Focus Storia N. 139 - Maggio 2018

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Storia SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE

n°139

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maggio

I TRENTA TIRANNI DI ATENE

Sconfitta da Sparta, la città perse la democrazia, e allora...

IL

MEDIOEVO

CHE NON TI ASPETTI

RIBELLE, INQUIETO, PIENO DI OPPORTUNITÀ... IL LATO SCONOSCIUTO DEI “SECOLI BUI”

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STATI UNITI

L’ULTIMA MISSIONE DEL SOMMERGIBILE SUDISTA A PROPULSIONE UMANA

NEMICHE A CORTE

LA LOTTA ALL’ULTIMO SANGUE TRA LUCREZIA BORGIA E ISABELLA D’ESTE

ALESSANDRO II

LO ZAR CHE VOLEVA MODERNIZZARE LA RUSSIA. MA FINÌ MALE


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focusstoria.it

Storia ALAMY/IPA

Maggio 2018

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acché “secoli bui”. Intanto perché stiamo parlando di un’età lunghissima: secondo alcuni storici si estende dal 456 d.C., caduta dell’Impero romano, fino alla pubblicazione delle teorie eliocentriche di Copernico nel 1543, dunque per circa mille anni, un periodo in cui la condizione umana si è modificata ed evoluta straordinariamente. Ma soprattutto perché, quando pensiamo al Medioevo, siamo fuorviati da molti pregiudizi che ci sono stati lasciati in eredità dal Settecento, quasi che i protagonisti del Secolo dei lumi volessero risaltare per contrasto con l’oscurità che, secondo loro, li aveva preceduti. E invece no. Il Medioevo, come vedremo nelle pagine del nostro “primo piano”, era dinamico, curioso, a volte addirittura rivoluzionario, e lo dimostrano i movimenti studenteschi e le rivolte di contadini e operai che seguirono la cosiddetta “Rinascita dell’anno Mille”. Oltretutto, se mai ve lo chiedeste, non è neanche vero che ci fosse lo ius primae noctis ;-)! Jacopo Loredan direttore

RUBRICHE

4 UNA FOTO UN FATTO

6 LA PAGINA DEI LETTORI

8 NOVITÀ & SCOPERTE 10 TRAPASSATI ALLA STORIA COPERTINA: ELABORAZIONE G. PEDZINSKI

11 STORIA D’AUTORE 12 MICROSTORIA 76 TECNOVINTAGE 77 RACCONTI REALI 78 PITTORACCONTI 80 DOMANDE & RISPOSTE 112 AGENDA

Un bordello, “camuffato” da bagno pubblico, del tardo Medioevo (miniatura).

CI TROVI ANCHE SU:

In copertina: giullari e rivoltosi nel Medioevo.

IN PIÙ... TEMI 14 IGRANDI Trenta Tiranni Così ad Atene finì la democrazia.

RINASCIMENTO 20 Nemica mia

Isabella d’Este e Lucrezia Borgia.

OTTOCENTO 24 Missione suicida L’impresa del sottomarino Hunley.

UN ALTRO MEDIOEVO 36 Eppur si muove

Una società statica? Niente affatto: la piramide feudale si poteva scalare.

42 Qualcuno diceva “no”

Anche nel Medioevo non mancarono le proteste di piazza.

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Diavolo di un papa

Silvestro II aveva fama di mago. Colpa della sua erudizione.

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C’è poco da ridere

Gli unici a potersi permettere una battuta (di troppo) erano i giullari.

54 Cuori ribelli

Come Francesco e Chiara sovvertirono le regole della Chiesa.

60 Manieri e misteri

Simbolo di un’epoca, i castelli ispirano leggende e nascondono... fantasmi.

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Santo scienziato

Alberto Magno aveva una mente geniale e una curiosità insaziabile.

72 Chi ha paura del Medioevo?

L’età di mezzo fu anche progressista. Ma molti pregiudizi l’hanno segnata.

OTTOCENTO 28 Alessandro II

Lo zar che sognava una Russia moderna.

32 LaALIMENTAZIONE patata

Quando arrivò in Europa, cambiò tutto.

NOVECENTO 82 Raccolto amaro

Lo sterminio per fame in Ucraina.

ANTICHITÀ 88 Egitto sul Tevere Così la cultura egizia conquistò i Romani.

ANTICHITÀ 90 Lavoro sporco

I peggiori mestieri delle antiche civiltà.

SOCIETÀ 98 Aldo Moro

Perché le Br uccisero il presidente della Dc.

102 LaARTEluce di Turner

Acquerelli e disegni del grande pittore.

STORIE D’ITALIA 108 Villa Emma

Un rifugio sicuro per 70 giovani ebrei. 3

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NEMICA MIA

RINASCIMENTO

Isabella & Lucrezia

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LA SPOSA A FERRARA. Il 2 febbraio 1502 Lucrezia, dopo il matrimonio per procura stipulato a Roma, fece il suo ingresso trionfale per le strade di Ferrara. Tutti la scrutavano, ma chi cercava qualcosa di sinistro rimase deluso. Il letterato Bernardino Zambotti, presente quel giorno, di lei disse: “belletissima de faccia, occhi vaghi e allegri, dritta de persona e in statura, accorta, prudentissima, sapientissima, allegra, piacevole e umanissima”. E la leggenda nera si sciolse come neve al sole. Lucrezia era splendente, indossava un abito ornato di strisce di tessuto d’oro e seta viola, foderato di  20

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ucrezia Borgia e Alfonso d’Este sposi. La notizia si diffuse rapidamente e le malelingue non tardarono a scatenarsi. Lei era la figlia del discusso papa spagnolo Alessandro VI, lui il rampollo di una delle dinastie più antiche e rispettate d’Italia. Una fama di dark lady precedeva la sposa che, a soli 22 anni, aveva già due matrimoni alle spalle, un figlio (Rodrigo d’Aragona) lasciato a Roma dai nonni, e una certa inclinazione per il veleno. Alfonso non ne voleva sapere di sposarla, ma suo padre, il duca Ercole d’Este, lo fece ragionare: avere come nemici papa Borgia e lo spregiudicato figlio Cesare era un pericolo più concreto di un ipotetico arsenico. Tanto più che Alessandro VI era pronto a sborsare una dote di 300mila ducati pur di assicurare alla figlia la corte di Ferrara. Una cifra davvero allettante per le dissanguate casse del ducato. Ma sul conto della sposa girava anche un’altra voce infamante, la più torbida di tutte, condensata dal poeta Jacopo Sannazaro in poche pesanti parole: Lucrezia era “figlia, moglie e nuora” del pontefice. Tutto vero? Gli storici moderni propendono a considerare Lucrezia una vittima di fake news, perché i nemici del papa si accanirono su di lei per colpire Alessandro VI, loro vero bersaglio.


Nel 1502 Lucrezia Borgia sposa il duca di Ferrara. E da allora tra lei e la cognata Isabella d’Este, duchessa di Mantova, si scatena una rivalità senza esclusione di colpi.

Lucrezia Borgia (14801519), in un dipinto ottocentesco a tinte fosche. A sinistra, Isabella d’Este (14741539) ritratta da Tiziano nel 1535 circa. Le due si contesero anche un uomo, Francesco Gonzaga, marito di Isabella e cognato di Lucrezia.

BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO

Parenti serpenti


PRIMO PIANO

Movimenti studenteschi, ribellioni di contadini e operai: anche nel Medioevo non mancarono le proteste di piazza.

FUORISEDE. Lo sciopero di Parigi fu la conseguenza di un doppio stato di tensione: studenti e docenti rivendicavano maggiore autonomia dalle istituzioni ecclesiastiche e, nello stesso tempo, erano ai ferri corti con la cittadinanza. L’università parigina (poi nota come Sorbona) aveva iniziato le attività intorno al 1170, imponendosi come la migliore su piazza per lo studio della teologia. Ospitava in gran parte studenti fuorisede, provenienti dalle élites di 42

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mezza Europa, ed era sottoposta all’autorità della Chiesa. I suoi iscritti rispondevano quindi al diritto canonico anziché ai tribunali del regno, dettaglio che li faceva percepire dai cittadini come degli insopportabili privilegiati. Un giorno di carnevale del 1229, alcuni studenti litigarono con l’oste di una taverna, reo di aver imposto loro un conto troppo salato (era prassi scucire più denari possibile alle migliaia di fuorisede). I giovani furono picchiati e allontanati, ma il giorno dopo tornarono alla carica danneggiando l’esterno della taverna e altri negozi, dando avvio a una sommossa a cui si unirono poi anche altri studenti. Bianca di Castiglia, reggente di Francia per 

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arigi: una rivolta di studenti viene sedata con la violenza dalle forze dell’ordine. Per reazione studenti e professori universitari indicono uno sciopero che li porterà a ottenere alcune rilevanti concessioni. Non stiamo parlando del “maggio francese” di 50 anni fa, ma di una manifestazione avvenuta sette secoli prima del movimento del Sessantotto, nel 1229, cioè nel cuore di quelli che sono spesso definiti, non senza pregiudizi, “i secoli bui”. Tra i vari luoghi comuni sul Medioevo c’è anche quello che fosse un’epoca in cui il popolo, timorato di Dio, non si battesse per i propri diritti. Si tratta però di un altro mito da sfatare, furono molte le occasioni in cui l’uomo medievale disse “no”, ribellandosi con vigore alle autorità.

Agguerriti

A destra, scontri per le strade di Parigi tra studenti universitari e mercanti nel 1229, in seguito a una rissa in un’osteria. L’episodio scatenò la rivolta degli accademici, repressa dalla polizia per ordine di Bianca di Castiglia (a sinistra), reggente di Francia.

LEEMAGE/MONDADORI PORTFOLIO

QUALCUNO


DICEVA... “NO”


NOVECENTO

RACCOLTO

AMARO

Collettivo

Un’azienda agricola collettivizzata (kolchoz) a Kiev, in Ucraina, negli Anni ’30. I kolchozniki venivano pagati con una parte della produzione del kolchoz in base alle ore lavorate.


ALAMY STOCK PHOTO

Negli Anni ’30 la collettivizzazione forzata, con le requisizioni di prodotti agricoli, voluta da Stalin, provocò in Ucraina la morte per fame di milioni di persone.

Fuori dall’Urss

Il giornale Chicago American racconta la tragedia ucraina. La stampa internazionale spesso sposava le tesi di Mosca, ma alcune notizie (e foto) trapelarono lo stesso.

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u una tragedia così grande che gli ucraini inventarono una nuova parola per descriverla: Holodomor o “sterminio per fame”. Si riferisce alla morte, provocata negli Anni ’30 dalle politiche di Stalin, di milioni di ucraini. Un’ecatombe che ancora oggi è una delle ragioni del risentimento di Kiev verso Mosca. La tragedia ebbe inizio quando Stalin, tra l’autunno del 1932 e la primavera del 1933, decise la collettivizzazione agraria, costringendo anche i kulaki, i contadini agiati (coltivatori diretti o piccoli proprietari terrieri), ad aderirvi contro la loro volontà. La collettivizzazione forzata delle terre innescò una gigantesca carestia che colpì varie parti dell’Unione Sovietica, dal Caucaso alla Siberia, dal Kazakistan all’area del fiume Volga. Gli ucraini tuttavia furono quelli che ne soffrirono di più le conseguenze, poiché lo sterminio dei contadini s’intrecciò con la persecuzione dell’intellighenzia e con la lotta al

patriottismo di un intero popolo. Per l’Urss, la fertile Ucraina, soprannominata non a caso “il granaio d’Europa”, era un Paese da sfruttare e per questo Stalin decise di “spezzare la schiena” ai kulaki, forti oppositori della collettivizzazione. E così, alla fine degli Anni ’20, come gli altri coltivatori dell’Unione Sovietica, anche i contadini ucraini furono costretti ad aderire ai kolchoz, le fattorie collettive di Stato, mentre le loro terre venivano confiscate. «La prima mortalità di massa fu causata direttamente dal fatto che le autorità sovietiche, indifferenti alle naturali variazioni di produzione, mantennero percentuali altissime di requisizioni (circa il 20%)», scrive lo storico francese Bernard Bruneteau nel suo libro Il secolo dei genocidi (Il Mulino).

OPPOSIZIONE. «In Ucraina fu collettivizzato il 70% delle fattorie contro il 59% della Russia», scrive ancora Bruneteau. In molti si opposero alle requisizioni, si rifiutarono di cedere  83

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ANTICHITÀ Per fede, per dovere o per forza, molti mestieri delle società antiche erano davvero terribili. I compiti più ingrati spettavano agli schiavi, ma ce n’era per tutti...

CHI FACEVA IL LAVORO

SPORCO?

Faticare tra vomito e miasmi di pesce, girare per ore dentro una ruota, evirarsi o prostituirsi per ingraziarsi gli dèi... Alcune professioni del passato esigevano pratiche e servizi spesso rivoltanti, talvolta mortali. Del resto i sindacati non esistevano e la schiavitù era una pratica diffusa e accettata. Ecco che cosa rischiava di dover fare chi non aveva la fortuna di nascere ricco o libero. a cura di Maria Leonarda Leone

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EGITTO ORO E SUDORE

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orse i gioielli egizi vi sembreranno meno belli, sapendo in quali condizioni vivevano gli uomini che, fin dal VI millennio a.C., cavavano la preziosa materia prima con cui venivano realizzati. Gli Egizi estraevano la polvere d’oro dai blocchi di quarzo aurifero, un minerale che arrivava dalle miniere del faraone, nel deserto orientale (al confine tra Egitto e Sudan). Ce ne voleva una

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tonnellata per ricavare pochi grammi d’oro, perciò il lavoro non aveva sosta. Una vera maledizione per i prigionieri di guerra, gli schiavi o i condannati ai lavori forzati che venivano impiegati in queste miniere spesso accompagnati dalle loro famiglie. Tour de force. Incatenati, faticavano giorno e notte nelle gallerie semibuie, scavate a mano nella roccia fino a 25 m di profondità.

Gli spazi angusti li costringevano a picconare sdraiati sulla schiena o sul fianco, mentre schegge affilate volavano ovunque, anche negli occhi. Ma c’erano altri modi per non rivedere più la luce: i minatori potevano morire bruciati dal fuoco acceso sotto alla roccia di quarzo per facilitarne il distacco, soffocati dai fumi di arsenico sprigionati dal minerale o schiacciati dai frequenti crolli.


FRIGIA ESTREMO SACRIFICIO

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hi prende i voti, si sa, sceglie di rinunciare a molte cose. Ma non a quello di cui facevano a meno, nel VII secolo a.C., i sacerdoti della Grande Madre Cibele. In Frigia e in Lidia (due regioni dell’attuale Turchia), i cosiddetti coribanti si privavano dei loro attributi, decidendo volontariamente di dare un taglio netto alla propria mascolinità in onore della dea. Durante le cerimonie

che si tenevano nell’equinozio di primavera, nell’estasi delle danze orgiastiche pare che molti di loro imitassero, con l’aiuto di pietre affilate, l’ultimo gesto terreno di Attis, il compagno e servitore di Cibele. Evirazione. Secondo una delle varianti del mito, il demone Agdistis si era innamorato del bel giovane ma, non corrisposto, nel giorno delle sue nozze lo aveva fatto

impazzire, costringendolo a evirarsi. A quel punto la dea aveva salvato il ragazzo, facendone il cocchiere del proprio carro. Quando, alla fine del III secolo a.C., questo culto venne adottato anche a Roma, i sacerdoti, che i Latini chiamavano galli, mettevano in scena lo stesso cruento spettacolo il 24 marzo, il giorno del dies sanguinis. 91

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ARTE

NEGLI OCCHI DI

TURNER VENEZIA COME IN SOGNO

Venice Quay, Ducal Palace, 1844. Joseph Mallord William Turner dipinse questo olio davanti a uno degli hotel che frequentava: vi è ritratta Riva degli Schiavoni. Ma barche, chiese, palazzi sembrano emergere da un sogno, in cui è difficile capire dove finisce la terra e inizia l’acqua. Per l’uso dei colori e le forme nebulose l’artista fu contestato dai suoi contemporanei.

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Una mostra a Roma rivela acquerelli e disegni che il grande pittore romantico eseguì per proprio diletto e da cui non si separò mai. Un tesoro di ricordi visivi dei suoi viaggi, con uno sguardo particolare all’Italia. TATE: ACCEPTED BY THE NATION AS PART OF THE TURNER BEQUEST 1856

TRA LE BRUME NORMANNE

Jumièges, 1832 ca.: qui Turner dipinse una veduta dell’abbazia medievale di Jumièges, in Normandia, molto amata da Victor Hugo. In primo piano la Senna solcata dalle barche.

A SPASSO NEL FORO

The Arch of Constantine. Rome, 1835. Il soggetto di questa veduta è la facciata sud dell’Arco di Costantino e l’adiacente Colosseo. Turner fece cinque viaggi in Italia, tra il 1802 e il 1840.

TATE: ACCEPTED BY THE NATION AS PART OF THE TURNER BEQUEST 1856

TATE: ACCEPTED BY THE NATION ASPART OF THE TURNER BEQUEST 1856

a cura di Irene Merli



Nel modenese tra il ’42 e il ’43 furono messi in salvo oltre 70 giovani ebrei di varie nazionalità.

STORIE D’ITALIA MODENA

I ragazzi di

VILLA EMMA Scampati

A. MOLINO

Estate 1942, una quarantina di bambini e ragazzi (orfani) ebrei, in fuga dai nazisti, arrivano a Villa Emma, a Nonantola (Modena). I giovani, che avevano tra i 6 e i 17 anni, rimarranno qui fino all’ottobre del 1943.

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Nonantola, un paese a una manciata di chilometri da Modena, si trova Villa Emma. Apparentemente una villa come tante altre, in realtà uno straordinario luogo della memoria. Un bell’edificio costruito a fine Ottocento dove, fra il 1942 e il 1943, trovarono rifugio 74 ebrei, tra i 6 e i 17 anni, di diverse nazionalità: tedeschi, austriaci, polacchi e slavi. Tutti in fuga dai nazisti. Grazie alla gente di questo paesino emiliano che li protesse, li nutrì e li nascose, tutti i ragazzi (tranne uno) si salvarono. E dopo la guerra, molti di loro proseguirono il loro viaggio verso la Terra Promessa, Eretz Yisrael. La vicenda a lieto fine è quasi unica nel panorama delle persecuzioni razziali, tanto che dal 2004 a Villa Emma è intitolata una Fondazione, dove si possono trovare testimonianze e ricostruzioni di quegli avvenimenti. L’odissea dei piccoli è stata anche rievocata recentemente dalla storica Mirella Serri nel suo libro Bambini in fuga, pubblicato da Longanesi.

MAESTRO AFFIDABILE. Tutto ebbe inizio a Berlino nel 1933, quando Recha Schweitzer, direttrice della Jüdische Jugendhilfe (istituto ebraico per l’assistenza ai giovani) e moglie del rabbino Moritz Freier, creò alcune agenzie per l’espatrio degli orfani verso la Palestina. Ma nel luglio del 1940 Schweitzer – che fino a quel momento aveva salvato circa 7mila  109

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