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SANT JACUM, IL SANT DAL LAT E DAL FORMADI
Gianni Colledani
San Giacomo altro non è che l’apostolo Giacomo il Maggiore le cui spoglie, secondo la tradizione, senz’altro leggendaria, approdarono miracolosamente dalla Palestina in Galizia, la regione del Nord della Spagna che guarda l’Atlantico.
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Il culto del Santo, a partire dal IX-X secolo, cominciò pian piano a diffondersi dall’antica area cimiteriale di Compostela (compostum tellus = sepolcreto) in tutto il mondo cristiano. Trovò il suo massimo fulgore tra l’XI e il XIV secolo, quando migliaia di pellegrini, provenienti anche da regioni lontanissime come Polonia, Germania, Fiandre, Nord Italia, si riversarono sulla strada di Santiago per andare a pregare sulla tomba del Santo apostolo. Da questa frequentazione del luogo nacque tutta una letteratura, com’è attestato dal Codex Callixtinus e da altre decine di cronache. Nacque anche una particolare forma mentis che, nelle sue varie implicazioni devozionali, culturali e commerciali, fece del pellegrinaggio Jacobeo un fenomeno unico nella storia religiosa e culturale del Medioevo europeo.
Il santo, nell’iconografia tradizionale, viene rappresentato come un pellegrino con la bisaccia, il bordone, la tipica giacchetta (appunto da Jacques / Giacomo) e il cappello ornato dalla caratteristica conchiglia (in spagnolo concha del los romeros e, in italiano, pettine dei pellegrini) che è uno degli attributi più frequenti.
Centinaia, talvolta migliaia di chilometri, separavano i pellegrini dal santo luogo cosicché andare a Compostela era considerato un atto di grande pietà e devozione. «In modo stretto non si intende pellegrino - scrive Dante nel Convivio - se non chi va verso la casa di San Jacopo e riede». C’era persino qualcuno che si recava in devoto pellegrinaggio per conto terzi, cioè per persone danarose che, impedite dalla malattia o dall’inferma salute non avrebbero assolutamente potuto sostenere i disagi di un viaggio così lungo e difficile.
Anche in Friuli ci sono varie chiese e chiesette intitolate a San Giacomo che, di norma, erano tappa di ristoro e di preghiera per i pellegrini diretti in Spagna. Tra le più vicine a Spilimbergo e al guado del Tgliamento ricordiamo almeno Ragogna, Villanova di San Daniele, Arzenutto. Il culto era vivissimo anche a Spilimbergo che, pur non avendo una chiesa intitolata al santo, era senz’altro per i pellegrini slavi, bavaresi e carinziani, luogo di sosta e di pernottamento.
Un San Giacomo in bassorilievo con bisaccia e bastone è raffigurato assieme a San Pietro (in ricordo dell’antica dipendenza della comunità spilimberghese dalla chiesa di San Pietro apostolo di Travesio) nel sottarco della porticina della chiesetta di Santa Cecilia. Un altro San Giacomo, seppur mutilo ma riconoscibile dal bordone, è ricomparso miracolosamente da sotto le malte che ricoprivano la facciata della Chiesa di San Giovanni. Ma forse la più bella raffigurazione del santo, anche se molto sbiadita, è in un affresco della metà del ‘300 che si trova ad altezza d’uomo nell’abside della navata di sinistra del duomo. Rappresenta, in un tratto molto naïf, il cosiddetto “Miracolo dell’impiccato”. Eccone la trama: un giovane tedesco, in viaggio sul finire dell’XI secolo verso Santiago con i genitori, viene ingiustamente accusato di furto da una perfida ostessa della città di Tolosa che aveva cercato di sedurlo. Per vendicarsi e rendere più verisimile l’accusa, aveva provveduto a nascondere nel sacco da viaggio del pellegrino una preziosa brocca. Il giudice locale sentenziò: impiccagione per il figlio e allontanamento immediato per i poveri genitori che continuarono il viaggio verso i Pirenei. Circa un mese dopo, il padre angosciato ritornò sul luogo dell’impiccagione ma, con sommo stupore, si accorse che il figlio pendeva ancora dalla forca, ma vivo, perché San Giacomo lo aveva salvato tenendolo sollevato quanto bastava affinché il cappio non lo soffocasse. Tutto trafelato, il genitore si precipitò nella casa del giudice raccontando l’accaduto a lui e ai commensali che erano in procinto di mangiare dei polli arrosto. «Non dire fesserie - lo interruppe il giudice facendosi beffe di lui - tuo figlio è vivo, come sono vivi questi galletti». D’un tratto, per intervento soprannaturale, i polli ritornano in vita e si mettono a correre sulla mensa.
A ricordo di questo fatto, da molti secoli a questa parte, nella chiesa di Santo Domingo de la Calzada, viene tenuta alla vista dei fedeli una stia con dei galletti vivi bianchi che spesso accolgono i pellegrini con un sonoro chicchiricchì. Davanti a un miracolo così palese lo stesso giudice tolosano provvide a liberare il giovane e ad appendere al suo posto la maliziosa ostessa.
Religiosamente parlando, San Giacomo oggi è un santo in ribasso, ma una volta godeva di grandissima considerazione. In molte aree del Friuli, per esempio, fino a non molti decenni orsono il latte munto il giorno di San Giacomo, cioè il 25 luglio, veniva dato alla Chiesa. Inoltre, negli alpeggi, sempre il 25 luglio, sotto lo sguardo vigile del santo, avveniva la tradizionale pesatura del latte per la ripartizione finale dei prodotti caseari tra il malghiere e i proprietari delle bovine. Era una festa molto sentita, una festa di mezza estate che coinvolgeva tutta la comunità, in definitiva un dovuto omaggio a sua maestà il latte, l’oro bianco del nostro Friuli, l’alimento base che dava vita alla vita, attraverso burro, formaggio e ricotta. A livello popolare, inoltre, dell’epopea dei pellegrinaggi a Santiago, sono rimasti anche dei fossili linguistici come si può rilevare in un celebre quanto negletto recitativo che ho raccolto in Pieve d’Asio. Si tratta di un contrasto di inequivocabile tipologia medievale, in otto stanze, in cui si alternano due voci, quella di Missêr Lavoreben e quella di un suo poco avveduto interlocutore. Ecco la prima stanza, che poi è quella che più direttamente ci interessa:
Donde vigniso, Missêr Lavoreben?
Di San Jacum di Galissie, che Diu us dei dal ben.
Di San Jacum di Galissie?
‘O vevio di vignî di Cjargne po?
Si sa di no!
Iodeso po!
Come s’è detto, oggi, San Giacomo ha uno scarso indice di gradimento e, calcisticamente parlando, viaggia in posizione di bassa classifica. Anche i santi sottostanno, se è permesso dirlo, alle ferree leggi del consumismo, specialmente quando ne salgono sulla scena altri più dinamici, più pimpanti, in breve, più moderni. Dunque, non solo gli abiti passano di moda ma anche i santi. Per cui San Giacomo è sì ancora tra noi, ma come in naftalina.