Dogs of War

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NON Edizioni CHIP 65C02

DOGS OF WAR Release (v1.0) in Copyleft(BY-ND-NC) Chip 65C02 26/08/2018


✔ Note Legalesi. Il webmaster 6502 & Terminetor Magnetico ha costruito una serie di racconti distopici ambientati nel 2050, che narrano lo stesso evento, con variegati punti di vista sulla WWIII in Siberia. L’obiettivo del racconto é intrattenere & far riflettere il lettore. In nessun caso sono collegate le persone, enti, organizzazioni e quant'altro citato direttamente od indirettamente nel testo. È importante tenere presente che ogni riferimento esplicito od implicito a fatti o persone, enti, organizzazioni, eventi, circostanze future o presenti o passate, che taluni lettori possono riconoscere od associare è del tutto casuale ed immaginario. L'ebook.pdf è no-profit, l’autore non persegue nessuno scopo di lucro o profitto diffondendo online il materiale assemblato. Il volume è liberamente stampabile in tutto od in parte, è inoltre distribuibile senza alcuna limitazione legale, purché non ne sia alterato il suo contenuto e sia citato il nome dell’autore, rispettando le condizioni di Copyleft(by-nc-nd) A tale proposito ricordo che questo documento non è un sito d'informazione e nemmeno un risultato di un prodotto editoriale, l'ebook in PDF non contiene immagini di qualità, per cui la resa grafica dovrebbe essere alquanto limitata, invocando il diritto di citazione. L’ebook dovrebbe essere facilmente stampabile ed intuitivamente rilegabile o spillabile in un vero libro già correttamente impaginato. Le immagini non dovrebbero essere coperte da copyright, le ho trovate con google.images e le ho lasciate in RGB e convertite in bianco e nero a 96dpi per complicare la stampa. E’ possibile che altre foto reperite con google.images io le abbia sintetizzate artificialmente mantenendo l’RGB per gli scopi letterari, oppure degradate in scala di grigio. In ogni caso le fotografie restano di proprietà dei loro legittimi proprietari bla, bla, bla... Non è "garantita al limone" la resa grafica ed il processo di stampa di cui ogni utente ne assume la piena responsabilità. Il webmaster non si assume la responsabilità della completezza dell’informazioni pubblicate, dei problemi, danni di ogni genere che eventualmente possono derivare dall'uso proprio od improprio di tale file, dalla stampa, dall'interazione e/o download di quanto disponibile online. Tutti i marchi, loghi, organizzazioni citati direttamente od indirettamente sono di proprietà dei loro legittimi proprietari bla, bla, bla... tutelati a norma di legge dal diritto nazionale/internazionale, bla, bla, bla... legalmente registrati ecc... sì insomma dai!, non dite che non avete capito!.

✔ Testo ottimizzato per una fruizione digitale in PDF ✔ Testo ottimizzato per la stampa in fronte retro ✔ Testo ottimizzato anche per la stampa “non in fronte retro” “Dogs of War ” stampato il 26/8/2018 release (v1.0) in COPYLEFT(BY-NC-ND)

➜ http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/ 65C02 & Terminetor Magnetico

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Indice Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo

1: Da qualche parte in Sibe ria, durante gli ultim i giorni di primave ra ……...Pag.4 2: In estate fante ria zarina, attorno al lago Baikal ………………………..………….Pag.10 3: Incursori gengiskani in estate, in Sibe ria ………………………..…….………….… Pag.14 4: Un tank Leopard in estate , da qualche parte in Sibe ria …………………….… Pag.23 5: Distaccamento di Main Battle Tank Ge ngiskani in Sibe ria, in Estate ..… Pag.30 6: In Sibe ria, un lanciatore SS18 Satan in autunno ………….……………..…….. Pag.35 7: T80 rimotorizzato T72 in Sibe ria, durante l’autunno ………………………….. Pag.39 8: I can’t stop the Dogs of War ..……………………………………………..……………… Pag.45 9: La rice rca e soccorso del tenente Karolina Sm irnov .……..…….…………….. Pag.49 10: Introduzione alla battaglia pe r Kalinka …………………………………………….… Pag.62

Dieci ansiogeni, spietati racconti di fantascienza, sul tema delle Climate Change Wars, scanditi dall’incipit del testo di “Blues Saraceno – Dogs of War”. Della WWIII avevo già romanzato, in multi-trama, con Operation Flashpoing, illustrando la testimonianza del tenente Armstrong nei teatri di battaglia della Zarinia pre-Uralica. La differenza tra questo ebook ed il precedente, è che questi dieci racconti sono testimonianze lineari, che sono state intercettate dal backseat dell’rF4 Phantom II di BlackJack. Le informazioni provengono in maggioranza da truppe zarine, quanto da quelle dell’Impero Gengiskano!. Tutte le storie sono ambientate nella sterminata e spietata Siberia post-Uralica, cronologicamente spaziano dall’inizio della WWIII, sino a prima dell’inizio del secondo inviluppo di WWIII. La Battaglia per Kalinka, fu uno scontro gelido e mortale nel mar Polare Artico, iniziò con la detonazione di WWIII, ed uno dei sotto-prodotti generati dal Celeste Mantello dell’Impero Gengiskano fu la sindrome di Kessler, i cui effetti in Siberia non furono identici per tutti i contendenti della WWIII. Proprio per questa ragione, divenne ancora più virulenta la battaglia marina per Kalinka. Nonostante questo scontro, sia stato combattuto tra sottomarini, il suo esito causò pesanti implicazioni anche per le truppe già schierate in Siberia, che da tempo lottavano aspramente in Terra e nell’Aria!. I combattenti erano due alleanze: c’era la possente coalizione degli Aggress ors (Impero Gengiskano, Nord Korea, Impero Rakistano, Impero Sumerico, Chartago) dall’altra, la più debole lega dei Defenders (Repubblica Zarina, Europa e quel poco che rimase della Repubblica del Gange con la sua marina militare). La WWIII deflagrò nel 2050 ma non tutto il pianeta marciò in gue rra: un folto gruppo di nazioni sparse per il mondo con interessi contrastanti e divergenti, rimasero in uno stato di blanda neutralità, aggrappandosi ad un fragile equilibrio politico. Sino a quando gli USA, non decisero di schierarsi in battaglia, in sostegno della coalizione dei defenders (evento che schiuse, quello che tutti gli storici concordarono nel definire: il secondo inviluppo di WWIII). Buona lettura a tutti! Chip65C02

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Capitolo 1: Da qualche parte in Siberia, durante gli ultimi giorni di primavera 2050 Un certo numero di lanciatori posti su gomma, dotati di missili intercontinentali SS18-Satan (che da varie settimane erano in allarme rosso, lontani dalle proprie basi), giunse loro l’ordine di lancio!. Il messaggio era integro, ben decodificato, non c’erano possibilità d’errore: si doveva lanciare contro l’Impero Gengiskano!. 5

Quando si lanciava un missile intercontinentale, c’era sempre un costo da pagare: morti che si vaporizzavano sugli obiettivi dopo 30 minut i, altri morti che si sarebbero dissolti in un contro-attacco nemico, dopo circa 45 minuti oppure 1 ora, dalla partenza del primo missile. Tuttavia, gli ordini erano ordini, quello che fecero “gli uomini missile zarini” era il loro lavoro. Se avessero saputo, cosa avrebbe scatenato la loro azione, forse non avrebbero lanciato!. Tuttavia, gli ordini strategici non andavano ne discussi, ne interpretati: se il comando di difesa strategico zarino, aveva dato l’ordine di lancio, era evidente che l’Alto Comando Zarino riteneva che un massiccio attacco nucleare contro l’Impero Gengiskano, avrebbe posto fine alla stupida invasione, che era inaspettatamente esplosa in Siberia, tra l’Impero Gengiskano e la Repubblica Zarina. Gli USA, erano stati politicamente costretti dalla coalizione degli Aggressors a restare neutrali, ma l’Europa era corsa militarmente in soccorso della Repubblica Zarina. I militari europei, giunsero rapidamente in Russia, per aiutare gli zarini a contenere l’invasione gengiskana!. Via mare dall’Atlantico, furono spediti gradualmente con il tempo, equipaggiamenti militari con la ripetiz ione della storica “legge affitti e prestiti”. L’hardware fu anche trasferito in


parte in Siberia. Ma tutto questo, il personale zarino che era in servizio presso le postazioni mobili coinvo lte nel massiccio lancio d’ICBM, non lo sapeva. Erano tristi, non avevano voglia di parlare, era come se avessero avuto una bocca piena di fiele, a causa di un cuore nero e pesante come il plutonio_239. Quando s’erano arruolati, speravano che non sarebbe mai giunto quell’infausto giorno. Anche se in verità, dieci giorni fà, avevano incominciato a temere il peggio, da quando era scattato l’allarme rosso, con l’ordine di disperdersi nell’immensa taiga del Bassopiano Siberiano Centrale, raggiungendo nuovi e diversi siti di lancio, restando H24 in attesa d’ulteriori co municazioni.

Dopo il lancio dei missili, un po’ tutti i militari zarini coinvolt i, pensavano pur senza parlarne apertamente, che la guerra sarebbe presto finita!. Sicuramente, ci sarebbe stato un incontro diplomatico in un paese Neutrale, poi la firma di un trattato di pace. C’era però una pesante preoccupazione che opprimeva l’animo dei militari: temevano per la successiva mezz’ora/ora, per le sorti delle proprie famiglie e dei parenti, che vivevano nella Zarina Europea preUralica, oppure nelle grandi metropoli del Bassopiano Siberiano Centrale, lungo la linea della ferrovia transiberiana!

La verità, non era ancora nota al mondo: la WWIII era ben lungi da essere terminata; anzi: era solo all’inizio!. Pre-collocati in modo

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silente, prima dell’avvio dell’invasione gengiskana in S iberia, vari sottomarini lanciamissili nucleari gengiskani erano in costante immers ione, in stazionamento silenzioso, in massima allerta ed operativi al pre-lancio. Tutti i sottomarini lanciamissili erano pronti per intercettare con i loro Submerged Launched Anti Ballistic Missile, i vettori intercontinentali russi nella loro fase di mid-course, quando ancora i veico li nemici erano sopra la Siberia, distruggendo così le minacce nemiche, prima che si moltiplicassero, sganciando le loro letali MARV. I satelliti korazzati gengiskani, erano la prima linea di difesa del Celeste Mantello dell’Impero Gengiskano: i satelliti detectarono e tracciarono gli SS18-Satan, i dati d’intercettazione furono elaborati, quindi trasmessi, i sottomarini gengiskani lanciarono alcuni vettori, in pochi minuti, tutti i missili russi furono bloccati e nessuno raggiunse gli obiettivi in Gengiskania!. Le esplosioni dei veico li russi (ancora dotati di MARV), furono generate dai possenti urti cinet ici delle Multiple Kill Veichle gengiskane, che in alcuni casi causarono anche la detonazione prematura d’alcune testate atomiche zarine, transitanti in orbita terrestre bassa!. Le onde EMP emesse dalle esplosioni atomiche sopra la Siberia, bruciarono tutti i satelliti russi, NATO, indiani, giapponesi, canadesi, europei ecc, che erano in orbita polare. Contestualmente, frissero anche numerosi equipaggiamenti della difesa aerea russa in Siberia, oltre a tutte le linee elettriche, telefoniche, internet, radio e tv ecc… facendo piombare vaste aree abitate lungo la transiberiana, nel medioevo! Tuttavia, la maggioranza delle MARV russe non esplosero, ma furono distrutte: si formarono nuvole di centinaia di migliaia di frammenti. Questi detriti, co me proiettili impazziti, iniziarono ad orbitare in orbita terrestre bassa, moltiplicandosi ed espandendosi come un virus!. Era la sindrome di Kessler, era stata attivata e non era più possibile fermarla!. I detriti, distrussero in modo cinet ico, altri satellit i e la Stazione Spaziale Internazionale, creando nuovi detriti, i quali saturarono caoticamente anche le orbite terrestri più alte, friggendo qualsiasi sistema elettronico

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funzionante in orbita media ed alta!. Nel giro di qualche giorno, mezzo mondo perse tutti i tradizionali servizi satellitari (GPS, GLONASS, Galileo, oltre che la sorveglianza ed intelligence, telecomunicazioni civili e militari) facendo piombare il mondo agli anni 1940s. Fatte salve le dorsali in fibra ottica stese negli oceani, dove però in taluni casi, nei nodi si verificarono attacchi Hacker. Questi decretarono il collasso per qualche giorno, di alcune dorsali di telecomunicazioni tra Europa e Nord America/Sud America. Gli unici contendenti militari che ancora disponevano di una rete satellitare ancora attiva e funzionante in Siberia, erano i gengiskani!. I loro satellit i erano stati corazzati e progettati ad hoc, nativamente ottimizzati, per resistere almeno 24 mesi alla sindrome di Kessler. Militarmente la coalizione dei Defenders era sorda, muta, cieca, incapace di proporre una coordinata manovra strategica per una difesa continentale efficace!. L’Alleanza degli aggressors, invece poteva disporre solo sopra la S iberia e l’Oceano Indiano ed una frazione dell’Oceano Pacifico, di capacità satellitari moderne, potendo spiare, comunicare, manovrare e combattere in modo razionale, efficace e coordinato!. Quello che segue in queste pagine, sono i racconti di vari testimoni, che da diversi punti di vista, ebbero a sperimentare sul campo di battaglia di Siberia 2050, questo grave gap strategico indotto dalla Sindrome di Kessler.

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Capitolo 2: In estate, fanteria zarina, intorno al lago Baikal

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Era un piccolo distaccamento di fanteria zarina di leva, rinforzato da un plotone di Spetnaz (militari professionisti). Gli 8 tank T90 con gli 8 BMP-2 erano la normale scorta ai quattro lanciatori su gomma con SS18-Satan, i quali da quando era scoppiata la WWIII, non ebbero a ricevere mai l’ordine di lancio. In futuro, non lo avrebbero mai più ricevuto, a causa della rottura delle comunicazioni satellitari con Mosca, per la sindrome di Kessler: ma questo i militari zarini non avrebbero potuto saperlo!. Immers i nella taiga, tutti gli ufficiali s i riunirono vicino ai mezzi, osservarono le mappe stese per terra, la discussione era coordinata dal capitano degli Spetnaz, che era il più alto in grado ed anche il più esperto. Nessuno, aveva idea di quale fosse la situazione internazionale o la situazione militare e strategica, attorno alla loro posizione!. Le comunicazioni erano interrotte, da una settimana, sia con l’Alto Comando quanto con la base missilistica zarina!. Radio e tv portatili delle truppe, non prendevano nessun segnale, ma solo rumore di fondo!. Gli ultimi ordini ricevut i dal distaccamento erano quelli di restare nascosti in taiga: in attesa dell’ordine di lancio, oppure dell’ordine di rientro alla base!. Il carburante della co lonna militare stavano iniz iando a scarseggiare, perché il reparto s’era spostato in profondità, in luoghi desolati, seguendo gli ordini del capitano degli Spetnaz, che sfruttava una mappa molto dettagliata, ad uso dei servizi segreti zarini. Inoltre, il plotone di Spetnaz che era stato mandato in


ricognizione profonda dopo la rottura delle comunicazioni, avevano avvistato almeno due co lonne di truppe corazzate e meccanizzate gengiskane!. Queste muovevano parallele, stavano avanzando intorno alla riva destra del lago Baikal. I nemici, non si dirigevano verso la posizione del piccolo reparto zarino, anzi lo avrebbero sicuramente bypassato senza scoprirlo!.

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Senza i codici di lancio, non era possibile lanciare i missili strategici, per i quali occorreva sempre e comunque l’autorizzazione dell’Alto Comando Zarino. Lanciare i quattro SS18-Satan su obiettivi in gengiskania non era un’opzione possibile!. Gli ordini, per gli ufficiali della fanteria, quanto per gli Spetnaz, erano quelli di proteggere il lanciatore ed il suo staff, da attacchi nemici. Quindi, i lanciatori nucleari andavano protetti: nell’attuale contesto tattico, questo avrebbe significato disabilitarli e/o distruggerli, per evitare che tutto l’hardware strategico finisse catturato dal nemico, poi potenzialmente usato contro la Zarinia!. In pochi giorni, le truppe zarine sarebbero state un’enclave, non ancora assorbita dai gengiskani!. Questa situazione tattica, apriva potenzialità enormi per un reparto mobile, per fare della resistenza: attaccando la logistica e le linee di comunicazioni nemiche, per poi fuggire in taiga. Ma il lanciatore missilistico SS18, non poteva restare attivo: era lento, pesante, vulnerabile, doveva essere disabilitato e/o distrutto!. Il carburante erano scarso, non si poteva fuggire e nascondersi per sempre, dato che poi non si sarebbe più potuto far muovere i mezzi pesanti, combattendo con un minimo d’efficacia, contro nemici corazzati e meccanizzati che erano in numero soverchiante.


Tuttavia, il carburante lo si sarebbe potuto anche razziare, ad esempio aggredendo e/o catturando unità nemiche. Non si poteva ritornare alla base missilistica siberiana, dato che probabilmente si sarebbe trovato solo delle macerie, finendo catturati, con i missili SS18 che sarebbero stati regalati ai nemici!. L’unica cosa ragionevo le da fare, era quella di battersi contro i gengiskani con una strategia cerca e distruggi e scappa!. I 12 gengiskani stavano avanzando in modo rapido, non c’erano al momento truppe zarine ad ostacolarli. Tuttavia, i gengiskani erano guardinghi e sfruttavano formazioni prudenti, non c’erano piccole unità isolate che potevano essere catturate, senza ingaggiare una vistosa battaglia con il nemico. Questo era quanto avevano riferito li Spetnaz, che erano andati in ricognizione osservando da lontano, i movimenti delle numerose colonne nemiche!.

Se i gengiskani avessero saputo della presenza del ristretto reparto zarino, era evidente che avrebbero potuto già attaccarlo, invece almeno una colonna nemica gli stava sfilando di fianco, ad un paio di chilo metri: c’era temporaneamente un limitato effetto sorpresa, da spendere militarmente contro il nemico!. Fu deciso, di disabilitare i missili intercontinentali: tutta l’elettronica più importante fu distrutta, il carburante dei giganteschi camion fu estratto e poi distribuito tra gli 8 tank ed 8 BMP-2. Furono minati i quattro missili, con l’idea di farli esplodere successivamente, per creare un diversivo da sfruttare contro il nemico!. Gli 8 tank T90 ed 8 APC zarini avrebbero attaccato la coda della colonna gengiskana, cercando anche di catturare qualche mezzo,


per estrarne il carburante e fare dei prigionieri per interrogarli. I superstiti zarini dell’attacco, sarebbero poi fuggiti nella taiga con i propri mezzi. Avrebbero fatto brillare gli esplosivi sui missili (l’esplosione, dissero i tecnici, non avrebbe innescato anche la detonazione delle testate atomiche, le quali erano riposte in zona di prua del missile, ben protetta) per creare una diversione. Questo avrebbe sviato le ricerche nemiche, che po i si sarebbero concentrate nell’area, per cercare ed annientare i resistenti zarini!.

Questo, disse il capitano degli Spetnaz, era il massimo che era possibile pianificare militarmente, con le poche forze, in assenza d’informazioni, essendo tutto il loro reparto rimasto isolato!. In guerra, pianificare metodicamente il futuro era impossibile: per il capitano degli Spetnaz, si poteva essere certi che la taiga avrebbe offerto acqua e selvaggina: per tutta l’estate!. Se il reparto zarino fosse riuscito a sganciarsi dai massicci rastrellamenti gengiskani, i sopravvissuti avrebbero potuto nascondersi e sopravvivere per un po’ di settimane nella taiga!.

I problemi sarebbero giunti in autunno ed in inverno: senza un riparo efficace e segreto in cui svernare, riuscendo anche a ristabilire i contatti con l’Alto Comando di Difesa Zarino, non ci sarebbe stato nessun futuro per nessuno!.

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Capitolo 3: Incursori gengiskani in estate, in Siberia.

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Gli incursori gengiskani erano una forza armata ibrida un misto tra cavalleria dell’aria, truppe di montagna, fanteria di marina, truppe speciali. Organizzati in varie Brigate leggere composte da 8 compagnie, con un effettivo raddoppiato in 200 incursori per compagnia, ogni brigata era agli ordini diretti dello Stato Maggiore dell’Impero Gengiskano. Ogni unità (intitolata ad ogni più grande città gengiskana) disponeva di un coacervo eterogeneo di mezzi, per proiettarsi contemporaneamente nell’aria, nell’acqua, sul terreno pesante, essendo anche capace di auto-sostenere se stessa con autonomi mezzi logistici: • elicotteri da trasporto Mil-Mi8, elicotteri da battaglia Mil-Mi24 ed elicotteri scout e da battaglia Z19 • APC BMP-1 e 2 con cingoli, blindati leggeri 8x8, blindati leggeri caccia-carri con un cannone da 125mm, motociclette e quad 4x4 e della maneggevole artiglieria da campagna. • molti Hovercraft piccoli (definiti scout), medi (chiamati APC volanti) e numerosi Hovercraft giganti (etichettati come Hovercraft Multiruolo). Peculiarità di tali mezzi pesanti, era che potevano essere trasformati rapidamente da mezzi logistici, in mezzi d’attacco o difesa (installando in modo modulare sulla piattaforma di carico, radar o batterie SAM terra-aria o missili ASROC con siluri a supercavitazione per lotta antinave/ant isom).


• Gommoni piccoli e grandi, con motori fuori-bordo, motoscafi veloci, ed anche tantissime canoe a remi in vetroresina, di varia misura. • Ogni Brigata, disponeva anche di slitte tradizionali con cani da neve o renne, motoslitte, gatti delle nevi, oltre a tende polari e piccoli ospedali portatili. Tutti mezzi per migliorarne la mobilità ed il pieno funzionamento, un caso di proiezione sui pesanti terreni invernali in condizioni di clima ostile!.

A differenza della fanteria gengiskana che aveva un’unica uniforme mimet ica in goretext, i gengiskani avevano in dotazione: occhialoni da neve, una propria mimetica estiva, una muta pesante da sub, una super-tecnologica mimetica bianca per uso invernale a zero emissione termica che incorporava una protezione kevlar. Ciascun fante, poteva scegliere tra racchette da neve oppure degli sci.

Gli armamenti personali degli incursori gengiskani, erano diversi rispetto alla tradizionale fanteria gengiskana. Ogni incursore era addestrato a saper fare di tutto: gli incursori gengiskani dovevano essere moltiplicatori di forze. Oltre al proprio fucile d’assalto o mitragliatore (e pistola automatica), ogni fante disponeva (dietro le spalle) di un secondo fucile bolt-action di precisione a lunga gittata,

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dotato di mirino telescopico e filtro IR-infrarosso, con cui effettuava un addestramento simile a quello degli “sniper”. Ino ltre, ogni milite nel suo equipaggiamento aveva dei visori notturni, radio, pad tattici, piccoli droni tattici, persino antenne per il jamming elettromagnetico a corto raggio. C’erano come nella fanteria imperiale gengiskana, a livello di plotone, dei droni tattici di media dimensione a medio raggio, dotati di centri di pilotaggio mobile portatili od automatici, antenne satellitari, MANPAD, RPG con testate ad alto potenziale, pers ino mine da fiume ad alto potenziale (oggetti simili a grandi mine anticarro) lanciabili dai droni. Se l’equipaggiamento era di prim’ordine, l’addestramento non era da meno: ogni incursore gengiskano doveva essere esperto d’arti marziali, corsa, nuoto, sci, rocciatore, paracadutista, nonché esperto di sopravvivenza in tundra e taiga!. Dato che gli “Incursori Gengiskani” erano le uniche forze imperiali ad avere una rapida mobilità e lunga proiezione sui terreni pesanti, sarebbero state anche le sole forze che nella WWIII avrebbero svolto il ruolo di: • interdizione dei campi petroliferi e di gas artici, agli zarini e loro alleati. • ricognizioni profonde sul terreno Siberiano e zona Artica. • rastrellamenti continentali e lotta contro-insurrezioni. • azioni di BAY & RIVER DENIAL • incursioni notturne ed operazioni speciali ecc...

L’unica cosa che gli Incursori gengiskani non disponevano nel loro eterogeneo arsenale mobile, erano: Main Battle Tank, l’artiglieria pesante, camion da trasporto truppe, gipponi 4x4, elicotteri pesanti

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da battaglia Wz10 (ossia i tradizionali equipaggiamenti della fanteria dell’Esercito popolare dell’impero gengiskano). Il sostegno logistico (carburanti, muniz ioni, pezzi di ricambio, cibo) di ogni brigata d’incursori, avveniva: 1. con ponti aerei ed il lancio paracadutato delle supplies (coordinandosi con gli aerei da trasporto a lungo raggio dell’aviazione militare gengiskana), oppure 2. con gli elicotteri in dotazione alla propria brigata,

3. con la co llaborazione della Marina imperiale gengiskana. Questa aveva prodotto dei piccoli mini-sottomarini tascabili ad uso logistico, che inizialmente s’agganciavano alla chiglia delle navi di superficie oppure ai sottomarini (come una “remora”), poi venivano sganciati. I mezzi dotati di I.A. procedevano autonomi alle destinazioni assegnate con il supporto del BeiDou3+ (il GPS gengiskano), distribuendo roboticamente così muniz ioni, carburante, pezzi di ricambio, via mare o via fiume. _______________ Ulteriore asso nella manica degli incursori gengiskani, l’aveva procurato il serviz io segreto gengiskano, con sagaci operazioni Cyber. I gengiskani, erano riuscit i a rubare ad insaputa degli Zarini, una parte delle mappe segrete, in cui era stata stoccata la logistica tattica e strategica nemica. Erano noti infatti allo Stato Maggiore Gengiskano: • Tutti i sit i dei depositi segreti, in cui erano state stoccate le moltissime atomiche tattiche zarine.

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• Tutti i siti ed i tragitti, delle unità di lancio mobili su gomma degli ICBM zarini. • Tutti i siti di protezione e scambio e manutenzione, dei treni della morte zarini. • Tutti i siti degli aeroporti da campo, le aree abitudinali in cui le batterie di missili S300/S400 zarine erano dispiegate, in Siberia. • Le aree dove in passato i russi avevano fatto esperimenti nucleari, facendo esplodere armi nucleari con esplosioni sotterranee o superficiali. • Tutte le basi aeronavali segrete, poste su isole e sporadicamente nelle coste siberiane. • Inoltre, gli incursori gengiskani disponevano di una speciale lista zarina, che aveva il codice “Magazzino d’Inverno”. Un decennio prima dello scoppio della WWIII, uno sconosciuto ministro della difesa zarino, accolse segretamente le tesi di un centro studi, che prevedeva una guerra futura tra Zarinia ed Repubblica Popolare Gengiskana (quando ancora non era avvenuta la trasformazione in Repubblica Imperiale del Popolo Gengiskano). Il ministro zarino, invece di costruire basi militari ed investire massicciamente in mezzi, vo leva soprattutto preparare (in favore dei russi), il terreno della S iberia per il combattimento futuro. Questo a suo dire, avrebbe offerto un vantaggio tattico, era necessario quindi implementare un progetto strategico a lunga scadenza. Il suo piano originale, prevedeva la preparazione del campo di battaglia siberiano, tappezzando tutta la Siberia postUralica, con una rete di sit i segreti, distanziati ciascuno 1000km.

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Enormi bunker sotterranei, che avrebbero assolto a depositi e rifugio e casermaggio, officine, eliporti. Le basi una volta costruite, sarebbero state sigillate, nascoste e mantenute segrete, (salvo marcare le numerose entrate segrete con coordinate GLONASS). Dentro tali opere, si pensava di porre mine, fucili e munizioni, carburante, cibo a lunghissima conservazione, medicinali, vestiario invernale, pezzi di ricambio, artiglieria pesante, tank, blindi leggeri, veicoli 4x4, elicotteri da trasporto e da battaglia, batterie di missili 20 terra-aria, persino un limitato stock di bombe atomiche tattiche!. Il progetto “Magazzino d’Inverno” fu soppresso dal governo russo, perché fu ritenuto costoso, stupido, inutile. La Zarinia puntava per la propria difesa strategica sui propri missili intercontinentali, quanto nei nuovi bombardieri Tu160 BlakJack. Lo Stato Maggiore zarino non riteneva che fosse possibile un’invasione convenzionale della S iberia, così come Napoleone, le truppe del Kaiser, Hitler, fecero in passato nella Russia Europea. L’aspro territorio e l’ostile clima siberiano, l’assenza d’infrastrutture, le grandi distanze, erano ritenuti limiti insuperabili da un potenziale nemico. Un’invasione ostile avrebbe conquistato territorio, ma poi l’azione nemica si sarebbe impantanata, diventando vulnerabile ad attacchi aerei e missilistici zarini. Tuttavia, prima d’essere rimosso, il visionario ministro della difesa zarino (che non concordava sulle valutazioni strategiche fatte dallo Stato Maggiore), riuscì con l’aiuto del servizio segreto zarino (che però, non era così tanto sicuro e segreto come il ministro supponeva) a disseminare una cinquantina di picco li bunker tattici segreti. In tali aree, furono stoccate soltanto armi leggere, munizioni, mine anticarro, granate e bombe a mano, mortai da campo e dell’artiglieria da campagna, o ltre a vestiario invernale. Era poca cosa, rispetto al faraonico progetto “Magazzino d’Inverno”, tuttavia cinquanta piccoli depositi bunkerati, erano stati aspersi in grande segretezza nei 16.8Milioni di chilo metri quadrati della Siberia!. Il 90% dei piccoli rifugi fu collocato nel Bassopiano Siberiano


Occidentale, solo il 10% nell’ostile A ltopiano Siberiano Centrale!. La loro esistenza era nota solo all’alto comando degli Spetnaz oltre che ai Gengiskani!. _______________ Il soldato Yuiao Zhao osservava il suo PAD tattico, l’hardware riceveva i dat i via cavetto USB dal piccolo drone tattico che silenzioso aveva volato a 700metri di quota, sino ad una distanza di 15km in linea d’aria. L’immagine in alta definizione memorizzata 21 nella capiente memory card, aveva lo zoom inserito, il riconoscimento ottico delle immagini era abilitato. l’I.A. del pad mostrava a video le tradizionali linee gialle, evidenziando i profili di un veicolo BMP-2 zarino. Il veicolo nemico aveva il motore spento, perché il microfono direzionale non aveva intercettato suoni o voci umane. Il BMP-2 era in sosta nella taiga, coperto da una tenda di camuffamento mimet ico. La posizione del target, fu marcata al centimetro dal BeiDou3+ per ulteriori sviluppi tattici.

-Sicuramente la fanteria zarina è smontata dal BMP-2, al momento non è visibile termicamente. Il fondo della foresta è troppo caldo, rispetto alla quota a cui ha volato il drone. Stanotte la temperatura sarà più bassa, la fanteria nemica sarà pienamente visibile agli infrarossi!. Secondo me, gli zarini si sono accampati nell’attesa di missioni cerca & distruggi e scappa. Hanno dispiegato un perimetro di sicurezza attorno al loro veicolo.- disse il sergente gengiskano che osservava le immagini del pad tattico.


-Che facciamo?- chiese il soldato Zhao, rivolgendosi al superiore. -Non è una colonna od un distaccamento nemico, non richiederemo il supporto dei nostri elicotteri da battaglia Z19. Stanotte torneremo quì, se la posizione nemica non sarà cambiata, gli faremo a pezzi con un paio di mortai. Quelli che non morranno per i colpi d’artiglieria, li ammazzeremo tutti, con i nostri fucili di precisione ed il supporto del piccolo drone in modalità ricerca nell’infrarosso.22


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Capitolo 4: MBT Leopard2 in estate, da qualche parte in Siberia.

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Due Fireteam erano “embedded” con un Main Battle Tank Leopard_2, l’unità corazzata europea era stata frettolosamente spedita (assieme alla sua Brigata corazzata) in Siberia, via treno sulla transiberiana, per offrire immediato ed efficace supporto militare agli zarini, contro i gengiskani. L’esercito zarino era inferiore numericamente, la Siberia era una “Black Box”, la coalizione dei Defenders era sorda, cieca, muta nelle lunghe distanze; nessuno sapeva come gli invasori manovrassero in Siberia, oppure quali fossero i loro reali obiettivi strategici. Tutte le comunicaz ioni con città, centri abitati, basi militari ed unità militari zarine di mare, terra ed aria, che erano oltre il 90°Longitudine Est e 50°Latitudine Nord erano interrotti da oltre 20 giorni. Nessuno sapeva se l’assenza di comunicazioni era sinonimo d’invasione e vittoria gengiskana, oppure se c’erano enclave o battaglie in essere, per cui l’assenza di comunicazioni dipendeva solo dalla Sindrome di Kessler. Non essendoci informazioni certe sul numero e sulla direzione delle armate nemiche, l’ordine strategico di difesa per i 2/3 delle truppe zarine di terra e d’aria, fu quello di restare a difesa delle metropoli e centri industriali del Bassopiano Siberiano Centrale, difendendo anche la vitale linea ferrovia transiberiana, che sosteneva logistica, comunicazioni e proiezione da Ovest verso Est.


25 Fu organizzata l’operazione Tigre Siberiana. La Brigata corazzata europea, fu mandata in ricognizione ed attacco oltre Krasno iarsk, con la copertura aerea dei Su35 zarini ed il supporto di una seconda brigata corazzata zarina. La rapida manovra di movimento, fu alimentata da un importante ponte aereo, composto da elicotteri russi Mil-Mi8 per il trasporto del carburante. In sostegno, c’erano anche due brigate zarine di montagna che per l’occasione erano elitrasportate, pronte a muovere a tenaglia contro il nemico comune. Obiettivo del piano “Tigre Siberiana” era di sorprendere le truppe gengiskane, coinvolgendole in un rapido ed intenso scontro armato, intorno a Krasno iark. L’INTEL disse che occorreva fare prigionieri: servivano valutazioni qualitative su truppe ed equipaggiamenti nemici. Occorrevano ufficiali gengiskani prigionieri da interrogare, mappe, piani, co mputer, equipaggiamenti di telecomunicaz ione da hakkare per valutare l’azione nemica!.

C’era da comprendere come combattevano i gengiskani e quali erano i loro intenti. I nemici avevano ancora una rete satellitare in uso nonostante il crash indotto dalla Sindrome di Kessler? oppure anche l’A lto Comando nemico era sprofondato come la coalizione


dei Defenders, nell’assenza d’informazioni?. Forse tutti i contendenti erano stati costretti ad usare per le lunghe distanze, telegrafi senza fili s imili a quelli del 1900s?. Se in battaglia fossero sopraggiunte soverchianti forze nemiche in reazione all’attacco alleato, l’ordine dato alle truppe Defenders era di ripiegare il più rapidamente possibile. I bombardieri zarini Tu160 BlackJack con voli a bassa quota, avrebbero nuclearizzato i nemici, lanciando missili da crociera. Contemporaneamente i piloti zarini, con Su35 avrebbero mantenuto una superiorità aerea nella zona, per proteggere le truppe di terra.

Il tank Leopard2 era in sosta, a motore spento, immerso nella fitta taiga: il capocarro armeggiava con il suo pad tattico, osservava le immagini a basso refresh che il drone inviava in WiFi criptato in mult ifrequenza. Ai fianchi del Main Battle Tank, c’erano dispersi nella taiga due fire squad con 10 fucilieri, anche loro dotati di due piccoli droni; i milit i erano silenti ed immersi nella foresta, con i nervi a fior di pelle. Nascosti alle spalle del Fireteam c’erano TRE piccoli rimorchi agganciati come piccoli vagoni ferroviari. Il primo rimorchio in metallo era il mezzo di trasporto della fanteria, il secondo conteneva supplies (armi, munizioni, tende e cibo) ed era coperto da un tendaggio mimet ico. Il terzo rimorchio, era una capiente cisterna di carburante per il tank, per estenderne la mobilità. Tre dei cinque fanti dall’accento tedesco, parlavano sotto voce tra loro, mentre osservano l’ambiente, sbirciando con il proprio

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binocolo dotato di puntatore laser. I due addetti techno, erano invece incollati ai loro due pad tattici, con la mascella contratta, osservavano dati ed immagini e suggerimenti della I.A. per il riconoscimento ottico di oggetti. L’hardware del pad tattico riceveva in WiFi multifrequenza criptata, le immagini del drone che era a 5 km in linea d’aria a circa 600 metri di quota. Tutti i 9 militari europei speravano di riuscire a scorgere qualche mezzo corazzato o della fanteria gengiskana, anche se erano preoccupati d’essere attaccati sul fianco dal nemico, essendo la loro l’unità, la punta più avanzata della formazione europea!. All’improvviso i microfoni direzionali di uno dei tre droni, detectarono dei rumori non naturali. C’erano quattro BMP-2 gengiskane che seguivano un plotone di fanteria nemica, che era disposto a cuneo.

Il nemico stava avanzando con cautela e circospezione nell’intricata taiga. Oltre la formazione meccanizzata nemica, c’erano sei Tank Type_99 disposti a cuneo, i mezzi corazzati procedevano guardinghi: ai fianchi della formazione c’erano disposti in colonna, un plotone di fanteria ciascuno. Non c’erano stime sul tempo di contatto, o coordinate geografiche precise, mancando i segnali satellitari GPS/GLONASS/GALILEO. La formazione nemica era assai consistente: 4 BMP-2, 6 MBT ed una compagnia di fanteria nemica (probabilmente circa 100 soldat i) contro 1 MBT con due fireteam. Di certo da qualche parte ci sarebbero stati anche degli elicotteri da battaglia gengiskani e degli

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aerei nemici, che però al mo mento non erano stati vettorizzati, per sostenere la formazione nemica!. Più distanti, a vari chilometri con direzione parallela, forse potevano esserci altre colonne simili di truppe gengiskane?!. Era forse quella una ricognizione in forze?! Forse quell’unità nemica, oppure le altre ipotetiche colonne nemiche (qualora fossero state avvistate) potevano essere la testa avanzata, di un’intera divisione gengiskana in movimento verso Ovest?!

I timori del sergente del Fireteam, erano i sospetti del capocarro, i quali erano le speranze dello staff del comando di Brigata: il comandante zarino di collegamento disse via radio in alta frequenza, che avrebbe spedito in ricognizione un Su35, quanto un Tu160 in tutto il quadrante, per avere un quadro più completo, di quello che stava bollendo nella pentola della valle dell’Angara, a nordest di Krasnoiark.

Il buon senso avrebbe suggerito al Leopard2 ed ai due fireteam di battersela, i nemici erano ben armati, in numero soverchiante. Ma gli ordini dal comando furono diversi, il capocarro ebbe a ricevere i dettagli tattici dell’azione che avrebbe dovuto eseguire. Entro mezz’ora, sulla sua posizione avrebbero dovuto convergere altri 8 Leopard_2 ed un’intera compagnia di fanteria in rinforzo, da

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direzioni multiple. Sul campo di battaglia ci sarebbe stato supporto aereo tattico con elicotteri zarini da battaglia, Yak_130 tra 8 minuti. Per contenere i nemici, un Su34 sarebbe stato anche vettorizzato tra 15 minuti.

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Per marcare la linea del fronte, a causa dei diversi equipaggiamenti, quanto dell’assenza del segnale GPS/GLONASS/GALILEO, il fireteam avrebbe dovuto accendere fumogeni tattici rossi tra 8 minuti e poi nuovamente tra 15 minuti, lanciandoli in un punto tra la propria posizione e quella dei nemici. I piloti zarini, quanto gli altri carri armat i, poi avrebbero attaccato tutti i mezzi, o ltre tale palese riferimento visivo. Il problema è che in battaglia le forze sul terreno si muovono, specie quando lo scontro coinvolge mezzi corazzati, la dinamica è molto più vio lenta, rapida, complessa!. Due dei tre piccoli droni tattici europei, avevano anche intercettato uno sporadico campo elettromagnetico nemico!. Era evidente che anche i gengiskani avevano i loro piccoli droni tattici, che usavano per fare ricognizione!. Era probabile che i gengiskani già sapessero dell’esistenza del Leopard2. Forse, quello che i gengiskani ignoravano era quanta poca fanteria gli Europei avessero al mo mento, in supporto del proprio tank!. A quanto tempo era, per i gengiskani il loro supporto aereo tattico?! Era distante più di 8 minuti, oppure meno?! Questi erano i timori che frullavano nella testa del sergente del FireTeam e del capocarro del Leopard2, che entrarono in battaglia, da qualche parte a NordEst di Krasnoiark, quella maledetta mattina estiva del 2050.


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Capitolo 5: Distaccamento di Main Battle Tank gengiskani in Siberia, in Estate.

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La colonna di Tank Type_99 era ferma sotto il sole, s’attendevano i dati tattici del drone che era distante 100km a 1000 metri di quota, il velivolo stava osservando la zona del lago zarino Zajsan, appoggiandosi ad un ponte satellitare con il posto di comando mobile di brigata. Il lago Zajsan era un posto sconosciuto, in mezzo al niente della Siberia, era prossimo al confine tra la Zungaria, il Kazahistan e la catena dei monti siberiani Saiani. Novisibirsk era appena a 1000km, ma prima ci sarebbe stato da conquistare UstKamenogorsk.

La Brigata gengiskana non era mai stata in battaglia, c’era del folle entusiasmo e tanto buon’umore tra le sorridenti truppe gengiskane, che sfoggiavano un’incrollabile convinzione di vittoria. Presto, tutte le resistenze nemiche sarebbero state sbaragliate, in quanto i dati satellitari confermavano che la difesa Zarino-Europea era sparuta, era statica, era disorganizzata, non manovrava in modo razionale!.


C’erano 12 carri armati T80 ri-motorizzati in T72 a nord del lago Zajsan, assieme a 10 BMP-2 con della relativa fanteria. Le truppe kazake presidiavano la linea ferroviaria che co llegava il Kazahistan con l’Impero di Gengiskania. Forse ci sarebbero stati anche degli elicotteri da battaglia Mil-Mi24 che però avrebbero dovuto vedersela con i Sup27plus quanto con gli elicotteri da battaglia Wz10

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L’ordine dal comando di brigata gengiskano era semplice -spazzate via!, quei kazaki!-.

Erano le 23:10 ora locale, tutti gli equipaggi dei tank gengiskani erano euforici, il passaparola informale tra le truppe era univoco: finalmente ci sarebbe stata battaglia! I due terzi della brigata gengiskana fu spedita all’attacco, ogni carro aveva nel suo sistema telematico tutti i dat i pre-impostati, sfruttando le informazioni del drone di 12 ore prima, che erano state convalidate da una foto satellitare di un’ora prima dell’offensiva. Conoscere le posizioni iniziali dei tank e BMP nemici in un attacco notturno era un notevole vantaggio tattico!. Era


possibile per i gangiskani ingaggiare da 5km con il pezzo principale i nemici, mentre i kazaki avrebbero dovuto avvicinarsi, non potendo sparare prima dei 4 km di distanza. Questi due element i in favore dei gengiskani, avevano messo di buon’umore tutti i capocarri!. -Primo obiettivo acquisito! Distanza 6.2km- disse con tono secco e fiero il capocarro -Pezzo principale già pronto al fuoco!- rispose immediatamente il servente al pezzo. -Fuoco automatico a 5000metri!- sentenziò il capocarro. Questo avrebbe estromesso l’armiere od il capocarro da premere il grilletto, dato che la procedura di fuoco selezionata era automatica. Dopo qualche minuto partì il colpo, dalla culatta posteriore uscì il grosso bossolo metallico fumante, che fu espulso automaticamente fuori dall’abitacolo. Il servente al pezzo inserì rapido un’altra munizione HEAT. Il fuoco gengiskano era stato sincronizzato con tutti gli altri tank, che disposti in linea, s’avvicinavano al lago Zajsan a 50km/h, dando battaglia alle truppe kazake che furono colte di sorpresa!. Una tempesta di fuoco centrò in pieno il 60% di T80 e BMP-2, tutti esplosero in un mare di fiamme, essendo stati colpiti contemporaneamente da almeno due cariche HEAT. Un’enorme distesa di fiamme all’improvviso illuminò la piana kazaka, con nubi nere che presero a risalire lente. I mezzi corazzati e meccanizzati sopravvissuti alla prima bordata gengiskana, iniziarono a sparpagliarsi rapidamente per provare a contenere il nemico. I tank kazaki erano distanti e non potevano ancora sparare, perché i loro cannoni avevano minore gittata!. Potevano solo avvicinarsi oppure scappare!. -Secondo obiettivo acquisito!- urlò il capocarro con i nervi a fior di pelle – distanza 4.9km, procedura di fuoco manuale!-Pezzo principale pronto al fuoco!- gridò il servente al pezzo con la mascella del viso contratta.

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-Fuoco!- tuonò il capocarro. Un secondo colpo partì dal carro armato gengiskano, quasi in contemporanea ad una seconda bordata di proiettili HEAT diretti contro i mezzi kazaki. Fu un massacro!, una buona metà del restante 40% dei mezzi kazaki che era in movimento saltò per aria, trasformandosi in nuove torce ardent i, da cui un pesante fumo nero salì lento verso l’alto. -Terzo obiettivo acquisito!- urlò ancora il capocarro – distanza 3.8km-Pezzo principale pronto al fuoco!- rispose gridando il servente al pezzo. -Fuoco!- tuonò ancora il capocarro!. Un terzo colpo partì dal carro armato gengiskano, quasi in contemporanea ad una terza salva di proiettili HEAT, diretti contro i mezzi kazaki. Dopo appena 2 minuti di battaglia, solo il 10% dei tank e BMP-2 kazaki erano ancora in battaglia, il restante 90% era una torcia ardente!. I mezzi nemici si fermarono, persero lo slancio, impauriti ripiegarono di gran carriera!. I pochi veicoli trasporti truppa sopravvissuti, girarono e fuggirono sollevando nuvole di polvere, per fermarsi ed imbarcare la propria fanteria che era sparsa tra varie buche. La fanteria che però aveva perso il proprio BMP, uscì dalle buche e prese a correre a piedi come disperati, abbandonando la propria posizione!. I T80/74 kazaki fuggirono innestando la retromarcia, lanciarono salve di fumogeni, per nascondere la loro frettolosa ritirata, tentarono di sparare qualche co lpo contro la colonna gengiskana che avanzava inarrestabile!. Elicotteri kazaki Mil-Mi24 non se ne vide nessuno, così gli elicotteri gengiskani da battaglia Wz10 che dominavano l’aria, protetti in alta quota dai Su27plus, poterono inseguire e distruggere facilmente i pochi mezzi nemici, che cercarono futilmente di fuggire!.

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Capitolo 6: In Siberia, un lanciatore SS18 Satan, in autunno.

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Il grosso veicolo era privo di carburante, freddo come una ghiacciaia, il lanciatore era stato minato, in attesa di farlo deflagrare. A presidiare il mezzo, c’erano ancora tre militari di leva e due Spetnaz. Un mese fà, alla brigata missili intercontinentali era stato dato l’ordine di disperdersi nella taiga S iberiana, per non farsi annientare dalle truppe gengiskane ed attendere gli ordini di lancio!. Nessun ordine di lancio raggiunse le unità missilistiche su gomma, queste rimasero disperse nella Siberia orientale, nella vana speranza che le comunicazioni con il centro di difesa strategico zarino potessero essere ristabilite. Oppure che il convoglio missili, essendo disperso, sarebbe stato un obiettivo meno visibile e più difficilmente annientabile dalle truppe gengiskane, che dilagavano in Siberia. Le scorte di carburante del grosso e pesante camion, nonostante il drastico razionamento erano terminate. La gelida e sfibrante silente attesa, non aveva portato ne ordini di lancio, ne ordini di rientro alla base!. Non erano giunte dalla base rimpiazzi, ne rinforzi, ne supplies, tantomeno dispacci od ordini cartacei. Del rumore di fondo copriva tutti i segnali radio, mentre i ponti satellitari erano saltat i; alle parabole satellitari le workstation davano l’errore d’assenza di


segnale: quasi come se i satelliti non fossero stati più nelle loro orbite!. -Che cosa facciamo?- chiese il militare di leva -Cerchiamo di rientrare alla base di Iakutsk- rispose uno dei due Spetnaz, che po i aggiunse –il carburante è terminato. Le comunicazioni con l’alto comando Zarino si sono interrotte da tempo!. Abbiamo razioni per altri 2 giorni, l’inverno Siberiano sta 37 arrivando!. Senza cibo, senza un posto caldo e sicuro dove svernare, saremo tutti morti in pochi giorni!. Sono appena 80 chilometri da fare a piedi, basta seguire la rotabile e tornare alla base!. Poi dopo, cercheremo di capire che succede, improvviseremo qualcosa!.-I missili li lasciamo quà?- chiese enigmatico il militare di leva. -Vuoi trascinarli a spalla sino alla base?!- domandò sarcastico lo Spetnaz. -No!, però… io ho la responsabilità del veicolo, non posso abbandonarlo: è un missile intercontinentale con testate atomiche multiple ed indipendenti!- rispose il militare di leva. -Il veicolo è senza carburante e non andrà da nessuna parte, ma finirà coperto dalla neve. Il ghiaccio bloccherà la rampa di lancio. Ho minato il lanciatore, se qualcuno tentasse di manometterlo, il vettore del missile salterà in aria ammazzando tutti in un raggio di almeno cento metri!. Voi “uomini missile” non avete ordini, non avete i codici di lancio. Le telecomunicazioni con l’alto comando strategico zarino sono interrotte!. I satelliti sono guasti oppure sono stati annientati dal nemico!. Vuoi forse morire di freddo e di fame, restando a fare la guardia ad un grosso pezzo di ferro gelato, che è totalmente inutilizzabile?!- esordì lo Spetnaz. _____________ L’eco del rumore sordo di un BMP-2 gengiskano s’era sparso per la foresta, il motore ronzava al minimo, con del bianco fumo caldo, che lento risaliva tra gli alberi della taiga. Poco vicino alla rotabile, che era composta da ghiaccio e terra battuta, c’erano varie picco le


case che erano magazzini della base zarina, solitamente vuoti. Vari soldati gengiskani sembravano gironzolare svogliatamente tra le poche case, ciarlando nella loro lingua madre, manovrando tatticamente con scarsa marzialità. -Restate in silenzio!- disse lo Spetnaz –Voi tre, coprite il nostro fianco sinistro: non sparate per primi, a meno che non sia strettamente necessario!. Noi andremo avanti ad aprire la strada: cattureremo il BMP-2 nemico. Faremo anche qualche prigioniero, 38 così cercheremo di capire cosa sta accadendo!- disse lo Spetnaz.

I tre soldati di leva erano accasciati nella neve, silenziosi a circa cento metri, tenevano sotto tiro la fanteria gengiskana che era smontata e camminava incauta e tranquilla in colonna, lungo la rotabile, coprendo le spalle al BMP-2 che aveva il motore acceso.

I due Spetnaz brandendo i propri fucili dotati di silenziatore, s’infiltrarono decisi e guardinghi tra le poche case, con l’obiettivo d’annientare prima l’equipaggio del BMP-2 lanciando una granata nel blindato, poi falciare quasi tutto il FireSquad gengiskano, che incautamente si muoveva in colonna, lungo la rotabile.


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Capitolo 7: T80 rimotorizzato T72 in Siberia, durante l’autunno

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Un T80 rimotorizzato con un propulsore diesel di un T72, poi dotato di varie migliorie, aveva definito in fretta una nuova classe di carri armat i rigenerati nel polo industriale di Novosibirsk, per potenziare le operazioni militari art iche!. Il veicolo corazzato zarino era scortato da un FireSquad di Spetnaz, l’unità militare era stata dispiegata da qualche parte sulla riva s inistra del fiume Cheta, poco distante dalla cittadina di Yoryung-Khaya. Obiettivo del distaccamento militare, era quello di presidiare la riva sinistra del fiume Cheta. Il fiume si sarebbe gonfiato di ghiaccio, quindi sarebbe potuto diventare un facile ponte di passaggio, per infiltrare silenziosamente unità nemiche provenient i da una proiezione Artica da Est verso Ovest. Il timore dell’alto comando zarino, era nel pensiero del drappello di Spetnaz un’improbabile scommessa, che si sostanziava nell’ordine di tenere ad ogni costo la riva Ovest del fiume Heta del loro settore, per interdire e/o contenere l’avanzata degli incursori gengiskani. La Siberia Artica era un grosso surgelatore, nei brevi periodi estivi quella landa desolata si sghiacciava e si trasformava in un gigantesco pantano pieno di laghi, fango, zanzare, serpi, lupi, renne, buche improvvise, con ampie zone che finivano anche sotto


il mare Artico, privo da anni del ghiaccio nei mesi caldi. La S iberia artica, era un luogo smisurato, dal clima duro ed ostile, non c’erano strade, non c’erano ferrovie, c’erano pochi porti (tutti a basso fondale) e pochissimi aeroporti. Era imperativo muoversi con gli aerei, oppure con elicotteri. Pensare di vagare via terra sarebbe stato un delirio: si sarebbe rimasti impantanat i d’estate, bloccati dal gelo nell’inverno. Per quanto efficienti fossero stati gli incursori gengiskani, c’erano migliaia di chilometri da percorrere, innumerevoli ostacoli naturali da superare, migliaia e migliaia di litri di carburante da consumare, prima di giungere dalla Cina nel desolato territorio di Yoryung-Khaya. Questo era il tacito pensiero del sergente degli Spetnaz, che scortava l’isolato T80/72 Bear. Era stato riferito che le unità nemiche, erano molto agili sui terreni pesanti della Siberia; gli sporadici rapporti zarini che erano giunti al comando strategico unificato di difesa Russo-Europea, indicavano che i nemici scorrazzavano incontrastati in Siberia!. C’era il timore dell’alto comando, che i gengiskani potessero mirare a disabilitare i giacimenti di metano della S iberia Occidentale, lasciando senza energia la Russia Europea e l’Europa. Il cielo della tundra era plumbeo, un vento polare tagliente come un rasoio, spazzava i muschi ed i licheni, sui quali presto sarebbero caduti vari metri di neve, rendendo il territorio stretto dalla morsa del generale inverno artico!.

Il tank zarino aveva i motori spenti, questo per risparmiare carburante, allungandone l’operatività. Radio ad onde corte, visori

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notturni, puntatori laser e co mputer di bordo, motori elettrici della torretta e quant’altro necessitasse d’energia elettrica, era però funzionante. Il carro armato era sostenuto da un piccolo e silenzioso generatore elettrico, che consumava una picco lissima frazione di quello che avrebbe consumato il motore principale se fosse stato acceso. A quelle latitudini, specie in inverno, i normali tank tendevano a diventare blocchi di ghiaccio inservibili. Il freddo intenso infatti, esauriva rapidamente le batterie, inoltre la turbina di un T80 avrebbe consumato moltissimo carburante, lasciando attivo il carro armato solo per poche ore, rispetto alle varie settimane, come era stato ordinato al distaccamento zarino!. Inoltre, le turbine del T80 avrebbero emesso una grossa traccia termica, facilmente osservabile da molti chilometri, quanto dall’aria o dallo spazio, a causa del gelido contesto siberiano!. Le modifiche introdotte sul T80/72 Polar Bear, erano state molto utili: il veico lo dotato di cingoli superlarghi, raggiungeva solo i 55Km/h contro i tradizionali 70km/h di un T80 ma, l’autonomia era il triplo di un normale T80. La traccia termica, quanto le emissioni elettromagnetiche erano anche molto modeste: il veico lo era stato classificato a bassa visibilità, ottimo per l’impiego nella vasta tundra artica!. Il tank era tappezzato di modulari corazze reattive KONTAKT, per potenziare la sua capacità d’assorbire colpi diretti senza causare danni immediati alla massiccia corazza esterna. Al suo interno, l’equipaggio zarino era segregato in ambiente angusto, tuttavia poteva disporre di una relativa comodità, graz ie ad un piccolo sistema di condizionamento e filtraggio NBC dell’aria. Per ridurre lo shock termico quando si sarebbe lasciato il tank, il riscaldamento era stato ridotto al minimo, accendendolo solo sporadicamente, mantenendo solo uno scarso tepore nell’abitacolo. In tundra infatti c’erano circa –3°C ed il clima s’avviava all’inverno: dopo i bollenti +26°C del mese di Luglio, presto le temperature sarebbero crollate a circa -40°C in Dicembre, Gennaio, Febbraio.

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A circa 500 metri dal tank, c’era un picco lo campo di QUATTRO tende polari, coperte da una velatura mimetica, in cui c’era la base logistica del FireTeam degli Spetnaz, quanto dei tre carristi. C’erano le supplies per l’inverno, la tenda radio con una lunga antenna orizzontale per le trasmissioni criptate in onde lunghe. Poco distante, c’era anche semi annegata nel permafrost, una grossa cisterna coibentata (con i cingoli), dotata di un piccolo generatore, da usarsi nei periodi invernali, per non far gelare il carburante. Solo un paio di Spetnaz erano attualmente di guardia, gli altri 3 riposavano nei propri sacchi a pelo, per andare di guardia nelle fredde ore notturne. All’improvviso iniziò a nevicare, silenziosamente dalle grevi nubi nere, caddero fiocchi di neve grandi come sassi, soffici come la panna, gelat i come la morte!.

Uno degli Spetnaz era di guardia, alzò la testa verso l’alto, scrutò silenzioso il cielo plumbeo, poi scosse la testa, quindi ebbe a sistemarsi meglio il proprio passamontagna coprendosi il viso. Il militare attendeva paziente il ritorno del proprio drone tattico, che aveva lanciato due ore fà, per fare una ricognizione in remoto di un’area di 10km di lunghezza per 5km di larghezza. Il piccolo drone, volando a 1000 metri di quota, seguendo i dati dei suoi giroscopi, avrebbe memorizzato sulla propria memory card, tutti i dati delle telecamere infrarosse quanto delle immagini ad alta definizione, dell’area monitorata in automatico. Il piccolo velivolo quadripala elettrico, s’appoggiò silenzioso nel soffice manto nevoso, il militare si tolse i grossi guanti invernali, innestò nella presa USB il proprio pad tattico, per far analizzare rapidamente alla I.A. la telemetria della ricognizione.

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La prima cosa che emergeva dal rapporto, era un rumore a bassa frequenza registrato dal microfono direzionale: il rumore era artificiale, a cui era stata associata una traccia termica sul terreno. La camera ad alta definiz ione con lo zoom poi non lasciava dubbi all’interpretazione: incursori gengiskani, provenivano da Est, c’erano due quad 4x4 ed un rimorchio, i nemici erano diretti verso il fiume Cheta. Impossibile determinarne il punto preciso a causa dell’assenza del segnale GLONASS/GPS/Galileo.

Sicuramente erano degli “scout gengiskani” in avanscoperta; poi sarebbero seguite altre forze nemiche più numerose, specie se gli scout nemici, avessero incontrato della resistenza. Oppure, altri nemici sarebbero giunti ad investigare in forze, se fossero state interrotte bruscamente le comunicazioni del drappello nemico, con il comando. Per il momento, i nemici erano in forte inferiorità: sia numerica, quanto qualitativa, non sarebbe stato difficile ammazzarli tutti, senza subire perdite o danni all’avamposto!.

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Capitolo 8: I can’t stop the Dogs of War

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Da qualche parte in Zarinia, nei primi giorni di detonazione della WWIII nella primavera 2050. A bordo dell’IL-96 (il posto di comando mobile) il presidente della repubblica zarina era seduto nella conference room del velivolo, ascoltava in silenzio e con la mascella contratta, il briefing dettagliato che i generali e lo stato maggiore zarino, facevano sull’inattesa ed imprevedibile crisi militare che s’era aperta in Siberia. All’improvviso il presidente zarino scagliò un vigoroso pugno sul tavolo, interruppe urlando la relazione dei militari dicendo – Maledetti gengiskani!, sono dei pazzi furiosi!. Mi hanno messo alle corde!. Ma cosa credono, che io non abbia il coraggio o la capacità di premere il pulsante atomico, lanciando un contro-attacco missilistico con testate atomiche?!Si fece un silenzio di tomba nella conference room, il presidente zarino prese il telefono rosso e chiese il contatto immediato con il Presidente degli Stati Uniti d’America. La linea diretta, residuato della guerra fredda del secolo precedente, era sempre stata mantenuta attiva e funzionante, tra le due vecchie superpotenze. Dopo circa 30 secondi, l’interprete zarino iniziò a tradurre in russo, quanto proferito dal presidente statunitense, che si limitò ad iniziare la conversazione con un laconico “buon giorno presidente”. -Buon giorno? È un maledetto giorno questo!- esordì il presidente zarino – Voi americani, sono sicuro che avete visto dai vostri satelliti, cosa hanno scatenato i gengiskani contro la mia repubblica


zarina!. Mi hanno nuclearizzato il porto di Vladivostok, annientato le basi militari della penisola di Sahalin. Le mie basi di lancio sparse ai confini della Mongolia sono state tutte distrutte!. I gengiskani non rispondono alle mie richieste di comunicazione diplomatica, per fermare la guerra!. C’è solo del folle silenzio dal governo gengiskano!. Da varie settimane, truppe gengiskane stanno dilagando in Siberia da tre direzioni diverse: tra pochi giorni, delle divisioni gengiskane saranno oltre il lago Baikal. Sono dei pazzi 47 furiosi questi gengiskani!-Sì!, è una maledetta, brutta, grossa gatta da pelare!. Il mondo ed i media, chiedono loro delle spiegazioni, ma i gengiskani tacciono!. Avete tutta la solidarietà del popolo americano- disse pronto, con tono di voce forte e chiaro, il traduttore zarino. -Voi americani potete darmi anche del sostegno militare convenzionale contro i gengiskani?!- chiese il presidente zarino. -Purtroppo non possiamo; se lo facessimo, la Korea del Nord e la Gengiskania attaccherebbero con armi nucleari Sud Korea e Giappone!. Quando i gengiskani hanno lanciato contro di voi, ci hanno contattato con un Ultimatum diplomatico. Noi statunitensi abbiamo al momento le mani legate!. Stiamo studiando la situazione, non vogliamo che il conflitto nucleare dilaghi ulteriormente. Voi Zarini, contate di respingere i gengiskani solo con armi convenzionali, oppure sferrerete un contro-attacco nucleare sulla Gengiskania?!- disse rapido il traduttore. -I gengiskani sono tanti, sono troppi, stanno dilagando in Siberia. I miei generali mi hanno suggerito d’usare armi nucleari tattiche. Ma se lo facessi, ci sarebbe un’escalation nucleare: temo lanci di ICBM gegiskani sulla Zarinia Europea quanto nel Bassopiano Siberiano Centrale. Inoltre, i gengiskani hanno già sferrato un attacco missilistico, impiegando per primi, armi nucleari!. Hanno colpito solo basi militari, però ci sono anche molte città distrutte nella penisola di Sihotealin e Sahalin dove abbiamo basi della marina militare in mezzo a città. I Gengiskani mi hanno messo alle corde. Non posso posticipare ulteriormente una mia massiccia reazione. Io


sono costretto a lanciare un contro-attacco missilistico sulla gengiskania!- disse con tono glaciale il presidente zarino, mentre ritmicamente premeva il pulsante meccanico di una elegante penna sfera Parker, che era tenuta nella mano sinistra. -Capisco.- disse veloce e lapidario il traduttore zarino. -Ci tenevo, che voi americani, foste informati della cosa, prima che io dia l’ordine di lancio!. Lancerò una pingue salva di SS18 Satan 48 dal Bassopiano Siberiano. I lanciatori saranno diretti in Gengiskania. La Repubblica Zarina non sta attaccando gli USA, la Repubblica Zarina non sta attaccando il Giappone, la Repubblica Zarina non sta attaccando il Sud Korea- concluse il presidente zarino. -Questo è chiaro!- disse il traduttore zarino –E’ una giornata molto triste. Dopo la detonazione atomica, io proporrò un cessate il fuoco, ed una conferenza di pace in territorio neutrale. La conferenza di pace, potrebbe svolgersi negli USA. Penso che i gengiskani accetteranno la mia proposta. Sono sicuro che troveremo un compromesso diplomatico!- disse il traduttore zarino con tono di voce forte e chiaro. -Sì!- rispose il presidente zarino – Mi sempra un buon programma diplomatico per ristabilire la pace!-


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Capitolo 9: La ricerca e soccorso del tenente Karolina Smirnov

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-Non vorrei essere nei panni di quel pilota- disse Igor Ljunakyn, che scosse la testa, mentre stringeva le redini delle renne, nei suoi guantoni invernali –Se sono sopravvissuti, avranno tutto il reparto d’incursori gengiskani alle calcagna!. Sergente!, non è igienico gettarci nella mischia!. I nostri ordini sono chiari: Cerca, Distruggi e Scappa-Se non aiutiamo noi, quei due piloti di Yak_130, permettendo loro di ritornare alla base, nessun’altro lo farà!. Sono pochi i piloti che hanno il coraggio di volare, dando supporto aereo tattico alle truppe di terra!. Sono piloti di valore!.- disse il sergente Sokolov con una nuvola di vapore, in cui si miscelò della palese preoccupazione. –Sono tutte balle! La verità è che vuoi conoscere il tenente Karolina Smirnov. Lei è uno degli assi del supporto aereo tattico zarino!. Adesso che l’hanno abbattuta, la vuoi salvare!. Va bene!, andiamo a salvare la Matta volante!- disse ridendo Igor Ljunakyn. Sokolov digitò rapidamente sul pad tattico un breve messaggio, poi lanciò il drone in modalità ECHO-TACAN, nella direzione dove era caduto lo Yak_130. Sokolov salì in fretta sulla slitta dei cani, poi partì come un razzo senza aggiungere nient’altro. Fu seguito, poco dopo dalla slitta più lenta e pesante, che era trainata dalle renne, con a bordo il soldato Ljunakyn ed il cecchino Pavlov.


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Nello stesso momento, il tenente Karolina Smirnov era atterrata sulla soffice neve, tra gli alberi della taiga innevata. Non aveva subito fratture, non s’era impigliata con il paracadute tra gli alberi. Queste erano già ottime notizie, la pessima circostanza era che stava in mezzo alla taiga siberiana, nella neve alta sino alle ginocchia!. La donna controllò nervosamente, per ben due volte, il magro contenuto dell’equipaggiamento di sopravvivenza che aveva nel piccolo marsupio. C’era una radio in onde corte, diverse barrette energet iche al ciocco lato ed alla vaniglia, una coperta termica, varie tavolette di diavo lina, un grosso coltello d’acciaio seghettato, una pistola automatica con vari caricatori, alcuni fumogeni e bengala di segnalazione, oltre ad una scatola di fiammiferi asciutti. C’era poi anche il telone del paracadute, con le corde, di cui forse avrebbe potuto riutilizzarne alcune part i, prima di sotterrarlo nella neve!. La fredda logica iniziava ad intorpidirle la mente, dipingendole un destino orribile, quanto più valutava razionalmente la sua misera situazione. C’erano circa 600 chilometri da percorrere a piedi, nella neve alta, in mezzo al gelo, in mezzo ai lupi siberiani, prima d’entrare in contatto con truppe amiche. La tuta di vo lo invernale da pilota per quanto calda e comoda, non era adeguata al freddo siberiano; la donna aveva già un po’ di freddo. Poi c’era il problema


dei gengiskani: i nemici erano oltre la montagna, sicuramente le avrebbero dato la caccia per vendicarsi dell’incursione aerea!. Sarebbe stato loro facile, dovevano solo trovare e seguire le sue tracce!. I gengiskani avevano varie motoslitte, almeno un gatto delle nevi ed un BMP-2: tutti mezzi che non erano stati danneggiati nell’attacco. Di questa cosa, la donna ne era sicura. Con tali mezzi, i gengiskani l’avrebbero potuta raggiungere entro 24 oppure 48 ore. Comunque, forse i gengiskani erano il problema di minore urgenza: era probabile che non sarebbe sopravvissuta alle fredde temperature invernali della taiga, quindi forse preoccuparsi dei gengiskani, sarebbe stato superfluo!. All’improvviso la radio in onde corte emise un BEEP, poi un secondo BEEP più prolungato. Karolina Smirnov si destò immediatamente, sottraendosi da un triste pensiero d’inedia e di torpore che le stava conquistando la mente e la volontà; la donna afferrò la radio, con un ritrovato energico piglio volitivo!. Com’era possibile che la radio in onde corte, la cui portata era di 10 chilometri, fosse in contatto con truppe zarine, se c’erano circa 600 chilometri da percorrere nella terra di nessuno, prima d’avvicinarsi a truppe amiche?!. La donna scrutò con attenzione il piccolo visore al quarzo verde, poi dopo pochi secondi sorrise, mentre gli occhi azzurri le brillarono come stelle!. Erano gli Spetnaz, l’avevano contattata con un drone tattico. Erano le truppe zarine che avevano richiesto l’attacco aereo che poi lei aveva eseguito!. Karolina Smirnov se l’era diment icato!. Lo stress del combattimento, lo shock dell’abbattimento, la fatica del lancio con il paracadute, le avevano fatto dimenticare la circostanza che non era sola, in quella landa gelata!. Lesse due volte l’SMS d’emergenza, poi la donna piangendo di felicità, diede il ricevuto con la propria radio, quindi ottenne la seconda conferma dal piccolo drone, che volava a circa 5km in linea d’aria, in modalità ECHO-TACAN.

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Il sergente Sokolov ebbe dopo svariat i secondi il ricevuto dal piccolo drone, con il messaggio del tenente Smirnov. Il sergente fermò immediatamente la sua slitta, scrisse alcune lunghe istruzioni per la donna. La Smirnov doveva procedere verso Nord, doveva continuare a camminare, non si doveva fermare per nessun motivo, specie se fosse stata stanca!. Doveva lottare, con tutte le sue forze al torpore mortale che avrebbe potuto invaderla!. Entro poche ore, il team degli Spetnaz l’avrebbero trovata, grazie alle proprie slitte, alle indicazioni del segnale radio del drone in modalità ECHO-TACAN. Un’uniforme calda e comoda, un caffè bollente, la stavano aspettando!, assieme alla speranza di ritornare alla propria base aerea, via elicottero o con un sottomarino NATO. ______________

Il tenente Karo lina S mirnov aveva indossato una pesante e calda mimet ica invernale di colore bianco, sopra la propria uniforme scura da pilota. La donna era seduta a gambe larghe, sulla slitta di renne, in mezzo a Ljunakyn ed al cecchino Pavlov. Silenziosa e felice, sorseggiava con molta soddisfazione del caffè tiepido, dolcissimo, da una borraccia termica che teneva in una mano. Davant i alla pesante slitta trainata dalle renne, che arrancava a fatica nella neve alta e co mpatta, la picco la e più veloce slitta del sergente Sokolov con i cani siberiani, procedeva invece agile e snella!. All’improvviso il sergente si fermò tirando il freno di slitta, quanto le redini del capobranco. Sokolov si tirò giù il passamontagna, mentre i cani siberiani scodinzolarono silenziosi, guardandosi a vicenda tra calde nuvole di vapore. Il capo branco in testa alla muta di cani, s’era

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seduto per ordine del sergente Sokolov, si leccava il mantello scodinzolando, ignorava cosa stessero facendo il resto della muta di cani. -Dobbiamo dividerci, cosÏ siamo un bersaglio facile per i gengiskani!. Io con il tenente Smirnov, prendiamo la lenta e pesante slitta con le renne. Voi due, prendete l’agile slitta con i cani. Contro-attaccate sui gengiskani, prendendoli di fianco, qualora quei bastardi ci stessero alle calcagna. Punto di ritrovo, tra una settimana, al rifugio di Cecenko!. E’ tutto chiaro?!- chiese il sergente Sokolov. -Va bene!- risposero annuendo con la testa, il soldato Ljunakyn ed il cecchino Pavlov, mentre emisero del breve vapore acqueo, dai passamontagna che avevano sollevato sopra il mento. _________________

La slitta era fuori della tenda, le renne erano in piedi in mezzo alla neve, sgranocchiavano felici, un’abbondante porzione di mangime. Il sergente Sokolov ed il tenente Smirnov erano invece seduti dentro una piccola tenda termica, con un piccolo fornello acceso, su cui era in cottura una razione K. -Grazie per avermi soccorsa, sarei sicuramente morta per il freddo, oppure sarei stata violentata e poi uccisa dai gengiskani!- disse il tenente Karolina Smirnov.

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-Tenente Smirnov, non potevo lasciarla morire, lei è un pilota di valore!. Karolina Smirnov è praticamente un mito per tutti noi!. Una sorta di valkiria zarina, che distribuisce morte ai gengiskani, donando prosperità e fortuna a noi disgraziati, che combattiamo sul terreno, in questo mondo ostile e spietato!- disse sorridendo il sergente Sokolov. -Lascia stare le descrizioni liriche, lascia stare il mio grado militare, chiamami Karolina!. Non mi hai detto il tuo nome, Sokolov A. che 55 cosa è quella A.?- chiese la donna, mentre sorseggiava rilassata una dolcissima tazza di caffè bollente. -Arcadiy Sokolov, sergente, III° raggruppamento Spetnaz Continentale, ero dislocato al comando di Murmask- rispose il militare, mentre si massaggiava le mani nude davanti al piccolo fornellino, facendo roteare con la mano destra, i due anelli nuziali che portava al proprio anulare sinistro. -Grazie! Arcadiy, mi hai salvato la vita!- disse la donna, guardandolo intensamente negli occhi, poi Karolina s’accorse del gesto del militare, davant i al fornello. -Mio marito è disperso in Siberia- esordì la donna, che po i aggiunse – Lui volava sopra un Sukoi35. E’ probabilmente morto, è stato abbattuto da velivoli gengiskani. Non ho mai voluto figli, adesso ne sono pentita. Qualcosa di mio marito, avrebbe potuto sopravvivere a questa guerra! – concluse la donna, che si tolse i guantoni invernali dalla mano sinistra, mostrando la mano aperta, con la fede nuziale che ancora indossava. -Mia moglie è morta di cancro fulminante, prima dello scoppio della guerra. Ho un figlio piccolo, sta con i nonni, nella Zarinia Europeadisse l’uomo, con la testa chinata sopra la gavetta metallica, che ribolliva emanando un vapore caldo, dall’invitante profumo. -Che cosa pensi di fare, dopo la guerra?!- chiese la donna mentre riscaldava le mani nude, sulla calda tazza di caffè. -Non mi faccio illusioni- disse l’uomo –mi limito a pianificare l’imminente presente, sperando che vada proprio come vorrei- poi il


sergente Sokolov spense il gas del fornellino da campo, versò la cena nelle due gavette d’acciaio. -Ottimo!- rispose la donna, che appoggiò la tazza del caffè da una parte, poi prese la calda gavetta metallica che Sokolov le porse, con un cucchiaio metallico immerso dentro. Sokolov dopo la pausa, riprese il proprio discorso –Se riusciremo a sganciarci dagli incursori gengiskani, andremo al rifugio di Cecenko. 56 Cecenko è un ciucko, un nomade locale, vive da solo come un eremita in questa taiga desolata. Ha delle renne, ha un modesto allevamento di cani da slitta. Cecenko, ci fornisce carne di renna per i cani della nostra slitta, a volte ci cambia le renne per quest’altra slitta. Quando ci saremo ricongiunti con Ljunakyn e con Pavlov, andremo al nostro presidio logistico di Dudinka2. Abbiamo una radio ad onde lunghe, contatteremo il comando. Probabilmente, rientrerai alla tua base aerea sfruttando il passaggio di un sottomarino NATO, quando ci porterà supplies e rimpiazzi. Altrimenti, studieremo un modo per farti tornare un paio di settimane prima alla tua base, in elicottero, se il comando ce ne manderà uno!-Questa razione K è davvero buona!- disse la donna, cambiando discorso –Arcadiy sei davvero un bravo cuoco! Avresti anche un po’ di vodka?!- chiese ridendo Karolina mentre fece l’occhiolino. -Non ne tengo nella slitta delle renne- sorrise Arcadiy che poi aggiunse –E’ sulla slitta dei cani, c’è una mia piccola borraccia speciale... Adesso, posso offrirti solo tanta neve gelata!-Allora gli altri due, che sono in giro con la slitta dei cani, adesso si staranno sbronzando come matti, davanti al fuoco!- rise Karolina, mentre mangiava avidamente la cena fumante. -Sì, è possibile!- disse ridendo Sokolov. ________________ Arcadiy e Karolina giunsero dopo 7 giorni di viaggio nella taiga, al rifugio di Cecenko, arrivando verso sera ino ltrata. La tenda di Cecenko, era una struttura povera e modesta in mezzo al niente.


Molti cani da slitta erano intorno alla tenda, erano immersi nella neve, scodinzolavano felici mentre sgranocchiavano interiora ed ossa di renna, da grandi piatti di legno fumanti. Poco distante, Sokolov riconobbe la sua slitta in sosta: c’erano un numero assai minore di cani, rispetto a quanti ne fossero partiti iniz ialmente. I suoi cani erano ancora legati alla slitta, anche loro si saziavano dell’abbondante unico piatto serale. 57

-Ultima Tule- gridò il sergente Sokolov, attendendo la parola d’ordine di risposta, mentre aveva già puntato sulla tenda il suo mitragliatore PKM. -Gorky Park!- fu la risposta forte e chiara, che provenne dalla tenda. Solo il cecchino Georgiy Pavlov ce l’aveva fatta, era ferito ad una spalla, aveva anche un piede da trincea surgelato. Il soldato stava piuttosto male, aveva perso anche tanto sangue, ma era riuscito a sganciarsi dai gengiskani. I gengiskani, disse che stavano inseguendo il distaccamento zarino, erano alla spasmodica ricerca della Smirnov. Gli incursori gengiskani erano ossi duri, volevano vendicarsi dell’attacco subito!. Avevano varie motoslitte, s’erano sparsi a ventaglio per la taiga, manovravano in modo razionale e coordinato tra di loro!. Pavlov e Ljunakyn avevano fatto fuori un paio di motoslitte nemiche, poi erano scappati. Ma poi, in qualche modo, i due Spetnaz erano rimasti coinvolti loro malgrado, in un inatteso conflitto a fuoco. Una maledetta trappola, fatta da altre due motoslitte gengiskane. Il drone tattico zarino era andato perso


o distrutto. Ljunakyn era morto, vari cani della slitta erano stati uccisi. Pavlov era rimasto ferito seriamente ad una spalla, s’era salvato nello scontro con il nemico, perché misteriosamente la seconda motoslitta gengiskana, con due incursori nemici, era scappata, interrompendo il conflitto a fuoco!. -Forse, erano a secco di carburante- disse febbricitante Pavlov, che trasudava di un sudore freddo di morte. -Sì!- rispose Sokolov, che aveva un’espressione preoccupata, poi aggiunse –Adesso, riposati Georgiy amico mio!. Tra qualche giorno, torneremo al nostro presidio logistico. Tra una settimana, sarai evaquato comodamente con il sottomarino NATO del capitano Schulze- Poi Sokolov usciì frettolosamente dalla tenda, gelido come il ghiaccio siberiano, la mascella contratta conteneva una smorfia di dolore per l’amico, che sicuramente sarebbe morto di complicazioni entro qualche giorno e non ce l’avrebbe mai fatta ad essere soccorso. A grandi passi, il sergente Sokolov andò a prendere un binocolo tattico, che era riposto dentro la sua slitta. Karolina rimase a confortare Pavlov per quello che aveva fatto, poi uscì dalla tenda e seguì il suo Arcadiy. Questi, s’era allontanato di una ventina metri dall’accampamento, lo Spetnaz scrutava le vette dei monti vicini, con il binocolo ed il visore notturno. -Ci sono problemi?!- chiese Karolina, che accarezzò con la propria mano destra, il braccio sinistro di Arcadiy. -Karolina, questa storia non mi piace!- rispose preoccupato l’uomo. -Perché?- chiese la donna –che cosa c’è che non va?!-Non è logico, quello che è successo nel conflitto a fuoco contro gli incursori gengiskani!. Forse siamo caduti in una trappola!- disse laconico il sergente Sokolov, che non staccò gli occhi dal binocolo. -Che cosa vuoi dire?!- chiese preoccupata Karolina. -I due incursori gengiskani avrebbero dovuto tentare di catturare Pavlov vivo. Noi abbiamo l’ordine di non farci catturare vivi dai gengiskani!. Non possiamo, non dobbiamo rivelare per nessun

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motivo, la dislocazione del nostro presidio logistico di Dudinka2. La sua sicurezza è la sua segretezza, deve essere difesa ad ogni costo!. Pavlov, se messo alle strette, avrebbe dovuto suicidarsi, perché nessuno può resistere alle torture nemiche- rispose preoccupato Sokolov. -Io non sapevo tutto questo!. A me lo hai subito detto, dove era la base di Dudinka2. Perché lo hai fatto, se era così segreta questa informazione?. Sospetti che Pavlov ci abbia mentito?!- chiese Katerina, mentre si voltò a fissare l’enigmatica tenda. -No!, Pavlov non ci ha traditi. Non lo farebbe mai, lo conosco è mio amico!. Inoltre, se ci avesse traditi, saremmo già stati catturati dagli incursori gengiskani!- disse Sokolov, che aggiunse – Sospetto invece, che gli incursori gengiskani lo abbiano seguito. Vogliono scoprire la posizione della base di Dudinka2. Questo spiegherebbe, perché quei bastardi siano scappati all’improvviso, senza tentare di catturare Pavlov!.-Arcadiy, non hai risposto alla mia domanda!- disse la donna, che adesso fissava l’uomo. -Ti ho dato le coordinate di Dudinka2, perché volevo che tu avessi un’informazione da barattare per la tua vita, evitando violenze e la morte, nel caso che fossimo stati catturati- disse laconico Sokolov. -Sono un pilota dell’aviazione militare tattica zarina, non sono così importante!. Insomma, sono una pedina sacrificabile!.- disse il tenente Karolina Smirnov, che sembrava sorpresa ed incredula. -Karolina, sei importante per me!. Per te, io ho violato i miei ordini tre volte!. Non dovevo venire a salvarti!. La nostra unità ha impiego strategico, dobbiamo solo cercare e distruggere e scappare. Non dobbiamo fare prigionieri e non possiamo lanciarci in missioni di Ricerca e Salvataggio. Il nostro ruolo è solo offensivo, perché siamo truppe speciali, ossia risorse pregiate e scarse in questa maledetta guerra!. Inoltre, non dovevo rivelarti per nessun motivo la posizione di Dudinka2- disse Arcadiy, guardando Karolina negli occhi.

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La donna cinse il suo collo e poi lo baciò. ____________________

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Era mattina presto, il rifugio dopo il bombardamento gengiskano sembrava un disastro, con fiumi di sangue, interiora e pezzi di carne sparsi prat icamente ovunque. Varie bombe di mortaio a frammentazione, erano cadute dilaniando tenda, renne, cani, le due slitte di Cecenko. Qualche cane guaiva moribondo, qualche renna grugniva disperata, sdraiata a terra senza le zampe posteriori e con il ventre squarciato. I mortai gengiskani erano stati letali ed efficienti, le granate avevano sventrato la tenda: dentro c’erano i corpi irriconoscibili di Pavlov e di Karolina. L’amico Cecenko, s’era beccato delle schegge nella pancia e stava mo lto male. Le renne che non erano state uccise nel bombardamento erano scappate, così come tutti i cani da slitta, inclusa la sua slitta militare. Le Pallottole fischiavano sporadiche, con del fuoco molto accurato!. Sokolov trascinò Cecenko per una cinquantina di metri, mentre i densi fumi di tre grigi fumogeni, coprirono la sua lenta e faticosa ritirata nella neve alta e gelida. Sokolov imprecò: quei maledetti bastardi degli incursori gengiskani se la prendevano comoda. I bastardi sapevano che il sangue e le tracce nella neve, dell’amico Cecenko, le avrebbe potute trovare anche un cieco!. Quello che i gengiskani non sapevano però era che la sua slitta con le sue tre renne, s’era incastrata tra gli alberi, ad una cinquantina di metri dalla tenda, in mezzo alla foresta tra un tronco d’albero caduto!. Le bestie dovevano essere fuggite alle prime esplosioni, scampando al


massacro, ma s’erano incastrate nel bosco con la slitta, finendo casualmente nascoste tra alberi e neve. Sokolov caricò l’amico Cecenko che si lamentava di dolore, sopra la slitta. Disincastrò il mezzo, quindi fuggì verso Ovest. Sokolov avrebbe fatto un lungo giro, una lunga diversione verso Ovest, prima di ritornare alla base di Dudinka2. Aveva ancora 7 giorni di tempo, prima di dover presentarsi alla base per sopraintendere all’attracco del sottomarino del capitano Schulze. _________________

Il sergente Arcadiy Sokolov stringeva in modo saldo e sicuro tra i suoi grandi guanti invernali, il suo possente mitragliatore PKM. Il militare era preoccupato, osservava lo sterminato e desolato orizzonte bianco dal suo mirino ottico, temeva d’essere stato inseguito dagli incursori gengiskani. - Oh!, oh!, oh!, I got a love that keeps me waiting. Oh!, oh!, oh!, I got a love that keeps me waiting, I'm a lonely boy, I'm a lonely boy…- disse il sergente Sokolov, mentre canticchiava il ritornello del pezzo musicale dei Black Keys, per tenere occupata la propria mente, e forte il proprio morale. La neve alta e gelida non era soffice, era compatta e fredda come la morte, limitava i moviment i sul terreno, trasformando ogni passo in una gara di triathlon!. Ogni rumore in quella landa infinita era ovattato, come se fosse stato assopito dalle glaciali temperature siberiane, che erano proibitive in inverno!.

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HEAR THE DEVIL CALLIN', HEAR THE DEVIL CALLIN', WHEN I HEAR THE DEVIL CALLIN' GOD WILL PAY HIM FOR WHAT HE'S DO I CAN'T STOP THE DOGS OF WAR, I CAN'T STOP THE DOGS OF WAR, SEE THE FIELDS BURNIN', SEE THE FIELDS BURNIN', WHEN I SEE THE FIELDS BURNIN', CAUSE HELL IS COMING THROUGH, I CAN'T STOP THE DOGS OF WAR, I CAN'T STOP THE DOGS OF WAR, FEEL THE RIVER RISIN', FEEL THE RIVER RISIN', WHEN I FEEL THE RIVER RISIN', DEVIL COMING UP FROM YOU, I CAN'T STOP THE DOGS OF WAR, I CAN'T STOP THE DOGS OF WAR, I CAN'T STOP THE DOGS OF WAR, I CAN'T STOP THE DOGS OF WAR, BLUES SARACENO - DOGS OF WAR

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Capitolo 10: Introduzione alla Battaglia per Kalinka I rottami di un Mil-mi 24 zarino giacevano sulla tundra, un lupo siberiano attratto dall’odore di morte, s’era avvicinato alla ghiacciata catasta metallica. Il lupo ululò, poi si mise a studiare il modo per entrare nel rottame, per consumare un inatteso e lauto pasto, nutrendosi dei feretri che vi giacevano. 63

Vari chilometri più a sud, ai limit i della taiga, c’erano tre reclute di fanteria zarina di montagna, tutti e tre erano dotati di sci. I tre fucilieri, erano gli unici sopravvissuti della missione che era andata molto male: adesso erano isolati nella taiga e le loro prospettive erano assai buie. Al momento, le tre inesperte reclute erano disposti in linea, cercavano d’offrire una linea di fuoco, contro un branco di lupi siberiani, che sembravano aver intenzione d’attaccarli.

Contemporaneamente un drone tattico gengiskano a 200 metri di quota, stava riprendendo tutta la scena, sia in Alta Definizione quanto in IR-Infrarosso, memorizzandola sulla propria memory card. Il piccolo velivolo, dopo aver eseguito in automat ico un largo


cerchio sopra la posizione nemica, seguendo le indicazioni software della sua I.A. ebbe ovviamente a marcare la posizione, avvalendosi del BeiDou3+ . Il picco lo velivo lo, contestualmente ebbe anche a registrare vari colpi singoli di AK74 contro il branco di lupi siberiani, i quali desisterono dal loro attacco. I lupi siberiani, decisero che era più saggio sbranare i morenti lupi (colpiti dai fucilieri zarini), piuttosto che divorare i tre fucilieri zarini. 64

Il piccolo drone gengiskano tornò verso la sua base, la quale era in movimento, in quanto i due quad degli incursori gengiskani, si stavano spostando verso sud, a circa 2km dalle tre reclute zarine. Poco tempo prima, partendo dalla base di Komsomolec, l’alto comando congiunto di difesa aveva creato usando il trasporto di materiali e mezzi tramite gli elicotteri, una picco la base nell’isola di Kirov. Da questo nuovo caposaldo, il comando di difesa alleato sperava di fare lotta antisom con gli elicotteri, per attaccare efficacemente almeno una delle due linee di sottomarini gengiskani!. Poiché nel frattempo un sottomarino OTAN di classe Type_212 diretto alla base di Dudinka2 non era rientrato al porto di Murmask, il comando di difesa congiunto tentò un’operazione di ricerca e soccorso. Era davvero improbabile, trovare superstiti di un naufragio nel mar Polare Artico, dopo una settimana. Tuttavia, il secondo obiettivo dell’operazione, sarebbe stato quello di costruire una nuova base appoggio, nella baia dello Jenisei. Obiettivo sbarcare truppe di montagna zarine, per continuare la lotta in Siberia, sostituendo la base di Dudinka2 che non dava più comunicazioni radio da una settimana!.


Decollarono così dalla base di Komsomolec due Mil-mi_24 e due Mil-mi_8, tutti i mezzi furono equipaggiat i con doppi serbatoi supplementari di carburante. I quattro elicotteri furono riempiti all’inverosimile, caricando a bordo attrezzature, viveri, tende, carburante, incluso un FireTeam di truppe di montagna zarine, per la nuova base Jenisei1 da cui, s i sarebbe lanciato nuovi attacchi contro gli incursori gengiskani, anche con azioni di terra!. 65

Il potere aereo gengiskano era partico larmente aggressivo nell’area del Bassopiano Siberiano, gli aerei della coaliz ione dei Defenders stavano indietreggiando sotto la possente armata aerea gengiskana!. Per questa ragione, il comando di difesa congiunto preferì tentare l’infiltrazione delle truppe di montagna da Nord verso Sud, decollando dalla base di Kirov, piuttosto che volare a bassa quota da Ovest verso Est. Purtroppo, nonostante i quattro velivoli zarini vo lassero a bassa quota, finirono intercettati da 3 elicotteri da battaglia gengiskani Z19. I due Milmi_8 esplosero in volo, anche uno Z19 esplose in volo. Un Mil-mi_8 fu gravemente danneggiato ed affondò nel mar polare artico, assieme ad un secondo Z19 gengiskano. L’ultimo Mil-mi_24 nonostante fosse gravemente danneggiato, riuscì a raggiungere la costa, ma poi precipitò rovinosamente nella tundra gelata. Il terzo elicottero da battaglia Z19 rientrò sano e salvo alla propria base mobile, riferendo alla propria base. Tra morti e feriti gravi, si salvarono solo le tre fortunate reclute zarine, i quali non se la sentirono d’abbandonare i commilitoni morenti che erano incastrati e bloccat i nell’elicottero. Anche perché, i rottami del velivolo erano pur sempre un discreto rifugio esterno, dotato di molte supplies, carburante secondario, muniz ioni, cibo, ed un apparato radio ad onde corte, che era ancora funzionante!.


Il relitto fu attaccato da due quad degli incursori gengiskani, in quanto dall’elicottero provenivano ancora emissioni radio. Le tre incaute reclute, cercavano un contatto radio in onde corte, con qualche truppa amica, che fosse nei paraggi di 50km di raggio. Ne scaturì un vio lento conflitto a fuoco, in cui le tre reclute zarine, riuscirono con successo a darsi alla fuga, usando i propri sci. In realtà, i quattro incursori gengiskani li avevano deliberatamente allontanati dall’elicottero, spingendoli nella Siberia profonda, dove il generale inverno avrebbe probabilmente finito il loro lavoro.

In caso contrario, il lavoro lo avrebbero ultimato i quattro incursori gengiskani, dotati di quad, s’erano messi sulle tracce delle tre povere reclute zarine, per valutare il da fars i.

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