Focus Storia N. 136 Febbraio 2018

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n° 136

MENSILE – Austria, Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna � 8 - MC, Côte d’Azur € 8,10 - Germania � 11,50 - Svizzera CHF 10,80 - Svizzera Canton Ticino CHF 10,40 - USA $ 11,50

Febbraio

CHI LI HA

UCCISI?

DA GIOVANNA D’ARCO A HITLER I GIALLI MAI RISOLTI DI MORTI CELEBRI

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Sped. in A.P. - D.L. 353/03 art.1, comma 1, DCB Verona

CHURCHILL

LA VITA PRIVATA E POLITICA DELL’UOMO CHE SALVÒ L’EUROPA

DIAVOLI DELL’EST

GLI UNGARI, GIUNTI DALL’ASIA PER TERRORIZZARE L’EUROPA

VIAGGI NEL TEMPO QUANT’ERA SCOMODO (E PERICOLOSO) SPOSTARSI NEL SEICENTO


Febbraio 2017

focusstoria.it

Storia GETTY IMAGES

136 S

e vi siete chiesti chi è il giovanotto dal profilo perfetto che in copertina fiancheggia Adolf Hitler e Giovanna d’Arco, a pagina 62 trovate la risposta. In effetti il diplomatico inglese Benjamin Bathurst è un personaggio sconosciuto ai più, che però durante le guerre napoleoniche ricoprì un certo ruolo visto che contribuì a riportare Vienna dalla parte di Londra in funzione antifrancese. Ma fu soprattutto la sua misteriosa scomparsa, mentre attraversava la Germania per tornare in patria, a incuriosire i cronisti e appassionare i contemporanei: chi aveva ucciso Benjamin? E dov’era finito il suo corpo? La fine misteriosa del funzionario di Sua Maestà in missione segreta non è certamente l’unica morte inspiegata a tingere di giallo i libri di Storia. A partire da Alessandro Magno, passando per Montezuma e Mozart per arrivare ovviamente a Hitler, la cui possibile fuga dal bunker riaffiora periodicamente, sono molti i delitti e le sparizioni che né la storiografia tradizionale, né, a volte, i “detective dell’aldilà” raccontati da Maria Leonarda Leone a pagina 34, riescono a spiegare. Jacopo Loredan direttore

RUBRICHE

4 FLASHBACK

6 PAGINA DEI LETTORI

8 NOVITÀ & SCOPERTE

12 MICROSTORIA 72 DOMANDE & RISPOSTE 75 COLD CASE 112 AGENDA

CI TROVI ANCHE SU:

In copertina: Bathurst, Hitler e Giovanna d’Arco.

IN PIÙ... ANTICHITÀ 14 Regni ellenistici Dopo la morte di Alessandro Magno.

PERSONAGGI 20 Winston Churchill Grazie a lui, gli inglesi non si arresero.

QUOTIDIANA 24 VITA Amore sul Nilo

E se Giulio Cesare (nel quadro la scena del delitto) avesse “scelto” di farsi assassinare?

Sesso e vita di coppia nell’antico Egitto.

MORTI MISTERIOSE 34 Detective dell’aldilà

Nei laboratori dei superscienziati che indagano sui cold case.

40 Strani suicidi

Salvador Allende, Van Gogh, Ludwig: si sono davvero uccisi?

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Hitler latitante?

Il Führer non si suicidò: fuggì e visse (a lungo) in Sud America. Forse.

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Scheletri nell’armadio

Due fratellini figli di re, uno zio ambizioso, la Torre di Londra...

54 Missing

Che fine ha fatto Ettore Majorana, il ragazzo di via Panisperna.

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Nel triangolo maledetto

All’origine della leggenda, cinque aerei spariti nell’oceano 72 anni fa.

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Inghiottito dalla notte

L’inspiegabile scomparsa di Benjamin Bathurst.

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Morti illustri

A volte dietro la fine dei grandi c’è più di un mistero.

SOCIETÀ 28 Viaggi da incubo Per le strade del ’600.

SOCIETÀ 78 L’isola del diavolo L’inferno? Una prigione nella Guyana francese.

82 IRINASCIMENTO Medici Segreti di famiglia.

86 IMEDIOEVO cavalieri

dell’Apocalisse Gli Ungari in Europa.

92 VISUALE Speranza e

Rivoluzione Arte o propaganda?

GRANDI TEMI 98 Trono di sangue Le guerre carliste.

NOVECENTO 104 Islanda

Invasa “a fin di bene”.

STORIE D’ITALIA 108 Extra large

I fratelli giganti. 3

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PERSONAGGI La vita del grande statista britannico. In occasione dell’uscita del film L’ora più buia, che racconta come persuase gli inglesi a non arrendersi quando tutto sembrava perduto.

CHURCHILL L’UOMO CHE CI SALVO DA HITLER

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spesso a frutto le proprie brillanti doti di oratore anche in Parlamento, sia per perorare le proprie cause sia per scopi meno nobili. “Winston, se tu fossi mio marito ti metterei del veleno nel caffè”, gli disse durante uno dei loro vivaci scontri politici la rivale Nancy Astor. E lui fulmineo: “Nancy, se tu fossi mia moglie, lo berrei!”.

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ra il 1881: già a sette anni, vestito alla marinara in posa davanti al fotografo, sfoggiava quella sua tipica espressione ostinata e arrogante. L’espressione di un uomo capace di rifiutare l’incontro col re d’Inghilterra per non saltare il riposino pomeridiano. Eppure, nonostante le sue fisime, le sue scelte controverse e l’impietoso parere degli avversari, che lo consideravano egocentrico, inaffidabile e opportunista, il due volte primo ministro del governo britannico Winston Churchill ha resistito a qualsiasi urto. E a più di mezzo secolo dalla sua scomparsa rimane ancora, nel bene e nel male, uno degli statisti più amati d’Inghilterra, oltre che uno dei più importanti protagonisti delle vicende storiche e politiche del XX secolo. Il segreto del suo successo? Soprattutto uno: la tenacia con cui affrontò e vinse la guerra contro Adolf Hitler. Churchill era stato l’unico, tra i parlamentari britannici, a manifestare preoccupazione fin dai primi anni Trenta per l’affermarsi del regime nazista in Germania. E a maggio del 1940, poco dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, toccò a lui decidere le sorti del proprio Paese: accordarsi col nemico o combatterlo? Neanche a dirlo, il neoeletto primo ministro optò per la seconda soluzione, annunciando con fierezza: “Noi non ci arrenderemo mai”. I suoi discorsi, trasmessi alla radio, furono decisivi nel sostenere il popolo britannico durante il conflitto, ma Churchill mise

Cheese!

Winston Leonard Spencer Churchill (1874-1965) a 7 anni, vestito da marinaretto. Nell’altra pagina, nell’agosto del 1941 Churchill saluta la folla radunata davanti al n. 10 di Downing Street, sede del governo britannico. Era premier dal 10 maggio 1940.

INDISCIPLINATO. Da ragazzo, il padre lo aveva indirizzato alla carriera militare ritenendolo troppo stupido per fare l’avvocato. E da adulto il figlio non fu meno sferzante: “Era come Dio: sempre impegnato altrove”, scrisse nella sua biografia. In effetti l’aristocratico lord Randolph Churchill, autorevole esponente del partito conservatore, fu un genitore assente. Proprio come sua moglie, l’americana Jessie Jerome (figlia del facoltoso proprietario del New York Times). Per capire come mai il loro primogenito fu un alunno indisciplinato e indisponente, che, pur eccellendo in storia e lingua e letteratura inglese, fece fatica a entrare nel collegio militare di Sandhurst (1893), basta un po’ di psicologia spicciola. Ma solo i segreti della genetica possono spiegare perché, ormai ventenne, Winston si trovò a seguire le tradizioni familiari, dedicandosi, prima che alla politica, al giornalismo, come reporter di guerra da Cuba, India e Sudafrica. Proprio la celebrità ottenuta con il racconto della sua rocambolesca fuga dalle prigioni boere (1899) gli garantì, 



ANTICHITÀ Come si amavano e si sposavano le coppie dell’antico Egitto? Ce lo racconta un giornalista d’eccezione, Alberto Angela, che agli Egizi ha dedicato il primo libro di una collana in edicola proprio in questi giorni.

AMORE SUL NILO

“L’

amore che io bramo sta al di là del fiume. Acque turbolente ci separano, un coccodrillo si cela nelle secche. Io salto dentro il fiume e comincio a guadarlo. Non ho paura dell’acqua profonda, non temo neppure il coccodrillo”. Se dobbiamo giudicare sentimenti e immaginario amoroso a partire da questa poesia, viene da pensare che, a parte la presenza dei coccodrilli, i problemi e gli aneliti del cuore sono proprio gli stessi da millenni. L’ostacolo rappresentato dal guadare il Nilo e la voglia di superarlo, l’inafferrabilità del proprio amato e allo stesso tempo la possibilità di conquistarlo: tutti sentimenti che conosciamo molto bene. Il mondo che descrivono questi papiri che sono stati ritrovati negli anni è un mondo di amanti sempre alla ricerca di luoghi in cui appartarsi, di donne che seducono e si lasciano corteggiare e uomini che propongono incontri erotici in modo singolarmente casto e delicato.

PARITÀ DEI SESSI, O QUASI. Confrontando la letteratura erotica degli Egizi con quella dei Greci e dei Romani, abbiamo una sorpresa: nel Paese del Nilo esisteva un’iniziativa femminile in amore e anche un’immagine della donna seducente e aggressiva. Non disdegnava di giocare con l’uomo prendendo le redini del corteggiamento. Una rappresentazione letteraria che sembra corrispondere a un ruolo sociale della donna più rilevante che in altre società 24

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moglie legittima. Inoltre, la moglie era chiamata all’assoluta fedeltà nei confronti del marito. Il quale al contrario aveva il diritto – e non solo per procreare – di dotarsi di una o più amanti che soddisfacessero ogni suo desiderio.

del passato. La donna egizia godeva di personalità giuridica, poteva stipulare contratti così come possedere delle proprietà, e poteva lavorare ricevendo lo stesso trattamento economico previsto per un uomo. Tuttavia le disparità fra i sessi c’erano, eccome. Nel caso in cui una donna sposata non fosse riuscita ad avere figli, la sposa non solo ne portava la colpa ma era obbligata a procurare una concubina al marito, per poter garantire la progenie. Spesso costei era una schiava il cui figlio, o i figli, dovevano obbligatoriamente essere adottati dalla

A NOZZE. Il matrimonio era la condizione naturale in ogni città o villaggio egizio e prevedeva la formazione di una “famiglia nucleare”: un uomo, una donna, dei figli. Il motivo è innanzitutto pratico: la legge proteggeva la moglie e i figli e bisognava essere davvero ricchi per poter mantenere diverse consorti con relativa prole. Ricchi come un faraone... Infatti la poligamia era prerogativa esclusiva delle classi più agiate e della famiglia reale. Matrimoni d’amore o combinati? Difficile dirlo: i reperti aiutano tutt’al più a comprendere che era d’uso chiedere il permesso ai genitori (più verosimilmente solo al padre) prima di sposarsi. Così come nelle società occidentali, fino a pochi decenni fa, lo sposo andava a chiedere al padre della sposa la mano della figlia. Prassi che però cambiò a partire dalla XXVI dinastia, quando si iniziano a trovare iscrizioni che testimoniano importanti cambiamenti di costume, con veri e propri contratti matrimoniali in cui sia l’uomo sia la donna esprimono il loro personale desiderio di sposare la persona amata. UN BEL MASCHIETTO! Ma qual era l’età giusta per sposarsi? Presto, secondo la convinzione comune.


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Tête-à-tête

Si suppone che la coppia reale raffigurata a lato sia formata da Smenkhara (XVIII dinastia) e Merytaton. Nell’altra pagina, dettaglio dalla tomba di Thutmosis IV: Hathor (dea dell’amore) offre al faraone l’ankh, simbolo di vita.

L’aspettativa di vita nell’antichità non era certo paragonabile alla nostra. Meglio accasarsi presto per, dicono molte iscrizioni, “partorire un figlio maschio” che, come in quasi tutte le società (non solo quelle antiche), era considerato preferibile rispetto alla nascita di una bambina. Il momento di guardarsi attorno alla ricerca di un coniuge, sia per l’uomo sia per la donna, coincideva quindi con l’ingresso

nella pubertà. Nell’influenzare la scelta, non mancavano anche valutazioni di tipo economico: era bene trovarsi un marito con una posizione in società e un reddito il più possibile solido, prima di fare il grande passo. Esistono documenti che testimoniano matrimoni tra uomini molto anziani e donne molto giovani, ma normalmente gli sposi erano fra loro più o meno coetanei. E, soprattutto, provenivano

dallo stesso ceto sociale. Sposare una schiava, per esempio, nel caso di un uomo libero era equiparabile al concubinaggio, visto che gli schiavi non avevano il diritto di contrarre un matrimonio legale. Per la verità non si andava quasi mai a cercare molto lontano: i matrimoni, soprattutto nelle classi popolari, avvenivano spesso fra parenti, come cugini o fra zii e nipoti, ma quasi mai  25

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VITA QUOTIDIANA Nel Seicento viaggiare era rischioso, caro, faticoso e scomodo. Lo raccontano i giramondo dell’epoca nei loro diari.

C Un produttore di valigie con la sua merce in un’incisione dell’epoca. In alto, l’ingresso dell’ambasciatore olandese Adriaen Pauw a Münster, durante la Guerra dei trent’anni (1618-1648). 28

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Armi e bagagli

ome vi sentireste se, per raggiungere un’altra città, invece di prendere un aereo foste costretti a passare giorni e giorni su un carro o sopra un cavallo tra continue scomodità, in pessime condizioni igieniche e con il terrore dei briganti? Male, senza dubbio. Eppure era così che si viaggiava nell’Europa del Seicento, se non peggio. Ce lo raccontano tutti i diari e le lettere dei giramondo dell’epoca, raramente esagerati nel descrivere l’infinita fatica di spostarsi.

A OGNUNO IL SUO. I motivi per cui si viaggiava nel XVII secolo erano tanti, ma il puro relax (la vacanza, per intenderci) non era contemplato. Proprio


VIAGGI

DA INCUBO

come oggi, ci si spostava soprattutto per lavoro. Diplomatici o commercianti per esempio. Il viaggiatore-scrittore Francesco Carletti, rampollo di un’antica famiglia di mercanti fiorentini, fece per primo il giro del mondo a scopi commerciali (vendeva schiavi). Anche i soldati, accompagnati da mogli, fidanzate e prostitute, erano costretti a spostarsi per seguire il proprio esercito. Per loro però erano il più delle volte viaggi di sola andata: nel 1601 l’inglese Lord Mountjoy, ufficiale al servizio della regina Elisabetta I, scrisse che “di costoro, una volta partiti per questo viaggio, più di tre su quattro non sono mai più tornati”. Meno rischiosi, ma mai tranquilli, erano gli itinerari dei missionari, dei pellegrini, degli studenti universitari “fuori sede”

e di chi cercava nelle stazioni termali la cura ai propri malanni. E poi c’era il viaggio per eccellenza, il Grand Tour, una sorta di lunga vacanza-studio per i giovani aristocratici dell’epoca. Sebbene l’espressione compaia per la prima volta nel 1670, il Grand Tour era già un’abitudine consolidata da decenni, così come consolidata era la sua meta prediletta: l’Italia, patria del bello e della classicità.

CON OGNI MEZZO. Ma come si viaggiava? A giudicare dalle vie di comunicazione dell’epoca, non troppo bene. Il meglio che gli Stati europei avevano da offrire erano le antiche arterie romane, a malapena conservate dopo secoli di incuria. Altrimenti bisognava

accontentarsi di minuscoli sentieri coperti d’erba, fangosi se pioveva, invisibili se nevicava. Eppure, per quanto tragica fosse la situazione, i governanti non si preoccuparono del miglioramento delle strade fino al Settecento. Un tantino più comode erano invece le vie d’acqua, ma con le dovute distinzioni: mentre la navigazione marittima, vuoi per i ritardi delle navi, vuoi per l’assenza di vento, poteva richiedere molto più tempo del previsto, quella fluviale o in canali artificiali, sviluppata soprattutto nei Paesi Bassi e in Germania, era di solito conveniente e rilassante.

IN CARROZZA. Via terra ci si spostava a piedi, a cavallo o in carrozza. A scegliere le proprie gambe

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PRIMO PIANO

Oggi esistono team di superscienziati che nei loro laboratori risolvono cold case di secoli fa. A colpi di Tac, esami del Dna, potenti microscopi.

DETECTIVE DELL’ 34

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ALDILÀ


Di che cosa morì?

ALAMY/IPA (4)

Tutankhamon

Valle dei Re, Luxor. Gli scienziati attorno al sarcofago di Tutankhamon. Sotto, il Plasmodium falciparum, il parassita che forse uccise il faraone.

Tac risolutiva

Si prepara la Tac per la mummia di Tutankhamon, alla presenza del celebre archeologo egiziano Zahi Hawass. A lato, le diverse immagini del suo cranio ottenute con questa tecnologia viste al monitor.

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on usano la lente d’ingrandimento come Sherlock Holmes, ma microscopi potentissimi. Non curano meticolosamente il proprio abbigliamento, come Hercule Poirot: a loro basta un camice bianco e una mascherina. Non interrogano testimoni e sospettati come Jessica Fletcher, ma, più simili a dei Dylan Dog del mondo reale, “parlano” direttamente con le vittime, per risalire alle cause che li hanno portati nei loro laboratori. Sono antropologi, mummiologi e paleopatologi: superscienziati detective che cercano di far luce sulle morti misteriose di secoli fa. Che cosa uccise il faraone Tutankhamon? Come

passò i suoi ultimi giorni Beethoven? Napoleone fu avvelenato? Rispondere a domande del genere non è semplice e richiede ampie conoscenze, spirito di osservazione e sofisticati strumenti scientifici. «Il fascino di queste indagini antiche è che entrano in gioco diverse discipline: l’antropologia fisica elabora un profilo biologico grazie a ossa e denti, la paleopatologia analizza i segni lasciati dalle malattie, lo studio degli isotopi radioattivi permette di datare il materiale organico», spiega Alberto Zanatta, antropologo dell’Università di Padova. «Per identificare il “proprietario” di uno scheletro o di una mummia, il metodo più attendibile e affidabile rimane

comunque il Dna. Ma solo se si può contare su un elemento di paragone, come il Dna di un parente stretto».

IL PRINCIPE FU SALVATO? È il caso del piccolo Luigi XVII, il figlio della regina Maria Antonietta. A minare la salute del bambino fu probabilmente la lunga prigionia nella torre del Tempio a Parigi, dopo la decapitazione della madre. Ma la sua morte venne a lungo messa in dubbio: si diceva che un gruppo di monarchici lo avesse tratto in salvo, lasciando al suo posto un trovatello, morto di tubercolosi l’8 giugno 1795. Voci attendibili? Per vederci chiaro, due genetisti hanno  analizzato il cuore del prigioniero, 35

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PRIMO PIANO

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Quel 30 aprile 1945 il Führer inscenò la sua morte poi fuggì (e visse) in Sud America. Un’ipotesi suggestiva, ma mai provata.

HITLER LATITANTE?

“D

a qui si possono ammirare le Ande, il lago Nahuel Huapi, e là, nei boschi, l’ultima residenza di Adolf Hitler ed Eva Braun. Lì Hitler è morto nel 1962”. È quello che raccontano le guide turistiche ai visitatori della città di San Carlos de Bariloche, in Patagonia, nel Sud dell’Argentina. In quel luogo, secondo

alcune teorie cospirazioniste, si sarebbe rifugiato infatti il Führer dopo la fine della Seconda guerra mondiale. È quello che pensa da sempre il giornalista argentino Abel Basti nel suo controverso libro Sulle tracce di Hitler (Eden Editori, 2015). Secondo Basti, che da vent’anni pubblica libri sull’argomento, Hitler non si sarebbe sparato alla testa il 30 aprile del 1945

Camuffato

Ecco come Hitler si sarebbe potuto camuffare per fuggire. Le foto segnaletiche sono state prodotte dai servizi di intelligence militare degli Stati Uniti. Solo la prima è vera, le altre sono state realizzate da Eddie Senz, un truccatore di New York.

nel bunker della Cancelleria del Reich, in una Berlino in fiamme invasa dai sovietici, ma sarebbe morto molti anni dopo a San Carlos de Bariloche. Nella cittadina della Patagonia argentina, secondo Basti, Hitler, sotto il nome di Adolf Schütelmayor, avrebbe vissuto in una casa in stile tirolese dei boschi, chiamata guarda caso proprio Berghof, come la sua amata residenza 


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