For Milano M a g a z i n e
Direttore Editoriale FABRIZIO COSCIONE f.coscione@flemingroma.it Direttore Responsabile GIACOMO AIROLDI Vice Direttore IVAN ROTA Grafica Livia Pierini grafica@flemingroma.it Segretario di redazione Silvestro Bellobono segreteriaredazione@flemingroma.it Amministrazione amministrazione@flemingroma.it Segreteria info@flemingroma.it Pubblicità advertising@flemingroma.it Distribuzione distribuzione@flemingroma.it Stampa: Celori Arti grafiche Hanno collaborato: Alessandra Ballarini, Pina Bevilacqua, Nolberto Bovosselli, Paolo Brasioli, Ilaria Cervelli, Paola Comin, Jill Cooper, Cristina E. Cordsen, Jessica Di Paolo, Sara Donati, Dina D’Isa, Tommaso Gandino, Agostino Madonna, Demetrio Moreni, Bruno Oliviero, Antonio Osti, Ludovico Paratore, Wanda Liliana Pacifico, Sestilia Pellicano, Manuel Plazza, Valentina Polidori, Marco Pomarici, Fabio Pregnolato, Lucilla Quaglia, Daniele Radini Tedeschi, Marina Ripa di Meana, Ivan Rota, Enrico Sanchi, Santi Urso, Donatella Vilonna. FLEMING PRESS Fabrizio Coscione Amministratore unico Fleming Press Srl Via Montello, 18 - 04011 Aprilia (LT) Tel. 06 92708712 Fax 06 92708714 info@flemingpress.it www.4mag.it Anno II - n. 11 - Giugno/Luglio 2012 Reg. al Tribunale di Latina - n. 7/11 del 13/05/2011
La favola di
Isabelle Adriani FLEMING PRESS EDITORE
editoriale
Strano Paese questa nostra Italia. Nel momento in cui l’onda grillina si abbatte sulla vecchia politica e l’ansia di rinnovamento sembra travolgere tutto e tutti… una mostra celebra Carosello e la Rai vuole riproporlo. Nostalgia canaglia. E poi tutti in piazza a cantare a un anno dalla morte di Lucio Dalla, tutti a vedere la mostra dedicata ad Alberto Sordi e le foto della carriera di Vittorio De Sica. Nuovo e vecchio, tradizione e rivoluzione. “Bambole non c’è una lira”, verrebbe da dire parafrasando i tormentoni dell’ormai sparito avanspettacolo, ma poi guardate le fantastiche auto e gli yacht che vi presentiamo in questo numero. Qualcuno comprerà questi sogni a quattro ruote e queste barche da favola… Intanto salite con noi sulle passerelle della moda di Milano (nella foto un modello di Lorenzo Riva), di New York e sul Red Carpet degli Oscar. Sì, perché il mondo va avanti, persino l’Italia andrà avanti. Il viaggio sarà lungo. Ma temiamo che non sarà così bello e affascinante come quello delle nostre sempre splendide Donnavventura. Giacomo Airoldi
For magazine sorprese
Una serata speciale
Craig David (32 anni). L’artista britannico ha venduto oltre 13 milioni di dischi. Tra le sue hit piÚ celebri spiccano Fill me in (2000) e What's Your Flava? (2002).
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All’Hollywood di Milano la superstar della musica Craig David si è esibita come dj. Un successone! Una voce soul straordinaria che sta per pubblicare il suo nuovo album. Intanto, si diverte a fare il dj. La superstar Craid David si è esibita alla consolle della discoteca Hollywood di Milano che ha compiuto 27 anni. Una serata, naturalmente, piena di vip. Sul red carpet hanno sfilato le bellissime Andrea Lehotska, Francesca Fioretti, Francesca Lodo, Martina Panagia, la dj Catrina Davies, Mary Carbone, Rosy Dilettuso, Francesca Cipriani, la voce calda del Chiambretti Night Regina e ancora Pippo Inzaghi, Leonardo Bongiorno, Bobo Vieri, Diego Conte, Luca Dorigo, Francesco Mogol, Max Brigante, Paolo Corazzon, Daniele Santoianni, Andy dei Bluvertigo, il modello Guillaume Goufane, il dj Yan Agusto, Pasquale Laricchia e molti altri! Craig ha dimostrato di avere un talento innato anche come deejay (il suo è un tour in tutta Europa) facendo scatenare i tantissimi ospiti che hanno ballato fino alle luci dell’alba.
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COSE DI MODA di Sara Donati e Ivan Rota
Milano Style
La nuova collezione autunno-inverno 2013-2014 di Lorenzo Riva si rifà alla linearità degli anni ’60/’70: tagli, inserti, sferzate di forbici, stampe articolate e pizzo nero. 4 For Magazine
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Durante la fashion week nel capoluogo lombardo i grandi brand e i pi첫 noti stilisti si sono sfidati a colpi di design ed eleganza, presentando le loro collezioni autunno-inverno 2013-14
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CRISTIANO BURANI
Decostruire e riassemblare i tessuti creando materiali innovativi: questo è il concept di Cristiano Burani. Rendere la tecnologia “coutureâ€? attraverso preziosi ricami a mano su basi di poliuretano trasparente. Ricerca globale partendo da silhouette da atelier rielaborate attraverso materiali accoppiati a caldo con abbinamenti lucidi-opachi. Total look monocromatici creati con la sovrapposizione irregolare di tessuti antitetici in un effetto di trasparenza e movimento. I colori dominanti sono bianco, nero assoluto in sovrapposizioni, nudo, ottanio, gold. Tra i materiali abbondano velour di lana e cachemire, pizzo effetto rete accoppiato a organza, chiffon di seta, lurex dorato, pelle. Per le pellicce spiccano artic nutria decolorata, visone intarsiato, kidasia bicolore, corsetti di weasel lavorato a ruches.
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BYBLOS MILANO
Cupa e misteriosa, ma anche romantica e retrò, un’Ofelia che incontra Kate Moss: la collezione autunno-inverno 2013-14 Byblos Milano esplora due aspetti complementari della femminilità per dare vita a un mood rock gotico, assolutamente inedito. Le suggestioni shakespeariane del mito di Ofelia sembrano sortire reminescenze preraffaellite: il folle sonno eterno dell’eroina dark dipinto da John Everett Millais crea linee dall’aspetto fluido e sofisticato, delicate e quasi evanescenti, con preziosi materiali e lavorazioni couture. I tessuti vivono di continui contrasti in un gioco di trasparenze continuo, per far emergere il disegno di un ricamo, come fiorito dal corpo. Le stampe creano incantesimi di stile. La palette dei colori è essenziale: va dal nero al blu, fino ai sanguigni violaceo e bordeaux.
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MASSIMO REBECCHI
Dall’armadio di Mary Poppins al mondo digitale delle “it girl”, le nuove icone che hanno nel sangue le vibrazioni dello stile cosmopolita: a questi contrasti si ispira la nuova collezione autunno-inverno 2013-14 di Massimo Rebecchi. Contrasti che si ritrovano nei materiali contrapposti della linea: tessuti lucidi accostati agli opachi, sete ai tweed, scuba alla maglia, flanella camouflage alla pelliccia, in un innovativo gioco tra consistenze e volumi diversi. Evening dresses in seta devorata o dettagliata con pizzo macramè avorio: i volumi sfiorano con delicatezza le silhouette e le maniche disegnate ne enfatizzano la raffinatezza. Sofisticate gonne e pull effetto tweed dalle forme relaxed, trame con intarsi di lurex e jacquard e nuance policromatiche. Colori principali: avorio, cammello chiaro, viola, rossi e rosa, toni militari, bianco, nero.
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GABRIELE COLANGELO
Per la sua collezione autunno-inverno 201314, Gabriele Colangelo si è lasciato ispirare dalle distorsioni digitali fotografiche di Laurent Segretier. Infatti, così come l’artista, anche lo stilista esplora le sfumature, tra realtà e fantasia, del “non finito”: così i tessuti sono doppiati da uno strato di nylon trasparente, le trame laniere si mescolano a orditi che esaltano textures ondulate e muovono superfici flat con lampi di luce inattesi. La metamorfosi tessile, attraverso l’agugliatura che fonde le fibre e mischia lucido e opaco, tecnico e laniero, nella pelliccia reinventa l’astrakan che diventa visone. Le linee dei capi, rigorose e dritte, di foggia boyish per lunghezze e vestibilità over, si alternano a micro-dress e mini-skirt a portafoglio o lunghissime. Come calzature stivaletti in pelle con fascia in rete tecnica.
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CIVIDINI
L’universo della moda era diverso negli anni Settanta. Le giovani generazioni, spinte dal vento del cambiamento sociale, abbandonano il bon ton delle famiglie borghesi per uno stile di vita all’insegna di nuove strade estetiche e comportamentali. La società della comunicazione avanza e le informazioni arrivano a velocità inaudita da una sponda all’altra dell’Atlantico. Guardare a quegli anni di grandi cambiamenti, recuperandone l’estetica ma calandola nella contemporaneità, è il divertissement della collezione autunno-inverno di Cividini. Il bluson dei Mods diventa raffinato se rifatto in jersey di lana pesante. Se alla tunica alla Mary Quant cambi il tessuto e la realizzi in jacquard di lana-seta è subito moderna. Il cappotto dei Beatles double breasted in panno da marinaio pesante quando lo realizzi con un panno di cashmere a finissaggio “zibeline” è preziosamente updated.
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GENNY
La collezione autunno-inverno 2013-14 si svolge intorno alla reinterpretazione della giacca, fin dalle origini del brand, item centrale nel guardaroba Genny. Secondo nuove proporzioni e nuove funzioni: non solo parte del tailleur pantalone, realizzata in crepe double a livelli sfalsati, ma anche base per la costruzione di mini abiti in gessato a banda larga, in lana fine mohair. Il cappotto ha nuove proporzioni: ora linea dritta, con collo impunturato a scomparsa, ora più corto davanti, doppiopetto, con dietro in volpe artic. La cappa è in lana doppia battuta e poi in leggerissima volpe lavorata a microlaserature, che allungano la pelle e la rendono più impalpabile. Il broccato, per tuxedo e abiti con la schiena scoperta, è la rivisitazione contemporanea di un ricamo di Genny, disegnata da Versace nel 1993.
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JOHN RICHMOND
Sensualità e trasparenze caratterizzano la collezione donna autunno-inverno 2013-14 di John Richmond. Lo stilista propone abiti tagliati e sovrapposti, mescolando lunghezze e giocando con le asimmetrie. La palette di colori è molto minimal, quasi monocroma, con vestiti in black and white, tra cui trovano spazio pochi pezzi colorati di un rosso fuoco. La donna di Richmond è sexy e aggressiva, indossa capi borchiati e mini dress in pelle, sfoggia con disinvoltura tessuti in pitone, cavallino, cashmere, neoprene combinato alla seta. Geometrie e passionalità per una donna rock che guarda agli anni Ottanta ma immagina il futuro.
GAETANO NAVARRA
È una donna che si spinge al limite della sua femminilità e provocazione, vestendosi delle mille sfumature della notte. Ed è proprio dei colori della notte che Gaetano Navarra veste la donna di questa nuova stagione autunnoinverno 2013-2014, facendo un passo indietro e lasciandosi ispirare dai ricordi dei gloriosi anni in cui la moda era unica e il lusso si cuciva addosso a provocanti silhouette: da qui “New Luxury Era”, un’era in cui appunto lo stilista decide di reinterpretare il concetto di lusso in maniera diversa, esagerato a tratti ma comunque facile e diretto. I tessuti, super costruiti, sono accoppiati e laserati e la pelle, onnipresente, dalla maglieria alle leggerissime bluse in crepe di seta, non è più cucita ma applicata semplicemente in appoggio, diventando dettaglio prezioso.
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MARIA GRAZIA SEVERI
L’innata eleganza e la dissacratoria modernità disegnano una femminilità attuale, risultato di un contrastante connubio fra tradizione e contemporaneità per l’autunno-inverno 2013-14 di Maria Grazia Severi. Il nuovo pret à porter firmato dalla maison regala una silhouette semplice ma decisa: seventies flashback con jacquard e damascati che movimentano i capi con un effetto visivo opulento, per un’eleganza dall’anima lussuosa e attenta al suo tempo. Tra i capispalla spiccano cappotti couture dalle linee sapientemente studiate. La sensazione cromatica degradé diventa movimento: protagonista il black&white che gioca con un effetto double negativo-positivo, vintage chic e dal twist decisamente raffinato. Il giorno di Maria Grazia Severi è un tributo alle sfumature del rosa polvere e del grigio, mentre la sera si tinge di noir: pizzo evergreen e trasparenze.
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BLUMARINE
New Couture, Modern Comfort, Comfort Couture sono costruzioni sartoriali allo stesso tempo avvolgenti, dolci, rassicuranti. Il mezzo è la maglieria, la cui intrinseca duttilità permette originali sperimentazioni. Maxi cappe in maglia dalle linee ultracontemporanee, con lavorazioni jacquard o mix di fili in lana e cachemire, evocano i pattern dei tessuti tradizionali maschili, ripresi anche nei cappelli a tesa larga. Volumi morbidi nelle maglie in lana e cachemire a coste inglesi, nelle nuove pellicce di maglia con intarsi di fili effetto bouclé e negli abiti in filo fiammato di lana e mohair con bordi in punto pelliccia. Textures dall’immediata semplicità visiva rivelano ricercatezza delle lavorazioni, come nel montone double reversibile, in maglia rasata e punto spugna di lana e mohair, o nel piumino realizzato con trame di fili che sembrano onde.
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1. Da Sergio Rossi: la cantante Janet Jackson assieme a Francesco Russo sul Diamond Tower, il nuovo grattacielo di Milano. 2. Da Massimo Rebecchi: le showgirl Laura Barriales e Melita Toniolo qui accanto proprio a Rebecchi. 3. Da Seduzioni Diamond by Valeria Marini: Luisa Corna, Valeria Marini e Ornella Muti. 4. Da Richmond: Alessandra Moschillo prima accanto a Marco Bocci e poi con Aldo Montano. 5. Da Byblos: Manuel Facchini e Patti Wilson. 6. Da Maria Grazia Severi: Nina Moric, appena rientrata dalla Croazia, tra Maria Grazia e Francesca Severi.
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RED CARPET di Ivan Rota
SuperOscar
Da sinistra: Alicia Vikander, Meryl Streep, Jon Hamm, Jennifer Aniston, Jennifer Westfeldt, Chris Pine.
Dieci giorni di passione per Academy Awards e Oscar, tra cene, eventi, celebrazioni e premiazioni. Il risultato è stato il più scontato possibile con pellicole “impegnate” e soporifere: il premio per il miglior film è andato ad Argo di Ben Affleck, niente di più di un filmetto d’impegno civile, anonimo come il suo regista e protagonista. Ad applaudirlo Nicole Kidman e Meryl Streep (che indossava scarpe spuntate in raso nero di Ferragamo). Ammiratissima la coppia formata da Jennifer Aniston, con minaudière double-face in suede arancio e metallo oro di Ferragamo e abito Valentino Haute Couture, e Justin Theroux, in total look Ferragamo, così come il sexy Jon Hamm, mano nella mano con la compagna Jennifer Westfeldt. Niente da fare per Brad Pitt, ex della Aniston: Angelina Jolie, quest’anno ha voluto disertare la cerimonia per non incontrare l’odiato padre Jon Voight. Infatti, a detta di tutti i colleghi, è una persona antipatica come poche, davvero “un uomo da marciapiede”, come il titolo del film che gli diede la notorietà. Niente da dire su Chris Pine (le signore se lo mangiavano con gli occhi) in abito Ermenegildo Zegna e scarpe in pelle nera di Ferragamo. Pollice in alto anche per Olivia Munn e Alicia Vikander (che indossava una minaudière double-face in razza e metallo oro di Ferragamo, mentre l’abito era di Elie Saab Haute Couture). Tutti concordi sul dire che i membri dell’Academy si devono rinnovare per premiare un altro genere di film, anche se i critici hanno detto che Lincoln (con un Daniel Day-Lewis straordinario) e The Master sono due capolavori.
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double feature di Ivan Rota
Ecco, sempre da Bulgari a Los Angeles, l’ex bambina prodigio di E.T., Drew Barrymore, cresciuta decisamente troppo. Ci sono modi per nascondere la pancia, ma i pantaloni attillati a “mezza vita” non rientrano tra quelli. Non parliamo poi della maglietta… Drew, cerca un extraterrestre che ti porti via!
Alla presentazione della favolosa collezione di gioielli appartenuti a Elizabeth Taylor, che si è tenuta al Bulgari Beverly Hills di Los Angeles, l’attrice americana Kirsten Dunst non fa una piega, ma fa diverse balze: l’abito nero è molto elegante, ma non la gratifica del tutto. La esaltano, invece, i gioielli di Bulgari che indossa. 18 For Magazine
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Julianne Moore, anche lei intervenuta alla presentazione dei gioielli di Elizabeth Taylor, è sempre elegante, al di là di quello che indossa, e questo è un grande dono. Il vestito che ha scelto è semplice, un tubino rosso senza infamia e senza lode, le scarpe sono molto belle, il gioiello fantastico. Julianne risplende su tutti!
In occasione della 65esima edizione dei Director Guild of America Awards, tenutosi a Los Angeles, l’attrice Jennifer Garner ha indossato un tubino di Angelo Berardi, con un paio di scarpe spuntate in raso color argento della collezione Red Carpet e una clutch double face in karung e argento, entrambi Ferragamo. Semplicemente meravigliosa! 19 For Magazine
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New York
MONCLER GRENOBLE
A New York la montagna prende vita nell’imponente cupola della Gotham Hall, l’edificio di fine Ottocento, ex-sede storica della Greenwich Savings: 370 indossatori e indossatrici hanno sfilato per la collezione Moncler Grenoble autunno-inverno 2013-14, mentre uno specchio, agganciato al soffitto, restituiva di loro caleidoscopiche ripetizioni. Un unico colore, il verde, dominava la scena con diverse gradazioni. A seguire un dinner che più chic non si può: star, personalità, “it girl” e “it boy”: tra i tanti Yi-Zhou, Bryan Ferry, Sofia Barrenechea, i fratelli Harry e Peter Brant Jr., Caroline Sieber e Elizabeth von Thurn und Taxis. Ammirata la coppia formata da Olivia Palermo e Johannes Huebl, detto dagli amici “honey” (miele) per quanto attira le donne.
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ForINmagazine PASSERELLA
Sexy Reality
Sfilata da sogno e show televisivo per ammirare l’eleganza dell’intimo femminile e di tre aspiranti top model
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For magazine
Yamamay Fashion Show, realizzato da Yamamay in co-produzione con Sky Uno, non è stata solo una sfilata di intimo femminile, ma un vero e proprio show, con performance musicali e tutta l’eleganza dell’intimo firmato. L’evento, che si è svolto di recente a Milano, ed è andato in onda su Sky Uno, ha visto sfilare 18 top model e 3 aspiranti modelle – per le categorie young, woman e curvy – scelte dapprima attraverso un contest online, poi da una giuria composta da Gianluigi Cimmino, patron di Yamamay, la coreografa Roberta Mastromichele, Massimiliano Rosolino e Simona Ventura. A precedere la sfilata da sogno c’è stata proprio l’ultima selezione delle tre modelle che hanno avuto l’onore di camminare in passerella insieme a mannequin affermate come Karolina Kurkova, Chiara Baschetti, Talissa Vilaka e Marica Pellegrinelli (la compagna di Eros Ramazzotti). Massimiliano Rosolino omaggia Marica Pellegrinelli. Nell’altra pagina, la bionda top model Karolina Kurkova.
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For magazine COME UNA STAR di Valentina Polidori
BEYONCÉ:
splendida dea della musica
L’outfit della cantante agli ultimi Grammy Awards ha offuscato tutte le sue colleghe: vediamo come questa stella ha saputo brillare e se è possibile imitarla È un fatto universalmente riconosciuto: Beyoncé Kwnoles è una delle dive più applaudite ed ammirate del momento. A 32 anni ancora da compiere, la splendida figlia di un affermato manager è cantante, attrice, produttrice di successo, conosciuta in tutto il mondo e non sbaglia un disco. Dalla fortunata campagna elettorale per Barack Obama alla superba performance al Super Bowl, Super-B non perde occasione per mostrare la sua indiscussa lungimiranza e il suo innegabile talento. Bella da mozzare il fiato, formosa quanto basta per valorizzare gli abiti di scena, è stata recentemente eletta dalla rivista GQ la donna più sexy del mondo. E, in effetti, Beyoncé è veramente sensuale, in ogni occasione, anche quando sfoggia una mise sobria come quella degli ultimi Grammy Awards. Sfavillante in Osman Yousefzada, l’artista ha scelto un indumento particolare e molto in voga nell’ultima stagione: la tuta. Un capo unico che fascia e valorizza il suo corpo nei punti giusti. L’effetto è sorprendentemente cool: infatti, se, nella parte inferiore, la tuta è essenziale, realizzata come se si trattasse di un paio di pantaloni skinny neri, nella parte superiore, si rivela decisamente glam. Strizzatissima in vita, si divide sul petto a metà, nel più classico dei mix bianco/nero che tanto sarebbe piaciuto a Coco Chanel. Maniche ad aletta, quella nella versione bianca mostra uno spacco, a rivelare l’avambraccio tonico della cantante. Una scelta audace, dunque, in una serata in cui la sobrietà lascia spesso spazio ad outfit più appariscenti e aggressivi. A completare il suo look, capelli biondo miele liscissimi, con la scriminatura centrale e raccolti in una morbida coda bassa. Pelle ambrata e luminosa, ombretto grigio perla e rossetto opaco rosso ciliegia ad illuminare il volto radioso. Anche ai piedi, Beyoncé, sceglie l’essenziale: décolleté spuntate con tacco altissimo e cinturino alla caviglia, smalto color nude e clutch total black; infine, personalizza il suo look con due grandi bracciali rigidi, identici, ai polsi: squadrati, in bronzo e rame laminati, sono già diventati un cult tra le fashioniste. Così come le sue canzoni, i suoi film, la sua vita. Quella di una ragazza nata, sì, fortunata, ma estremamente determinata a diventare una star internazionale.
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CARA MARINA di Marina Ripa di Meana
scrivi a: marina@marinaripadimeana.it
Cara Marina, ho quarant’anni e da qualche tempo mi è presa una terribile paura della vecchiaia. Vado in palestra, compro creme di tutti i tipi, ma le rughe arrivano inesorabilmente e, in qualche periodo, la linea non è proprio ottimale. Lei è rimasta quasi perfetta, come ha fatto? Giuseppina, Norcia Cara Giuseppina, grazie per quel suo “quasi perfetta”, ma avrei gradito di più l’aggettivo solo, senza avverbio. Scherzi a parte, a quarant’anni credo che proprio non ci si possa non sentire in forma. Se questo accade non dipende certo da fattori estetici, ma piuttosto emotivi. Non la conosco, ma immagino si senta insoddisfatta dal suo modo di vivere, e questo scontento probabilmente se lo leggerà in volto. C’è una nuova teoria che assicura che una bella risata al giorno allontana il cancro. Non so se sia vero, ma di certo tira su la faccia! Io le posso consigliare un regime di vita oculato. Lo stesso che vado praticando da anni: mangiare poco ma di tutto (in piccole porzioni), non bere (solo un bicchiere di vino a pasto la sera), non fumare, fare tanta ginnastica e tante passeggiate, muovere il corpo e il cervello stimolandolo sempre a cose interessanti. E poi niente è più efficace del dormire bene! Coltivi il culto del sonno, è molto importante. Cari saluti, Marina
Cara Marina, leggo spesso la tua rubrica e non voglio sottoporti il mio caso umano o formulare domande particolari. Voglio solo dirti che mi stupi-
sce l’impegno con cui cerchi di rispondere ai quesiti che ti vengono posti. Ti confesserò che a guardarti in televisione appari grintosa e un po’ eccentrica. Quando scrivi, invece, mi sembri più umana e riflessiva. Insomma, leggendoti, mi sei rimasta più simpatica. Antonello, Perugia Caro Antonello, grazie per le parole gentili. Mi succede spesso che le persone, dopo qualche tempo, mi confessino di trovarmi più simpatica, umana e anche più giovane di quanto risulti in televisione. Un giorno, un tassista con perfetta calata romanesca mi ha detto: “A Marì, la televisione nun glie fà giustizia. Nun ce deve più annà”. Non so se devo essere contenta di questo commento, visto che per me la Tv è spesso un lavoro retribuito, una fonte di reddito. Per il resto, che devo dirti? Mio padre sosteneva che io sono uno strano essere che non conosce il pudore. In effetti, fin da piccola avevo un rapporto con il mio corpo di assoluta spontaneità. Giravo nuda per casa, e mi capitava di andare ad aprire la porta a chi suonava senza curarmi di mettermi qualcosa addosso. Penso che così come sono sempre apparsa fisicamente impudica e aggressiva, o come tu dici grintosa, tanto da apparire sfacciata e a molti antipatica, ho però pudore nei sentimenti. Dunque in televisione, dove si è maledettamente in pubblico, ricorro al paradosso e qualche volta all’invettiva. Quando scrivo, soprattutto se rispondo a una lettera, che è un vero “a tu per tu”, abbandono la versione ispida di chi è timido, e cerco di esprimere quello che penso senza ringhiare. Tua, Marina
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For magazine PROTAGONISTI di Tommaso Gandino
L’UOMO DELLA NIGHTLIFE
Maurizio Laudicino, general manager della Capannina di Franc eschi,
intrattiene da anni chi ama il buon gusto e il sano divertimento nel noto locale della Versilia Quando nasce la sua passione per la mondanità? «Inizio il mio percorso nel 1992 quando i miei amici mi portarono a sorpresa in un locale appena aperto, il Midhò di Forte dei Marmi. Mi ritrovai sul palco coinvolto dalla presentatrice del concorso di bellezza “Miss Eva Express” e con lei improvvisai un vero e proprio striptease, aiutato da qualche cocktail di troppo che spazzò via la mia proverbiale timidezza. Così il titolare del locale mi chiese se volessi iniziare a collaborare per portare un po’ di amici nel week end. Quello che cominciò come un gioco si trasformò in breve tempo in un hobby, che mi consentiva di arrotondare e di fare nuove amicizie. Questo il mio esordio nel mondo della notte, 21 anni dopo eccomi ancora qua!». Come è riuscito ad affermarsi in questo ambiente? «Il fato ha lavorato molto per spingermi a fare certe scelte. Forse il fatto di aver vissuto il primo impatto con la nightlife versiliese senza supporti particolari mi ha dato quella spinta necessaria per superare di slancio
le prime difficoltà; abbandonare lavoro, studi, fidanzata e famiglia mi ha motivato a non arrendermi mai». Considera questo suo “lavoro” più un impegno professionale o una passione? «Lavoro 18 ore al giorno con la stessa passione e con lo stesso entusiasmo degli esordi, questo è il segreto di una carriera vissuta sempre in ascesa. Oggi faccio i salti mortali per conciliare i tempi di una professione che non ha orari con la mia vita familiare, ma quando poi arrivano i risultati stanchezza e stress spariscono». Nel suo lavoro ci deve essere sempre un’applicazione costante? «Il mio lavoro richiede una enorme attenzione a ogni dettaglio. La Capannina di Franceschi è un’azienda vera e propria con un sacco di dipendenti e la responsabilità quindi è amplificata all’ennesima potenza». Ricorda qual è stato l’ospite più spiritoso della Capannina? «Sono molto affezionato a Giorgio Panariello, Jerry Calà e Umberto Smaila, ho trovato veramente alla mano Buffon, Pirlo e la grande Mara Maionchi». (Nella foto in alto Maurizio Laudicino con Belen Rodriguez).
GRAN GOURMET DI PROFESSIONE Per Antonio Falco, cuoco del ristorante La Cesta del Grand Hotel
de la Miner ve
a Roma, la qualità dei prodotti va sempre abbinata alla fantasia Cosa ne pensa del proliferare di laboratori e corsi di cucina per appassionati gourmet? «Da un po’ di anni, effettivamente, noto che l’interesse per la cultura gastronomica sia in crescita, e così anche i corsi e le scuole di cucina. Credo possa essere stimolante per noi chef, perché il cliente, sempre più preparato, sta diventando molto sensibile alla qualità dei prodotti e dei piatti. Noi ristoratori siamo ancora più motivati ad aggiornare la nostra professionalità e a confrontarci con il nostro pubblico». Come si combinano gli ingredienti per un piatto unico? «Occorre fondere in modo equilibrato carboidrati, proteine, glucidi e lipidi, con tanta fantasia e qualche volta un po’ di azzardo personale». Come definirebbe l’arte culinaria? «La vera artista è la natura, noi cuochi siamo semplicemente un po’ diavoli, dobbiamo solamente mettere insieme quello che madre natura ci offre ogni stagione». E come definisce la sua cucina? «La chiave del successo sta nella fusione tra passato e presente,
non commettendo l’errore di restare legati unicamente sia all’uno che all’altro». Secondo lei è cambiato il modo di mangiare negli ultimi anni? «Credo che la cucina in generale sia migliorata, soprattutto perché in passato non si avevano conoscenze approfondite. Nei miei menu ci sono sempre pietanze light a causa di una continua domanda di piatti a basso contenuto calorico, e in questo mi sono specializzato, tenendo sempre d’occhio l’architettura del piatto». Qual è l’accessorio in cucina di cui non potrebbe fare a meno? «Abbattitore di temperatura, macchina sottovuoto, attrezzi per intagli». Qual è l’ospite più importante per il quale ha cucinato. «Durante un normale giorno di lavoro mi arrivò una e-mail in cui si diceva che avremmo avuto ospite il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso. Non sapevo cosa presentare di particolare. Alla fine ho deciso di dare il meglio della mia cucina trattandolo come un ospite normale».
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UOMO DEL MESE di Ivan Rota
Marco Mengoni
«Chiamatemi matto, ma non diverso», dichiara ai giornali Marco Mengoni, vincitore dell’ultimo Festival di Sanremo: contento lui... In ogni caso, complimenti alla maison Salvatore Ferragamo che ne ha curato e continua a curarne il look. Un’eleganza mai esibita, ma nemmeno ingessata; piccoli dettagli, come i pantaloni a vita bassa o le giacche dipinte addosso, come solo i sarti sanno fare. E Mengoni gongola: ha vinto, è adorato dai fan e ora (perché un tempo non era affatto così) è anche vestito bene.
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For magazine
DONNA DEL MESE
Chiara Francini Cene e feste a gogò per il film Pazze di me di Fausto Brizzi, che vede il ritorno sullo schermo della camaleontica Loretta Goggi. Protagonista Francesco Mandelli, del duo I soliti idioti, Claudia Zanella, nuova fidanzata del regista, Valeria Bilello, Lucia Poli (sorella del grande Paolo Poli) e Chiara Francini, che si è presentata con un total look Dolce&Gabbana durante la promozione del film. Dopo la conferenza stampa, lei e il resto del cast si sono trasferiti al ristorante Conte Ugolino, a Milano, per festeggiare.
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ForCover magazine di Silvestro Bellobono Foto di Bruno Oliviero
Isabelle Adriani (34 anni) è apparsa di recente al cinema in Viva l’Italia, accanto a Michele Placido e Raoul Bova, e in Tv nella fiction L’isola. Negli Usa le è stato proposto un film con Samuel L. Jackson da girare in Canada, ma per questioni burocratiche (validità della carta verde) non ha potuto lasciare il suolo statunitense.
Vi racconto la mia favola
C’è un’artista italiana che sta conquistando Hollywood. Recita per il cinema, canta e balla, scrive libri sull’origine delle fiabe (il suo ultimo lavoro diventerà un film) e adora… fischiare! Isabelle Adriani è tutto questo e anche una mamma premurosa 30 For Magazine
Considerate le sue esperienze passate e il suo coinvolgimento in diversi progetti hollywoodiani si può parlare di sogno realizzato? «La felicità sta spesso nell’aspettativa. In due sensi diversi: il primo perché se l’aspettativa non è troppo alta è più facilmente realizzabile; il secondo perché l’aspettativa è come Il sabato del villaggio di Giacomo Leopardi, attendi la domenica e l’attesa è quasi più bella della domenica stessa. Io mi pongo sempre prospettive più alte, ma non perdo mai di vista i miei limiti, e provo a migliorare ogni giorno. Ho preso una laurea in Storia, girato 35 film in Italia, studiato recitazione, danza e canto per anni, pubblicato 10 libri e ora ho vari progetti americani in sviluppo: dopo queste premesse, la risposta secca alla domanda è “ancora no”, ma ci sono molto vicina a realizzare il sogno. Infatti, ho preso la green card americana per poter lavorare liberamente negli Stati Uniti e ottenere poi la cittadinanza. Mi hanno offerto già diversi ruoli, mi volevano per una serie Tv importante, ma significava firmare un contratto per tre anni e restare stabilmente in Usa, e poi avevo già troppi programmi in Europa e, contro ogni aspettativa, mi sono innamorata di un italiano, l’imprenditore Vittorio Palazzi Trivelli. Comunque i miei amici produttori di Hollywood, con i quali sta cominciando una bellissima collaborazione, mi stimano molto: ne sono lusingata e mi piacerebbe realizzare il mio sogno». Ci può raccontare la sua reazione quando ha appreso che il suo libro La vera storia di Cenerentola diventerà presto un film con la regia di Tom Shadyac. «Ho incontrato Tom Shadyac, mitico regista di Ace Ventura, Una settimana da Dio, Patch Adams, ad un evento di beneficenza a Los Angeles. Abbiamo parlato di cinema e filosofia, e appena ha saputo del mio libro mi ha chiesto se era tradotto in inglese e mi ha pregato di inviarglielo. Dopo due settimane mi è arrivata una telefonata dalla mia agenzia, la William Morris Endevour, la stessa di Shadyac, che mi chiedeva dei diritti del libro perché il regista americano era impazzito per la mia storia. Di lì a poco abbiamo fatto l’accordo, ero così felice, mi ricordo di essere saltata sul letto come una bambina! Ho comprato un’enorme torta al cioccolato e ho festeggiato con alcuni amici». In virtù della sua passione per la scrittura si vedrebbe bene nei panni di sceneggiatrice per il cinema? «Adoro scrivere e inventare, ma dovrei prima studiare moltissimo, non mi permetterei mai di approcciare un mestiere nel quale non sono ancora competente. Sarebbe bello provare, ma per ora preferisco continuare a fare l’attrice e al massimo scrivere i miei romanzi sull’origine storica delle fiabe, perché sono certa che, se poi vorranno farne un film, ci saranno sceneggiatori professionisti già bravi ed esperti». L’hanno convinta i premi assegnati durante l’ultima Notte degli Oscar oppure i suoi attori/attrici preferiti non erano nominati? «Assolutamente sì, ho sperato fino all’ultimo di vedere vincere Daniel Day-Lewis come miglior attore, avevo visto Lincoln
Il libro della Adriani, La vera storia di Cenerentola, da cui a breve Tom Shadyac ne trarrà un film Made in Usa, ha suscitato l’interesse anche dei produttori di Silver Linings Playbook, la pellicola molto apprezzata con Bradley Cooper e Robert De Niro: peccato per loro che i diritti erano già stati acquistati da Shadyac.
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a Malibù e l’avevo trovato assolutamente magnifico. Per la regia, la musica e la fotografia, avrei giurato su Vita di Pi e infatti ha vinto: è un film favoloso. L’unica delusione è che Jessica Chastain non abbia ricevuto l’Oscar come migliore attrice, anche se Jennifer Lawrence è brava. Grande anche Anne Hathaway in Les Misérables. Devo dire che sono molto soddisfatta e avevo indovinato quasi tutti i vincitori». Il recente Festival di Sanremo di Fabio Fazio ha dimostrato che è possibile coniugare qualità e ascolti: secondo lei si è aperta una nuova frontiera che premia finalmente il merito e le competenze in Tv? «Magari! Mi piace Fazio. Inoltre, pochi sanno che io ho cominciato in Tv proprio con Luciana Littizzetto: ero una ragazzina e fui scelta da Mirabella e Garrani per un programma satirico in onda su Raitre, La Testata, dove c’era anche Luciana. Diventammo amiche e ho un ricordo splendido di lei. Per quanto riguarda il merito devo dire che in America è più facile che il talento venga riconosciuto. In Italia mi suggeriscono sempre di non dire che sono laureata, pubblico libri, ballo e canto, e mi ripetono solo che somiglio alla Bellucci. Ma è pur vero che nei momenti di grande crisi il merito emerge più del solito, benché non veda enormi passi avanti, purtroppo». E se un giorno arrivasse anche per lei la chiamata dall’Ariston come sarebbe il suo Festival di Sanremo? «Pieno di fischi! Nel senso che adoro fischiare l’opera e anche ultimamente mi sono esibita davanti al maestro Bernardo Bertolucci e a Richard Gere che sono rimasti incantati. Richard è sgattaiolato dietro di me e mi ha abbracciata. Mi piacerebbe condurre il Festival alternando le canzoni con poesie e passi brevi dalla nostra splendida letteratura, ricordando con varie performance anche i grandi cantanti e musicisti del passato». Si dice che gli artisti siano molto scaramantici: anche lei ha un suo “rituale magico” prima di andare in scena o in onda? «Non sono particolarmente scaramantica, ma c’è qualcosa che faccio ogni volta: mando un bacio alle stelle e dico “Ecco nonna, questo è per te!”. La mia bellissima nonna se n’è andata nel 2000, sono sicura che sarebbe orgogliosa della mia carriera e delle mie scelte. L’amavo moltissimo». Da appassionata di favole qual è il primo incantesimo che farebbe se avesse una bacchetta magica? «Sono una sognatrice e una romantica, ma credo proprio che stavolta farei un incantesimo per far sparire le banche, avere meno tasse e per far sì che ogni lavoratore possa beneficiare di un’occupazione invece di arricchire i politici e pagare i loro errori».
Tra i film italiani di maggior successo della Adriani ci sono Maschi contro femmine di Fausto Brizzi, La prima cosa bella di Paolo Virzì e Che bella giornata con Checco Zalone; invece in Tv ha preso parte a Don Matteo e Distretto di Polizia. Essendo un’appassionata di letteratura e libri antichi, Isabelle possiede una collezione di dizionari di mitologia molto rara e ha un debole per papiri e ceralacca.
Una mamma-artista immagina un futuro nel mondo dello spettacolo per suo figlio o preferisce vederlo laureato? Oppure entrambe le cose come ha fatto lei? «Questa domanda piacerebbe molto a mio figlio Franco Alberto. In realtà, nonostante le mie scelte siano state “di rot-
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La Adriani è fidanzata con il conte Vittorio Palazzi Trivelli, 36 anni, imprenditore immobiliare, pilota e collezionista di Ferrari, vincitore di due campionati italiani di GT. L’attrice ha già un figlio di 13 anni, Franco Alberto, che quest’estate andrà a studiare in un college inglese. A tal proposito Isabelle ha dichiarato: «Da piccola soffrivo le scelte dei miei genitori di mandarmi all’estero a studiare le lingue, ma oggi ne parlo cinque e l’inglese è stato fondamentale per la mia carriera americana».
tura”, sono una mamma tradizionale. Ho appena iscritto mio figlio al Liceo Classico perché sono convinta che sia fondamentale avere una formazione classica, ma allo stesso tempo gli lascio coltivare tutte le sue passioni, che sono il pianoforte, il tiro con l’arco e i computer. Lui mi dice sempre che non ho capito abbastanza del mondo dello spettacolo, perché quello che conta veramente è il regista, il quale è come il deus ex machina della situazione ed è quello che decide tutto ciò che fanno gli attori. Perciò lo vedrei bene come regista, ma anche come medico, archeologo, astronauta. Ma prima deve passare sul mio cadavere per non fare l’università!». Qual è il suo rapporto con i social network come Facebo-
ok e Twitter? Li trova utili per un personaggio pubblico? «Certamente sì, mi sono dovuta convertire. Io sono un’appassionata di libri antichi e di mitologia, ma per quanto sia retrò, mi sono resa conto dell’importanza di stare sempre al passo coi tempi. Ho una fanpage su Facebook con più di 30.000 supporter e ne sono molto orgogliosa, rispondo io direttamente appena posso. In America il contatto su internet è fondamentale: Ashton Kutcher, l’ex marito di Demi Moore, ha ottenuto la parte del protagonista in una famosissima serie televisiva proprio grazie alla sua popolarità su Twitter. Ho anch’io un profilo Twitter, ma devo ancora imparare ad usarlo bene».
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Valeria Marini, in occasione delle sue nozze fissate per l’11 maggio, vorrebbe un abito della maison Sarli. Qui ora sono un poco in subbuglio anche perché lo stile Sarli, geometrico e raffinato, non rientra nel dna dell’attrice. Ma come dirlo a Valeriona, sì dimagrita, ma con il viso così gonfio, specialmente le labbra che sfidano la legge di gravità? L’abito si farà o non si farà? O la Marini sarà costretta a ripiegare su una sua
creazione? E l’outfit per il ricevimento a Palazzo Odescalchi chi lo curerà? Domande che ci fanno perdere il sonno... La showgirl è momentaneamente molto arrabbiata perché C’è sempre un perché, film siculocinese da lei interpretato con Maria Grazia Cucinotta che ne è anche la produttrice, ha delle difficoltà di distribuzione. A consolarla c’è il futuro marito Giovanni Cottone.
Valeria Marini con lo stilista Carlo Alberto Terranova
ROTAZIONI di Ivan Rota Raffaella Carrà si è “ridestata”: oltre ad essere una dei protagonisti del talent show The Voice, insieme a Piero Pelù, Noemi e Riccardo Cocciante, ha deciso di tornare ad incidere, dopo oltre un decennio, un disco con canzoni inedite. La Carrà, dopo il grande successo di Far l’amore con il dj di culto Bob Sinclair, ha mobilitato musicisti e parolieri dall’Italia al Brasile: la scorsa settimana ha incontrato Cristiano Malgioglio, specializzato in ritmi cubani e caraibici, per una collaborazione. Il cantautore è naturalmente al settimo cielo. Sono stati contattati altri dj spagnoli e sudamericani. Il singolo, dal probabile titolo La Vida, dovrebbe uscire a settembre, il cd completo, invece, poco dopo. Inoltre, secondo alcuni, Raffaella avrebbe disertato l’incontro con un nugolo di suoi fan arrivati appositamente dall’Argentina, che sono rimasti molto delusi. •
Ashley Greene
Sembrava di essere tornati ai gloriosi anni Ottanta, alla “Milano da bere” di vanziniana memoria: feste, cene e cocktail ovunque. Vero anche che, in tempi di crisi, ci si dà alla pazza gioia. In ogni caso, eccovi una cavalcata vip frenetica della settimana della moda milanese appena conclusa. Una vera festa il parterre de rois di Salvatore Ferragamo: a Palazzo Mezzanotte c’erano Ashley Greene, Tali Lennox, Virginie Ledoyen. Per la Greene, co-protagonista di Twilight poca festa perché in pochi la riconoscevano...
For
Una delle prime volte che un locale milanese viene citato da Wwd, Women Wear Daily, quotidiano e bibbia della moda: grande colpo per i patron, una vera e propria consacrazione, visto che è stato detto da giornalisti dai gusti sopraffini. Poche sere fa, prima a cena da Giannino, e poi al Byblos, c’erano la principessa Isabella Orsini La Ligne de la Tremouille, l’attrice Rachel Weisz e Rossy De Palma, la musa di Pedro Almodóvar con l’amica Gabriella Magnoni Dompè. Ora è diventato il locale di preferenza per il popolo della moda. Ha catalizzato l’attenzione di tutti la presenza di Nina Moric alla presentazione della collezione di Maria Grazia Severi, che si è tenuta nello showroom di via Montenapoleone, a Milano. Fisico statuario e bellezza intensa, Nina è stata scelta come musa dal brand italiano: la modella croata non ha voluto rispondere a domande sulla sua vita privata.
Alessandro Martorana, uno dei protagonisti della sartoria maschile, ha festeggiato il compleanno in pieno stile “James Bond”, all’Hotel Melià di Milano, che per l’occasione è stato trasformato in uno scenografico casinò di Las Vegas. Tra tavoli da gioco, croupier e banconote rigorosamente “farlocche”, si sono visti l’étoile Eleonora Abbagnato, Federico Balzaretti, Riccardo Montolivo, Cristina Del Pin, Federica Fontana, Claudia Galanti, che quasi subito se ne è andata (chi l’aspettava dietro l’angolo?), Paolo Berlusconi, Elena Barolo, Barbara D’Urso, Marco Borriello, Christian Vieri, Davide Bombardini. • Allo Spazio Meritalia di Milano, tra le creazioni di Gaetano Pesce, si è svolta l’edizione speciale del premio “Ago d’Oro”, abbinata ad una mostra per celebrare i 50 anni della minigonna con pezzi storici e disegni autografati dalle più importanti giornaliste italiane. Premiate Alba Parietti, Daniela Iavarone, Laura Morino e Alessandra Moschillo.
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Rossy De Palma con Gabriella Magnoni Dompè
Ecco uno dei tanti “benvenuto a Milano” per Mario Balotelli: per il giocatore grandi cene e serate in discoteca, tanto per non smentirsi. Dall’Old Fashion, dove ha ballato sino a tarda notte con amici e amiche, a Giannino, il ristorante tempio del Milan, dove Super Mario si concede ai tifosi che si accalcano per salutarlo e, strano ma vero, stringe loro la mano, firma decine di
Nel decennale della morte di Alberto Sordi, tra le iniziative organizzate dal Comune di Roma, anche un concerto all’Auditorium Parco della Musica con le musiche scritte dal maestro Piero Piccioni, autore di tutte le colonne sonore dei film di Albertone. Sul podio il maestro Gerardo Di Lella, già direttore d’orchestra al Festival di Sanremo e ai David di Donatello. Di Lella ha guidato un’orchestra di 66 elementi, formata in parte dai giovanissimi musicisti dell’Accademia di Santa Cecilia. Gremita la Sala Sinopoli dell’Aditorium. La serata è stata presentata da Paola Saluzzi. In prima fila, il sindaco della Capitale Gianni Alemanno. Tra il pubblico, Max Tortora, Barbara De Rossi, Elena Sofia Ricci, Massimo Lopez, Leopoldo Mastelloni, Daniela Terreri e Toni Malco. Tutti ad applaudire successi come la Marcia del Dottor Tersilli o il tema di Polvere di stelle. Il ricavato della serata è stato devoluto alla Fondazione Alberto Sordi, creata dall’indimenticato attore romano e dedicata agli anziani.
autografi e si sottopone ogni volta ad altrettante foto di rito. Sempre protetto dal patron di Giannino, Lorenzo Tonetti, che lo ha anche festeggiato con una torta ribattezzata “Maria”, e da Adriano Galliani. Mancava solo Fanny, la nuova compagna (per quanto?) del calciatore.
Nicu Lutan con Claudia Cardinale
Il poeta rumeno Nicu Lutan, che a Milano fa anche l’attore, il cameriere e il massaggiatore (bravissimo, tra i suoi clienti Claudia Cardinale), ha inviato una poesia alla regina Elisabetta: la cosa buffa sta nel fatto che Buckingham Palace gli ha inviato una lettera di ringraziamento. Nella pizzeria Belvedere, a Milano, in via Torino, dove lavora, Nicu massaggia i clienti-amici e declama la Medea in rumeno.
Gerardo Di Lella e Paola Saluzzi
Benedetta Parodi e Gabriella Magnoni Dompè
Il sindaco Gianni Alemanno con la moglie.
Max Tortora e Massimo Lopez
Il titolo della mostra è Color Taste - La Cucina si fa Arte. Il fotografo Alfonso Catalano ha chiesto a 14 chef stellati, da Enrico Cerea a Claudio Sadler, di preparare i loro piatti ispirandosi all’arte pittorica, con la creazione di composizioni ottenute disponendo ad arte gli ingredienti su una tela trasparente. Questo esperimento ha generato delle opere mai viste prima. Tutto questo è stato presentato a Palazzo Isimbardi con il sostegno di Gabriella Magnoni Dompè e di Stefano Guindani, il cui scopo è sostenere “Pane Quotidiano”, la Onlus che da 115 anni si occupa di distribuire cibo, ogni giorno, ai meno abbienti. Testimonial appropriatissima Benedetta Parodi, presentatrice e scrittrice di libri di cucina: il suo slogan “Cotto e mangiato” è ormai entrato nel lessico quotidiano.
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Marion Cotillard
In qualità di partner ufficiale del Festival del Cinema di Cannes e fondatore del Trofeo Chopard, che premia i giovani talenti del cinema ogni anno sulla Croisette, il brand svizzero di gioielli e orologi di altissimo livello sarà anche partner ufficiale della Weinstein Company per il 2013. La collaborazione è iniziata con un party esclusivo a Los Angeles in occasione dei Golden Globe Awards, seguito da un after party a Londra per i Bafta Awards. Caroline Scheufele, co-presidente e direttore artistico di Chopard, nonché unica guida alle relazioni di Chopard con il mondo del cinema, era al settimo cielo: le attrici nominate Jennifer Lawrence e Marion Cotillard indossavano i suoi capi.
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REPORTAGE di Ilaria Cervelli
Paesaggi cileni
Un paesaggio dell’altopiano cileno nei pressi dei Geysers del Tatio: territori infiniti, spazi liberi da ostacoli, vegetazione bassa. L’appuntamento in Tv con Donnavventura è ogni domenica alle 13.00 su Rete 4.
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Squadra rinnovata e altra spedizione per le nostre Donnavventura: questa volta ci conducono a scoprire le bellezze della terra di Pablo Neruda, tra deserti rocciosi, geyser mozzafiato e territori verdeggianti, patria del celebre cocktail Pisco Sour
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Il team a bordo dei pick up mentre attraversa alcuni vigneti nella Valle de Elqui, che si presenta come un susseguirsi di colline ripide dal colore bruno, interrotte dal verde brillante dei filari d’uva, che qui trovano condizioni ideali per prosperare. La carovana imbocca una delle piste che salgono sulla sommità della collina per godersi meglio il panorama.
Nuovo team, nuova avventura! Dopo più di tre mesi di spedizione, Rossella e Valentina, le uniche superstiti della squadra iniziale, rientrano a casa, e anche per la veterana Michela è tempo di tornare in Italia. L’unica a rimanere è Stefania che accoglie il nuovo team di seniores composto da Ana, Chiara e Ilaria, già protagoniste di numerose spedizioni. Il viaggio riparte da Santiago alla scoperta del nord del Cile e del Perù. Prima tappa: Valle de Elqui. Paradiso verdeggiante, patria del celeberrimo Pisco (liquore locale prodotto con l’uva Moscatel), dal quale deriva anche il rinomato cocktail cileno Pisco Sour. Qua il gruppo si ritrova coinvolto in attività emozionanti come cavalcate a cavallo fra spettacolari vigneti rigogliosi, guida in fuoristrada e sorvolo della valle in elicottero. Ma la Panamericana è lunga e la nuova squadra è solo all’inizio, ci sono ancora migliaia di chilometri da percorrere. La famosa strada è un susseguirsi di dune dorate, deserto roccioso, panorami lunari, montagne maestose e vulcani imponenti: infatti, la Panamericana si snoda lungo i fianchi delle montagne, attraverso tornanti e piste a strapiombo, raggiungendo i 3500 metri di altitudine dove all’orizzonte non si vede nulla. Poi il paesaggio comincia a cambiare sotto gli occhi rapidamente, il verde dei vigneti lascia spazio a distese infinite di deserto roccioso che si alternano a dune di sabbia. Si tratta del Deserto di Atacama, dove si trova anche l’imponente mano, che accoglie i passanti emergendo maestosa dalla sabbia. Cambia pertanto lo scenario, che si fa ancor più interessante. San Pedro De Atacama è la base perfetta delle nostre Donnavventura per andare alla scoperta delle bellezze che il Cile settentrionale riserva alla squadra, come i Geysers del Tatio e la Valle della Luna. Anche se i voli aerei per gli spostamenti da un luogo all’altro sono “avventurosi”: non per la paura del volo di per sé, ma per le acrobazie, i vuoti d’aria e la conseguente nausea accompagnata da giramenti di testa. Le ragazze sono tutte nello stesso stato, tranne Chiara, completamente folgorata ed estasiata dalle bellezze dei geoglifi di Nazca sottostanti.
A 4520 metri di altitudine, i Geysers del Tatio lasciano senza fiato, in tutti i sensi, oltre che per lo splendore del paesaggio e dei vulcani circostanti, anche per la sensazione di mancanza d’ossigeno dovuta all’aria che si fa più rarefatta, e di conseguenza rende la respirazione sempre più difficile. Ed ancora, la Valle della Luna con il suo paesaggio desertico e suggestivo a cui deve il suo nome, il Salar de Atacama con i suoi fenicotteri rosa e, appunto, San Pedro, cittadina hippie e vivace in cui ci sente un po’ a casa. Tutti i giorni si percorrono centinaia di km off-road, ci si riempie di polvere, ci si scotta la pelle, ci si sporca e si suda, ma quando arriva sera, tra stanchezza e tanta fama, l’unica cosa che si vuole è voltare pagina e iniziare un nuovo giorno ricco di soddisfazioni e avventure. Se ne approfitta così per andare a Caspana, un piccolo villaggio non troppo lontano dai Geysers, per far visita e intervistare la signora Luisa, una “nonna solare”, ovvero una donna che ha preso parte ad un nobile progetto di Enel Green Power, che vede protagoniste alcune donne dei Paesi più poveri del mondo, dove anche l’elettricità diventa un lusso, per formarle affinché possano manutenere degli impianti fotovoltaici. Il programma prevede la permanenza di queste caparbie signore in India per tre mesi, dove impareranno a costruire, installare e riparare i pannelli solari che saranno successivamente messi a loro disposizione nei villaggi. Una delle ultime mete visitate dal team prima di lasciare la terra cilena è il Salar de Atacama, una depressione salina puntellata di lagune turchesi che ospitano i fenicotteri rosa. Sebbene in questa stagione non se ne trovino tanti è sempre molto affascinante restare ad osservarli mentre le loro sagome longilinee si specchiano nei bacini salati. E con questi scenari quasi lunari ancora negli occhi, ma soprattutto nel cuore, si conclude anche questa spedizione: le Donnavventura abbandonano definitivamente il Cile, dopo centinaia e centinaia di chilometri percorsi, ed entrano nel colorato Perù. Adios Cile!
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La Donnavventura Ana a cavallo nella Valle de Elqui: il gruppo cavalca tra le viti in sella a quattro bellissimi cavalli cileni lanciati al galoppo. Tra le ragazze solo Stefania aveva già cavalcato quest’anno nelle sabbie scure della Patagonia, in quelle candide delle isole del Pacifico e nella mitica pampa argentina: ormai è una superveterana!
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Visione dall’alto dei vigneti: osservando piÚ da vicino i filari si scopre che non sono disposti a spalliera, bensÏ le viti si sviluppano lungo un reticolo di cavi tesi orizzontalmente sopra le piante, in modo da formare una sorta di tettoia.
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La Donnaventura Stefania tra le piante grasse presso Pisco Elqui, che offre una vegetazione variegata, ricca anche di fiori, tra cui delle coloratissime orchidee selvatiche. Ma il prodotto tipico di Pisco Elqui rimane il famoso Pisco Sour, un liquore di cui anche il Perù vanta la paternità: chi avrà ragione? Noi votiamo Cile!
Gli spostamenti della carovana sui terreni più impervi sono possibili solo grazie agli infaticabili pick up. A Pisco Elqui la spedizione viene fermata dai carabinieri locali per un controllo di routine: quale occasione migliore per farsi raccontare qualcosa della valle? Uno dei tre agenti fornisce puntuali informazioni sulla sicurezza del luogo, dove sembra non esistere criminalità.
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Le ragazze fanno visita alla celebre “mano” che sbuca dalla sabbia del Deserto di Atacama, dove l’artista cileno Mario Irarràzabal ha deciso di realizzarla. L’opera è un’enorme scultura in ferro e cemento alta 11 metri e collocata a 1100 metri di altitudine. All’apparenza sembra un gigante rimasto sepolto lì sotto da secoli, in realtà è stata creata soltanto al 1992.
Un paesaggio quasi lunare visto dall’alto di San Pedro de Atacama in uno dei voli in elicottero effettuati dal team. San Pedro è il punto di partenza ideale per raggiungere alcuni tra gli scenari più affascinanti del nord del Cile, inclusi i noti Geysers del Tatio.
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L’imponente altopiano nei pressi di San Pedro de Atacama è definito da frequenti conformazioni rocciose. Sembra di essere in pianura circondati da montagne, invece ci si trova a 4000 metri d’altezza. L’altitudine può dare qualche fastidio, tuttavia tra i sinuosi saliscendi i pick up si rimettono in movimento e si arriva fino a 4500 metri!
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Tra le alture rocciose di San Pedro lo sguardo letteralmente si perde fino ad arrivare alle montagne che segnano il confine con l’Argentina: qui le irraggiungibili vette innevate toccano quasi i 6000 metri di altezza. Nel suo percorso la carovana avvista costantemente dune di sabbia puntellate di rocce dalle forme piÚ irregolari.
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Le nostre quattro ragazze presso i Geysers del Tatio: alle loro spalle si intravedono i vapori sollevarsi dal terreno. Infatti, questa è un’area geotermica molto interessante, con i geyser più elevati del mondo in termini di altitudine, poiché si trovano a circa 4300 metri. L’incontro in profondità di correnti di acqua fredda e magma incandescente crea vapori che risalgono attraverso le fenditure del terreno, dando origine a getti d’acqua e vapore che evocano uno scenario da girone dantesco.
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Il paese di Caspana: si tratta di un piccolo villaggio arroccato tra le Ande, dove abitano poche centinaia di persone. Le case in mattoni e terra sono molto semplici, ma la zona è attraversata da un corso d’acqua che permette di coltivare la terra. Qui vivono le tre “nonne solari” coinvolte in un interessante progetto energetico internazionale.
Il fascino antico del resort Alto Atacama, un luogo tranquillo e accogliente che ha offerto alle Donnavventura la possibilità di scattare suggestive fotografie. I colori dominanti sono il rosso della roccia e il color sabbia. C’è anche un ampio recinto con alcuni lama che osservano incuriositi il vai e vieni delle persone ospitate nel rifugio.
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Uno scorcio del Salar de Atacama, una depressione del terreno in cui confluiscono corsi d’acqua che, evaporando, lasciano depositi salini. Qui e là invece si aprono lagune turchesi, l’habitat ideale per i fenicotteri rosa.
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Chiara, Ana, Stefania e Ilaria presso il Salar de Atacama, immerse nello spettacolare panorama lunare di questo luogo.
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ForAUTO magazine di Demetrio Moreni
La leggenda a stelle
Con la settima generazione della Corvette, il marchio statunitense Chevrolet ha ridefinito le caratteristiche di base di un’auto storica: un equilibrio quasi perfetto tra tecnologia, design e prestazioni, che fa della nuova Stingray C7 la versione piÚ potente mai costruita della gamma, con i suoi 450 Cv e 610 Nm di coppia massima.
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e strisce Per festeggiare al meglio i suoi sessant’anni Corvette si regala la Stingray C7, una super sportiva dalla carrozzeria leggerissima e dall’inconfondibile fascino Chevrolet, in grado di raggiungere i 300km/h
Stingray C7 53 For Magazine
Era il 1953 quando Chevrolet cominciò a produrre la Corvette, la prima vettura di genere sportivo realizzata negli Stati Uniti, tanto da diventare in poco tempo l’automobile sportiva per eccellenza. Tutto ebbe inizio quando Harley Earl, uno dei designer di auto più noti d’America, convinse la General Motors, gruppo al quale apparteneva il marchio Chevrolet, a costruire un modello sportivo a due posti, scoperto e con carrozzeria in fibra di vetro. Nacque così la prima Corvette (il nome derivava da una piccola unità navale) identificata con la sigla C1, che sarebbe rimasta in produzione fino al 1962, e alla quale sarebbero seguite numerose creazioni firmate dall’azienda del Michigan. Proprio al recente Salone di Detroit, Chevrolet ha presentato la nuova Corvette Stingray C7. Il nome di questa settima generazione è un omaggio al modello speciale prodotto nel 1962, il numero 2 della serie, caratterizzato dal lunotto diviso a metà e dalle prese d’aria laterali. Le linee di questa berlinetta Gran Turismo appaiono sinuose e sportive, senza rinunciare però a quella aggressività esterna che rappresenta un’evoluzione dei modelli precedenti: l’aerodinamica è curata nei minimi dettagli al fine di rendere perfetto ogni elemento, con un occhio alle prestazioni e uno all’estetica, così da soddisfare sia gli amanti della velocità sia gli appassionati dell’eleganza. Il design è connotato dall’utilizzo di forme più spigolose e muscolose, quasi di rottura rispetto alle versioni C5 e C6. Ad esempio, il telaio è stato rinnovato del tutto per appagare le esigenze delle sportive di tipo europeo, con una
For magazine Sotto ai cerchioni da 18 e 19 pollici, avvolti in pneumatici Michelin Pilot Super Sport run on flat, si trova un impianto frenante Brembo. Per migliorare le prestazioni, è stato introdotto un nuovo sistema di scarico doppio gestito da una valvola a farfalla che si apre in base alle esigenze prestazionali.
Gli interni della C7sono stati ispirati a quelli dei velivoli da combattimento e offrono sedili in pelle Nappa con inserti in fibra di carbonio e alluminio. Per regolare lo stile di guida, sulla plancia dell’abitacolo è stato installato il Drive Mode Selector, un sistema di controllo che può adattarsi a cinque diverse posizioni dell’automobilista.
scelta precisa nell’impiego di materiali specifici: alluminio nel pianale e fibre di carbonio per alcune parti della carrozzeria, così da garantire un notevole equilibrio di pesi con un bilanciamento ottimale ripartito in 50/50 tra anteriore e posteriore. Proprio sul retro emerge, invece, il classico look a quattro fari tondi che è stato riprogettato con nuovi proiettori dalla forma particolare, caratterizzati da diversi step di illuminazione grazie alla presenza di gruppi ottici con fari a led integrati. Uno stile affascinante e inconfondibile, pensato per colpire i gusti degli automobilisti americani e non solo. Il cofano è molto lungo e pronunciato, finalizzato a incorniciare l’intero bodykit della macchina; si notano subito le nuove prese di areazione, il tetto rimovibile con design a “doppia bolla”, lo spoiler sul posteriore, i gruppi ottici ripresi dalla Camaro. Cambiamenti sostanziali sono stati apportati anche agli interni della nuo-
va Corvette, in virtù dell’uso di parecchi materiali di alta qualità, capaci di evidenziare con varie idee i punti principali dell’abitacolo: pelle, carbonio e alluminio possono essere trovati in molti segmenti, a partire dai sedili. Per adattarsi allo stile di guida del pilota, il sistema di controllo può essere settato su cinque posizioni tramite il dispositivo Drive Mode Selector posizionato sulla plancia dell’abitacolo. Eccellente anche la strumentazione di bordo, dotata di sistema di infotainment con schermo da ben otto pollici multifunzione, che fa il paio con uno display di pari dimensioni al centro della plancia, così da avvolgere totalmente chi guida. A tutta questa attenzione per il design, il lusso e il comfort non poteva che seguire naturalmente un propulsore in linea con il blasone della Corvette. Sotto il cofano la C7 monta un V8 LT1 da 6.2 litri con iniezione diretta, valvole a variazione continua e rapporto di compressione 11.5:1; è
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Grazie all’utilizzo di materiali speciali, la Stingray 2014 mantiene un peso molto contenuto, esaltando così le prestazioni: il cofano e il tetto rimovibile sono, infatti, in carbonio, il telaio speciale dei sedili è realizzato in magnesio, il telaio in alluminio, parafanghi e portiere, infine, sono costruiti con materiali compositi.
Per chi volesse guidare la nuova Chevrolet Corvette prima della sua uscita sul mercato lo può fare grazie alla Playstation 3: i videogiocatori della famosa serie esclusiva Gran Turismo 5 possono portare in pista un prototipo camuffato della vettura realizzato dalla Polyphony Digital, la software house creatrice della saga ludica.
munito inoltre dell’Active Fuel Management e di altre tecnologie, come il CVVT, che permettono di ottenere il massimo dell’efficienza, garantendo un consumo medio che dovrebbe aggirarsi attorno ai 9 litri ogni 100 chilometri. Il risultato di tutto il lavoro degli ingegneri americani è un motore potente in grado di ruggire a 450 Cv e di generare una coppia massima di 610 Nm. Grazie alla sua leggerezza, la Corvette vanta un’accelerazione ufficiale da 0 a 100 km/h in meno di 4 secondi e circa 300km/h di velocità massima. Per raffreddarlo è stato studiato in galleria del vento un nuovo assetto aerodinamico della carrozzeria, che permette lo sfruttamento ottimale e l’espulsione dell’aria. Per la gestione della potenza è stato impiegato un cambio manuale a 7 rapporti Tremec, abbinato ad un sistema Active Rev Matching (è previsto anche l’opzionale cambio automatico dotato di Launch Control a sei marce). L’auto è provvista, inoltre, di diffe-
renziale elettronico, doppia frizione automatica e sterzo elettromeccanico, che assicurano un notevole piacere alla guida. A rendere ancora più “divertente” la vita del pilota c’è la possibilità di richiedere come optional il Performance Package Z51, che include un differenziale a slittamento limitato, l’utilizzo di carter a secco dell’olio, un diverso pacchetto aerodinamico e un’ottimizzazione del raffreddamento di freni, differenziale e trasmissione. Al momento, il lancio previsto per la Chevrolet Corvette Stingray C7, che verrà prodotta negli stabilimenti di Bowling Green, in Kentucky, è stato fissato nella seconda metà del 2013. Il prezzo, invece, non è ancora stato annunciato, ma arriverà quando la vettura farà il suo debutto sul mercato.
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For magazine YACHTING di Sestilia Pellicano
Sul nuovo Atlantis Verve Outboard il comfort è assicurato da un top in vetroresina che copre interamente la zona guida e la cucina esterna.
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Alla conquista del mare Navigazione marina e crociere in acque interne, lungo rotte poco battute, sono possibili solo con modelli altamente performanti che soddisfano tutte le esigenze degli armatori. Al lusso e ai comfort pensa lo stile italiano
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For magazine
La pavimentazione esterna dell’Atlantis è in teak naturale, come il tavolo. All’interno, cabina, dinette e bagno sono impreziositi da elementi in noce, rovere e testa di moro.
ATLANTIS Tratti innovativi ma grinta e potenza tradizionali nella versione fuoribordo del 12 metri della linea Verve, presentato in anteprima al Miami Boat Show 2013
Lo scafo può essere dotato di multimedia center, il sistema audio/video controllabile da un display nel cruscotto e nel tavolo di poppa.
Design aggressivo, elevate prestazioni e forte personalità, per il nuovo arrivato della linea Verve, che ne interpreta al meglio la filosofia e lo spirito estroso. Progettata in collaborazione con Neodesign, l’Atlantis Verve Outboard è un’imbarcazione curata nei dettagli, innovativa e, allo stesso tempo, conserva tutte le caratteristiche che hanno decretato il successo del primo fuoribordo 12 metri della linea. Infatti, è stata mantenuta la fruizione degli spazi e l’abitabilità della serie precedente, aggiungendo la potenza di tre motori fuoribordo Mercury da 300 hp, che non incidono affatto sul layout interno, a tutto vantaggio del comfort. Prestazioni di rilievo, dunque, accompagnate alla facilità di utilizzo e di manutenzione. All’interno, vero punto di forza della barca è la privacy e il comfort della cabina: posta al centro dell’imbarcazione, con le due cabine armadio adiacenti, conserva dimensioni importanti, considerato che siamo su un day-cruiser. Sottocoperta, anche la dinette e il bagno restano invariati rispetto ai modelli precedenti. L’area esterna, a prua, offre comodo spazio per due persone senza intralcio per gli ampi camminamenti. Il prendisole esterno si trasforma – con poche mosse e senza spostare i cuscini – in un tavolo per sei persone, che viene ombreggiato dalla tenda azionata elettricamente. Nel pozzetto, una zona bar con frigorifero da 100 litri, grill e lavello. Tra le modifiche principali, la rimozione della copertura completa, sostituita con il nuovo parabrezza che enfatizza lo spirito corsaiolo dell’Atlantis e la spiccata vocazione al contatto col mare. La postazione di guida è stata mantenuta nella posizione centrale, soluzione già apprezzata nella precedente versione entrobordo, assicurando massima visibilità e sicurezza nella navigazione.
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Ad assicurare grande vivibilità interna provvede la cabina posta al centro del natante, di dimensioni considerevoli e dotata di due vani armadio adiacenti. Sottocoperta, anche la dinette e il bagno. All’esterno invece il prendisole può essere usato come tavolo per sei persone, con tanto di tenda azionata elettricamente.
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Azimut 84 è lungo 25,69 metri, largo 6,45 metri; omologato come imbarcazione da diporto, monta due potenti motori Caterpillar Cat 32 Acert 12 cilindri a V da 1723 mHp.
AZIMUT 84 Design, stile e contenuti per il massimo benessere: lo scafo è stato disegnato da Stefano Righini, gli interni sono dell’architetto Achille Salvagni
La velocità di crociera è di 24 nodi, la massima di 29. Tra le dotazioni, elettronica di ultima generazione per la navigazione e per l’entertainment.
Questa nuova, grande unità, presentata da Azimut Yachts all’ultimo Salone Nautico di Genova, interpreta il tema della barca da crociera ai limiti dei 26 metri, e lo fa con la maestria e la sobrietà insieme che caratterizzano, da sempre, il cantiere di Avigliana. L’esperienza e la storia dell’azienda hanno una valenza importante quando si è chiamati a soddisfare esigenze di comfort e di navigazione. Nell’Azimut 84, la carena e gli impianti riprendono lo schema già collaudato, e con grande successo, con l’Azimut 82, mentre le soluzioni abitative proposte dall’architetto Achille Salvagni si rifanno in parte a quanto già realizzato per gli interni dell’Azimut 88. Il ponte principale ha una considerevole zona living che dialoga con il pozzetto. L’area pranzo, divisa solo da un gioco di luci e finitura, senza alcun ostacolo, è definita da un tavolo circolare per otto persone. Ambiente ospiti e zona equipaggio restano completamente separati. La cucina a centro barca, a ridosso del posto di pilotaggio, è un luogo intermedio, che può essere chiuso e lasciato a uso esclusivo dell’equipaggio. Il sedile del comandante è in una seconda zona living, con tavolo e divani, gradevole soprattutto in navigazione. Lo schema degli interni è articolato in uno spazio dedicato all’armatore, a centro barca, con la cabina inondata di luce e il panorama fruibile dalle ampie finestre a scafo. Il bagno e la cabina armadio fanno da cuscinetto con la sala macchine, isolando rumore e calore. Un corridoio centrale distribuisce i percorsi verso la cabina vip di prua e le due cabine gemelle a letti doppi. Ogni cabina ha il suo bagno, il decor è giocato con l’uso di chiaroscuri e i legni scelti per esaltare le intensità sono il kotò per i toni chiari e l’eucalipto per quelli più scuri, legni laccati e tessuti per i cielini.
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Due le cabine del Magellano, una per l’armatore e una per gli ospiti, ognuna con bagno e box doccia separato. Un terzo locale può essere adibito a cabina.
MAGELLANO 43HT Rivisitazione italiana e moderna dei tradizionali trawler, il nuovo 13 metri di Azimut Yachts sfoggia grandi spazi esterni e un magnifico hard top
Lo yacht può imbarcare fino a 1.680 litri di carburante; consente lunghe percorrenze a 10 nodi, ma può accelerare raggiungendo una velocità di punta di 22 nodi.
Presentato in anteprima all’ultimo Salone di Genova, il Magellano 43HT è il primo senza fly ma dotato di hard top, configurazione particolarmente indicata per quegli armatori che oltre alla navigazione marina amano anche quella in acque interne. L’altezza ridotta consente di passare sotto i ponti dei principali fiumi e canali, inoltre, l’albero abbattibile permette il passaggio anche sotto gli ostacoli più bassi, fino all’altezza di 3,5 metri sul livello dell’acqua. Navigare per il piacere di farlo, anche lungo rotte poco battute, ammirando la natura, senza fretta. È questo lo spirito della collezione Magellano di Azimut Yachts, che viene mantenuta anche in questa versione premiante per chi ama navigare al sole e all’aria aperta grazie ai quattro cristalli, due dei quali apribili, che consentono un piacevole contatto con l’esterno. Dotato di ampia autonomia, può imbarcare fino a 1.680 litri di carburante; ciò rende possibile lunghe percorrenze a 10 nodi con comfort da dislocante, ma può accelerare raggiungendo una velocità di punta compresa tra 18 e 22 nodi, grazie ai due motori Cummins Qsb 5,9, che possono essere scelti da 305 o 355 mhp. Le muscolature filanti e gli esterni da navigatore, sono resi ancora più caratteristici dalla prua verticale, stilema della linea Magellano. Come per il 43Fly, anche per questa versione le diverse soluzioni stilistiche sono frutto della collaborazione tra il designer olandese Cor D. Rover con il team dello storico cantiere di Avigliana, interprete del miglior Made in Italy. Gli interni sono accoglienti, con armadiature di noce canaletto. Le ante sono decorate con inserti in tessuto chiaro, che conferiscono ariosità e carattere ad un’imbarcazione che offre la massima ottimizzazione dei volumi.
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ForCINEMA magazine di Silvestro Bellobono
STOKER Un intrigante triangolo emotivo che coinvolge madre, figlia e un enigmatico zio è alla base del nuovo thriller a tinte fosche di Chan-wook Park, il regista di Lady Vendetta. A dare volto alle contraddizioni della storia una magnetica Nicole Kidman
Nicole Kidman (45 anni) e Matthew Goode (34 anni). Le riprese della pellicola di Park, presentata in anteprima al Sundance Film Festival 2013, sono state realizzate quasi interamente in Tennessee, prima a Nashville e poi nei pressi di Murfreesboro.
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Nicole Kidman e Mia Wasikowska nel film sono madre e figlia (all’inizio per i due ruoli erano state valutate anche Jodie Foster e Carey Mulligan). L'attrice di Moulin Rouge! tornerà sul grande schermo nel 2014 con Grace of Monaco, diretto dal regista Olivier Dahan: la star australiana interpreterà Grace Kelly.
Non ce la ricordavamo così maligna e subdola dai tempi del fantasy (rivelatosi poi un mezzo flop) La bussola d’oro (2007) di Chris Weitz, tratto dall’omonimo romanzo di Philip Pullman; invece, negli abiti austeri e nelle espressioni arcigne di una mamma morbosamente apprensiva verso i suoi due bambini aveva sorpreso tutti con l’horror The others, diretto da Alejandro Amenábar nel 2001; lo stesso anno in cui con il musical Moulin Rouge! veniva consacrata da pubblico e critica “Attrice” con la “a” maiuscola, e non più etichettata semplicemente come “la Signora Cruise”, proprio nel periodo in cui si consumava la fine del suo decennale matrimonio con il divo di Top Gun. Per chi ancora non l’avesse capito stiamo parlando di Nicole Kidman, l’artista australiana (premio Oscar nel 2003 per la sua formidabile interpretazione di Virginia Woolf in The hours) che torna a calarsi nella psicologia di un personaggio ambiguo in
Stoker, il primo lungometraggio in lingua inglese del regista sudcoreano Chan-wook Park. Prodotta da Ridley e Tony Scott (quest’ultimo è venuto a mancare nell’agosto 2012), la pellicola punta forte sull’appeal ammaliatore della Kidman, impegnata qui ad offrire l’ennesima prova delle sue abilità mimetiche vestendo i panni scuri, ma non meno sensuali, di una vedova dall’emotività instabile e dal controverso rapporto con la figlia adolescente, interpretata dalla giovane Mia Wasikowska (già protagonista di Alice in Wonderland di Tim Burton). Ne viene fuori un interessante duetto-duello tra attrici, entrambe cresciute artisticamente nella “terra dei canguri”, in cui il divismo della star smaliziata e l’ambizione dell’astro nascente di Hollywood lasciano il posto a una recitazione volutamente sotto tono e di basso profilo, almeno in apparenza e nel divenire della storia narrata. L’introversa diciottenne India (Wasikowska), dopo la morte
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Mia Wasikowska (23 anni) dà volto all’ennesimo personaggio complesso e contorto della sua breve ma già ricca carriera, dopo Alice in Wonderland, Jane Eyre e Albert Nobbs. Le scenografie dallo stile visivo cupo e opprimente sono opera di Thérèse DePrez, già autrice delle ambientazioni de Il cigno nero di Darren Aronofsky.
in un incidente stradale del padre, Richard Stoker (Dermot Mulroney), si ritrova a condividere il dolore con la madre Evelyn (Kidman), donna fragile e inquieta che preferisce chiudersi nel silenzio, acuendo ancor di più la solitudine interiore della figlia, che in superficie reprime dentro di sé qualsiasi emozione, limitandosi ad osservare i piccoli dettagli dei comportamenti altrui. La loro impalpabile vita domestica viene scossa dalla visita inaspettata del misterioso zio Charlie (Mattew Goode), che improvvisamente si trasferisce a vivere nella loro abitazione. Sin da subito alla ragazza non sfuggono alcuni atteggiamenti discutibili dell’uomo, il fascino che esercita su Evelyn, il sospetto che abbia dei secondi fini, tuttavia non può fare a meno di sentirsi rischiosamente attratta da lui. E ciò va a complicare ulteriormente il legame già precario tra una madre
bisognosa di affetto maschile e una figlia in cerca di una figura paterna per colmare il suo vuoto. Ne scaturisce un pericoloso ménage à trois destinato ad esplodere violentemente, rivelando che in realtà nulla è come sembra. Chan-wook Park confeziona un thriller familiare in cui emerge prepotentemente il suo stile: psicologie deboli e tormentate, atmosfere angoscianti, fatti di sangue e pruriti sessuali adolescenziali. Il nome del visionario cineasta sudcoreano è già popolare in Occidente per la sua cosiddetta “trilogia della vendetta”, composta da Mr. Vendetta, Old Boy e Lady Vendetta. La scelta di affidare a lui la regia di Stoker si deve al produttore Michael Costigan, al quale tempo fa arrivò una sceneggiatura, inserita nella “black list” dei migliori script del cinema statunitense non prodotti, che lo colpì molto. Solo in un secondo momento, Costigan
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L’attore britannico Matthew Goode ha dovuto superare la concorrenza dei colleghi Michael Fassbender, James Franco e Colin Firth per ottenere la parte dello zio Charlie. Nella sua filmografia spiccano Match point di Woody Allen, Watchmen di Zack Snyder, A single man dello stilista-regista Tom Ford.
scoprì che l’autore del plot, celato dietro allo pseudonimo di Ted Foulke, era in realtà Wentworth Miller, attore noto per essere il protagonista della serie Tv Prison Break. Da qui all’idea di inviare la sceneggiatura a Chan-wook Park, totalmente estraneo a Hollywood ma da sempre uno dei registi preferiti dal produttore americano, il passo è stato breve. Il film vanta anche firme prestigiose nelle musiche che lo accompagnano, create da Clint Mansell e Philip Glass: il primo (già ideatore delle liriche per Requiem for a dream e Il cigno nero) ha scritto la colonna sonora principale, mentre il secondo ha composto i brani che la protagonista India suona al piano.
SCHEDA DEL FILM REGIA: Chan-wook Park SCENEGGIATURA: Wentworth Miller CAST: Nicole Kidman, Mia Wasikowska, Dermot Mulroney, Matthew Goode, Lucas Till, Jacki Weaver, Alden Ehrenreich, Ralph Brown, Judith Godrèche GENERE: Drammatico, Thriller DURATA: 98' DISTRIBUITO DA: 20th Century Fox
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CI VEDIAMO DOMANI Enrico Brignano torna al cinema con una commedia intimista e delicata sui grandi temi della vita e della morte, raccontata come una fiaba contemporanea capace di divertire ed emozionare il pubblico. Nel cast anche il “cognato di Rocky Balboa”
Enrico Brignano (46 anni), dopo aver studiato all’Accademia di Gigi Proietti, ha esordito al cinema nel 1991, mentre risale al 2000 la sua prima regia con Si fa presto a dire amore. Ha dichiarato che gli piacerebbe girare «un vero western alla Sergio Leone».
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Brignano con Burt Young (72 anni). L’attore italo-americano nel 1977 fu candidato all’Oscar da non protagonista per il ruolo di Paulie Pennino in Rocky. «Siamo molto soddisfatti per essere riusciti a costruire un progetto di grande potenzialità commerciale e con un budget contenuto», ha affermato il produttore Giuseppe Pedersoli.
«È un ruolo che aspettavo da un bel po’. Questo film è qualcosa di diverso, scritto con grande delicatezza, toni leggeri e garbati. Perché non sempre la commedia deve passare per tinte forti, tradimenti e sesso ma, come in questo caso, può toccare temi delicati come la morte: del resto nulla è più vero della commedia». Così si è espresso qualche tempo fa Enrico Brignano per presentare il suo nuovo film, Ci vediamo domani, nato da un soggetto di Paolo Rossi e Andrea Zaccariello, che è anche il regista, e capace di raccontare una storia moderna ambientata tuttavia nel profondo e tradizionalista Sud, in un paesino molto particolare della Puglia. L’attore romano ha sottolineato anche che ha creduto talmente in questo lavoro da rifiutare altri progetti più semplici e commerciali: in Ci vediamo domani «riscopriamo la vera ricchezza e sacralità dell’anziano e, soprattutto all’inizio, confesso che è stata molto dura: mi commuovevo spesso perché rivedevo negli occhi dei vecchietti quelli di mio padre, scomparso da pochi mesi». Nella pellicola Brignano interpreta Marcello Santilli, un quarantenne di Roma insoddisfatto, con un matrimonio fallito alle spalle, attratto dai soldi facili ma con le finanze perennemente in rosso, alla continua ricerca del colpo di fortuna per pagare i suoi debiti e riconquistare la stima di
Melania (Giulia Salerno), la figlia undicenne che non si fida più di lui. Un giorno Santilli legge sul giornale che tra le montagne della Puglia c’è un paese abitato da molte persone ultraottantenni. Fiuta immediatamente l’“affare del secolo”: così chiede un finanziamento a un amico direttore di banca e in breve tempo apre un’agenzia di pompe funebri nel luogo più vecchio d’Italia, dove con i funerali dei potenziali “clienti” guadagnare tanto e risolvere tutti i suoi problemi. Ma i mesi passano senza alcun decesso, nessuna malattia sembra colpire gli ottuagenari nonnetti, ai quali lo sprovveduto imprenditore inizia ad affezionarsi. La situazione precipita quando il direttore di banca (Ricky Tognazzi) si innamora della sua ex moglie (Francesca Inaudi) e si propone per fare da padre a sua figlia. Ora Santilli è davvero nei guai: solo l’aiuto dei suoi nuovi amici e un colpo di scena finale potranno cambiare le sorti della sua vita. «Vogliamo far ridere e allo stesso tempo commuovere – ha spiegato il regista Andrea Zaccariello –, ma soprattutto far riflettere sul fatto che i tempi sono cambiati e bisogna ripartire dal basso, dai veri valori: per questo abbiamo scelto Brignano, per la sua umanità e conoscenza reale della vita, non retorica».
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Gran parte del film è stato girato in Puglia, tra Cisternino, Brindisi, Torre Canne (che nella fiction è Panama) e Crispiano, nell’antica Masseria Lupoli, situata ad un’altitudine media sul livello del mare di 234 metri, vicino alla collina delle Murge, con la sua tipica macchia mediterranea che dona suggestiva bellezza al paesaggio.
Di qualità ed eterogenea la compagnia di attori che circonda Brignano: ai già citati Tognazzi e Inaudi si aggiungono Giorgia Wurth, Liliana Vallasciani e, niente meno che, Burt Young, volto popolarissimo presso il pubblico nostrano per l’indimenticabile ruolo di Paulie, l’amico e cognato di Rocky Balboa in tutti i sei capitoli della saga cinematografica sul pugile impersonato da Sylvester Stallone. Nel film, l’attore americano di origini baresi è Palagonia, un vecchietto dal passato misterioso che accoglie il protagonista come un figlio. Del resto Young non è nuovo ad apparizioni nel cinema italiano: nel 1984 era presente nel ricco cast del capolavoro di Sergio Leone C’era una volta in America, successivamente è apparso in Terra bruciata (1999) accanto a Raoul Bova e Bianca Guaccero, e nel più recente Carnera - The Walking Mountain (2008) diretto da Renzo Martinelli.
SCHEDA DEL FILM REGIA: Andrea Zaccariello SCENEGGIATURA: Andrea Zaccariello, Paolo Rossi CAST: Enrico Brignano, Burt Young, Ricky Tognazzi, Francesca Inaudi, Giorgia Wurth, Giulia Salerno, Liliana Vallasciani, Andrea Mianulli, Luca Avalgiano GENERE: Commedia DURATA: 103' DISTRIBUITO DA: Moviemax USCITA: 11 aprile 2013
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LE STREGHE DI SALEM
Arriva in Italia, in anteprima mondiale, l’atteso e inquietante film di Rob Zombie, artista visionario, musicista rock-metal e regista horror di culto che ci porta nel mondo della magia nera. Per gli amanti del brivido e dei suoni distorti
Sheri Moon Zombie (all’anagrafe Sheri Lyn Skurkis, 42 anni) ha recitato in tutti i film del marito Rob, incluso il falso trailer girato per Grindhouse di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, in cui interpretava una dottoressa delle SS.
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Una sequenza di un rituale di magia nera. Il film è stato girato negli stati della California (in particolare nelle città di Los Angeles e Santa Clarita) e del Massachusetts (nella città di Salem, nota per il famoso processo alle streghe del 1692, a seguito del quale vennero giustiziate 19 persone accusate di stregoneria).
Vampiri, licantropi, zombie, stregoni, fantasmi, attività paranormali e chi più ne ha più ne metta. Nel calderone di Hollywood, da qualche anno (e forse da sempre, anche se recentemente con maggior frequenza), ogni fenomeno “non umano” è buono per mettere paura al pubblico, soprattutto quello composto da teenager, e per convincerlo ad uscire di casa e recarsi in sala. Poi, è altrettanto vero che, al di là delle esigenze di natura meramente commerciale, esistono tanti autori che fanno film horror perché sono realmente attratti da questo genere, insomma, perché hanno “piacere” a spaventare gli altri. Tra questi novelli Alfred Hitchcock c’è di sicuro Rob Zombie (nomen omen, ma all’anagrafe è Robert Cummings), musicista e compositore, già leader di una band alternative metal, con una carriera da solista hard rock che prosegue ancora e, tuttavia, smanioso di cimentarsi con altre forme d’arte: tra cui il cinema. Nel 2003 esordisce dietro la macchina da presa con La casa dei 1000 corpi, seguito a breve distanza da La casa del diavolo e dal reboot con sequel di Halloween: quattro film per essere eletto dai fan nuovo guru del cinema orrorifico, meglio se indipendente, a basso
budget e lontano dai cliché hollywoodiani. «I miei film non sono film. Sono dei trip – ha dichiarato l’eccentrico artista –, nulla è mai prestabilito quando scrivo la sceneggiatura. Le cose cambiano di giorno in giorno e così è nato Le streghe di Salem. Volevo che il pubblico intraprendesse un viaggio, e guardasse quest’opera come se fosse un ritratto, una serie di immagini e di suggestioni». Le streghe di Salem è la sua nuova pellicola che uscirà nelle sale il prossimo 18 aprile, in prima mondiale proprio in Italia (il giorno seguente arriverà in Usa e poi nel resto del mondo), distribuito da Notorious Pictures e prodotto dalla Haunted Films, già artefice del successo planetario di Paranormal Activity. Nel suo solito stile che centrifuga horror, esoterismo e tanto rock, Zombie pesca a piene mani da Stanley Kubrick, Ken Russell e John Carpenter, ma anche dai maestri italiani del brivido come Dario Argento, Mario Bava e Lucio Fulci. E a tal proposito il regista ha ricordato come: «Il pubblico europeo, a differenza del nostro, ha una pazienza che si concilia con il mio gusto dell’orrido. I film europei sono più lenti, introspettivi, indagatori. In America lo
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Il lungometraggio di Rob Zombie, che abbonda di scene macabre e inquietanti, ha partecipato a diversi festival cinematografici, tra i quali quelli di Toronto, di Torino e della Catalogna dedicato al cinema fantastico. Il regista negli anni ’90, con il brano Thunder Kiss ’65, portò per la prima volta in classifica la sua band White Zombie.
spettatore medio salta per aria con tutti i popcorn se trascorsi cinque minuti dall’inizio non è ancora morto nessuno. Perde le staffe». Molti gli elementi personali presenti nel lungometraggio, a partire dall’ambientazione nel mondo della musica e dalla protagonista femminile, Sheri Moon Zombie, moglie e musa del regista, che interpreta la rocker Heidi. La ragazza, che lavora come dj per un’emittente radio locale, nella cittadina di Salem (famosa nella letteratura per il processo alle streghe del 1692), riceve in regalo una scatola di legno con dentro un vecchio disco in vinile, fattole recapitare dai misteriosi “Lord”; Heidi pensa che si tratti di una nuova rock band in cerca di pubblicità, così ascolta il disco che inizia ad emettere suoni distorti, al contrario, in pieno stile demoniaco, facendole rivivere il flashback di un trauma del passato. Ma quando in seguito i ragazzi della sua band Whitey (Jeffrey Daniel Phillips) e Herman (Ken Foree) riascoltano il brano lo sentono normalmente, anzi, dopo aver rinominato lo sconosciuto gruppo musicale “Lords of Salem” (titolo originale del film), lanciano la hit in radio trasformandola in un successo presso gli ascoltatori. A tal
punto che i “Lord” organizzano uno show-evento a Salem. Tuttavia, la situazione che si genera sarà ben diversa da un semplice concerto rock, e intanto Heidi comincerà ad essere condizionata da quella canzone, perdendo gradualmente il contatto con la realtà e lasciando presagire il ritorno a Salem delle streghe. SCHEDA DEL FILM REGIA: Rob Zombie SCENEGGIATURA: Rob Zombie CAST: Sheri Moon Zombie, Meg Foster, Bruce Davison, Maria Conchita Alonso, Jeffrey Daniel Phillips, Ken Foree, Dee Wallace, Patricia Quinn GENERE: Horror, Thriller DURATA: 101' DISTRIBUITO DA: Notorious Pictures USCITA: 18 aprile 2013
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I CROODS Avventura e divertimento nel nuovo film della DreamWorks Animation ambientato ai tempi della preistoria, tra padri cavernicoli e figli teenager in cerca di emancipazione. Voci originali di Nicolas Cage, Ryan Reynolds ed Emma Stone
Hip Croods, la ribelle della famiglia. Per calare i protagonisti in un paesaggio esotico ma credibile, i produttori si sono recati al Parco Nazionale di Zion, nello Utah, dove hanno trovato l’ispirazione giusta per la creazione degli ambienti del film.
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La famiglia Croods al completo: nonna Gran, Hip, papà Grug, Tonco, la piccola Sandy e mamma Ugga. Nicolas Cage, che doppia lo scontroso patriarca, ha dichiarato di aver provato empatia per il suo alter ego: «Un padre non può non pensare alla prima cotta dei propri figli, oppure non cercare di stare al passo con la loro nuova mentalità».
Quando si parla di famiglia alcuni valori e certe dinamiche interne sono immortali, dai tempi della pietra ad oggi. Come ci spiega I Croods, il primo film animato della DreamWorks Animation che vede protagonisti degli umani, sebbene vissuti milioni di anni fa. Il patriarca Grug (Nicolas Cage) ha come unico scopo di vita la protezione di sua moglie Ugga (Catherine Keener) e dei loro tre figli: Tonco (Clark Duke), contento del suo monotono status quo, Hip (Emma Stone), adolescente irrequieta e ribelle smaniosa di vivere, e la piccola Sandy. Completa il nucleo familiare l’esuberante suocera Gran (Cloris Leachman) in perenne polemica con Grug, il quale, da padre iperprotettivo, ha sempre tenuto i suoi cari all’interno dei confini della caverna, tra la sicurezza e la noia, ripetendo come un mantra i suoi motti di vita: “la paura fa bene e il cambiamento no”, “il divertimento fa male” e “non bisogna mai non aver paura”. Ma le sue convinzioni
si scontrano duramente con l’intraprendenza di Hip, che a tutti i costi desidera trascinare la famiglia fuori dalla caverna, verso la luce del sole. Cosa che si verifica quando, a causa di un terremoto, i Croods sono costretti a spostarsi verso luoghi ignoti in un viaggio avventuroso che li porterà a scoprire “il mondo di domani”, ossia il progresso: il fuoco, le scarpe, le automobili (su quattro zampe) e gli animali domestici. Inoltre, lungo la strada incontreranno Guy (Ryan Reynolds), ragazzo solitario ed “evoluto” di cui Hip si innamorerà perdutamente causando l’ennesima preoccupazione al padre. «Il film è ricco di momenti di comicità – ha spiegato il registasceneggiatore Chris Sanders –. Ma ci siamo resi conto che nel momento in cui decidiamo di eliminare ciò che riempie la nostra vita moderna, e cioè il lavoro, le automobili, le nostre occupazioni, l’unica cosa che resta
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In alto Guy (a cui dà voce Ryan Reynolds) e Hip. Ad esaltare le scene d’azione del film provvede la musica del noto compositore Alan Silvestri, eseguita dalla celebre Marching Band della University of Southern California: il suo sound inconfondibile ha influenzato lo stile aggressivo e vorticoso di alcune sequenze.
sono la famiglia e gli amici». «Tutti possono trovare un punto di contatto con il film e immedesimarsi con uno o più personaggi – ha aggiunto l’altro scrittore-regista Kirk DeMicco –. Tutti possono dire: “Queste persone mi sono familiari anche se non le conosco”, perché in fondo le famiglie sono tutte uguali». Infatti, l’elemento che accomuna i Croods a tante famiglie è il contrasto tra i valori tradizionali e il bisogno di rinnovarsi. In qualsiasi epoca il cambiamento è sempre difficile, ma andrebbe accettato come segno di evoluzione. Grug è il simbolo di questa paura, invece Hip rappresenta la voglia di crescere e andare avanti. Un peso notevole nel far emergere con chiarezza questi aspetti, in una
pellicola che comunque vuole intrattenere e divertire, lo hanno avuto gli attori che prestano le loro voci celebri ai personaggi animati. «Ognuno di loro ha dato il suo contributo al personaggio che ha doppiato – hanno sottolineato gli autori lodando le performance del cast –. Ad esempio, Nicolas Cage ci ha sorpreso con le sue sperimentazioni, spesso ci siamo resi conto che le sue idee funzionavano meglio delle nostre. Ryan Reynolds ha una mente velocissima che ha generato alcuni grandi momenti di improvvisazione», mentre l’espressività di Emma Stone e i suoi lati un po’ esagerati e non previsti sono stati inseriti con piacere nel film. Disegnatori e animatori della pellicola si sono sbizzarriti anche
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«Hip assomiglia alle adolescenti moderne, soprattutto nel suo atteggiamento di perenne intolleranza nei confronti della sua famiglia» – ha raccontato Emma Stone, attrice ventiquattrenne non nuova a lavori di doppiaggio (Sansone, 2010) – .Vorrebbe volare via ed esplorare il mondo, ma è difficile contrastare il padre e le sue rigide regole».
a creare l’universo dei Croods, che comprende una vasta gamma di buffe creature, dall’orso gufo al papparnivoro, dalle scimpandestre al cucciodrillo, fino al più comune bradipo Laccio, doppiato dallo stesso Chris Sanders.
SCHEDA DEL FILM REGIA: Chris Sanders, Kirk DeMicco SCENEGGIATURA: Chris Sanders, Kirk DeMicco CAST: Nicolas Cage, Ryan Reynolds, Catherine Keener, Emma Stone, Clark Duke, Cloris Leachman, Randy Thomas GENERE: Animazione DURATA: 90' DISTRIBUITO DA: 20th Century Fox USCITA: 21 marzo 2013
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For magazine CONSIGLI & SCONSIGLI di Dina D'Isa
Il Film da non perdere
LA FRODE
Susan Sarandon (66 anni) e Richard Gere (64 anni): i due attori avevano già interpretato una coppia sposata nel film Shall We Dance? (2004) di Peter Chelsom.
A 64 anni Richard Gere continua ad affascinare per bravura ed eleganza zen. Stavolta è protagonista di La frode diretto dall’emergente Nicholas Jarecki. Il film segue i passi e le azioni del magnate Robert Miller alla vigilia del suo sessantesimo compleanno. L’uomo mostra al mondo una facciata impeccabile contraddistinta dal successo negli affari e dalla solidità familiare. Ma sono solo apparenze: dietro ai successi di questo indiscusso businness man, si nasconde il rischio di un crack finanziario, la necessità di organizzare una frode a molti zeri e la presenza di un’amante artista dall’accento francese. A complicare il quadro, oltre all’inopportuna attenzione del poliziotto puro e duro di turno (Tim Roth), una famiglia di donne ignare: la moglie (Susan
Sarandon), l’amante (Laetitia Casta) e la figlia (Brit Marling). Per Gere, da sempre buddhista convinto, non è stato difficile interpretare una tale canaglia, anche perché per lui «recitare non è altro che un gioco e lo si può fare con qualsiasi cosa abbia un significato. E poi, se fossi stato al posto di Robert, il mio personaggio, forse avrei potuto fare gli stessi errori». Il film prende in considerazione un’alta borghesia impunita, ovvero una lobby intoccabile per cui l’unico vero nemico sembra essere la famiglia stessa. Insomma, La frode è un bel thriller, quasi un noir che svela le ombre del capitalismo con un cast superbo, un’ottima sceneggiatura e una regia convincente: una pellicola di genere che resta impressa.
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For magazine Il Film da evitare
BEAUTIFUL CREATURES - LA SEDICESIMA LUNA
Alden Ehrenreich (23 anni) e Alice Englert (18 anni). La pellicola è stata presentata nella sezione “Alice nella città” durante l’edizione 2012 del Festival del Film di Roma.
Cosa fa una giovane maga in un piccolo paese conservatore e bigotto d’America? Crea sorpresa, poi scompiglio, morale e meteorologico, soprattutto nel cuore di un ragazzo che è disposto a tutto per lei. Lei vive con lo zio e la nonna, lui ha subito un lutto che lo porta a isolarsi nella lettura. E saranno proprio i libri, di ogni genere, a unirli e, forse, dividerli. Il loro sentimento passerà per prove durissime, provocate dalla natura paranormale di lei, ma anche dall’incantesimo che lui, da essere umano, le ha fatto attraverso l’amore. Una trama davvero troppo esile per poter incantare anche il più sempliciotto dei teenager di oggi: un’adolescenza abituata a video di ogni genere e sofisticata dal punto di vista dell’immagine non può certo accontentarsi dell’ennesima
favoletta servita su un piatto di rospi: già, perché il principe non si trasforma mai e resta sempre gracidante. Insensibile persino alle due ore di scontri edipici, sbaciucchiamenti para-erotici e insulsi dialoghi. E se questo film, diretto da Richard LaGravanese, con Alden Ehrenreich, Alice Englert, Jeremy Irons (ma che ci sta a fare in questa sceneggiatura?), Viola Davis e Emmy Rossum, non convince gli adolescenti inquieti, figuriamoci i più navigati spettatori adulti.
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For magazine INTERVISTA di Silvestro Bellobono
Gabriele Pignotta esordisce in Tv come autore scrivendo programmi per la Rai con lo staff di Sergio Japino e Raffaella Carrà. Seguono altre esperienza in Rai e su Sky prima dell’approdo a teatro nel 2004, dove scrive, dirige e interpreta quattro commedie di grande successo. Nel 2008 fonda la sua compagnia teatrale.
La voglia di emergere
Dieci domande a Gabriele Pignotta, giovane attore e regista a tutto tondo, che sta per portare al cinema la sua pièce teatrale Ti sposo ma non troppo. Orgoglioso, sicuro di sé e convinto che sacrifici e impegno possano spalancare le porte del successo. Perché la sola cosa che conta è emozionare il pubblico, come accadeva a lui da bambino 78 For Magazine
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La sua passione per il cinema nasce quando era ancora bambino: quali sono stati i film visti in sala che ricorda ancora oggi e perché? «Andando a caso indietro con la memoria citerei sia i prodotti commerciali come Kramer contro Kramer, E.T., Mary Poppins, Sul lago dorato, Harry ti presento Sally, Il padrino, Il cacciatore, Grease, Balla coi lupi, sia i film d’autore come Il cielo sopra Berlino, Tre colori - Film Blu, Bianco, Rosso, Gente comune. Il motivo è che mi hanno emozionato, la cosa più importante che deve fare un film!». Tra le pellicole a cui ha preso parte spiccano le commedie con registi come Carlo Vanzina, Neri Parenti e Fausto Brizzi: lei crede che sia questa la strada giusta per rilanciare l’industria cinematografica italiana anche sul mercato europeo? «Non direi. Queste pellicole hanno semmai il compito di intrattenere gli italiani senza pretese, non certo – per loro stessa ammissione – di esportare il nuovo del cinema italiano all’estero, compito che semmai affiderei a registi quali Tornatore, Muccino, Salvatores, Bellocchio, Garrone, Sorrentino e spero tanti giovani che emergeranno, tra cui il sottoscritto». Rivedersi sul grande schermo che effetto le fa? «Una grande soddisfazione, ma anche uno stimolo a vedere cosa c’è da migliorare». C’è una persona nel mondo dello spettacolo a cui sente di poter dire “grazie”? «Lo dico con orgoglio: me stesso». Nei suoi lavori teatrali lei scrive, dirige e recita sul palco: quanto è difficile conciliare questi tre aspetti? «A me viene naturale, sono tre caratteristiche della stessa identità artistica, la mia, che si manifesta a 360 gradi». È fiero della sua compagnia teatrale? «Immensamente! È un gruppo messo su e formato con tanti sacrifici, ma anche con tante soddisfazioni ed emozioni». La sua pièce Ti sposo ma non troppo diventerà un film: come è nata l’idea? «Si tratta semplicemente di una cosa che desideravo e ho lavorato sodo affinché si realizzasse. L’incontro con il produttore Marco Belardi ha fatto diventare questo desiderio realtà». Ha mai pensato di non farcela a sfondare nell’arte e quindi a ripiegare su una professione più comune? «No, mai! Ho sempre creduto in me stesso e non ho mai mollato». Un giorno le piacerebbe che di Gabriele Pignotta si dicesse che…? «È un grande artista che ce l’ha fatta da solo, con tanto impegno, fatica, umiltà e amore incondizionato per questo mestiere e per il pubblico». A livello privato c’è un obiettivo personale che vuole centrare al più presto? «Continuare a svegliarmi felice ogni mattina e gioire per questo fantastico dono che è la vita!».
Al cinema è apparso in La vita è una cosa meravigliosa, Immaturi - Il viaggio, Colpo di fulmine, Pazze di me. Ha partecipato anche alle fiction Tv Rex e Un medico in famiglia, oltre che ai cortometraggi In fondo a destra di Valerio Groppa e Il primo giorno di primavera diretto da lui stesso.
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For magazine MITI di Nolberto Bovosselli
Una scena de Il conte Max, Alberto Sordi in via V. Veneto, 1957, Archivio Enrico Appetito. Si tratta di uno dei primi ruoli importanti di una carriera iniziata nel 1937 come comparsa a Cinecittà, quando esordisce nel kolossal Scipione l’Africano nei panni di un soldato romano. L’ultimo film è Incontri proibiti (1998) con Valeria Marini.
Albertone per sempre A dieci anni dalla scomparsa di uno dei suoi figli più illustri Roma rende onore a Sordi, ricordando l’uomo prima ancora che il grande artista. Al Complesso del Vittoriano una mostra speciale celebra l’amore infinito tra l’attore e la Capitale. Ma sono numerose le iniziative e gli eventi che lo omaggiano 80 For Magazine
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Una sequenza di L’arte di arrangiarsi, Alberto Sordi in via della Conciliazione, 1955, Archivio Enrico Appetito. Fino al 1951 Sordi ha lavorato come doppiatore in seguito alla vittoria di un concorso della Metro Goldwyn Mayer per doppiare Oliver Hardy (con lo pseudonimo Albert Odisor). Ha dato la voce anche a Anthony Quinn e Robert Mitchum.
Il 25 febbraio 2003 si spegneva a 82 anni uno dei monumenti umani della romanità e, in generale, del cinema, uno dei mostri sacri della commedia all’italiana (e non solo), un eroe moderno della Città Eterna: Alberto Sordi è stato un autentico ambasciatore nel mondo di quello stile popolare, spavaldo, ironico, viscerale e profondamente sincero che da sempre contraddistingue i “romani de Roma”. Del resto Albertone era nato a Trastevere, rione augusteo nel cuore dell’Urbe, in quell’intreccio di vicoli, piccole piazze e viali di sampietrini che ancora oggi trasudano storia e gloria dei tempi andati. Proprio quella gloria che, in occasione del decennale dalla morte, la Capitale ha voluto tributare al suo insigne figlio, in un simbolico abbraccio affettuoso e imperituro che ha coinvolto istituzioni, ambienti della cultura e semplici cittadini. Una viale a lui
intitolato nel centro di Villa Borghese, tra largo Marcello Mastroianni e largo Anna Magnani, a pochi metri dalla Casa del Cinema; la sua voce rievocata dagli altoparlanti della metropolitana negli scorsi giorni del 23, 24 e 25 febbraio; alcune sequenze dei suoi più celebri film proiettate la sera del 24 febbraio sulle pareti esterne del Colosseo, accompagnate da racconti e interviste; il documentario Alberto il grande realizzato dai fratelli Luca e Carlo Verdone per ricordarlo come se fosse ancora tra noi; un elenco lunghissimo di proiezioni, concerti, mostre, rassegne dei suoi film, una messa in suffragio nella chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo e una solenne festa alla galleria ex Colonna, oggi Galleria Sordi. Questa è solo una parte delle numerose iniziative di celebrazione promosse da Roma Capitale e dalla Fondazione Alberto Sordi che hanno
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Re indiscusso della commedia all’italiana Sordi ha incarnato una moltitudine di personaggi, etichettati spesso come “negativi” e rappresentanti “l’italiano medio”, prepotenti con i deboli e servili coi potenti, rispondenti a una realtà evidente di disagio, ma alla fine sempre riscattati dal loro buon cuore e dalla loro capacità di sognare ad occhi aperti. In mostra alcune immagini tratte da In viaggio con papà (1982), L’avaro (1990), Il medico della mutua (1968), Il marchese del Grillo (1981).
commemorato lo straordinario attore. Un grande vanto, sinonimo di un rispetto dovuto e leale, un onore esclusivo che lui, citando una delle sue battute più rappresentative tratte da Il marchese del Grillo, avrebbe sicuramente commentato così: «Ah... me dispiace, ma io so' io... e voi non siete un…!». Tra questi eventi si inserisce anche la prestigiosa esposizione Alberto Sordi e la sua Roma, allestita nelle sale del Complesso del Vittoriano, tuttora in corso e aperta fino al 31 marzo. Si tratta di un doveroso omaggio all’amato divo (o, forse, anti-divo) che intende sottolineare il solido vincolo emotivo del Sordi uomo con la città che gli ha dato i natali, e che lui ha portato in scena più volte, o l’ha tenuta sullo sfondo come una magnifica cartolina, quando si calava nei panni delle mille maschere cinematografiche, dal nobile decaduto all’anziano vetturino, passando per il maestro zelante, il vedovo megalomane, lo scapolo impenitente, il moralista inflessibile, il medico della mutua, l’avvocato folle, il padre viveur, il “tassinaro” saggio, il disertore di guerra e il piccolo borghese. La rassegna presenta filmati, materiali audio e video, sceneggiature, manifesti di film, tante fotografie e immagini inedite, installazioni, lettere autografe, ma anche oggetti e documenti personali provenienti dalla casa, dallo studio e dagli archivi privati dell’artista, fra i quali il pianoforte, i premi, la bicicletta, la poltrona da barbiere che custodiva nella sua abitazione, i costumi di scena: il mantello de Il marchese del Grillo, la paletta de Il vigile, il berretto di Un americano a Roma e il cappello de Il malato immaginario. Il percorso
espositivo, sviluppato su due piani del Vittoriano, si snoda attraverso due sezioni. Nella prima sono riproposti sugli schermi circa sessanta film d’ambientazione capitolina con le battute più note che riecheggiano nell’aria. Perché, come ha ricordato Gloria Satta, che assieme a Vincenzo Mollica e Alessandro Nicosia ha curato la mostra, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione per il Cinema, la Rai, e con il patrocinio della Fondazione Alberto Sordi e la realizzazione di Comunicare Organizzando, «Roma è stata l’unica, vera grande storia d’amore di Alberto». Nella seconda porzione, invece, lo sguardo si concentra più sulla dimensione domestica di Sordi: i mobili della casa di via Druso, gli attrezzi da ginnastica, i numerosi regali dei fan, la sedia da regista, la macchina da scrivere, la scrivania del suo studio e altri interessanti cimeli messi a disposizione dalla sorella Aurelia. «L’esposizione – ha spiegato Alessandro Nicosia – intende offrire una lettura che, partendo dalla sua romanità, possa ricordarci la sua grande umanità, la straordinaria capacità d’interprete e d’autore». Nella mostra viene anche ricordato il giorno dell’ottantesimo compleanno di Sordi, il 15 giugno 2000, quando l’allora primo cittadino del Campidoglio Francesco Rutelli gli consegnò la fascia tricolore per 24 ore: Alberto sindaco di Roma fu applaudito da una folla oceanica. La stessa che oggi lo festeggia con commozione, riportando alla mente la sua fragorosa risata che, come ha puntualizzato Vincenzo Mollica, «era musica e sembrava aprisse le porte del paradiso».
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Sordi in Amore mio aiutami, qui alla stazione Termini, 1969, Archivio Enrico Appetito. Nel film è sposato con Monica Vitti. Sulla lunga vita da scapolo è celebre la sua battuta: «Perché mettersi una estranea dentro casa?». Molto meglio mangiare la pasta al sugo con le polpette che gli preparava tutte le domeniche la sorella Aurelia.
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In alto l’immagine di un aereo che sorvola piazza San Giovanni nel momento dei funerali con la scritta in dialetto romano “Stavorta c’hai fatto piagne”, 27 febbraio 2003. In basso l’esterno della casa di Alberto Sordi il giorno della sua morte con gli omaggi dei fan, 25 febbraio 2003, Archivio Fotografico Ufficio stampa - Roma Capitale.
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Gli italiani sono… Sordi
Pensieri, frasi famose, polemiche, ricordi di un grande personaggio senza peli sulla lingua
«In quel periodo accadde il fatto di via Rasella. Certo l’atmosfera era pesante però eravamo diventati tutti terribilmente fatalisti. Credo di avere fatto allora gli spettacoli più belli che in Italia si siano fatti, quelli della Za Bum di Mattoli. Ebbi un successo enorme, però si trattava di un successo solo romano, dato che ero divenuto popolare tra i frequentatori del teatro che, prima del coprifuoco, venivano a farsi quattro risate. A quell’epoca gli spettacoli cominciavano alle due e mezzo e finivano alle cinque affinché la gente avesse il tempo di rincasare. Il mio pezzo forte era l’imitazione di Nazzari. Ricordo che con Benti, Rosi, Mazzarella, Salce, Panelli, andavamo a fare i “coprifuochi” dopo lo spettacolo. Ossia, molte famiglie di nobili romani, o di industrialotti tipo Alberti organizzavano dei coprifuochi, invitavano degli amici e naturalmente i giovani attori di teatro che nelle ore in cui tutti dovevano rimanere rintappati in casa potevano divertirli con battute e macchiette. In queste case si passava tutta la nottata, con delle belle soddisfazioni in campo femminile, ammucchiate, bevute, cose turche. Insomma, Roma, anche in quel periodo, in certi ambienti bagordava bene, con gran magnate e serate allegre». «Ho conosciuto la Loren proprio ai suoi inizi. Quando feci È arrivato l’accordatore lei era comparsa. Nel film c’era una scena che partiva da una piscina e si spostava su un grande party. Così una mattina arrivando sul set trovai una ragazzona con tutti i capelloni ricci che stava piangendo. Le chiesi cosa avesse e mi rispose che l’avevano scartata perché, dato che la macchina da presa iniziando dal piede saliva su per la gamba, qualcuno aveva detto che lei il piede non lo sapeva mettere ed era stata cacciata. Vicino aveva la madre che era parecchio risentita, pareva un’aquila furente. La ritrovai dopo qualche tempo alla Ponti-De Laurentiis quando, molto povera, aveva questa grande aspirazione: insomma Carlo Ponti, avvocato, milanese e con accento milanese, inoltre produttore cinematografico, aveva colpito la sua fantasia e per lei era il massimo dei sogni. Non si sa cosa avrebbe fatto per ingraziarselo. In quel periodo la vidi fare anticamere interminabili. Lui non si era neanche accorto di lei, sì insomma non gli dispiaceva, se ne compiaceva, ma aveva una pletora di altre ragazze. Comunque la fece debuttare in un mio film diretto da Mattoli, Due notti con Cleopatra, in cui lei fece Cleopatra ed era bellissima, stupenda. Tanto è vero che quando andai a vedere la proiezione gli dissi: “Ma guarda questo splendore, altro che film comici, questa dovrebbe fare Cleopatra vera! E poi tutti dicono che somiglia alla Mangano come prepotenza di bellezza!”. Al che lui alzò le orecchie ed esclamò: “Davvero? Proprio alla Mangano?”».
«Delle mie macchiette radiofoniche una cui sono molto affezionato è quella di “Mario Pio”, che facevamo io, un tecnico e qualche disco, pochissimi mezzi e un bel risultato. Avevo convinto Pugliese a farmelo fare, che prima era un po’ titubante. Mario Pio era il tipico giovane delle organizzazioni cattoliche, e faceva il consigliere per radio, attraverso il telefono. Un po’ sadico, presuntuoso, arrivista. Mi divertivo molto a farlo, era un po’ la satira di certe trasmissioni che hanno fatto più tardi, era una satira abbastanza forte». «Togliatti mi incontrò dopo Una vita difficile. Dopo la prima ero andato a mangiare in un ristorante di Roma. A un certo punto mi venne incontro Togliatti, aprendomi le braccia. Io mi guardai intorno, anzi credevo che salutasse qualcun altro. Invece voleva abbracciare me. Allora gli dissi: “Ma guardi che io non milito nel suo partito”. “Questa cosa la sappiamo perfettamente, ma vorrei abbracciarla perché”, rispose, “lei ha fatto un film straordinario. Vorremmo avere dei personaggi così, come lei”. Un uomo di grande fascino, di grande simpatia». «Io sono stato il vero comico del boom, lo hanno detto tanti, però il pubblico il film che si chiamava proprio Il boom non l’ha mandato giù. Perché in quel film io ero in anticipo: andavo a vendere un occhio per riuscire a campare, e insomma dicevo al pubblico: “State attenti, che col boom farete questa fine anche voi”. Il pubblico non l’accettava, gli faceva paura, non ci trovava da ridere. Per questo, per aiutare il pubblico, bisogna sempre farlo un po’ ridere, il dramma non aiuta nessuno, alla gente mette paura. Lì forse, in questa cosa che Zavattini aveva tratto da una sua commedia, c’era troppa lungimiranza, ma insomma noi gli italiani li abbiamo messi in guardia, sono loro che non ci hanno voluto ascoltare». «Le persone che dicono che io sono avaro, penso siano le stesse che non mi vedono in certi ambienti che mi annoiano e allora insinuano: “Non viene per non spendere”. Ero molto tirchio da giovane quando non avevo una lira. Io i miei soldi li ho guadagnati con molta larghezza, vivo in una casa dove ho speso una fortuna; ho fatto altre case al mare, arredandole bene, avevo l’hobby dell’arredamento, non abitandole spesso e nemmeno speculando. Del resto l’avarizia e il fatto che sia ancora scapolo sono gli argomenti per cui si parla più spesso di me. Mancanza di fantasia. È questo lavoro che allontana il matrimonio. Il successo si governa soltanto da soli, non ci si può rimettere ad altri, non ci possono essere interferenze, distrazioni. O ci si sposa prima che arrivi il successo o non si può interrompere questa corsa per farsi una famiglia alla quale poi bisogna dedicarsi».
For magazine FOTOGRAFIA di Demetrio Moreni Vittorio De Sica sul London Bridge in una foto di fine anni ’50: abito elegante e sguardo fiero, come quello di un’Italia in pieno boom economico.
Ricordando Vittorio D.
Tutti De Sica, esposta al Museo dell’Ara Pacis, è la prima grande mostra che la Capitale dedica a un protagonista indiscusso della nostra storia: un percorso multimediale composto da tante immagini che, meglio di cento discorsi, raccontano la nobile figura di uno dei padri del Neorealismo e della commedia all’italiana «Anticonformista come pochi e acuto nell’interpretazione di un tempo non facile. Quello del dopoguerra, quello della ricostruzione e del Neorealismo. Sempre con uno sguardo rivolto alla persona. Capace di trasformarsi in personaggi completamente diversi fra loro, e di dar voce alle sfumature più profonde dell’animo umano: dal riso al gioco, dal dramma all’ironia». Così il Sovrintendente Capitolino Umberto Broccoli ricorda uno dei cineasti più
influenti del cinema italiano, nonché una delle figure più alte della nostra storia recente: Vittorio De Sica. Attore, regista, sceneggiatore, apprezzato moltissimo anche Oltreoceano (come testimoniano i quattro premi Oscar vinti), poeta, cantante, al contempo tra i padri del Neorealismo e interprete sublime della commedia all’italiana, De Sica era un artista eclettico e raffinato, oltre che un uomo elegante, intelligente, lungimirante e autoironico.
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De Sica e Cesare Zavattini, lo sceneggiatore del Neorealismo: i due artisti si incontrarono nel 1939 e realizzarono insieme una ventina di film, tra i quali capolavori come Sciuscià, Ladri di biciclette, Umberto D. e Miracolo a Milano (tratto da Totò il buono, un romanzo dello stesso scrittore emiliano).
A celebrarlo con tutti gli onori del caso – nel primo importante allestimento romano, al Museo dell’Ara Pacis fino al 28 aprile – ci pensa la mostra fotografica Tutti De Sica che, come sintetizza bene il titolo, racconta le tante facce, le tante vite, i tanti personaggi di questo grande italiano. «Dentro di sé racchiudeva molte personalità, tanti De Sica: allegro, simpatico, triste», ha sottolineato il figlio Manuel, che insieme ai fratelli Emi e Christian ha reso possibile l’esposizione aprendo gli archivi personali della famiglia a trentanove anni dalla morte del popolare attore. Promossa da Dino Gasperini, Assessore alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza Capitolina di Roma Capitale, con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Camera di Commercio di Roma e della Fondazione Cineteca di Bologna, la rassegna si presenta come un viaggio multimediale tra fotografie (oltre quattrocento pezzi unici, sul set, fuori dal set e in famiglia), manifesti (più di venti originali) e immagini in movimento, oltre che oggetti di culto (costumi originali, la bicicletta più famosa del cinema, le statuette dell’Academy Award) e documenti personali appartenuti all’uomo privato, alle sue due mogli, Giuditta Rissone e Maria Mercader, e ai tre figli. Infatti, nelle quattro sale di cui si costituisce il percorso espositivo, diviso in dodici sezioni, c’è tutto il mondo professionale e umano di De Sica. A partire dal primo successo con Mario Mattoli e la sua compagnia Za Bum, che porta al varietà la rivista Lucciole della città (in omaggio a Chaplin
che in quegli anni realizzava Luci della città), e dalla popolarità raggiunta con le incisioni discografiche di successo, come Parlami d’amore, Mariù; si va dagli anni Trenta trascorsi fra teatro e cinema (Il signor Max è del 1937) agli anni Quaranta che lo vedono imporsi come regista neorealista e sfornare capolavori eterni come Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948), seguiti negli anni Cinquanta da Miracolo a Milano (1950) e Umberto D. (1952, il film che volle con tutte le sue forze); dal rapporto con la politica (soprattutto con la figura del potente Giulio Andreotti) in un’Italia scossa da forti mutamenti al sodalizio con Cesare Zavattini e Sophia Loren; e così via seguendo il filo delle sue vite e dei suoi personaggi con la sezione “Il piacere della maschera – Vent’anni di interpretazioni”, passando per le foto di scena, che lo ritraggono insieme ai principali intellettuali del Novecento, da Pirandello a Moravia, o ai più importanti attori del cinema italiano e internazionale dei 157 film in cui è stato protagonista da attore o regista, tutti realizzati tra gli anni Venti e il 1974 (anno della sua scomparsa), per arrivare quindi all’ultima sala dove trova spazio una riflessione sull’immensa eredità lasciata da Vittorio De Sica. Che, come ha sottolineato ancora il figlio Manuel, è un’eredità fatta «di amore, di umiltà, nel senso di porsi umilmente nei confronti degli altri: non ci sono leader in questo mondo, occorre essere sempre rispettosi dell’altro».
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For magazine ARTE di Nolberto Bovosselli
Fotogramma del film Le ballet mécanique, regia di Ferdinand Léger e Dudley Murphy, 1924.
Pablo e i suoi amici
Alcune delle opere di Picasso, Braque, Léger e dei loro epigoni saranno esposte al Complesso del Vittoriano fino a giugno nella grande mostra Cubisti Cubismo, che analizza il linguaggio e le influenze del più noto movimento artistico del Novecento 88 For Magazine
Foto Mats Lindgren
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Fernand Léger, Costume per il balletto de La creazione del mondo, 1923 Stoccolma, Dansmuseet-Museum Rolf de Maré.
Albert Glizes, Ritratto di Jacques Nayral, 1911, olio su tela, Londra 2012.
La leggenda dell’arte racconta che nel 1908 il pittore francese Henri Matisse, osservando alcune opere del collega connazionale Braque costituite da “tanti piccoli cubi” non le apprezzò affatto; l’anno seguente, il critico d’arte Louis Vauxcelles definì quegli stessi dipinti “bizzarrie cubiste”. Nacque così una delle correnti artistiche più famose del mondo, di cui Pablo Picasso e Georges Braque furono i fondatori e massimi esponenti. A definire il manifesto del Cubismo, che nella Parigi del primo Novecento coinvolge non solo il mondo delle arti visive ma anche la letteratura e la musica, sono stati gli studi di Paul Cézanne, che, senza mai dipingere da cubista, espresse i caratteri peculiari di questa pittura in cui gli oggetti sono ripresi contemporaneamente da differenti
angoli visuali, restituendo alle cose solidità e consistenza, semplificandone la plasticità: i cubisti dipingevano non solo ciò che era visibile, ma anche ciò che sapevano, centrando così la vera essenza del Cubismo che, secondo Picasso, era un po’ il diretto discendente dell’arte egizia. Dall’8 marzo al 23 giugno il Complesso del Vittoriano celebra questo rivoluzionario movimento artistico ospitando la mostra Cubisti Cubismo, che, attraverso oltre duecento capolavori tra oli, disegni, sculture, oggetti di design, filmati, costumi, musiche, documenti, ne ripercorre la storia, analizzando le sue influenze sull’intera cultura dell’epoca. Sono esposte in rassegna le opere degli spagnoli Pablo Picasso (Nudo, 1909) e Juan Gris, dei
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Francis Picabia, La processione, Siviglia, 1912, olio su tela, Washington, National Gallery of Art Chester Dale Fund.
francesi Georges Braque (Parco a Carrières-Saint-Denis, 1909), Fernand Léger (Composizione, 1918), Albert Gleizes (Ritratto di Jacques Nayral, 1911), Jean Metzinger, degli artisti inglesi Wyndham Lewis e Vanessa Bell, dell’americano Marsden Hartley, del messicano Diego Rivera, della russa Natalia Goncharova, e anche degli italiani Gino Severini e Ardengo Soffici. Tale prezioso allestimento è stato possibile grazie al contributo di importanti gallerie e collezioni private, ma soprattutto di prestigiosi musei come, tra gli altri, il Victoria and Albert Museum e la Tate di Londra, lo State Hermitage Museum di San Pietroburgo, la National Gallery of Art di Washington, la Solomon R. Guggenheim Museum and Foundation di New York, la Fundación Colección Thyssen-Bornemisza di Madrid. La solennità dell’esposizione è garantita anche dal sostegno dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Ministero degli Affari Esteri e di Roma Capitale - Assessorato
alle Politiche Culturali e Centro Storico. La mostra, realizzata da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia, è stata curata da Charlotte N. Eyerman, storica dell’arte e direttore del French Regional American Museum Exchange, in collaborazione con Simonetta Lux, professoressa di Storia dell’arte contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, responsabile del percorso espositivo relativo al Cubismo. Ad introdurre il visitatore in questa parte dell’esposizione sono proprio le parole della dottoressa Lux che ha ricordato come «nessun nome è stato più ingeneroso di quello che ha circoscritto il complesso e differenziato insieme di atti creativi attraverso i quali, agli inizi del Novecento, viene portato a compimento ed espresso un radicale mutamento della coscienza o di punto di vista dell’uomo moderno iniziato all’incirca un secolo prima: cubismo». Era il 1911 quando Braque e Picasso, operando insieme per la prima volta, realizzarono due lavori molto simili: Ma Jolie e
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Joseph Chochol, Modellino dell'Edificio residenziale a Vyšehrad, Neklanova, Museo Nazionale della Tecnica, Praga.
Fernand Léger, Composizione, 1918, olio su tela, Mosca, The State Pushkin Museum of Fine Arts.
La portoghese, figure geometriche frammentate a tal punto da non essere più riconoscibili. La loro lezione fu seguita da altri due rilevanti artisti di quel periodo: Juan Gris e Fernand Léger. Tutti e quattro fanno parte del cosiddetto “Cubismo analitico”, il primo stile di questa espressione artistica in cui spesso il pittore sostituisce il colore con materiali che imitano la materia dell’oggetto utilizzando pezzi di carte dipinti (i papiers colles di Braque), pezzi di giornale, partiture musicali, biglietti da visita e da gioco. Successivamente la corrente evolve in altre declinazioni, come il “Cubismo sintetico”, che frammenta nelle sue parti l’oggetto da dipingere sovrapponendo le immagini in un’unica forma sintetica, e il “Cubismo orfico”, che concentra il suo interesse sul colore e i suoi ritmi astratti. Nella collezione al Vittoriano sono presenti anche altri esponenti cubisti, sensibili all’idea dei possibili rapporti matematici applicabili alla pittura e alle capacità evocatrici delle forme, come Francis Picabia (La processione, Siviglia, 1912), Blaise Cendrars (La prose du Transsibérien et de la petite Jehanne
de France, 1913), Guillaume Apollinaire, Robert Delaunay, Marcel Duchamp, Jacques Villon, František Kupka. Nella sezione centrale della mostra spiccano opere straordinarie che, come ha sottolineato la Eyerman, rimandano principalmente al Cubismo visto come «un sistema di arte e pensiero che si inquadra nei vari modelli di utopismo fioriti nel periodo di prosperità antecedente la tragedia della guerra. È quasi l’ultimo baluardo del sogno, elaborato dall’avanguardia all’inizio del secolo precedente, di cambiare il mondo con la sola forza dell’immaginazione e nello spazio di un istante». Le radici del fortissimo impatto di questo movimento sulla cultura del Novecento risiedono nel modo profondamente innovativo con cui esso rispose ai cambiamenti estetici, filosofici e sociali del momento storico. Ecco dunque che cubismo diviene anche un modo tutto nuovo per esprimersi in letteratura, musica, cinema, teatro, architettura, moda, che nella mostra vengono rivisitati dedicando ad ognuno una sezione specifica.
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For magazine SORPRESE di Nolberto Bovosselli
In cerca d’amore, ma con lo sconto! È nata da poco C-guide, la prima mappa online dedicata all’organizzazione di incontri piccanti per tutti quei “casual lover” a caccia di semplici avventure. E, considerate le attuali ristrettezze economiche, i luoghi consigliati sono obbligatoriamente low cost. Anche Roma e Milano hanno le loro location ideali. Che noi vi indichiamo sottolineando, però, che ci va di scherzare un po’ sullo… sport preferito dagli italiani! «Mi capita sempre più spesso che i clienti mi propongano mete alternative invece che gli alberghi. Mi chiedono di restare in macchina o di appartarci in qualche posto isolato. Prima non mi succedeva. Si andava in hotel». Già, prima non c’era la crisi e, come confermano le parole di questa entreneuse, gli “utenti finali” erano propensi a rifugiarsi tra le mura discrete di un albergo, magari anonimo, riservato e periferico, e spendere il giusto per consumare una veloce e occasionale relazione amorosa. Oggi, invece, gli italiani hanno imparato a stringere la cinghia su tutto, anche quando, considerate le condizioni di intimità, sarebbe opportuno allentarla… Insomma, quando è lo spread a lasciarci in mutande è giunto il momento di inventarsi qualcosa. Come, da qualche mese, ha fatto C-
date, sito leader in Europa nel settore del “casual dating”, ovvero la pratica di fissare un appuntamento online per facilitare gli incontri tra persone che ambiscono solamente ad un’avventura sessuale senza vincoli né coinvolgimenti emotivi. Il portale web, che conta oltre 1.500.000 iscritti solo in Italia, ha lanciato così C-guide, definita come “la prima guida ai luoghi dell’amore mordi e fuggi”, in grado di offrire tanti suggerimenti per individuare i posti della scappatella a basso budget. In pratica, utilizzando lo stesso principio alla base delle migliori guide turistiche “classiche”, da Expedia a eDreams e Tripadvisor, che forniscono indicazioni su alberghi, ristoranti, voli aerei e soggiorni anche grazie alle recensioni scritte dai viaggiatori, in questa mappa delle località del sesso
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Parco Lambro a Milano è uno dei luoghi preferiti per la cosiddetta “camporella”, promosso anche da C-date come meta delle relazioni senza compromessi. L’idea di C-guide nasce dalla volontà di sdoganare gli incontri “inconfessabili” e renderli esperienze divertenti. Sempre più italiani, infatti, si affidano al web per organizzare scappatelle: nel 2012, quasi due milioni di persone hanno avuto almeno un’avventura occasionale grazie a internet.
è possibile trovare segnalati hotel, motel, bed and breakfast, parcheggi e parchi pubblici adatti alla propria relazione e alle proprie finanze. «Si tratta di una guida per coloro che cercano un luogo dove appartarsi e funziona grazie alla partecipazione attiva degli utenti – ha spiegato Mariangela Chimenti, responsabile marketing per l’Italia di C-date –. A loro chiediamo di inserire i posti che prediligono per il sesso mordi e fuggi, un parcheggio, una strada isolata, ma anche una struttura alberghiera più discreta o una che offre stanze a tema, da una cosa romantica a una più sfiziosa». Insomma, tante “informazioni di servizio”, consigli, descrizioni e curiosità per chi è a caccia di un’alcova privata, vicina alla proprio territorio ma lontana da occhi indiscreti e soprattutto al risparmio. Perché,
come testimonia un sondaggio della stessa azienda d’incontri, il 28% degli iscritti ha tagliato le spese relative alla frequenza dei rapporti clandestini, il 25% ha affermato di aver trovato amanti a km zero, il 16% ha pagato cene e alberghi con i coupon, il 52% ha ridotto i costi per hotel e motel, mentre il 37% ha rinunciato a regali, fiori e cioccolatini. Del resto l’idea di proporre questa guida ai luoghi del Bel Paese, visitati e recensiti in chiave erotica, è venuta a quelli di C-date lo scorso febbraio, quando hanno pensato di creare una festa degli innamorati alternativa e adatta a tutti i portafogli. «Abbiamo organizzato un anti-San Valentino durato una settimana, un casual love week incoraggiato da un mini sito con tante strutture convenzionate fra hotel, motel, b&b – ha sottolineato ancora
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A seconda del budget C-date ha disegnato cinque profili di amanti: gli “Happy Hour” (si concedono solo aperitivo e poco altro con 20-30 euro), i “Dritti alla meta” (mirano al sodo con una pausa pranzo o un pomeriggio in motel spendendo tra i 40 e i 60 euro), i “Quattro stagioni e tre stelle” (mix pizza e hotel non di lusso da 80-100 euro), i più raffinati “Fish & chic” (cena a base di sushi e hotel 4 stelle da 180-250 euro), gli “All inclusive” (impegnano un intero week-end superando i 500 euro di spesa).
la Chimenti –. Camere con prezzi scontati e un’accoglienza particolare, del prosecco, qualche gadget hot come mascherine, bende, manette, tutti accessori eleganti in ogni caso. Registrandosi sul nostro portale di incontri si poteva decidere di passare questa anti-festa con una persona conosciuta online o con chiunque altro. Ha avuto molto successo, hanno partecipato più di 200 coppie». Oggi, visitando il sito www.c-guide.it è possibile consultare l’elenco delle strutture “stellate” scegliendo quella più idonea alle proprie esigenze, dalla più trasgressiva alla più frugale, potendo valutare tra un network di
location su misura per tutte le tasche che, da nord a sud, offre l’accoglienza più conveniente a tutti i “casual dater” d’Italia. Inoltre, tramite un meccanismo di votazione, gli utenti possono esprimere un giudizio sui posti visitati, segnalando i migliori dove poter “soggiornare” con il partner (inclusi quelli all’aperto più romantici, sicuri e panoramici), creando così una vera e propria classifica, utile per i futuri ospiti. Ecco alcune mete preferite sulla cartina geografica dell’amore low cost. Nelle prime tre posizioni si collocano gli spazi outdoor. Al primo posto c’è la cosiddetta “Piazzetta dell’Amore” a Messina: una sorta di terrazza che
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L’area del parco di Villa Borghese a Roma è frequentata da numerosi “casual lover”, attratti anche dagli spazi in zona adibiti a estemporanei love parking. Il sito C-date è presente in 35 paesi, dall’Argentina alla Russia, dagli Stati Uniti al Sudafrica, fino a Giappone e Nuova Zelanda: conta oltre 10 milioni di iscritti in tutto il mondo.
si affaccia direttamente sullo Stretto; al secondo posto si trova un piccolo promontorio sul lago di Bracciano; terzo posto per i colli bolognesi: via di Casaglia è ricca di anfratti e aree dove “imboscarsi” tra la natura selvaggia. Nei pressi di Roma e dintorni i siti ideali per un rendez-vous bollente sono la Strada Provinciale 12b di Anguillara Sabazia, un parcheggio pubblico sulla via Tuscolana vicino via Caio Canuleio, o in un altro dalle parti di via Casal Lumbroso, la zona del Galoppatoio di Villa Borghese, il parcheggio “Parco Da Vinci”, mentre uno dei migliori b&b è a Valmontone, a soli venti minuti in auto dalla Capitale: fidato, economico, stanze pulite e
ben arredate. Invece, i “nidi” d’amore più consigliati a Milano e provincia sono il Parco Pirelli in via Caviglia (sicuro e frequentato da numerose coppiette), la zona del Parco Lambro, in via Turchia (“parcheggio perfetto per coppie”), il Motel Silver (con tariffe di 50 o 65 euro in camera standard per 4 o 6 ore) e il Motel Charlie di via Nuova Paullese, a Settala (dotato di camere in stile africano con parcheggio privato).
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For magazine MANIE di Antonio Osti
Il cibo, magnifica ossessione In televisione, al cinema, sui giornali, nei libri, nell’arte, insomma ovunque trionfa il “tutti a tavola”
Da sinistra a destra, Florence Doléac, Couvercle en biscuit, 2004; Avril de Pastre, Yolalahiho, 2010; Paolo Ulian, Finger biscuit, 2004, in mostra al Mart.
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In alto le copertine di La Domenica del Corriere, La cucina italiana e Cinema nuovo esposte nella mostra Cibo in copertina, che Eataly Roma proporrà fino al 16 giugno negli spazi allestiti presso Piazzale XII Ottobre 1492. Tra le oltre 12000 carte illustrate del collezionista milanese Michele Rapisarda, sono state selezionate quelle riguardanti immagini culinarie. I materiali rimandano all’affascinante rapporto tra l’alimentazione e la carta stampata con il suo peso sulla cultura e sul costume.
In tivù si mangia dal mattino alla sera e i cuochi sono le nuove star. In edicola e in libreria intere sezioni sono dedicate alle ricette. Cinema e arte seguono a ruota. Per esempio al Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, le creazioni di un folto gruppo di “food designer” sono al centro della mostra Progetto Cibo. La forma del gusto, che presenta l’arte della progettazione industriale e del design più sperimentale applicata all’alimentazione (fino
al 2 giugno). E, fino al 16 giugno, il negozio di Eataly di Roma presenta una mostra con ottantotto copertine di giornali (quarantaquattro per l’esattezza) che raccontano come è cambiato il nostro rapporto con il mangiare (Cibo in copertina. Riviste illustrate della collezione Rapisarda). Alberto Capatti, che ha curato il catalogo della mostra, così l’ha spiegata: «Le copertine sono loquaci, in quanto scene animate in cui i personaggi parlano. Una donna che impasta, o
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porta in tavola un pollo arrosto, comunica non solo il proprio saper fare, ma anche eleganza e seduzione». Lanciandosi anche, sempre nell’introduzione al catalogo, in una dotta e ardita spiegazione dell’immancabile connessione tra eros e cibo: «Riunire una galleria di copertine alimentari è predisporre non solo una cronologia per immagini dell’editoria periodica, ma costringersi a ragionare sulla comunicazione degli alimenti. Quest’ultima è giocata tutta su
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Le cover di altre riviste e periodici: Topolino, Il Cartoccino dei Piccoli e Touring club italiano. La mostra rappresenta anche la quarta edizione di Cibo di Carta, che si svolge sull’asse Milano-Roma ed è finalizzata a preparare materiali e progetti in vista dell’Expo 2015 dedicata all’alimentazione. L’esposizione, divisa in nove sezioni, include 88 copertine e controcopertine originali selezionate da ben 44 diverse testate colte e popolari, rappresentative dell’intera editoria periodica italiana.
agganci e connessioni, a partire dalle più ovvie come quella eros e cibo, declinata con elementi semplici quali una giovane donna e dei prodotti per cucinare, o in chiave più complessa come una copertina del Borghese, 1966, in cui la scatoletta di carne, la bruna attrice con le sue cosce nude rinviano a un consumo perverso, visivo e orale, della femmina formosa». Il rapporto con il cibo? Complicato sia per noi comuni mortali che per i cosiddetti vip. Sentite Alba Parietti (dal libro La dieta dei vip, del
famoso telenutrizionista Nicola Sorrentino): «Il cibo è in assoluto la tentazione a cui non riesco a resistere, però debbo dire che non mi lascio corrompere da tutto. Se vado a una cena e c’è qualcosa che non mi fa impazzire, non faccio fatica a mangiare poco. O una cosa mi piace molto, e allora non ho ritegno, oppure passo. Una burrata fresca, un agnolotto alla piemontese, una bagnacauda, un montblanc, un bel piatto di tortellini alla bolognese col brodo sono tentazioni a cui non resisto neppure se mi puntano una
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pistola alla tempia. Però, per la verità, riesco anche ad appassionarmi a piatti un po’ meno pericolosi, come ad esempio i ravioli di borragine, che sono piccoli e ripieni di verdura, ottimi anche se non li condisci con il burro, ma soltanto con un pizzico di sale e un po’ di parmigiano». A proposito di cinema, invece, è appena uscito un divertente libro di Giancarlo Rolandi, Hostaria Cinema (Palombi), in cui dialoghi, aneddoti e ricette raccontano l’Italia attraverso i film degli ultimi cinquant’anni. Noi, vi proponiamo quello
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In alto Maria Tovslid, Share the sweet, 2009; in basso James King, Dressing the meat of tomorrow, 2006.
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In alto Bompas&Parr, St. Paul’s jelly, 2009; in basso Atsuhiro Hayashi, Polar Ice, 2011.
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In alto a sinistra Studio Fludd, Slow wood, 2010; in alto a destra Barbara Uderzo, Bijoux-Chocolat, 2004-2013; in basso a destra Diane Bisson, Edible Food Nests.
che si mangia… al cinema in tutto il mondo. Giappone: prugne marinate, fettine di sushi, tortino al salmone e tofu al forno. Ma anche ali di pollo, tagliolini fritti e vitello saltato (disponibili nelle macchinette), polpettine di polpo. Messico: popcorn con salsa di lime e chili. Oppure chili con mango o tamarindo. Tailandia: mango in agrodolce con chili e sale. Taiwan: cioccolata e popcorn al sapore di fragola, calamari secchi, polpettine di carne, tofu, ali di pollo, dolcetti al sapore di mango, tè o caffè. Brasile: polpettine al formaggio. India: germogli di piselli in pasta al pomodoro e chili. Colombia: bibite frizzanti al pompelmo oppure al sapore d’anguria e amarena. A questo punto… buon appetito! Ma sappiate che per il grande scrittore Alexandre Dumas «ci sono tre generi di appetito: 1) quello che si prova a digiuno, sensazione imperiosa che non cavilla sulle vivande e che alla bisogna si placherà con un pezzo di carne cruda così come un fagiano o un galletto ruspante arrostito; 2) quello che si prova quando, essendoci messi a tavola senza fame,
si è già assaggiato un piatto succulento che ha consacrato il proverbio: l’appetito vien mangiando; il terzo appetito è quello che viene eccitato, dopo la pietanza succulenta giunta a metà cena, da un cibo delizioso che compare alla fine del pasto, quando il convitato sobrio che stava per lasciare la tavola senza rimpianto, vi viene trattenuto da questa ultima tentazione della sensualità».
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In alto Gaetano Pesce, Tutti i frutti I, 2004-2012; in basso Giorgetto Giugiaro, Marille. Alla rassegna del Mart, in programma fino al 2 giugno e dedicata alla progettazione industriale e al design sperimentale applicati all’alimentazione, partecipano noti designer, architetti e chef di livello assoluto.
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For magazine EVERGREEN di Santi Urso
La celeberrima sigla di Carosello era opera del regista Luciano Emmer che la creò durante una notte facendo ricorso a strumenti artigianali e alla musichetta di un documentario sulle lumache.
Ieri, oggi, domani… Carosello! Il cult dei cult. Un cocktail di varietà, pubblicità e cinema che ha fatto epoca. Studiato, imitato, celebrato. In mostra a Milano e, tra poco, di nuovo in onda Dipende dai punti di vista. Visto dal cielo, il 1957 si può raccontare come l’anno che una nuova piccola luna fece bip-bip: si chiamava Sputnik. Visto da terra, dallo Stivale, il 1957 si deve raccontare come l’anno in cui fu lanciato Carosello. La differenza tra la messa in orbita del primo satellite artificiale della storia e la messa in onda del primo contenitore pubblicitario della Tv italiana è che le conseguenze del secondo evento sono state di incalcolabile portata, indimenticabile ben oltre la sua parabola durata vent’anni. Dello
Sputnik, spento dopo tre settimane, e dei suoi epigoni nella corsa allo spazio non si ricorda più nessuno. Nacque tutto in una notte, per via di una ragazza in vetrina, come raccontava Luciano Emmer. Lei, una prostituta di Amsterdam, dava il titolo a un suo film, tenuto fermo dalla censura per sei mesi. «Nel mondo del cinema era come dire a tutti i produttori che Emmer non era affidabile», spiegava il furibondo regista prima al critico e autore Tv Tatti Sanguineti, poi a Silvio Danese (per il suo Anni
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Il personaggio televisivo Caio Gregorio sponsorizzava la Terital Rhodiatoce, società italiana operante nel settore delle tecnofibre. Carosello, nato il 3 febbraio 1957, quando le trasmissioni sull’unico canale italiano, in bianco e nero, avevano appena compiuto tre anni, andava in onda tutte le sere, dieci minuti prima delle 20, composto da quattro spettacolini pubblicitari da 1 minuto e 45 secondi, più il “codino” pubblicitario” di massimo 30 secondi.
fuggenti, edito da Bompiani e da dieci anni fondamentale storia del cinema italiano per testimonianze): «Allora sono andato incontro alla realtà del boom economico, e alla televisione. Sono andato a Milano perché da lì partiva tutto. E mi viene in mente il giorno prima che incominciò la pubblicità in televisione. I dirigenti non avevano pensato alla sigla. La inventai in una notte, con i primitivi marchingegni del cinema (non c’era l’elettronica per la realtà virtuale). Una pittrice lavorò per decorare dei sipari, io scoprii una musichetta in un documentario sulle lumache, feci aprire i sipari in una sequenza di sei, mentre avanzava la macchina da presa. Nacque Carosello. Sia chiaro, io ho soltanto inventato la sigla. Poi ho realizzato qualche migliaio di Caroselli. Così mi sono distratto dalla delusione del cinema». Così era sorta l’alba del leggendario 3 febbraio 1957, il giorno che ha cambiato i destini del mondo pubblicitario sul piccolo schermo. E rappresentato per generazioni (fu trasmesso fino al primo genna-
io 1977) un confine invalicabile per la serata dei bambini: si andava a nanna subito dopo Carosello. A ben pensarci anche un punto di riferimento per l’autorità dei genitori, di certo più insicuri dopo la scomparsa del programma. Entrato anche nel linguaggio comune, è un lemma di ogni dizionario. Nel Gabrielli si trova: “Carosello, programma serale di sketch pubblicitari trasmesso dalla Rai. Per estensione popolare: sketch pubblicitario”. Nel dizionario Gremese Le parole della televisione si spiega: “Trasmissione che nel 1957 ha introdotto la pubblicità televisiva in Italia. Costituita da lunghi filmati pubblicitari (in cui il prodotto reclamizzato poteva comparire solo alla fine, nel codino). La parola Carosello deriva da una festa napoletana del Cinquecento, il carusiello”. E Lietta Tornabuoni, già trent’anni fa (in Albo di famiglia della Tv, curato con Oreste Del Buono, per Mondadori) precisava: “Con Carosello vanno in scena piccoli spettacoli ciascuno di 135 secondi, soltanto 35 dei quali esplicitamente pubblicitari. È una forma
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Una serie di personaggi “testimonial” di alcuni famosi Caroselli: Jo Condor, Papalla, Angelino, l’Omino coi baffi. I cortometraggi animati, tutti rigorosamente italiani, erano creati da artisti come i fratelli Nino e Toni Pagot, Osvaldo Cavandoli, Armando Testa, Bruno Bozzetto, Paul Campani e Max Massimino-Garnier, Gino e Roberto Gavioli.
di pubblicità unica al mondo, un classico compromesso italiano (per la convivenza nella Rai di canone d’abbonamento e inserzioni pubblicitarie, ndr). Diventa, all’alba del consumismo, lo spettacolo televisivo in assoluto più popolare”. E annotava quella che, all’inizio, era stata in società la posizione di Carosello: la vita del reietto:
“Pochi attori noti accettano d’esserne interpreti, finché si accorgono che non apparirvi può essere segno di poco successo. E per i registi di cinema girare Caroselli è la risorsa dei momenti brutti”. Sarà il contenitore di pubblicità Tv più amato di tutti i tempi. Da febbraio al 14 aprile, in questa Milano da cui parte tutto, il Wow
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Carmencita e Caballero, Calimero, Svanitella, Miguel. Come annunciato dai vertici della Sipra, concessionaria della pubblicità del servizio pubblico, a marzo Carosello dovrebbe tornare in onda: la Rai riproporrà uno dei programmi più amati della televisione italiana puntando ad arginare la perdita di inserzioni pubblicitarie.
Spazio Fumetto dedica una mostra (imperdibile, possiamo ben dirlo) alla Fabbrica di Carosello. Tutti i suoi protagonisti, dagli autori (Gavioli, Pagot, Cavandoli, Bozzetto, Testa) ai personaggi d’animazione (Calimero, Carolina, Jò Condor, Carmencita, Toto e Tata, Unca Dunca, Papalla, Topo Gigio) per non parlare degli umani (Gino
Cervi, Totò, Cesare Polacco, Ernesto Calindri, Mike Bongiorno), in una fantastica cavalcata. Per dirla come in uno spot: Carosello, parola magica. Ancora viva per milioni di italiani non perché è un ricordo, ma perché non è mai andata via. E in Rai, stanno già preparando il nuovo Carosello…
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ForMUSICA magazine di Enrico Sanchi Foto di Dario Raimondi
Giulia Regain: “The perfect mix dj” Bella, spigliata, tenace, laureata in Psicologia e con la passione per il sound e la danza. Giulia Righi in arte Regain è dj, producer e remixer sempre attenta all’evoluzione della tecnologia e degli strumenti musicali I suoi generi musicali sono house, electro, progressive in un sound internazionale che trae ispirazione da quello americano e del nord Europa, mentre in situazioni più raffinate seleziona lounge, chillout, nu jazz, musica classica, soul e deep. Nel suo blog “The perfect mix dj” è sempre alla ricerca di tendenze, parlando di musica, moda e tecnologia. Suona nei migliori locali d’Italia, nonostante la sua giovane età. La sua carriera da dj inizia sette anni fa tra Riccione e Milano. Emergendo subito grazie al suo talento riscuote in poco tempo notevole successo anche nei tour all’estero. Tra le sue principali tappe Ibiza, Mykonos, New York, Miami, Francia, Spagna e Portogallo, dove nel 2009 vince il concorso Pink Armada “Top dj girl Europa” e poi Trend Awards come migliore dj di fama italiana. Inoltre, vanta importanti collabora-
zioni come dj set e tour per aziende importanti. Produttrice musicale con oltre 50 sue canzoni su iTunes attualmente è in uscita con ben tre brani radiofonici. Il suo stile perfetto tra glamour italiano e tendenze americane fa di lei un personaggio eclettico e trasversale, che riesce sempre ad affascinare il pubblico non solo sul dancefloor, ma anche in feste private, sfilate di moda, party, fashion events e in diversi esclusivi spa e resort. Come e quando inizia la tua carriera musicale? «Mi ero innamorata della consolle osservando i dj mentre stavo in pista a ballare. Poi mi chiesero di fare la light dj, cioè “giocare” con le luci a tempo di musica, e anche lì osservavo sempre il dj quando metteva
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i dischi. Dopo questa fase di osservazione ho comprato la mia prima consolle con i primi risparmi, e nella mia cameretta ho cominciato questa nuova avventura». Come giovane dj hai già viaggiato moltissimo passando da piccoli a grandi club: qual è la dimensione che preferisci? «Preferisco situazioni estreme: il palco con più di 5000 persone, i concerti, come quando ho aperto per David Vendetta alle Isole Mauritius con 8000 persone e Ferragosto 2012 a Santa Margherita con 15.000 persone, oppure poche presenze super selezionate come i party dei marchi di alta moda, a Dubai o in loft a Milano». Quale è il tuo genere musicale? «Electronic dance mix house music, perché miscelo più generi musicali, elettronica, progressive, dance, house, pop con un sound internazionale più americano e nord europeo. Per momenti più raffinati e d’ascolto prediligo, invece, mettere musica ricercata come lounge, chillout, nu jazz, classica, soul e deep». È stato un passaggio naturale quello da dj a producer? «Io sono producer e remixer dal 2007. Dopo due anni da dj ho sentito subito in me la voglia di creare un mio sound, un mio stile, che mi appartenesse totalmente. Ho iniziato a produrre musica house e decisi di chiamare questo suono “tech sex house”, poi l’ho integrato con la musica chillout e lounge. Il mio lavoro in studio vive una dimensione parallela a quella della dj, pertanto è sempre in continua sperimentazione, vivendo il cambiamento come condivisione ed evoluzione». L’aggettivo che ti descrive meglio quale è? «Regain, ossia “ricominciare”, perché sono sempre in evoluzione e a me piace ripartire da zero per cercare nuove sfide». Raccontaci qualcosa del tuo blog “The perfect mix dj”. «Parla di “mixaggi perfetti”, cioè due cose o idee diverse che messe insieme creano un qualcosa di straordinario riferito al mondo della musica, della moda e della tecnologia». Suoni in tutto il mondo: dove ti sei trovata meglio? «Alle Isole Mauritius dove ho suonato nelle migliori discoteche, aprendo le serate in consolle prima di David Guetta e dopo David Vendetta. Spesso rilasciavo interviste su giornali, radio e Tv, mi hanno trattata come una vera regina e ancora oggi, tramite Facebook, sono in contatto con i miei fan mauriziani. Un paese incredibile che mi ha stupita, non solo per le spiagge paradisiache». Siamo in un momento storico ed economico abbastanza particolare anche dal punto di vista musicale: cosa ne pensi del futuro della musica? «Questa situazione rende il tutto più stimolante e positivo. Però sarebbe il momento di chiedere più tutela e rendere il dj una professione riconosciuta con un albo per dj/musicisti, come avviene del resto in altri paesi del mondo». Per quest’anno che progetti hai, musicali e non solo? «Punto molto alle radio, specialmente con l’uscita dei miei tre nuovi dischi: Giulia Regain & Giovanni Russo feat Adam Clay – Sex girls (Urbanlife records), Giulia Regain & Symondaresh feat Dhany – My memories (Urbanlife records) e Giulia Regain feat Iossa – Cinderella Out (Dance and Love Records)». Come trascorri il tempo libero e quali sono i tuoi hobby principali?
Riguardo alle sue prestigiose collaborazioni, Giulia Regain (24 anni) dice: «Una delle mie più grandi soddisfazioni lavorative è proprio operare con i brand più importanti. Con alcuni ormai collaboro da anni e devo dire che in questi ambienti così professionali ed esigenti riesco sempre a tirare fuori il meglio di me stessa».
«Nel mio tempo libero amo dormire tante ore, mangiare bene, rilassarmi cucinando e stando a casa in famiglia o con i miei cari. Quando sono stanchissima mi chiudo in centri termali». Il tuo estro e la tua creatività verso quale professione ti avrebbero condotta se non avessi fatto la deejay? «Verso la Psicologa, perché la mente umana, come la musica, è un viaggio senza fine».
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unamagazine lettura per lasciar traccia… For di Donatella Vilonna
GIALLO ALLA STAZIONE “Era così, inutile negarlo: io, Daniele Bagli, sarei stato sicuramente il primo, e probabilmente l’unico, indiziato per quell’omicidio” Daniele Bagli è il protagonista di Trappola a Porta Nuova, scritto da Rocco Ballacchino. È un impiegato dalla piatta quotidianità, la sua vita è noiosa e dimessa, unico svago che poi diventa un’ossessione, è Facebook. Vorrebbe vivere una “giornata perfetta” incontrando una misteriosa ragazza conosciuta proprio su Facebook, della quale non ha mai visto nemmeno una foto. “Non sapevo di preciso cosa mi stesse riservando il destino perché non avevo mai visto alcuna immagine di quella donna che, in maniera assolutamente anomala, non aveva inserito sul suo profilo su FB alcuna foto. Ero invece certo che i suoi dati anagrafici non fossero quelli reali perché lei, per i frequentatori di quel salotto virtuale, era Marzia Bambi”. Affascinato dalle sue parole e dalla sua dolcezza, Daniele rimane incuriosito e avvolto in quella rete virtuale che sta per assumere le fattezze della realtà. La stazione di Torino Porta Nuova ospita il loro primo appuntamento, ma Bambi, il suo pseudonimo, non scenderà mai da quel treno in arrivo da Roma alle 18 e 40 sul binario 13. Le carrozze di quel treno pian piano si stavano svuotando, le ultime persone che raggiungevano l’uscita erano soltanto due, ma nessuna di loro è la passionale Bambi. “Quando la circolazione cominciò a riattivarsi nelle mie arterie trovai finalmente la forza per girare i tacchi e dirigermi, a testa bassa, verso la mia macchina”. Asfissiato da una stringente sensazione di rabbia e di grande delusione, decide di rientrare a casa e scrivere un messaggio sulla bacheca della sua amica misteriosa: “Sei proprio una stronza!!!”. Chiunque avrebbe potuto leggere quel messaggio, ma Bagli è soddisfatto di quella prima ritorsione. Quando Daniele scopre al telegiornale il tragico destino di quella giovane donna, di una vita spezzata sul più bello da una mente folle, inizia a confrontarsi con i suoi assillanti sensi di colpa. “Il mio io, perverso e omicida, doveva aver pianificato tutto nei minimi dettagli per trarre in inganno l’altro io, bonario e inoffensivo”. Il protagonista comincia così ad affrontare una nuova tragedia, non solo il rimorso per l’appuntamento che è risultato fatale, ma anche la sensazione che qualcuno stia agendo per incastrarlo e farlo accusare del delitto. “Il mio grado di coinvolgimento emotivo subì un’altra impennata quando iniziai a prendere coscienza di quelle che erano le mie responsabilità, dirette e indirette, in quella vicenda”. In una Torino estiva, emotivamente sconvolta da quell’evento, inizierà una caccia al presunto colpevole nella quale Daniele, braccato dalle forze dell’ordine si muoverà nel contempo a trovare chi ha tessuto la sua trappola infernale, alla ricerca di una spiegazione, di una possibilità di salvezza, ma soprattutto di un
nemico verso il quale indirizzare la propria rabbia. “Uno spartiacque tra le certezze del prima e quelle del dopo, un momento di verità che bramavo con tutte le mie forze di ex uomo libero finito, senza nemmeno accorgersene, dentro una spietata, impietosa e desolante trappola!”.
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Trappola a Porta Nuova di Rocco Ballacchino Fratelli Frilli Editori, euro 9,90
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IN FORMA con Jill Cooper
L’ALLENAMENTO PER TUTTE LE ETÀ Pochi ma efficaci consigli per come allenarsi a 40, 50 e 60 anni: corsa, sala pesi, tappeto elastico sono fondamentali per mantenere in salute il proprio corpo, perché fare sport è la prima regola da seguire. Poi, sono importanti anche gli anti-ossidanti Non è mai troppo tardi né troppo presto per iniziare ad allenarti. L’allenamento abbinato ad una sana alimentazione e ad un programma di antistress è il segreto per invecchiare bene e rimanere saltellante fino a 80 anni! È fondamentale considerare la necessità fisiologica e i benefici salutari che puoi ottenere da un buon addestramento, anziché mirare ad avere solo un bel fondo schiena o una coscia levigata. Un allenamento deve: 1. aumentare la capacità cardio-polmonare; 2. aumentare il numero di capillari migliorando la micro-circolazione; 3. ossigenare il cervello; 4. potenziare le ossa; 5. potenziare le articolazioni; 6. abbassare i livelli di colesterolo cattivo; 7. aumentare il metabolismo basale; 8. migliorare il rapporto tra massa magra e massa grassa; 9. migliorare la digestione; 10. diminuire la stipsi; 11. aumentare la profondità del sonno; 12. abbassare i livelli dello stress; Prima di scegliere il tipo di sport che vada bene per te, però, devi considerare un po’ di cose: il tuo livello di fitness (quando è l’ultima volta hai fatto sport?); lo stato delle tue articolazioni; se sei sovrappeso o no; che preferenze di base hai per il movimento. Per i 40 anni devo dire che la corsa è lo sport per eccellenza; serve soprattutto a tutti quei quarantenni che vedono che i pantaloni non si chiudono con la stessa facilità di quindici anni fa, e che vogliono riprendere la loro forma fisica in mano. Non ho mai visto tanti cambiamenti radicali quanto quelli prodotti dal semplice gesto di camminare velocemente o di correre. In più la corsa ti fa sentire libero! Per cominciare devi dare tempo al tuo corpo per costruire gli enzimi che bruciano grassi e che aiutano a “rompere il fiato”. Servono circa 8-12 settimane per entrare nella soglia aerobica ed è importante allenarti con la costanza di almeno tre sedute settimanali. Gli enzimi brucia-grassi sono costruiti con fatica, ma si smantellano molto velocemente. Investire su un buon paio di scarpe da corsa è un’ottima idea. Poi, alla fine della corsa, concludere l’allenamento con 15 minuti di corpo libero, addominali e stretching. Entro sei mesi il tuo corpo sarà rimodellato. Se durante il periodo invernale uscire a correre non ti ispira tanto, potresti prendere un tappeto motorizzato per casa. Allenarti anche di fronte una bel programma televisivo fa passare più in fretta l’esercizio. Per i 50 anni l’allenamento deve rispecchiare il livello di forza e lo stato dello scheletro e del sistema cardiovascolare. Esagerare non serve a niente, specialmente all’inizio. Molte persone si mettono in mente che devono per forza fare tutto subito per migliorare la forma fisica, ma in realtà, con la costanza vedrai più risultati duraturi. La sala pesi, abbinata ad un lavoro di bicicletta recumbent (quella bici reclinata dove il ciclista è in una posizione seduta) è un eccellente modo per mantenere la
massa muscolare, prevenire l’osteoporosi e aumentare il metabolismo basale. La bici da camera protegge le articolazioni e potenzia il cuore. Per i 60 anni il tappeto elastico come l’Aerobic Accelerator System è fantastico per potenziare le gambe. Tutto quello che devi fare è molleggiare con le gambe alla stessa larghezza delle spalle. Questo semplice movimento aumenta la velocità del tuo sistema linfatico dalla portata di 120ml/ora fino a 1800ml/ora, potenziando così anche il tuo sistema immunitario. In più stimola lo scheletro ad addensificarsi, i muscoli vengono potenziati fino al 68% in più di una semplice corsa, il senso di equilibrio aumenta, proteggendo le articolazioni perché è un attrezzo ginnico di basso impatto. Bastano 10 minuti al giorno per un allenamento anti-invecchiamento salutare. Una precisazione per tutte le età: usare gli anti-ossidanti rallenta il processo di invecchiamento! Vitamina C, papaya, rhodiola rosea, vitamina E, tè verde, frutti con la buccia rossa o violacea come mirtilli ti aiuteranno a vivere meglio e con meno rughe. Poi ricorda pure l’importanza di rilassarti e non stressarti. Prova con un training autogeno, massaggi ayurvedici o una semplice sauna per togliere lo stress di una lunga giornata. Abbassa il livello di cortisolo, l’ormone che causa l’accumulo dell’adipe sulla pancia. Comunque, nonostante la tua età, il mio consiglio è di fare movimento. Lo sport è vita, e l’unica cosa che ci accompagna per tutto il viaggio su questa terra è il tuo corpo. Trattalo bene e vedrai che lui ti ripagherà con una salute splendente! Buon allenamento da Jill Cooper.
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For magazine FENOMENI di Demetrio Moreni
Fast and furious
Una delle vetture di fabbricazione americana che partecipa alla Hills Race.
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For magazine
tricolore
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Arriva in Italia il primo campionato di gare d’accelerazione: a Rivanazzano Terme va in scena il Dragway 2013, l’adrenalinico show automobilistico importato dagli Stati Uniti e destinato a fare breccia tra tutti gli appassionati della velocità
Per gli italiani amanti della tradizione gli sport principali resteranno sempre il calcio, la Formula 1, il ciclismo e poi, ogni quattro anni, le discipline olimpiche in cui emerge più il campanilismo patriottico che non la reale passione per una specifica attività. Invece, per chi ama l’adrenalina pura, la velocità, il rombo grezzo dei motori e gli odori forti di olio, carburante e gomma degli pneumatici esiste uno sport meno noto, ma non per questo meno affascinante, importato da quei pazzi degli americani: il drag racing. Si tratta di una forma singolare di competizione automobilistica contro il cronometro e basata sulla semplice accelerazione. C’è poi chi ha deciso di praticare e far praticare a tutti gli appassionati e ai potenziali drug racer questa specialità motoristica: ovvero la American Motors Pavia, che ha trasformato il comune lombardo di Rivanazzano Terme, in provincia di Pavia, nella capitale italiana dell’accelerazione. In particolare, il grande aeroporto del paese è diventato lo spazio ideale dove far nascere una pista da gara perfetta per lo sviluppo di tutto ciò. È dal 2008 che l’Associazione Sportiva Dilettantistica dell’AMP, riconosciuta dal Coni, con la collaborazione tecnica della Sadurano Motorsport, organizza tornei d’accelerazione sul quarto di miglio per auto, sotto la direzione generale della federazione Aci-Csai. L’evento di maggior successo è l’Hills Race, gara di accelerazione in puro American style che si svolge sulle verdeggianti colline dell’Oltrepò, per una festa di quattro giorni che richiama tanti partecipanti e spettatori in un raduno di auto e moto fatto di fantastiche vetture degli anni ’50-’60, di grintose muscle car anni ’70, di eleganti Harley-Davidson dal suono ringhiante. Nei colorati stand, inoltre, si aggirano ospiti internazionali prestigiosi che contribuiscono a portare lo show del drag racing davanti agli occhi del pubblico italiano. Quest’anno è stato lanciato un nuovo emozionate progetto: il Rivanazzano Dragway 2013 che ospiterà la prima Coppa Italia Aci gare
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A organizzare la Coppa Italia ACI gare d’accelerazione provvede l’associazione sportiva American Motors Pavia, con la collaborazione tecnica della Sadurano Motorsport.
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Le tappe in programma per l’edizione 2013 sono: Wide Open Spring National, 27-28 aprile; Wide Open Shootout National, 18-19 maggio; Wide Open Summer National, 22 -23 giugno; Hills Race, 6-8 settembre; Wide Open Autumn National, 28-29 settembre.
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Lo staff della American Motors Pavia, senza il cui contributo non sarebbe possibile organizzare un evento di tali proporzioni.
d’accelerazione, rivolta a ogni tipo di veicolo, italiano e non, che parteciperà per vincere il titolo assoluto di campione italiano. Quattro gli appuntamenti in calendario, da aprile a settembre, più una tappa speciale per incoronare il vincitore italiano di drag racing. Teatro delle sfide sarà, ovviamente, l’aeroporto L.M. Resta di Rivanazzano Terme, che diventa ufficialmente la prima dragstrip semipermanente italiana. Il regolamento del campionato, approvato di recente e riconosciuto dall’ente Aci, affonda le radici nella cultura motoristica americana della speciale disciplina: due vetture schierate al semaforo e 402,33 metri da percorrere in una manciata di secondi. Partenza sprint e pedale a tavoletta per tagliare per primi il traguardo. Sono sette le categorie previste, per una battaglia senza esclusione di colpi finalizzata a conquistare la coppa. Ognuna delle quattro gare avrà in programma due giornate di prove, semifinali, finali e premiazioni. Invece, la tappa speciale Hills Race prevede tre giorni di evento e partecipazione riservata a vetture US e Volkswagen air-cooled. Per i concorrenti è indispensabile una forte dose di sangue freddo, di riflessi prontissimi e di scariche d’adrenalina determinanti per gestire al meglio il burn-out (ossia lo scivolamento sull’asfalto delle ruote che danno trazione fino a formare il classico fumo bianco, mentre la vettura resta immobile) e per lanciarsi sul rettilineo a velocità spaventose, sino a raggiungere anche i 307 km/h (che è poi il record di pista stabilito nel 2012 dal francese Sebastien Lajoux). Un evento sportivo eccezionale che garantisce uno spettacolo emozionante non solo per chi vi prende parte, ma anche per il pubblico che assiste a bordo pista e può godersi così ogni momento della competizione, vivendo il paddock a contatto diretto con i piloti. Uno show nello show che regala brividi e accende la passione. Perché, come diceva Dominic Toretto, alias Vin Diesel, in Fast and Furious, la vita va vissuta “un quarto di miglio alla volta”.
Un esempio di burn-out.
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La Rivanazzano Dragway si disputa sull’asfalto dell’aeroporto di Rivanazzano Terme: una pista lunga 900 metri, larga 30 e dotata di 10.000 mq di paddock aperto al pubblico. Una simile area aeroportuale si presta anche ad attività diverse, motoristiche e non, di cui l’AMP ne valuta e autorizza l’organizzazione.
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For magazine sorprese di Tommaso Gandino
Mia figlia prima di tutto Valentina Pace, l’ex Ballerina di Siviglia del programma cult Macao, oggi è un’attrice e una donna realizzata: la piccola Alice è al centro della sua vita L’arrivo di una figlia cosa ha comportato per lei? «Mi ha totalmente stravolto la vita, diventare madre vuol dire maturare come donna, mettere al mondo un esserino e crescerlo è un’esperienza talmente forte che auguro a tutte». Pentita di non averlo fatta prima?
«Assolutamente no, a 30 anni mi sentivo pronta per affrontare un tale cambiamento, a 20 avevo voglia di vivere la mia vita, creandomi una posizione e soprattutto divertendomi in maniera spensierata». Un figlio appartiene sempre a un genitore? «Un bambino è soprattutto della madre, e con questo non voglio to-
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gliere nulla ai papà, figure fondamentali nella vita di ogni individuo. Voglio solo dire che noi mamme sentiamo i nostri figli crescere dentro di noi, instauriamo da subito un rapporto con loro, li vediamo venire al mondo attraverso di noi: il legame madre-figlio è viscerale». Ora lei ha meno tempo per sé oppure lascia sua figlia alla baby-sitter? «La mia vita è cambiata da due anni, da quando è nata Alice ho cercato di stare accanto a lei il più possibile, privandomi anche dei miei spazi, perché credo che un bimbo durante i primi anni di vita debba sentire il contatto della mamma il più possibile». Qual è la routine quotidiana del genitore? «Ho imparato cosa voglia dire “sacrificio spontaneo”: fino a quel momento sei padrona della tua vita e del tuo tempo, con un figlio impari ad amare in maniera totale e capisci che inevitabilmente tu vieni dopo». Il suo corpo da Macao in poi è stato considerato un simbolo di sensualità. Non ha mai avuto paura di perderla durante la gravidanza? «Assolutamente no, con la pancia mi vedevo bellissima e dopo il parto ero più magra di prima. Poi è cosi bello ingrassare per uno scopo simile». Si può essere sexy anche con un figlio? «Si è sexy se lo si è dentro, con o senza un figlio si può essere attraenti, basta volerlo». Molte donne con la maternità non si preoccupano più di dover piacere a tutti… «Di certo cambiano le priorità, tante cose che prima erano importanti dopo sembrano solo dei vecchi ricordi». Spesso le donne, diventando mogli e madri, dimenticano il loro lato femminile… «Questo purtroppo accade di frequente, dico purtroppo perché non dovremmo mai perdere di vista la nostra femminilità. Si può essere madri a tempo pieno ma anche mogli e donne. Ovviamente la cosa diventa più complicata, ma vi assicuro che si può fare». Ora le sue scelte professionali saranno influenzate da Alice? «Certo, amo il mio lavoro e finché me ne daranno la possibilità cercherò di farlo al meglio, ma mia figlia verrà sempre prima di ogni impegno professionale». C’è qualcosa che le manca della situazione di prima? «Sì, la spensieratezza e quei sonni lunghi e pesanti».
Valentina Pace (35 anni) ha studiato recitazione con Beatrice Bracco e poi con Giulio Scarpati; dal 2002 al 2010 ha interpretato il ruolo di Elena Giordano nella soap opera di Raitre Un posto al sole.
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For magazine PROTAGONISTI di Tommaso Gandino
LA BELLEZZA NON è TUTTO Micol Azzurro, dai varietà di Raiuno al film di Paolo Virzì Tutti i
santi giorni,
ripercorre la sua carriera fatta di impegno, passione e sacrifici Per lavorare nel mondo dello spettacolo è necessario essere esibizionisti? «Non è detto che la voglia di esprimersi debba necessariamente collegarsi ad una componente edonistica come l’esibizionismo». Come si fa a non farsi ossessionare dalla Tv? «Se si vuole solo continuamente apparire si può diventare schiavi del sistema, se invece si arriva in televisione con un percorso e per amore di quel lavoro non è il quantitativo di apparizioni a costituire motivo di pensiero». Quali momenti della sua carriera ricorda con maggiore incisività? «Ho un grande puzzle di ricordi e non posso mettere sotto la lente d’ingrandimento solo alcuni tasselli, sminuendo il valore degli altri. Tutti i momenti sono stati importanti per la mia crescita professionale e tutti, concatenati insieme, danno il risultato della mia realtà di oggi». Che cos’è per lei la bellezza? Un punto di forza, una fatica, un’opportunità? «È un punto di forza se, con fatica, si lavora sulla propria professionalità per saper cogliere la giusta opportunità». Lei era una ballerina che faceva di tutto per…? «Gli step di una carriera sono molteplici. Prima di essere una delle quat-
tro, cinque belle vallette ballerine pseudo-parlanti che affiancano il presentatore, avevo già alle spalle un anno e mezzo di conduzione televisiva in diretta giornaliera su una rete musicale nazionale e con numerosi anni di studio in scuole di recitazione. La scelta di “regredire” come ruolo è stata volontaria e mirata per mettere un piede nelle più importanti reti televisive nazionali e farmi così conoscere ad un pubblico più vasto. Il coraggio che mi riconosco è quello di aver saputo trovare il momento giusto per uscirne e mettere in gioco le mie capacità agli occhi di chi poteva scegliermi per un ruolo diverso e sicuramente più centrale come quello di un’attrice. Io credevo nei miei mezzi e fortunatamente qualcuno ha creduto in me». Si è sempre tenuta a debita distanza dallo star system e dalle serate di gala? «Amo uscire di casa per staccare la spina dal lavoro e, in quelle occasioni, preferisco attorniarmi della compagnia degli amici di sempre o di quella degli affetti più stretti. Diffido dalla concezione che il gossip sia un utile mezzo per farsi pubblicità, anzi lo reputo una pubblicità controproducente e poco professionale. Per quello che ho potuto l’ho sempre evitato anche se, per piccole cose, ne sono stata coinvolta a mia insaputa». In questo momento della sua vita ha sacrificato l’amore alla carriera? «Ho conosciuto amori che volevano sacrificare il mio lavoro, ma non ci sono riusciti. Da lì in poi ho imparato a valutare e a dare gran peso al rispetto per le ambizioni. Oggi sono una ragazza molto amata e che ama molto, se ho fatto dei sacrifici non me ne sono accorta perché li ho scelti io e non mi sono stati imposti. Questa è l’equazione che spero di riproporre anche per gli obiettivi affettivi e privati che ho in serbo per me stessa e per la persona che mi è vicina».
FIDATEVI DI ME
Per Rober to Cipullo, produttore cinematografico, i film italiani
sono pieni di attori talentuosi, ma le storie sono sbagliate. Servono coraggio e competenza Negli ultimi dieci anni che cosa ricorda con più piacere? «Tra le tante esperienze posso dire che in campo cinematografico la cosa più bella è stata quando, in concorso a Venezia, alla fine del film che avevo realizzato, dopo dieci minuti di applausi, il direttore Marco Müller si è venuto a congratulare con me».
Lei ha aiutato giovani registi ad emergere… «Diciamo che lo sto facendo ancora. Ho appena finito di produrre Outing – Fidanzati per sbaglio, diretto da un quasi esordiente, Matteo Vicino, a cui ho messo in mano un cast stellare: Massimo Ghini, Nicolas Vaporidis, Giulia Michelini».
Qual è stata la cosa più difficile che ha sopportato nella sua vita? «L’incredulità delle persone a cui dicevo cosa volevo fare. Le facce perplesse dei miei interlocutori alle volte erano veramente difficili da mandare giù. Per fortuna vedere le stesse facce altrettanto imbarazzate e stupite quando poi venivano a sapere che ero riuscito a realizzare il mio progetto mi ha sempre ripagato di tutte le amarezze».
Chi è secondo lei l’ultimo grande regista italiano? «Dino Risi. E tra i giovani dico Fausto Brizzi per il modo con cui ha saputo rivitalizzare la commedia italiana». Che cosa serve di più ai film oggi? «I soldi! E sicuramente l’entusiasmo e la passione che sono il mattoni
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vita rispettando sempre tutto e tutti, per me ogni impegno preso stringendo una mano è sacro».
fondamentali su cui costruire un progetto. La tecnologia è importante nella misura in cui i registi capiscono che ha fatto passi da gigante e che ormai è molto più bello e stimolante provare le nuove tecniche di ripresa, anziché rimanere ancorati ai vecchi schemi. Non bisogna avere paura del nuovo».
L’ultima scelta coraggiosa che ha fatto è stata? «Ogni volta che si dà il via a una produzione è una scelta coraggiosa, forse anche troppo!».
Secondo lei nel cinema italiano ci sono bravi attori nelle parti sbagliate? «No, sono le storie ad essere sbagliate! Per fortuna in Italia ci sono ancora attori straordinari, anche giovani; invece mancano le storie: al prossimo film sui problemi generazionali dei trenta/quarantenni chiedo la cittadinanza svizzera». Del suo mondo cosa non le piace? «Tante cose, purtroppo. Forse la più brutta è la totale mancanza di imprenditorialità da parte di chi metti in piedi un film. Troppe volte ho sentito parlare di budget milionari, attori famosissimi e storie incredibili da persone che non sapevano nemmeno da che parte si comincia». Cosa vorrebbe che non si dicesse mai sul suo conto? «Che di me non ci si può fidare. Ho provato a costruire qualcosa nella
Nicholas Vaporidis e Andrea Bosca protagonisti di Outing - Fidanzati per sbaglio.
INSEGUO I MIEI SOGNI
Natalia Henao, bellissima modella colombiana, vorrebbe camm
inare un giorno
sul tappeto rosso di Hollywood, magari come la sua connazionale Sofia Vergara Per molte donne è difficile accettare una realtà che non sia la realizzazione dei propri sogni adolescenziali… «Personalmente sto ancora inseguendo i miei sogni. Fortunatamente ancora non so cosa si provi a non realizzarli, ma comunque vada sono dell’idea che non ci sia realtà migliore che vivere sereni e svegliarsi con il sorriso ogni mattina». La strada dell’attrice le piace? «È una delle possibili carriere che potrei intraprendere per il mio futuro, non mi piace pormi limiti. Il mio animo intraprendente un giorno potrebbe farmi volere diventare una dj, un altro giorno invece una psicanalista (studio alla facoltà di Psicologia), insomma non mi rimane che restare a guardare cosa seguirà il mio istinto!». Questo lavoro è stato un suo preciso desiderio o il destino? «Le esperienze che il mondo del cinema mi ha regalato finora sono sicuramente frutto di un mio preciso desiderio; credo che il destino non sia altro che la conseguenza delle nostre azioni, e quindi dei nostri desideri». Entrare nei panni di un’altra la aiuta a capire di più se stessa? «Senza dubbio alcuno! Non si finisce mai di capire se stessi, anzi spesso si passa una vita intera a tentare di capirsi, e calarsi nei panni di un’altra permette di conoscere aspetti nuovi della propria personalità».
Quali sono stati gli incontri più interessanti della sua carriera? «Ho avuto la fortuna di incontrare il mio idolo al festival del cinema di Ischia, Sofia Vergara! Oltre ad essere un’attrice hollywoodiana ammirata è un talento colombiano che rappresenta orgogliosamente il mio Paese in tutto il mondo». Il tappeto rosso è un sogno o un’ansia? «È senza dubbio un sogno! Vorrei attraversarlo un giorno con tutti i riflettori puntati addosso. Nella speranza di non inciampare sul vestito e fare una gaffe indimenticabile!». Lei ha paure o desideri nascosti che vengono fuori nei sogni? «Sì. Nei sogni a volte appare la mia ansia più grande, ovvero la paura di non avere abbastanza tempo, di non averne per realizzare ciò che voglio». C’è un progetto personale su cui punta? «Oltre ad aiutare la mia famiglia, ho in mente un progetto per aiutare il mio meraviglioso Paese, che per fortuna è in fase di netto progresso: vorrei aprire un centro per accogliere i bambini colombiani e sostemere le ragazze madri».
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ForSCATTI magazine di Bruno Oliviero
Anne Garcia è una bellezza brasiliana, che è arrivata a Roma da qualche anno portando con sé il calore tipico del suo paese. Ha partecipato lo scorso anno alla trasmissione Tv su Italia 1 I Mammoni e nel frattempo si è sempre dedicata alla pubblicità, sia televisiva che fotografica, facendo cataloghi di moda, intimo e costumi da bagno. Ha studiato recitazione in Italia, perché il suo vero sogno nel cassetto è quello di fare l’attrice. Indubbiamente con il suo talento, un viso così intrigante e quel fisico mozzafiato può fare molta strada. 122 For Magazine
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Anne Garcia 123 For Magazine
Forsport magazine di Pina Bevilacqua
COMINCIA L’ERA MALAGÒ Il presidente del Circolo Aniene viene eletto a sorpresa numero uno del Comitato Olimpico Nazionale Italiano. Ecco programma e numeri dell’imprend itore Lo sport come «traino di un’Italia disastrata» perché «con lo sport possiamo creare sviluppo». Le Olimpiadi come un sogno da coltivare. La parola d’ordine è “rimboccarsi le maniche”. Non solo campioni, ma anche il movimento di base, le scuole, gli oratori, la fusione di comitato olimpico e paralimpico, la legge sugli stadi, il rinnovamento della giustizia sportiva («Tutti si lamentano, il terzo grado è diventato uno scontificio»), un Coni meno dipendente dalle tasche dello Stato. Sono solo alcuni degli obiettivi di governo di Giovanni Malagò, neo presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, il quindicesimo della storia, il sesto del dopoguerra, l’uomo che succede a Gianni Petrucci dopo 13 anni di guida.
Tutti lo davano per sconfitto (come quattro anni fa, quando prese “solo” 24 voti) e indicavano Raffaele Pagnozzi, da quarant’anni al Coni, da venti segretario generale, come il cavallo vincente. Ma il responso delle urne è stato perentorio: 40-35 per Malagò. Un trionfo, anche per lo sport romano e per i gloriosi Circoli Storici capitolini, di cui il nuovo numero uno dello sport italiano si può considerare massima espressione. Dal 1997 è, infatti, presidente del Circolo Aniene, che sotto la sua direzione ha portato nella Capitale, e in forza allo sport nazionale, campioni come Federica Pellegrini, Josefa Idem e Alessandra Sensini. Nonché del prestigioso centro sportivo Acquaniene. Imprenditore di successo, Malagò, ro124 For Magazine
romano
mano, 54 anni, una laurea in Economia e Commercio con 110 e lode, giallorosso doc, è uno che di sport ne capisce davvero. Da agonista ha praticato il calcio a 5, vincendo tre titoli italiani con la Roma RCB, quattro Coppe Italia (di cui due con l’Aniene), partecipando con la Nazionale ai Mondiali in Brasile del 1986; nel suo curriculum sportivo ci sono anche tennis, sci, nuoto, atletica, basket e canottaggio. Membro della Giunta esecutiva del Coni nel 2000 e poi nel 2009, si è occupato di molti avvenimenti sportivi di carattere internazionale organizzati in Italia. Nel 1997 è Presidente del Comitato Organizzatore del Cinquantenario della Ferrari, Consigliere Delegato Figc per i 100 anni della Federazione e Responsabile
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Giovanni Malagò è nato a Roma il 13 marzo 1959. Il neo presidente del Coni vorrebbe riproporre la candidatura della Capitale per le Olimpiadi quando si dovrà scegliere la città che ospiterà i Giochi del 2024. «È un sogno e io nei sogni credo», ha dichiarato il nuovo capo dello sport italiano.
del Comitato d’onore e delle Relazioni Esterne di “Roma 2004”. Dal 1998 al 1999 è Presidente del Comitato Organizzatore degli Internazionali d’Italia di Tennis. Nel 2000-2001 è Presidente (era già Amministratore Delegato) della Pallacanestro Virtus Roma. Nel 2002 viene insignito con la Stella d’Oro al Merito Sportivo. Nel 2003 è Coordinatore del Comitato di “Sport per Tutti” promosso dal Cio e dal Coni. Nel 2005
è Presidente del Comitato Organizzatore degli Europei di Pallavolo, Presidente del Comitato Organizzatore dei Mondiali di nuoto di Roma nel 2009, Presidente Comitato Organizzatore Eurolega di Pallavolo nel 2006, quando viene nominato cavaliere dell’A.S. Roma Calcio e nel 2007 consigliere delegato del Comitato Organizzatore Mondiali 2010 di Pallavolo. Nel 2011 è membro del Comitato d’onore per la candidatu125 For Magazine
ra, poi fallita, di Roma ai Giochi Olimpici del 2020. «Considero questa carica la più importante nel nostro Paese, farò di tutto per onorarla», ha dichiarato commosso Giovanni Malagò subito dopo l’elezione. E noi gli auguriamo di cuore buon lavoro, perché lo sport è importantissimo, un pilastro portante della società.
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CAMPIONI A CAVALLO
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Ancora successi per il polo capitolino che porta i suoi colori e i suoi atleti al 24° Cortina Winter Polo. Miglior giocatore Fabrizio Bulgarini Grande performance per i polisti capitolini al 24° Cortina Winter Polo. Il più importante torneo su neve a livello mondiale, insieme a quello di St. Moritz, nato dalla passione del patron del locale Hotel de La Poste e di alcuni turisti romani. Sul campo di Fiames, a pochi chilometri dal cuore della Regina delle Dolomiti, e dal lago di Misurina, tradizionale scenario dell’evento, il solito pienone di pubblico e mondanità, la consueta massiccia presenza degli argentini, veri dominatori nello “sport dei re”. Quest’anno cinque i team impegnati nello spettacolare primo atto dell’Audi Gold Cup: John Taylor-Montecarlo, Audi, Hotel de la Poste, Ruinart, U.S. Polo Assn. Ad avere la meglio la prima squadra, che ha battuto
in finale 10-6,5 la seconda (capitano il milanese Davide Nanni, tra le sue fila Paolo Santambrogio, il romano Fabrizio Bulgarini, per la quarta volta al Cortina, l’argentino David Bernal). Così i grandi polo player capitolini Rommy Gianni (Roma Polo Club) e Luca D’Orazio (La Ginevra Polo Club), con l’argentino Dario Musso, cioè lo zoccolo duro del team vincitore (che quest’anno ha messo in campo anche l’argentino Juan Cruz Greguoli), con sei successi a testa, si sono confermati i poleri più vincenti del torneo ampezzano. «La saga dei Gianni continua», ha gridato felice Rommy, 36 anni, figlio del mitico Sabatino, a successo ottenuto. «La mia famiglia ha vinto otto volte a Cortina, di cui sei negli ultimi 12 an126 For Magazine
ni». A completare la festa Musso, alla sua undicesima presenza al Cortina Winter Polo, che ha conquistato per la terza volta la classifica capocannonieri del torneo con 20 centri. Pacato e soddisfatto il commento di Davide Nanni: «Non eravamo tra i favoriti a disputare la finale e, invece, partita dopo partita, ci siamo arrivati». Poi la sfida per il terzo posto, andata al team più internazionale della manifestazione cortinese, l’U.S. Polo Assn (capitano l’irlandese Richard Fagan, in squadra l’inglese Marcus Hancock, l’argentino Marcus Araya e lo spagnolo Santiago Torreguitar), che ha liquidato 8-4 il valido team di casa, l’Hotel de la Poste (capitano il milanese Gif Turati, in squadra Oscar Carona, il monzese Fran-
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Foto di Bandion.it Una fase del match tra le squadre John Taylor-Montecarlo e U.S. Polo Assn. Il primo team ha vinto l’Audi Gold Cup battendo in finale per 10-6,5 l’Audi, che poteva contare tra le sue fila sul romano Fabrizio Bulgarini, per la quarta volta presente al Cortina Winter Polo ed eletto a fine torneo miglior giocatore italiano.
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Foto di Bandion.it La premiazione del team John Taylor-Montecarlo.
co Piazza de La Ginevra Polo Club di Roma e l’argentino Diego White). Già, perché come dice Luca D’Orazio, capitano di lungo corso al Cortina Winter Polo, la palla è rotonda e la neve traditrice. Alla fine, miglior giocatore italiano è risultato Fabrizio Bulgarini, che ha costruito la sua carriera sui campi del Roma Polo Club, dove già si esercita
il figlio Jacopo, per continuare la tradizione. Miglior cavallo Turron, un maschio baio di 9 anni, sempre in forza alla squadra portacolori del title-sponsor. Premio Fair Play Renato Manaigo a capitan Fagan. Giocatore più giovane del torneo, e della sua lunga storia, il 14enne tedesco Teodoro Neuforge (Ruinart Polo), ancora un prometten128 For Magazine
te figlio d’arte. Archiviata l’affascinante tappa sulla neve, il Polo Gold Cup Circuit fa rotta sulla Capitale. E a giugno (dal 25 al 29), per l’attesissima Roma Summer Polo, sulla storica erba del prestigioso Roma Polo Club, saranno davvero scintille visto il calibro dei top player impegnati.
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people & stars & event
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Foreventi magazine I TAROCCHI DEL XV SECOLO Dopo la fortunata esposizione del 1999 non vi è stata più occasione di riproporre al pubblico le 48 carte del mazzo di tarocchi braidense, detto Brambilla dal nome della famiglia milanese che l’ha posseduto nel corso dell’Ottocento e di buona parte del Novecento. Il mazzo, realizzato dalla bottega cremonese di Bonifacio Bembo tra il 1442 e il 1444 circa per il duca di Milano Filippo Maria Visconti, è stato acquistato nel 1971 dallo Stato per la Pinacoteca, grazie anche all’interessamento dell’Associazione Amici di Brera e dei Musei milanesi. Per ragioni conservative, legate al materiale costitutivo (cartoncino pressato, rivestito di un sottile strato di gesso, con foglia d’oro o d’argento e coloritura a tempera), i tarocchi non possono essere esposti con continuità. La mostra di pittura, curata da Sandrina Bandera e Marco Tanzi, presenta una scelta campionatura di opere esposte alla Pinacoteca di Brera fino al 7 aprile.
I TRE CROCIFISSI Fino al 2 giugno, il Museo Diocesano di Milano ospita I tre crocifissi, la straordinaria opera di pittura di Vincenzo Foppa (1427 ca. - 1516 ca.), proveniente dall’Accademia Carrara di Bergamo, attualmente chiusa per importanti lavori di ristrutturazione. Tradizionalmente datata al 1456, la tavola è considerata uno dei dipinti più importanti di Foppa, agli esordi del suo percorso. Un arco di ispirazione classica, ripreso da modelli padovani, introduce la scena e si spalanca su un passaggio incantato, di sapore ancora tardogotico, in cui castelli e paesi conducono lo spettatore fino all’orizzonte vibrante di luce. I corpi dei tre crocifissi, modellati da un sapiente chiaroscuro e prospetticamente impostati, rivelano una precoce attenzione del pittore verso le importanti novità che Donatello proprio in quel momento stava elaborando a Padova, aprendo anche per la Lombardia una nuova stagione artistica.
LA DUALITÀ DEI GEMELLI Gemini è la prima mostra di pittura in Italia di Roman Liška, artista di origine tedesca, con studio a Londra, che viene accolta fino all’11 maggio negli spazi della Brand New Gallery. Concepita come una serie di gemellaggi strategici, la mostra si propone di indagare su un piano formale la nozione di singolarità. Gemini implica una molteplicità di riferimenti, che vanno dall’aspetto più letterale del termine fino all’associazione di più nozioni metaforiche, liberamente ispirate dalle letture di Chromophobia di David Batchelor e legate alle interpretazioni astrologiche relative alle contrapposizioni di questo segno zodiacale. Secondo una versione della mitologia greca, i Dioscuri raggiunsero l’immortalità ciascuno nel proprio modo, Castore come un semidio, Polluce come un mortale, dando forma alla costellazione dei Gemelli. La dualità espressa in questo mito è il fil rouge dell’indagine dell’artista.
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For magazine Pittura IL POP SURREALISMO DI HESHKA La Galleria Antonio Colombo è lieta di presentare fino al 4 maggio la seconda mostra personale di Ryan Heshka, artista canadese di area pop surrealista. La mostra di pittura Teenage Machine Age, ci riporta dove l’ultima sua esposizione in galleria (Ours) ci aveva lasciato. Heshka continua la sua rivisitazione dell’epoca d’oro della Science Fiction immaginando un universo fantastico popolato da pin-up, computer futuristici, robot di latta e mostri umanoidi, attraverso l’esplorazione di scene surreali e di ricordi offuscati, mescolando il tutto con vaghi cenni a temi universali. L’uso e l’abuso della tecnologia, la folle corsa dell’umanità per sfuggire alla noia, l’intrecciarsi del mondo artificiale creato dall’uomo con l’ambiente naturale, lo spirito commerciale impazzito. Tutti questi temi trovano la loro dimensione in dipinti su tavola dai colori primari accesi e raffinati disegni su carta, di piccole e grandi dimensioni. BOLDINI E GLI ALTRI MAESTRI DELL’800 In esposizione fino al 28 marzo, la Galleria Bottegantica apre la stagione artistica 2013 con una mostra di pittura dal titolo Segni d’Artista. Disegni, pastelli e acquarelli di Boldini e di altri maestri dell’800 italiano. La rassegna approfondirà in particolare il lavoro di Giovanni Boldini, straordinario cantore della bellezza femminile e protagonista della Belle Époque parigina, attraverso una selezione di opere in cui la donna è raffigurata in smaglianti ritratti ufficiali o in pose più ardite e sofisticate. Si tratta di un omaggio alla grande riscoperta nel secondo Ottocento della grafica, del pastello e della pittura ad acquarello, che trovò terreno fertile nelle principali città italiane (Firenze, Milano, Roma, Napoli, Venezia) grazie all’eccellenza di illustri personalità artistiche, la cui fortuna si propagò ben presto anche all’estero. In mostra anche Gioie materne di Vincenzo Irolli e Idillio di Alessandro Zezzos.
SPLAYS Brand New Gallery ospita dal 21 marzo all’11 maggio Splays, mostra di pittura personale del giovane artista inglese Gabriel Hartley. Splays si riferisce all’idea di un corpo disteso, espanso, con le membra allungate e protese verso l’esterno. I titoli scelti da Gabriel Hartley per i suoi lavori, sempre concisi, alludono alle letture possibili delle sue opere, solo apparentemente relegate ad un’esistenza astratta, per la semplice naturalezza con cui è possibile associarle al mondo fisico circostante, di cui pur coglie i riferimenti surreali. Questo titolo manifesta e giustifica la scelta dell’artista di mettere letteralmente in tavola le sue opere e di apparecchiare le basi su cui esse poggiano con delle stampe digitali, distese come in uno scanner. Tra i dipinti esposti figurano Purl e Brackets, entrambi frutto di un lavoro ad olio e pittura spray su tela.
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For magazine Design & Cinema ANTICO E NUOVO IN ARCHITETTURA Un tema di design da sempre al centro del dibattito culturale architettonico in Italia è il rapporto fra la realizzazione delle nuove opere architettoniche e la conservazione, o meglio il restauro, di edifici e complessi storici. Anche la formazione universitaria sembrerebbe aver contribuito da tempo a creare una contrapposizione fra progettisti (dediti alla creazione del nuovo) e restauratori (preposti alla conservazione dei beni tutelati). Tuttavia, è l’intelligente connubio delle due figure a delineare quanto di più attuale: infatti, terminati gli anni dello spensierato consumismo è chiaro oggi che una strada per migliorare il mondo in cui viviamo consiste nell’evitare di distruggere, e anzi nel conservare e valorizzare quanto di buono abbiamo ereditato dalle epoche passate. Slogan come “ottimizzazione delle risorse”, “protezione dell’ambiente”, “valorizzazione delle identità culturali” provengono dalla cultura del restauro, ma suonano attualissimi. Paolo Brasioli VITTORIO DE SICA: QUANDO IL CINEMA SI FA RIVOLUZIONE «Tu albeggi, noi (tutti noi registi italiani) tramontiamo». Le parole di Mario Soldati rivolte a Vittorio De Sica dopo l’uscita del film Ladri di Biciclette, la bici di Lamberto Maggiorani accanto all’Oscar e la camminata strana di Enzo Staiola sono residui di un immaginario neorealista che non c’è più. Perché De Sica è stato un prototipo irripetibile, un fuoriclasse in grado di interpretare qualsiasi ruolo, che non può essere paragonato o avvicinato praticamente a nessun altro. Nella storia del cinema è un unicum. Attore, regista, chansonnier, giocatore incallito e umorista di livello. Tre figli, quattro Oscar, con il Neorealismo ha affrancato la nostra immagine all’estero. Originario di Sora, ma è come se fosse nato a Londra o a New York. Con lui siamo tornati a sentirci davvero italiani. A quasi quarant’anni dalla sua scomparsa emerge un bricolage di ricordi raccontati dagli abiti di scena, dai ritagli delle recensioni teatrali collezionate dal padre Umberto (che l’aveva incoraggiato a lasciare un posto fisso alla Banca d’Italia per seguire il suo sogno di artista), da un vecchio giradischi che suona le note di Parlami d’amore Mariù, simbolo della grande eleganza del cineasta. Il talento è una questione di spessore, che per tutta la vita ha accompagnato un padre del nostro cinema, in questa Italia che facilmente dimentica tutto. L’uomo che con Umberto D. ha fatto piangere Charlie Chaplin e che con Ladri di Biciclette – Martin Scorsese dixit – ha rivoluzionato la storia del cinema. Agostino Madonna
Vittorio De Sica
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For magazine Cinema, Documentari ,Teatro UPSIDE DOWN È uscito da poco nelle sale italiane il film Upside down con Jim Sturgess e Kirsten Dunst, diretto da Juan Diego Solanas. All’apparenza potrebbe sembrare la tipica storia di due ragazzi innamorati che, attraverso mille peripezie, coronano il loro sogno d’amore. La differenza sta nel fatto che i due piccioncini appartengono a mondi non solo diversi per cultura, benessere economico e religione, ma anche e soprattutto per gravità. Sì, avete capito bene. Adam (Sturgess) fa parte del malfamato e povero mondo di sotto mentre Eden (Dunst) vive nel mondo di sopra, accogliente, sfarzoso e lucente. Sono costretti a vedersi uno sotto sopra e non possono vivere insieme perché i due mondi sono in conflitto tra loro. Solanas, grazie all’utilizzo di effetti speciali strabilianti, riesce a tenere lo spettatore incollato al teleschermo. Consigliato per passare una serata in relax, il tema è originale ma poteva essere sfruttato e sviluppato meglio. Jessica Di Paolo CORPO E SPIRITO L’artista e filmmaker thailandese Apichatpong Weerasethakul presenta Primitive, un documentario avviato nel 2009 ed esposto nella sua interezza in un allestimento appositamente concepito per gli spazi di Hangar Bicocca fino al 24 aprile. Lo spettatore è immerso in un’atmosfera magica e misteriosa evocata da immagini che alternano luce e ombra, narrazione e silenzio totale, realtà e finzione, passato e futuro. Le opere di Weerasethakul non presentano una struttura narrativa lineare, ma si sviluppano come apparenti documentari che si trasformano continuamente in racconti onirici: si passa da lunghe riprese dettagliate di un luogo o di un personaggio a situazioni nell’ordine del surreale, come l’apparizione improvvisa di un fantasma. Bizzarri incroci che in parte riflettono il modo di vivere della Thailandia rurale, tuttora fondato su antiche credenze animistiche, su leggende e superstizioni, tra realtà concreta e dimensione spirituale. RIDERE CON IL TRIO A sette anni dal successo di Anplagghed, lo show dal vivo campione assoluto di incassi per la stagione teatrale 2005-2006, e dopo il successo cinematografico nel 2010 con La Banda dei Babbi Natale (Biglietto d’oro 2011), il trio delle meraviglie Aldo, Giovanni e Giacomo torna a esibirsi dal vivo in un nuovo imperdibile spettacolo teatrale al Teatro Arcimboldi fino al 26 marzo. Ancora una volta i tre comici hanno scelto di affidare la regia del loro attesissimo ritorno ad Arturo Brachetti, il più grande trasformista del mondo, che già li ha diretti ne I Corti (1995), in Tel chi el Telun (1999) e in Anplagghed (2005). Nel nuovo show, dal titolo Ammutta Muddica Tour, è impressionante il numero di gag e siparietti divertenti portati in scena questa volta, con in più un’unica grande certezza: visti i precedenti è impossibile restare delusi e non ridere a crepapelle. Il trio è tornato, live!
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Nella mia rassegna fotografica di questo mese vi presento una giovane, talentuosa e bellissima ragazza. Scattare con la padovana Monica Boin, modella di grande esperienza e carisma, è un piacere sia fotografico che personale. Dall’alto della sua esperienza, maturata in diversi anni passati su vari set, Monica ha acquisito una notevole padronanza del corpo e della mimica, riuscendo in ogni situazione ad interpretare ciò che il fotografo le chiede. Sinuosa, dal fisico mozzafiato, con uno sguardo che cattura per l’intensità e per la spontaneità. La delicatezza espressiva dei suoi lineamenti la rendono una professionista con cui lavorare diventa una soddisfazione enorme. E il lato umano è quello che non ti aspetti: la persona più semplice e cordiale del mondo, sempre pronta a scherzare e a prendersi in giro, perché l’autoironia è la virtù dei grandi. Ma più che le parole, ciò che conta sono le sue fotografie. Fabio Pregnolato
Nuova rassegna fotografica e nuova artista. Questo mio servizio fotografico (make up artist Eliana De Pari) è dedicato a Giulia Gourieva, un’attrice nata a San Pietroburgo il 25 maggio 1981. Nel 1991 si trasferisce in Italia con la famiglia e nel 1995 frequenta un’accademia di recitazione per due anni, prima di tornare in Russia nel 2001 per iscriversi alla scuola statale di recitazione Pushkin, la prima al mondo con metodo Shakespeare. Successivamente torna a Roma per studiare con metodo Stanislavskij e frequentare vari stage con Vincent Riotta e alla scuola Strasberg. Nel suo curriculum vanta numerose collaborazioni come fotomodella con fotografi illustri. Dopo le varie esperienze come attrice in Un posto al sole, Il commissario Manara, Il Commissario Rex, ora sta girando una serie Tv (ma andrà anche sul web) riguardante un nuovo fantasy su demoni e vampiri. La sua carriera è in ascesa e si spera di poterla vedere presto anche sul grande schermo. Wanda Liliana Pacifico
FUORI DAGLI SCHEMI Ha realizzato di recente il suo primo videoclip, It’s cold in here, che segue la promozione del suo nuovo album musicale: Marco Joseph, in arte Joseph Loud, è un bassista, compositore e produttore, già membro di diverse band del panorama piemontese dal 1993 al 2000, grazie agli album Voci e Scomunica attraverso concerti in tutto il nord Italia e Svizzera. Loud ha studiato musica presso il C.P.M. di Milano e ha partecipato a colonne sonore di film, cortometraggi e spettacoli teatrali tra cui Sleepless di Maddalena De Panfilis e Mi sono persa di Emanuela Panatta; inoltre, ha preso parte al fianco di Claudio Santamaria alla fiction sulla vita di Rino Gaetano. L’estate scorsa ha pubblicato come indipendente e produttore il suo primo cd doppio intitolato Per aspera ad astra. La musica di Joseph nasce dal desiderio di libertà e di rottura degli schemi sociali, cosa che lo ha portato a collaborare con band e artisti tedeschi.
QUANDO SCATTARE DIVENTA UN PIACERE
DALLA RUSSIA CON PASSIONE
© Wanda Liliana Pacifico
© Wanda Liliana Pacifico
© Fabio Pregnolato
For magazine Fotografia & Musica
Marco Joseph
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For magazine Libri & Benessere PER SPIEGARE LA CRISI Ha avuto luogo di recente, presso la sede di “Milano Art Gallery - Spazio Culturale”, la presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa Il Palazzo e la Piazza. Il celebre scrittore e conduttore televisivo racconta i fatti salienti del 2012 a livello di cronache politiche, economiche e sociali. L’anno della crisi ha spazzato via certezze consolidate e ha avvolto il futuro in una nebbia fittissima. La frustrazione degli italiani, costretti a un’austerità necessaria, è diventata ribellione, ora silenziosa, ora gridata nelle piazze, davanti alla cecità di un mondo politico lontano dal paese reale. Tra i numerosi ospiti intervenuti alla presentazione anche la Baronessa Maria Lucia Soares. L’appuntamento fa parte del calendario del Festival Artistico Letterario “Cultura Milano” che si propone di rendere la cultura accessibile a tutti, organizzando incontri con personalità di spicco come Margherita Hack, Umberto Veronesi, Francesco Alberoni, Katia Ricciarelli. TUTTA COLPA DELLA GELOSIA La gelosia, dal latino “zelosum”, è il sentimento proprio di chi vive affetto dalla paura, spesso immotivata, di essere tradito dalla persona amata. Si tratta di una condizione negativa per la nostra salute e benessere che si manifesta con l’avversione e il rancore per chi sembra ottenere più attenzioni dalla persona che amiamo o stimiamo. La gelosia può essere anche un sentimento nobile, ma nella maggior parte dei casi si rivela perverso e maniacale, che nasce unitamente all’invidia. Ogni individuo può essere posseduto da questo malessere interiore che mette a dura prova l’equilibrio psico-emotivo. La gelosia incontrollata è malattia, insicurezza, egoismo; nei casi peggiori è accompagnata dall’odio e le reazioni possono assumere una nefasta valenza criminologica; la letteratura penale è colma di episodi delittuosi che illustrano quanto sia sottile l’equilibrio mentale delle persone quando il sentimento diabolico della gelosia esonda nella violenza. Ludovico Paratore I PIÙ SANI DEL MONDO I giapponesi sono i più sani del mondo: è questo il risultato dello studio sulla salute e il benessere mondiale sovvenzionato dalla fondazione di Bill Gates. Il segreto dell’eccezionale qualità dei giapponesi non è mai stato rivelato con esattezza, ma gli esperti sostengono che certamente la chiave è da ricercarsi nella combinazione di più fattori. Molti giapponesi intervistati dichiarano di seguire alcune regole semplici, come attenersi ad un regime alimentare rigoroso, dedicando tempo alla ricerca spirituale, appoggiarsi al sistema sociale fondato sulla famiglia, su tradizioni radicate e molto selettive con le pratiche mediche occidentali. «Le società occidentali sono sempre più vittime della medicalizzazione che nasce dalla convinzione che vi sia un rimedio per ogni stato di malessere», ha detto il professor Arthur J. Barsky della Harvard Medical School. Paura e ansia di ammalarci spesso producono le conseguenze negative che si volevamo evitare fin dall’inizio. Cristina E. Cordsen
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Hollywood
Il prestigio dell’Hollywood ha attirato come al solito una schiera infinita di clubber e di vip che nel locale di corso Como trovano la loro sede ideale. A cominciare dallo speciale contest organizzato dalla Star’s Management in occasione della sfida “baci da record” per festeggiare San Valentino con french kisses, il bacio più lungo in apnea, il maggior numero di coppie che si baciano simultaneamente in discoteca! Per passare poi al party per il compleanno della dj italiana Lady Bulgari che ha accolto amici e conoscenti per una mega serata di divertimento. Foto Fabio Scarpati Press.
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The Club
L’intrattenimento e la musica alternativi a Milano hanno una meta esclusiva: The Club con le sue originalissime serate Fidelio, che non mancano mai di incuriosire ed emozionare il pubblico. Anche grazie al prestigio degli ospiti che vi prendono parte. Di recente Fidelio ha presentato il Made, Music Club Como con il guest dj Nello Simioli. Altri appuntamenti sono stati la festa in costume del Carnevale ambrosiano, scandito dalla voce del guest singer voice Luca Dimoon e la serata con il Tatanka Club e special event Magrada party, con in piÚ il sound di Andrea Pellizzari e Jeanine & La Manu the voice. Foto di Bruno Garreffa.
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Tra i numerosi eventi celebrati questo mese al Just Cavalli non sono mancati i party in onore di personaggi celebri, come la festa di compleanno che ha visto protagonista l’ex tronista di Uomini e Donne Marco Meloni, che ha festeggiato in compagnia di tanti ospiti. Tra i presenti c’erano anche Vera Spadini, presentatrice di Sky Sport 24, e l’amico Silvano Del Gado, produttore discografico con il quale ha collaborato al suo primo progetto musicale, Love doesn’t exist, presentato lo scorso autunno. Foto Fabio Scarpati Press.
Just Cavalli
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Old Fashion
Dal 1995 lo storico locale milanese Old Fashion è la “house” degli studenti delle università della città e di tutti gli ospiti stranieri grazie ai programmi Erasmus. Ogni mercoledì sera si aprono le danze dalle 23.00 alle 4.30 del mattino, con ottima musica per un pubblico giovane, fresco e internazionale. Buffet e cocktail tipici da tutto il mondo fanno da sfondo ad una delle serate più cool e frequentate della settimana milanese, nel cuore dello storico Parco Sempione, in prossimità del centro cittadino. Fotografie di Internationalweek.
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Da dieci anni Alcatraz rimane unico nel suo genere, in Italia e in Europa. Uno spazio polifunzionale dalla pianta articolata e dall’estensione di 3000 metri quadrati, che grazie alla flessibilità delle strutture si presta non solo all’organizzazione di grandi eventi, ma anche alle occasioni più intime. Nel giro di poco tempo tra le sue mura si passa da una sfilata di moda ad una convention, da una festa privata ad una produzione televisiva, dalle serate più formali alle performance degli artisti più stravaganti. Fotografie di Internationalweek.
Alcatraz
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Le Banque
In voga ormai da diversi anni, nate come una serie di eventi dedicati al pubblico universitario, le serate Internationalweek si sono imposte come un vero e proprio fenomeno di tendenza, diventando un appuntamento irrinunciabile nell’arco delle diverse occasioni settimanali. Ogni giovedì sera l’internazionalità anima la lussuosa discoteca Le Banque, con una superficie di 2000 mq di pura eleganza e divertimento, dal grande appeal e dallo stile fantasioso e barocco, ideale per trascorrervi le serate più indimenticabili. Fotografie di Internationalweek.
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L’eccentricità delle serate del venerdì, dove dance e colore si incontrano in un clima di festa, da mezzanotte all’alba, è firmata Vogue Ambition, una full immersion nella musica pop italiana e internazionale, con la complicità del dj resident Max Martino. È la serata dove i giovani milanesi sembrano usciti da una factory warholiana. Garanti delle nuove tendenze metropolitane, gli appuntamenti targati Vogue Ambition sono unici nel loro genere. Il più divertente e allegro ritrovo della città, grazie anche all’animazione coinvolgente e a un pizzico di follia in ogni dress code.
Vogue Ambition
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Private Loft
Per chi ama le discoteche lontane dai soliti standard Private Loft per la The Mansion Night è la risposta giusta! Il club di via Privata Cascia ormai da quattro anni è diventato un must della movida milanese e dei più suggestivi e originali eventi, come il recente e spettacolare “Carnival Party”, scandito dalla musica di Max Correnti e con dress code in tema: Manga Style, Lollipop and Japan Cartoon. In una location così esclusiva, con l’organizzazione di Elite 42 e Noblesse Oblige, il divertimento è sempre assicurato!
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