Collection 19 monarchie

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Primavera 2016 � 7,90

DAI ROMANI AL REGNO UNITO, L’EVOLUZIONE DELLA FORMA DI GOVERNO PIÙ ANTICA

MONARCHIE

Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR

I SOVRANI CHE HANNO GOVERNATO IL MONDO i 90 anni di età e i 64 sul trono della regina elisabetta • carlo magno e carlo V: nel nome di dio • il re sole • Borbone, asburgo e savoia • l’educazione di un principe • i re degli eccessi • sissi, la più bella del reame • l’ultimo atto di vittorio emanuele III • tutte le corone di oggi


er molti di noi i re sono personaggi da favola, protagonisti buoni o malvagi di avventure lontane nel tempo. Perché l’Italia ha smesso di essere un regno 70 anni fa, e oggi i Savoia sono perlopiù oggetto di studio a scuola o di gossip sui rotocalchi. Insieme a loro, l’ultimo secolo ha spazzato via anche altre monarchie. Eppure nel mondo vivono ancora decine di sovrani e la sola Elisabetta II d’Inghilterra domina da 64 anni sul Regno Unito e altri 16 Paesi. Oggi molti dei re che ancora siedono sul trono discendono proprio da quelle dinastie – dai Borbone agli Asburgo ai Windsor... – che nei secoli passati hanno fatto il bello e il cattivo tempo in Europa e oltre ancora. Questo numero di Focus Collection si muove in due direzioni. Ci aiuta a comprendere valori e simboli della monarchia anche nel mondo di oggi. E ci accompagna in un viaggio nelle regge che hanno dominato l’Europa. Re e regine rivivono attraverso le loro azioni e i giochi di potere, certo, ma anche gli errori, le debolezze, i dolori. Perché la vita era durissima per tutti e ai sovrani, unti o meno del Signore, non erano risparmiate malattie, morti premature, unioni infelici. Oltre agli obblighi della rigida vita di corte, male necessario della regalità. Emanuela Cruciano, caporedattore 6 LE

RAGIONI DELLA MONARCHIA

SIMBOLI

L’incoronazione di Carlo II Stuart (1630-1685), re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda.

SCALA

P

MONARCHIE

26 C’ERA

pag. 10

Re, prìncipi, imperatori: quando i libri di storia ci raccontano il passato, lo fanno attraverso le gesta dei sovrani. Ancora oggi la corona conserva un forte valore morale e simbolico. Uno storico esperto e appassionato ci spiega perché.

32 INSEGNE

pag. 26

10 UNA

LUNGA STORIA

I REGNI DEL MONDO

22 TEMPI

MODERNI

CON LA CORONA

Privilegi, giochi, castighi, capricci, intrighi. E metodi educativi che oggi fanno rabbrividire. La vita dei piccoli prìncipi che salivano al trono ancora fanciulli non era proprio una passeggiata.

Chi regna fuori dall’Europa? La “solita” Queen Elizabeth. Più una ventina di sovrani nei Paesi arabi e in Asia.

Anni duri per la corona spagnola, a caccia di credibilità dopo qualche brutto scandalo. Una sfida sulle spalle del giovane re e della sua famiglia.

REGALI

La maestà è fatta anche di simboli. Ecco i significati di quelli più importanti, dallo scettro al trono alla corona.

34 NATI

La monarchia è stata la forma di governo più usata nei Paesi occidentali. E resta la grande protagonista del nostro passato.

18 TUTTI

UNA VOLTA UN RE

Le origini e i tanti volti di un protagonista assoluto del potere dall’inizio della Storia a oggi: il monarca.

40 IL

pag. 34

LATO OSCURO

Costantemente al centro dell’attenzione, e al di sopra della legge, ai sovrani è stato (quasi) sempre permesso tutto. Anche gli eccessi più estremi. Che vi raccontiamo.

COPERTINA: LA REGINA ELISABETTA II, BETTMANN/GETTY IMAGES

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MONARCHIE 46 GOD

SAVE THE QUEEN

Ha 90 anni, di cui quasi 64 vissuti da regina. Ha superato in longevità di regno l’ava Vittoria e tutti i precedenti sovrani inglesi. Insomma, un monumento. Che il mondo omaggia.

54

98 SOVRANE

pag. 54

102 ALLE

RINASCIMENTO INGLESE

Nella seconda metà del ’500 la regina Elisabetta I fece dell’Inghilterra un centro di potere e cultura.

60 REGINA

DI CUORI

108 IL

NONNO DELLA COSTITUZIONE

In bilico tra ancien régime e idee liberali, Carlo Alberto di Savoia tentò di fare l’Italia. Lui fallì, ma non il suo Statuto.

pag. 88

114 ULTIMO

66 L’INVENTORE

DEL MEDIOEVO

120 IL

128 FEDERICO

FAVOLA SENZA LIETO FINE

Odiata perché regina di Francia ma di origine austriaca, fu travolta dalla rivoluzione del 1789. Ma chi fu davvero Maria Antonietta?

PRIMI SAVOIA

92 BENVENUTI

AL SUD

Nel 1734, con Carlo III, nasce la dinastia Borbone in Italia. E Napoli divenne una delle più belle capitali d’Europa.

4

L’UNICO

Gettò le basi della Grande Germania. Per alcuni, ispirando addirittura il Terzo Reich. Ma chi era davvero Federico II?

82 UNA

Sono stati re d’Italia per quasi un secolo. Ma che origini hanno i Savoia, una delle casate più antiche d’Europa?

MONARCA D’EUROPA

Nel Cinquecento si ritrovò sul capo più di una corona. Così Carlo V unificò mezza Europa in nome di Dio. E arrivò anche oltreoceano.

pag. 98

Luigi XIV volle riportare l’assolutismo nella monarchia. Anche a costo di imporre a ministri e cortigiani rituali imbarazzanti.

88 I

ATTO

Fu uno degli episodi più controversi del 1943: il frettoloso trasferimento di Vittorio Emanuele III nell’Italia del Sud.

Da re dei barbari Franchi a imperatore romano e leader della cristianità. L’incredibile ascesa di Carlo Magno.

SOLE DI FRANCIA

DUE CORTI

La vita privata, lo stile di governo e le idee nelle casate che a metà Ottocento guidavano il Regno di Sardegna e il Regno delle Due Sicilie.

pag. 66

L’impero della regina Vittoria era immenso, ma di lei ricordiamo la cuffietta, l’abito vedovile, la morale puritana imposta a tutti i sudditi e un certo gossip su un cameriere...

74 IL

D’ITALIA

È vero che Margherita mangiava il pollo con le dita? Aneddoti, fatti e curiosità sulle regine (ufficiali e non) dal 1861 al 1946.

134 L’IMPERATRICE

DEI LUMI

Nel Settecento riformò l’impero austriaco e fece di Milano una piccola Parigi. E dire che Maria Teresa nemmeno portava la corona.

pag. 128 pag. 140

140

SPECCHIO SPECCHIO DELLE MIE BRAME

Elisabetta d’Austria era ossessionata dalla bellezza. Diete, palestra e cure maniacali non erano mai abbastanza.

146 LETTURE


LE ALTRE CORONE

Chi regna FUORI dall’Europa? La “solita” Queen Elizabeth. Più una ventina di SOVRANI distribuiti nei Paesi arabi e in Asia.

Tutti i regni del

MONDO

L’

Europa non è la sola a poter vantare un nutrito numero di monarchie. Nel mondo ci sono ancora decine di Stati che fanno capo a un sovrano e i monarchi sono quasi una cinquantina. Di questi, meno di trenta governano in monarchie, ducati, principati o, addirittura, in una repubblica (quella sudafricana). Molti non hanno più un regno, qualcuno ne ha più di uno: la sola Elisabetta d’Inghilterra presiede su 16 Paesi del Commonwealth. La sovrana non solo è monarca di Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda, ma è anche formalmente regina dei Paesi Reami del Commonwealth delle nazioni e cioè: Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Giamaica, Grenada, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Tuvalu. La regina nomina un governatore generale che la rappresenti come capo di Stato de facto e con il compito di esercitare i poteri di un monarca costituzionale, con doveri di rappresentanza. Senza democrazia.Tutto “quello che resta” è concentrato in Asia ma soprattutto nei Paesi del Golfo Persico, dove regnano attualmente le monarchie più influenti, potenti e quasi sempre assolute. La tradizione democratica europea non ha attecchito infatti in questi Stati, in fondo estranei anche al concetto stesso di monarchia perché non appartiene alla tradizione politica islamica (per la quale l’unico re è Dio). «Quando si utilizza il termine democratico», spiega lo storico Franco Cardini, «ci si riferisce alla democrazia moderna, un prodotto di secoli di elaborazioni, soprattutto delle nostre borghesie. Qui siamo davanti a realtà costruite dagli occidentali, non a realtà arcaiche. E anche l’istituzione della monarchia è totalmente estranea all’islam. Queste cose se le sono inventate soprattutto gli inglesi, alla fine della Prima guerra mondiale, quando hanno indotto, se non obbligato, le varie tribù arabe che erano rimaste prive

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del governo del sultano ottomano di Istanbul, che dominava l’Arabia Saudita fino al 1918, a travestirsi da re all’occidentale. Li avevano scelti loro e sapevano benissimo che si trattava di sovrani tra le tribù più arretrate». Eppure sono proprio queste monarchie ad avere oggi un ruolo strategico sia politico (vista l’instabilità del Medio Oriente) che economico. Gli Stati bagnati dalle acque del Golfo Persico godono infatti di un’immensa ricchezza legata agli idrocarburi. Nel Golfo Persico. Gli Emirati Arabi Uniti, il Regno dell’Arabia Saudita, il Sultanato dell’Oman e l’emirato dello Stato del Qatar sono tutte monarchie assolute e siedono nel Consiglio di cooperazione del Golfo. Ne fanno parte anche Bahrein e Kuwait. Creata all’epoca della guerra Iran-Iraq, l’organizzazione, che aveva per scopo l’apertura di un mercato comune nel Golfo Persico, di fatto rappresentò il baluardo del polo sunnita per il contenimento dell’espansione dello sciismo iraniano e del ba’thismo iracheno nell’area. Gli Emirati Arabi Uniti sono una monarchia assoluta, formata da un gruppo di sceicchi della Penisola araba e composta da sette emirati: Abu Dhabi, Ajman, Dubai, Fujaira, Ras al-Khaima, Sharja e Umm al-Qaywayn. Il capo assoluto è lo sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahayan. Nel Regno dell’Arabia Saudita, Salman è sovrano e capo di Stato. Venticinquesimo figlio di Abdul Aziz al-Saud, fondatore del moderno Stato saudita, è salito al trono in ottemperanza alla legge araba mai scritta del “seniorato”, che prevede che alla successione sia chiamato il più anziano dell’unica famiglia che governa il Paese: il clan Saud. Il re e la nobiltà familiare esercitano il potere in maniera totalitaria, facendo del Paese una delle nazioni più conservatrici al mondo. In Arabia Saudita il sovrano ha anche il titolo di “Custode delle Due Sacre Moschee alla Mecca e a Medina” e la formazione di Salman è stata affidata ai più qualificati ulema, i dotti religiosi musulmani.


La coppia imperiale Akihito e Michiko GIAPPONE

Re Abdullah II, la regina Rania e i figli GIORDANIA

Re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck

Emiro Tamim bin Hamad al-Thani QATAR

GETTY IMAGES (4)

BHUTAN


VITA A PALAZZO

Privilegi, GIOCHI, castighi, CAPRICCI e intrighi dietro ai piccoli PRÌNCIPI che salivano al trono ancora FANCIULLI

ADULATO

L’omaggio della corte a Clodoveo II, re dei Franchi nel 639, ad appena 5 anni, in un dipinto dell’Ottocento. A governare furono la madre reggente e il maggiordomo di palazzo.


Nati con la

CORONA

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BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO

I

l suo primo vagito fu accolto con sollievo da tutto il regno. Era nata l’8 dicembre 1542, festività dedicata alla Vergine Maria e quindi una data di buon auspicio: sei giorni dopo, però, il re Giacomo V di Scozia fu assassinato, e Maria Stuarda era già orfana e regina lattante. Non fu la prima, né l’ultima volta che un infante entrava nella Storia. Prima di lei, tra gli altri, Valentiniano II, acclamato imperatore d’Occidente a 4 anni nel 375; Ottone III, re di Germania a 3 anni nel 983; Enrico VI di Lancaster, re d’Inghilterra a nove mesi nel 1422; Ivan IV (il futuro “Terribile”), signore del principato di Moscovia a 3 anni nel 1533. Eredità pesanti. Il destino eccezionale che li ha accomunati è riassunto nel motto che nella Francia medioevale salutava il passaggio della corona da un sovrano deceduto al suo successore: “È morto il re, viva il re”. Eppure non era sempre stato così. «La carica regia in origine era elettiva», spiega Maria Teresa Guerra Medici, storica del diritto. «Dall’ascesa al potere di Ugo Capeto, nel 987, che inaugurò la dinastia capetingia che regnerà sulla Francia (con interruzioni) per 800 anni, si affermò invece in Europa la successione ereditaria dal padre al primogenito, in contrasto con il principio dell’eguaglianza tra i figli. Il principale vantaggio era preservare il feudo eliminando liti e discussioni sulla designazione dell’erede». L’evenienza che l’erede al feudo (o al trono) fosse un lattante o ancora nell’età dei balocchi fu risolta ricorrendo a un antico espediente: la reggenza, fino alla maggiore età, affidata a un adulto nominato dal sovrano con una lettera o nel testamento (madre, nonna, zia, sorella, cugino). «La reggenza della madre, ispirata al diritto romano e al codice dell’imperatore bizantino Teodosio II (V secolo), riconosceva alla madre o alla nonna il ruolo di tutrice dei figli o nipoti minorenni, ed è


OLYCOM (3)

ELISABETTA II

Ha 90 ANNI, di cui quasi 64 vissuti da regina. Ha superato in longevità di regno l’AVA Vittoria e tutti i precedenti sovrani inglesi. Insomma, un MONUMENTO. Che il mondo omaggia

GOD SAVE THE QUEEN

D

ieci dinastie, più di cinquanta sovrani, 1.200 anni di vita... Il trono inglese può vantare la storia “reale” più longeva del mondo. A incarnare il senso della corona c’è oggi una signora novantenne (è nata il 21 aprile 1926) che ha superato nel suo lavoro da regina l’altra mitica sovrana inglese: Vittoria. Lo scorso 9 settembre Elisabetta superava infatti i 63 anni e 216 giorni di regno della popolarissima ava, diventando il sovrano con la più lunga anzianità di servizio nella storia della Corona britannica. Ma in perfetto stile Elisabetta, il 9 settembre scorso è stato un business as usual, un giorno di lavoro come gli altri. In compagnia del marito, il principe Filippo, la regina è salita a bordo di un treno a vapore, riabilitato dopo quasi mezzo secolo, per inaugurare la linea ferroviaria che attraversa i paesaggi scozzesi resi celebri dallo scrittore Walter Scott. La coppia ha lasciato la stazione di Waverley a Edimburgo per discendere verso il villaggio di Tweedbank seguendo un bucolico itinerario di 48 chilometri. All’arrivo Elisabetta ha ringraziato così chi le aveva manda46

FOTO DI FAMIGLIA

Sotto da sinistra, nella prima foto, del 1951, nell'ordine: Carlo, la Regina madre, la sorella Margaret, il marito Filippo, il padre Giorgio VI, Elisabetta e, nella carrozzina, la figlia Anna. Qui sotto, nel 1928, a due anni, nella stessa posa dei puttini raffaelleschi ai piedi della Madonna Sistina. Sotto a destra, nel 1945, Elisabetta ripara il motore di un mezzo militare. In guerra era nel Servizio ausiliare territoriale, dove fu addestrata come autista.

to messaggi di auguri: «È un primato a cui non ho mai aspirato... Inevitabilmente una vita lunga passa attraverso molte tappe fondamentali e la mia non fa eccezione». A Londra, le campane dell’Abbazia di Westminster hanno suonato per la ricorrenza, ma la festa vera sarà quest’anno: tre giorni di celebrazioni dal 10 al 12 giugno, quando lo storico traguardo sarà abbinato ai festeggiamenti per il 90° compleanno della sovrana. Nel culto di Vittoria. Il 6 febbraio del 1952, 115 anni dopo l’incoronazione della regina Vittoria, una donna tornò a salire sul trono di Gran Bretagna, con un nome, Elisabetta, portato per prima dalla famosa figlia di Enrico VIII nel XVI secolo. Pur avendo regnato in epoche storiche così diverse, Vittoria ed Elisabetta II, secondo la storica inglese Jane Ridley, hanno molto in comune: «Il carattere di entrambe è stato plasmato dall’essere regina. Chi altro continua a lavorare fino a 90 anni, all’apparenza senza lamentarsi e col sorriso sulla bocca, e senza poter andare in pensione?», si è chiesta la Ridley, autrice tra l’altro del libro Victoria: Queen, Matriarch


IERI E OGGI

(Empress). Secondo calcoli del quotidiano inglese The Telegraph, Vittoria fu sovrana per 23.226 giorni, 16 ore e 23 minuti e sotto il suo regno l’Impero britannico raggiunse il momento di massima espansione: si estendeva su un quarto delle terre emerse. In quei 64 anni il British Empire era incredibilmente accresciuto, la flotta militare e mercantile vantava il primo posto nella graduatoria mondiale e, in quell’era di prosperità, sostenuta da un’estrema intransigenza nella morale e nei costumi, la casa regnante era riuscita a stendere un velo sui trascorsi poco edificanti dei precedenti sovrani. A Elisabetta, invece, è toccato traghettare il regno negli anni della dissoluzione dell’impero. Ha firmato i decreti di indipendenza di 38 colonie per assistere alla nascita del Commonwealth britannico (organizzazione intergovernativa degli oltre 50 Stati dell’ex impero). In un mondo, quello del secolo scorso, di grandi e rapide trasformazioni, ha dovuto anche fronteggiare due sfide di non poco conto per la monarchia: le fatiche della ricostruzione dopo le miserie e le angosce della guerra; e le provocazioni del ’68, con un’intera generazione sul sentiero di guerra contro simboli e modi del passato. La fiaba comincia. Nel mese di ottobre del 1951, in occasione di un viaggio in Canada e negli Stati Uniti, l’allora principessa Elisabetta incontrò il presidente degli Stati Uniti d’America, Harry S. Truman, che commentò dopo averla incontrata: “Quando ero piccolo leggevo le storie di una principessa fatata. Esiste davvero”. Quattro mesi dopo Elisabetta diventava regina. Si trovava in Kenya quando dovette rientrare in patria richiamata a casa dalla morte di suo padre Giorgio VI.

GETTY IMAGES

CAMERA PRESS /CONTRASTO

A sinistra, 1947: la principessa sposa Filippo, allora principe di Grecia e Danimarca. L’abito è in raso avorio, con 10mila perle cucite sopra. Qui a sinistra, la regina durante le celebrazioni del 9 settembre 2015.


POTERE TOTALE

Luigi XIV volle riportare l’ASSOLUTISMO nella monarchia. Anche a costo di IMPORRE a ministri e cortigiani RITUALI imbarazzanti

Il S LE di Francia

P

arigi, 23 febbraio 1653. Nella residenza reale del Louvre è in programma il Ballet de la nuit, una specie di rave party di corte: dal tramonto all’alba saranno inscenate coreografie ispirate al mondo dell’antica Grecia. Piatto forte dell’esibizione è la performance del dio Apollo (protettore delle arti e cocchiere dell’astro solare), interpretato per l’occasione da un ragazzino abile nella danza e con un nome che pesa: Luigi XIV di Borbone, erede designato al trono di Francia. Il giovane indossa un appariscente costume a forma di Sole, e per farlo ha due valide motivazioni: la prima è che tale veste ben si addice al personaggio di Apollo; la seconda, come scriverà egli stesso, è che “il Sole, per lo splendore che lo circonda, per la luce che comunica agli altri astri […] per il bene che produce ovunque […] è certamente la più viva e più bella immagine per un grande monarca”. Re bambino. «Grande, Luigi XIV lo fu veramente», conferma lo storico Roberto Moro, già docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Milano. «Soprattutto se si pensa alla capacità che ebbe di teatralizzare il proprio potere, tanto da farne un geniale strumento di comunicazione politica». Il “genio coronato” in questione era nato il 5 settembre 1638 a Saint-Germain-en-Laye, un piccolo borgo alle porte di Parigi. Figlio di Anna d’Austria (un’Asburgo) e del re francese Luigi XIII (un Borbone), alla morte di questi (il 14 maggio 1643) ereditò il trono. 74

Avendo il re appena 5 anni, le leve del comando andarono alla madre, affiancata nel compito dal primo ministro, il cardinale Mazarino. «Era quest’ultimo a esercitare il grosso del potere», spiega Moro. «Ma la gestione del governo da parte di ministri forti non era certo una novità nella monarchia francese. Lo stesso Luigi XIII aveva avuto al fianco il potentissimo cardinale Richelieu, che finì per esercitare quasi più potere del sovrano». La politica di Mazarino, improntata al motto “più tasse per tutti”, portò nel 1648 alla rivolta di alcuni esponenti del Parlamento parigino. Quest’ultimo, nato nel XIII secolo, era al tempo una corte di giustizia, con alcuni poteri amministrativi, che poteva opporsi agli editti regi. Ai “parlamentari” si unirono larghe frange del popolo, che manifestarono la loro rabbia a colpi di “fronda” (la fionda, da cui il nome del movimento) costringendo la corte alla fuga da Parigi. «Per il piccolo Luigi fu un vero trauma», racconta Benedetta Craveri, storica della letteratura francese e studiosa dell’ancien régime. «L’esperienza della fuga si impresse a fuoco nella sua memoria e soprattutto lo convinse della necessità di governare il Paese con il pugno di ferro». Rientrata la corte a Parigi, scoppiò una seconda rivolta della Fronda. In rotta di collisione con Mazarino e il piccolo sovrano furono stavolta i nobili, dei quali Luigi aveva una pessima opinione: “Il difetto della nobiltà è di essere piena di usurpatori […] con titoli ottenuti per denaro e non

A CAVALLO

Ritratto equestre di Re Luigi XIV (1638-1715) di René-Antoine Houasse.


GETTY IMAGES


DINASTIE

Sono stati RE D’ITALIA per quasi un SECOLO. Ma che origini

I

n principio fu un Umberto, come alla fine. Nella storia dei Savoia c’è un “fattore U” che sembra destinato a segnarne i momenti chiave. Umberto II fu l’ultimo sovrano sabaudo, il “re di maggio” finito in esilio nel 1946. Ma anche il capostipite del casato si chiamava così: era un conte di 10 secoli fa, che usava firmarsi Umbertus Comes e che ai posteri è noto col soprannome di Biancamano. Come sia finita la storia dei Savoia, compresi gli ingloriosi infortuni giudiziari di pochi anni fa, è noto. Ma come cominciò? Si dice che... Dell’Umberto capostipite si favoleggia molto ma si sa poco. Certo è che nacque alla fine del primo millennio; che morì poco prima del 1050; che fu vassallo dei re di Borgogna; che ebbe quattro figli maschi, due dei quali diventarono vescovi a Lione e a Sion; che controllò diversi territori a nord-ovest delle Alpi, fra cui la Maurianne (una valle oggi francese che dal Moncenisio scende a Chambéry) e lo Chablais (una regione ora svizzera che si stende fra il Gran San Bernardo e il Lago di Ginevra). Il resto è tutto affidato ai “si dice”, compreso il motivo del nomignolo Biancamano, che sarebbe nato per colpa di un distratto scrivano del ’300: mentre copiava un testo che parla-

I PRIMI

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hanno i Savoia, una delle casate più ANTICHE d’Europa?

AVANTI, SAVOIA!

Sotto, il reggimento “Savoia Cavalleria”, nelle divise storiche, festeggia il suo bicentenario (1892). A sinistra, Umberto I Biancamano di Savoia (970-1048). in un’incisione del Settecento.

va di Umbertus blancis moenibus (cioè “dai bianchi castelli”) avrebbe trascritto blancis manibus. Molti “si dice” circondano anche l’origine dei primi feudi sabaudi: il più fantasioso accenna a un premio che il presunto padre di Umberto, tale Beroldo, si sarebbe guadagnato vendicando una storia di corna, in cui era parte lesa l’imperatore Ottone II. Gustosissimo è il racconto che un agiografo del ’400, Jean d’Orville, detto Cabaret, fece dell’“impresa” di Beroldo. Il quale, entrato nella camera dell’imperatrice per cercare un anello perduto nel letto dal sovrano (suo zio), tastò sotto un cuscino, ma invece del gioiello trovò una barba. Il resto seguì a ruota: uccisione del titolare della barba, stessa sorte per la sua nobile amante e premio al giustiziere. Dalla Borgogna. Che cosa c’è di vero in tutto ciò? «Niente», taglia corto Alessandro Barbero, docente di Storia medievale all’Università del Piemonte Orientale. «In realtà», spiega, «dai pochi documenti esistenti possiamo dedurre che i primi Savoia erano funzionari del regno di Borgogna, uno degli Stati in cui si era frantumato l’impero di Carlo Magno. Pian piano, questi funzionari acquistarono autonomia sfruttando la crisi del potere centrale. La leggenda di Beroldo fu inventata a poste-

riori, come altre, per dare lustro alla dinastia vantando lontane ascendenze imperiali». Comunque siano nate le loro fortune, certo è che i “signori della Maurianne” avevano poco in comune coi futuri re d’Italia. Non capivano l’italiano: Umberto Biancamano scriveva in latino e parlava in francese, lingua ufficiale fino a metà ’500. Nessuno di loro, poi, usava come stemma lo scudo crociato sabaudo, adottato solo nel ’200: il primo simbolo araldico della dinastia era un’aquila nera su fondo oro, simile alla bandiera usata secoli dopo dall’Impero austro-ungarico. Nessuno dei primi Savoia poteva immaginare che i suoi eredi avrebbero regnato sulla Penisola. L’unico che allora aspirava a tanto era il marchese Arduino di Ivrea, che nel 1002 si incoronò re d’Italia, ma si attirò le ire sia del papato sia dell’impero, finendo sconfitto. Concreti. Biancamano e parenti avevano ambizioni più terra-terra: stavano arroccati nelle loro valli di montagna, che davano poco lustro ma rendevano molti quattrini, perché chi passava dai valichi del Nord-Ovest doveva pagare congrui pedaggi. Presto però gli interessi di famiglia si allargarono a sud. Artefice della svolta fu una donna, Adelaide di Susa (1015 ca.-1091), che nella storia sabauda

ALINARI

SAVOIA

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SOVRANI ILLUMINATI

L’imperatrice dei LUMI Q

uando provò per la prima volta una corona, fece ridere tutti: quell’ambìto simbolo di potere, creato per teste maschili, era troppo largo per una donna. E le scivolava sulle sopracciglia. Perciò lei, durante il banchetto dell’incoronazione, contro ogni protocollo si levò l’ingombrante diadema e lo depose sulla tavola, tra bicchieri di tokaj e ciotole di gulash. La scena si svolgeva il 25 giugno 1741 a Budapest: la corona era quella di Santo Stefano, che dal ’200 in poi era stata di tutti i re d’Ungheria. Dopo quel primo copricapo regale, Maria Teresa d’Asburgo (1717-1780) ne indossò altri: fu regina di Boemia, di Croazia e di Slavonia; fu arciduchessa d’Austria e di Toscana nonché duchessa di Milano e di Parma-Piacenza; ma soprattutto fu imperatrice, cioè la monarca più potente d’Europa, cui tutti gli altri sovrani dovevano rispetto. E a sorpresa trasformò il suo impero, già roccaforte tradizionalista, in uno dei regimi più avanzati della storia del continente. Tutto ciò fece dell’imperatrice un mito senza se e senza ma, fin da subito. Paolo Frisi, scienziato illuminista lombardo, già nel

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1783 scrisse un Elogio di Maria Teresa imperatrice, in cui si leggeva: “Dagli studi che aveva potuto fare non avea ricavato solo l’eleganza di parlare e di scrivere, l’erudizione, l’intelligenza dei diritti sovrani; ne avea ricavato una vera stima per le scienze, per le lettere, per le belle arti e per quelli che le coltivavano, ne avea sentito l’importanza e l’utilità per lo Stato, ne avea presa una stabile, uniforme e benefica protezione”. Progressista. Dall’Elogio di Frisi sono passati molti anni e nel frattempo il verbo avea ha preso una “v” in più. Ma l’effetto di quella regina illuminata si sente tuttora: senza Maria Teresa, Milano non avrebbe la Scala, l’Italia non conoscerebbe la parola “catasto” e il mondo non saprebbe nulla di pile elettriche e di fecondazione artificiale. Fu infatti l’imperatrice austriaca a commissionare a Giuseppe Piermarini il teatro milanese. Fu lei a sostenere Lazzaro Spallanzani, che per primo fecondò in vitro delle uova (di rospo), e Alessandro Volta, padre della pila. E fu ancora lei a volere che tutte le proprietà della Lombardia (allora austriaca) fossero censite e stimate in un apposito archivio statale, il catasto. Va detto che il lavoro era iniziato con suo padre, ma si era

SIGNORA DI MILANO

Maria Teresa d’Austria (a destra, la sua firma) e, in basso, Milano in una stampa del ’700. L’imperatrice la rimodernò.


SELVA/LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

Nel SETTECENTO riformò l’impero austriaco e fece di MILANO una piccola Parigi. E dire che MARIA TERESA nemmeno portava la CORONA


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