ALESSANDRO ANDREUCCETTI
Via San Giovanni, 58 53037 San Gimignano, Italy +39 0577941232 +39 3351270902 www.alessandroandreuccetti.com
RECENT SELECTED SOLO EXHIBITIONS 2012 San Gimignano, Caffè Torre Guelfa 2011 Firenze, Villa Vogel, “3 Artisti a Villa Vogel” 2011 Siena, Ristorante Camporegio 2011 San Gimignano, Caffè Torre Guelfa 2010 San Gimignano, Palazzo della Cancelleria 2009 Montelupo Fiorentino, Galleria della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano 2009 San Gimignano, Palazzo della Cancelleria 2006 “Tuscany Hills” – Firenze, Palazzo Panciatichi, Consiglio Regione Toscana 2006 Galleria d’Arte Manzi, San Gimignano 2006 Caffè Torre Guelfa 2003 Galleria d’Arte Palazzo Pratellesi, San Gimignano 1979 Roma, Galleria “Ieri e Oggi” 1978 Volterra, Galleria “Daniele da Volterra”
RECENT SELECTED GROUP EXHIBITIONS 2011 “Interludio fiorentino” Curato da ArteSì - Limonaia di Villa Strozzi, Firenze 2011 “Collettiva in Cenacolo 2011″ – Galleria Sala Cancelleria, San Gimignano2011 “Liriche essenzialità” – Galleria d’arte Immagini Spazio Arte, Cremona 2010 Global Network of Watercolors Painter, Incheon Educational and Cultural for Student, KOREA 2010 “100 Pittori a Taormina”, Palazzo Duchi di Santo Stefano sede della Fondazione Mazzullo 2010 “Premio Arte X 2010″, Art Hotel Expo 2010 – Hotel Vedute di Fucecchio (Firenze) 2010 Etichette in cerca d’autore, San Gimignano 2010 Vernice Art Fair 2010, Forlì – Stand Artantis.com 2010 Shanghai Zhujiajiao International Watercolour Biennial Exhibition. Invited International Artist. APRIL-OCTOBER SHANGHAI CHINA SHANGHAI QUANHUA GALLERY 2010 Paesaggi d’Italia – Esposizione d’arte, pittura, scultura, fotografia, arte digitale - Taormina, Palazzo Duchi di Santo Stefano
2008 Collettiva “Dal XX al XXI secolo Artisti a San Gimignano”, Galleria d’Arte Manzi, San Gimignano 2008 “Acquarello che passione”, Mostra a carattere nazionale dedicata alla pittura realizzata con l’antichissima tecnica dell’acquerello, Savigliano, manifestazione patrocinata dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Cuneo. 2008 XV Collettiva Internazionale d’Arte Moderna Contemporanea “Giallo, Rosso e Blu”, Torino2008 2008 Collettiva “Arte Contemporanea Italiana”, Firenze, Galleria La Pergola Arte 2008 Collettiva Internazionale d’Arte moderna e Contemporanea, “Sprigiona la Fantasia”, Museo della città di Collegno. 2008 13e SALON de l’AQUARELLE en LIMOUSIN, Saint-Laurent-sur-Gorre (Haute-Vienne) au Château de Feuillade 2007 Collettiva “Paesaggi metropolitani”, Firenze, Galleria La Pergola Arte 2007 Collettiva “Arte sacra, Ieri e oggi”, Porto Sant’Elpidio, Galleria La Tavolozza 2006 Collettiva Meesburg Germany) 2004 collettiva “Certaldo in cornice” – Certaldo, Palazzo pretorio FEATURED ARTIST - Etichette d’autore per Famiglia Semplici, Vagliagli – Siena, Italy - Poster and advertising for Wine an Oil, San Gimignano, Italy BOOKS - L’Acqua di Siena, Comic Book - Roccastrada, Storia di una terra antica, Comic Book EDUCATION - Firenze, Liceo artistico - Firenze, Università di Architettura - Firenze, Accademia di Belle Arti BORN San Gimignano, 1955
ALESSANDRO ANDREUCCETTI
Il percorso artistico di Alessandro Andreuccetti è classico, la sua formazione si è svolta presso la facoltà di Architettura e l’Accademia di Belle Arti di Firenze, ma la passione per la pittura, il segno grafico e il fumetto è maturata fin da ragazzo. Quest’ultimo aspetto si è sviluppato parallelamente all’attività pittorica e continua a fornire all’artista riconoscimenti continui e notevoli soddisfazioni. Tra i progetti in atto è degna di nota la collaborazione con la Banca CRAS di Sovicille per la realizzazione di alcuni libri di storia del territorio a fumetti, particolarmente adatti alla diffusione scolastica. Dal 1978 ha iniziato a dipingere e ad esporre in numerose personali e collettive nazionali. Le sue prime ricerche pittoriche si sono indirizzate principalmente sulla tecnica dell’acquarello che l’artista ha sentito congeniale alla sua necessità espressiva e canale prediletto di comunicazione grazie alla velocità, alla versatilità e alla resa d’impatto tipiche di questa tecnica. A seguito di questo primo periodo l’attenzione di Alessandro si è spostata sulla ricerca di tecniche espressive diverse tra le quali il pastello, l’olio e l’acrilico. La conoscenza di tecniche differenti garantisce una continua sollecitazione per l’artista che sfida sé stesso alla ricerca di una comunicazione viva, resa dinamica da pennellate a volte morbide, lunghe e strascicate o spezzate e scomposte. La luminosità dell’acquarello che viene steso sulla carta bianca e gradualmente scurito con morbide campiture di colore, si contrappone all’uso dell’acrilico che dall’oscurità iniziale del supporto trattato con preparazioni scure, lascia emergere grande luminosità con la progressiva stesura del colore. I paesaggi sono la summa della sua ricerca improntata sulla libertà espressiva, tecnica e coloristica. Questi scorci risultano oggettivi solo per alcuni richiami al dato naturale come le colline e i cipressi che punteggiano e ricordano le nostre campagne toscane, ma il dato naturale è solo la scusa per l’esplorazione di un continuo intersecarsi di piani che divengono macchie colorate. L’occhio si perde tra le zone di colore che si sovrappongono e che lasciano una sensazione in bilico tra il dato oggettivo e l’informale. I tratti quasi macchiaioli degli scorci paesaggistici sembrano dissolversi nella morbidezza dei toni acquerellati che distruggono le forme. La realtà oggettuale è lo spunto primario per l’artista che appunta uno scorcio, un dettaglio rapito dal quotidiano, una sensazione di fronte al dato naturale per analizzarlo successivamente in studio; ne deriva una pittura meditata e filtrata attraverso una personalissima visione. La sua tavolozza si fonda sull’uso di toni terrosi come gli ocra, i bruni , i Terra di Siena rivitalizzati dalla contrapposizione con i rossi carichi dei tramonti, i blu cobalto dei cieli carichi di nubi e i verdi scuri che danno vita ad opere vive e dinamiche. Gli scorci di boschi autunnali ricchi di sfumature dai rossi e i gialli accesi , i verdi oliveti sono lo spunto per analizzare la contorsione dei rami, il loro nascondersi e riapparire nel fitto ombroso del bosco, essi rappresentano un continuo stimolo per l’artista che è attratto dal grafismo di queste forme e da una ricerca coloristica senza tregua. La stilizzazione dei tronchi degli alberi si fonde con le macchie di colore che lo contornano creando, uno sfaldamento di forme che toglie ogni contorno. La semplificazione formale e il grafismo pulito del tratto nella descrizione di tronchi d’albero sinuosi come nell’opera intitolata semplicemente “Albero”, richiama alla memoria le suggestioni delle stampe giapponesi prodotte tra il XVII e il XIX secolo divenute protagoniste del Giapponismo, ovvero l'influenza che l'arte giapponese ha avuto sull' Occidente, in particolare sugli artisti francesi della metà dell’Ottocento .
Queste stampe erano impostate sulla rappresentazione bidimensionale, e quindi sul colore piatto e l'assenza di chiaroscuri, ma dinamica. In quest’opera la linea curva, semplice e sinuosa suggerisce l'idea del movimento. Per l’artista il Giappone rappresenta un orizzonte di arte e di vita, è un vero punto di riferimento . Il gesto calibrato e pensato di quell’arte crea una relazione tra pensiero e pittura. La poesia che emerge dai tratti eleganti dei maestri orientali spinge Alessandro verso la ricerca dell’espressività più sentita e più magica che è insita nella natura. Andreuccetti osserva con attenzione e grande ammirazione questo stile e sviluppa una grande attenzione nel tratteggio di linee che esaltano la forza e l’eleganza della natura. A questa ricerca libera, dinamica e a tratti informale fanno da contraltare le opere dove è protagonista il disegno, il modellato e la plasticità della figura umana o del cavallo. Le forme scolpite dalla luce, scattanti, nervose e imponenti o morbide e palpitanti delineate con un tratto pulito di carboncino o pastello, attraggono l’artista nella difficoltà ed arditezza degli scorci proposti. Il modellato è il soggetto di opere nelle quali il colore non appare che in minima parte. Il cavallo è forse il miglior strumento di analisi di queste caratteristiche per la dinamica interna e la complessità dell’incontro di forze che lo rendono vero. Il movimento vibrante, il modellato possente e l’eleganza dei movimenti si inseriscono perfettamente nella ricerca dell’artista che come una sorta di virtuosismo, indaga la figura dell’animale tratteggiando linee mosse. Altrettanto interessanti risultano gli studi sugli angeli berniniani di Castel S. Angelo. Le forme morbide e delicate degli angeli di Bernini, tratteggiate ad acquarello, scevre da ogni carica di tipo religioso, sono frutto di un interesse dell’artista per queste creature piene di mistero. Notevolmente interessanti sono gli ultimi acquarelli di Andreuccetti rivolti allo studio di personaggi che popolano le strade di immaginarie metropoli. Soprattutto si tratta di musicisti di strada fissati nella concentrazione dell’interpretazione di un pezzo. La componente iperrealista di queste opere è solo un aspetto superficiale poiché l’artista, come nella realizzazione di scene di paesaggio, trae solo lo spunto iniziale dalla realtà che non viene riprodotta in modo pedissequo ma meditata e composta. Tra queste opere la più interessante è “Street people”, un colorato e vivace acquarello che con un linguaggio fortemente contemporaneo, coglie il dinamismo e la freneticità di una classica giornata metropolitana. Quest’opera è stata selezionata per partecipare alla Biennale dell’acquarello di Shangai che si terrà il prossimo aprile. L’arte di Andreuccetti si snoda in un continuo zig-zag di tematiche d’interesse all’interno della quale trovano spazio aspetti legati all’oggettualità e all’informale; molto spesso il confine si perde e l’artista dà vita ad una compenetrazione e ad una fusione di stili diversi.
SIENA 21.02.2011
CRISTINA BROGGI
Oniriche, come un sogno marziano, le Torri di San Gimignano si materializzano un po’ alla volta nella nebbia ‘rubesta’ che le avvolge. Chissà cosa avrebbe pensato Dante davanti a questi colori: forse alla città di Dite, coi suoi mesti riverberi di fiamma, nel rosseggiarepagano del suo Inferno. Mi chiedo sempre ‘chissà cosa avrebbe pensato’ o detto qualcuno dei personaggi storici che bazzico, guardando quello che sto guardando io: le cose che sopravvivono, che furono ‘loro’ ed ora sono nostre, consumate, rielaborate, metabolizzate, modellate dal continuo fluire di un tempo/marea che avanza e rientra, sminuzzando scogli, levigando promontori, riducendo a sabbia minuta uomini e cose…Me lo chieso, e poi non so rispondere. Queste strade, questi scorci, queste foreste incantate di riverberi purpurei e violetti, di acide verdosità, questi campi combusti dall’incendio di infiniti tramonti, queste caligini estive in cui si perdono i contorni, tremuli nell’ondeggiare lieve dell’afa…Queste stesse sensazioni cromatiche altri prima di noi le hanno percepite, prima che Alessandro Andreuccetti le immobilizzasse in palpiti intensi e personalissimi e ce le testimoniasse su carte spesse, intrise d’acque colorate e dense di emozioni. Come le avranno viste ‘loro’, il nostro ‘prima’ – e poi come le potranno vedere altri ‘loro’, il nostro ‘dopo’- le fiabesche stradine alla fine delle quali, lontano lontano, c’è sicuramente la casa di una vecchia fata in attesa di bambini da iniziare, o le foreste dove volteggiano nel vento elfi marittimi, salmastri, silenziosi, dimenticati… Ci muoviamo su sfondi che altri hanno pensato, costruito, narrato, dipinto, scolpito, progettato, demolito, rifondato, nel mutare continuo di scena nella lanterna magica di vite vissute e dimenticate; Giotto, o Lorenzetti, o l’Angelico, hanno percorso questi stessi nostri sfondi, gli stessi colori che Andreuccetti imprigiona nella sua rete acquosa, osservando la tormentosa sopravvivenza degli ulivi, l’inquieto aggrovigliarsi del bosco col cespuglioso profilo della macchia, il morbido, femmineo dispiegarsi collinare delle groppe d’erba e d’argilla; il mutevole divenire della luce nell’ordine del giorno, dalle inconsistenze perlacee dell’alba all’indaco screziato di lapislazzuli che precede la notte, o in quello delle stagioni, ora verdi scintillanti di primavera, ora torpide d’ori estivi già screziati d’autunno, ora legnose, algide di nudità invernali. Anche Andreuccetti, come già gli innamorati del ‘paese dove fioriscono gli aranci’, gli insancabili acquerellisti del Gran Tour, o i paesaggisti inglesi persi nelle campagne romane tra pecore e rovine, ci guida in un viaggio tra i colori del tempo nella straordinaria varietà di uno spazio collinare dove il profilo giuridico dei confini si definisce con l’artificio grafico dei cipressi, dove l’avidità del possesso si stempera nell’armonia della forma, dove le ‘case da signore’ sono quasi meno belle di quelle ‘da lavoratore’. Così il suo pennello ci conduce, curioso, tra le calde vie di San Gimignano, rosse di storia o notturne di china, a ridosso di boschi a foglie di farfalla, nelle bluaggini temporalesche o nell’infinito verde dei campi giovani di grano. Con i suoi cromatismi egli riesce, assai meglio di quanto non sia possibile allo storico, ad evocare lo spessore del tempo insito nelle cose, il loro ucronico significato di compendio. Così grazie alla luce, prima tra le ‘opere’ della creazione – anche di quella artistica - egli esprime la sostanza immateriale della durata, la patina del divenire, l’essenza delle generazioni che quel tempo hanno attraversato e vissuto percorrendo gli stessi luoghi e guardando gli stessi colori. Anna Benvenuti (Università di Firenze)
Un’avventura di Cecco Angiolieri Presentazione di Sergio Micheli (Direttore del Centro Studi sul Cinema e sulle Comunicazioni di massa di Siena) per la storia “Un’avventura di Cecco Angiolieri” pubblicata a puntate su La Voce del Campo Con questo numero la Voce del Campo riprende a pubblicare in copertina una storia disegnata dal nostro bravo illustratore Alessandro Andreuccetti. Inutile dire quanto siano di livello le sue qualità di artista dal tratto sicuro e fluido; e quanto il valore dei suoi disegni sia stato legittimamente e unanimamente riconosciuto, a cominciare dal prestigioso Convegno Internazionale del Fumetto e del Fantastico di Prato, nel 1983, dove gli fu assegnato il prio premio con l’ormai mitico “Valze Viennese”. Era il periodo in cui il giovane disegnatore collaborava a “Mass Media Comics” e a “Fang”: due fanzine edite dal Centro Studi sul Cinema e sulle Comunicazioni di massa, dirette dal sottoscritto. Nonostante che il racconto su Salomè, pubblicato in copertina da La Voce del Campo, sia nato come fumetto, quindi leggibile senza intervalli di tempo, quadretto dopo quadretto, tuttavia esso non ha affatto sofferto della scansione a unità settimanali. La completezza e la cura che Andreuccetti ha profuso nel suo racconto hanno fatto sì che ogni “tessera” apparsa in copertina ha dato l’impressione di un’esecuzione compiuta e, in un certo senso, autoconclusiva. In effetti il suo stile si rivela piuttosto vicino ai classici del comic come Alex Raymond (Flash Gordon) o Harold Foster (Prince Valiant) i quali risentono di una cultura figurativa classica, piuttosto che nei confronti di quegli autori i cui moduli comunicativi appaiono mutuati dall’ormai invadente narrativa per immagini in movimento: il cinema e la TV. Così la nuova storia disegnata, che ha inizio dal presente numero de lA Voce del Campo, concepita, questa volta, a tavole a sé e non a quadretti a scansione ravvicinata, si presenta con tutte le carte in regola, e meglio di prima, per essere apprezzata volta a volta nel suo assieme iconografico. In quanto al tema che essa tratta, Andreuccetti non poteva fare una scelta migliore. Protagonista di queste tavole copertina, certamente da collezionare, in 15 puntate, è una personalità che rientra di prepotenza fra i grandi della storia e della cultura di Siena: Cecco Angiolieri. Ebbene, l’Andreuccetti ispirandosi ad una delle più giocose (e amorose) rime del poeta, riesce a ricreare, con l’efficacia del suo tratto e con la sua sensibilità, il mondo poetico dell’illustre senese proprio nel trasporre quel ricorrente “istrionico compiacimento della deformazione autobiografica”. Cecco, in questo, cerca di andare a donne (il che non è, come è noto, una novità). Ma vien percosso da un tizio e derubato (un po’ come appare rappresentato, ad opera di Memmo di Filippuccio, nella Torre Grossa a San Gimignano, il baldanzoso giovane una volta soddisfatte le sue
voglie amorose). Solo che Cecco qui conclude la sua avventura senza nulla di fatto in ossequio a quelle contrarietà del vivere quotidiano di cui l’originale poeta senese “dal gusto buffonesco, teatrale, parodistico”, si sentiva testimone e vittima. Anche quello di togliere a qualcuno la donna giovane e leggiadra (e lasciare agli altri le vecchie e laide), tuttavia rigorosamente al condizionale, resta per il biografo di sé una pura, amara illusione. Quella di Andreuccetti non è che una efficace, godibile testimonianza di tutto questo. E se il lettore apprezzerà e si divertirà, come è opinabile, mandi un ringraziamento al disegnatore, sì, ma anche a Mapi che ha fortissimamente coltivata e voluta l’originale idea. Sergio Micheli Salomè Presentazione di Sergio Micheli per la storia “Salomè” pubblicata a puntate su La Voce del Campo Sappiamo che è la tradizione popolare, per la precisione la cultura profana, a dare il nome di Salomè alla fanciulla cui fa cenno, senza alcuna precisazione, il vangelo di Marco e Matteo nell’episodio del martirio di Giovanni Battista. Attraverso il tempo sono poi le arti figurative (mosaici, bassorilievi, reaaffreschi, olii ecc.) che compiono il primo passo per dare corpo a questo personaggio. (Proprio Siena, fra gli altri, vanta due esempi straordinari: l’affresco di Pietro Lorenzetti nella Basilica dei Servi e il bassorilievo di Donatello nel fonte battesimale di san Giovanni). Poi è la volta della letteratura (v. i casi di Heine e Flaubert), della poesia (Eugenio de Castro), della l’imusica (Richard Strauss), quindi del teatro, a proposito del quale, viene subito in mente il dramma, appunto SALOME’, composto in francese da Oscar Wilde per Sarah Bernardt. E’ perfino il turno, in tempi più recenti, del cinema (memorabile il film di Dieterle con Rita Hayworth). E’ perciò una ricca e costante riproposta attraverso tante forme espressive e di approccio con il lettore, con l’osservatore, con lo spettatore che appare ritratto, senza sostanziali differenze, salvo quelle che concernono il mezzo e lo stile, lo sconcertante e affascinante personaggio chiamato Salomè. Ma non è tutto. Nell’epoca cosiddetta della civiltà delle immagini la bellissima figliastra di Erode, tetrarca di Giudea, assume un’altra forma. Ad opera di Alessandro Andreuccetti (le cui tavole hanno cominciato ad apparire in copertina de La Voce del Campo dal numero scorso e sono oggetto di collezione), essa si trasforma, questa volta, in eroina di carta per entrare nella casistica della letteratura per immagini proprio attraverso la mediazione del dramma wildiano. E’ la forma teatrale, infatti, che funziona da tramite diretto in questa versione di “spettacolo di segnato”. La struttura e il ritmo del racconto (risolti da Andreuccetti in quattro fasi, cioè “presentazione”, “primo sviluppo” o impostazione, “secondo sviluppo” o azione in crescendo o danza, infine “conclusione”)
sembrano richiamare da vicino le coordinate dal dramma di Wilde e, nello stesso tempo, addirittura la scansione, insita nel dramma stesso, tipica dello spettacolo musicale. Del resto l’interpretazione offerta in queste tavole di Andreuccetti:un’interpretazione comunque del tutto autonoma e assolutamente funzionale al medium fumetto, pare tenere presente altre caratteristiche dell’edizione teatrale, vale a dire (come osservò Praz proprio per la Salomè di Wilde), l’aspetto consolatorio rispetto a quello reale-orrorifico dovuto ad un modo di rappresentare scene e personaggi secondo un gusto che richiama lo stile arabesco-liberty, quindi lo shock della nudità che, fra l’altro destò molto scalpore e non poche perplessità nella puritana Inghilterra. Ma il nudo si addice a Salomè se si considera il significato che i corpi svestiti assumono in quel contesto e se si ha presente l’intensità e l’istintività delle sensazioni che suscita l’azione drammatica, libere da ogni freno inibitorio e “spogliate” di ogni pretestuosa remora di ordine comportamentale e morale. Sono 33 le tavole eseguite dall’esperta e felice mano di Alessandro Andreuccetti per illustrare il racconto di Salomè, ognuna autoconclusiva per il suo valore grafico espressivo quindi per il suo pregio compositivo. a, una volta poste in sequenza, settimana dopo settimana, ci si renderà subito conto come tali tavole diventino elementi pregevoli di un mondo testuale, il racconto, secondo una scorrevole scansione ritmica così da rendere il tutto assai piacevole e godibile. Sergio Micheli
Alessandro Andreuccetti es una persona afortunada. Nació en San Gimignano, una pequeña ciudad situada entre Siena y Florencia en la Toscana. San Gimignano es una ciudad varada en el tiempo en el que destacan sus altas torres, sus calles torcidas, sus plazas y sus fuentes todo aún con aspecto medieval.
La naturaleza artística de Alessandro florece en estos campos y en mañanas hermosas y tibias nos lleva con él para viajar por sus lugares secretos, llenos de misterio, mitos y rituales. Por sus colinas, valles y viñedos por caminos serpenteados, como surcos de rostros viejos por sus bosques de olivos y cipreses por donde corretean Artume y Februus por caseríos aún dormidos y cobijados con la niebla. En esta serie de veintiún imágenes que nos presenta Alessandro en este libro se plantea un concepto de abstracción como un medio de reflexión. Dicho concepto da importancia a sus componentes visuales; color, forma y textura. Estructurados de una manera formal, casi académica. Con pinceladas precisas desgrana imágenes como cuentas de un rosario. Su pintura se forma con el conocimiento de la herencia que redescubre y posee. Reconoce en él un sentimiento de memoria antigua. En cielos brillantes o entre las ramas desnudas de los árboles el viento parece estremecer el color, elemento clave para entender y comprender la obra de Alessandro, color que la lluvia escurre luego por las cortezas y raíces y luego hace correr entre los valles. Su obra se caracteriza por la aparente simplicidad de sus trazos que en sus paisajes transmiten vitalidad y dinamismo y que a la par permanecen inmutables. Apoyado en los materiales que utiliza atrapa las formas propias del sujeto-objeto, que no ya del detalle. Su pintura, como San Gimignano, es anacrónica. En el sentido de que sus paisajes pudieran ser los mismos que vieron y conocieron caminando Sebastiano Mainardi o Domenico Ghirlandaio. Las mismas sustancias. Los mismos colores. Su composición está estructurada con solidez como las torre Rocca di Montestaffoli, pero que no pierde en ningún momento la ligereza del aire toscano. Las técnicas que utiliza Alessandro para mostrarnos a su tierra, sol, aire y espacio son el carboncillo, la tinta, el gouache, la acuarela y el óleo. La temática, va y viene entre lo tradicional y lo contemporáneo vanguardista. Sus paisajes son básicamente rurales, pero no deja de mostrarnos también lo urbano. Las personas y animales, principalmente caballos, lo colocan dentro de una poesía visual pastoral. Su visión no se desborda, se contiene y eterniza. Nacer, crecer y disfrutar de una tierra que mana belleza y cultura. Comer, beber y respirar el aire compuesto por las almas de los grandes maestros renacentistas, nutrirse de esta leche y mieles de espíritus creadores hacen sin lugar a dudas de Alessandro Andreuccetti una persona afortunada.
Abel García Salinas. Santiago de Querétaro, Qro., México. Diciembre de 2011.
Alessandro Andreuccetti Alessandro Andreuccetti is an Italian painter and illustrator who employs acrylic paint, water-color, gouache and ink in his work, displayed on his website and blog. Some of his pieces careen towards the avant-guard, exhibiting conceptual and surreal qualities, but most of his artistic output is situated within the traditional framework of landscape, cityscape and people representation, where he strives to express himself in “new perfectly independent compositions.” In my opinion, he achieved his goal at least from one aspect: the illusion of space and volume, and in this review I would like to focus on how these features stand out in his haunting land and cityscapes. The artist’s creative approach to the empty areas on the surface he works with paradoxically enhances the perception of volume and space in the beholder’s mind’s eye. He concocts an engaging interplay between active and passive zones — and I particularly like the idea of selective passivity, where the nearly blank, discolored parts play a crucial role in enlivening the darker and apparently more substantial regions. This combination reminds me somehow of the negatives we see in photography, and, after a more careful examination, there is indeed something of the photographic negative in these landscapes. As a result, his artwork may be viewed with a double standard — but in the best possible meaning of the phrase. Consequently, the spring lightweight florals, the denser groves and the concrete structures, they all exhibit a reassuring sense of style and its technical opposite. Moreover, the artist even-handedly combines these themes, placing dainty buds near formidable buildings or deep inside wide landscapes. Slopes and curves, either imaginary or real, further emphasize the sense of space, particularly pastoral — even the cityscapes appear to be stifled by the approaching growth; perhaps this is why the buildings look so abandoned. On the other hand, the inhabitants might just have gone outside to enjoy the flora, and understandably so. To reiterate, the artist demonstrates adroit utilization and deep understanding of space, to the point of ability to manipulate it: to play and toy with it. He offers breathtaking vistas with an easy hand, and with an almost ironic, and somehow wise touch. He doesn’t tackle the theme, but rather approaches it carefully and assuredly, as if space itself were a frightened and alert wild antelope; he nets it with his brush and the concept behind it. The painter’s style impresses with both lightness and compositional range and solidity: he is a universal artist not only because of the multiple media he works with, but due to what he achieves with it as well. Elijah Shifrin http://artandcritique.com
Alessandro Andreuccetti: Tuscany Hills This series of landscapes commemorating the hills of Tuscany is most notable for the peculiar dynamics acted out by the trees. The artist achieves a powerful sense of movement through complex linear winding, but not only: almost every trunk, and sometimes branch, begins with one color but ends with another. The juxtaposition of hues, as well as directions of the main lines describing the trees, produces an effect of constant movement and change — and conflict. I think that the mobility of the growth is unusual and high enough as to mark it as the protagonist, an almost living character in the series. (I am not very fond of such formulaic conclusions, where the plot, or some other structural element is assigned the role of the principal actor, even though allegorically, but this time the comparison seems more than justified.) It is evident that the artist experiments with mediums, on the conceptual level, trying to figure out which befits most each and every season of the year. Though watercolor holds the stage, gouache plays an important second part, showing — or showing off — astonishing detail and depth and an oddly opaque iridescence of coloring, sometimes transcending to volume and space “swelling,” which endows the painted surface with a phantasmagoric dimension. It seems that gouache suits winter and autumn best (considering the artist’s style), excelling in reproducing the effects of subdued and diffused light. This is the first time I encounter professional gouache artwork, and I certainly hope not the last. The watercolors may at times seem unpredictable, and bubbly, in the most literal meaning of the word. The two purple paintings include bubbles in various forms, some reminding of defects appearing on old black and white films and daguerreotypes — here we are, back to photography again. Anyhow, either small or big, they conjure the ghosts of pointillism, but with an original twist. The final result amounts to several layers of color being superimposed, once again contributing to depth and varied rendering of space. In simple words, I think that what makes these paintings so interesting is that yes, we can look at the trees, — but we can also look between them. Though the artist’s original intention was to depict the hills in various seasons during the course of one year, he appears to have leaped back to much more distant eras. Some of the trees bear a resemblance to mesozoic tree-ferns. If it weren’t for the path dissecting the ground in one of the pieces, the illusion of ancient wilderness would have been perfect. But perhaps the artist was aware of that quality: the exotic viewing angles, and compositions involving close ups and panoramic views shake the onlooker up, in a very primitive (basic) and violent way, prompting associations with the dawn of civilization and the beginning of life on our planet. And thus, the series as a whole work as a kind of a force of nature — and, most of all, — of human nature. Elijah Shifrin http://artandcritique.com
Alessandro Andreuccetti: Human Angels or Angelic Humans? These drawings are a part of a fascinating series of nudes presented as angels. Actually, some of the depicted models do not possess wings, but the effortless synthesis of this characteristic divine feature with the human body where they do, causes the viewer to overlook this shortage when they don’t. In other words, the idea of the accretion becomes ingrained in our mind, and continues to affect our perception throughout the series. So powerful is this idea, that some notable effort is required to notice that the wings are missing; and after that, the drawing may seem deceptively incomplete. It’s as if the artist induces an unintentional optical illusion. He is unsparing in his choice of models and representation (physical defects in the form of folds of fat), but often incorporates dancelike motifs into the poses: the first step towards grace that redeems the defects, the second being the wings. Though at the first glance they may seem like an alien addition, even a farcical ridicule (in comparison with the traditional cherubs — gleeful, giddy children), I strongly tend towards the more compassionate and humanistic interpretation that the artist wanted to reveal the saintly side of the subjects. Perhaps they are seeking some sort of deliverance, or have already found it; either way, here the notion of sainthood and humanity becomes inseparable, and slightly awe-inspiring. But that is not to say that there is no humor, or self-referential irony in these sketches. I think that there is something very releasing in the freedom and ease with which the artist depicts physical imperfections — and that this is exactly what the models “are feeling.” They generally exhibit resignation and acceptance — suffering maybe — but not rebellion or resistance. They appear aware but irreverent of their flaws, which hence cease being flaws: probably the best known way to accumulate charisma and deliver its joyous effects to the beholder. The other funny streak is the formal technical resemblance to caricature. In some pieces, the genres intersect quite often, and eventually even the practice of discerning which is which becomes ironic. Finally, I would like to dwell on the theatrical element that transpires from the series, in various degrees. The subjects are usually positioned against an abstract background, sometimes a wall, or placed upon a pedestal. Had we combined this feature with the graceful movements, particularly of the legs, with the wings as props and with the expressive, dramatic gestures, a general suspicion would arise that we have been transported behind the scenes of a strange theater. Thus, the backstage would become the unifying concept behind the series. In turn, the sketch-book might reemerge as a monograph describing the venue and the actors — while this review could be seen as the accompanying text. Elijah Shifrin http://artandcritique.com
Consiglio regionale della Toscana Comunicato n. 107 del 30/01/2006 La Toscana di Andreuccetti a Palazzo Panciatichi Il Sindaco di San Gimignano Marco Lisi ha inaugurato, a Palazzo Panciatichi, la mostra di pittura “Tuscany Hills” di Alessandro Andreuccetti La tecnica? L’acquarello su carta lavorata a mano. L’ispirazione? Dai grandi maestri del passato, come Turner e Delacroix fino ai vedutisti inglesi ed italiani dell’800. L’elaborazione? Del tutto personale alla ricerca di paesaggi e figure da amalgamare in composizioni autonome. Il filtro “toscano” è, però, la caratteristica principale delle opere di Alessandro Andreuccetti che crea tele evocanti stati d’animo e sensazioni, nelle quali luci e colori giocano un ruolo di primissimo piano prescindendo dal soggetto scelto, sia esso una pineta versiliana o una stradina di campagna. “Le colline toscane – ha detto Andreuccetti- costituiscono il mio orizzonte e la mia tavolozza , il mio territorio di “caccia” e di esplorazione, così come lo furono per tutti quegli artisti ed intellettuali girovaghi che all’epoca del ‘Grand Tour’ scendevano in Toscana per restarne innamorati”. All’inaugurazione della mostra “Tuscany Hills” sono intervenuti il presidente del Consiglio regionale Riccardo Nencini e il sindaco del Comune di San Gimignano (Si), Marco Lisi. L’esposizione rimane aperta fino al 6 febbraio. (bb)