caffè
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CHICCOTOSTO, A PARMA L’ESORDIO NEL TRAVEL RETAIL Dopo Milano, Torino e Monza, Chiccotosto fa il suo esordio nel canale travel retail scegliendo Parma come prima meta. La caffetteria appartenente al gruppo Cir Food ha, dunque, dato nuovo impulso a una realtà creata in occasione di Expo 2015, realizzando una location di 90 mq caratterizzata da una forte impronta tecnologica, con wifi gratuito e presenza di postazioni per ricaricare cellulare e tablet. L’offerta ovviamente focalizzata sul caffè, prevede in aggiunta menu gastronomici a base di prodotti Igp e Dop. Con questa inaugurazione, l'obiettivo ambizioso del gruppo bolognese è raddoppiare i ricavi legati alla ristorazione commerciale entro i prossimi tre anni, in maniera da raggiungere un giro di affari di 120 milioni di euro.
LA REFERENZA SOSTENIBILE FIRMATA MANUEL CAFFÈ Honduras, Indonesia e Colombia: sono questi tre i paesi da cui provengono le miscele monorigini il cui blend è stato utilizzato per realizzare Equo Organica, nuova referenza sostenibile proposta da Manuel Caffè. Un prodotto ottenuto da agricoltura biologica senza fare ricorso a sostanze chimiche di sintesi, oltre ad assicurare un equo contributo economico ai produttori locali, in maniera da garantire un margine necessario per sviluppare nuovi progetti per la loro comunità. Composto per l’80% di arabica e dal 20% di robusta, la nuova referenza proposta dal torrefattore veneto è distribuita nel fuori casa con il formato in barattolo da 250 g e quello in latta da 1kg.
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UN'UNICA ASSOCIAZIONE PER GLI SPECIALITY COFFEE
Un unico punto di raccordo che possa realmente agire in ottica globale, senza però andare a intaccare le attività promosse a livello locale. Speciality Coffee Association of America e Speciality Coffe Association Europe hanno deciso di operare congiuntamente dotandosi di una singola organizzazione chiamata Sca, che avrà tra i suoi principali obiettivi quello di favorire la sostenibilità nel settore del caffè. La neonata associazione, inoltre, si porrà al centro dell’organizzazione di tutta una serie di eventi, sia nazionali che internazionali, in maniera da favorire incontri strategici tra le diverse figure professionali che interagiscono e rappresentano il mercato del caffè.
STARBUCKS, VINO E BIRRA AL CAPOLINEA? Non si sa fino a che punto la catena americana vorrà spingersi oltre, ma di sicuro la decisione di eliminare le bevande alcoliche dagli ‘Evenings’, menu serali proposti in 439 punti vendita sparpagliati sul territorio statunitense, lascia credere che in futuro per vino e birra non ci sia più spazio perché queste due bevande sono considerate dai vertici del gruppo come poco ‘affini’ al brand Starbucks. Decisione che, per ora, non riguarda i punti vendita all’estero. Il progetto di includere le proposte alcoliche è nato nel 2010, a seguito di uno studio che aveva evidenziato come, in generale, i clienti più affezionati a
Starbucks fossero in grande maggioranza anche dei wine lover. Proprio il vino rappresenta il 70% delle scelte (contro un 30% della birra) ed è galvanizzato dal fatto che, ogni singola caffetteria, ha una sua proposta di vini diversa a seconda della zona del paese in cui si trova.
birra
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PROGETTO ONLUS PER 32 VIA DEI BIRRAI Dopo la collaborazione con Verallia che ha portato a realizzare la prima bottiglia di birra con scritta in braille, 32 Via dei Birrai prosegue la sua attività a supporto dei bambini ciechi o ipovedenti. Il microbirrificio artigianale trevigiano ha, infatti, avviato per tutto il 2017 un'iniziativa sociale che prevede che, sulla vendita di ogni singola referenza da 75 cl (a esclusione della Ace To 32), 3 centesimi di euro siano direttamente devoluti alla scuola per i bambini ciechi della Fondazione Luigi Guaderzo. Questa operazione come sudddetto, segue quella promossa alla fine dello scorso anno quando sul mercato sono state presentate delle birre con un pack speciale sul quale è stato apportato il nome del birrificio veneto stampato in alfabeto braille.
ALL’UNESCO (E NON SOLO) PIACE MOLTO LA BIRRA BELGA
Un riconoscimento che un vero beer lover non può che apprezzare e approvare, considerando la secolare storia del prodotto tramandato di generazione in generazione. Non desta quindi sorpresa il fatto che la birra realizzata in una delle sue culle originarie, ossia il Belgio, sia stata inserita nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. L’organizzazione internazionale ha motivato la sua decisione, sottolineando come la produzione brassicola belga abbia saputo negli anni variegare la sua offerta, creando oltre 500 tipologie diverse di prodotto. Inoltre, come motivato sempre dall’Unesco, la birra stessa è diventata parte del patrimonio vivente di molte comunità del paese, rappresentando per queste un segno di appartenenza culturale e sociale.
KROMBACHER, IL 2016 CONFERMA IL TREND AL RIALZO
BIRRE GLUTEN FREE PRONTO A COMPIERE IL GRANDE SALTO
Per il 17esimo anno consecutivo il birrificio tedesco Krombacher chiude il bilancio in crescita. Il giro di affari del gruppo nel 2016 è aumentato del 3,9%, per un valore complessivo di 745,3 milioni di euro. Tra le novità in primo piano, si segnala la crescita della birra alla spina (+1%), così come si è ben distinta la referenza radler, le cui vendite nel 2016 sono aumentate del 6,5% rispetto all'anno precedente, con volumi che hanno raggiunto i 30 mila ettolitri. Bene anche l’andamento export che, con un balzo in avanti del 3,4%, ha consolidato la posizione del brand di birra Krombacher nei principali mercati. In aumento anche la produzione, risultata pari a 6,937 milioni di ettolitri, equivalente a un aumento annuale del 3,5 per cento.
I produttori di birra senza glutine hanno di che leccarsi la schiuma depositata sui loro baffi. Ciò perché il mercato di loro pertinenza è atteso in forte crescita da qui al 2021. Ad affermarlo è uno studio condotto dalla società americana Infinium Global Research, secondo il quale la categoria metterà a segno, nei prossimi quattro anni, un incremento a valore del 40 per cento. A scaldare i consumi
saranno principalmente alcuni fattori quali la crescente domanda di prodotti salutistici, nonchè un’offerta sempre più vasta di nuove referenze da parte dei produttori leader del settore. Atteso anche l'effetto di robuste campagne di marketing pensate per ribadire ai consumatori che, le birre sprovviste di glutine, non perdono a livello organolettico e si mantengono ricche di sapore. MARZO 2017
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distillati
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STORICA DISTILLERIA INGLESE ARTIGIANALE ENTRA NEL PORTAFOGLIO DI BEAM SUNTORY Ai big player del beverage comincia a fare gola il mondo delle produzioni artigianali. Una tendenza in atto ulteriormente confermata dalla recente acquisizione da parte del giapponese Beam Suntory di una quota del capitale della distilleria inglese Sipsmith, oltre 200 anni di storia e specializzata nella produzione di vodka, ma soprattutto di London Dry Gin. Proprio il distillato a base di ginepro ha catturato l’interesse del gruppo nipponico, consapevole che questo spirit, nella sola Inghilterra, stia vivendo un periodo di forte euforia, come confermato dai consumi che, nel periodo 2010-2015, sono incrementati del 40 per cento, mentre nel 2016 le vendite totali hanno generato un giro di affari superiore al miliardo di sterline.
GIN SENZA CONFINI: ARRIVA IN ITALIA IL GIAPPONESE KI NO BI
UN SINGLE MALT MADE IN USA PER RÉMY COINTREAU
DIAGEO CREA ROE&CO, NUOVO BRAND DI WHISKEY IRLANDESE
Ovviamente ci sono le bacche di ginepro, ma per il resto le botaniche utilizzate sono tutte di produzione locale giapponese. Da qui nasce Ki No Bi, il primo gin artigianale del Sol Levante a fare il suo esordio sul mercato internazionale. Prodotto da Kyoto Distillery, il gin è ottenuto da undici botaniche suddivise in sei famiglie singolarmente e separatamente macerate nell’alcol di riso, seguendo l'antica tecnica giapponese denominata Konwa. Dopo essere stato distillato e assemblato, il succo viene diluito a 45,7% attraverso le limpide acque del fiume Fushimi, per infine passare alla fase di imbottigliamento manuale. Tutto il processo produttivo ha ottenuto la supervisione dei due master distiller Alex Davies e Yoichi Motoki, che hanno trattato in maniera separata i due alambicchi utilizzati per la realizzazione del gin. La distribuzione in Italia di Ki No Bi è stata affidata a Fine Spirits.
Non si ferma la campagna acquisti di Rémy Cointreau. Il gruppo francese che ha sede a Parigi ha completato il controllo di Westland Distillery, single malt americano di alta gamma prodotto a Seattle e premiato di recente al concorso Ultimate Spirits Challenge di New York come migliore single malt a livello mondiale. Questa operazione è stata finalizzata contemporaneamente a quella che ha portato Rémy Cointreau ad aggiudicarsi l’intero capitale del Domaine de Hautes Glaces, distilleria francese dove si produce pregiato whisky ‘di montagna’, essendo la sede situata sul colle di Accarias, nel cuore delle Alpi. Da aggiungere, poi, che di recente il produttore francese ha siglato un accordo di joint venture con l’olandese Luca Bols per sviluppare congiuntamente una strategia di rilancio del liquore francese Passoã.
Passa di nuovo dalla verde Irlanda la strategia di crescita di Diageo sul fronte del whiskey. La multinazionale ha, infatti, annunciato il lancio sul mercato di Roe&Co, distillato di malto e grano ottenuto da stock di whisky irlandesi invecchiati in botti di bourbon. La prima miscela, frutto di una selezione di oltre cento prototipi di blend e curata di persona da Caroline Martin, master blended di Diageo, sarà ufficialmente inserita sul mercato il primo giorno del prossimo mese di marzo. Il nuovo prodotto entrerà a fare parte di Reserve, linea premium di Diageo che, con questa novità, ha voluto rendere ufficiale lo stanziamento pari a 25 milioni di euro da impiegare per la costruzione di una nuova distilleria a St Jame’s Gate, storica area della zona 8 di Dublino conosciuta dagli esperti amanti di spirit come il ‘triangolo d’oro’ della produzione di whiskey irlandese.
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vino
NEWS E PRODOTTI
CAMPARI, VENDUTI ANCHE VINI CILENI E IL PISCO Campari muove un altro passo lungo il sentiero che si concluderà con l’uscita definitiva dal mercato dei vini fermi. Il gruppo ha, infatti, ceduto la controllata Marnier Investissments (acquisita a seguito dell’operazione Grand Marnier, ndr) alla società Alexandra Marnier Lapostolle che, alla luce di questa manovra, accoglie nel suo portafoglio i vini Lapostolle prodotti in Cile, nonché il Pisco dello stesso marchio. Nell’operazione, che ha avuto un valore economico di 30 milioni di euro, sono inclusi i vigneti, gli impianti per la vinificazione e la produzione, l’attivo immobiliare, il magazzino e le attività alberghiere operanti in Cile tramite l’insegna ‘Lapostolle Residence’. Con questa cessione, che segue da vicino quella dei vini Sella & Mosca, Teruzzi & Puthod ed Enrico Serafino, Campari ribadisce la volontà di concentrare la strategia sul comparto degli spirit.
I FRANCESI DI EPI IN BIONDI SANTI Così come in altri settori merceologici, anche nel vino la Francia mette a segno in Italia un importante colpo di mercato. Il gruppo Epi, holding transalpina di proprietà della famiglia Descours, ha acquisito la maggioranza di Biondi Santi, pregiata cantina toscana nota come una delle migliori realtà produttive di Brunello. Senza rendere noto il valore economico dell’operazione, il gruppo francese integra una nuova eccellenza nel suo portafoglio che può già vantare prodotti di alta gam-
ma, tra cui gli champagne Charles et Piper-Heidsieck e i vini del Château La Verrerie. Come dichiarato da Christophe Descours, presidente di Epi, l’acquisizione punterà a incrementare l’export di Biondi Santi, migliorandone la struttura distributiva all'estero.
PER L’AMARONE IL 2016 HA UN DOLCE SAPORE
Il ‘Grande Rosso’, come afferma l’Osservatorio dei Vini Valpolicella, ha archiviato il 2016 mettendo a segno un aumento del 10% a livello nazionale e del 3% sul fronte delle esportazioni, per un valore complessivo di 330 milioni di euro. In Italia il prodotto continua a generare i maggiori ricavi nel canale Horeca che assorbe il 25% delle vendite totali, a cui si aggiunge il peso dei grossisti che determinano il 32% delle bottiglie vendute sul territorio nazionale. All’estero, intanto, il vino veronese prosegue la sua crescita trainato soprattutto da Germania (leader con market share del 18%), seguito da Stati Uniti e Svizzera. Questi tre paesi, afferma l’Osservatorio, garantiscono il 40% dei volumi commercializzati oltreconfine. Ancora tiepido, però, l’apporto dei mercati asiatici: Cina e Giappone, seppure realizzando un incremento a doppia cifra, hanno determinato congiuntamente solo il 5% delle vendite oltreconfine.
20 MILIONI DI EURO PER IL VINO ITALIANO «Siamo pronti a scrivere una nuova pagina nella storia della promozione internazionale del vino italiano: le imprese del settore hanno iniziato a strutturare, insieme all'ICE, il piano promozionale sul vino negli Usa che prevede un investimento di 20 milioni di euro per i prossimi tre anni». Con queste parole Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini, ha commentato quanto emerso durante il 'Tavolo del Vino', riunitosi il 14 febbraio al MISE, nel corso del quale il sottosegretario Ivan Scalfarotto, insieme ai vertici dell'ICE Michele Scannavini, presidente, e Piergiorgio Borgogelli, direttore generale, ha presentato il gruppo di lavoro di imprenditori vitivinicoli che affiancherà l'ICE di New York nella stesura del progetto di promozione. Saranno Enrico Viglierchio, general manager di Castello Banfi, Francesca Planeta, titolare di Planeta e Antonio Rallo i delegati dell’Unione Italiana Vini nel gruppo di lavoro dell'ICE.
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