PRIVATIZZAZIONI E SOVRANITA’ La caduta del muro di Berlino ha concesso al capitalismo apolide di perpetrarsi in tutta Europa. Da allora i sedicenti rappresentanti della democrazia, nel lento e spietato smantellamento statale al servizio dell’alta finanza giudaica, ha recitato come un mantra, la favoletta delle privatizzazioni, che a loro dire rimpinguerebbero le casse dello Stato, e quindi la conseguente riduzione del famigerato debito pubblico. Lo stratagemma pianificato dalle lobby massoniche finanziarie, è stato concordato tra Soros (1 )e i politicanti italiani sul panfilo Britannia (2). Nel 1992, pochi mesi dopo il fatidico incontro, con la complicità dalla stampa che aizzava lo spauracchio dei parametri di Maastricht e metteva in atto un terrorismo mediatico con la filastrocca: ”così siamo fuori dall’eurozona”, l’allora Presidente del Consiglio Amato, si affrettava a svendere le aziende statali quali IRI, INA, ENI ed ENEL trasformandole in autentiche S.P.A.. Il processo di privatizzazione procede indisturbato fino ad arrivare ai giorni nostri con il decreto ministeriale approvato lo scorso 24 gennaio, dove il governo ha disciplinato la vendita di una quota di Poste Italiane, società di proprietà del Ministero del Tesoro. La vendita corrisponde al 40% delle azioni, una quota che secondo il Ministero dell'Economia dovrebbe portare nelle casse dello Stato tra i 4 e i 4,8 miliardi di euro. Nel pacchetto rientra anche il 49% dell’ENAV (uno dei due enti per l'aviazione in Italia). Da oltre vent’anni i governi di sinistra e destra si susseguono conducendo a braccetto la stessa e identica linea politica di svendita dei beni nazionali, nonostante nei salotti di Palazzo recitino la parte delle opposte fazioni. Politicanti che si riempiono la bocca di mille parole, dietro la sterile cortina chiamata democrazia, dovrebbero spiegare la loro arroganza nello svendere i beni statali senza l’interlocuzione del popolo, pur sapendo inoltre, che la legislatura di un mandato ha durata massima di quattro anni. Una flagellazione che si ripercuote sul popolo in quanto, le conversioni di aziende statali a private, si è oramai constatato, che non portano benefici ma al contrario, ne emergono costantemente gli svantaggi: ridondante aumento dei prezzi, cattiva gestione, malfunzionamento, crollo occupazionale… giacché l’interesse del privato non potrà mai essere la comunità, ma sarà sempre l’utile aziendale. Il processo di privatizzazione, quindi, è frutto di un perverso processo nato sui banchi di oscuri ambienti massonici che attraverso l’esproprio della sovranità, in primis quella monetaria, indebitano i popoli per poi derubarli dei propri beni statali, ponendo al comando di questi, gli stessi che detengono tutto l’oro e le ricchezze della terra. Ci dicono che l’Italia per sopravvivere deve parte della sua sovranità all’Europa. Questa cessione accettata come un assioma imprescindibile è in realtà, l’assoggettamento totale scaturito dall’estate del 1943 (3). Il “governo” Badoglio ha decretato de facto la fine della sovranità nazionale, dando inizio al sistematico smantellamento delle opere statali istituite durante il Ventennio, e divenendo così una sorta di protettorato angloamericano. Sottomissione che tutt’oggi si palesa in tutte le sue forme politiche, militari e culturali. Il contraltare a questo processo distruttivo diviene quindi una riacquisizione della sovranità nazionale che permetta il recupero in una visione più matura, della tradizione italiana, mediterranea e comunitaria. Attraverso il concetto di organicità, occorre riscoprire il territorio come simbiosi di uomo e natura, dell'identità e quindi della sovranità. Riorganizzazione territoriale come premessa di una macro visione Europea. “L’Europa, una volontà unica, formidabile, capace di perseguire uno scopo per migliaia di anni” Nietzsche
1: presidente del Soros Fund Management e dell'Open Society Institute ed è anche ex membro del Consiglio di amministrazione del Council on Foreign Relations. 2: Giugno 1992: Draghi, allora direttore generale del Tesoro, Azeglio Ciampi, in qualità di governatore della Banca d’Italia, e un centinaio tra rappresentanti della finanza anglosassone americana (Barclays, Warburg, azionista della Federal Reserve, PricewaterhouseCoopers, ex Coopers & Lybrand – Barings, oltre alla Goldman ecc.) e degli ambienti industriali e politici italiani. Era presente anche Costamagna, che diventerà dirigente della Goldman quando sua moglie finanzierà l'ultima campagna elettorale di Prodi. 3: Alla resa incondizionata dell’otto settembre 1943 (chiamata dalla storiografia ufficiale “armistizio”), fece seguito il cosiddetto armistizio lungo (29 settembre) ove prevedeva il controllo totale da parte anglo-americana dell’Italia occupata. Patrimoni aeroportuali, aerei da guerra e civili, forniture di ogni tipo dovevano essere consegnate alle forze militari americane. Controllo delle banche attraverso le am-lire, oltre che alla stampa radio, teatri e scuole.