ed estrasse quattro coppette di vetro spesso, basse e dal largo diametro. Le appoggiò sul tavolo sistemandole in fila e ritornò alla credenza prendendone altrettante, che sistemò ancora sul tavolo. Fece questa operazione diverse volte, fino a riempire gran parte della superficie del banco della cucina. Si spinse ancora fino al frigorifero, lo riaprì e prese un grande contenitore di plastica che appoggiò sul tavolo. Ritornò alla credenza e aprendo il cassetto prese un grande cucchiaio di alluminio. Si sedette su una delle sedie che circondavano il tavolo e mischiò, con l’aiuto del cucchiaio appena preso, il contenuto del recipiente, una macedonia fatta
23 con svariati tipi di frutta, mele, pere, kiwi, banane, uva, ananas e mandarini. Usando sempre il cucchiaio cominciò a prendere la dolce frutta dal grande recipiente e a riempire le piccole coppe di vetro. Rosa e Flora nel frattempo erano entrate in cucina e si avvicinarono alla mamma correndo e gridando. «Mamma! Rose si è sporcata il vestito!» urlò Flora indicando la sorella. Meredith si voltò di scatto per guardare l’abito rosa chiaro che indossava Rose. Una grande macchia rossa era al centro della gonna. Meredith sospirò, e Kyle rise guardando l’espressione della sorella. La donna si alzò e si avvicinò al lavello, prendendo un panno da dentro al cassetto e bagnandolo leggermente con un po’ d’acqua. «Vieni che te lo sistemo» disse stanca. «Con chi stai parlando? È scappata» disse Kyle ridendo nel vedere la faccia arrabbiata della sorella. «Tu resta qui e non ti muovere. Mi hai sentita?» domandò minacciosa Meredith a Flora, guardandola infastidita. «Sì» rispose la bambina sedendosi vicino allo zio. Meredith strinse il panno umido e si avviò alla ricerca della figlia, scomparendo oltre l’arco della cucina. «Dai piccola aiutami a sistemare questo formaggio nel vassoio» disse Kyle alla nipote. «Sì zio!» rispose lei contenta. Kyle prese un pezzettino di formaggio avvolgendolo dentro a una fetta di roast beef. Guardò il suo piccolo involtino e lo porse a Flora che lo prese in mano guardandolo a sua volta. «Sei un pessimo aiutante Kyle!» disse la madre sbuffando, accortasi di quello che aveva fatto il figlio. Intanto Flora masticava il piccolo involtino. «Finisci di sistemare tutto velocemente e vattene in salotto. Sei il festeggiato non puoi stare sempre in cucina!» ordinò infastidita Rosaline. «È una buona scusa per cacciarmi» disse Kyle guardando Flora e colpendola leggermente con il gomito. La bambina rise, divertita dal gesto dello zio. «Nonna!» urlò Rose entrando in cucina e avvicinandosi alla donna passandole il panno umido che aveva preso Meredith prima. «Mamma ha detto che non devo più mangiare altrimenti mi sporco ancora» disse tristemente alzando la gonna e facendo vedere la macchia scura bagnata dall’acqua del panno in mezzo al vestito.
24 «Non ti preoccupare amore. Mangia tutto quello che vuoi» la rassicurò Rosaline prendendo prima il panno e abbassandole poi il vestito. Velocemente Kyle finì di sistemare i piccoli stuzzichini nei taglieri e lasciò il suo posto a Rose che si sedette accanto alla sorella. Baciò le due bimbe e uscì dalla stanza, lasciando le nipotine alle cure della nonna. Uscito dalla cucina proseguì lungo il corridoio che passava davanti alla porta d’ingresso. Si fermò e notò che il piccolo mobile vicino all’entrata, prima abbellito solo da qualche sopramobile, ora era colmo di pacchi regalo colorati. Si voltò e guardò fuori dalla porta rimasta aperta per gli ospiti. La notte era limpida e buia e il giardino era illuminato solo dai lampioni sui marciapiedi e dalla luce che oltrepassava i vetri della casa. Proseguì verso il salotto e cominciò a cercare con lo sguardo i suoi due amici fra gli invitati e la fila di tavolini colmi di stuzzichini. Notò Raymond in piedi vicino al tavolo più lontano, sotto la rampa di scale che portava al piano superiore, intento a bere un drink e a chiacchierare con Gregory. Cercò ancora e si accorse di George che prendeva alcuni piccoli triangoli di pane spalmati di salsa al caviale sistemandoli, uno sopra all’altro, in un piattino di ceramica che teneva in mano. Si voltò e vide finalmente Lisa, a poca distanza, vicina a Meredith, intenta a parlare di chissà che cosa con sua sorella. Meredith stava ridendo e Lisa sembrava confusa. Dopo un attimo si accorse che anche Lisa sorrideva. “Forse Meredith le sta raccontando aneddoti su qualche cliente” pensò. Kyle si avvicinò alle due donne che si girarono per salutarlo. Guardò negli occhi sua sorella per un istante e, come se avesse la capacità di leggere nel pensiero, Meredith si allontanò dai due con una scusa, lasciandoli da soli a parlare. «Sono molto felice che tu sia qui con me questa sera. Era da tanto che non ci sentivamo. Mi dispiace che hai saputo della mia assunzione solo oggi. Te l’ha detto Meredith o Gregory? È strano che mio padre non abbia messo i cartelloni per tutta San Francisco. Raymond comunque già lo sapeva. Sono andato a trovarlo al bar il giorno seguente. Dopo il colloquio di lunedì mi hanno dato a disposizione una quindicina di giorni per prepararmi a cambiare ufficio e ho detto a Ray che avrei passato tutto il tempo a dormire, invece fra Meredith e Rosaline non sono riuscito a riposarmi, trovano sempre qualcosa da farmi fare» disse sorridendo «volevo chiamarti per organizzare qualcosa ma mia sorella ha insistito per fare questa stupida festa.»
25 Kyle guardò per un attimo Lisa e si accorse che la donna aveva un’espressione perplessa. Pensando di aver detto qualcosa di stupido, cercò di cambiare argomento. «Ho sentito che hai trovato casa vicino al Museo di Arti Moderne. Complimenti. So che è un quartiere in cui è difficile trovare appartamenti ancora vuoti. Ti sei già trasferita?» Kyle guardò attentamente Lisa ancora una volta. La donna indossava un mini abito giallo chiaro con dei decori marroni e calzava delle scarpe basse e bianche, molto eleganti. I capelli color biondo scuro erano raccolti in uno chignon, lasciando spazio ai lunghi orecchini che le cadevano fino all’esile collo dalla carnagione chiara. Rimase incantato a fissare gli occhi verdi della sua amica, pensando che ogni volta che la vedeva era sempre più bella. Era difficile ammetterlo con se stesso ma l’unica donna che aveva sempre desiderato era lì, davanti a lui. «È vero, sono riuscita ad affittare casa solo una settimana fa. Ho pensato che abitando vicino al museo sarei stata più informata sulle mostre e sui concorsi organizzati che si tengono. Era da molto tempo che la cercavo. Ancora non mi sono trasferita e sono ancora molto impegnata con il trasloco. Non ho avuto quasi più tempo per altro. Pensavo avessi da fare altrimenti ti avrei chiamato per aiutarmi. Ci voleva questa tua assunzione per farci riunire. Complimenti ancora» concluse abbassando e distogliendo lo sguardo. Kyle si avvicinò di qualche passo e la baciò sulla fronte, un po’ confuso per la reazione della donna. «Spero che sia l’ultima volta che ci separiamo per così tanto tempo, mi sei mancata molto. E la prossima volta che ti serve aiuto chiamami!» «Va bene. Grazie» disse dopo una breve pausa di silenzio. Kyle notò che Ray si stava avvicinando a loro tenendo alte e in mano due bottiglie di birra, quindi alzò la mano a sua volta per salutarlo. Lisa si girò per vedere a chi si stava rivolgendo. Il barista abbracciò il festeggiato e, passandogli un braccio attorno al collo, gli chiese di andare fuori con lui in giardino. Kyle non fece nemmeno in tempo a scusarsi con Lisa e a salutarla, che Ray lo trascinò sul retro della villa, passando per il salotto e per il corridoio che precedeva la cucina. Usciti nel giardino Ray lasciò la presa e si sedette su uno dei gradini di casa Helles, appoggiando sul freddo cemento una delle due bottiglie di birra. «È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo riuniti tutti e tre. Tu sei sempre impegnato con il lavoro, Lisa con i suoi quadri, e io
26 con il mio bar. A proposito, ho aggiunto parecchie cose sul menu, devi venire a provare i nuovi caffè aromatici che ho messo in vendita da poco. Ancora non c’erano quando sei venuto a trovarmi» disse alzando il braccio e sorseggiando la birra dalla bottiglia. Kyle lo guardò e si sedette sullo stesso gradino, al suo fianco. Le nottate di maggio a San Francisco erano sempre molto fresche, e quella notte non faceva eccezione. «Ne stavo parlando anche con Lisa prima. A proposito Ray, ho intenzione di chiederle se vuole uscire con me. È troppo tempo che aspetto.» Kyle guardò nuovamente il suo amico che ancora una volta bevette un po’ di alcol dalla sua bottiglia di vetro. «Bene Kyle! Anch’io ho intenzione di chiedere alla ragazza che hai visto al bar di uscire. Penso di piacerle.» Raymond gettò la bottiglia vuota che aveva in mano sull’erba umida del giardino, liberando un lieve tonfo. Allungò il braccio e prese quella che era per Kyle, appoggiata sui gradini. Si alzò e rientrò in casa. Kyle piegò la testa all’indietro e guardò la porta del retro richiudersi. Si sdraiò sui gradini e fissò il cielo. La notte limpida gli permise di vedere chiaramente la luna, piena e maestosa al centro di un intenso blu, circondata solo da qualche stella solitaria. Guardando il cielo cominciò a ripensare alla prima volta che aveva incontrato Ray. I due si erano conosciuti alle scuole elementari e da allora avevano passato tutti i pomeriggi insieme. Non si erano mai separati e fra loro c’era un’amicizia fraterna. Kyle aveva sempre sentito molto la mancanza di una figura maschile amica, il padre con lui era sempre stato molto severo e con la madre e la sorella non poteva parlare liberamente di quello che voleva. L’incontro con Ray per lui era stato come una benedizione, era sempre stato orgoglioso del suo amico, e mai avrebbe rinunciato a lui per amore di una donna. Ad accezione di Lisa però. Il sentimento che provava per lei era troppo intenso, e non avrebbe potuto rinunciare al suo amore per nessuno. Aveva preferito dire chiaramente a Ray cosa pensava di Lisa, e cos’aveva intenzione di fare, non per avere un suo consenso, ma per rispetto verso l’amicizia che li univa ormai da molti anni.
27 *** 10 Maggio *** Qualche giorno dopo la festa, Kyle, sdraiato nel suo letto, fissava con aria assente il soffitto del suo appartamento al quarantasettesimo piano. Durante la notte non aveva fatto altro che pensare al giorno dopo. Aveva già deciso che avrebbe chiamato Lisa per chiederle di uscire, ma non sapeva quali parole usare. Ora che si era fatta mattina inoltrata, poteva finalmente chiamarla senza paura di disturbarla. Il bancario si alzò dal letto ancora mezzo intontito per la nottata in bianco, oltrepassò la camera da letto e il grande salotto, e si avvicinò al telefono appoggiato sul mobiletto vicino all’entrata. Indossava solo dei boxer celesti e una canottiera leggera bianca. L’appartamento era ancora avvolto nell’oscurità e solo qualche raggio di sole che filtrava dalla persiana lo illuminava. Con un po’ di esitazione alzò la cornetta del telefono componendo con assoluta certezza i numeri sulla tastiera. Il numero di Lisa lo ricordava a memoria ormai da anni, ma solo poche volte l’aveva chiamata. Attraverso la cornetta sentì lo squillo del telefono riecheggiare nei suoi timpani. Aspettando impazientemente una risposta dall’altro lato, cominciò ad avvolgere il filo del telefono nel suo dito per togliersi un po’ d’ansia. «Pronto?» rispose dall’altro lato una voce femminile che riconobbe subito per Lisa. «Ciao Lisa, sono Kyle. Ti disturbo?» chiese ansioso «Che piacere sentirti Kyle! Non mi disturbi affatto. È successo qualcosa?» «No, niente di importante. Volevo invitarti a cena questo fine settimana.» Con il cuore in gola attese una risposta. «Che splendida idea! Sai dove abito vero? In Third Street. Cerca la mia Rabbit rossa, così sei sicuro di non sbagliare. Voglio farti vedere l’appartamento prima di andare. Mi puoi venire a prendere per le otto. Va bene?» «Certamente. A domenica per le otto allora. Ciao.» Kyle riagganciò velocemente il telefono, restando a fissare la cornetta per un paio di secondi. Era andata bene. Poteva finalmente dire alla ragazza che amava ciò che provava da sempre.
28 Dopo poco la chiamata, Kyle Helles uscì dal suo appartamento dirigendosi con il fuoristrada verso Montgomery Street. Dal vetro dell’auto, bagnato da piccole e leggere gocce di pioggia, vedeva il grande edificio della Warren Wells farsi sempre più vicino. Sorrise senza rendersene conto al pensiero che entro pochi giorni sarebbe andato a lavorare presso quella grande banca. Parcheggiò l’auto nel parcheggio sotterraneo dell’edificio, quello riservato ai dipendenti, e scese dall’auto guardandosi intorno. Il parcheggio era formato da molteplici corsie e i posti macchina disponibili sembravano infiniti. Alzò lo sguardo e notò le file di lunghi neon che illuminavano la zona. Notò di aver parcheggiato subito dopo la porta scorrevole dell’ascensore. Cercò con lo sguardo le rampe di scale, per non essere costretto a prenderlo, e le trovò subito vicino, dietro a una porta di alluminio. Oltrepassò la porta e cominciò a salire le rampe che portavano alla hall, i gradini erano di cemento e il piccolo corridoio era illuminato solo da qualche lampadina penzolante. Aperta la porta alla fine della salita si ritrovò nell’entrata dell’edificio visto una decina di giorni prima. La differenza di luce era accecante. Si avvicinò con passo lesto alle due conosciute segretarie chiedendo informazioni per l’ufficio di assistenza al personale. Ottenute le informazioni richieste, cominciò a salire velocemente la scalinata formata ora da larghi gradini in pregiato marmo, illuminati da piccoli led incastonati in fila sul soffitto. Arrivato di fretta al decimo piano, di fronte alla porta con la targhetta “Ufficio pratiche dipendenti - assunzioni, buste paga, reclami e consigli”, bussò un paio di volte con il dorso della mano sul vetro della porta ed entrò senza aspettare una risposta dall’altro lato. Un giovane uomo era seduto dietro a una grande scrivania ricoperta da documenti e molteplici raccoglitori. Fissava lo schermo del computer tenendo alto e fermo il dito anulare verso Kyle, in segno di attesa. Il bancario aspettò pazientemente il consenso dell’uomo, e a un suo cenno cominciò a spiegargli il motivo della visita. Il giovane collega si alzò stringendogli la mano e presentandosi. Era Michael Joanes, impiegato all’ufficio del personale ormai da cinque anni. I due uomini si sedettero. Michael passò il contratto a Kyle, spiegandogli mansioni, orari, e paga. Infine indicò con il dito le varie parti del contratto da firmare. Il bancario firmò senza esitazione e pensò che in questo tipo di società fortunatamente i contratti erano sempre a tempo indeterminato e che se si lavorava bene era quasi impossibile venire licenziati.
29 “Una volta entrato non ne esci più”, questo era il suo pensiero rincorrente durante il colloquio con il signor Wells poco più di una settimana prima. I due colleghi si salutarono e Kyle uscì dal Transamerica Pyramid ripercorrendo velocemente tutti i gradini per arrivare al parcheggio. Arrivò esausto davanti al fuoristrada, ansimando e piegandosi per riprendere fiato. “Questa mia dannata abitudine di fare le scale, mi devo decidere a prendere l’ascensore tutti i giorni, il mio reparto è a un piano troppo alto per raggiungerlo a piedi” pensò riprendendo la respirazione regolare. Salì in auto e riprese la marcia per raggiungere Jackson Street, il quartiere dove sorgeva il negozio di Meredith. Attraversò la città abbastanza velocemente, fermandosi di tanto in tanto a qualche semaforo o a qualche incrocio, intrappolato nel traffico cittadino. Era mattina inoltrata e la maggior parte della gente era rinchiusa negli uffici o nelle fabbriche. Le casalinghe preparavano il pranzo per i propri cari e gli studenti erano annoiati e seduti davanti a banchi di legno ormai consunti dal tempo. Una leggera pioggia bagnava la grigia città, abbassando ulteriormente la temperatura. Kyle accese al minimo il riscaldamento dell’auto, per non far appannare i vetri del veicolo. Con i tergicristalli in funzione, arrivò al parcheggio vicino al negozio di Meredith, lasciando il fuoristrada poco lontano. Scese dall’auto e proseguì veloce a piedi nello stretto marciapiede di Jackson Street, che precedeva l’entrata del negozio. Dall’altro lato della strada Kyle notò un commerciante che alla sua piccola bancarella vendeva hot dog e caffè caldo, riparato dalla pioggia sotto un portico di mattoni. Alcune persone attendevano in disordine il proprio turno per essere serviti. Un pungente odore di carne e cipolla arrostita gli arrivò alle narici facendogli brontolare lo stomaco. Percorse velocemente il marciapiede, tenendosi le mani sulla testa per ripararsi dall’acqua. Arrivò quindi davanti alla porta del negozio. La presentazione del punto vendita di sua sorella era molto eccentrica al confronto dei negozi che lo circondavano. Colori chiari e forti la facevano da padrone, mentre le altre attività si limitavano a un’insegna vecchio stile, con colori scuri e senza decori. Nella vetrina era incisa, in grosse lettere rosa, la frase “Meredith’s Hair Shop - acconciature, trattamenti femminili e bellissimi accessori”. A fare da cornice al nome del locale erano delle splendide orchidee viola.
30 La porta d’entrata era piena di foglietti con le più svariate informazioni, gli orari e i giorni di apertura del negozio, i nuovi trattamenti che venivano offerti, i nomi delle marche degli accessori più venduti, varie offerte di lavoro e alcuni annunci di vendita. Il negozio di Meredith era a uso esclusivo del sesso femminile, e Kyle era solito frequentarlo solo per incontrare sua sorella. Il bancario, dopo essersi soffermato a leggere un paio di annunci, spinse la porta ed entrò nel negozio, venendo avvolto dal profumo degli shampoo e dalle varie lacche per capelli. Il lieve tintinnio della campanella che Meredith aveva appeso sopra alla porta d’entrata riempì il negozio, facendo girare le persone che lo occupavano. Il negozio di Meredith si estendeva per due grandi sale. Nella prima parte, appoggiate alla parete destra subito dopo l’entrata, erano disposte in fila delle comode poltroncine per far accomodare le clienti che aspettavano il proprio turno. Alla destra e alla sinistra delle poltroncine un porta riviste era colmo di giornali di acconciature e di pubblicità di nuovi prodotti di bellezza. Una fila di specchi era appesa alla parete sinistra, e sul davanti un lungo tavolo con la superficie in marmo sosteneva alcuni phon e alti barattoli di lacche e oli profumati. Di fronte al lungo bancone erano collocate alcune sedie girevoli che permettevano alle clienti di sedersi e di specchiarsi. Nell’angolo anteriore erano invece sistemati due lavelli per la pulizia dei capelli e dietro a questi un armadietto a tre ante appeso alla parete conteneva molteplici asciugamani e vari shampoo e balsami. Nella parte destra del negozio, oltrepassata la fila di poltrone, una piccola cassa era appoggiata su un mobiletto alto e stretto. L’altra parte del negozio, divisa dal resto tramite una tendina scorrevole di stoffa, era costituita da una piccola stanza con un lettino e alcuni scaffali contenenti prodotti per la depilazione e varie creme per i massaggi. Oltre a un paio di piante e a un appendi abiti, in entrambe le sale erano stati sistemati alcuni alti ripiani in cartone che sostenevano i nuovi trucchi appena usciti sul mercato e poster che rappresentavano seducenti modelle con i più moderni tagli e acconciature. Kyle si guardò attorno. Un gruppetto di signore di mezza età stavano aspettando il proprio turno sedute sulle poltroncine, intente a sfogliare giornali di acconciature. Alcune chiacchieravano fra loro commentando i nuovi tagli e trattamenti.
31 Poco più lontano vide di Meredith. La donna era dietro alla cassa e teneva il viso basso. Contava con attenzione alcune banconote che teneva in mano da restituire a un’anziana signora. La cliente, dopo aver ricevuto il resto, salutò Meredith e uscì dal locale passando di fianco a Kyle, liberando il tintinnio della campanella. Kyle si avvicinò e salutò Meredith alzando la mano, la sorella si voltò e ricambiò il saluto. «Sono venuto per chiederti un consiglio» disse. Kyle si allontanò dalla cassa sedendosi pesantemente su una delle sedie davanti al bancone con il lungo specchio che si estendeva per tutta la lunghezza della parete, illuminato da piccoli led appesi al soffitto, e incrociò le gambe in avanti, rilassando tutto il corpo. Meredith lo seguì per poi andare dritta fino al mobiletto di legno dietro al lavello. Lo aprì estraendone una mantellina di raso rosa che fece indossare al fratello. Da dietro al viso di Kyle, guardando la loro immagine riflessa nel grande specchio illuminato, disse: «Il mio negozio offre il servizio di ascolto. Lo dovrei aggiungere alla mia vetrina. Cosa ne pensi?» «È una buona idea. Vedi di aggiungere anche gli abbonamenti annuali, ne vorrei acquistare uno» rispose guardando l’immagine della sorella riflessa sul vetro sorridendogli. «Raccontami tutto.» Meredith allungò il braccio e aprì un piccolo cassetto del bancone, prendendo un paio di forbici da parrucchiere e, con calma, cominciò a sistemare le basette del fratello, tagliando qualche centimetro di capelli. «Ho invitato Lisa a cena per domenica. Non so in che ristorante portarla, non so come vestirmi, e non so cosa regalarle.» Il bisbiglio di due anziane signore attirò l’attenzione dei due che rimasero in silenzio per cercare di capire quello che stavano dicendo. Kyle non si meravigliò quando capì che le due donne stavano facendo supposizioni sui suoi orientamenti sessuali. Meredith si fermò un attimo e rise rumorosamente. «Sei venuto nel posto giusto. Come ristorante ti consiglio di portarla al Masa’s, si trova al 648 di Bush Street, lo noterai subito per il tappeto rosso e i piccoli alberi verdi davanti all’entrata. Devi prenotare prima, e ti consiglio di vestirti in maniera elegante, ma non troppo, altrimenti rischi di metterla in imbarazzo. Evita di indossare lo smoking. Per quanto riguarda il regalo vai sul sicuro, un bel mazzo di lilium rosa con alcuni gypsophila bianchi, dovrebbero andare più che bene.»
32 «Mi sei stata di grande aiuto. Alla festa ho notato che era un po’ strana. Avevo paura di invitarla perché non volevo un suo rifiuto. Quando invece stamattina l’ho chiamata mi è sembrata di ottimo umore e penso sia stata felice dell’invito a cena.» Kyle chiuse gli occhi e lasciò che la sorella continuasse il suo lavoro. «Non ti preoccupare. Magari era solo di cattivo umore quella sera. Ci vediamo domenica dalla mamma, giusto? Non portare nulla alle bambine, le vizi troppo e dopo sono io che ne subisco le conseguenze.» Prese un pettine e piegando la testa di lato cominciò a rifinire le basette. «Resta fermo e non ti muovere, ho quasi finito di farti bello per la tua principessa.»
*** 14 Maggio *** Domenica mattina, al suono della sveglia, il bancario aprì gli occhi e con la mano cercò il piccolo apparecchio elettronico sul comò vicino al letto, premendo il pulsante per far cessare l’assordante suono che lo aveva svegliato. Ritornò nella posizione supina e rimase per alcuni minuti a fissare il soffitto. Era sua abitudine rimanere con la mente concentrata per organizzare al meglio la sua giornata. Era un modo di fare che si portava dietro fin dall’adolescenza. I raggi del sole che filtravano attraverso le piccole fessure della persiana illuminavano lievemente la stanza, mostrando il mobilio a Kyle. Per il bancario, nel suo appartamento, ci doveva essere solo il necessario per vivere dignitosamente. Nella camera da letto oltre a un letto matrimoniale, a un piccolo comò e a un armadio ad ante scorrevoli, non era stato aggiunto nient’altro. Nel bagno era stato sistemato solo un mobiletto con quattro cassetti contenente oggetti personali, come spazzolino, dentifricio, detergenti per il corpo, lamette e qualche confezione di medicinali. Sopra al mobiletto un piccolo specchio quadrato era appeso alla parete, per permettergli di specchiarsi e farsi la barba. Salotto e cucina avevano solo il mobilio essenziale. Nel salone solo una piccola scrivania con un computer erano stati aggiunti e nessun quadro e nessuna pianta abbellivano l’appartamento. Vicino
33 all’entrata un piccolo mobile di legno sosteneva il telefono di casa, e sopra uno specchio era appeso alla parete, piccolo e tondo. Tutte le stanze, a parte qualche piccola aggiunta, erano uguali a com’erano una settimana dopo il trasloco. Dopo aver ripensato mentalmente a tutte le cose che avrebbe dovuto fare quel giorno, Kyle decise di alzarsi. Si tolse la sottile coperta che lo copriva e si spinse in cucina per prepararsi un veloce toast imburrato e accendere il bollitore del caffè. Aprì la finestra priva di tenda dell’edificio e alzò la persiana, facendo entrare del vento freddo. La chiuse subito dopo, lasciando l’imposta aperta per permettere alla debole luce del sole di illuminare la stanza. Dopo aver azzannato il toast e aver bevuto una tazza di caffè nero bollente, Kyle cominciò a fare il giro della casa per aprire tutte le altre persiane dell’appartamento. La luce del sole e l’aria fresca del mattino entrarono in tutte le stanze, illuminandole e rinfrescandole. Era una bella giornata e il sole illuminava e scaldava debolmente la città. Dopo aver respirato a fondo l’aria fresca del mattino si incamminò in bagno e si preparò a uscire. Si vestì in modo informale, indossando un paio di jeans e una maglia leggera a maniche lunghe, bianca. Prese una giacca nera da una sedia in salotto e dopo aver preso il mazzo di chiavi di casa e il suo portafoglio da sopra il mobiletto con il telefono, uscì di casa e scese con l’ascensore fino al parcheggio della sua auto. Quasi tutti i posti macchina la domenica mattina erano occupati dai residenti, che non erano usciti per andare al lavoro. Girando per il grande parcheggio Kyle arrivò finalmente al suo fuoristrada, lo accese e azionò subito il riscaldamento, per cercare di combattere la bassa temperatura della mattinata. Qualche giorno prima era piovuto e l’aria era ancora impregnata dall’umidità della pioggia, e doveva far attenzione a non raffreddarsi. Kyle arrivò, attraverso il traffico domenicale, meno intenso che nei giorni feriali, fino a Divisadero Street, in una grande pompa di benzina con il lavaggio automatico delle automobili. Scese dall’auto e lasciò per una ventina di minuti il suo fuoristrada a due operai del posto. Seduto su una sedia di legno guardò i due ragazzi che pulivano gli interni della sua auto, pensando a quello che avrebbe potuto dire a Lisa quella sera. La sua auto venne poi spostata dentro a un tunnel del lavaggio per la pulizia esterna e poi asciugata manualmente sempre dai due ragazzi. Alla fine dell’operazione Kyle,
34 che non era riuscito a pensare a niente di sensato, si avvicinò alla vettura ringraziando i due operai e pagandoli per il lavoro svolto. Dopo pochi minuti era di nuovo in marcia verso casa dei suoi genitori, a Lopez Avenue. Era abitudine sua e di Meredith andare a pranzo dai genitori ogni domenica. La famiglia Helles era sempre stata molto unita e questa tradizione era nata subito dopo che la sorella si era trasferita in centro con suo marito George. La residenza di Gregory e Rosaline era una casa tradizionale, aveva i muri in mattoni ed era di colore beige, con un grande giardino di fronte. Kyle parcheggiò la macchina nel vialetto di fronte al garage. Scese dal fuoristrada e alzò lo sguardo verso il sole, portandosi una mano davanti alla fronte per ripararsi gli occhi dall’accecante luce. Il sole, che si era fatto sempre più luminoso, cominciava a riscaldare l’ambiente, aumentando di qualche grado la temperatura. “Fra qualche ora sarà una bella e tiepida giornata primaverile” pensò Kyle rimanendo qualche attimo ancora a guardare il cielo sereno. Si voltò verso la porta d’ingresso e si avvicinò suonando il campanello. Dall’altra parte sentì i passi di una persona che si avvicinava correndo. Ad aprirgli la porta fu Rosaline, che indossava un grembiule blu a fiori bianchi tenendo in mano un grosso mestolo di legno sporco di salsa. I capelli erano raccolti con una grande forcina nera, per non rischiare che cadessero nel sugo. «Ben arrivato tesoro! Sto preparando la pasta al forno che ti piace tanto. Tua sorella è già arrivata. Entra, entra» disse facendo cenno con la mano. «Uhm sento già un buon profumino, mamma.» Kyle entrò in casa e Rosaline chiuse la porta alle sue spalle. «Corri in salotto a giocare con le bambine» ordinò Rosaline precipitandosi verso la cucina «devo finire di preparare la pasta e Meredith è in giardino con George e papà» gridò dall’altra stanza. Kyle si avvicinò al salotto e sentì Flora e Rosa che ridacchiavano. Le due bambine stavano giocando sul divano bianco posizionato davanti a una grande vetrata che affacciava sul giardino della villa. I mobili del salone erano tornati al proprio posto e come al solito la casa era in perfetto ordine. La fissazione maniacale di Rosaline per le pulizie domestiche era diventata argomento di scherno ormai da diversi anni, ma la donna, nonostante le continue battute della famiglia, rimaneva della sua convinzione, e continuava a pulire tutte le stanze a fondo tutti i giorni della settimana. Kyle si avvicinò alle bambine.
35 «Piccole buongiorno» disse mettendosi in ginocchio per arrivare alla loro altezza «non lo date un bacio allo zio?» «Zio sei arrivato! Ci hai portato qualche cosa?» urlarono insieme. Le due bimbe simultaneamente baciarono Kyle, guardandolo con occhi speranzosi in attesa di qualche regalo. Meredith, sentendo la voce del fratello, entrò nel salotto. «Lasciate stare lo zio! Non vi può portare sempre qualche cosa! Come siete viziate!» urlò. Le due bimbe, zittite per la ramanzina della mamma, scapparono oltrepassando i due adulti, dirigendosi verso la cucina per rifugiarsi dalla nonna. Dall’altra stanza la voce dispiaciuta di Rosaline arrivò ai due fratelli, che sentirono la madre coccolare le bambine e offrirgli dei dolcetti. Si guardarono e risero, conoscendo il modo di fare troppo indulgente della madre verso le due nipoti. Kyle si allungò verso la sorella e la baciò sulla guancia. «Meredith, mi hai salvato appena in tempo. Non so mai dire di no a Flora e Rosa.» «Hai prenotato al Masa’s?» «Sì.» «E i fiori li hai trovati?» «I fiori li devo prendere al ritorno, però ho già fatto pulire la macchina» disse orgoglioso. «Bravo il mio fratellone!» replicò Meredith dandogli una pacca sulla spalla «per i fiori c’è una grande fioreria a Chestnut Street.» «Bene. Mi ci fermo al ritorno.» «Sei emozionato per stasera? Andrà bene te lo assicuro» disse facendogli l’occhiolino. «Perché dici questo?» chiese guardandola con aria interrogativa. «Non so se era il caso di dirtelo. Alla festa e quando sei venuto al negozio non ti ho accennato nulla per non metterti strane idee in testa.» Guardò Kyle e capì dalla sua espressione che ormai doveva continuare il discorso. Sbuffò e alzò le spalle. «Il giorno della tua festa, stavo andando in cucina a prendere un po’ di ghiaccio e ho visto Lisa e Raymond discutere abbastanza animatamente. Sono rimasta sull’uscio della porta per ascoltare quello che dicevano.» Abbassò la testa come se si aspettasse un rimprovero dal fratello, ma non sentendo nessun commento da parte sua continuò. «Sembrava che Raymond insistesse su qualcosa con Lisa e che lei continuasse a rifiutare. Alla fine è uscita di corsa dalla stanza molto
36 arrabbiata, incrociandomi all’entrata. L’ho guardata e con la testa mi ha fatto cenno di seguirla. Ci siamo un po’ isolate dagli altri e abbiamo fatto una bella chiacchierata.» «E quindi? Continua ti ascolto» replicò Kyle rimanendo in attesa, guardandola con un po’ d’ansia per sentire il resto del racconto. «Non voglio aggiungere altro. Se vuoi chiedi a Lisa questa sera. Ti posso solo dire che se ci tieni davvero a lei devi stare attento. Ora andiamo in giardino, c’è papà che è ansioso di sapere i particolari del contratto con la Warren Wells.» Senza aggiungere altro, Meredith si girò e si incamminò verso l’uscita sul retro della casa, passando il piccolo vano dell’entrata e il corridoio davanti alla cucina. Kyle rimase a fissare incredulo la sorella per la risposta, poi, facendo spallucce, si incamminò per raggiungere il giardino. “Non posso mettermi in testa strani pensieri ora, se me lo vorrà dire Lisa l’ascolterò, altrimenti non ha importanza. Ho fiducia in entrambi i miei amici” pensò. Uscito nel giardino si avvicinò a Gregory che, vestito come un pescatore, era concentrato a girare della carne su un grande grill di pietra. Un odore invitante gli fece brontolare la pancia. «Buongiorno papà. Sei già a lavoro?» chiese battendogli la mano sulla spalla. «Buongiorno Kyle! Certo che sì. Sto preparando degli hamburger e sto grigliando un po’ di patate e peperoni.» Kyle si avvicinò e allungò il collo sopra il grill per vedere cosa stesse cucinando il padre. Delle mezze patate ormai annerite cuocevano sopra una piastra rovente, dei piccoli cerchi di carne sfrigolavano e si scurivano pian piano, infine dei peperoni rossi e verdi emanavano un profumo delizioso. «Fantastico! Sarà proprio un buon pranzo oggi, mamma ha fatto la pasta al forno.» «E i suoi muffin ai mirtilli per dessert» aggiunse George seduto su una sedia di plastica bevendo un po’ di birra da una lattina. L’uomo era vestito con dei pantaloni neri lunghi e una camicia bianca. Le maniche erano avvolte sul braccio per il troppo calore che arrivava dal grande grill. «Ciao George. Non ti avevo visto. Tutto bene?» «Certo. Con la banca tutto a posto Kyle?»
37 Gregory smise per un attimo di girare con il forchettone gli hamburger e la verdura e si girò verso Kyle per ascoltare attentamente ciò che stava per dire. «Sì. Ho firmato il contratto proprio qualche giorno fa.» «E che contratto! Sono proprio felice per te figlio mio!» urlò Gregory avvicinandosi e abbracciandolo facendo attenzione a non toccarlo con il forchettone. Kyle ricambiò l’abbraccio percependo il grande orgoglio che suo padre aveva per lui. Guardò di sfuggita George e vide l’uomo ricambiare il suo sguardo, alzando la lattina in segno di brindisi e sorridendo alla reazione del suocero. Il pranzo finì velocemente, e dopo aver giocato un po’ con le bimbe e aver discusso con George dei risultati delle partite di football, Kyle decise che era ora di ritirarsi. Aspettò di sentire le solite raccomandazioni di Rosaline e ascoltò Gregory che gli consigliava calorosamente di non fare tardi il primo giorno di lavoro nella nuova banca. Meredith si avvicinò e gli spiegò come raggiungere la grande fioreria, descrivendogli l’insegna del negozio ed elencandogli i vari nomi dei locali vicini. Kyle ringraziò e salutò tutti i suoi familiari. Uscì dalla casa dei genitori e salì sul suo fuoristrada per rimettersi in marcia verso il centro di San Francisco. Arrivato a Chestnut Street cominciò a guidare a bassa velocità, percorrendo molto lentamente la via, osservando e cercando il grande negozio di fiori che gli era stato suggerito dalla sorella. Lo trovò dopo poco e parcheggiò l’auto nelle vicinanze proseguendo a piedi sul marciapiede fino all’entrata del negozio. Il sole era già tramontato e il marciapiede era illuminato dai lampioni e dalle insegne luminose dei locali ancora aperti. Entrò e si guardò attorno. Dei lunghi tavoli di alluminio erano sommersi da molteplici vasi con i più svariati tipi di fiori e piante e varie lampadine erano appese e abbassate con il cavo fino a quasi toccarli. Non riuscendo a capire quali doveva comprare, si guardò attorno alla ricerca di una commessa. Una donna sulla cinquantina e con un lungo grembiule bianco era seduta su una sedia davanti a un’alta pianta ed era concentrata a tagliarne i rami con delle grosse forbici arrugginite. Kyle si avvicinò chiedendole un mazzo di lilium rosa con alcuni gypsophila. La donna si alzò e lentamente si avvicinò verso dei vasi un po’ lontani da Kyle. Li indicò con il dito per farglieli vedere. Dopo aver ricevuto
38 conferma dal cliente la commessa del negozio li prese e li appoggiò su una scrivania di alluminio coperta da alcuni fogli di carta colorati e svariati rotoli di nastri, cominciando a prepararli per una confezione regalo. Prese i fiori, ne tagliò il lungo gambo e li unì in un unico mazzo. Li avvolse dentro a un sottile velo trasparente e plastificato, e li decorò con dei nastri di raso di varie tinte. Kyle prese il mazzo di fiori preparato, ringraziò, pagò e uscì soddisfatto dal negozio. Visto che non se ne intendeva era stato meglio andare sul sicuro e seguire il consiglio di Meredith. Il bancario tornò di fretta a Mission Street e parcheggiò l’auto nel suo posto riservato nel parcheggio sotterraneo del palazzo. Lasciò il mazzo di fiori appena comprato sul sedile vicino a quello del guidatore e scese dalla vettura per raggiungere il suo appartamento. Attraversò il grigio parcheggio e salì sull’ascensore. Mentre aspettava la lunga salita dell’elevatore, Kyle guardò l’orologio che portava al polso. Erano le sette del pomeriggio. Doveva prepararsi velocemente e andare a prendere Lisa. Al suono dell’arrivo dell’ascensore, Kyle uscì con un balzo dalla cabina e percorse il corridoio velocemente per raggiungere la porta di casa. La aprì e si precipitò nel bagno per aprire l’acqua della doccia. Corse in camera prendendo dall’armadio il completo che aveva preparato per la serata, posandolo in ordine sul letto. Ritornò nella piccola stanza e cominciò a spogliarsi per farsi la doccia. Si preparò di tutto punto, indossando una camicia bianca e una giacca nera, dei pantaloni molto eleganti dello stesso colore e delle scarpe tradizionali. “Con questo completo sarei perfetto anche per un matrimonio” pensò soddisfatto dopo essersi guardato allo specchio del bagno per l’ennesima volta. Decise, nonostante le raccomandazioni di Meredith, di aggiungere al completo anche una cravatta celeste, che lo fece sembrare ancora più formale. Aggiunse infine del profumo e una fine cintura di pelle nera al suo completo, e scese nuovamente nel parcheggio per prendere la macchina e volare verso Lisa. Kyle percorse velocemente la strada che lo divideva da Third Street e arrivato all’inizio della via cominciò a cercare con lo sguardo la macchina di Lisa. Come gli era stato detto, la Rabbit rossa si notò subito, e trovare la casa della donna non era stato proprio un problema. Parcheggiò la sua auto di fronte all’abitazione, prese il mazzo di fiori, scese e si diresse verso l’entrata della casa.
39 Guardò i fiori e si sistemò la giacca passandoci sopra le mani, tirandola verso il basso. Cercò e premette il campanello. Dall’interno della casa sentì il rumore di qualcuno che si muoveva. Dopo un paio di minuti di attesa, decise di suonare nuovamente il campanello. Aspettò ancora pazientemente, poi, esasperato per la lunga attesa, si decise a chiamare. «Lisa ci sei? Sono Kyle» urlò per farsi sentire. «Un attimo, sto arrivando!» rispose lei dall’altro lato. Dopo alcuni secondi la donna aprì la porta. Kyle la guardò e notò che sembrava avere il fiatone. Vestiva un elegante abito bianco con sfumature rosa abbastanza corto e sopra le spalle indossava un maglioncino bianco. «Non pensavo andassimo in un ristorante che richiedesse tanta eleganza, non mi sono sistemata a dovere!» disse scherzosa guardando l’abbigliamento formale di Kyle. «Non ti preoccupare stai benissimo così, sono io che esagero sempre lo sai.» Allungò il braccio con i fiori verso Lisa. «Questi sono per te, spero che ti piacciano.» Forse era meglio seguire il consiglio di Meredith anche per il modo di vestire, pensò un po’ a disagio. Lisa prese i fiori e sorrise. «Ti ringrazio sono bellissimi, entra che così li sistemo in un vaso, ti faccio visitare la casa, e poi andiamo.» Kyle entrò nella casa e dopo pochi passi si accorse del disordine e dei tanti scatoloni ancora da aprire e sistemare. «Scusa il disordine ma mi sono appena trasferita. La maggior parte dei mobili sono arrivati la settimana scorsa. Devo sistemare ancora molte cose. Verresti ad aiutarmi qualche pomeriggio?» «Certamente. Mi farebbe piacere aiutarti» rispose repentino. Felice pensò che poterla vedere il pomeriggio avrebbe significato fare lunghe chiacchierate e scoprire quali erano i suoi interessi. Aveva sempre desiderato vedere il mondo come lo riusciva a vedere Lisa. Sbirciare fra i suoi oggetti di sicuro l’avrebbe portato a conoscerla un po’ meglio. Lisa dopo pochi secondi sparì in cucina, portando appresso con sé i fiori, e Kyle ne approfittò per visitare le altre stanze dell’appartamento. Notò che era una casa molto piccola e che tutta l’attrezzatura da disegno era stata sparsa un po’ ovunque, sia in camera da letto che nel salone. Moltissimi quadri erano stati già appesi alle pareti, come fossero la prima cosa da fare per poterci vivere bene. Ne notò uno
40 particolarmente grande, appeso al muro di fronte alla porta d’entrata. Era impossibile non notarlo. Il dipinto rappresentava una luna luminosa al centro di un cielo blu scuro. Degli alberi emergevano dal lato inferiore del quadro, dando l’impressione di vedere quella luna da terra. “Il nostro modo di arredare è completamente diverso” pensò, rimanendo a fissare il dipinto. Lisa amava molto i soprammobili e arricchiva tutte le stanze con tappeti, piante e quadri, cosa che lui non sapeva fare. La voce di Lisa, che era ritornata in salotto, lo destò dai suoi pensieri. Si voltò e le sorrise. La donna dichiarò che potevano finalmente andare, si avvicinò al tavolino in vetro del salotto e prese le chiavi e la borsetta appoggiati sopra. Kyle uscì dall’appartamento e Lisa lo seguì chiudendo poi la porta a chiave. Proseguirono fino a salire sul fuoristrada. Il sole era già tramontato e i lampioni ai lati della strada trafficata illuminavano il percorso per arrivare a Bush Street. Durante il tragitto Kyle continuò a sbirciare Lisa, che guardava costantemente fuori dal finestrino. Non riuscì ad accennare nulla del discorso che si era preparato da farle a cena, visto che Lisa continuava a raccontargli di come aveva fatto a comprare i mobili insieme a sua madre e di come era riuscita a sistemare l’appartamento. Il bancario fermò la macchina al 648 di Bush Street, davanti al ristorante. “Finalmente potrò dirle tutto quello che ho sempre provato” pensò. I due, dopo essere scesi dall’auto, entrarono al Masa’s. Un cameriere, vestito con un completo formale rosso scuro, andò loro incontro chiedendo se avessero fatto la prenotazione del tavolo. Kyle confermò dandogli il nome della prenotazione. Il ragazzo scorse una lunga lista in un blocco di fogli e fermando il dito sopra il cognome di Kyle, disse: «Prego signori, da questa parte. Come da richiesta le abbiamo riservato il tavolo vicino alla finestra.» Abbassò la schiena facendo un formale inchino e con le braccia invitò i due a seguirlo. Kyle si guardò attorno, notando il lusso del ristorante. I pavimenti erano di una moquette dal tessuto grigio chiaro, i tavoli erano decorati con tovaglie di seta bianche, e sopra ogni tavolo era stato sistemato un vaso in ceramica con dei fiori dalle tinte rosse e gialle. La luce che illuminava il ristorante era soffusa e proveniva da alcuni piccoli led o da eleganti lampadari rossi, che conferivano al locale una luce quasi arancione e molto calda. Le poltroncine che circondavano i tavoli erano
41 rivestite da un tessuto grigio con una decorazione a fiori marrone, le tende che adornavano le grandi finestre riportavano lo stesso motivo floreale. In una zona un po’ isolata dai tavoli era stata sistemata una pista da ballo ricoperta da un lucido pavimento in legno. Kyle fece finta di non notarla, non era per niente bravo a ballare e non voleva rischiare di fare brutte figure con Lisa proprio al loro primo appuntamento. Kyle e Lisa si avvicinarono a uno dei piccoli tavoli rotondi riservati alle coppie. Kyle fu il primo a sedersi mentre Lisa pensò prima a sistemare la borsa e la giacca bianca sopra la poltrona. “Anche in questo caso Meredith mi ha consigliato bene” pensò Kyle sorridendo soddisfatto. «Spero che questo ristorante ti piaccia. Devo dirti la verità, me l’ha consigliato Meredith. Io non avrei saputo fare di meglio» disse guardando un po’ imbarazzato la sua compagna. «Non mi importava dove mi avresti portata, sarebbe andato bene anche un fast food.» «Perché dici questo?» domandò perplesso. La donna, dopo qualche attimo di silenzio, rispose: «L’unica cosa che mi premeva è che dietro alla porta di casa mia, a venirmi a prendere per cenare, ci saresti stato tu, Kyle.» Lisa arrossì cercando di guardare altrove per non essere costretta a vedere l’espressione sul viso del suo amico. Kyle restò un attimo confuso e sorpreso per la dichiarazione improvvisa di Lisa. Un altro cameriere nel frattempo si avvicinò al tavolo portando con sé una bottiglia di vino rosso. Si chinò verso di loro facendo un lieve inchino e chiedendo ai due clienti se erano pronti per ordinare. «Sì certo» disse sorridente Kyle guardando Lisa «ci porti i migliori piatti dello chef. Oggi è un giorno importante. Stasera ho realizzato il sogno della mia vita.» Kyle guardò intensamente Lisa, che nel frattempo aveva alzato lo sguardo sorridendogli a sua volta. Portò la mano sopra al tavolo, aperta, in attesa che la sua amata facesse altrettanto. Lisa la guardò e dopo un istante appoggiò la mano sopra la sua. I due si strinsero forte sopra al tavolo, mentre il cameriere, ignaro dell’amore che era appena stato rivelato, versava da bere ai due ospiti. FINE ANTEPRIMA. CONTINUA...