Leader - Gennaio/Febbraio 2018

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Anno 1 N°1

2018:

I PROTAGONISTI





Editoriale

ditoriale “C’è sempre bisogno di qualcosa di nuovo”. Con questa frase chi vi scrive è stato accolto da un gigante del retail italiano: Carlo Alberto Lasagna, uno dei padri del Gruppo Expert. Alla prima intervista ha scelto di salutare la redazione con un approccio positivo. Perché, diceva, dalle idee nascono nuove idee. Si aggiunga: dalle domande nascono sempre nuove domande in un crescendo di approfondimento. Oggi il contesto competitivo è cambiato. Si affrontano sfide che superano il canale d’elezione nel quale si opera. La logica prevalente è commistione se non addirittura contaminazione tra brand, mercati, prodotti e approcci. Il consumatore non può più essere misurato con il classico approccio a target ma è un cluster. Un individuo che adotta un atteggiamento poliamoroso verso i prodotti che sceglie. Una persona che cambia le esigenze e le propensioni all’acquisto, non già in base al proprio potere di spesa ma al segmento commerciale al quale destina le proprie attenzioni. Pochi brand possono contare su una fedeltà quasi religiosa. E anche quando questo si verifichi, non dura nel tempo e non è un dogma. È una promessa che va rinnovata modello dopo modello, mese dopo mese, anno dopo anno. Il mercato sta cambiando per via della maggiore libertà di scelta dei clienti finali, di Luca Figini Direttore Responsabile

che sono infedeli, capricciosi, acculturati ed esigenti. Lo sono sempre stati ma non avevano i mezzi e la possibilità di esprimere certi atteggiamenti, imbrigliati in una oligarchia mediatica e in un accesso semplice al credito. Finiti quei tempi, ora si vive nella democrazia del consumo aleatorio: una critica di una persona qualunque on-line determina molto più seguito di una parola spesa bene (il rapporto è di 8 a 1). Ecco perché c’è sempre bisogno di qualcosa di nuovo: per guardare oltre il già detto, già fatto, già noto e ripartire dalla condivisione di idee. Dal networking. Proprio quello che ci proponiamo di fare con Leader, nata dalla volontà di fornire uno strumento utile per contaminare gli ecosistemi di mercato. Per creare un momento di sintesi e di dialogo, per quanto mediato, al fine di ospitare case history, punti di vista, dati di mercato, scenari, testimonianze, esperienze, esperimenti, casi di successo e idee. In ogni numero troverete una ricca selezione di informazioni provenienti, tra gli altri, da fashion, luxury, automotive, sport, consumer electronics, mobility, food e perfino finance. Dovendovi chiedere un minuto per sfogliare la nostra rivista, vogliamo che questo tempo sia non speso ma investito a guardare dall’alto l’universo che gravita intorno al consumatore. Per conoscerlo meglio ma anche per trovare opportunità di business e spunti di networking originali e inediti.

LEADER

anno 1 - numero 1

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Gennaio 2018

gennaio 2018 Testate del Gruppo: EiMag.it - www.eimag.it Mono by Ei dal 1960 Leader iGizmo.it - www.igizmo.it Direttore Responsabile Luca Figini luca.figini@publiedim.com Direttore Editoriale Fiorenza Moradei fiorenza.moradei@publiedim.com Coordinamento Redazionale Roberto Bonin roberto.bonin@publiedim.com

Hanno collaborato: Dino del Vescovo, Virginia Galli, Lucia Moradei, Luigi Berardi Art Director: Walter Ravizza Grafica e impaginazione: L.P. renoltino@gmail.com Marketing Roberto Zanichelli roberto.zanichelli@publiedim.com Stampa: Ingraph S.r.l. Via Bologna 104/106,20038 Seregno (MB) Telefono: 0362 24.00.69

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intervista a Pier Giorgio Furcas di Luca Figini

Siamo all’inizio del nostro percorso

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Posizionamento sempre più premium, incremento della market share ed evoluzione tecnologica: come sarà il 2018 di Huawei.

el 2018 ci saranno tante sorprese nel mercato della telefonia mobile. Stanno per debuttare nuovi marchi made in Cina, a ulteriore conferma che il panorama italiano è destinato a mutare rapidamente. «La competizione diventerà ancora più impegnativa e stimolante. Tuttavia uno dei nostri asset, oltre alla gamma di prodotti completa e a una brand awareness in rafforzamento, riguarda la scelta di adottare una strategia multi-marchio gestendo Honor e Huawei con logiche sinergiche e complementari», spiega Pier Giorgio Furcas, Deputy General Manager di Huawei Consumer Business Group Italia. Quali traguardi avete raggiunto nel 2017? La chiusura dell’anno è stata di tutto rispetto. A ulteriore conferma che il 2017 ha avuto un’importanza particolare per Huawei. Mi riferisco non tanto ai risultati di fatturato e alle quote di mercato, che comunque hanno fatto segnare incrementi sostanziali a valore e a volume rispetto al 2016, quanto invece alla costruzione del brand. Volendo fotografare i 12 mesi trascorsi, potrei dire che i primi sono stati sostanzialmente in linea con l’anno precede, poi dall’estate abbiamo beneficiato di un’impennata tanto da andare a insidiare gli altri brand leader. Per poi arrivare al back to school e all’annuncio dei flagship dei nostri diretti competitor: abbiamo resistito fino all’arrivo del Mate 10 Pro, con il quale abbiamo rilanciato con una crescita che è continuata fino a tutto dicembre. Quali sono i motivi di questa crescita? Per prima cosa abbiamo messo a punto una politica commerciale studiata ed eseguita bene, che ha saputo abbracciare tutti i reparti del Consumer Business Group. Un altro pillar fondamentale del 2017 è stato il completamento della struttura con i reparti necessari a soddisfare le esigenze del trade, tra cui una divisione comunicazione e marketing capace di operare ad alti livelli. Ciò ha permesso di integrare la strategia basata su leve commerciali e di visibilità sui punti vendita a una più articolata strategia estesa e impattante. Era una necessità ma è stato anche un test per affinare le politiche di lancio dei prodotti futuri. Infine, questa nuova rotta ci ha permesso di comprendere meglio i consumatori e la percezione che questi hanno del nostro brand, soprattutto in virtù del fatto che ci posizioniamo come marchio premium. Ebbene, le evidenze che abbiamo raccolto ci confortano e confermano come oggi abbiamo la forza necessaria sia per rimanere stabilmente un protagonista dei prodotti top di gamma (con prezzi superiori a 500 euro), sia per incrementare la market share in questo segmento. Detto questo, i nostri obiettivi rimangono incrementare le vendite e rafforzare il brand attraverso il prodotto.

Quanto hanno contribuito gli operatori telefonici in questa costruzione? Il ruolo dei gestori telefonici è stato di aiutarci a elaborare una serie di attività basate sulla tariffa e su operazioni di geomarketing sfruttando i canali di comunicazione “out of home” e le attività nei punti vendita. Abbiamo di fatto messo in campo tutto ciò di cui siamo capaci e i risultati sono più che soddisfacenti. I numeri di attivazioni giornaliere è cresciuto sensibilmente con il Mate 10 Pro, superando addirittura i già ottimi dati fatti registrare con la gamma P10. Nell’elettronica il prodotto è la chiave per reificare il rapporto di fiducia tra consumatore e marchio. Una relazione che si rinnova ogni anno al lancio dei nuovi modelli: quali sfide vanno affrontate perché il mercato risponda secondo le attese? Parto da una considerazione di base: si possono avere le migliori strategie di comunicazione e le più accurate politiche commerciali ma poi se i consumatori non acquistano oppure hanno una non ottimale esperienza d’utilizzo, ogni azione perde di importanza. Questo per dire che il prodotto nel nostro mercato è centrale, ha un’importanza unica e insostituibile in altro modo. Dopodiché sono importanti anche la pubblicità, le operazioni sul canale e tutta la parte di costruzione del brand: lo smartphone, tuttavia, concretizza il patto di fiducia tra azienda e consumatore. Anche perché il prodotto, in senso lato, ha il com pito di trasferire nelle mani delle persone, attraverso l’esperienza d’uso, tutte le promesse fatte dal brand sfruttando le leve di marketing. In ultima analisi, nel nostro segmento merceologico sostanza ed esibizione estetica devono andare di pari passo. La tecnologia va vestita sia di design, sia di semplicità e completezza d’utilizzo, altrimenti si infrange il patto di fiducia tra l’azienda e l’utente. Il nostro è un mercato molto veloce: si passa da risultati eccellenti a traguardi meno premianti in modo repentino, perché è il consumatore a determinare il successo o meno di un prodotto.

Le caratteristiche del primo store di Huawei Il primo flagship store di Huawei in Italia e in Europa è stato ideato e sviluppato nel nostro Paese. Un progetto made in Italy nella prestigiosa cornice del CityLife Business & Shopping District di Milano. L’idea alla base è sviluppare il concetto guida del brand cinese del “Make It Possible” attraverso un “experience hub” che somma spazio espositivo e luogo di coinvolgimento dei consumatori. L’interattività è al centro dello sviluppo della superficie, declinata con la possibilità di toccare e testare dal vivo i prodotti funzionanti e da una vasta scelta di corsi gratuiti. Non mancano poi gli esperti di Huawei pronti a offrire un servizio di consulenza personalizzata, per scoprire tutti i prodotti della gamma, le ultime tecnologie e per dare consigli utili su come sfruttare al meglio il proprio device. Il negozio rappresenta anche un palcoscenico per altre attività: saranno organizzati eventi con special guest e iniziative sorprendenti. Infine, trova spazio anche il concetto di personalizzazione della tecnologia grazie all’area di tattoing dove rendere davvero propri i modelli di Huawei disegnando immagini e scritte direttamente sulla scocca o sulla cover, come un vero e proprio tatuaggio. Oltre alle pareti interattive fatte di pannelli che cambiano a seconda della stagione e delle attività, da citare è il il pavimento che, grazie a una innovativa tecnologia realizzata su un circuito flessibile, permette di trasformare le camminate delle persone in energia elettrica utilizzata all’interno dello store.

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Pier Giorgio Furcas

Ogni anno la vostra azienda è costretta a rinascere: lancio di nuovi prodotti, rinnovo delle partnership con il canale, costruzione delle strategie. Da gennaio sostanzialmente si riparte da zero: è una routine indotta oppure inevitabile? Nell’elettronica di consumo bisogna sempre raccontare qualcosa di nuovo, modello dopo modello, anno dopo anno. Il compito dei brand è dimostrare la sua capacità di proporre gamme e soluzioni sempre migliori rispetto al passato. La stabilità non c’è, è una corsa continua ma va controllata. Altrimenti si rischia l’effetto commodity derivato da troppi anni di ritmo frenetico di aggiornamento per poi, quando il mercato arriva alla stabilità, poter contare solo sull’unica leva rimasta: quella del prezzo. Solo che abbassando troppo il posizionamento si ottiene che il cliente finale perde percezione sul reale valore del prodotto. Non vogliamo trovarci in questa situazione e, anzi, riportando ogni anno l’attenzione sull’evoluzione tecnologica di fatto sigilliamo il rapporto di fiducia instaurato con i nostri utenti e andiamo a catturare l’attenzione di altri potenziali clienti finali. In questo mercato non ci si può mai crogiolare sui risultati ottenuti nel passato. L’unica strategia possibile è guardare costantemente agli obiettivi futuri e di lungo respiro perché i consumatori hanno la memoria corta e sono abbastanza volubili nei gusti e nelle propensioni d’acquisto. Il flagship store che ruolo ha? Il negozio di Milano ha l’unico obiettivo di proporre alle persone un’esperienza nuova, completa e diversa di brand. Ci tengo a precisare che nei piani di Huawei non c’è un progetto atto a sviluppare un canale diretto. Vogliamo fare apprezzare al meglio i nostri prodotti in un ambiente studiato perché siano valorizzati e al centro delle attenzioni dei clienti finali. Ecco perché si trovano, accanto al classico display della gamma, forme di esposizione e di presentazione inedite, soprattutto per quanto riguarda il top di gamma. I risultati di vendita servono solo come benchmark sul gradimento e sulla soddisfazione che Huawei genera nei consumatori, altrimenti è solo uno showroom. Non è un caso che abbiamo portato i nostri partner di canale all’interno del nostro store per scambiare le rispettive impressioni e creare uno spazio di networking. Abbiamo anche messo a disposizione la nostra superficie come sperimentazione per gli addetti vendita dei retailer così da avere momenti di confronto e feedback differenti rispetto a quanto si può avere nelle superfici delle insegne.

Gennaio 2018



Aziende

intervista a Beppe Fumagalli di Roberto Bonin

Candy: storia di una crescita annunciata

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Innovazione e comunicazione. Sono questi i due più importanti asset sU cui si basa la crescita del Gruppo italiano.

nnovazione e comunicazione. Sono questi i due più importanti asset su cui si basa la crescita di Candy Group. Una crescita che parte dal maggio del 2016, quando l’Amministratore Delegato del Gruppo Beppe Fumagalli ha confermato la crescita a doppia cifra (anno su anno) dei ricavi dell’azienda. E ha preannunciato un articolato piano industriale finalizzato al raggiungimento di un fatturato consolidato di 2 miliardi di euro nei prossimi cinque anni e un importante piano di investimenti in attività di marketing e comunicazione. I risultati di questi annunci non si sono fatti di certo attendere e già nella prima metà del 2017 si è potuto registrare un andamento più che positivo sia dei ricavi che della quota di mercato, che porteranno a un incremento di fatturato di circa il 10% rispetto allo scorso anno. “Il nostro piano industriale sta procedendo in modo spedito”, ha sottolineato a tal proposito Beppe Fumagalli. “L’obiettivo primario è quello di tornare a essere in modo stabile la marca numero uno nel mercato del lavaggio, cosa che in realtà, è già stata più volte conquistata in modo del tutto discontinuo negli ultimi mesi”. “Nel 2018 prevediamo un’ulteriore crescita a doppia cifra, soprattutto a carico dei mercati Italia, Regno Unito, Russia e Francia”, ha continuato Beppe Fumagalli, che ha tenuto anche a sottolineare come il focus dell’azienda prevederà una maggiore concentrazione nei settori del freddo, del piccolo elettrodomestico e, in particolar modo, del built-in, dove “punteremo a un riposizionamento della marca rispetto al ritardo accumulato verso il mercato”. Gli obiettivi reali – così come confermato dallo stesso Fumagalli - sono quelli di arrivare a una quota di mercato nel settore dell’incasso di circa il 20%, e di portare il peso del settore ped fino al 25% dell’intero giro d’affari del Gruppo, concentrandosi in particolar modo sui segmenti dell’aspirazione e della stiratura. Sempre tenendo fede a quelli che erano stati gli impegni presi nel maggio dello scorso anno, ossia ben 43 milioni di euro investiti nel corso dell’anno con un incremento previsto del 50% nei prossimi due anni, il Gruppo brianzolo è tornato da protagonista anche sul fronte delle iniziative di marketing e di comunicazione, grazie a due importanti campagne televisive, dedicate rispettivamente ai prodotti a marchio Hoover e alla nuova lavatrice Bianca, che hanno sicuramente lasciato il segno e, come era proprio nei desideri del management, di posizionare l’azienda come una realtà altamente innovatrice verso il core del mercato. L’anima innovatrice di Candy è ormai sotto gli occhi di tutti e non solo in base alla natura e alle possibilità offerte dai suoi nuovi prodotti, ma soprattutto dal suo costante impegno in Ricerca e Sviluppo che ha caratterizza l’azienda da qualche tempo a questa parte. Dai laboratori dell’azienda, difatti, negli ultimi anni sono uscite delle novità tecnologiche che non solo hanno portato “aria nuova” all’interno del mercato del bianco, ma hanno saputo fungere da veri e propri trend setter, dando vita a nuovi segmenti di prodotto e a nuovi orientamenti nelle scelte dei consumatori. “Sulla particolare natura di azienda altamente innovativa di Candy penso che ormai non vi sia più alcun dubbio”, ha sottolineato Beppe Fumagalli. “Non solo l’innovazione fa da sempre parte del nostro DNA, ma negli ultimi anni abbiamo saputo stupire tutti e far parlare l’intero mercato per prodotti in grado di provocare un grande salto tecnologico a tutto il mondo del bianco”. Una precisazione, quest’ultima, che in effetti trova conferma nelle più recenti rivoluzioni tecnologiche scaturite dall’ottimo lavoro degli ingegneri, a iniziare dalla connettività fino ad arrivare all’ultimissima – in ordine cronologico – innovazione legata all’impiego dell’intelligenza artificiale. Senza ovviamente dimenticare che, quando si parla di innovazione, non ci riferisce solo a quella prettamente tecnologica, ma anche a quella di design, settore in cui l’azienda brianzola è sempre stata all’avanguardia e – anche in questo caso – uno dei maggiori first moover del settore. Ovviamente, come ha più volte ribadito lo stesso Beppe Fumagalli, non

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Beppe Fumagalli

finisce qui. La crescita, e la spinta innovatrice di Candy continuerà in modo deciso anche nel prossimo anno, cercando di raggiungere nel miglior modo e nel più breve tempo possibile gli obiettivi prefissati che, non solo sono ben chiari e definiti, ma sono sempre più alla

portata di un vero e proprio “treno in corsa”, come si è dimostrato essere il Gruppo negli ultimi mesi. “Noi ce la stiamo mettendo tutta – conferma nel finale Beppe Fumagalli – ma siamo più che certi di essere sulla strada giusta e con il passo giusto”.

Gennaio 2018


Sonos. The home Sound System. Il suono è di casa. www.sonos.it

Con Sonos si può. La purezza del suono, quella che solo un impianto audio di qualità può dare, in ogni stanza. Il sistema multiroom dell’azienda americana può garantire tutto questo, grazie a una struttura modulare personalizzabile e configurata sulle reali esigenze dell’utente e dell’ambiente in cui deve essere collocato. Per mezzo della tecnologia wireless i diffusori della linea PLAY, unitamente al subwoofer SUB o alla soundbar PLAYBAR, possono essere posizionati nei luoghi più strategici della casa al fine di assicurare l’effetto sonoro che più i desidera, sia esso un effetto sala da concerto o home cinema. Grazie poi alla possibilità di regolare il tutto in modalità del tutto automatica per mezzo dell’apposita app gratuita e del sistema Trueplay, il risultato è assicurato.


intervista a Riccardo De Franchis di Luca Figini

La sfida si sposta su servizi e fidelizzazione Gli obiettivi di Samsung per il 2018 vertono su un maggiore coinvolgimento del consumatore sia acquisito sia potenziale con strategie di nuova concezione. In ottica 2018 su quali dinamiche andrete ad attivare per rinnovare la sfida con i competitor e rilanciare il patto di fiducia con i consumatori, che si rinnova ogni anno in occasione del lancio dei nuovi prodotti? “L’aver alzato così tanto l’asticella come abbiamo fatto negli ultimi anni ci ha portato nella situazione di auto-sfidarci ogni anno a fare meglio del precedente. Nei prossimi mesi lavoreremo sulla retention, partendo dalla nostra customer base, perché sarà uno dei pilastri del marketing in ottica 2018. Siamo arrivati a una maturità tale che ci permette di attivare logiche vincenti di coinvolgimento dei consumatori, anche in virtù della situazione di mercato, del mantenimento della market share e della nostra proposizione multi-categoria. In più, abbiamo affilato gli strumenti per dare corretta esecuzione a questa strategia. Sono anni che ci prepariamo a questo momento e ci siamo fatti trovare pronti. L’altro filone importate sarà di offrire servizi post vendita. Ci siamo finora concentrati sull’esperienza di acquisto, mettendo quasi in secondo piano ciò che avviene prima e dopo. Ora andremo a colmare il gap offrendo soluzioni innovative in ogni fase della vendita.

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amsung ha dato origine a un grande cambiamento sociale più che di mercato. Con questo concetto Riccardo De Franchis, Direttore Marketing BU Mobile di Samsung Italia, ci accompagna nell’elegante saletta da dove si vede gran parte della “nuova” Milano. “Entrando nel dettaglio, lo smartphone ha impattato e trasformato tutti i contesti di mercato che ruotano intorno al consumatore: la moda, il lusso, lo sport, il retailing nel suo complesso, addirittura il modo in cui ci si interfaccia con la banca. Di conseguenza si sono modificati il marketing, l’esposizione e il modo di dialogare con i clienti finali”. Samsung stessa ha dato vita a progetti di connubio tra tecnologia e fashion: “cito la partnership con Armani per realizzare modelli d’eccellenza sia nel mondo mobile, sia in quello della consumer electronics. O ancora, abbiamo realizzato accessori in sinergia con brand del luxury tra cui Swarovski, Moschino, Trussardi e Montblanc. Questo per dire che il mondo oggi vive di integrazione tra i business (basti pensare all’automotive), perché lo smartphone non è solo uno strumento ma un accessorio da indossare e un elemento di identificazione personale, oltre che una piattaforma dinamica e innovativa su cui incentrare un dialogo diretto con il consumatore. Ed è anche il motivo per cui i dispositivi mobili sono percepiti in modo quasi fanatico dalle persone: rappresentano uno status, un modo di porsi all’interno della società. Ed è questo il cambiamento sociale al quale mi riferivo all’inizio”. I dispositivi mobili sono anche un modo per entrare in contatto con gli utenti finali...? “Lo smartphone è un mezzo per fornire servizi a valore aggiunto al consumatore. Un modo per semplificargli la vita, per arricchirla di nuove comodità e per intercettare domande latenti. Il food sta cambiando pelle, basti pensare a come è stato approcciato da Amazon oppure ai servizi di delivery at home. Lo smartphone ha ridefinito il concetto di “chilometro zero” e non pone limiti al tipo di iniziativa che si può attivare per coinvolgere i clienti attuali e potenziali”.

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Riccardo De Franchis

Il grande valore di Samsung è stato più di fare evolvere la tecnologia velocemente per creare nuovi servizi, oppure di saper scegliere il momento giusto per proporre la tecnologia che serviva al mercato e ai clienti finali? “L’hardware non è sufficiente. Dobbiamo offrire all’utente la possibilità di sfruttare al massimo ciò che gli proponiamo. Da questo deriva la scelta fatta fin dall’inizio di adattare profondamente il funzionamento di Android, non solo a livello estetico ma anche aggiungendo e integrando componenti del sistema operativo, per esempio con Knox per garantire una maggiore sicurezza anche in ottica lavorativa oppure con Connect per fare dialogare i dispositivi con il mondo Iot. E ancora, con Samsung Pay rendiamo il telefono un wallet digitale per pagare ovunque perché si replica il funzionamento della carta di credito ma con una affidabilità superiore”. Parlando di pagamenti, uno dei progetti su cui avete lavorato è stato di coinvolgere il consumatore con sistemi di finanziamento innovativi che semplifichino l’acquisto dei prodotti di Samsung. Perché è così importante azzerare l’attrito durante la fase di pagamento diventa una potente leva di marketing? “Il concetto di Smart Open, che è la nostra piattaforma di pagamento a rate proposta in ambito retail, nasce dall’obiettivo di mettere i top di gamma di Samsung nelle mani del più alto numero possibile di utenti finali con un investimento pensato su misura per le tasche delle persone. Va da sé che l’esercizio fatto con Smart Open ha avuto il senso di aiutare gli utenti a superare le barriere relative all’investimento iniziale richiesto. Il risultato è un sistema che permette di aumentare il sell-out della fascia premium e di ingaggiare meccanismi di retention che permettono di attuare operazioni di marketing sul cliente acquisito”.

LO SMARTPHONE È IL MEZZO PER FORNIRE SERVIZI A VALORE AGGIUNTO

Quindi la fase di pre-vendita è un processo già collaudato? “No, anche su questo fronte abbiamo in serbo novità e svilupperemo idee inedite in linea con gli atteggiamenti di una parte dei consumatori, quelli più avanzati, a cui permetteremo di accedere alle tecnologie senza il possesso”. Nessuna azienda come voi cura in modo così preciso il posizionamento, l’offerta, l’esposizione e la distribuzione differenziata degli accessori: che ruolo hanno nei confronti del consumatore? “Il compito degli accessori differisce a seconda dello specifico modello. Ci sono prodotti di completamento, come Dex e Gear VR, che sono stati proposti in modo inclusivo al lancio dei dispositivi al fine di creare interesse, base installata e di metterli nelle mani degli utenti per farne apprezzare le potenzialità. I wearable, invece, hanno l’obiettivo di estendere le funzioni degli smartphone e intensificare l’utilizzo dei dispositivi mobili. Altri invece hanno il compito di dare continuità ai progetti di brand awareness, per esempio nel caso delle cover che non coprono i loghi del device. La cover ha il ruolo di vestire il telefonino e quindi riveste un’importanza prioritaria, non a caso siamo aperti ad ampliare il catalogo anche con modelli griffati o di altri brand. Infine, stiamo già attivando piattaforme di marketing per proporre accessori in fase successiva all’acquisto del dispositivo mobile, con l’intento di personalizzare l’offerta di accessori sulla base delle abitudini e delle necessità del consumatore”.

Come funziona e dove si trova Smart Open Samsung Smart Open è un servizio sviluppato da Samsung per il mercato Retail e in collaborazione con le maggiori catene di elettronica di consumo. Smart Open consente di acquistare uno degli smartphone top di gamma con un piccolo contributo iniziale e 24 rate a tasso zero, con copertura danni contro l’eventuale rottura del display (fino a 2 interventi di riparazione) a integrazione della garanzia tradizionale. Si tratta di un sistema semplice e immediato, che consente inoltre di sostituire il proprio device con un modello di nuova generazione dopo 12 mesi: al termine del primo anno, è infatti possibile decidere di interrompere il finanziamento senza alcun costo e passare al nuovo modello Galaxy, oppure mantenere il proprio smartphone continuando a pagare le restanti rate. I consumatori possono accedere al servizio Smart Open nei punti vendita delle principali catene di elettronica di consumo italiane.

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intervista a Giancarlo Nicosanti Monterastelli di Luca Figini

Il ruolo del negozio nell’era della multicanalità

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Unieuro crea sinergia tra on-line e off-line l 2017 è stato un anno di grandi cambiamenti per Unieuro: la quotazione in Borsa, l’ampliamento della rete vendita con nuove aperture di punti vendita, un incremento della brand awareness e progetti ad alto valore, non solo promozioni. La catena italiana della consumer electronics è al centro di un grande cambiamento, che passa sotto il nome di digital transformation e rientra nella più ampia logica di adottare un approccio multicanale che sappia creare sinergie inedite tra on-line e negozi fisici. Di questi e altri temi si è parlato con Giancarlo Nicosanti Monterastelli, Amministratore Delegato di Unieuro S.p.A. Il negozio fisico quale ruolo rivestirà nel prossimo futuro? Che tipo di servizi saranno solo prerogativa delle superfici? Se guardiamo ad un mercato maturo come quello americano, è evidente che il negozio fisico non solo non è destinato a scomparire, ma si sta trasformando nel nuovo fulcro dell’esperienza d’acquisto omnicanale del consumatore. Il cliente continuerà a recarsi nel punto vendita per testare il prodotto e per avvalersi della consulenza degli addetti alla vendita, decidendo poi liberamente se ritirare e pagare in loco o se procedere con l’acquisto online. E’ per questo che crediamo fortemente nella strategia omnicanale: per garantire al consumatore la massima integrazione dei punti di contatto e la miglior esperienza d’acquisto possibile. Chiariamo però subito un aspetto centrale: il punto vendita fisico subirà una profonda trasformazione, a partire dalle superfici, che si ridurranno rispetto a quelle a cui siamo abituati. In Unieuro siamo passati in un anno da una media di superficie di 1.600 mq agli attuali 1.500 e il processo è destinato a proseguire. La capillarità invece continuerà ad essere un asset fondamentale della rete fisica, così come il valore della prossimità al cliente. I punti vendita saranno integrati con siti e app e ne rappresenteranno la propaggine fisica, ma nello stesso tempo offriranno sempre più contenuti multimediali. In questo processo di digitalizzazione del fisico, ritengo però che nessun drone per la consegna e nessun assistente virtuale potranno sostituire l’empatia e il calore del contatto umano. L’assistenza al cliente rimarrà una prerogativa del punto vendita fisico. [In ottica di servizio penso inoltre all’importanza che stanno assumendo nuovi format distributivi legati a specifiche esigenze, quali il travel retail. Le persone sono sempre più in movimento e nel corso dei loro spostamenti si dedicano spesso agli acquisti, sia per ottimizzare i tempi, sia per necessità. Nei nostri punti vendita situati in aeroporto o in stazione ferroviaria trovano solo e soltanto i prodotti di cui hanno bisogno, nel momento in cui questo bisogno nasce. Se non è un servizio questo. Su quali basi si può lavorare per migliorare costantemente il servizio? E’ fondamentale puntare sulle competenze della forza vendita e sulla sua capacità di soddisfare i veri bisogni del consumatore, in particolare quelli che sfuggono agli algoritmi dei siti web. Solo garantendo qualità del servizio, inteso come consulenza e assistenza durante e dopo la vendita, il canale continuerà ad avere senso di esistere, anche nello scenario di grande trasformazione nel quale operiamo. I pure player, d’altro canto, sono estremamente competitivi dal punto di vista commerciale, ma carenti in termini di servizio, soprattutto quando si parla di prodotti che necessitano di installazione e manutenzione, come gli elettrodomestici. E su questo gap il negozio fisico può lavorare molto. Come si costruisce un valore d’insegna tale che possa invitare all’acquisto? Il valore di un’insegna passa attraverso quanto si riesce ad essere rilevanti per il cliente di oggi e di domani. La rilevanza si costruisce con molteplici ingredienti: ai tradizionali parametri quali il prezzo, vicinanza e affidabilità, si sono

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aggiunti prepotentemente tematiche legate al mondo dei servizi, siano essi pre e post vendita. Oggi la sfida è quella di dare risposte variegate e personalizzate: l’insegna si trova di fronte ad un cliente che spesso è già informato, pronto a percorrere e a ripercorrere l’ultimo miglio insieme a chi lo rassicurerà e/o consiglierà meglio, con una esperienza coerente e consistente su qualunque punto di contatto, sia esso fisico o digitale. L’affidabilità genera fiducia, che genera propensione all’acquisto e fedeltà, in un circolo virtuoso che premia i migliori e, alla lunga, esclude chi non resta al passo. Con quali leve si gestisce l’eventuale insoddisfazione dei consumatori e si rilancia il rapporto con i clienti finali? Il cliente oggi è sempre più esigente e consapevole. Chiede il maggior assortimento possibile in combinazione con alti standard di servizio: la migliore assistenza pre- e post-vendita, l’affidabilità nei tempi di spedizione, la personalizzazione della consegna, pagamenti sicuri e procedure snelle per quanto riguarda i resi. Il cliente soddisfatto tornerà ad acquistare da noi. Il cliente insoddisfatto, invece, troverà infiniti mezzi per esprimere il proprio malcontento: penso ai social oppure ai siti di comparazione in cui i clienti lasciano volentieri il proprio feedback. Per evitare che il malumore generato da un disservizio attecchisca e mini alla base la reputazione dell’insegna, il segreto è soltanto uno: ascoltare il cliente. In Unieuro ne abbiamo fatto una priorità e dallo scorso febbraio misuriamo l’NPS su ciascuno dei punti di contatto. E’ uno strumento molto sensibile, dunque efficace: se qualcosa non funziona nel rapporto col consumatore, il calo del Net Promoter Score ce lo segnala immediatamente, permettendoci di reagire con tempestività e risolvere il problema. Che valore aggiunto può portare il processo di ampliamento della selezione di prodotto all’interno dei negozi coinvolgendo settori limitrofi alla consumer electronics? Nella fase di trasformazione che il punto di vendita fisico sta vivendo, ampliare l’offerta merceologica permette di saturare gli spazi e anche di aumentare la pedonabilità. Segmenti che apparentemente non sono strettamente legati all’elettronica di consumo, come quello delle capsule da caffè o dei giocattoli, sono in realtà redditizi in termini di marginalità e possono essere sinergici con l’assortimento tradizionale. E’ il caso ad esempio dei casalinghi, che condividono con piccoli e grandi elettrodomestici tempi, modi e decisori dell’acquisto. Quanto incide la digital transformation nel retail? Perché è un’evoluzione non più rimandabile? Incide moltissimo: è un processo in accelerazione, ormai inarrestabile, che ha modificato completamente il comportamento d’acquisto del consumatore e di conseguenza l’approccio della distribuzione. Il consumatore è oggi consapevole delle propria centralità. La rivoluzione digitale lo ha slegato dalla fedeltà al punto vendita più vicino a casa e lo ha emancipato dalla situazione di inferiorità informativa in cui si trovava qualche hanno fa. E’ lui ad imporre le regole nel corso del processo d’acquisto, ed è libero di alternare le visite in negozio alle esplorazioni online, cercando il miglior prodotto al miglior prezzo, grazie alle illimitate possibilità date dall’e-commerce. Non a caso, l’e-commerce è in forte crescita ed è arrivato a rappresentare il 12% del mercato italiano, sebbene ancora lontano dai livelli che si registrano negli altri Paesi occidentali. Il retailer tradizionale è quindi costretto ad evolvere per sopravvivere e l’omnicanalità è l’irrinunciabile soluzione: dobbiamo essere ovunque il cliente ci voglia, garantendogli una completa integrazione dei punti di contatto e la miglior esperienza d’acquisto possibile. Il prezzo da pagare è molto alto: perdere il cliente per regalarlo ai pure player. D’altro canto, la digitalizzazione impatta anche sul modo di fare business. Lavorare con clienti evoluti e dal c omp or t a m e n to d’acquisto multifor-

Giancarlo Nicosanti Monterastelli

me richiede un grande sforzo di raccolta, elaborazione e analisi dei dati. Gli investimenti in tecnologia sono sempre più significativi, così come il costo delle risorse umane altamente qualificate che li facciano fruttare. Che manchi la visione o che manchino le risorse, chi si ferma è perduto. Quanto nel 2018 sarà ancora più importante valorizzare tutti i touch point con il consumatore, creando davvero un’esperienza d’acquisto coerente e conforme alle strategie di business? Continuerà ad essere fondamentale. Per Unieuro i canali offline e online sono parte di un’unica infrastruttura integrata e sinergica al centro della quale c’è il cliente. Se il comportamento del cliente diventerà sempre più digitale, noi lo asseconderemo in tal senso. Se al contrario la preferenza sarà per il negozio fisico, comunque sapremo come soddisfare le sue esigenze. E’ per tale ragione che, pur presidiando tutti i touch point, la scelta dell’uno o dell’altro dovrà essere indifferente, per noi. L’obiettivo è soddisfare sempre l’esigenza del cliente, fornendogli il prodotto migliore e assistenza adeguata. Quali sono le politiche che state adottando per creare una multicanalità basata sulla sinergia tra on-line e fisico evitando cannibalizzazioni? Per quanto ci riguarda, il problema della cosiddetta cannibalizzazione tra canali non si pone. Il consumatore ha un comportamento sempre più fluido e può decidere liberamente se acquistare online e ritirare in negozio, oppure valutare il prodotto in negozio e acquistare nel web, per poi farsi recapitare il prodotto direttamente a casa. Le parole d’ordine sono quindi integrazione e superamento della distinzione tra i canali, presidiandoli tutti per dare al consumatore la totale libertà di scelta. Il perno di questo approccio strategico è il punto vendita nella moderna veste di pick-up point, che trova nel cliente fidelizzato - possessore di carta fedeltà, dunque riconoscibile e tracciabile - il destinatario ideale di un nuovo mondo di prodotti e servizi confezionati su misura.

BISOGNA PUNTARE SULLA CAPACITÀ DI SODDISFARE I VERI BISOGNI DEL CONSUMATORE, IN PARTICOLARE QUELLI CHE SFUGGONO AGLI ALGORITMI DEI SITI WEB

Gennaio 2018



intervista a Federico Mangiacotti di Roberto Bonin

Date ad Haier quel che è di Haier

A

Il Branch italiano si prepara a cambiare passo e impronta sul canale e nei confronti del consumatore attraverso prodotti di nuova generazione e una nuova costruzione di brand

desso si cambia per davvero. Haier muta infatti definitivamente pelle, assumendo il ruolo che da sempre gli compete nel mercato. È quanto emerge dal nostro incontro con il nuovo Market Director Italy di Haier: Federico Mangiacotti, da pochi mesi alla guida della branch italiana della multinazionale cinese. Gli intenti e gli obiettivi del “nuovo corso” sono difatti molto chiari e precisi, e sono quelli di riposizionare adeguatamente il brand, secondo il suo vero e reale valore di mercato, ossia quello di una multinazionale dall’enorme capacità produttiva in grado di esprimere al meglio tutto ciò che la moderna industria hi-tech è in grado di offrire. “È giunto il momento di riposizionarci”, spiega infatti Mangiacotti, “In passato è forse mancato quel giusto percorso di valorizzazione del brand e, purtroppo, ancora oggi siamo percepiti impropriamente come marchio tipicamente promozionale”. “Haier è una grossa multinazionale in grado di esprimere numeri davvero impressionanti e con un posizionamento di un certo rilievo”, tiene a precisare Mangiacotti. “È una delle prime aziende al mondo sia per produzione che per commercializzazione di prodotti, e appunto per questo motivo, l’intenzione è quella di equiparare la situazione italiana a quella di altre nazioni, soprattutto extraeuropee, in cui il nostro marchio si è conquistato ormai da tempo una posizione di tutto rilievo tra i brand più riconosciuti per qualità e affidabilità”. I prossimi mesi vedranno quindi la filiale italiana particolarmente impegnata proprio sul fronte della valorizzazione del brand su cui verte un progetto molto articolato, già avviato in occasione diIFA 2017 a Berlino, dove l’azienda ha già potuto mettere in mostra la sua vera essenza e, soprattutto, la sua reale capacità innovatrice. “La costruzione della brand awareness rimane uno dei nostri obiettivi principali”, sottolinea a tal proposito Mangiacotti. “Cercando di spiegare e trasmettere, sia al mercato che al consumatore finale, la percezione di ciò che è realmente Haier, insieme all’ampiezza e alla profondità di gamma che è in grado di offrire”. E qualche esperimento in questo senso è già stato compiuto, così come ricorda lo stesso Mangiacotti: negli scorsi mesi di maggio e giugno, l’azienda si è resa protagonista di un’interessante iniziativa in collaborazione con Unieuro e Supermedia, in cui sono state allestite apposite “zone Haier”, presiedute da

Federico Mangiacotti

promoter e con prodotti “vestiti” con materiale p.o.p., in circa 40 punti vendita delle due insegne. “Con questi primi esperimenti abbiamo avuto la possibilità di avvicinare i clienti spiegandogli l’utilità delle nostre più recenti innovazioni tecnologiche, come la lavatrice Duo, il congelatore con il cassetto o le levatrici con tecnologia Direct Motion”, spiega Mangiacotti. “Una iniziativa che ci ha dato risultati davvero interessanti e che ripeteremo sicuramente nel corso del 2018, estendendolo anche ad altre insegne e a un numero sempre maggiore di punti vendita”. Non solo. Sempre sul versante della comunicazione, Haier Italy è anche reduce da un’altra fortunata iniziativa effettuata in collaborazione con la piattaforma ecommerce

ePrice, con cui ha avuto la possibilità di spiegare i prodotti per mezzo di veri e propri video tutorial. “Ovviamente non ci fermiamo qui”, tiene poi a precisare Mangiacotti. “Abbiamo già allo studio una serie di attività di comunicazione che spaziano dai media classici fino a promozioni ‘a valore aggiunto’, in collaborazione con i nostri partner distributivi”. “Il nostro intento – conclude Mangiacotti – è sì quello di posizionare correttamente il nostro brand, ma attraverso la spiegazione della qualità e dell’affidabilità dei nostri prodotti, unitamente a tutto ciò che siamo in grado di mettere a disposizione dei nostri partner e consumatori”.

Parola d’ordine: innovazione tecnologica

Una vera e propria rivoluzione tecnologica in arrivo nel nostro Paese, quella promessa da Haier, fissata con molta probabilità per il secondo quarter del nuovo anno. Nella roadmap del vendor cinese, difatti, figurano vere e proprie “chicche”, come la lavasciuga slim in verticale Super Drum, le lavatrici con doppio asse e in classe energetica A++72%, i nuovi frigoriferi connessi e nuovi frigoriferi con scocca in acciaio con colorazione nera o con porta in materiale

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trasparente simil vetro del tutto personalizzabile, che possono essere anche appoggiati direttamente alla parete, quasi fossero veri e propri complementi a incasso.Il primo di questi prodotti particolarmente innovati-

vi, la lavasciuga Duo Dry, è già giunto in Italia: si tratta di un prodotto dotato di una connessione Wi-Fi, in grado di offrire la possibilità di ricevere sullo smartphone informazioni sul suo funzionamento nonché di

poter azionare un programma a distanza. Grazie allo schermo touch a colori e all’interfaccia intuitiva, inoltre, è anche possibile essere guidati nell’utilizzo quotidiano della lavasciuga. Per mezzo della funzione Amazon Dash Replenishment, inoltre, è possibile rilevare la quantità di detersivo ancora disponibile e di anticiparne il riforn mento tramite un ordine automatizzato su Amazon. Si arriva poi alla tanto attesa Super Drum, una lavasciuga con display LED full touch con profondità di 46 cm e un maxi cestello del diametro di ben 601 mm, in grado di vantare una classe di efficienza energetica A+++ -50%, per un risparmio fino al 50% comparato alla classe A+++. La nuova Super Drum è stata sviluppata per garantire una notevole capacità: 10 kg per il lavaggio e 6 kg per l’asciuga-

tura, con lavaggio e asciugatura in ciclo continuo di 6+6 kg, oltre che per offrire un ampio accesso al cestello, fino a 44,5 cm. La nuova gamma di frigoriferi Link Cook è invece caratterizzata dalla presenza di un’interfaccia che consente di ottenere informazioni sul contenuto interno: disposte in punti strategici all’interno della porta, infatti, alcune telecamere identificano difatti il contenuto del frigorifero e consentono di ottenere informazioni circa la freschezza, le date di scadenza e le proprietà nutrizionali degli alimenti. Grazie all’interfaccia intuitiva, poi, il frigorifero si può trasformare in un vero e proprio strumento di comunicazione e di intrattenimento, dispensando ricette online, previsioni meteo, programmi radio, social network, Tv, email e così via.

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intervista a Isabella Fumagalli di Roberto Bonin

Assicurazioni: l’evoluzione della specie Isabella Fumagalli, Amministratore Delegato di BNP Paribas Cardif, illustra i cambiamenti in atto nel settore assicurativo

Il settore assicurativo sta vivendo un momento di crescente complessità caratterizzato da novità regolamentari, nuovi trend di abitudini e consumo dei clienti, nuove esigenze e nuovi competitor digitali. In un mondo sempre più connesso, l’esperienza di protezione sarà ancora più digitale ma l’industria assicurativa è tuttora poco avanzata da questo punto di vista. La revisione dei processi per poter vendere una polizza attraverso uno smartphone o un tablet, o poter offrire servizi digitali, è complessa”. A sostenerlo è Isabella Fumagalli, Amministratore Delegato di BNP Paribas Cardif, in merito ai cambiamenti in atto all’interno del settore assicurativo. “Mettere mano a tutta la catena del valore industriale di una compagnia non è cosa da poco. Un altro aspetto sfidante è ridisegnare i prodotti, oggi troppo complicati, spesso standardizzati e con pochi servizi e assistenza. Accelerare la trasformazione digitale consentirà al settore assicurativo di vincere queste sfide e ottimizzare l’intera catena del valore della relazione con il cliente. Diciamo che al momento siamo ancora in una via di mezzo fra tradizione e modernità”. E quindi quali sono i nuovi ambiti di business in cui si può operare per generare nuove opportunità? “Dobbiamo chiederci quali sono i rischi che nel futuro i clienti vorranno coprire, e come, per capire i filoni sui quali muoverci”, continua Isabella Fumagalli. “In BNP Paribas Cardif stiamo costruendo l’assicurazione di domani su un nuovo paradigma, la Preventive Insurance, che si fonda non più sul mero risarcimento bensì su prevenzione, protezione, assistenza e interazione con il cliente. Il tema della Preventive Insurance, offre nuove opportunità alle compagnie e ai clienti e nella sua applicazione la tecnologia è fondamentale. In ambito salute, l’utilizzo della telemedicina, del telecontrollo, dell’auto check-up e dei wearable device consente di offrire un’ampia gamma di servizi adatti alle esigenze del singolo. Nell’area Smart Home, i device domestici facilitano interventi sempre più tempestivi per evitare danni all’abitazione. Sul fronte delle auto connesse, l’utilizzo delle blackbox ha già generato un calo della frequenza dei sinistri e le polizze con telematica integrata sono sempre più richieste”.

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Isabella Fumagalli

Obiettivo millennials Ma veniamo al target più rappresentativo e interessante del momento: i mllennials. In che modo è possibile intercettare questo tipo di consumatori e quali specifiche leve è possibile utilizzare rispetto ai clienti tradizionali? Isabella Fumagalli non ha dubbi. “Individuare le aspettative sempre più digitali dei millennials è fondamentale per costruire l’assicurazione del futuro. Noi abbiamo voluto fotografare le loro percezioni per verificare se, come settore, stessimo andando nella giusta direzione. Lo abbiamo fatto in maniera unconventional con Friendz, una giovane start-up con una community formata da giovani utenti digitali che ci ha dato il proprio parere sul tema customer experience dando sfogo anche alla propria creatività. Dalla ricerca è emerso che ai millenials piace l’assicurazione ma lo abbiamo considerato un punto di partenza su cui lavorare, per migliorare i tempi di risposta, la personalizzazione dei servizi e l’interazione in qualsiasi luogo e momento, la loro “normalità”. Un altro progetto ha riguardato i giovanissimi della generazione Z, la prima mobile-first. Perché chi meglio degli stessi post millennials sa cosa desidera un coetaneo? Abbiamo organizzato un contest per studenti: giovani, motivati, creativi, non ancora influenzati dagli schemi e dalle logiche tipiche dell’ambiente lavorativo, ma soprattutto nativi digitali che abbiamo portato on board”. E non finisce qui. “La ricerca fatta sui millenials – continua sempre Fumagalli - ci ha confermato che ci sono settori “eccellenti” da cui poter trarre indicazioni utili per migliorare l’esperienza con i consumatori. Il cliente assicurativo, sempre più evoluto, vuole vivere la stessa customer experience che riscontra quotidianamente in altre industries dove trova semplicità, personalizzazione, servizio, assistenza, comunicazione real time, interazione continuativa, trasparenza, multicanalità. Questi sono i valori che i consumatori cercano anche nel loro assicuratore, uniti poi naturalmente alla fiducia, alla solidità, all’impegno nella sostenibilità sociale e all’innovazione. Il nostro obiettivo è lavorare su tutti questi fronti per essere considerati dai clienti un partner ideale, nel quotidiano, che li ascolti e li accompagni in tutte le fasi della vita, migliorando la qualità della stessa”.

Ma veniamo alla totalità dei consumatori: quali iniziative commerciali innovative si possono attivare per coinvolgere un numero sempre maggiore di clienti? “Progetti di co-creation e di partnership con persone e realtà spesso lontane dal nostro business, sono ormai per noi all’ordine del giorno per attirare idee innovative su nuovi interessi dei clienti e supportarne lo sviluppo in progetti concreti”, risponde Fumagalli. “Abbiamo un laboratorio interno di ricerca e sviluppo che insieme a startup, innovatori e clienti sperimenta la realizzazione di nuovi prodotti e servizi anche grazie ai progetti vincitori di Open-F@b Call4Ideas, il contest di open innovation promosso anni fa e giunto alla quarta edizione. La collaborazione continuativa con le start-up ci ha permesso di innovare, creare, osare e avvicinare le persone al mondo delle assicurazioni. Con lo stesso fine, insieme a influencer e blogger abbiamo attuato la revisione delle condizioni generali d’assicurazione di alcuni prodotti, semplificando il linguaggio e migliorando la grafica per renderli comprensibili a tutti”.

Tecnologie innovative Non poteva poi mancare una domanda sulle tecnologie più innovative e, nel caso specifico, sulle nuove opportunità introdotte dalle moderne piattaforme IoT. Anche in questo caso Fumagalli non ha dubbi: “L’innovazione abilitata dall’IoT consente di creare valore facendo leva su nuove filiere e modelli di business, attraverso polizze di nuova generazione con piattaforme digitali, oggetti connessi e servizi volti a prevenire o mitigare i rischi. Ecco perché, dopo aver iniziato per primi un percorso sul tema smart insurance, lanciando nel 2013 una polizza casa con tecnologia integrata - Habit@t - stiamo esplorando altre soluzioni in questo senso. Con Habit@t abbiamo rivoluzionato il concetto dell’assicurazione perché grazie all’Homebox, un sistema telematico che protegge e controlla l’abitazione anche quando il cliente è assente, la polizza non interviene solo come mero risarcimento economico ma anche attraverso la prevenzione e il servizio assistenza. Habit@t, già acquistata ormai da diverse migliaia di clienti, ha permesso di ridurre notevolmente l’incidenza dei sinistri. Un’esperienza positiva che può essere replicata in altri ambiti”.

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intervista a Paolo Locatelli di Roberto Bonin

LG lascia un “segno” d’eccellenza

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Un nuovo brand e un nuovo concept di prodotti per veri amanti della tecnologia

Più di un semplice marchio nel marchio». Esordisce in questo modo Paolo Locatelli, LG Signature Director, in merito al nuovo brand top di gamma dell’azienda coreana. «Signature è il progetto più importante degli ultimi anni di LG Electronics», spiega infatti Locatelli. «È un progetto nato qualche anno fa che ha nell’innovazione tecnologica la sua chiave di sviluppo, crescita e successo nel mondo e che ha deciso di sfidare la tradizione, creando dei prodotti assolutamente unici, ripensandoli da zero». LG ha quindi preso le migliori tecnologie, studiato il migliore design, scelto i materiali migliori, curato fin nei minimi particolari le finiture per creare prodotti in grado di esprimere qualcosa di nuovo e di diverso e di creare un ‘effetto uau’ anche nel consumatore più esperto”, continua Locatelli. «Ne è nata così una collezione di quattro prodotti che sono oggi il riferimento tecnologico, di design e di piacere d’uso. L’obiettivo finale di Signature è difatti quello di attrarre col design, ma conquistare con il piacere d’uso e con funzioni uniche». «In Signature il design è per cui il completamento della tecnologia, o meglio una conseguenza diretta della tecnologia. Il progetto Signature è molto complesso, perché significa riprogettare da zero in modo del tutto diverso l’approccio con il consumatore, ponendosi a breve termine tre obiettivi principali: la brand awareness, la vendita dei prodotti e l’effetto alone nei negozi. Il nostro impegno iniziale è per cui orientato a lavorare su microtarget che partono dal processo di acquisto del consumatore; un consumatore premium e il luogo dove sceglie di effettuare i suoi acquisti», aggiunge ancora Locatelli. «La grande novità è per cui il fatto che siamo noi che ora dobbiamo andare a cercare il consumatore e non possiamo più aspettare che sia il consumatore a cercare da noi». Il progetto Signature vede attualmente una linea composta da quattro diversi prodotti d’eccellenza: un Tv ultrasottile con tecnologia Oled da 65” e 77”, il frigorifero multidoor 5 porte InstaView, la lavasciuga TWINWash e il purificatore d’aria LSA50A. Il tutto in attesa di essere completato dall’imminente arrivo del primo smartphone brandizzato Signature. Ovviamente le funzionalità e le caratteristiche sono davvero al top, al massimo delle rispettive categorie merceologiche, in grado non solo di fare davvero la differenza tra le mura di casa, ma anche, e soprattutto, di venire incontro alle reali esigenze dei consumatori, portando un aiuto concreto alla vita di tutti i giorni. «Con Signature possiamo creare un nuovo appeal nei consumatori finali. Ad esempio, stiamo investendo molto sul web poiché è l’unico mezzo che ci consente di convogliare dei filmati in grado di trasmettere delle emozioni, al fine di far capire che dietro a una forma c’è anche un’esperienza d’uso», sottolinea Locatelli. «Il progetto che stiamo portiamo avanti vede due differenti direzioni: da una parte, quella di scegliere dei partner locali che insieme a noi vogliano intraprendere strade nuove per attirare il consumatore in modo da creare nuove experience legate al prodotto, e dall’altra parte lavorare sugli influencer e gli opinion leader, soprattutto a Milano e nei posti più iconici d’Italia, dove si concentra gran parte del nostro principale target di riferimento. Abbiamo anche selezionato in Italia dei partner dove esporre e vendere i prodotti di questa linea». In questo senso, va ad esempio l’apertura del nuovo flagship store di via Durini a Milano, un vero e proprio atelier situato in una zona presidiata da grandi marchi della moda e dell’arredamento, in cui il marchio LG Electronics si distacca dalla sua tradizionale immagine di brand prevalentemente mass market, per assumerne una del tutto nuova di brand premium. In quell’occasione, Locatelli aveva sottolineato: «Lo scopo di questo punto di contatto è quello di essere presenti laddove vivono e lavorano le persone che amano scegliere. Vogliamo comunicare direttamente con chi è alla ricerca di prestazioni, stile e design di alto livello, per un’esperienza d’uso superiore giorno dopo giorno». Anche se, così come conferma lo stesso Locatelli, dalle analisi sui consumatori che hanno già acquistato i prodotti Signature si è potuto notare che non si tratta necessariamente di consumatori particolarmente facoltosi, ma spesso sono anche rappresentati da persone dei ceti medi, ma in cerca di un valore per la famiglia.

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Paolo Locatelli

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intervista a Stefano Viganò di Luca Figini

La forza di operare in vari settori Garmin ha prodotti dedicati a barche, aerei, auto e fitness. Questo consente di attuare piani strategici flessibili e compensare gli andamenti dei singoli mercati.

«

La peculiarità di Garmin è che opera in più settori di mercato in modo parallelo, non solo nella consumer electronics. Questo approccio ha permesso, nel corso degli anni, di bilanciare gli andamenti dei vari comparti merceologici nei quali ci cimentiamo”, spiega Stefano Viganò, Managing Director di Garmin Italia. Così il canale dell’elettronica di consumo ha un andamento ormai flat, in virtù della concorrenza data dall’on-line e da un approccio standardizzato, “perciò per andare a dialogare con il consumatore dei nostri prodotti ci stiamo concentrando anche sui negozi specializzati in sport. Ossia sia sul punto vendita indipendente ma anche sulle grandi catene. Infine, dato che il nostro focus sono prodotti wearable, un altro canale di vendita nel quale stiamo raccogliendo grandi soddisfazioni è quello delle orologerie”.

Esplorando nuovi canali

Quello dei punti vendita specializzati in orologi è una case history interessate su come un brand tecnologico sia riuscito a fare breccia e a diventare un punto di riferimento in superfici legate più a concetti luxury e fashion. “Il segreto è stato di ideare una gamma di prodotti dedicati a questi negozi, non in sovrapposizione con i modelli venduti su altri canali. Certo, possono anche proporre orologi che distribuiamo altrove, è una scelta dell’imprenditore scegliere quali referenze offrire in vetrina”. Altro elemento che rende Garmin un brand tecnologico sui generis riguarda la forte specializzazione in segmenti di mercato iper verticali. Si pensi alla nautica: “stiamo crescendo a ritmi vertiginosi, tanto che questo segmento di mercato è uno di quelli su cui puntiamo per i prossimi tre anni”. E il wellness? “Un contesto in continua evoluzione, perché gli smartwatch dedicati al fitness e all’attività sportiva sono in forte ascesa; per contro i brand sono in contrazione perché hanno perso interesse nei confronti dei consumatori in quanto sono diventati troppo legati a operazioni di prezzo”.

Tante Garmin

Ci sono “tante Garmin” in un solo marchio, perché altro contesto di valore è rappresentato dall’off-road, dalle moto e dal tempo libero con prodotti studiati appositamente per soddisfare le specifiche esigenze. Una complessità enorme che si domina “conservando l’autenticità e le caratteristiche di ciascun canale, perché un’offerta generalizzata non paga. Bisogna anche imparare la grammatica di ciascun segmento commerciale, oltre a costruire una identità di marca specifica per ogni mercato. Nel marine, ad esempio, è indispensabile conoscere alla perfezione l’argomento e presentarsi come un interlocuto-

Stefano Viganò

re intonato a quel mondo. Idem per il golf, il running o i negozi di biciclette: bisogna proporsi con un codice allineato, perché l’errore principale è non essere credibili e ferrati sull’argomento. La nostra particolarità è che per ogni segmento vantiamo una struttura commerciale dedicata e non in sovrapposizione con altri canali. In sostanza, sono tre gli ingredienti: linguaggio, prodotto e strategie pensate appositamente per ogni comparto. Questo ci conferisce un attributo di autenticità verso il canale al quale ci rivolgiamo. Il caso d’eccellenza riguarda i negozi di orologeria: siamo partiti con un progetto pilota e ora vantiamo 300 punti vendita. L’iniziativa è anche scalata a livello internazionale. Questo perché abbiamo costruito una credibilità e un’immagine di marca solida e autentica, puntando anche sulla formazione costante degli addetti di vendita e servizi pre e post-vendita”. Solo in questo modo si gestisce

Moovin’ Bergamo la città è in movimento Si chiama “Moovin’ Bergamo” l’iniziativa che vede Garmin come partner tecnico di Ats Bergamo, Comune di Bergamo e Università degli Studi di Bergamo, per promuovere uno stile di vita diverso in ambito cittadino. A sostenere il progetto anche Stefano Baldini, Oro alle Olimpiadi di Atene 2004. Moovin’ Bergamo mira a coinvolgere i cittadini della città lombarda per metterla letteralmente “in moto”. L’intento è di incentivare l’attività fisica, soprattutto alla luce dei preoccupanti dati rilasciati dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute che dicono come solo il 35,5% della popolazione della Lombardia raggiunge il livello soglia di attività fisica quotidiana raccomandato, e ben il 21% può essere definito “sedentario”. Ed è in questo contesto che nasce la partnership con Garmin, azienda che sviluppa strumentazione in grado di stimolare e ispirare le persone a mantenere una vita attiva e salutare: per Moovin’ Bergamo non sarà una mera sponsorizzazione, bensì una partecipazione attiva nello sviluppo del progetto. Tra l’8 aprile e il 6 maggio 2018, sarà attivato un contest durante il quale saranno monitorati e registrati tutti i passi compiuti (e quindi la distanza percorsa) durante la quotidianità dei partecipanti. Saranno coinvolti tutti gli abitanti della provincia ma anche i bergamaschi “fuori sede”. Previa registrazione sul portale dedicato (www.moovinbergamo.it), si potrà partecipare a una vera e propria competizione, sia individuale che all’interno di gruppi. Tutti i partecipanti concorreranno alla realizzazione di un risultato collettivo, raggiunto il quale verrà stanziato un riconoscimento.

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con flessibilità la complessità di ogni canale. Basti pensare al tipo di evoluzione che ha avuto Garmin dalla sua nascita. Una decina di anni fa il navigatore per auto pesava per l’80% sul fatturato dell’azienda in Italia; oggi questo reparto vale circa il 15% (si vendono 150mila unità nel nostro Paese). Abbiamo alle spalle un’azienda che per natura operava già ad alto livello in mercati verticali come l’aviazione, il marittimo e lo sport. Ci siamo concentrati sul fatto che la tecnologia Gps non andava limata a un unico tipo di canale merceologico ma può essere declinata in vari tipologie di prodotti con l’obiettivo di creare sempre nuove opportunità di business”.

Rivoluzione digitale

Se poi si analizzano i singoli settori in cui opera Garmin, ci si rende conto che è leader nell’aviazione mentre nella nautica sta cavalcando con successo una trasformazione epocale in atto. “Il digitale sta rivoluzionando il concetto di imbarcazione. Oggi è già possibile pilotare una barca in modo elettronico, direttamente dai display e con una connettività costante e interattiva per la parte di mapping, di sicurezza attiva e anche di operazioni in porto. Non solo, con i nostri wearable è possibile controllare da remoto alcune funzioni, come l’autopilota. La profusione di tecnologie, infine, hanno permesso di avvicinare un più ampio pubblico al mondo della barca, perché si è ridotta la complessità di gestione del natante”. L’obiettivo in ottica 2018 è continuare a crescere in modo “organico. Non cerchiamo strappi ma cerchiamo di conquistare il mercato basandoci sulla fiducia dei consumatori. Stimiamo sarà un anno che genererà un incremento del 10% del fatturato, tuttavia ciò che ci interessa è esplorare nuove opportunità di business. Avremo nuovi prodotti con innovazioni che andranno a rinnovare l’esperienza e le funzioni per alcuni segmenti specializzati in cui già operiamo (tra cui golf e nautica). Queste novità, siamo certi, creeranno un certo interesse negli utenti finali. Un comparto ad alta incidenza evolutiva è quello del wearable, nel quale vogliamo debuttare con modelli capaci di supportare carte di credito per permettere ai clienti finali di effettuare pagamenti nei negozi utilizzando i dispositivi Nfc di Garmin”.

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intervista a Giuseppe Di Martino di Luca Figini

Il mondo della pasta tra fashion e innovazione

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Dall’accordo con Dolce&Gabbana fino all’apertura di negozi fisici: il Pastificio Di Martino sta rinnovando la propria impronta sul mercato.

iù di 105 anni di tradizione pastaia italiana. Dal 1912 la famiglia Di Martino porta avanti la tradizione di pastai nella zona del Belpaese con più alto lignaggio: Gragnano. Eppure, dopo tre generazioni, il Pastificio Di Martino la voglia di rinnovarsi rimane una costante. Pur mantenendo salda la tradizione. Così Giuseppe Di Martino, Amministratore delegato di Pastificio G. Di Martino, sta trasformando l’azienda in un punto di riferimento di mercato per innovazione e approccio al consumatore. Mantenendo salda l’elevata qualità e l’identità di prodotto. Su quali presupposti si basa la strategia di aprire punti vendita monobrand? Aprire punti vendita monobrand ci consente di creare un ecosistema intorno al consumatore, per ascoltarlo, osservarlo, avere con lui un rapporto diretto, con la finalità di soddisfare esigenze che potenzialmente lui ancora non conosce. Come è stato concepito il negozio di Napoli e quale ruolo gioca l’area ristorazione in questa superficie? Il negozio di Napoli a Piazza Municipio è stato concepito per essere un landmark della città più esigente nel gusto della pasta. Lo store è diviso in tre parti: una parte è dedicata alla cucina di preparazione; la parte al piano terra, che dà su Piazza Municipio, ospita invece lo store Di Martino dove è possibile acquistare i nostri 126 formati di pasta o di ordinare la Devozione “to go”, che è il nostro spaghetto al pomodoro in versione take away. Al primo piano invece c’è il Pasta Bar con 24 posti a sedere. All’interno del ristorante, il posizionamento del cliente è tale per cui è più vicino lui alla pentola di quanto lo sia lo chef. Questo gli consente di vedere il piatto durante tutte le fasi di preparazione, ma allo stesso tempo, grazie a un innovativo sistema di trattamento dell’aria studiato ad hoc per questo format, rendiamo la permanenza vicino ai fornelli del tutto libera da odori, per consentirgli di vivere l’esperienza di degustazione del suo piatto sgombra da qualsiasi altra contaminazione olfattiva, oltre che lasciare i suoi abiti puliti e scevri da odori indesiderati. In poche parole, il cliente, nel momento in cui varca la lama d’aria che divide la cucina a vista dal tavolo su cui mangia, può assaporare prima con gli occhi, poi con il naso e poi, finalmente, anche con il gusto il suo piatto di pasta. Ci sono 27 preparazioni diverse: un modo per deliziare un palato gourmand con i piaceri della pasta, ma anche una forma per ispirare il nostro cliente per la realizzazione dei suoi piatti casalinghi, consentendogli di sbizzarrirsi nell’utilizzo dei nostri molteplici formati di pasta. L’area ristorazione prende il 50% dello spazio e riveste un ruolo chiave da un punto di vista strategico, perché ci consente di formare il cliente nell’abbinare il giusto formato, i giusti ingredienti, la giusta ricetta.

Perché è importante disintermediare il rapporto con il consumatore? Perché per noi è il consumatore che deve operare in maniera autonoma e consapevole la scelta, per cui il messaggio del brand gli deve arrivare chiaro e pulito. Allo stesso tempo, dal consumatore deve tornare un feedback deciso, insindacabile e inequivocabile, senza essere mediato da terze parti. In che modo si delinea la strategia multibrand dell’azienda e come si mantiene la storicità di ciascun marchio? I tre marchi in portafoglio dell’azienda hanno caratteristiche del tutto individuali e vanno rispettate, perché è così che l’identità delle singole proposte al mercato rende la proposta del gruppo integrale. Si parte da pastificio Antonio Amato che ha come motto “Il piacere è una cosa semplice” proprio per permettere a tutti di poter cucinare un piatto di pasta con semplici ingredienti nel puro rispetto della dieta mediterranea. Poi si arriva al più tradizionale dei brand che è Di Martino, la pasta di Gragnano IGP, che risponde invece a una visione nobiliare di antica tradizione della cucina napoletana, dove la pasta la fa da padrona. È quella pasta che ha attraversato gli oceani ed è arrivata in qualsiasi angolo del mondo, con i nostri prima emigranti e poi operatori della ristorazione, che hanno convinto i consumatori di tutto il mondo della bontà di un piatto di pasta e della sua capacità di mettere a tavola allegria e soprattutto salute. L’ultimo nato dei brand del gruppo è Pastificio dei Campi. Questo brand è un po’ come la scuderia Ferrari di Formula 1 per il gruppo Fiat, ossia è il marchio con il quale si ricerca e sviluppa, spingendosi oltre l’ostacolo, al di là del limite. Qualsiasi fattore della produzione, dal grano alla maniera di coltivarlo, alla ricerca del luogo dove viene prodotto, fino alla sua macinazione e poi alla sua preparazione, nel senso di impasto, trafilazione e prosciugazione. Il Pastificio dei Campi è quello che interagisce con i maggiori e migliori chef del mondo e quindi fa ricerca anche nel piatto, nella ricetta e nella sua presentazione. Collabora con i JRE (Jeunes Restaurateurs d’Europe) ma anche con i più grandi chef del mondo, italiani e stranieri, che vedono nella pasta un progetto gastronomico. Che tipo di consumatore è quello che sceglie la pasta e come individua le sue opzioni di acquisto? La pasta è un prodotto trasversale a tutte le età, tutte le fasce di reddito e tutti i tipi di dieta. I nostri nuovi italiani immigrati sono anche loro grandi consumatori di pasta, proprio perché è un prodotto universale. A seconda del tipo di offerta del nostro gruppo, incrociamo clienti diversi: dal grandissimo gourmet, a chi rispetta le tradizioni e ne fa una celebrazione, a chi vuole un piatto di pasta semplice ogni giorno.

Giuseppe Di Martino

Come si svilupperà Proximity nel 2018? Proximity si svilupperà a 360° con l’apertura di nuovi punti vendita per tutti e tre i brand in varie parti d’Italia, in Europa e nel mondo, attraverso la selezione e la formazione di personale specializzato nella parte gastronomica, retail e commercio on-line. Si svilupperà anche in un livello di comunicazione molto preciso verso il consumatore cercando di intercettarne i bisogni e proporre sempre di più un progetto creato intorno a lui. Nel 2018 ci saranno nuove aperture a New York, Toronto, Seul e Tokio e in molti punti d’Italia.

Dolce & Gabbana insieme al Pastificio Di Martino per celebrare l’italianità Moda e cibo: sono queste tra le due eccellenze d’Italia conosciute nel mondo. Ancora di più se si parla di connubio tra pasta e fashion, un menù proposto dalla collaborazione tra il Pastificio Di Martino e Dolce&Gabbana, che ha ideato il design delle confezioni di pasta celebrando i colori accesi delle maioliche e i rimandi ai più famosi simboli e monumenti italiani. Le nuove confezioni diventano una vera e propria cartolina ideata per mantenere salde le tradizioni e offrire una cartolina d’eccellenza pronta a girare per il mondo profumando le tavole e ravvivando le dispense con le fantasie dai colori mediterranei. I carretti siciliani, i pupi e l’immagine di Pulcinella, tutti elementi iconici della cultura italiana, incorniciano lo storico marchio del Pastificio Di Martino. Si va dai formati più diffusi come gli Spaghetti e le Penne mezzani rigate, ai grandi classici partenopei come la Mista corta e i Paccheri. A completare la selezione i tradizionali formati lunghi avvolti a mano che, con eleganza, danno nuova vita ad un classico tipico di Gragnano.

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di Luca Figini

Con le B Corp l’azienda rispetta ambiente e società La certificazione per diventare società benefit permette di avere una serie di vantaggi e testimonia la volontà di avere una condotta (for profit) societaria di alto profilo

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partire dal gennaio 2016 in Italia esiste un nuovo tipo di società. Si chiama, in italiano, Società Benefit ma rientra nello schema più ampio e mondiale delle benefit corporation, dette anche B-corporation o B-corp. La parola chiave che riassume il concetto è proprio “benefit”. Sì, perché il processo di certificazione mira a valorizzare le aziende “for profit” (non sono incluse per ovvie ragioni le “no profit”) che intendono perseguire sia l’obiettivo di profitto, sia di massimizzare l’impatto positivo verso la società, le persone e l’ambiente. Dunque si tratta di instaurare un regime di obiettivi statutari con forte ispirazione all’etica, alla responsabilità e alla trasparenza. Questo perché, tra le altre cose, le B-corp devono determinare un beneficio comune (Public Benefit) nella comunità di riferimento nel quale operano: un impatto esplicito sulle persone e sull’ambiente. Meglio precisare subito che non ci sono cambiamenti normativi sostanziali a livello manageriale e di amministrazione della società. Diversamente dalle tradizionali forme, nelle benefit corporation non si valutano solo le prestazioni finanziarie ma anche le performance qualitative e quantitative definite dagli obiettivi della B-corporation. Impatto misurabile. Sarà compito degli stakeholder della società stabilire se effettivamente nella propria attività “for profit” sia stato raggiunto anche un impatto concreto, misurabile e significativo sull’ecosistema. Qualora ci siano controversie, sarà compito del Tribunale stabilire quanto sopra. Attraverso questo meccanismo gli amministratori della società devono tenere in forte considerazione l’impatto delle decisioni manageriali su società e ambiente, bilanciandolo in modo virtuoso con i tradizionali obiettivi di performance di fatturato. Inoltre, le società B permettono agli azionisti di avere un benefit enforcement per forzare l’azienda a rispettare la mission, qualora si rendano conto che ciò non sta avvenendo come richiesto. Il tutto è supportato da una maggiore trasparenza delle attività rispetto alle società tradizionali: rapporti annuali completi e certificati secondo una metrica stabilita da terze parti sono strutturali per il dialogo tra stakeholder ste relazioni devono e management. Queinoltre essere pubbliche e soddisfare le richieste di diversi standard specifici. Infine, sono stati previsti limiti e perimetri anche per i cambi di statuto, di missione e di composizione societaria. Ogni modifica deve rientrare in uno schema rigido che metta in primo piano la diligenza e la massimizzazione dell’impatto positivo verso la società e no norme piuttosto l’ambiente. Esistorigide per evitare forzature. Certificazione impegnativa. Per diventare una B-Corp è necessario rivolgersi a B Lab, ente no profit con sede sul suolo statunitense. Questo esegue un audit e conferisce un punteggio sulla base delle risposte ottenute. Il questionario si chiama B Impact Assessment: si compila on-line e se si raggiunge un punteggio di alemno 80 su 200 si può procedere al processo di verifica, che in caso positivo dà accesso alla certificazione. I requisiti legali per completare il processo prevedono, tra l’altro, la dichiarazione esplicita in statuto di “prendere in considerazione gli interessi degli stakeholder” (che sono senza gerarchia e comprendono dipendenti, comunità, ambiente, fornitori, clienti e azionisti) e la garanzia che i valori a cui ci si ispira saranno mantenuti anche in caso di cambiamento dei manager. C’è ovviamente un costo annuale di certificazione determinato da B Lab. In Italia sono operative, nel momento in cui si scrive, 55 BV Corp e siamo il primo Paese in Europa per quantità.

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VANTAGGI

• Ottenere un benchmark delle proprie performance ambientali e sociali rispetto alle altre aziende • Accedere a convenzioni, sconti e campagne globali per l’azienda e per i dipendenti • Per l’azienda è più facile ottenere la certificazione B Corp® rispetto ad ottenere lo stato giuridico di Benefit corporation ove esistente • Differenziarsi sul mercato • Attrarre talento • Avere accesso a tecnologie e competenze • Risparmiare e migliorare i risultati economici • Attrarre investimenti • Proteggere la missione aziendale

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• La valutazione di B Lab e i dati forniti non sono interamente pubblici, ma lo è solo una sintesi sui risultati delle aree di impatto valutate e il punteggio numerico finale. • Alcune aziende trovano il questionario rigoroso e difficile da completare e soddisfare. Comunque più di 60.000 aziende in oltre 50 Paesi hanno completato il B Impact Assessment, ovvero il primo step per la certificazione.

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DISTINZIONE DA BENEFIT CORPORATION La certificazione B Corp® è emessa da un’organizzazione privata (B Lab) e non ha valenza di legge diversamente dallo stato giuridico di Benefit Corporation conferito dalla legislazione americana e da quella italiana come Società Benefit dal 1º gennaio 2016. • Per ottenere la certificazione B Corp® non è necessario ottenere lo stato giuridico di Benefit Corporation o Società Benefit, tuttavia per mantenerla se la legge in materia è disponibile l’azienda si deve trasformare in Società Benefit entro 2 o 4 anni dalla data di prima certificazione. •Lo stato giuridico di Benefit Corporation è stato approvato in 33 Paesi americani, incluso il Delaware e in Italia, primo Stato sovrano al mondo ad approvare la forma giuridica di Società Benefit.

Fonti: wikipedia.it e bcorporation.eu/italy

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intervista a Fiorello Bianchi di Fiorenza Moradei

Cerchiamo di portare nel mercato qualcosa di innovativo». E’ questa la logica con cui opera da sempre Vileda in Italia. A sottolinearlo è Fiorello Bianchi, Direttore Generale di Fhp Di R. Freudenberg S.a.s., che, in merito all’entrata del marchio nel canale dell’elettronica di consumo, tiene a precisare: «Il nostro marchio arriva come da tradizione dal canale della grande distribuzione organizzata, ma considerata la sua grande notorietà presso il consumatore, non abbiamo avuto alcuna difficoltà a collocarlo all’interno dei punti vendita specializzati in tecnologia per la casa». L’avventura multicanale dell’azienda tedesca è iniziata circa una decina di anni fa quando è stato deciso il lancio di una scopa elettrica senza fili, portandola all’interno del canale GDO. «Con questa iniziativa siamo riusciti a entrare nel mercato con una sorta di upgrading del concetto tradizionale di scopa e con un prodotto che, per caratteristiche e battuta di cassa, poteva stare tranquillamente negli scaffali della grande distribuzione», ha continuato Bianchi. «Qualche anno più tardi abbiamo lanciato il robot catturapolvere Virobi, un prodotto che, considerate le quote di vendite a volume registrate, ci ha permesso di entrare nella distribuzione specializzata. A quel punto, è stata poi la stessa azienda a rendersi conto che, da un punto di vista strategico, era assolutamente necessario prevedere di allargare la gamma di strumenti meccanici, per la pulizia della casa, con soluzioni dotate di tecnologie elettriche». Sono così arrivati prodotti caratterizzati da un alto livello di innovazione, come il sistema lavapavimenti senza fili 100° C Hot Spray, affiancato poi dalla scopa a vapore Steam, i robot aspirapolvere e, più recentemente, gli aspiragocce senza fili per vetri della linea Windomatic. «Con l’arrivo dei robot, di Steam, di 100° C Hot Spray e di Windomatic i canali elettrico ed ecommerce si sono dimostrati essere quelli più affini», spiega ancora Bianchi. «Di pari passo, va anche detto che lo stesso trade è costantemente alla ricerca di categorie attigue allo scopo di differenziarsi e ampliare il giro di affari: cosa che ben si è sposata con la nostra intenzione di portare all’interno del canale la nostra esperienza nei prodotti meccanici per la pulizia, proponendo prodotti che esulano un po’ da quelli classici trattati

della consumer electronics. E a tal proposito, abbiamo potuto constatare – in alcuni casi in modo del tutto inaspettato – come alcuni prodotti abbiano presentato rotazioni estremamente interessanti. Abbiamo quindi continuato su questa logica, allargando sempre più la gamma del canale, introducendo ulteriori tipologie di prodotto in grado di portare del vero e proprio valore aggiunto all’assortimento degli stessi negozi». Di questa natura sono ad esempio i prodotti della linea laundry care di Vileda e di GIMI, come assi da stiro o stendibiancheria, che possono rappresentare un naturale completamento dell’offerta presente all’interno degli store specializzati. Così come i panni in microfibra colorata o il kit di pulizia Magical che, proprio dalle parole di Bianchi, si scopre aver registrato risultati di vendita davvero interessanti proprio nel canale elettrico. L’interesse del marchio Vileda verso il canale elettrico è sostenuto anche da un maggior impegno della società sotto il profilo della comunicazione che, come ha confermato lo stesso Bianchi, interessa per lo più il retail marketing e l’esposizione nei punti vendita. «Abbiamo lavorato più su una logica di punto vendita con alcune insegne e catene», precisa Bianchi. «Abbiamo infatti dato vita ad apposite testate e corner con il marchio Vileda e, dove abbiamo avuto la possibilità, siamo riusciti ad allestire delle isole promozionali, in alcuni casi anche con l’ausilio di promoter». Nel mercato dei prodotti elettrici l’azienda tedesca è presente nell’area del wet floor cleaning con la scopa a vapore Steam e il sistema lavapavimenti 100° C Hot Spray: per il prossimo anno sono previsti dei nuovi lanci nell’area del vapore, così come nell’area del dry floor cleaning in cui è stata recentemente lanciata una nuova versione di scopa elettrica dotata di una nuova tecnologia brevettata sulle spazzole a rullo. In vista del mercato natalizio, in più, è stata anche lanciata una limited edition di Virobi, proposto nelle due colorazioni inedite bronzo e argento. L’altra area presidiata dall’azienda è quella dei robot che, per il periodo natalizio, si è arricchita di un nuovo prodotto di alta gamma, il VR302. «L’area dei robot è quella su cui siamo particolarmente concentrati sotto il profilo della Ricerca e Sviluppo e in cui prevediamo di introdurre interessanti novità nella seconda parte del prossimo anno», conclude Fiorello Bianchi.

Vileda, un brand cross canale 65 anni di storia, uno dei più importanti marchi di prodotto per la pulizia della casa approccia la distribuzione hi-tech con un’unica e precisa mission: portare innovazione

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di Luca Figini

Il primo decennale di TechnoIT

Ospiti illustri e clienti alla festa a Villa Erba a Como

Emanuele Baldi

Lenovo celebra i 25 anni di ThinkPad Il portatile più longevo dell’IT

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en 25 anni. A novembre 2017 Lenovo ha celebrato il primo quarto di secolo della gamma di portatili ThinkPad, con un evento a Milano nell’ambito del tour mondiale #ThinkPad25, durante il quale Emanuele Baldi, Ad di Lenovo Italia, ha fatto gli onori di casa. Il primo prototipo è stato progettato da Richard Sapper nel 1992 e ingegnerizzato negli Yamato Labs di Yokohama. Il marchio ThinkPad a livello globale è diventato sinonimo di notebook per uso professionale, con un design inconfondibile che tutt’oggi riesce a coniugare richiami stilistici “classici” con forme e materiali sempre all’avanguardia. Alcuni stilemi estetici non sono mai cambiati, come l’inconfondibile colore nero e il design elegante, perfetto per essere esibito sulle scrivanie dei manager. Ma non si cada in errore: questi prodotti non sono concepiti per la vita sedentaria. ThinkPad è stato il primo laptop ad andare nello spazio e si trova a proprio agio tanto nel gestire le incubatrici dei neonati quanto nell’elaborare le previsioni meteo al campo base dell’Everest. Ciascun portatile ThinkPad è sottoposto a 10 test rigorosi per verificare che il sistema sia affidabile in diversi scenari reali di utilizzo. Ecco perché ogni ThinkPad è tanto a suo agio negli uffici direttivi, quanto lo è nell’uso sul campo.

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ALCUNI FATTI SUL THINKPAD

Durante l’evento di celebrazione, sono stati esposti alcuni fatti interessanti sulla gamma di Lenovo. Per esempio, il design si ispira ai “bentō box”, i tradizionali vassoi con coperchio che i giapponesi utilizzano per servire i pasti. Il nome “ThinkPad” deriva dai block notes dei dipendenti IBM che riportavano la scritta “Think” in rilievo. Il colore ufficiale del Trackpoint è il rosso “Magenta” per superare le norme di sicurezza relative in tema di “interruttore di emergenza per lo spegnimento” di IBM. Il primo ThinkPad ad essere commercializzato è il 700T nell’aprile 1992, ma in realtà è stato presentato insieme ai 700 e 700C nell’ottobre di quell’anno. Il ThinkPad 701C è esposto al MoMA di New York. Le “ventole ad ala di gufo” nascono dalla volontà di replicare l’effetto “silenzio” dei treni “proiettile” giapponesi. Nel 2017, Lenovo ha implementato un nuovo processo di saldatura a bassa temperatura. Avviato poi nella produzione dei modelli ThinkPad, il processo consente di risparmiare fino al 35% sulle emissioni di CO2 annuali. Il nuovo ThinkPad X1 Carbon è 3,5 volte più sottile e 3 volte più leggero dell’originale 700C. Fino al 2014, ThinkPad ha venduto 100 millioni di unità. ThinkPad celebrerà il suo 50esimo compleanno domenica 5 ottobre 2042.

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olidità e serietà sono i valori che contraddistinguono TechnoIt e lo rendono un player certo nel panorama futuro dei distributori italiani di tecnologia”. Sono le parole di Carlo Barlocco, Presidente di Samsung Italia, dette in occasione del decennale di TechnoIt. L’evento celebrativo si è tenuto nella prestigiosa cornice della Villa Erba a Cernobbio, a due passi da Como e con il giardino degradante sulle rive del Lago. Un momento per pensare alla strada fatta finora: dal 2007, anno di fondazione, al 2017 che si è chiuso con un fatturato target di 267 milioni di euro (erano 17 milioni nel 2008). TechnoIt in Italia serve oltre 3mila clienti e si pone come par-

Egidio Tagliabue

tner attento anche a definire, insieme con il vendor, la strategia migliore per affrontare le sfide di mercato. Ogni attività è si basa su alcuni elementi strutturali: orientamento al risultato, serietà e rispetto, tutto condito con lo spirito di squadra. L’approccio è quindi di distributore “sartoriale” che punta sulla flessibilità e la reattività per raggiungere gli obiettivi prefissati. Alla guida del distributore c’è il Fondatore e Presidente Egidio Tagliabue: “persone e passione fanno la differenza nella nostra azienda”. Non è un caso che all’evento del decennale ci fossero tanti sorrisi e tutti i rappresentati d’eccellenza dei partner: Samsung, TP Vision, Huawei ma anche GfK. “Siamo solidi e guardiamo al futuro, mettendoci sempre in gioco”, questo è il vero segreto di longevità rivelato da Tagliabue.

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Coaching

di Alessandro Frè e Federico Ott

La formazione nell’era 4.0 non può restare al palo

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n problema che senza dubbio oggi accomuna società di formazione e trainer free lance è quello di continuare ad essere efficace nelle modalità di trasmissione dei concetti e dei messaggi alle persone per garantirne la massima efficacia. Ci si chiede quanto rimanga di una formazione ai partecipanti ma soprattutto ci si interroga da sempre su come rendere l’apprendimento sempre più efficace. Perché la sempre maggiore velocità del cambiamento impone alle persone di formarsi sulle nuove competenze e conoscenze in modo efficace ed altrettanto rapido e naturalmente che questo apprendimento contribuisca a portare risultati concreti nel breve periodo. La traduzione dell’investimento formativo in crescita dello scontrino medio o in miglioramento delle performance latu sensu, o in una maggiore efficacia ed efficienza dei processi è la richiesta minima che proviene dalle aziende committenti, magari correlata con un “kit” di KPI per verificarne con puntalità il trend. Fino a pochi anni fa il problema non si poneva: il processo permetteva di pianificare la formazione in una logica di apprendimento atteso nel medio-lungo termine: in questo modo c’era tutto il tempo per cambiare e far crescere persone e conoscenze con modalità didattiche tradizionali e consolidate. Oggi questa situazione è solo un lontano ricordo: la velocità del mercato comporta per le aziende una sempre maggiore necessità di ottenere cambiamenti importanti in tempi sempre più brevi, spesso non parallelamente ad una crescita della persona e non solo delle sue competenze. Anche le conoscenze evolvono in maniera molto veloce e repentina e ciò che è valido oggi è molto facile che non lo sia più tra qualche anno. Infine sono cambiate le modalità di comunicazione, basate oggi su un apprendimento più esperienziale: quasi nessuno che abbia meno di cinquant’anni legge i libretti di istruzione dei prodotti tanto che alcune aziende hanno deciso di farli scomparire (Apple in primis). Un miliardo di download al giorno da YouTube testimoniano inoltre quanti sia aumentato l’approccio visual dell’apprendimento, insieme ad un livello di interattività quasi esasperato, frutto di un forte potere dei social sui nostri comportamenti quotidiani.

Digital e apprendimento

chat, che permettono un allenamento che cambia le abitudini. Un apprendimento che si fondi su metodologie ormai desuete non garantisce più risultati ma rischia un verosimile spreco di risorse che nessuna azienda oggi vuole e può più permettersi. Di contro un apprendimento ancorato alla realtà, fatto di allenamenti, di casi, di concretezza estrema, può supportare ed accompagnare le persone verso un vero e duraturo cambiamento.

Alcuni casi pratici

In coerenza con quanto predicato ci focalizziamo su concretezza e sintesi e due esempi possono aiutare più di ogni teorizzazione: il primo è relativo alla gestione di Academy tecniche (Autostrade per l’Italia, Bosch) dove sono trattate tematiche trasversali obbligatorie - e prettamente tecniche -quali i corsi sulla sicurezza ecc. e delle Academy nel mondo del food (Carpigiani Gelato University e Pizza University), ricche di corsi con contenuti tecnici ed un grande patrimonio di conoscenze interne che devono essere trasmesse. Spesso però è più ardua l’impresa di interessare ed essere efficaci con un pubblico poco motivato o di livello culturale medio basso: in questi frangenti però il cambio di modalità, anche solo attraverso l’inserimento di video a tema, giochi e attività pratiche con le quali far prendere consapevolezza dell’importanza dell’argomento e quindi stimolare l’attenzione, contribuisce a rendere il tema interessante ed il partecipante si sente realmente protagonista del processo di apprendimento. In Aeroporti di Roma abbiamo anche portato alla certificazione sul project management alcuni ingegneri utilizzando come metodo di base un business game incentrato sulla gestione di progetti di important e complessi eventi quali Expo 2015 o il progetto di allargamento del canale di Panama, facendo vivere loro live i problemi anziché met-

terli di fronte a slide e testi sui processi e metodi di project management. Il secondo esempio invece riguarda tematiche più comportamentali che richiedono grande allenamento e capacità di far mostrare i contenuti da un punto di vista diverso; è il caso di numerosi corsi di vendita o diretti alle promoter di aziende come Samsung o Philip Morris dove il problema non è la scarsa preparazione dal punto di vista teorico ma la difficoltà di gestire in modo efficace alcuni comportamenti quando le emozioni hanno il sopravvento. E’ il caso di molti venditori che -benché conoscano molto bene l’importanza delle domande nella vendita- davanti al cliente tendono sempre ad andare in “modalità presentazione”, o di promoter che fanno molta fatica ad agganciare i clienti per un problema di timidezza o emotività. La soluzione è stata quella di far “giocare” le persone con i problemi portandole anche in alcuni momenti fuori dall’aula per far vivere delle esperienze di apprendimento e allenamento live. Approcciare i passanti per strada per chiedere loro il permesso di regalargli un abbraccio o far firmare loro una petizione per cause al limite dell’assurdo come le strisce pedonali portatili, o ancora quella di fare un’analisi da clienti in altri negozi sui comportamenti efficaci e inefficaci nella vendita.

Il trainer del futuro è già qui

Il ruolo fondamentalmente si è molto evoluto trasformando il ruolo da semplice docente in facilitatore e coach, in grado di affiancare il discente nelle attività quotidiane, come avvenuto con gli addetti vendita di Benetton direttamente all’interno del negozio o con gli store manager di Media world supportandoli ed affiancandoli nelle riunioni con il personale. Per questo però il trainer dovrà essere il primo a cambiare rapidamente.

Risorsa Uomo nasce a Milano nel 1985 dall’idea imprenditoriale di un gruppo di consulenti specializzati nelle aree della formazione commerciale e manageriale. Oggi Risorsa Uomo conta circa 50 consulenti e offre al cliente progetti personalizzati nell’ambito della consulenza, della formazione e della comunicazione integrata. “Vicini alle vostre esigenze per il miglioramento delle performance e della competitività”

Oggi il nostro bene più prezioso è senza dubbio il tempo: ne abbiamo sempre troppo poco, siamo obbligatoriamente e (digi)talmente multi-tasking che l’informazione che ci arriva deve essere immediata, sintetica, chiara e richiedere un minimo sforzo di concentrazione. Questo ci consente di lavorare e di comunicare velocemente praticamente da ogni luogo e spesso capita, in una riunione, di vedere i partecipanti più focalizzati sul loro smartphone o tablet o pc che sui temi della riunione stessa. La naturale e logica conseguenza è quella di un generale abbassamento della soglia di attenzione e di concentrazione, drammaticamente scesa negli ultimi ani da una media di 21 minuti a soli 7 minuti, oltre allo sviluppo di alcune modalità ricettive a svantaggio di altre (si ascolta e si legge meno, si osserva e si cerca maggiore interazione).

Come apprendere in modo più efficace

Nelle modalità di apprendimento - settore nel quale Risorsa Uomo opera da oltre 20 anni - le metodologie sono cambiate e cambieranno ancora e lo stesso processo di apprendimento degli adulti si avvia ad una sempre maggior concretezza operativa, attraverso un apprendimento più esperienziale e ricco di video e interattività che utilizza anche modalità ludiche e business game e che integra la presenza di strumenti digitali come dispositivi mobile e

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Federico Ott

Alessandro Frè

Managing Partner di Risorsa Uomo. Dal 2012 al 2017 è stato Global HR Director del Gruppo Landi Renzo. Percorso professionale iniziato in IVECO come responsabile sindacale dei plant torinesi. Negli anni successivi, dopo una esperienza di due anni in area sviluppo Iveco worldwide, ricopre il ruolo di HR manager in stabilimenti strategici in Italia ed all’estero. Nel 2010 entra in Comau come HR Business Partner e Global HR Industrial Operations. Nel 2012 oltre ad una commedia, ha pubblicato “E’ tutto oro che cola”, il suo primo libro legato ad un progetto benefico.

Consulente e formatore esperto nelle riorganizzazioni commerciali, negoziazione, strategie di marketing, coaching e processi decisionali. Dagli anni ‘90 agli anni 2000 ha occupato la posizione di formatore e Management Consultant. Da 15 anni CEO & Partner di Risorsa Uomo Srl. Ha progettato e condotto più di 600 interventi di formazione e consulenza con metodologie innovative e lavorando con più di 80 primarie aziende italiane. Ha seguito e segue numerosi progetti in area commerciale, trade, manageriale e formazione formatori.

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Possibilità di crescita ed esperienzialità

di Dino del Vescovo

Il settore food, fondamentale per la nostra economia, cresce anche online Il 25% degli italiani che fanno acquisti in Internet compra anche generi alimentari. L’e-commerce del “Food & Grocery” vale in Italia, nel 2017, 849 milioni di euro e registra un +43% sul 2016. Lo rende noto Netcomm

Il Gruppo Maio apre in Stazione Centrale, il “Maio Bar & Bistro” Un’oasi di relax e gusto in un contesto sempre in movimento. Il nuovo ristorante si trova nella Galleria dei Mosaici al piano binari della Stazione e permette di vivere un’esperienza culinaria che coniuga tradizione, creatività e cucina contemporanea con forti richiami ai sapori piemontesi. Il tutto all’interno di un ambiente comodo, raffinato e versatile che permette di sostare dalla mattina alla sera, anche per lavoro, grazie alle postazioni di coworking e alla sala meeting a disposizione. Maio Bar & Bistro è aperto tutto il giorno: dalla colazione, al pranzo, anche in versione take away con la lunch box da comporre, fino all’aperitivo e alla cena.

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Gli e-shopper chiedono servizi migliori Alcuni dei player più importanti del panorama italiano, dalla GDO ai siti di e-commerce, hanno già intrapreso il percorso di digitalizzazione distanziando chi invece stenta o non si è ancora procurato gli strumenti giusti per partire. Il tempo per farlo c’è tutto così come a chi è già in corsa occorrono metodi e strategie per migliorare. Una ricerca della stessa Netcomm, condotta in collaborazione con l’istituto Eumetra, dimostra che il grado di soddisfazione dei consumatori per le soluzioni di e-commerce food già esistenti non è particolarmente alto: il 30% di chi ha acquistato cibo confezionato on-line e il 32% di chi ha invece comprato piatti pronti dichiara di non essere propenso a ripetere l’esperienza. Nel caso di chi ha comprato prodotti freschi, la percentuale di insoddisfatti sale addirittura al 53%. Ciò dimostra che il passo successivo che le aziende dovranno compiere è nella direzione del miglioramento. Solo chi saprà offrire un’eccellente customer experience potrà superare la concorrenza, attrarre nuovi clienti e fidelizzare quelli esistenti.

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uando lo scorso dicembre 2016 l’Osservatorio e-commerce B2C promosso da Netcomm e dal Politecnico di Milano elaborò i dati del commercio elettronico in Italia per il settore “Food & Grocery”, cioè dei prodotti alimentari da supermercato, emerse un dato di crescita pari a circa il 30% rispetto al 2015. Lo scenario dipinto dalle abitudini on-line degli italiani era quello di un mercato ancora piccolo ma con netti margini di miglioramento. Quelli che, a distanza di un anno, la stessa Netcomm ha confermato in occasione del convegno Netcomm Focus Food dello scorso 17 novembre 2017, organizzato in collaborazione con Fiera Milano e TuttoFood, l’evento annuale dedicato al food B2B che si tiene a Milano. Con un +43% sul 2016, l’e-commerce del food in Italia inizia ad assumere un ruolo significativo nell’economia generale della nazione. Se nel 2016 le vendite on-line di prodotti alimentari avevano generato un fatturato di 575 milioni di euro, pari al 3% dell’intero commercio elettronico B2C italiano, la spesa nel 2017 si eleva a 849 milioni di euro, vale a dire al 4% del volume totale del commercio italiano via Internet. Focalizzando l’attenzione sugli e-shopper italiani evince che il 24% di essi, circa un quarto, acquista anche prodotti alimentari (dato riferito marzo 2017). Ciò significa che la trasformazione del “food on-line” da semplice prova o curiosità ad abitudine quotidiana è ormai in atto. Il processo interessa non soltanto i canali on-line della GDO (Esselunga, Carrefour, Auchan, Coop e via dicendo) e la piattaforma dedicata Amazon Pantry, ma anche i servizi di spesa a domicilio offerti da punti vendita locali o siti di e-commerce specializzati in determinate categorie di prodotto. “L’e-commerce alimentare – commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm - si sta affermando sempre di più nello stile di vita dei consumatori italiani, offrendo grandi opportunità di crescita ai player del settore che si dimostreranno più ricettivi nei confronti di nuovi canali e strumenti”. Diverse le motivazioni che hanno determinato questo incremento nelle vendite. Fra le prime vi è il cibo in sé che nella tradizione e cultura italiane riveste un ruolo fondamentale. Oltre che rispondere a un bisogno fisiologico quello di nutrirsi - ha per il consumatore moderno anche valenza sociale e culturale. Lo dimostrano il successo dei programmi televisivi incentrati sul food e sull’alta cucina (o pasticceria) nonché la tendenza dilagante a fotografare e postare sui social network i propri piatti, realizzati in casa oppure ordinati al ristorante, prima di consumarli.

La nuova interpretazione del cibo e l’affermazione dell’e-commerce alimentare offrono opportunità di crescita ai player del settore disposti a offrire ai propri clienti un “customer journey integrato”, che unisca il canale fisico tradizionale a quello digitale. Si tratta in sostanza di ripensare, in chiave di multicanalità, l’itinerario da suggerire al consumatore dal primo contatto con l’azienda fino al momento in cui decide, con un clic o prendendo il prodotto dallo scaffale, di comprare. Non si deve inoltre dimenticare inoltre che i due canali non si escludono a vicenda: capita spesso di informarsi on-line su un determinato prodotto per poi comprarlo in negozio e viceversa. I clienti, per esempio, fanno oggi più attenzione alla cosiddetta “convenience” intesa come media fra la possibilità di risparmiare e la rapidità di consegna, preparazione e consumo dei propri ordini. C’è inoltre una crescente richiesta di prodotti alimentari specifici, come quelli per vegetariani, vegani, biologici ed etnici. La diffusione inoltre di allergie e intolleranze alimentari – su tutte quelle al lattosio e al glutine – induce chi ne soffre a cercare, sfruttando tutti i canali a disposizione, cibi privi degli ingredienti mal sopportati. Tutti questi aspetti generano nicchie di mercato alle quali va prestata la massima attenzione, con lo scopo di valorizzarle e renderle profittevoli. La scelta oculata da parte dei consumatori dei propri alimenti preferiti conduce a un altro aspetto molto importante della questione: la colazione, il pasto o la cena puntano alla cosiddetta “esperienzialità”, trasformandosi in momenti di piacere, consapevolezza e aggregazione.

Un vademecum per le aziende Netcomm, insieme con Fiera Milano e TuttoFood, intende approfondire l’evoluzione del mercato on-line del food con lo scopo di facilitare il confronto tra l’emergente filiera digitale e il sistema Italia. Le aziende che vogliono sfruttare i nuovi trend devono attuare strategie che tengano conto di diversi aspetti:

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1. la filiera si trasforma parallelamente allo scenario sempre più competitivo e complesso

2. i comportamenti dei clienti cambiano rapidamente creando le basi per nuovi modelli di business

3. l’integrazione fra negozio fisico e on-line può determinare un maggior engagement del cliente con conseguente incremento delle vendite

4. l’uso dei dispositivi mobile e la facilità di localizzazione ridisegnano il customer journey

5. è necessario lavorare costantemente sui fattori chiave che nei consumatori dettano la scelta, sia nei negozi fisici, sia in quelli on-line, come il prezzo, la qualità, la selezione e la convenienza

Gennaio 2018

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