For Roma M a g a z i n e
F l e m i n g Direttore Editoriale FABRIZIO COSCIONE f.coscione@flemingroma.it Direttore Responsabile GIACOMO AIROLDI Grafica Livia Pierini grafica@flemingroma.it Segretario di redazione Silvestro Bellobono segreteriaredazione@flemingroma.it Amministrazione amministrazione@flemingroma.it
Quella dolce Iena di
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Ilary Blasi
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Hanno collaborato: Nolberto Bovosselli, Jill Cooper, Sara Donati, Dina D'Isa, Tommaso Gandino, Michela Garosi, Marco Gastoldi, Demetrio Moreni, Bruno Oliviero, Sestilia Pellicano, Valentina Polidori, Marco Pomarici, Lucilla Quaglia, Marina Ripa di Meana, Ivan Rota, Santi Urso, Donatella Vilonna.
FLEMING PRESS Fabrizio Coscione Amministratore unico Fleming Press Srl Via Montello, 18 - 04011 Aprilia (LT) Tel. 06 92708712 Fax 06 92708714 info@flemingpress.it www.4mag.it Anno XX - n. 204 - Aprile 2013 Reg. al Tribunale di Latina - n. 7/11 del 13/05/2011
FLEMING PRESS EDITORE
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editoriale
Non perdete la mostra White Women/Sleepless Nights/Big Nudes (Palazzo delle Esposizioni, sino al 21 luglio). Vi accorgerete quanto la moda, la fotografia, la pubblicità, i videoclip e persino il costume debbano a Helmut Newton. E quanti siano quelli che l’hanno copiato. Ha sdoganato il nudo chic, il sadomaso raffinato, il bianco e nero che fa tendenza. Insomma, altro che Cinquanta sfumature di grigio! Per il resto gustatevi viaggi, auto e yacht da favola. E guardate, senza pensare di imitarli, quei pazzi su due ruote che sfidano ogni legge di gravità. Infine un mio ricordo personalissimo di Franco Califano: l’ho incontrato un bel po’ di tempo fa a Sanremo. E non abbiamo parlato di musica, né della canzone che presentava (Io per le strade di quartiere). Abbiamo chiacchierato della nostra cara Inter che, come al solito, ci faceva dannare. Non è un caso che Fiorello (con il quale, confesso, scambio un sacco di sms dopo ogni partita della Beneamata) mi abbia scritto: “Il Califfo, grande interista!”. E grande anticonformista, aggiungo io. Mai allineato con la cultura (di sinistra) del momento e fedele sempre alle amicizie (anche scomode). Ciao, Califfo. Mancherai a Roma e a quelli che continuano… a dire no. Giacomo Airoldi
For eventi magazine di Lucilla Quaglia
Benedetta Paravia e Alessandra Barlaam
Un’italiana in Medioriente Benedetta Paravia, portavoce di Angels Onlus, è stata scelta come madrina della prima edizione del Film Festival “We Care”, che si è svolto da poco a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Ospiti illustri e tanta sensibilità verso i ragazzi meno fortunati Un’italiana all’estero. Il Film Festival “We care” ha inaugurato quest’anno la sua prima edizione negli Emirati Arabi Uniti, a Dubai, per celebrare la filmografia dedicata ai bambini con bisogni speciali e diversamente abili. Diciotto le pellicole selezionate che trattano con sensibilità il tema della disabilità, un argomento rilanciato anche dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei disabili. Benedetta Paravia, portavoce di Angels Onlus, è stata la prima madrina del festival, scelta tra dieci candidate internazionali. Il festival nasce da un’idea del centro di educazione “Al Noor” di Dubai, donato per assistere i bambini con problemi e aiutare le rispettive famiglie dallo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, vice presidente degli Emirati Arabi Uniti e principe di Dubai, grazie all’intercessione di sua moglie, la principessa Haya bint Al Hussein, sorella del re di Giordania. Gli illustri promotori del festival, assieme al ministro delle Politiche Sociali Mariam Mohammed Khalfan Al Roumi, hanno presenziato alla cerimonia
e Benedetta Paravia ha premiato sei vincitori alla presenza del Console italiano a Dubai, Giovanni Favilli. Alla guida della giuria c’era Abdulhamid Juma, presidente e ceo del Dubai International Film Festival. «Abbiamo scelto Benedetta Paravia come madrina del festival – ha annunciato Ishpana al Khatib, direttrice del centro disabili “Al Noor” – nella duplice veste di ambasciatrice della Angels Onlus e di pop star, poiché è un’artista e un’imprenditrice riconosciuta come filantropa a livello internazionale, avendo salvato tanti bambini dalla malattia e sollevato dal dolore le loro famiglie». Benedetta Paravia, conosciuta in Medioriente anche con il nome d’arte Princess Bee, ha indossato una bellissima clutch disegnata e realizzata esclusivamente per lei dai bambini del centro “Al Noor”, che hanno dimostrato così al mondo come la disabilità sia solo un punto di vista. Make up a cura di Alessandra Barlaam.
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For magazine
Parola a Marco Pomarici Presidente Assemblea Capitolina
IL PAPA DEL POPOLO Care amiche, cari amici, uno stile inaudito, un linguaggio semplice e diretto, un uomo che non ha paura di comunicare le sue emozioni, e che sa farlo nel migliore dei modi. Questa la decisione che, lo scorso 13 marzo, al quinto scrutinio, ha preso la Chiesa. Jorge Mario Bergoglio, il gesuita arrivato dalla “fine del mondo”, è il 266esimo Pontefice della storia della Chiesa. Argentino di nascita con origini italiane, Papa Francesco, è un Papa di strada, che cerca e vuole il contatto con la gente, che ha voglia di mescolarsi tra la folla. Un Papa fuori dagli schemi: già dai primi gesti ha dimostrato la sua elevata semplicità e umiltà, dall’inchino rivolto ai fedeli al “buongiorno, buonasera e buon pranzo”, dal “vi voglio bene” al “pregate per me”, questo Santo Padre sta battezzando un nuovo sistema di comunicazione che cambierà il linguaggio della Chiesa e che in pochi giorni è riuscito ad arriverà nel cuore delle persone. La scelta di un nome simbolico, come quella di Francesco, racchiude quell’insieme di valori e di virtù che rappresenteranno i capisaldi del programma che Bergoglio ha intenzione di portare avanti. E non poteva fare scelta migliore incarnando al meglio il messaggio e la figura del religioso di Assisi: uno stile di vita austero che lo fa avvicinare sempre di più al popolo. Nel giorno dell’intronizzazione tutti gli occhi del mondo hanno volto lo sguardo su Piazza San
Pietro. Quando Papa Francesco ha iniziato a parlare, il silenzio ha accompagnato la genuinità del suo linguaggio. La piazza si è trasformata in un serbatoio di anime, totalmente rapita da questa nuova figura che come tutti i pastori e i religiosi argentini ha come caratteristica predominante il desiderio di avvicinarsi a chiunque. Il richiamo all’amore è il messaggio più forte ed emozionante del Pontefice che, durante l’omelia, appellandosi ai potenti della Terra, ha ricordato l’importanza di ritrovare gli altri in noi stessi, il coraggio di aprire le porte a chi è debole, a chi è fragile, a chi è bisognoso. Un pastore coraggioso e comunicativo, un conservatore nella dottrina ma allo stesso tempo un riformatore. Un uomo che, sono convinto, avrà la grande capacità di conquistare, affascinare e incantare anche coloro che hanno mantenuto un distacco nei confronti della Chiesa. Non va alla ricerca della bella frase o di uno stile aulico, che spesso non consente di raggiungere direttamente la folla, ma sa usare quel linguaggio popolare impregnato di grande cultura, tipica soprattutto dell’ordine dei gesuiti. Il Papato di Bergoglio segnerà una grande svolta per il mondo della Chiesa, un voltare pagina che in un momento come questo per l’umanità, afflitta da una crisi di valori decisamente evidente, sarà di grande rilevanza.
5 For Magazine
For magazine
UOMO DEL MESE di Ivan Rota
Dj Antoine
Con la sua musica sta facendo ballare tutta Europa, Bella Vita è il suo ultimo singolo che anticipa il nuovo album, il suo sound fa invidia a Snoop Dogg e Bob Sinclar (che con lui hanno collaborato). Bello, bravo, poliedrico: Dj Antoine è l’uomo del momento. Nato in Svizzera 37 anni fa, ma di origini libanesi, Antoine Konrad è dj, produttore e remixer di successo, capace di vendere oltre un milione di copie di cd da lui pubblicati, raggiungendo anche i mercati di Stati Uniti e Canada. Ormai è un mito!
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For magazine
DONNA DEL MESE
Jessica Alba Adesso anche Jessica Alba si è messa a scrivere. In occasione della presentazione del suo libro The Honest Life: Living Naturally And True To You, tenutasi da poco a New York, l’attrice americana, che esibiva la borsa di culto “Sofia” di Ferragamo, molto aggressiva, con borchie e gancio in metallo oro, ha stupito tutti per la sua semplicità. Anche se, rimarcavano in molti, non se ne può più di nuovi scrittori improvvisati. Poi, per lei, grande cena da Cipriani. Sino all’alba…
7 For Magazine
For magazine
È difficile che i registi stranieri si interessino a romanzi italiani, ma a volte capita. David Cronenberg si è innamorato dell’ultima opera di Franco Matteucci Il suicidio perfetto, finalista al Premio Strega: tra nevi immacolate, intrighi e sospetti, si muove il commissa-
Franco Matteucci
rio Marzio Santoni. Cronenberg non è il solo: anche il giovane Toni Trupia, giovane regista di Itaker, è stato colpito da questa emozionante immagine dark.
ROTAZIONI di Ivan Rota
For
La madrina del primo Maxi Zoo a Milano, supernegozio di alimenti e accessori per animali, è stata la presentatrice di Sky Federica Torti. Ad accompagnare Federica, che per l’occasione ha sfoggiato un look molto Catwoman, c’era la sua simpatica boxerina Dina. Federica indossava un capo Alta Moda dello stilista Delfrance Ribeiro, mentre il giocattolo di Dina era di Maxi Zoo: ora anche gli animali fanno da testimonial. Robe da matti!
The Kills
Una miriade di ospiti stellari per il party di Equipment al Rasputin di Parigi, il locale più cool del momento: tra questi Jessica Alba, The Misshapes, Jessica Stam, Alice Dellal, Bianca Brandolini, orfana di Tommaso Buti, Noor Fares, Samantha Traina, Giovanna e Sara Battaglia, Elizabeth von Guttman, Alexia Niedzielski, Anne Gaby Odiele, Nicholas Kirkwood, Gianvito Rossi, Harley Viera Newton, Derek Blasberg, Keegan Singh, Eddie Borgo, Ece Sukan, Dirk Standen, Haider Ackerman, Waris Ahluwalia. Tutti hanno avuto modo di intrattenersi fino a tardi scatenandosi con il dj set curato dai gettonatissimi The Kills. Manhattan e Alexander a profusione: sono tornati gli anni Ottanta, anche nei cocktail!
Bianca Brandolini
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Federica Torti
I cuochi “tirano” ed ecco una nuova star dei fornelli: lo chef italiano Luigi Ferraro nel suo Cafè Calvados di Mosca. Ferraro parteciperà alla “Giornata Mondiale delle Cucine Regionali”: un evento in occasione del quale numerosissimi cuochi italiani, in patria
e nel mondo, prepareranno una ricetta tipica della tradizione della propria regione. Ferraro proporrà alla clientela di Mosca la sua “Rivisitazione del Bocconotto di Mormanno con crema e Amarena Fabbri”.
Cocktail di presentazione della collezione di calzature di Mugnai: tanti ospiti che hanno ammirato le creazioni del giovane artigiano di Arezzo, Massimiliano Mugnai. Tra le scarpe presentate quelle con il tacco “Tour Eiffel” create appositamente per l’ex première dame Carla Bruni, che le ha indossate durante la sua partecipazione al Festival di Sanremo. Tra i presenti Gabriella Dompè, Silvia Urso Falck, Ilaria D’Urso, Ana Laura Ribas, Daniela Javarone, Enrico Groppali, Marta Brivio Sforza. Un arrivederci a Parigi dove Mugnai presenterà alle Galeries Lafayette, alla presenza della principessa Isabella Orsini la Ligne de la Tremouille.
La presentazione della Veet Beauty Boutique si è svolta alla presenza di Veet, Fondazione Pangea Onlus e una madrina dalla straordinaria bellezza, Elenoire Casalegno, che, tagliando il nastro di inaugurazione dello store, ha dichiarato: «Sono contenta di sostenere questa ini-
ziativa, di cui sono venuta a conoscenza grazie a Veet, che mi ha voluto coinvolgere in questo progetto, a cui mi sento particolarmente vicina». A farle da spalla, Melissa Satta ed Elena Santarelli.
Massimiliano Mugnai e Gabriella Magnoni Dompè
Cristiano Malgioglio è stato ospite dei due programmi Tv di maggiore successo in Romania, dove ha partecipato come guest star. Il primo programma è Acces direct condotto da Simona Gherghe, la Maria De Filippi romena. L’altro, in prima serata, si intitola Show pacatos con Dan Capatos, il Paolo Bonolis della situazione. Malgioglio è stato presentato come “il cugino di Lady Gaga”. Per il cantante, festeggiato come una star, cene e balli sino all’alba.
Dan Capatos e Cristiano Malgioglio
Elena Santarelli e Melissa Satta
Parigi in festa per la maratona della moda. Centro del divertimento Le Baron e, ancora, il Costes: presentazioni e feste senza sosta. Per Livia Firth, creatrice del Green Carpet Challenge, lunch molto chic con Iaia Renwick. Bruno Frisoni, nella boutique Roger Vivier di Rue Saint Honoré, ha presentato in anteprima il libro dedicato alla celebre maison: una vera e propria valanga di ospiti tra cui spiccavano Catherine Deneuve, Tilda Swinton, Inès de la Fressange, Jessica Stam e Gwen Lun-Mei. Gran classe all’Hotel Salomon de Rothshild per Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, stilisti di Valentino: viste e salutate Ariane Dandois, Hofit Golan e Ondine de Rothshild. Immancabili la festa di Carine Roitfeld, il cocktail di Cesare Paciotti con la sua collezione “Absolute Lumière” e la sua bellissima musa Margaret Madè, il lunch di Vionnet con la patron Goga Ashkenazi con al seguito la “badante” Marta Marzotto.
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Cesare Paciotti e Margareth Madè
Forcover magazine di Sara Donati
Magica Ilary 10 For Magazine
For magazine
La Letterina è diventata grande e brava. Come Iena sa difendersi dagli… attacchi di Teo Mammucari e della Gialappa’s Band. Come moglie coinvolge Francesco Totti in siparietti degni di Casa Vianello. Come mamma ha “fatto” due splendide creature Antonio Ricci, re di Striscia la Notizia e di Paperissima, l’ha detto più volte: «Ilary Blasi e Francesco Totti sono pronti per una sit-com come Casa Vianello». Intanto, però, alle Iene gli uomini intorno a lei cambiano continuamente (ultimi arrivati quei birichini della Gialappa’s insieme con Teo Mammucari), ma Ilary resta saldamente in sella. Bella e sexy, nonostante gli abiti “terribili” che imperterrita
indossa in trasmissione. La Letterina ne ha fatta di strada (come, d’altra parte, la sua cara amica Silvia Toffanin), il Pupone segna un gol dopo l’altro (e passa di record in record) e Cristian e Chanel diventano sempre più grandi e belli (e quasi ci si dimentica che nomi hanno affibbiato loro!). Altro che famiglia del Mulino Bianco! Questa è una star family: belli, ricchi e occupatissimi!
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For magazine REPORTAGE di Michela Garosi
Nella terra degli Inca
La costa presso Paracas, città portuale del Perù. Nonostante il litorale sia prevalentemente desertico, eccezion fatta per alcune oasi, la corrente del Perù che arriva dall’Antartide porta in superficie il plancton, alla base della catena alimentare.
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For magazine
Ultimo spettacolare viaggio ai confini del mondo per le Donnavventura. Mete visitate: il PerĂš e l'Amazzonia, la foresta equatoriale piĂš vasta del pianeta, dove le nostre reporter hanno scoperto una grande varietĂ di specie animali
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For magazine
I geoglifi di Nazca visti dall’alto di un aereo. Ancora oggi la datazione delle linee è approssimativa, ma si stima che il popolo omonimo le abbia realizzate fra il 300 a.C. e il 500 d.C.: si ipotizza che i Nazca hanno creato i geoglifi (alcuni superano ampiamente i 100 metri di estensione) rimuovendo dalla superficie del deserto le pietre scure ricche di ferro, lasciando libera la sabbia chiara. Si osservano varie figure: balena, ragno, cane, scimmia dalla coda a spirale, condor, colibrì.
Siamo all’ultimo capitolo di questa grande avventura alla scoperta dell’Oceano Pacifico. Le nostre esploratrici, lasciato il Cile e il Deserto de Atacama, ripartono seguendo la Panamericana verso nord fino ad arrivare in Perù, approdando ad Arequipa, cittadina coloniale dal fascino spagnolo. A bordo degli inarrestabili pick up, la squadra si spinge sempre più a settentrione seguendo la costa. Presso Nazca, il team si avventura in un sorvolo mozzafiato delle omonime linee, geoglifi realizzati probabilmente dalla popolazione Nazca tra il 300 a.C. e il 500 d.C., che rappresentano figure animali come colibrì, ragni, balene, scimmie. Sono state tracciate rimuovendo le pietre contenenti ossidi di ferro dalla superficie del deserto, lasciando così un contrasto con il sottostante pietrisco, più chiaro. È emozionante ammirarle dall’alto, tanto più con un volo acrobatico che le Donnavventura sicuramente non dimenticheranno mai, anche perché subito dopo tutte le reporter, ad esclusione di Chiara, iniziano ad accusare malori dovuti ai numerosi vuoti d’aria. Per fortuna, una volta scese, le ragazze si riprendono ma, come in ogni spedizione, il tempo stringe e subito si è pronte a percorrere altre centinaia di chilometri per arrivare alla tappa successiva: Paracas, dove le Donnavventura si cimentano in una guida spericolata sulle dune di sabbia, insieme ai piloti Mitsubishi della Dakar, che si allenavano proprio qui in vista del famoso rally partito a gennaio. Dopo Paracas, il team è pronto per affrontare un’altra grande missione: l’Amazzonia!
Catapultate in quella che è sicuramente una delle destinazioni più selvagge del pianeta, le belle reporter vengono a contatto con la popolazione, la cultura locale e il Rio delle Amazzoni, fiume straordinario che cattura subito il cuore delle nostre avventuriere. Il gruppo rimane sorpreso dalla varietà di specie animali presenti in questo immenso polmone verde e non perde infatti l’occasione di avvistare serpenti, delfini rosa, scimmie, bradipi, tapiri, piranha, pappagalli, tarantole, scorpioni, rane giganti e chi più ne ha più ne metta! È sempre nei pressi di Iquitos che la squadra trascorre una giornata indimenticabile fra la colorata tribù degli Yagua, un po’ diffidente all’inizio, ma assolutamente accogliente un attimo dopo aver conosciuto il team, anche perché tutto al femminile. È nel cuore dell’Amazzonia che la squadra approda a Belèn, villaggio galleggiante dove la popolazione cerca di vivere sfruttando quanto più possibile la vicinanza al fiume, che diventa fonte di vita, di scambi di generi alimentari e, non ultimo, di collegamento con il mondo esterno. Ma il team deve abbandonare la tanto amata Amazzonia per fare rientro a Lima e preparare tutto il materiale prima della partenza: la spedizione sta infatti volgendo al termine. E dopo quattro mesi intensi e ricchi di contrasti, le Donnavventura sono pronte per tornare in Italia e riprendere la loro vita, aspettando con ansia l’inizio di un altro nuovo e meraviglioso viaggio.
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In alto, la carovana arriva a Paracas a bordo dei pick up sfruttando la via Panamericana. In basso le Donnavventura con i piloti della Dakar che proprio su queste strade polverose e scoscese si sono allenati per preparare il celebre rally internazionale.
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Un tramonto a Paracas. I pellicani galleggiano sul pelo dell’acqua colorata di rosso per via del sole calante. La città è una località balneare, che vive di pesca e turismo, caratterizzata da clima confortevole, spiaggia rossa, residenze e hotel a bordo del mare, ristoranti di tipica cucina peruviana a base di pesce e frutti marini.
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Un esemplare di tapiro e uno di bradipo. Il parco nazionale di Paracas, dove le Donnavventura si sono recate per un giorno, è conosciuto per la sua ricchissima avifauna: non è difficile avvistare pellicani (come l’esemplare nella foto in basso), cormorani, sterne e gabbiani di varie fogge che pattugliano la riva, tuffandosi poi a capofitto appena avvistano i pesci di cui si nutrono. Questi animali vivono quasi in simbiosi con i pescatori, dai quali sono soliti ricevere il cibo.
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Ninfee giganti presso il piccolo villaggio di San Luis. Si tratta di piante acquatiche originarie dell’Amazzonia, caratterizzate da un fiore bianco che di giorno si schiude e il giorno successivo si richiude dopo aver assunto un colore piÚ rossiccio.
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Un mercato e una strada molto trafficata di Iquitos, città del Perù nord-orientale, nonché maggior centro dell’Amazzonia peruviana, fondata nel 1864 sul Rio delle Amazzoni. È la più grande città continentale (circa 400 mila abitanti) non raggiungibile via terra, ma solo utilizzando la via fluviale, attraverso il grande porto, o quella aerea, grazie all’aeroporto.
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Sopra, il team presso la tribù degli Yagua; sotto, alcuni membri della tribù mostrano come si usa una punaca. Gli Yagua sono un gruppo indigeno che abita nella regione nord-est del Perù; attualmente questi nativi vivono in oltre 30 comunità sparse nei pressi del Rio delle Amazzoni e di altri fiumi per un totale di circa 3-4 mila abitanti che parlano anche lo spagnolo.
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Le ragazze si godono un tramonto in barca sul Rio delle Amazzoni, il corso d’acqua più lungo del mondo con i suoi 6937 chilometri, nonché il più grande per volume d’acqua, numero di affluenti e bacino idrografico.
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Esemplare di pappagallo Arara. La zona è popolata da numerose e variegate specie aviarie anche per via del ricco nutrimento che si trova sulla superficie del mare. Il panorama è suggestivo, contraddistinto da un susseguirsi di morbide dune ad un passo dall’oceano, che crea un habitat ideale per altre molteplici famiglie animali.
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Le Donnavventura nei pressi di Iquitos e poi in visita in una scuola di San Luis, villaggio nella provincia di Lima.
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For magazine PROTAGONISTI di Tommaso Gandino
È L’AMORE CHE MI GUIDA
Le donne come Alessandra Canale si sentono al contempo forti
e vulnerabili,
sexy e sensibili: l’annunciatrice della Rai è in forma perfetta e ci parla un po’ di sé Per molte donne è difficile accettare una realtà che non sia la realizzazione dei propri sogni adolescenziali… «Che belli i sogni dell’adolescenza! Che nostalgia! Li rivivo con mio figlio che è in questa fase, scherzando gli dico: “Ti capisco figlio mio, l’adolescenza è una fase che abbiamo avuto tutti, è una malattia, devi aspettare che passa”. Ad ogni modo la costruzione di una realtà virtuale non sempre trova riscontro nella realtà oggettiva, noi donne siamo più flessibili ad adattarci quando i sogni non possono realizzarsi per la modifica di eventi e situazioni». Lei è arrivata dove sognava d’arrivare? «Come per tutti alcuni sogni si sono realizzati, altri si sono infranti». Ha ancora il batticuore prima di andare in onda? «Sì. Entrare nelle case mi genera tanta emozione e quando annuncio delle cose non belle, ad esempio i funerali di Stato, io soffro molto. Nel contempo quando comunico cose belle sono felice. Ahimè, non riesco ad essere asettica, è un mio limite». Quante volte nella vita personale e professionale si è dovuta ripetere “non succederà più”? «Tante volte purtroppo. Mi viene in mente quella bellissima canzone di Claudia Mori intitolata proprio Non succederà più, ho avuto modo di cantarla in Tv per quanto mi piaceva». Soldi e fama generano invidia? «Sì, è il cosiddetto “prezzo del successo”». Oggi le donne in carriera hanno perso la loro femminilità? «Non mi pare, la donna è sempre femmina!». Il complesso della bellezza eterna è più forte dell’intelligenza di una donna? «No, assolutamente no». Oggi lei ha voglia di qualcosa di più dal suo lavoro, qualcosa che le faccia vivere questo mestiere come un gioco bellissimo? «Sono tanto felice del mio mestiere che, oltre a non considerarlo un bellissimo gioco, lo reputo di grande responsabilità e serietà». Molte donne della sua generazione all’amore dicono basta, ho già dato! «Non mi pare, anche donne più grandi di me generano figli! Ogni giorno sono felice di scrivere sul mio diario quotidiano la parola “amore”».
Alessandra Canale (49 anni) dal 1989 ad oggi è annunciatrice dei programmi di Raidue e Raitre, seppur con un periodo di interruzione dovuto al restyling delle “Signorine buonasera” da parte del servizio pubblico. È legata sentimentalmente al procuratore calcistico Antonio Caliendo (65 anni), che vive a Montecarlo.
Allo stress come reagisce? «Io sono affetta da stress fertile, che mi rende competitiva nella vita». C’è una bussola che orienta il suo percorso? «L’amore per la mia famiglia, in particolare per mio figlio». Che cosa pensa si debba fare per vedere un orizzonte più sereno? «Premesso che non mi voglio sostituire a nessuno, né a legislatori né
ad altri, ma un piccolo monito, un incitamento per onestà e giustizia sociale; siamo tutti consapevoli dei nostri problemi, ed allora perché non far diventare il nostro Paese un paradiso fiscale? Come? Far dedurre gli scontrini della spesa, del bar, dell’idraulico, insomma le piccole spese quotidiane. Dalle piccole cose nascono grandi cose».
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CARA MARINA di Marina Ripa di Meana
scrivi a: marina@marinaripadimeana.it
Cara Marina, ho meno di quarant’anni e, dopo un lungo periodo di crisi matrimoniale, mi sono separata. Se lasciare mio marito è stato difficile, ancor più lo è abituarsi a vivere senza di lui. La verità è che mi annoio, non so bene che fare, dove andare, con chi andarci. Insomma, non è tanto il dolore della separazione a pesarmi, ma una sorta di difficoltà di vivere. Non riesco ad abituarmi a stare da sola. Forse, è questa la ragione del mio malessere. Claudia, Spoleto
Cara Marina, faccio il badante e non sono un extracomunitario, ma un umbro doc. Lavoro moltissimo, ma il mio lavoro non è protetto, anche perché c’è la concorrenza delle straniere che prendono meno soldi pur di essere assunte. Ogni tanto vado ai sindacati, ma nessuno mi ascolta: sono tutti presi da altri argomenti, tipo i patti per lo sviluppo o la crisi del tessile, ma di me non si occupa nessuno. Inoltre, sono anche sfottuto perché faccio un lavoro da donna. Eppure esisto e vivo nella regione più rossa d’Italia. Carlo, Perugia
Cara Claudia, mi sembra di capire che lei vorrebbe “la botte piena e la moglie ubriaca”, ossia sbarazzarsi di un marito che non le va più, ma nello stesso tempo avere subito qualcuno che le riempia i vuoti della sua giornata. Non le sembra un po’ troppo? Le consiglio di vedere il film I giorni dell’abbandono, dove Margherita Buy interpreta benissimo la disperazione ridicola della protagonista, la moglie abbandonata. Il film la potrà aiutare a non cadere in quel tipo di patologia. Da parte mia, le consiglio di cercare nuovi amici e nuovi interessi, e tra questi ci metterei di tutto, anche “il volontariato”. Non dimentichi che ci si abitua a tutto, anche al malessere. Se lei ha avuto il coraggio di interrompere un matrimonio che non andava, all’inizio sarà difficile, ma con il tempo e un po’ di fantasia tutto migliorerà, e non si sentirà più sola. Del resto sono anche convinta che niente fa sentire più soli che lo stare male con qualcuno che non si ama! Cari saluti, Marina
Carissimo Carlo, capisco le tue preoccupazioni, sono purtroppo quelle di molti italiani che si ritrovano, anche con fiori di diplomi e lauree, a dover affrontare lavori precari. Quanto ai sindacati che non danno retta, stendiamo un velo pietoso! Non sono d’accordo, però, sulla tua insicurezza nel fare il badante perché uomo. Fai un lavoro nobile che aiuta persone in difficoltà, quindi devi esserne fiero. Reagisci, magari scegli di accudire qualche vecchietta simpatica. Dai il meglio di te, presentandoti sempre in ordine e con il sorriso sulle labbra. E chissà che non ci scappi un matrimonio o qualcos’altro. Potrà sembrarti una favola troppo bella, eppure è successo. Nella vita essere ottimisti paga. Ciao, Marina
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For AUTO magazine di Demetrio Moreni
La Rossa del futuro
La nuova Ferrari è un concentrato di tecnologia e alte prestazioni, che ha già suscitato un interesse tale da raggiungere il doppio delle richieste per i 499 esemplari che verranno effettivamente prodotti e venduti a un milione di euro l’uno, tasse escluse. In Italia ne resteranno 25 modelli, su 40 richieste pervenute.
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For magazine
Ha debuttato al Salone di Ginevra la tanto attesa hypercar ibrida del Cavallino, con un nome inequivocabile: LaFerrari, erede della Enzo ed espressione massima dello stile di Maranello. Basse emissioni e velocità di punta che tocca i 330 km/h
LaFerrari 29 For Magazine
«Abbiamo voluto chiamare questa vettura LaFerrari perché è l’espressione massima delle eccellenze della nostra azienda: l’innovazione tecnologica, le prestazioni, lo stile avveniristico, le emozioni di guida che sa trasmettere. È una vettura straordinaria, destinata ai nostri collezionisti, che ha in sé le soluzioni tecniche che in futuro saranno applicate ai modelli della gamma e costituisce il termine di confronto per tutto il settore. LaFerrari rappresenta le migliori capacità progettuali e realizzative di tutta la nostra azienda, incluse quelle acquisite in Formula 1, un patrimonio di conoscenza unico al mondo». Con queste parole piene di soddisfazione e orgoglio Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Farrari, ha presentato l’ultimo gioiello di Maranello, mostrato agli occhi del mondo durante il recente Salone di Ginevra. Nei lunghi mesi di attesa erano circolati vari nomi e sigle come F70 o F150, ma il riserbo massimo ha avvolto fino alla fine il lancio del nuovo modello, di cui solo alla presentazione ufficiale è stato svelato il design, la silhouette, le caratteristiche tecniche e, ovviamente, il nome: si chiama LaFerrari, scritto tutto attaccato proprio per sottolineare passione, tecnologia ed esclusività come elementi distintivi del Cavallino Rampante. E, sempre in virtù di una produzione d’élite, si sa già che verrà realizzata in 499 esemplari per i quali sono già state ricevute più del doppio delle richieste. L’auto è stata pensata come la seguace di una dinastia di supercar iniziata nel 1984 con la GTO, e che a ogni generazione (F40, F50 ed Enzo) ha saputo spingere sempre più
For magazine L’auto è dotata di un propulsore termico V12 di 6262 cm3, da 800 Cv e 9250 giri al minuto massimi, con un rapporto di compressione di 13.5:1 e una potenza specifica di 128 Cv/l. A questo è accoppiato un motore elettrico da 120 Kw, per una potenza totale di 963 Cv. Ne risulta una coppia totale di oltre 900 Nm.
I principali elementi del sistema ibrido de LaFerrari sono due motori elettrici – uno per erogare potenza alle ruote e l’altro per i sistemi ausiliari – sviluppati in collaborazione con Magneti Marelli, e un pacco batterie alloggiato nel pianale, le cui celle sono assemblate dalla Scuderia Ferrari, dove viene realizzato il KERS della F138.
avanti l’efficienza delle prestazioni e la perfezione dell’estetica. Come rivelato dallo stesso Montezemolo la nuova Rossa è considerata l’erede della Enzo, un bolide sportivo ed esclusivo che già reca in sé gli onori del primato: infatti, è la prima ibrida nella storia della Ferrari, grazie all’innovativa tecnologia HY-KERS. Si tratta di una soluzione che prevede un perfetto equilibrio tra massimizzazione della performance e riduzione dei consumi. Infatti, le prestazioni sono formidabili: in accelerazione da 0 a 100 km/h in meno di 3 secondi e da 0 a 200 km/h in meno di 7 secondi, tempo sul giro a Fiorano inferiore all’1’20’’, ovvero 5 secondi più veloce della Enzo e oltre 3 secondi più della F12 berlinetta, capace di raggiungere i 330 km/h. In termini di performance LaFerrari rappresenta l'antagonista della McLaren P1, l’unica altra vera supercar. Insomma, numeri significativi, ottenuti anche in virtù dell’estrema leggerezza (per la quale
sono stati utilizzati quattro diversi tipi di fibra di carbonio, lavorati con processi innovativi) che ne fanno la vettura stradale più scattante della storia della Casa di Maranello. Tuttavia, le emissioni sono bassissime: solo 330 gr/km di Co2. Un risultato notevole ottenuto grazie alla combinazione di un motore V12 da 6,3 litri e di un piccolo propulsore elettrico. Oltre a permettere di abbattere le emissioni il sistema porta LaFerrari là dove nessuna Rossa era mai arrivata: agli 800 Cv del V12, infatti, se ne aggiungono altri 163 provenienti dall’unità elettrica, per un totale di 963 Cv e 900 Nm di coppia. Il motore elettrico per la trazione è montato dietro al cambio F1 doppia frizione per ottimizzare la distribuzione dei pesi, mentre la ricarica delle batterie avviene sia in frenata sia durante le fasi in cui il propulsore termico produce coppia in eccesso. L’efficienza del design esterno è stato il primo obiettivo da raggiungere in
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Particolarità nel layout degli interni: il sedile è fisso ed è conformato sulla figura del guidatore, che può regolare la pedaliera e il volante per la miglior posizione di guida, studiata seguendo le indicazioni fornite dai piloti della Rossa Fernando Alonso e Felipe Massa, che hanno partecipato attivamente a tutto il processo di sviluppo.
Il team di design guidato da Flavio Manzoni ha realizzato le linee de LaFerrari lavorando di comune accordo con gli ingegneri, così da enfatizzare il rapporto tra forma e funzione. Il risultato è una vettura dallo stile avveniristico, che tuttavia mantiene il legame con la tradizione del marchio. Elemento notevole è il profilo, con muso fendente e cofano anteriore molto basso che fa risaltare i parafanghi muscolosi, una chiara citazione delle Ferrari Sport Prototipo di fine anni ’60.
fase di impostazione del progetto. Lo scopo di partenza era ottenere una distribuzione dei pesi ottimale (59% sul posteriore) e un passo contenuto pur in presenza degli ingombri dei moduli elettrici. Tutte le masse sono state collocate tra i due assi e il più possibile vicino al pianale in modo da abbassare il baricentro (che è sceso di 35 millimetri rispetto alla Enzo) per garantire dinamicità e maneggevolezza. Molto futuristico il telaio che utilizza gli stessi quattro tipi diversi di compositi impiegati in Formula 1, seguendo identiche metodologie di progettazione, ed essendo realizzato nelle stesse aree produttive. Ciò ha permesso di ottimizzare l’archietettura, integrando le diverse funzioni (ad esempio i sedili e il vano batterie) per ottenere la migliore rigidità torsionale (+27%) e flessionale (+22%) possibile e contenere allo stesso tempo i pesi. Un contributo rilevante è venuto anche dal layout degli interni, altro progetto d’avanguardia: il
sedile è fisso ed è conformato sulla figura del guidatore che può invece regolare la pedaliera e il volante per la miglior posizione di guida, fortemente ispirata a quella di una Formula 1. Infatti è stata studiata seguendo le indicazioni fornite dai piloti Fernando Alonso e Felipe Massa, che hanno partecipato attivamente a tutto il processo di sviluppo. Dal punto di vista aerodinamico a Maranello dichiarano di aver raggiunto il livello di efficienza aerodinamica più elevato di sempre per una vettura stradale: LaFerrari cambia configurazione grazie agli elementi attivi a seconda delle esigenze, in base ai numerosi parametri che vengono monitorati in tempo reale. Le appendici sia anteriori che posteriori, i profili dei diffusori, la portella del fondo e lo spoiler si muovono autonomamente alla ricerca del miglior compromesso tra maggior portanza e minor resistenza, a seconda delle condizioni di marcia.
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For magazine YACHTING di Sestilia Pellicano
L’Azimut 45 è dotato di un flybridge capace di ospitare fino a dieci persone tra sedute, prendisole e posto di pilotaggio.
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Il linguaggio del mare Ci sono imbarcazioni che riescono a mettere i naviganti in contatto diretto con le acque e con le onde che le trasportano, regalando sensazioni ed emozioni fortissime. I modelli che presentiamo questo mese rientrano in tale categoria. Scoprite perchĂŠ
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La carena di Azimut 45 è un classico diedro variabile, con un angolo di 21 gradi a mezza nave, che ripropone le ottime qualità degli altri modelli di dimensioni simili.
AZIMUT 45 Con il suo design ha incantato gli appassionati del Dubai Boat Show, il più importante evento del Medio Oriente dedicato allo yachting
L’ampio flybridge è allestito con una parte modulare a poppa, una vera terrazza sul mare di ben 12 metri quadrati che con pochi movimenti diventa dinette.
Il concept e il design degli esterni sono di Stefano Righini, il design degli interni di Carlo Galeazzi: ancora una volta, una vera e propria collaborazione vincente, un grande lavoro di progettazione e di studio per questo rivoluzionario Azimut 45 che incarna lo spirito del cantiere di Avigliana. All’esterno, la grande novità è l’ampio flybridge con una parte modulare a poppa: uno spazio di ben 12 metri quadrati che, spostando alcuni elementi, è dinette con tavolo per il pranzo e divano a “L” o a “C”, oppure ampio prendisole su un unico livello. Il fly è una vera terrazza sul mare, con una protezione laterale alta 76 cm, progettato per poter ospitare complessivamente dieci persone tra sedute, prendisole e posto di pilotaggio. È in comunicazione con la zona living del maindeck interno, grazie ad un osteriggio apribile vicino alla timoneria esterna, che assicura quindi continuità tra il fuori e il dentro, e la possibilità di comunicare tra i due posti di pilotaggio. Nella zona living, due ampi divani, di cui uno si trasforma in un letto doppio. Molto bello anche il pozzetto, dove l’attento lavoro di studio ha creato lo spazio per un tavolo ribaltabile a scomparsa all’interno del divano, un frigo da 50 litri o ice-maker e la plancetta bagno lifting, per agevolare le operazioni di alaggio e varo del tender. Altro aspetto che colpisce: le tre cabine doppie, con la vip a centro barca illuminata da una finestra panoramica a murata e servita dal bagno con accesso indipendente. La cabina armatoriale è a prua, dotata di ampio spazio per lo stivaggio e bagno dedicato con luce dai grandi oblò a murata. La versione a tre cabine prevede un’altra cabina con letti sovrapposti, per un totale di otto posti letto, considerando i due in dinette. La cucina è molto comoda, con un piano di marmo di oltre 3 metri. La posizione della cucina, poi, consente di conversare sia con chi è in dinette che con chi
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Costruito con il processo di infusione, che garantisce basse emissioni ambientali, lo scafo ha ottime capacità di assorbimento del moto ondoso e prestazioni ad alti livelli.
è al posto di pilotaggio interno, secondo una concezione squisitamente conviviale della vita a bordo. Eleganza inconfondibile per il décor, per il quale Azimut conferma l’uso di tinte e materiali naturali: interni in rovere color miele e pelli Jakarta, con leggera verniciatura sulle punte ad accentuarne l’effetto tridimensionale. Azimut 45 dispone di motorizzazioni Cummins fino a 480 mhp, con eliche montate su linea d’asse e velocità fino a 32 nodi. La barca è omologata in classe B per una portata di 12 persone. Il governo della barca è semplificato con le opzioni easy handling (che assiste la differente velocità di rotazione delle eliche, per virate più rapide e strette) e easy docking che consente di ormeggiare con joystick. Questa barca è stata tra i protagonisti di Dubai Boat Show, la scintillante manifestazione che ha visto un’importante partecipazione dei Cantieri Azimut-Benetti, e successiva all’Eurasia Boat Show di Istanbul.
Gli interni dello yacht si contraddistinguono per l’uso di tinte e materiali naturali: rovere color miele e pelli Jakarta ricoprono gli arredi e le cabine per gli ospiti.
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Ferruccio Rossi, a.d. del Gruppo Ferretti, ha dichiarato: «Il Moscow Boat Show 2013 costituisce per noi un’interessante opportunità di business in un’area nella quale stiamo riscontrando un grande potenziale di crescita, grazie al fascino da sempre suscitato da parte dei nostri prodotti, emblemi del Made in Italy nel mondo».
FERRETTI 530 Pronto a conquistare anche il mercato russo, l’innovativo modello del segmento flying bridge è stato tra i protagonisti dell’ultimo Moscow Boat Show
Il 530 mostra la sobria eleganza di Ferretti Yachts coniugata alla massima attenzione a tutti i dettagli, per un risultato finale di eccezionale comfort.
Ha dato proprio il meglio di sé, riscuotendo grande successo alla presentazione in anteprima per il mercato russo: il nuovo Ferretti 530 è stato proposto in rappresentanza del brand Ferretti Yachts insieme con il 27 piedi Iseo per il brand Riva. Questa nuova, innovativa, imbarcazione del segmento flying bridge di 50/60 piedi rappresenta la possibilità di vivere appieno il grande lusso Made in Italy con, in aggiunta, tutti i comfort sino ad ora sconosciuti in questa tipologia di pedaggio. Tra le principali caratteristiche ci sono la cabina armatoriale a tutto baglio, dotata di due grandi finestre, che diventa una piacevole suite a livello del mare, la cucina a poppa, che crea un unico open space con salone, dining area e il pozzetto, senza interruzione di continuità grazie alla finestra basculante. Gli interni sono di un’eleganza classica, accesa dai toni caldi del legname utilizzato, e con tanta luce naturale grazie all’ampia superficie vetrata. Visibilità assicurata a 360°, dunque, e profilo esterno filante e aggressivo, accentuato dai tagli delle finestrature. Il Ferretti 530 è lo yacht ideale per un target internazionale giovane e dinamico, e ben rappresenta gli obiettivi dell’azienda che cura particolarmente l’espansione nei nuovi mercati. In questo, un punto di forza è anche la rete di circa 60 dealer internazionali, che assicurano la presenza in oltre 80 Paesi e garantiscono ai clienti i massimi livelli di assistenza praticamente nelle Marine di tutto il mondo. A conferma della grande attenzione che il Gruppo Ferretti ha da sempre nei confronti dei dealer, il Moscow Boat Show è stato anche l’occasione per presentare agli appassionati di nautica il rinnovo dell’accordo in esclusiva per la Federazione Russa con Premium Yachts, uno dei dealer più importanti nel settore che commercializzerà ben sette brand del Gruppo.
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Atlantis 44 è la prima barca a montare il nuovissimo Volvo Penta D6 400, il motore diesel con piede poppiero più potente del mondo. La velocità di crociera è di 31 nodi.
ATLANTIS 44 Eleganza e sportività, comfort e fruibilità coniugate in una imbarcazione che comunica valori in modo diretto, segnando il rinnovo della gamma degli open
Tra chaise longue, area prendisole e divano, le parole d’ordine sono relax e convivialità. A stretto contatto con il mare.
L’obiettivo molto chiaro e preciso, e pienamente raggiunto: esprimere in modo diretto i valori e i contenuti del brand, parlando il linguaggio del mare. Per realizzare questo lavoro sullo stile, oltre che sugli spazi, il Gruppo di Avigliana si è avvalso della collaborazione dello studio Neodesign, di Filippo Salvetti e Marco Biaggi, che ha operato a stretto contatto con l’Ufficio Tecnico del cantiere. Il grande intervento di ottimizzazione delle superfici, e definizione di tutti i dettagli, ha portato all’eliminazione di tutto ciò che era superfluo, restituendo così una barca che punta all’essenzialità come sinonimo di contatto con il mare e comfort allo stesso tempo. Il profilo filante è caratterizzato in modo particolare dall’hard top, sulla parte prodiera del pozzetto, che contribuisce ad aumentare lo slancio della linea. Quello che colpisce subito in questo elemento è la leggerezza della sua struttura, con le aperture poppiera e laterali che consentono di dialogare appieno con il mare: una vera struttura da open, appunto. Il ponte è su un unico livello, dotato di tre aree prendisole; tutte le zone calpestabili del pozzetto e dei passaggi sono in teak. Il pozzetto è ben organizzato, con una comoda chaise-longue a prua, di fianco alla postazione di guida, la dinette è munita di ampio divano per sei persone. All’interno, la parola d’ordine è sicurezza. La cabina armatoriale, a poppa, sfrutta in pieno gli oltre 4 metri di lunghezza; la cabina ospiti, a prua, è dotata di ampie finestrature. Nel complesso, è proprio la superficie delle finestre ad assicurare la tanta luce naturale che illumina gli ambienti e il contatto con il mare. La zona centrale è divisa tra la dinette e la cucina, disposte secondo il layout tradizionale. Al recente Dubai Boat Show, Atlantis 44 è stata l’imbarcazione che ha rappresentato il cantiere, con un successo meritato.
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For magazine BELLEZZE di Tommaso Gandino
Samya Abbary (39 anni) è nata in Marocco ma con cittadinanza italiana. Ha lavorato come modella e fotomodella per vari stilisti. Come attrice ha recitato in numerose fiction (Incantesimo 8, Butta la luna 2). Attualmente conduce su Canale 5 il rotocalco Nonsolomoda e la rubrica di cucina Le ricette di Samya in salsa piccante all’interno di Mattino Cinque.
Le ricette dell’amore Samya Abbary, la regina dei fornelli di Mattino 5, incarna i tanti volti di una donna: lineamenti dolci, sguardo sfuggente, stile vivace e un desiderio con la “a” maiuscola 38 For Magazine
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Qual è stato il suo primo passo verso l’indipendenza? «Il giorno che ho deciso di fermarmi in Italia. Ero una studentessa di sedici anni e sognavo di vivere in questo bellissimo Paese che avevo conosciuto sfogliando i giornali di alta moda. Nella cosiddetta età della ribellione si fanno anche questi passi». Lei ha mai accettato un lavoro esclusivamente per soldi? «È capitato. Nel periodo della gavetta, studiavo la lingua italiana e dovevo mantenermi agli studi». La solidarietà femminile nel suo mondo esiste davvero? «Rarissima! Le donne si sostengono pochissimo tra di loro. La prova è tangibile nel mondo dello spettacolo. Basti assistere a quello che accade nei reality show in cui il sesso “debole” si tradisce». La donna che esibisce il lato ironico perde la femminilità? «Non sono d’accordo. È invece prova di grande intelligenza e sicurezza. Le donne ironiche dimostrano di non avere timore di rinunciare alla loro femminilità». La strada verso il successo è lunga e il rischio di bruciarsi durante la corsa è sempre in agguato… «È vero. Per questo io cercherò sempre di ponderare ogni scelta. Quando lavoravo come modella ho rinunciato ad alcune proposte lavorative che mi avrebbero costretta a risposte troppe affrettate. Alle giovani che intraprendono la carriera dello spettacolo e della moda suggerisco di individuare al meglio la qualità del lavoro, non la quantità». Oggi che è una donna matura che cosa desidera? «L’amore prima di tutto, quello con la “a” maiuscola». Lei ha trovato una sua identità anche attraverso la scelta dei vestiti che indossa? «Il vestito lo scelgo in base all’umore. Per indole sono colorata. Dipenderà, probabilmente, dalle mie origini: sono nata in Marocco e lì splende sempre il sole. Il rosso, l’arancione, il giallo, il verde smeraldo, il turchese sono i miei colori e li alterno in base alle occasioni. Certo è che nel mio armadio ci sono più gonne che pantaloni. La mia vera identità è con una gonna appena sopra il ginocchio». Qual è il genere di corteggiamento che preferisce? «Adoro ricevere fiori da un uomo. Il corteggiamento classico è quello che mi conquista: cena a lume di candela e piccoli pensieri come la telefonata per avere mie notizie. Mi commuovono le lettere d’amore perché sono un’inguaribile romantica». Il primo appuntamento è più facile o più difficile se si è un volto noto della Tv? «Molto difficile. Troppi sono i pregiudizi verso le persone dello spettacolo, e molte anche le aspettative. Non siamo sempre in video. La vita privata è un’altra cosa». Con gli uomini prende l’iniziativa? «Cari uomini, non vi illudete! Siamo noi donne a scegliere, decidere e sedurre. È vi concediamo di fare i seduttori. Ma il primo passo spetta all’uomo!». Lei è artefice della sua sorte o si limita ad assecondare forze incontrollabili? «Io ho sempre scelto per me stessa. A cominciare dal viaggio in Italia, dove poi mi sono formata. Sognavo il lavoro che sto facendo. Anche nella sfera sentimentale ho vissuto tutto in prima persona, senza farmi travolgere dalle circostanze. Mi dicono che sono una donna caparbia. Per al-
La Abbary ha da poco pubblicato il libro Le ricette di Samya in salsa piccante (Mondadori, euro 15,90) che raccoglie il meglio dei suoi piatti presentati nell’omonimo programma Tv, capaci di sedurre e riaccendere una passione. Perché preparare buone pietanze è un modo per stare vicino a chi si ama.
cuni una guerriera, ma prima di tutto una persona consapevole. Forse è anche per questa mia indole che cerco di esprimere sempre il mio lato più leggero».
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For magazine COSE DI MODA di Marco Gastoldi
Profumo di primavera
Le collezioni per la bella stagione gettano uno sguardo al passato, a partire dai suggestivi anni Cinquanta, e allo stesso tempo tengono d’occhio il rinnovamento del linguaggio stilistico. Materiali preziosi e tinte candide con un tocco artistico in più. Molto colorati e giovanili gli outfit maschili che guardano già all’estate
JOHN RICHMOND
Forme geometriche e linee pulite contraddistinguono la collezione primaverile firmata John Richmond, che riporta in passerella i gloriosi anni Cinquanta, ridisegnati in chiave glam rock per confermare il suo stile. Gonne a ruota e vita stretta, pantaloni sopra la caviglia e shorts provocano, con il tipico allure bon ton, attraverso una stagione consapevole di femminilità e caratterizzata da opposti che si attraggono: dal gilet in pelle borchiato al motivo di piume geometrico, dalla gonna quasi trasparente all’abito elegantissimo per la sera. I materiali variano dalla pelle alla seta fino allo chiffon, impreziositi dall’applicazione di borchie e paillettes, colorati di bianco, nero, rosso fragola e blu cina.
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LANVIN
Purezza delle linee classiche, elementi d’ispirazione giapponese e drappeggi scolpiti contribuiscono questa primavera al rinnovamento del linguaggio stilistico della griffe Lanvin. Il disegno diventa nitido e controllato, slanciato e proiettato verso il futuro attraverso linee quasi moderniste che rivelano lo charme e l’allure tipico della maison. Le forme sono precise, valorizzate dall’uso di tessuti corposi. Le giacche tuxedo acquisiscono importanza attraverso le spalle over, mentre le tuniche corte e dritte si allargano sulle maniche a kimono e sono chiuse da cinture rigide. Gli abiti sono costruiti, asimmetrici e contrastanti nei colori. Fra gli accessori spuntano décolleté con tacchi alti e curvi e sandali piatti con tacchi quadrati.
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LOUIS VUITTON
Una collezione ispirata all’artista concettuale Daniel Buren, con il suo approccio metodico e sintetico della sua arte espressione delle forme: Marc Jacobs per Louis Vuitton crea una passerella contraddistinta dall’essenzialità dei segni decorativi. Una stagione suggestiva e spettacolare nella sua semplicità, grazie all’allestimento della sfilata creato ad hoc attraverso la ripresa dell’iconico motivo Damier, trasformato in un concetto tipicamente Op-Art. La silhouette diventa minimal ed allungata, i tubini sono essenziali e di lunghezza varia, le tuniche corte e le giacche abbinate a gonne midi. Protagonista del rigore matematico diventa il colore, mezzo comunicativo dell’astrazione e della purezza, attraverso il gioco di scacchi colorati: bianco/nero, bianco/giallo, bianco/verde e bianco/beige.
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OSKLEN
Tramonti sull’acqua marina e palme su spiagge bianche sono i soggetti delle stampe grafiche che caratterizzano i capi firmati Osklen. Gli abiti sono ampi come caftani e le tuniche diritte da indossare sopra i pantaloni, mentre le camicie diventano trasparenti: tutto concorre alla definizione di un’eleganza comoda e sportiva, ma chic allo stesso tempo. Bianco, ghiaccio, rosa pallido, celeste e oro sono i colori che insieme al corallo, allo smeraldo e al bluette definiscono la brillantezza e la luminosità di una collezione dal sapore esotico. Il lino e la seta alleggeriscono e fluidificano le forme dritte e a campana, completate da mary-janes piatte di pelle e sandali a listini.
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SERGEI GRINKO
Abiti morbidi e fluttuanti di sete impalpabili, toni pastello dal verde acqua all’indaco, dal lavanda al violetta: la collezione primavera/ estate di Sergei Grinko è un omaggio alla natura e alla sua evoluzione. Sfilano gonne e abiti lunghi che osano attraverso spacchi sexy e minimantelle applicate sulle spalle in tessuto leggero, oppure ampi pantaloni indossati con coprispalle rigorosi e corposi. Le casacche sono morbide e drappeggiate, mentre i bomber diventano stretti e corti: le forme nascondono e rivelano allo stesso tempo, grazie a trasparenze e stampe naturali, che spaziano in tonalità cromatiche e sinuosità leggere, ariose ed evanescenti.
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SALVATORE FERRAGAMO
Di nuovo sport e metropoli anche per la collezione estiva di Salvatore Ferragamo, che sceglie di giocare con una vasta gamma cromatica capace di toccare le tonalità dell’arancione, protagonista della passerella in varianti sia pastello che fluo, accostate a verde mela, verde acqua e giallo acido. Veri cavalli di battaglia della stagione sembrano essere gli abbinamenti insoliti, attraverso i quali Ferragamo mixa sartorialità business a sneakers bicolori. Una moda divertente e giovanissima che propone anche completi in cotone beige e tortora, cardigan stampati a motivi grafici e pezzi must have per l’estate, interessati da una palette di colori che variano dall’azzurro fino all’aragosta, passando per il bianco ottico e il blu navy. Il raffinato guardaroba propone anche borse in pelle dai profili a contrasto, cinture traforate, cravatte in seta stampata.
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HERMÈS
Véronique Nichanian, direttore artistico della maison Hermès, propone una collezione contemporaneamente sportiva e lussuosa, contaminando l’alta ricchezza della maison con archetipi del guardaroba più comodo. Un abbigliamento altamente funzionale ma sempre elegante e prezioso, che si sposa con i classici del reparto sporty come t-shirt e camicie, dove lo chiffon di seta si combina con il cocco, materiali di pregio tipicamente Hermès. Fil rouge dell’intera collezione è la texture canvas declinata in varianti performanti grazie a trattamenti tecnici, presenti anche sulle sneakers dai profili a contrasto, borse dai profili in pelle, cinture e cravatte in seta. I colori variano dal grigio al beige impegnandosi fino a raggiungere tonalità del khaki e giallo acido.
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VIKTOR & ROLF
“Un inglese in Oriente” si potrebbe intitolare la passerella estiva di Viktor & Rolf, che propone un uomo immerso nella cultura orientale senza perdere il tradizionale appeal di eleganza e formalità tipici del gentleman della sua patria. In questa cornice ecco che si ritrovano casacche accese dalla forma ariosa e confortevole, contrapposte ad un trench sartoriale tipicamente occidentale. I morbidi pantaloni in seta sono contrastati da giacche più strutturate e fascianti, ottenendo una silhouette sdrammatizzata e informale. Non mancano tuttavia i grandi classici per la sera, da sempre sofisticati per pochi eletti con ricami a mano, presi in prestito dalla tradizione indiana per continuare sulla linea del Sol Levante. I colori variano dal salmone al blu notte e fra gli accessori è curioso ritrovare mocassini in pelle e sneakers in suede abbinate a borse in nappa.
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double feature di Ivan Rota
Tutte lo vogliono, tutte lo indossano, tutte lo cercano! Si accende la passione per WR.UP: il pantalone in jersey firmato Freddy che va a ruba tra le fan. WR.UP attira immancabilmente su di sé l’attenzione, regalando a chi lo indossa una perfect shape da star, conquistando ogni donna, anche le più famose. Lo sa bene Laura Chiatti: con quel lato B… può dire ciò che vuole! Bella, brava e tanto simpatica: l’esempio della diva della porta accanto.
Ma dov’è finito il toy boy che seduceva Geena Davis in Thelma & Louise? Brad Pitt è stato colto dall’obiettivo mentre usciva dall’aeroporto internazionale di Los Angeles: aspetto dimesso e un po’ trascurato, sia nell’aspetto che nel look. Degne di nota solo le scarpe Ferragamo. Una linguaccia del gossip americano dice che gli si sta accorciando il collo. Possiamo, invece, svelarvi che il divo è ingrassato per interpretare il nuovo film di Andrew Dominik dalla trama ancora top secret. 52 For Magazine
For magazine
In occasione della prima del film I Croods, l’attore statunitense Nicolas Cage ha indossato un total look Salvatore Ferragamo. Il film d’animazione è diretto da Kirk DeMicco e Chris Sanders, con Cage, Ryan Reynolds ed Emma Stone che prestano le loro voci ai personaggi principali. Ecco il nipote di Francis Ford Coppola qui con la moglie Alice Kim. Non è mai stato un adone, ma ora è veramente imbolsito a livelli non ipotizzabili. Una bella cura dimagrante?
Chiara Boni con Cristina Parodi alla presentazione della collezione autunno-inverno 201314 “Sognando Modigliani – Ritratti della Petit Robe”, che si è tenuta di recente a Palazzo Reale a Milano: un momento di calma e di cultura. Grazie a Chiara Boni è stato possibile visitare, in un clima tranquillo, la splendida mostra dedicata ad Amedeo Modigliani. Ecco le due signore eleganti, anzi impeccabili! 53 For Magazine
For magazine COME UNA STAR di Valentina Polidori
Anne Hathaway Lanciata dalla commedia cult Il diavolo veste Prada, l’attrice americana non ha più sbagliato un colpo. Anche in fatto di look. Un modello per tutte le ragazze Dalla pelle eburnea e dai tratti raffinati, Anne Hathaway si distingue per uno charme e un bon ton unici ad Hollywood. Durante l’ultima cerimonia degli Oscar, infatti, proprio nell’occasione che l’ha vista vincitrice, per un ruolo breve ma carico di pathos, in Les Misérables, la Hathaway ha lasciato tutti senza fiato, sfoggiando un look estremamente chic. In color rosa pallido, ha indossato un abito Prada lungo, diritto, in seta lavata, con scollo a barchetta sul davanti, braccia nude e schiena scoperta, tra raffinati intrecci. Al polso, al collo e ai lobi delle orecchie importanti e luminosi gioielli di diamanti firmati Tiffany. Pezzo forte dell’outfit è stata, decisamente, l’acconciatura, che ha già ispirato i tagli delle più giovani in tutto il mondo. Capelli corti con un’importante frangia laterale a valorizzare i tratti eleganti del viso e il suo collo slanciato. Occhi grandi delineati con sobrietà da un tratto di matita scura e labbra enfatizzate da un rossetto mat color albicocca, su un volto dalla liscia pelle di pesca. Unghie laccate di bianco latte e dalla forma squadrata, Anne è risultata impeccabile in questa mise.
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PROTAGONISTI di Tommaso Gandino
L’ALTA QUALITÀ ITALIANA
Per Stefano Dominella, presidente di Gattinoni, è impor tante avvici
nare i giovani
ai mestieri artigianali per avverare il sogno di chi vuole lavorare nel mondo della moda «Oltre all’Italia, che è sempre stata il nostro Paese di riferimento, la Russia ed il Medio Oriente apprezzano il nostro stile. Stiamo comunque progettando nuovi rapporti commerciali con la Cina». Chi è il suo cliente ideale? «I clienti ideali forse non esistono più. La crisi dei consumi ha cambiato le regole dell’acquisto e delle vendite. Quindi sono da considerarsi elementi vincenti la creatività e l’esclusività». Lei è molto impegnato nel sociale: quali attività la coinvolgono di più? «Oggi mi dedico molto alla diffusione della cultura della moda attraverso mostre, talk show, convegni. Avvicinare i giovani ai mestieri artigiani come quello della sarta, del modellista o della ricamatrice è doveroso in un sistema che offre poco a chi sogna di lavorare nel mondo della moda. Il mio impegno in questo senso è determinante». Quali materiali predominano nelle ultime collezioni Gattinoni? «Chiffon, sete, georgette si alternano a innovative sperimentazioni tessili e a materiali ecosostenibili. Senza dimenticare, ovviamente, intarsi e preziosi ricami». Qual è la migliore meta per lo shopping? «Sembra che oggi le mete preferite siano le bancarelle che si trovano nelle piazze e nelle strade dove si può comprare di tutto con pochi euro». Ci suggerisce un acquisto “pazzo” per togliersi uno sfizio? «Un biglietto aereo per andare a fare shopping ad Hong Kong che, a mio avviso, è la città che offre di più al mondo». Meglio il vintage o l’alta moda? «Il vintage è una risorsa per i tempi di crisi o per chi è nostalgico e non vuole adeguarsi alla contemporaneità. Sinceramente meglio l’alta moda, che è viva e dà un aspetto ai nostri tempi».
Stefano Dominella (60 anni) è legato al marchio Gattinoni dalla fine degli anni ’70 quando entra nell’area commerciale. Diplomato all’istituto di design Marangoni di Milano si trasferisce a Roma per lavorare come coordinatore di Valentino. Dall’inizio degli anni ’80, a fianco di Raniero Gattinoni, rilancia la storica griffe romana.
Quanto incide sull’appeal dei suoi prodotti il fatto che siano Made in Italy? «Gattinoni è una maison storica, sinonimo di qualità e di tradizione. Il Made in Italy è alla base della nostra politica aziendale». Quali sono i Paesi dove i suoi prodotti sono maggiormente esportati?
La “fast fashion” è una straordinaria risorsa per chi ha poco denaro e non si può permettere l’artigianato di lusso. Lei è d’accordo? «La “fast fashion” è sicuramente un’opportunità per chi ha poco denaro da investire per l’abbigliamento, purché non diventi una moda eccessivamente radical chic, per cui anche le signore benestanti e borghesi rincorrono tutto ciò che è “trendy”. Inoltre, le più grandi aziende “fast fashion” sono gruppi stranieri che hanno messo in crisi il nostro sistema produttivo e hanno fatto chiudere tantissime aziende di confezioni, specialmente nel Nord Est, le quali non hanno retto alla competizione di un prodotto fabbricato a basso costo in Cina, Bangladesh, Cambogia». Quali ambizioni deve ancora soddisfare in una carriera così ricca di successi? «A me sembra sempre di aver realizzato molto poco. Sono gli altri a ricordarmi le tappe della mia carriera. Ho iniziato a lavorare nella moda a 21 anni con grande entusiasmo e, ancora oggi, non sono mai completamente appagato. Appena ho concluso un progetto mi sento mancare la terra sotto i piedi e mi domando: “E ora che faccio?”».
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ForCINEMA magazine di Silvestro Bellobono
IRON MAN 3 Nuova avventura per Tony Stark e il suo alter ego dalla corazza indistruttibile che, però, questa volta verrà messo a dura prova dallo spietato Mandarino. Sequenze mozzafiato e cast stellare. Distribuisce la Disney: sarà ancora record di incassi?
Robert Downey Jr. (48 anni) indossa l’armatura di Iron Man per la quarta volta. L’attore apparirà presto in The Avengers 2 e molto probabilmente in Sherlock Holmes 3, l’altro popolare franchising che ha rilanciato la sua carriera artistica.
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Gwyneth Paltrow (40 anni), che interpreta Pepper Potts, prima assistente e poi compagna di Tony Stark, e Guy Pearce (45 anni) nei panni del villain Aldrich Killian. Nel film appare anche Stan Lee, il fumettista creatore di molti personaggi Marvel, che recita in uno dei suoi classici cameo, come avvenuto anche nei primi due capitoli.
L’Uomo di Ferro torna per la quarta volta sul grande schermo (tre a titolo personale, una in squadra con i “Vendicatori”), e si sa già che non sarà l’ultima. Robert Downey Jr. veste di nuovo l’armatura del supereroe della Marvel Comics che, dal 2008 (anno d’inizio della saga) ad oggi, ha rilanciato la sua carriera cinematografica su livelli da top star, dopo gli eccessi personali e i continui via vai tra carcere e centri di disintossicazione. Il personaggio dei fumetti creato nel 1963 dal genio del grande Stan Lee (sono sue quasi tutte le celebrities Marvel) assieme a Larry Lieber e ai disegnatori Jack Kirby e Don Heck, piace tantissimo al pubblico, non solo americano, come dimostrano anche i numeri: Iron Man ha ottenuto un incasso pari a 585.174.222 dollari nel mondo (oltre 318 milioni di dollari solo negli Stati Uniti), mentre il sequel Iron Man 2 ha sbancato i box office mondiali con 623.900.000 dollari (più di 312 solo in Usa e ben 8.174.668
euro in Italia). Ma il vero boom al botteghino lo ha fatto il crossover della serie The Avengers (è già in lavorazione il sequel) in cui l’Uomo di Ferro si imponeva sulle altre “primedonne” dell’universo Marvel quali Capitan America, Thor e Hulk: incasso globale di oltre un miliardo e mezzo di dollari per il team dei “Vendicatori”, terzo maggiore guadagno della storia del cinema dietro ad Avatar e Titanic. Con queste premesse Iron Man 3 era praticamente un obbligo da realizzare. Inizialmente doveva essere ancora Jon Favreau, già autore dei primi due capitoli, a dirigere il film, ma a causa di altri impegni del regista la produzione ha ingaggiato Shane Black, esperto di action movie sin dal 1987 quando scrisse la sceneggiatura del primo episodio di Arma letale (sono suoi anche i plot di Arma letale 2, L’ultimo boy scout e Last Action Hero). Anche in questo progetto Black si è occupato dello script,
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Downey Jr. e il regista Shane Black avevano già lavorato insieme nella commedia Kiss Kiss Bang Bang (2005). Iron Man 3 è stato girato in Carolina del Nord, Florida, California e infine in Cina (ma senza il cast principale). A causa di un lieve infortunio alla caviglia subito da Downey Jr. le riprese sono state interrotte per alcuni giorni.
in collaborazione con Drew Pearce, basandosi sulla saga Extremis, scritta da Warren Ellis e pubblicata negli Stati Uniti in sei albi tra il 2005 e il 2006. Essenziale ma efficace l’intreccio. Il brillante ingegnere miliardario Tony Stark (Robert Downey Jr.) deve vedersela stavolta con un nemico senza scrupoli, il Mandarino (Ben Kingsley), un avversario temibilissimo capace di colpire nel profondo l’uomo celato sotto la corazza di Iron Man, infliggendo dolori e sofferenze non solo al cuore al palladio del supereroe, ma anche al suo ricco impero aziendale e finanziario e, soprattutto, alle persone a lui più care, a cominciare dalla fidanzata Pepper Potts (Gwyneth Paltrow), già minacciata sentimentalmente dalla presenza dell’affascinante Maya Hansen (Rebecca Hall), un’esperta di nano-tecnologie, amica d’infanzia di Stark. E siccome il male non viene
mai da solo ma si porta sempre dietro qualche compagno di sventure, il borioso ma simpatico filantropo con l’armatura (anche se sarebbe più corretto parlare al plurale, dato il numero smisurato di “calzamaglie ultratecnologiche” che indossa in questa pellicola) dovrà fronteggiare anche le smanie di potere del genetista Aldrich Killian (Guy Pearce). Per fortuna ci sono gli amici, come James Rhodes, alias War Machine (Don Cheadle), che, dentro l’armatura futuristica dagli sgargianti colori patriottici, creata sempre delle Stark Industries, combatterà in questa ennesima battaglia al fianco di Iron Man. Il quale dovrà fare affidamento sul proprio ingegno, coraggio e istinto per salvare il mondo e i suoi affetti, scoprendo che alla fine l’uomo prevale sempre sulla macchina. Per il pubblico amante del genere e per i fan della saga, forse la migliore
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Il legame tra Iron Man/Tony Stark e Pepper (Paltrow) viene messo in discussione nel secondo episodio dalla sensuale Scarlett Johansson (la Vedova Nera) e qui dall’avvenente Rebecca Hall (la scienziata Maya Hansen). Nel film recita anche il regista dei precedenti capitoli, Jon Favreau, nel ruolo dell’autista Happy Hogan.
degli ultimi anni tratta da un comic, lo spettacolo e il divertimento sono assicurati. Gli effetti speciali, specie quelli delle mirabolanti sequenze in volo che nella versione 3D si apprezzano anche meglio, regalano emozioni e suspense, e, cosa ancora più importante, riescono a riprodurre sullo schermo con estrema fedeltà ciò che i lettori avevano immaginato divorando le pagine dei fumetti.
SCHEDA DEL FILM REGIA: Shane Black SCENEGGIATURA: Shane Black, Drew Pearce CAST: Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow, Don Cheadle, Guy Pearce, Rebecca Hall, Ben Kingsley, James Badge Dale, Stephanie Szostak, Jon Favreau, Stan Lee GENERE: Azione DURATA: 109' DISTRIBUITO DA: Walt Disney USCITA: 24 aprile 2013
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LE AVVENTURE DI TADDEO L’ESPLORATORE Un novello Indiana Jones, archeologo per sbaglio ma molto determinato, si lancia alla ricerca di un’antica città degli Inca per difendere i suoi preziosi tesori da una corporation senza scrupoli. Fantastiche peripezie e affascinanti misteri in 3D
La divertente storia del lunatico archeologo Taddeo Jones è stata campione d’incassi al box office in Spagna nel 2012, guadagnando oltre 24 milioni di euro e due milioni di spettatori, risultando anche il film animato spagnolo più visto della storia.
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L’affascinante archeologa Sara e Taddeo. A dare voce alla ragazza è l’attrice e doppiatrice spagnola Michelle Jenner (27 anni), che ha avuto grande successo in patria interpretando dal 2005 al 2010 la serie Tv Los hombres de Paco e il film Spanish Movie (2009). La voce di Taddeo è invece di Óscar Barberán.
Grazie alle più moderne e sofisticate tecnologie della computer grafica, l’animazione è diventata negli ultimi anni una vera miniera d’oro, in grado di attrarre produttori, autori, grandi attori che prestano le proprie voci e, cosa non indifferente, pubblico in sala, così da far schizzare alle stelle gli incassi di quelli che, molto semplicisticamente e con un po’ di snobismo, una volta si definivano cartoni animati. La lotta aperta per conquistare questa sostanziosa fetta di mercato cinematografico è tra i colossi americani Pixar (appartenente alla Disney) e Dreamworks (controllata dalla Fox), con il potente Studio Ghibli giapponese a fare da terzo incomodo. Ma sempre più spesso si inseriscono in questa contesa anche le piccole produzioni europee, che, pur non potendo competere per budget e qualità con i market leader, riescono a ritagliarsi un proprio spazio di nicchia. Francesi, spagnoli e italiani (come il “piccolo” Pinocchio di Enzo D’Alò) provano a fare del loro meglio, talvolta con esiti piuttosto lusinghieri. È il caso, per esempio, dello spassoso cartoon Made in Spagna Le avventure di Taddeo l’esploratore, firmato dal debuttante Enrique Gato, già autore di cortometraggi, tra i quali un paio aventi per protagonista il medesimo personaggio del film. Taddeo Jones sogna sin da bambino
di fare l’esploratore, ma, purtroppo per lui, si ritrova da adulto a lavorare come umile muratore. Finché un giorno, a causa di una svista burocratica, gli capita l’occasione della vita a cui non può proprio dire di no: viene erroneamente scambiato per un archeologo e inviato in una pericolosa missione in Perù. Ma Tad è un gran pasticcione e avrà bisogno di alcuni amici per tirarsi fuori dai guai, a partire dal fedele cane Jeff, dalla bella e giovane archeologa Sara, dal pappagallo muto Belzoni e dalla guida peruviana imbrogliona Freddy. Il nostro eroe verrà coinvolto in un’avventura piena di misteri per salvare la mitica città degli Inca da un gruppo di malavitosi alla ricerca di antichi tesori. La divertente pellicola di Gato, presente in sala nelle versioni 3D e 2D, ha ottenuto ben tre riconoscimenti agli ultimi premi Goya (gli Oscar spagnoli) come miglior film d’animazione, miglior regista esordiente e miglior sceneggiatura non originale. Un autentico trampolino di lancio verso la conquista dei mercati stranieri e di platee sempre più vaste, forte dei suoi circa 24 milioni di euro incassati in patria. «Sin dall’inizio, il nostro obiettivo è stato realizzare un film sufficientemente buono e divertente per ogni tipo di pubblico, nazionale e internazionale», ha dichiarato un
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Freddy, la guida peruviana amica del protagonista. Il regista e sceneggiatore Enrique Gato (36 anni) aveva già portato sullo schermo il suo personaggio con due cortometraggi del 2004 e del 2007 (Tadeo Jones e Tadeo Jones y el sótano maldito), grazie ai quali si era aggiudicato due premi Goya (rispettivamente nel 2006 e nel 2008).
soddisfatto Gato, che poi ha aggiunto: «Taddeo Jones racconta uno dei risultati più interessanti che un archeologo potrebbe affrontare: la ricerca della città perduta di Paititi, una vicenda reale dalla quale sono nate storie di finzione e cui si sono aggiunti elementi magici, come nella tradizione delle grandi pellicole d’avventura. Questo film in realtà è molto più di una semplice avventura: è una commedia familiare per tutti, per i bambini e per gli adulti. Il nostro intento era divertire gli spettatori, trasportarli in luoghi magici e ricordare loro che i veri tesori si trovano all’interno di ognuno di noi». «È grandioso proporre al pubblico spagnolo un eroe del tutto ordinario che si ritrova catapultato in un’avventura incredibile», ha chiosato l’amministratore delegato di Telecinco Cinema Ghislain Barrois.
SCHEDA DEL FILM REGIA: Enrique Gato SCENEGGIATURA: Verónica Fernández, Jordi Gasull, Neil Landau, Ignacio Del Moral CAST: Michelle Jenner, Carles Canut, Fiona Glascott, Adam James, Miguel Ángel Jenner, Meritxell Ané, Óscar Barberán GENERE: Animazione DURATA: 91' DISTRIBUITO DA: Eagle Pictures
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RAZZABASTARDA
La storia intensa e drammatica del rapporto d’amore e odio tra un padre immigrato e spacciatore e un figlio tossicodipendente in cerca di un futuro migliore. Esordio alla regia di Alessandro Gassman, tratto da una pièce teatrale di Reinaldo Povod
Alessandro Gassman (48 anni) e Giovanni Anzaldo (25 anni) nel film sono padre e figlio. La pellicola, che ha ricevuto la menzione speciale nella sezione Opera Prima del VII Festival Internazionale del Film di Roma, è prodotta anche da Rai Cinema.
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Per il suo esordio alla regia, Gassman ha realizzato una versione cinematografica dello spettacolo teatrale Roman e il suo cucciolo, vincitore del premio Ubu nel 2010. Il film, nel bene e nel male, ruota attorno alla figura paterna, riflettendo in maniera schietta e un po’ ingenua sulla possibile speranza di un futuro più roseo.
Non solo commedie spensierate e inquietudini dei trentenni borghesi, nel cinema italiano c’è sempre un piccolo spazio per la denuncia sociale, anche quando punta lo sguardo non sulle “disgrazie” italiane, ma sul disagio degli “invisibili” immigrati, ovvero coloro che assurgono a protagonisti dei nostri giornali e notiziari Tv solo nelle pagine di cronaca nera. A percorrere la strada del film di genere, impegnato e politicamente scorretto, è Alessandro Gassman, che per il suo debutto dietro la macchina da presa, in un’opera che comunque lo vede protagonista a 360 gradi anche come sceneggiatore e attore principale, ha scelto il testo, da lui già portato a teatro, Roman e il suo cucciolo, adattamento italiano della pièce teatrale Cuba and His Teddy Bear di Reinaldo Povod. Roman (Gassman) è un immigrato rumeno, giunto in Italia trent’anni prima con la madre, che vive alla periferia di Latina, tra miseria e stenti, arte d’arrangiarsi e amici reietti della società, riconoscente ai favori che gli fa lo scaltro avvocato Silvestri (Michele Placido), che qualche anno prima gli ha evitato la galera. Devoto alla Madonna Nera, a cui ha fatto un voto per un futuro migliore, Roman è semianalfabeta, arrogante e
dedito al traffico di stupefacenti, “lavoro” che gli permette di mantenersi e badare a Nicu (Giovanni Anzaldo), il figlio quasi diciottenne che la moglie gli ha lasciato in custodia prima di fuggire via e che lui cerca di tenere lontano dai guai, talvolta in maniera troppo opprimente e rigida. Il ragazzo, soprannominato Cucciolo, prova a liberarsi dalle attenzioni paterne, alle quali comunque tiene, dimostrando di sapersela cavare da solo: la vicinanza con Talebano (Sergio Meogrossi), un tossicodipendente dai modi rozzi, spingerà Nicu ad entrare anch’egli nel mondo della droga, comprando stupefacenti e rivendendoli ad altri, finendo in un vortice di problemi che comprometteranno anche gli affari del padre, oltre che la sua speranza di una vita migliore. Razzabastarda è un film duro, un pugno nello stomaco dello spettatore per l’efficacia vigorosa con cui arriva il messaggio di fondo e per il contrasto di rapporti tra gli opposti in conflitto (padre-figlio, italiani-immigrati, spacciatori-clienti). A sottolineare con più forza le contraddizioni sociali e le degradanti condizioni umane contribuiscono anche due elementi tecnici: la scelta della fotografia, caratterizzata da un livido bianco e nero
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Michele Placido (66 anni) interpreta l’avvocato-amico del protagonista: le sue sequenze sono a colori (rispetto al bianco e nero del film) perché legate a flashback del passato. Madalina Ghenea (24 anni, I soliti idioti, Pazze di me) riveste il ruolo di Dorina. Musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, una canzone originale è di Francesco Renga.
(le cui uniche eccezioni a colori sono le poche scene legate ai ricordi dei protagonisti) e i dialoghi spiccioli, espressi in uno sgangherato e volutamente caricaturale accento rumeno. Come ha spiegato proprio il regista «il film parla il linguaggio della strada e ha dimostrato in teatro di poter colpire profondamente il pubblico e la critica. Guardandolo – ha proseguito Gassman – la sensazione più strana, ma allo stesso tempo eccitante e sorprendente, è stato vedere che è esattamente come me lo ero immaginato. Questo è stato possibile grazie al coraggio della produzione, ma soprattutto ad una troupe totalmente coinvolta, di talento, che mi ha assecondato dandomi sicurezza e fiducia. Ho lavorato in libertà, senza mai tirare il freno e se questo film vi farà emozionare, sorridere, vorrà dire che quella visione, non “mediata” dal mezzo filmico, è riuscita, grazie al lavoro di tutti. Per me è stato davvero come vedere un sogno realizzarsi».
SCHEDA DEL FILM REGIA: Alessandro Gassman SCENEGGIATURA: Vittorio Moroni CAST: Alessandro Gassman, Giovanni Anzaldo, Michele Placido, Madalina Ghenea, Manrico Gammarota, Sergio Meogrossi, Matteo Taranto, Nadia Rinaldi, Carolina Facchinetti, Maiga Bailkissa GENERE: Drammatico DURATA: 95' DISTRIBUITO DA: Moviemax USCITA: 18 aprile 2013
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For magazine CONSIGLI & SCONSIGLI di Dina D'Isa
Il Film da non perdere
I FIGLI DELLA MEZZANOTTE
A destra Satya Bhabha (29 anni) nel ruolo di Saleem, la cui voce fuori campo nella versione originale è di Salman Rushdie, che ha scritto il libro da cui il film è tratto.
I figli della mezzanotte è un film della regista candidata all’Oscar Deepa Mehta, tratto dal romanzo di Salman Rushdie vincitore del Booker Prize. Allo scoccare della mezzanotte del 15 agosto del 1947, mentre l’India dichiara l’indipendenza dalla Gran Bretagna, due neonati vengono sostituiti da un’infermiera in una clinica di Bombay. Saleem Sinai, figlio illegittimo di una donna povera, e Shiva, figlio di una coppia benestante, sono destinati a vivere l’uno il destino dell’altro. Le loro vite s’intrecceranno misteriosamente e saranno legate in maniera inestricabile al turbolento cammino di trionfi e di tragedie dell’India. Ottimista, magico ed epico, il film evoca immagini e personaggi ricchi e indimenticabili. Si torna indietro ai tempi in cui l’India era ancora incatenata
all’Impero Britannico. In un atto di ribellione, l’infermiera Mary scambia i due bambini maschi appena nati. Saleem, il nostro protagonista, cresce felice nella villa vittoriana, una delle ultime reliquie dell’impero anglo-indiano. Il tempo e i ricordi scorrono via rapidamente fino a quando, all’età di dieci anni, Saleem scopre che la sua discendenza non è chiara come pensava e che la sua nascita, coincidente con quella dell’India, è stata accompagnata da eventi strani e magici. Qualcosa di straordinario entra nella vita di Saleem: sottoposto a dei test del sangue a scuola, scopre che il suo gruppo sanguigno non è quello dei suoi genitori. Questa scoperta trasforma l’amore di suo padre in odio e, malgrado il grande dolore della madre, Saleem viene cacciato via.
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For magazine Il Film da evitare
IO SONO TU
Melissa McCarthy (42 anni) e Jason Bateman (44 anni). L’attore americano è un esperto di commedie, fra le quali Juno, Tra le nuvole, Due cuori e una provetta.
Il regista Seth Gordon e il protagonista Jason Bateman tornano sul grande schermo (dopo l’ottimo risultato internazionale di Come ammazzare il capo e vivere felici), con la nuova pellicola Io sono tu: nel cast anche Melissa McCarthy, con la sceneggiatura scritta in varie fasi da Jerry Eaten, Steve Conrad e Craig Mazin. Si racconta la storia di Diana (McCarthy), una donna che, potendo disporre di fondi illimitati, compra tutto quello che colpisce la sua fantasia. C’è solo un inconveniente: l’ID che usa per finanziare queste spese folli dice “Sandy Bigelow Patterson” e appartiene a un rappresentante finanziario (Bateman). Con solo una settimana per dare la caccia al truffatore prima che il suo mondo imploda, il vero Sandy Bigelow Patterson si dirige
verso sud per affrontare la donna che ha avuto la pass di accesso alla sua vita. Idea simpatica che però non rende bene al cinema e rischia di annoiare più di una di quelle repliche americane che si rivedono ripetutamente in Tv.
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For magazine APPUNTAMENTI di Sestilia Pellicano Kristin Scott Thomas (52 anni) e Fabrice Luchini (61 anni), protagonisti di Dans la maison. Il film in anteprima italiana è stato scelto per inaugurare il festival del nuovo cinema francese, alla presenza del regista François Ozon e di buona parte del cast.
Vive la France!
Roma incontra il nuovo cinema d’Oltralpe nel festival “Rendez-Vous”: circa quaranta i titoli in concorso, dai campioni d’incassi alle pellicole indipendenti. La direzione artistica è di Vanessa Tonnini. Presenti anche François Ozon e Laurent Cantet 68 For Magazine
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Con Dans la maison, Ozon sembra tornare ai temi e alle atmosfere da thriller psicologico, sospeso fra realtà e finzione. Nel cast c’è anche Emmanuelle Seigner. I luoghi selezionati per proiezione dei film, incontri e dibattiti sono: la Casa del Cinema, il cinema Quattro Fontane, l’Accademia di Francia a Roma e il Maxxi.
Sarà il regista François Ozon, con la proiezione in anteprima italiana di Dans la maison, ad aprire “Rendez-Vous”, il festival del nuovo cinema d’Oltralpe che si tiene a Roma dal 17 al 21 aprile. Il film, distribuito in Italia dalla Bim, è una raffinata riflessione a colpi di satira sul lavoro del cinema, sull’ispirazione creativa e sul rapporto tra finzione e realtà; libero adattamento di un dramma teatrale di Juan Mayorga, conta la presenza di Fabrice Luchini e Kristin Scott Thomas. Altro ospite di rilievo del festival è il regista Laurent Cantet, autore di punta del nuovo cinema francese, al quale è dedicato un focus speciale che prevede un’intera giornata di programmazione alla Casa del Cinema, con una master class e la presentazione del suo ultimo titolo, Foxfire, distribuito in Italia da Teodora Film e Spaziocinema. Premiato per la migliore sceneggiatura al Festival di San Sebastian, Foxfire è la storia della ribellione di una gang di donne nell’America degli anni Cinquanta, tratto dal bestseller di Joyce Carol Oates, Ragazze cattive. Nel complesso, sono circa quaranta i film di “Rendez-Vous”, che si pre-
annuncia una ghiotta occasione per gli amanti del cinema, considerata la ricchezza e la varietà della programmazione: dalla produzione popolare a quella più sofisticata, dai campioni d’incassi alle pellicole indipendenti. Diversi i luoghi del festival, giunto alla terza edizione: oltre alla Casa del Cinema, il cinema Quattro Fontane, Villa Medici – Accademia di Francia a Roma – e il Maxxi. Le proiezioni dei film saranno accompagnate da incontri, dibattiti e master class con artisti francesi e personalità italiane del cinema. Sarà presente anche la delegazione di Unifrance, l’ente che promuove il cinema francese nel mondo, e i principali distributori transalpini che presso la Casa del Cinema daranno vita a “Mini Marché Unifrance”. Proprio alla distribuzione è dedicato il premio “Rendez-Vous”, che sarà assegnato da una giuria di esperti. La manifestazione è un’iniziativa dell’Ambasciata di Francia in Italia, in collaborazione con l’Accademia di Francia a Roma e con il sostegno di Unifrance, e fa tappa anche a Torino, Milano, Bologna e Palermo.
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ForMUSICA magazine di Marco Gastoldi Marco Mengoni è nato a Ronciglione, in provincia di Viterbo, il 25 dicembre 1988. Deve la sua popolarità alla vittoria della terza edizione di X-Factor nel 2009.
Corro per vincere
Ha trionfato al Festival di Sanremo, rappresenterà l’Italia all’Eurofestival e con il singolo L’essenziale sta scalando le classifiche e conquistando milioni di visualizzazioni: Marco Mengoni ritorna con un nuovo album tutto… “disegnato”. Fra le tante collaborazioni illustri anche quella con il grandissimo Ivano Fossati «Sono un po’ emozionato ed oggi mi sento un po’ a scuola perché anche io ho frequentato un istituto d’arte». A parlare è Marco Mengoni, classe 1988, che dal piccolo comune di Ronciglione nel Lazio di strada ne ha percorsa tanta. Lunatico, permaloso e quasi antipatico, così come più volte si è descritto, nello studio del pittore Hayez dell’Accademia delle Belle Arti di Milano il giovane cantautore sembra essere invece esattamente l’opposto. Un esordio davvero invidiabile il suo, che dal 2009 lo ha portato oltre che ad essere apprezzato da giovani e adulti, anche a
conquistare traguardi e riconoscimenti fra i più prestigiosi al mondo. Marco inizia cantare all’età di 14 anni, mentre studia all’Istituto per il Design, seguendo una scuola di canto dove impara le prime tecniche di espressione. «Alla tenera altezza di 70 centimetri cominciavo ad ascoltare di tutto, iniziando ad approfondire la mia cultura musicale: ho scoperto il karaoke e cominciato a cantare di nascosto, per timidezza. Poi, una volta, i miei per caso mi hanno ascoltato e si sono convinti a mandarmi ad una scuola di canto. Da quel momento ho capito che la musica non
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Il nuovo cd #prontoacorrere contiene anche La valle dei re, scritta da Cesare Cremonini, che ha definito la canzone «un po’ folle e decadente. Quando Marco mi ha chiesto un brano ho pensato subito che fosse adatta a lui, anche perché sul palco si trasforma e sembra sentire fisicamente la teatralità di questo stile musicale».
era poi così semplice come pensavo, c’era molto da imparare». Dopo due anni trascorsi in un quintetto vocale fra serate di piazza e celebrazioni di festività inizia il suo percorso da solista continuando la sua gavetta trasferendosi a Roma. Contemporaneamente si iscrive all’Università nella Facoltà di Lingue e fa esperienza come fonico e programmatore, familiarizzando con gli studi di registrazione. Partecipa alla terza edizione del talent show X-Factor nel 2009 e da allora Marco Mengoni entra di diritto nel panorama musicale italiano ed internazionale. La sessantesima
edizione del Festival di Sanremo del 2010 gli conferisce la medaglia di bronzo con il brano Credimi ancora, che diventa parte dell’Ep Re Matto, uscito nel febbraio dello stesso anno, e a due mesi di distanza parte dall’Alcatraz di Milano il “Re Matto Tour”, un vero e proprio viaggio all’interno del talento multiforme del giovane artista. Il suo primo approccio con il grande pubblico si rivela un successo inaspettato, collezionando un sold out dopo l’altro, e durante l’inverno successivo l’artista può vantare i titoli di Man of the Year ai TRL Awards dell’emittente Mtv, e dopo
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Mengoni sta collezionando un successo dopo l’altro: “L’essenziale Anteprima Tour 2013” lo porterà nelle principali città italiane, tra cui Torino, Firenze e Roma.
il trionfo come Best Italian Act riceve anche il Best European Act agli Mtv Europe Music Awards, diventando il primo italiano ad essersi aggiudicato una statuetta che in 17 edizioni nessun connazionale era mai riuscito ad ottenere. Durante l’autunno dell’anno successivo arriva in radio il singolo Solo che anticipa l’uscita del nuovo disco, debuttando al primo posto della classifica di iTunes. Dopo un’anteprima trionfante del “Solo Tour” con due date evento al Forum di Assago e al Palalottomatica di Roma, Mengoni cambia veste e svela al pubblico una più intima parte di se stesso attraverso un tour teatrale, dove musica, movimenti e suggestioni rivelano una chiave di lettura inedita di alcuni dei suoi maggiori successi. «Insieme abbiamo deciso di organizzare un’asta per le opere d’arte che stanno realizzando in modo da mettere a disposizione delle borse di studio per i ragazzi della scuola». All’Accademia di Brera, Marco interviene circondato da alcuni studenti impegnati in una prova di action painting reinterpretando alcune sue foto di grande formato. Da giovane artista, da sempre si è avvicinato all’universo della sua generazione, e non a caso il suo nuovo album #prontoacorrere inizia con un hashtag prima delle parole, omaggiando, attraverso il linguaggio proprio dei social network, i mezzi di comunicazione e i giovani fan che sin dagli esordi lo hanno sostenuto: «Continuo con la concretizzazione e l’essere coerente con ciò che sto facendo, che è stato costruito quasi interamente da giovani, dalla grafica ai musicisti fino alle persone che comprendono il mio nuovo staff. Ho un pubblico molto attento al web e quindi mi unisco alla società che evolve e alla tecnologia che corre sempre più veloce». Il 2013 si è dimostrato per lui essere l’anno della svolta ed è iniziato con la vittoria alla sessantatreesima edizione del Festival di Sanremo, esperienza che racconta ancora con grande emozione: «È stato eccezionale, fantastico, quest’anno come non mai. La vera vittoria è stato presentare un progetto al grande pubblico su un palco come quello di Sanremo, e aver ottenuto un riscontro positivo non solo da parte della cerchia di persone più vicine a me. Mi sono portato via molta positività, ma anche la responsabilità di viaggiare alla velocità del lavoro che è stato lanciato e che si è avviato molto bene». A circa due mesi di distanza i numeri parlano chiaro, confermando il successo ottenuto e consolidato. Stabilmente primo dalla data di uscita, il singolo multiplatino L’essenziale è anche in vetta alle classifiche radiofoniche, e il video che ha accompagnato l’uscita del brano ha raggiunto circa 9 milioni di visualizzazioni. Posizioni da capogiro che annunciano un cambio di rotta, un Marco Mengoni tutto nuovo. «Il mio passato mi ha fatto diventare la persona che sono oggi. Non c’è niente che non andava prima, ma avevo voglia di confrontarmi con altre persone. In quest’ultimo anno mi sono buttato, ho cercato nuovi brani, nuovi stimoli artistici. Ma ho voluto che questo album non fosse fatto di corsa e che, come il “nuovo me”, fosse davvero “pronto a correre”. È stato un anno travagliato e abbastanza duro ma è servito a produrre ciò che sono qui a presentare oggi. Sono pronto ad affrontare ciò che succederà, sempre in divenire, comunicando immagini, idee, esperienze ed incontri». Il cantante racconta anche di quanto sia difficile scegliere il titolo di un album in una lista infinita di probabili candidati e rivela che dopo una vita intera trascorsa, come tutti, impegnato in una corsa perenne, #prontoacorrere sia stato il titolo più giusto. Durante l’ultimo anno Marco ha inoltre rinnovato il proprio team di lavoro, fatta eccezione per la casa discografica, la Sony Music, e scherzando aggiunge: «Volevo mettere “pronto a ricorrere”, ma ricorrere al Tar o al tribunale e a tutte queste cose era impossibile». Il disco è una produzione internazionale firmata Michele Canova e registrata fra Milano e Los Angeles. Quindici brani inediti, frutto di più di un anno di lavoro fra il Sunset Sound Studios e il Kaneepa Studio, dove il cantautore ha seguito con la sua maniacale attenzione ogni fase produttiva: un progetto di ampio respiro al quale tutti si sono dedicati sfruttando in pieno il tempo necessario. La linea sonora può essere idealmente divisa in tre diversi livelli che spaziano dalle ballad più classiche, fra le quali L’essenziale, fino al soul black di Un’altra botta o Spari nel deserto, fino
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a raggiungere sonorità più elettroniche con Non me ne accorgo e Pronto a correre. «Il fatto che io abbia corde vocali finissime – spiega Marco – e che riesca ad arrivare con facilità a tonalità alte attraverso la mia mobilità vocale mi ha permesso di partire dal jazz e dal soul, arrivando ad ispirarmi a maestri del passato come Aretha Franklin e Stevie Wonder». Un’interpretazione più diretta, semplice e meno articolata come quella del passato, raccontando di come il confronto con esperienze ed emozioni diverse abbia cambiato la sua arte dando più importanza ad armonie e composizioni semplici: «Volgere la tua vita in una via più concreta cambia anche il modo di vivere e vedere la musica, modificando anche il modo di cantare che diventa in linea con tutto ciò che ascolti e che hai ascoltato». Ma per questo giovanissimo artista il suo album è anche una piccola rivincita verso tutti coloro che in lui non avevano creduto solo perché proveniente da un talent show: «In merito a questo avevo scritto un pezzo anche nell’album Solo 2.0 e devo ammettere che più di tanto non me la sono presa. Ma la prendo quando si scrive che sono solo un interprete, e mi dispiace perché lavoro e scrivo i miei testi. Ma poi alla fine chi giudica è il pubblico e io sono onorato di avere un gran bel pubblico». Le parti musicali di #prontoacorrere sono inoltre enfatizzate da maestri della musica che hanno collaborato alla realizzazione del disco. Fra gli altri anche Gary Novak, che ha suonato per George Benson e Alanis Morissette, Reggie Hamilton, bassista di Whitney Houston e Ricky Martin, e Marco Tamburini, collaboratore di artisti fra il quali Sting e Luciano Pavarotti. Ma la lista dei nomi non finisce qui, perché nell’album compaiono altri artisti eccellenti come quelli di Gianna Nannini e Pacifico che hanno firmato Bellissimo, e quello di Cesare Cremonini che ha scritto il brano La valle dei re: «Lo invidio da morire. Cesare riesce a descrivere con una frase molto semplice una fotografia o un istante e io invece devo fare moltissimi giri di parole. Io provengo da una scrittura più metafisica, lui invece sa essere diretto e pragmatico. Lo ringrazio perché Cesare è una persona anche umanamente eccezionale. Un bel pazzo, un folle, un libero». E per la prima volta dopo il suo ritiro dalle scene, un altro grandissimo ha collaborato con Marco che alza le braccia al cielo per ricordarlo: Ivano Fossati. «È stato per me un mito e lo considero un vero signore. Ivano ha chiesto la mia presenza al suo ultimo concerto al Piccolo Teatro di Milano e io sono arrivato da Roma per andare a vederlo. Dopo pochi mesi mi ha chiamato dicendomi che aveva un pezzo per me. L’ho sentito e mi è piaciuto, ho affinato armonia e arrangiamento e da questo è nato Spari nel deserto». Prestigiose anche le collaborazioni internazionali fra le quali Tobias Gad, autore di riferimento per Alicia Keys e Beyoncé, che ha firmato per Marco Non passerai, Evan Bogart, autore per Jennifer Lopez e Rihanna, Charlie Grant, storico autore di Def Leppard e Simply Red, ed ancora Steve Robson, autore di James Blunt, che per Marco ha scritto Evitiamoci: «Credo che Mark Owen dei Take That sia stato però quello verso il quale ho sentito più feeling. Con me ha firmato la title track Pronto a correre e devo ammettere che è stato molto difficile fare l’adattamento in italiano. La loro è una lingua più musicale e ci ho sbattuto un po’ le corna, ma sono riuscito ad ottenere equilibrio e alchimia anche per questo pezzo. È stato molto difficile per via dell’inciso spezzato ma alla fine sono riuscito a collocarci una frase della quale sono molto contento, perché descrive con semplicità l’idea che avevo del brano. E non c’è momento più giusto per dire che questo pezzo è nato con dei disegni». Il cantautore racconta di come, per scrivere un brano, prima ne disegni il contenuto come uno storyboard di avvenimenti e sensazioni, rimarcando la sua provenienza da un istituto d’arte. «Ci metto una Quaresima per scrivere un testo, perché prima immortalo una fotografia o un’immagine e successivamente estrapolo da essa le parole. Ma alla fine è bello ritrovarsi la casa piena di disegni perché per tutte le composizioni scritte da me c’è una storia grafica». Un “disegnatore della musica”, quindi, un artista a 360 gradi che mette in campo tutte le sue tecniche per produrre i migliori risultati, servendosi anche di un’altra lingua dove necessario. Il brano I got the fear, come il titolo preannuncia, è infatti rimasto in lingua originale inglese: «Ho provato ad adattarlo in
Di lui Ivano Fossati ha detto: «Ha una grande musicalità e un talento fuori dal comune. È un artista dotato di grande modestia, penso che possa crescere ancora e che in molti debbano ancora scoprire le sue possibilità».
italiano ma suonava meglio in inglese ed era giusto che proseguisse così. Suonava meglio, non c’era niente da fare!». E Marco sorride preannunciando che forse ci sarà una versione interamente in inglese del suo #prontoacorrere e magari addirittura in spagnolo. Del resto non sarebbe il primo contatto con il panorama internazionale da parte del giovane artista che prossimamente rappresenterà l’Italia di fronte alla platea dell’Eurovision Song Contest in Svezia il prossimo 18 maggio. Il brano che Marco ha scelto di portare è quello che ha vinto a Sanremo: «L’essenziale verrà cantata tutta in italiano perché ho scelto di celebrare l’Italia nella sua lingua. Sono patriota in questo e desidero rappresentare il mio Paese nella lingua madre». E la corsa non finisce qui, perché il prossimo 8 maggio partirà da Milano “L’essenziale Anteprima Tour 2013”, con cui Marco Mengoni si esibirà nei principali teatri delle città italiane e che lo vedrà impegnato in sette tappe, fra le quali Torino, Firenze, Padova e Roma. «Spero che per la mia corsa non ci sia una meta perché vorrebbe significare la fine. Non voglio andare negli spogliatoi, voglio restare sempre in pista».
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For magazine FENOMENI di Sara Donati
Acrobati Il più famoso è Vittorio Brumotti, inviato specialissimo di Striscia la Notizia. Ma c’è anche Alessandro Barbero, diventato popolare grazie a Italia’s Got Talent. Occhio, però: di pazzi su due ruote è pieno il mondo. E noi li abbiamo scovati per voi
Il 28 ottobre 2012 Vittorio Brumotti, l’inviato su due ruote di Striscia la Notizia: ha scalato con la sua bike la Burj Khalifa di Dubai, il più alto edificio mai costruito (828 metri). Brumotti ha risalito l’intera torre (160 piani, pari a circa 4.000 gradini), rimanendo in sella alla bici e in equilibrio senza mai appoggiare i piedi per terra.
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in bicicletta
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Vittorio Brumotti davanti al Grand Canyon. Da vent’anni vive in simbiosi con la sua fedele bike. Con lei vince il campionato del mondo di Bike Trial, dopo aver collezionato diversi titoli italiani. Tale disciplina sportiva è una specialità derivata dal Trial (contrazione dei termini “try” e “all”, ovvero “prova tutto”) motociclistico, in cui il biker affronta ostacoli naturali o artificiali, cercando di evitare di poggiare a terra i piedi.
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Il soprannome 100% Brumotti vuole esprimere il suo stile di vita energico e positivo e il continuo desiderio di Vittorio di superare i suoi limiti. Le peripezie a due ruote in cui si cimenta lo fanno sembrare un incosciente, ma lui stesso assicura che “è tutto calcolato”. Esordisce come inviato di Striscia nel novembre 2008 e, sempre a cavallo della sua bike, mostra in giro per l’Italia sprechi e opere incompiute e, al fianco del FAI (Fondo Ambiente Italiano), le meraviglie da tutelare.
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L’edizione inaugurale del Red Bull Ditches si è svolta a Gouda, in Sudafrica. Il contest ha ospitato i migliori rider locali e internazionali, tra i quali il nostro Alessandro Barbero (eccolo in azione). L’atleta italiano ha fatto valere tutta la sua esperienza conquistando un ottimo secondo posto.
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Barbero in versione… casalinga. Eccolo, infatti, tra le vigne del Piemonte. Alessandro, nell’edizione di Italia’s Got Talent, terminata da poche settimane, è arrivato in finale.
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Corey Bohan in Sudafrica, agguerrito avversario di Barbero.
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Kye Forte, un altro acrobata del circo delle bike.
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Matt Priest in azione al Red Bull Roast It 2013, svoltosi a Queentown.
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Louis Bolter, anche lui fotografato a Queentown.
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Michael Beran alla conquista di Parigi nel Red Bull Skylines 2012.
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Ci spostiamo in Arabia Saudita per seguire le evoluzioni di Senadi Gosic (anche nelle foto delle pagine seguenti). Questo campione corre anche in auto e moto.
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For magazine STAR di Santi Urso
Cattivi di successo
L’incontro tra Diabolik ed Eva Kant avviene nel 1963 al terzo numero del fumetto (intitolato L’arresto di Diabolik).
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Diabolik e la sua splendida compagna, Eva Kant, hanno compiuto cinquant’anni. Insieme cercheranno di sfuggire all’ispettore Ginko chissà per quanto tempo ancora!
Quello che è successo nel paradiso terrestre lo sappiamo: Adamo stava ringraziando Dio per l’idilliaca vita coniugale che gli aveva confezionato proprio nel momento in cui Eva stringeva il patto col serpente. Da quel momento è diventata quasi una regola: condividere tutto, casa, preoccupazioni e lavoro più che cementare può portare alla disgregazione di un’unione, e alla ricerca di complicità esterne, più fantasiose ed evasive. A Diabolik è andata diversamente: con la sua Eva è complicità indissolubile e inespugnabile. Lo ha confermato lei stessa, “intervistata” in occasione del suo “compleanno” da Antonio D’Orrico, su Sette, il magazine del Corriere della Sera: «Io lo amo e Diabolik mi ama come la prima notte». L’intesa è incominciata nel marzo del 1963, e finora nessuno meglio di Andrea Leggeri (in Dammi un bacio da fumetto, antologia di amori di carta, pubblicata da Coniglio editore) ne ha cantato la poesia: «Sono la coppia più longeva del fumetto italiano, complici nell’amore come nell’attività criminale che li vede impegnati a rubare ai ricchi per dare… a se stessi. Il più spietato e glaciale degli antieroi del fumetto si scioglie soltanto in compagnia della sua eterna fidanzata, con la quale vive un rapporto simbiotico. La proverbiale freddezza del “re del terrore” svanisce puntualmente davanti agli occhi verdi della splendida Eva, che lungi dall’essere la classica figura femminile di contorno, gli tiene testa per carisma e personalità. Ma gli è senz’altro superiore in quanto a fascino». I lettori, che hanno negli occhi i suoi lineamenti, ispirati alle bionde di Alfred Hitchcock (da Grace Kelly a Kim Novak), lo sanno da generazioni, chi non la conosce o l’ha trascurata (magari distratto da televisive, veline, vallettine, prezzemoline inutilmente procaci) si è avvicinato a quel fascino nella mostra che la classica rassegna Cartoomics, il Salone del fumetto di FieraMilano Rho, ha dedicato a Lady Eva Kant. Un omaggio accompagnato dall’arrivo in edicola, nel fatale marzo, di I segreti di Morben, un albo della “diabolika” saga tutto dedicato a lei dalla Astorina, la casa editrice che ha inventato la coppia.
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Il primo numero di Diabolik esce nel novembre 1962 (il prezzo di copertina è 150 lire). C’è da sottolineare che la sua Jaguar nera truccata ha anticipato di un anno l’Aston Martin di James Bond. Diabolik ha avuto una versione cinematografica nel 1967 per la regia di Mario Bava: il “re del terrore” fu interpretato da John Phillip Law, Eva Kant da Marisa Mell e l’ispettore Ginko da Michel Piccoli. Diabolik è diventato anche una serie di cartoni animati.
La ricorrenza è un’occasione per riflettere sul destino del “re del terrore”, ispirandosi alle parole di un grande studioso, Franco Fossati, che scriveva: «Molto è stato detto – il più delle volte a sproposito – circa l’influenza negativa del cosiddetto fumetto nero sul grosso pubblico, soprattutto sui giovani. La nascita di Diabolik ha allarmato a lungo i benpensanti che hanno voluto vedere in questi albi solo l’esaltazione del delitto e di ogni possibile crimine contro i valori che regolano la società». L’osservazione fotografa perfettamente l’accoglienza riservata all’uomo in nero, che, oltretutto sparigliava il gioco degli eroi convenzionali: per molti il suo ininterrotto, malefico, trionfo sull’ispettore Ginko era una rivoluzionaria risposta alle edificanti gesta benefiche di Superman (o Nembo Kid che dir si voglia). E la difesa di Fossati era in anticipo sui tempi della gloria: è scritta nel dizionario I fumetti in 100 personaggi pubblicato da Longanesi nel 1977. Dove si ricorda anche: «Contrariamente a quanto affermano improvvisati “esperti” Diabolik fu accolto con una certa freddezza dal pubblico. A prima vista si confondeva con i normali gialli scritti e nessuno avrebbe potuto supporre che era nato un nuovo genere». Il fumetto nero, appunto.
Il vero boom arriva nel 1964, in sintonia con l’aria di ribellione che si comincia a respirare (le prime consistenti contestazioni studentesche iniziano quell’anno) e Fossati ne ricordava i fumettistici effetti collaterali: «Il successo commerciale di Diabolik determinò la nascita di un gran numero di imitazioni, il più delle volte scadenti ed effimere ma che provocavano le solite reazioni: lettere dei benpensanti ai giornali, polemiche, sequestri, processi, condanne». Nessun epigono è sopravvissuto a Diabolik. Il tempo ha dato abbondantemente ragione a lui, rimasto in sostanza fedelissimo alla formula iniziale, senza aggiunte gratuite di erotismo e violenza. E i 50 anni di Eva sono l’occasione per riflettere anche su un’intesa basata esclusivamente sulla forza dell’amore: Diabolik e Eva sono una coppia di fatto. Mai sposati, sono rimasti inseparabili amanti sin dal primo incontro (avvenuto nella terza uscita delle avventure di Diabolik, nato nel novembre 1962, e fino a quel momento fidanzato con un’altra). Fossati ricordava: «Uniti da un rapporto completo e profondo – neppure sfiorati da stanchezze o tradimenti – il loro amore è fatto di sguardi, di sentimenti e di attimi di abbandono». Una monogamia non insolita (Flash Gordon e Dale, l’Uomo mascherato e Diana, Mandrake e Nar-
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Telediabolik Sky Cinema sta lavorando alla realizzazione della serie tratta dal fumetto cult: le vicende saranno fedeli alla linea tracciata dalle due sorelle Giussani. La serie (13 episodi da 50 minuti) farà calare lo spettatore nel mondo di Diabolik, un mondo sospeso nel tempo. Un mondo di luci e ombre, di avidità e onore, di piani geniali, fughe spettacolari, colpi di scena e sofisticate tecnologie a servizio del crimine. E dove il bene e il male sono in perenne conflitto. Il progetto, che sta attirando l’interesse del mercato internazionale, sarà realizzato con la collaborazione di Mario Gomboli, che ha raccolto l’eredità delle sorelle Giussani e ne prosegue l’avventura, curando la pubblicazione dei fumetti attraverso la casa editrice Astorina. La realizzazione del trailer (da dove sono riprese queste foto) ha richiesto tre mesi di lavoro, tra riprese e post-produzione. Lo studio del costume è durato quasi due mesi, con un lungo lavoro creativo per trovare il giusto equilibrio tra l’aderenza al fumetto e le opportunità date dalla trasposizione filmica del personaggio. E dalla gamma di movimenti data da un corpo vero: per il trailer, il costume è stato indossato da un ex atleta, campione di nuoto, che ha reso in modo straordinario la capacità di Diabolik di muoversi come un’ombra invisibile e imprendibile. Tutti gli ambienti del trailer sono stati ricreati con ricostruzioni 3D e le riprese, a 4k, sono state effettuate con la Red Epic, le macchine da presa di ultimissima generazione. 93 For Magazine
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Sopra, Angela e Luciana Giussani insieme con i personaggi da loro inventati, Diabolik ed Eva, in un disegno rievocativo pubblicato nell’albo Ritorno all’isola di King, uscito nel novembre 2002, quarant’anni dopo il primo numero. «Diabolik è un criminale, non un giustiziere», ripeteva spesso Angela Giussani per descrivere l’eroe del suo fumetto.
da conoscono tentazioni e non scappatelle, anche se The Magician è un po’ chiacchierato per via dell’erculeo e altrettanto fedele Lotar), ma resa leggendaria dalla tenacia e dal comportamento di Eva. Che sa trarre d’impaccio Diabolik anche quando pare spacciato ed è tanto fedele quanto autonoma. Ed è questo che la rende unica: lei cammina a fianco del suo uomo. Di ragazze indipendenti e coraggiose è pieno il mondo del fumetto, da Dragon Lady a Sala, da Barbarella a Pravda, da Phoebe Zeit-Geist a Valentina (in Italia, per una breve stagione, la sola rivale di Eva Kant in popolarità), ma il prezzo dell’indipendenza è, come spesso accade anche nella vita reale, una solitudine gabellata per scelta consapevole. Alla personalità di Eva si dev’essere trasmessa la forza tranquilla di Angela e Luciana Giussani: in tempi in cui si parlava molto di diritti e parità hanno creato un personaggio femminile che dava alle donne il più combattivo degli esempi.
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ForTEATRO magazine di Nolberto Bovosselli
I virtuosi dellʼallegria
Tiziana De Giacomo, Michele Caputo, Maurizio Casagrande e Cristina D’Alberto. Obiettivo della commedia Anche l’occhio vuole la sua parte è di affrontare argomenti di grandissima attualità con garbo e senza la minima volgarità. I protagonisti hanno dichiarato di divertirsi e di ridere molto quanto sono dietro le quinte dello show.
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I palcoscenici del Sette, del Sistina e dell’Ambra Jovinelli ospitano le performance istrioniche e sbalorditive di autentici fuoriclasse della risata all’italiana: Alessandro Mancini con Annalisa Aglioti, Maurizio Casagrande, Biagio Izzo. Ognuno porta in scena un po’ di sé (e un po’ di noi) senza prendersi troppo sul serio
Commedia e attualità, divertimento e sottotesti su cui riflettere, risate e un pizzico di cinismo sociale. Questi i temi principali in grado di legare insieme tre spettacoli teatrali messi in scena sui palcoscenici della Capitale. I campioni della comicità italiana danno sfogo a tutta la loro verve, portando alla ribalta i tanti vizi e qualche virtù, concentrati nelle maschere più comuni di nostri concittadini, in cui non è difficile rispecchiarsi un po’. Il Teatro Sette, dal 16 al 28 aprile, presenta Come Houdini, lo spettacolo sulla storia del più noto prestigiatore di tutti i tempi, in cui l’illusionismo è visto come metafora della vita per sfuggire alle costrizioni sociali. Ad interpretare il protagonista c’è Mago Mancini (al secolo Alessandro Mancini), che proverà ad emulare il numero della pagoda cinese, tristemente celebre per essere stato l’ultimo del grande Harry Houdini, e per dare finalmente una svolta alla sua carriera, ormai impantanata in un bagaglio artistico vecchio e ripetitivo. Il suo agente di spettacolo Marocci, arrivista senza scrupoli, decide di vendere l’ardua esibizione ad un reality show spietato che, pur di fare grossi ascolti, contempla la morte in diretta dei concorrenti. Ma per mettere in piedi l’evento il mago deve chiedere un prestito ad uno studio finanziario, dove incontra Anna (Annalisa Aglioti) che, ricattata dal bieco agente, è costretta a sabotare l’esperimento della pagoda, mettendo in pericolo la vita del disperato performer. Il tema della magia è già affascinante da sé, una buona dose di suspense sotto lo rende ancora più accattivante per il pubblico, che non mancherà di divertirsi e appassionarsi allo show. Anche grazie al talento di Alessandro Mancini,
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Alessandro Mancini, in arte Mago Mancini, è un attore comico formatosi ad un seminario diretto da Dario Fo; ma è anche un abile prestigiatore e lo dimostra in Come Houdini; inoltre, è uno dei soci fondatori dell’Accento Teatro e il direttore artistico del Makkekomiko, laboratorio comico per soli professionisti.
cresciuto all’interno del laboratorio di Serena Dandini “La Fattoria dei comici” e direttore artistico del Makkekomiko, e di Annalisa Aglioti, attrice divenuta famosa per le sue partecipazioni a Colorado con il personaggio della “moglie modello”. Scritta a quattro mani da Claudio Fois e dallo stesso Mancini, la commedia è diretta da Marco Simeoli, che deve la sua preparazione al laboratorio di arti sceniche di Gigi Proietti. Al Teatro Ambra Jovinelli, dal 18 al 28 aprile, prodotta dalla Diana Or.i.s., va in scena la rappresentazione farsesca Anche l’occhio vuole la sua parte, che strappa applausi e risate dall’inizio alla fine grazie all’abilità nell’evidenziare con ironia e leggerezza l’eterna contrapposizione tra
apparire ed essere, in un mondo dove tutto è provvisorio e temporaneo. Dirige con tocco delicato Maurizio Casagrande, che si cala anche nei panni del protagonista Mario, professore precario che abita nell’appartamento dell’amico Massimo (Ivan Boragine), dopo esser stato cacciato di casa dalla moglie adultera Silvia (Cristina D’Alberto). Eppure Mario è ancora innamorato della donna, e in nome di questo sentimento folle tenta il suicidio. A salvarlo provvede l’amico d’infanzia Emilio (Michele Caputo). Ma il timido professore non sa più che fare della sua vita, tra dubbi e insicurezza, finché non incontra Simona (Tiziana De Giacomo), una bellissima donna che gli farà perdere la testa, tuttavia mettendolo
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Biagio Izzo (50 anni) dello spettacolo ha detto: «Tutti con me segna un decisivo momento di transizione da una scrittura che privilegiava le tecniche della recita musicata e della commedia di costume ad una drammaturgia dell’io scevra di intellettualismi». Le musiche sono di Edoardo Bennato, Alex Britti e Paolo Belli.
di fronte ad un dilemma apparentemente insolubile: seguire il suo cuore o sottomettersi al giudizio degli altri? Scritta da Michele Caputo e Francesco Velonà, l’esilarante opera con finale a sorpresa arriva a Roma dopo il grande successo di pubblico riscosso a Napoli. Al Teatro Sistina, dal 7 al 19 maggio, si ride con Biagio Izzo e il suo Tutti con me, una commedia in due atti scritta dall’attore napoletano assieme a Bruno Tabacchini. Il comico dà vita ad uno show tutto incentrato su di lui, che, in virtù dell’espediente della psicanalisi, lo rende ancor di più mattatore assoluto, dandogli modo di sfoggiare tutti i suoi personaggi storici, portati in Tv, al cinema, a teatro, e le cui vite s’intrecciano con la storia di due giornaliste. Le donne, impersonate da Teresa Del
Vecchio e Valentina Olla, arrivano sul palco all’improvviso, mentre lui sta recitando un monologo, e spacciandosi per due inviate di un magazine di costume sconvolgono lo spettacolo. Il loro scopo autentico è quello di uccidere tutti i personaggi interpretati da Izzo (Bibì, Assunta, Amedeo, Avana Nove, Valà), “cancellandoli” con una serie di efferati delitti. Tra lo stupore e lo choc, il cabarettista partenopeo scoprirà che le due donne sono in realtà il suo inconscio e il suo subconscio, che vogliono favorire la sua crescita artistica e attoriale, liberandolo dalle vecchie maschere. Con la regia di Claudio Insegno e la partecipazione de I Virtuosi di San Martino (quintetto musicale surreale e irresistibile) l’intrattenimento e i sorrisi sono assicurati.
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unamagazine lettura per lasciar traccia… For di Donatella Vilonna
LE REGOLE DELLA SEDUZIONE “Se lungo il cammino senti che il traguardo che ti eri prefisso non è più importante, allora tira fuori le palle, metti la freccia e svolta…” Sette ore per farti innamorare è il nuovo romanzo di Giampaolo Morelli, attore e sceneggiatore. Il protagonista è Paolo De Martino, giornalista di economia in un noto quotidiano di Napoli. Un ragazzo per bene, preciso, educato, serio sul lavoro. In carriera e amore il suo futuro pare luminoso, fino al giorno in cui scopre il tradimento di Giorgia, la sua fidanzata. “Prima ancora di mettere a fuoco la scena che gli si sta palesando davanti, Paolo sente una morsa stringersi intorno alla bocca dello stomaco e lo assale un conato di vomito: Alfonso Costa, il suo capo, tutto nudo e sudato nel loro letto con le mani a cucchiaio lungo i fianchi…”. Non potendo sopportare l’inganno si licenzia, ma l’unico impiego che trova è nella redazione di Macho Man, un settimanale di attualità per il pubblico maschile. Dopo una serie di interviste a estetisti, personal trainer, coiffeur di grido e urologi che praticano l’allungamento del pene, gli viene assegnato un pezzo sull’“Artista del Rimorchio”, una sorta di guru che insegna come sedurre qualunque donna in sole sette ore. Prima però in incognito, dovrà seguire un vero e proprio seminario sul rimorchio. “Se siete qui è sicuramente perché vi sentite insoddisfatti di qualcosa, qualcosa che riguarda voi stessi. Vi sentite degli imbranati, guardate gli altri e pensate che loro ci sanno fare, voi no. Loro hanno la situazione sotto controllo, mentre voi no. Loro sanno rimorchiare le donne, anche quelle bellissime, voi no. Loro hanno delle capacità che voi non avrete mai. Semplicemente è la natura. Bene! Ho due notizie per voi, una cattiva e una buona. Quale volete prima?”. Con sua grande sorpresa a tenere il corso è Valeria, bella, sexy e con le idee molto chiare sui rapporti tra i due sessi. Paolo, la cui vita sentimentale è a un punto morto, diventerà la sua cavia, finendo coinvolto nelle situazioni più impensabili. “Lo so, amici miei, che fremete e non vedete l’ora di leggere questo nuovo articolo. Avidi di apprendere nuove tecniche, nuovi giochini, nuovi metodi per attrarre e sedurre le donne. Ma oggi invece voglio parlarvi di qualcos’altro: Il viaggio!...”. Un’irresistibile commedia, brillante e romantica, sull’arte della seduzione, sulle seconde chance e sul vero amore, firmata da uno dei volti televisivi più amati.
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Sette ore per farti innamorare di Giampaolo Morelli PiemmeGlam, euro 14,50
For magazine
IN FORMA con Jill Cooper
LA TECNOLOGIA AL SERVIZIO DEL CORPO Un nuovo tessuto, realizzato con tecnica compressiva e imbevuto di principi attivi, permette di rimodellare la silhouette delle vostre gambe, rendendole più snelle, lisce e toniche. In pochi giorni sarete scattanti, reattivi e vi sentirete più leggeri L’evoluzione della specie spesso avviene grazie alle scoperte scientifiche. Basta solo pensare a come le nostre vite siano cambiate con la nascita di smartphone, tablet e wireless. Questo mese, invece, vorrei parlarvi dell’evoluzione dei tessuti tecnici per quanto riguarda il vostro benessere e la vostra forma fisica. La nuova invenzione si chiama “Proskins” e si tratta del primo tessuto creato con tecnica compressiva imbevuto di principi attivi, che possono aiutarvi a rimodellare il vostro corpo in soli 28 giorni. “Proskins” è una tecnologia che nasce in Inghilterra, fabbricata con tessuti compressivi rivolti agli sportivi. Gli atleti la usano ormai da anni per avere maggiore reattività muscolare, recupero dimezzato, migliore circolazione e ritorno linfatico. I leggings così realizzati possono essere indossati per una bella corsa nel parco
o durante un allenamento di qualsiasi tipo. Si avverte immediatamente una leggerezza sulle gambe e una prontezza d’azione. Anche io trovo che i miei muscoli si sentano “felici” avendo addosso questa tenuta. Il mio passo è più scattante e il mio allenamento diventa più performante. Però, non ci si è limitati alla compressione graduata e dosata, o alla perfezione per migliorare le prestazioni fisiche: ora è stato creato un secondo tessuto “Proskins” basato sulla nanotecnologia, dove le singole fibre del composto sono imbevute di principi attivi che promuovono il rilascio localizzato degli acidi grassi dalle loro riserve, mentre massaggiano i principi attivi come il retinolo, l’aloe vera e l’antiossidante per eccellenza, la vitamina E, che agisce sulla pelle per migliorarne l’aspetto e la qualità. I risultati? Gambe e pancia più lisci e compatti in poche settimane d’uso. Aspettate e vedrete che, grazie alla loro invenzione, si possono anche indossare tutto il giorno, passando dall’ufficio a un allenamento mozzafiato nel pomeriggio, o fino a tarda serata in discoteca. Personalmente ho notato che le mie gambe sono più snelle, leggere, lisce e toniche. Provate per credere, e una volta che l’avrete fatto non tornerete più indietro! Buon allenamento da Jill Cooper.
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ForSCATTI magazine di Bruno Oliviero
Glenda ha 22 anni, è nata a Bagno a Ripoli, in Toscana, ma da un anno vive a Roma. È una ragazza che ha molto carattere e, allo stesso tempo, tanta dolcezza. Il suo sogno è diventare attrice, sta studiando in due scuole di recitazione, ha già fatto del teatro e per il cinema è stata la protagonista di alcuni cortometraggi. La sua immagine piace molto, e infatti viene chiamata spesso per realizzare campagne pubblicitarie. Contemporaneamente studia Biologia all’università e le manca un anno per laurearsi. Il suo regista preferito è Pupi Avati, mentre l’attore che ama di più è Al Pacino. Mantiene in forma il suo bel fisico facendo un po’ di palestra e correndo nei parchi romani. La speranza è che con questo curriculum riuscirà a bruciare le tappe e a realizzare il suo sogno.
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For magazine
Glenda Borchi 103 For Magazine
For rubrica magazine di Avv. Luigi De Valeri studiolegaledevaleri@gmail.com
RETI DI IMPRESE, UNA CHANCE DI CRESCITA PER LE AZIENDE ITALIANE È ancora poco conosciuta, o comunque sfruttata, la possibilità per le aziende di unirsi e costituire una rete di imprese giovandosi della normativa italiana in vigore già dal 1999. Lo sviluppo delle aggregazioni tra imprenditori, in forma anche individuale, tramite il contratto di rete di imprese, costituisce una formidabile opportunità di sviluppo non solo sul territorio nazionale, ma anche in funzione dell’approdo delle imprese sui mercati internazionali dove, come noto, solo l’unione tra varie potenzialità, know-how e risorse, può garantire la competitività. La novità di rilievo del recente Decreto Sviluppo bis del governo Monti è costituita dalla possibilità per le reti di imprese di acquisire la soggettività giuridica se la stipula del relativo contratto avviene con atto pubblico o scrittura privata autenticata, ovvero attraverso un atto firmato digitalmente, autenticato da un notaio o da altro pubblico ufficiale e la successiva iscrizione nel registro delle imprese. Ma cos’è in sintesi il contratto di rete? È stato introdotto con la legge n. 33 del 9 aprile 2009 per regolare l’esercizio in comune di attività economiche tra aziende, al fine di accrescere la loro capacità innovativa e la competitività. Con il contratto di rete gli imprenditori perseguono lo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si impegnano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in ambiti attinenti all’esercizio delle proprie imprese scambiandosi informazioni o prestazioni commerciali, ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Il contratto può prevedere la costituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire per conto dei partecipanti l’esecuzione dell’intero contratto o singole fasi. In poco meno di quattro anni si sono susseguiti vari provvedimenti volti a migliorare l’operatività di questa forma di aggregazione tra imprese. Le reti d’impresa, con le modifiche apportate al Codice degli appalti, possono anche partecipare alle procedure di gara della Pubblica Amministrazione. Il legislatore ha di recente stabilito che “il contratto di rete che prevede l’organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi
del comma 4 quater ultima parte”, per cui ora la rete di impresa può acquistare la soggettività giuridica con l’iscrizione al registro delle imprese. Il contratto di rete dovrà essere inviato al registro delle imprese attraverso un modello standard tipizzato con decreto del Ministero della Giustizia, di concerto con il Ministero Economia e Finanze e il Ministero dello Sviluppo economico. Nell’ipotesi in cui la rete di imprese istituisca un fondo patrimoniale e un organo comune destinato a svolgere una attività anche commerciale con i terzi, la responsabilità patrimoniale per le obbligazioni assunte dall’organo comune per il programma di rete sarà limitata al fondo comune. La rete di imprese così strutturata sarà tenuta a redigere ogni anno la situazione patrimoniale osservando le norme per il bilancio delle società per azioni. Qualora venga istituito un fondo patrimoniale e l’organo comune, tra gli altri elementi necessari da inserire nel contratto devono essere previsti anche la denominazione e la sede della rete, l’indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e le modalità per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi, la definizione di un programma di rete che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante. Le modifiche al contratto di rete dovranno essere depositate per l’iscrizione, a cura dell’impresa indicata nell’atto modificativo, presso la sezione del registro delle imprese presso cui è iscritta la stessa impresa. Nel settore agro-alimentare potranno essere costituiti dei fondi di mutualità tra contraenti, diretti a tutelare le parti da eventuali impreviste variazioni delle condizioni di mercato. In conclusione, quale consulente posso dire che restano sul campo alcune criticità derivanti dalle carenze dell’attuale normativa, nella gestione dei rapporti interni tra le aziende partecipanti e per l’effettivo apporto del partecipante alla rete, problematiche che possono e devono essere gestite in via preventiva con l’ausilio di professionisti, impegnati a costruire, per quanto la legge consente, i contenuti del contratto di rete istitutivo e a seguire l’iter della compagine imprenditoriale, assicurando un supporto costante sia all’organo comune che ai singoli partecipanti.
Ad maiora, si augurava un tempo dalle parti del Colosseo.
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