Focus Storia Wars n. 29 Luglio 2018

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5 MAGGIO 2018 d TRIMESTRALE

N.29 LUGLIO 2018 d € 6,90

SOLDATI E BATTAGLIE NEI SECOLI UNIFORMI Venezia: gli eserciti della Serenissima, dal 697 all’arrivo di Napoleone

GUERRA NEL

PACIFICO QUI SI SONO SCONTRATI TUTTI, DAL MEDIOEVO ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE. E ORA È IL TEATRO DI SFIDA TRA LE SUPERPOTENZE

CAVALIERI TEUTONICI

ELICOTTERI

Grunwald, la battaglia fatale dei monaci guerrieri

Come diventano indispensabili tra Iraq e Afghanistan

Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR


WARS

SOMMARIO

Quel vasto oceano conteso

6

È la distesa marina più vasta, che separa e collega alcune tra le maggiori potenze del Pianeta. Da qualche anno è terreno di confronto e di potenziale scontro tra giganti militari come Usa, Cina e Russia, ma non si tratta certo di una situazione inedita. Sono almeno 600 anni, da quando cioè i mezzi navali permettono di trasportare in oceano eserciti poderosi, che il Pacifico, a dispetto del suo nome, è diventato un campo di battaglia. Jacopo Loredan d direttore

GIORGIO ALBERTINI

GASTONE BRECCIA

Livornese, 54 anni, bizantinista e storico militare, ha pubblicato saggi sull’arte della guerra, sulla guerriglia e sulla missione ISAF in Afghanistan.

FRANCESCO CHIONNA

Ufficiale incursore della Marina Militare, si è congedato col grado di contrammiraglio dopo aver comandato COMSUBIN.

RAFFAELE D’AMATO

Piemontese, 51 anni, studioso di storia militare romana e professore di storia e archeologia antica e medievale alla Fatih University di Istanbul. Romano, 53 anni, medievista, ha scritto vari saggi di storia militare e romanzi storici di successo (andreafrediani.it).

FABIO RIGGI

Romano, 43 anni, si occupa di tematiche militari a livello professionale. Ha collaborato con riviste militari specializzate.

SCUOLA DI GUERRA RECENSIONI

PRIMO PIANO

LA GUERRA NEL PACIFICO

La storia di quest’area è caratterizzata da una serie di conflitti per il dominio su acque contese, risorse naturali e basi militari.

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1592 COREA

YI SUN-SIN, L’A MMIRAGLIO MAI SCONFITTO

A difendere la Corea dall’invasione dei giapponesi c’era lui.

SECOLO FILIPPINE 24 XVII LO SQUADRONE OLANDESE

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Furono 80 anni di battaglie, dall’Europa alle Indie Orientali.

XIX-XX SECOLO CINA

CONTRO IL CELESTE IMPERO

Con la Guerra dell’oppio, gli inglesi spezzarono l’isolamento cinese.

TSUSHIMA 40 1905 PIANI FALLITI

I russi uscirono sconfitti dall’ultima battaglia navale tradizionale.

46 1941-1942 L’OFFENSIVA GIAPPONESE

Dall’attacco a Pearl Harbor alla battaglia delle Midway.

48 1942-1945 LA CONTROFFENSIVA ALLEATA

Da Guadalcanal alle bombe di Hiroshima e Nagasaki.

CORAL SEA 52 1942 NEL MAR DEI CORALLI

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Fu lo scontro che, con caccia e portaerei, cambiò la guerra sul mare.

1943 TARAWA

UN MIGLIO QUADRATO D’INFERNO

I Marines misero qui le basi per vincere la guerra.

62 PROTAGONISTI MACARTHUR, IL CESARE DEL PACIFICO

L’uomo che combatté i giapponesi: cowboy o grande stratega?

ANDREA FREDIANI

LIVING HISTORY

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La Guerra ispano-americana iniziata a Cuba finì nelle Filippine.

Milanese, 48 anni, laureato in Storia medievale, illustratore professionista per case editrici e riviste (giorgioalbertini.com).

L’AEREO

L’EPOPEA DEI MONACI-GUERRIERI

1410, a Grunwald (o Tannenberg) i cavalieri teutonici si batterono per il dominio sul Mar Baltico.

MANILA 34 1898 UNA POTENZA SCALZA L’A LTRA

WARS I NOSTRI ESPERTI

WARS

LE GRANDI BATTAGLIE DEL MEDIOEVO

RUBRICHE

70 UNIFORMOLOGIA GLI ESERCITI DELLA SERENISSIMA

Dal 697 al 1797, per oltre mille anni i soldati di Venezia difesero quella che era prima un’enclave di Bisanzio e poi una repubblica indipendente. Dopo, arrivò Napoleone.

AEREA 76 GUERRA IN VOLO SUL DESERTO

Tra Afghanistan e Iraq si è compiuta l’evoluzione degli elicotteri, diventati indispensabili sui campi di battaglia.

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PAG. 13 PAG. 68

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IN COPERTINA

Nell’immagine due caccia Mitsubishi A6M Reisen (“caccia Zero”) giapponesi e una corazzata americana. Aerei e navi furono protagonisti del grande conflitto che ebbe luogo nel Pacifico dal 1941 al 1945 tra l’impero del Sol Levante e gli Stati Uniti. Credito: Piotr Forkasiewicz

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PRIMO PIANO

LA GUERRA NEL

PACIFI THE LIFE PICTURE COLLECTION/GETTY IMAGES

FOTO EMBLEMATICHE

15 luglio 1944, arcipelago delle Marianne: sull’isola di Saipan appena liberata dall’occupazione nipponica, W. Eugene Smith scatta per Life la foto di un marine in una pausa dei combattimenti, destinata a restare una delle immagini più celebri dell’intero conflitto. A destra, 20 luglio 1943: un bombardiere americano B-25 Mitchell sorvola Nauru (Micronesia) e l’aeroporto giapponese bombardato.

Il 28 novembre del 1520 Magellano, il navigatore portoghese al servizio dell’imperatore Carlo V, dopo aver affrontato le tempeste e il naufragio di parte della sua flotta, attraversa un braccio di mare a sud del continente americano. C’è il sole, e Magellano si ritrova finalmente in acque tranquille, alle quali dà un nome: “El mar Pacifico”.


I

l Pacifico occupa quasi metà della superficie marina del nostro pianeta, e un terzo di quella totale. Dalla costa occidentale degli Stati Uniti alla baia di Tokyo ci sono circa 4.500 miglia marine – oltre 8.000 chilometri – di orizzonte sconfinato, parzialmente interrotto soltanto dalle Hawaii (3.800 km a sud-ovest di San Francisco) e dall’arcipelago delle Marianne (Guam si trova a circa 2.500 km a sud di Tokyo); ma quello che conta di più, oggi come nei secoli passati, è la zona in cui l’oceano diventa una sorta di “Mediterraneo d’Asia”, insinuandosi tra la Corea, il Giappone, Formosa, le Filippine, il Borneo e la Malesia all’estremo sud-ovest, bagnando le coste di Vietnam e Cina. In questo spazio cruciale per i traffici mercantili si gioca la più difficile e rischiosa partita politico-militare dei nostri anni. L’imperialismo cinese. Il mondo che conosciamo è ancora erede diretto dell’ordine creato alla fine della Seconda guerra mondiale. Nel Pacifico la sconfitta e la dissoluzione dell’Impero nipponico, nel 1945, lasciò un vuoto di potere, solo parzialmente riempito dagli Stati Uniti: per questo la Nine-Dash Line , 11 tratti di penna, poi ridotti a 9, su una mappa del Mar della Cina Meridionale, aggiunti nel 1947 dalla mano di un funzionario ciNine-Dash Line Lett. “nove linee di divisione”: l’area oggetto di disputa nel Mar della Cina (o Mar Cinese) Meridionale, la porzione di Oceano Pacifico tra Taiwan a nord-est e la Malesia a sud-ovest.

THE LIFE PICTURE COLLECTION/GETTY IMAGES

CO

LA STORIA DI QUESTA VASTA AREA DEL PIANETA È CARATTERIZZATA DA UNA SERIE DI CONFLITTI PER IL DOMINIO SU ACQUE CONTESE, RISORSE NATURALI E BASI MILITARI

nese, sono ancora oggi al centro del confronto tra grandi e piccole potenze in Estremo Oriente (v. riquadro alla pag. successiva). La questione è ovviamente di enorme rilievo strategico, perché la Repubblica Popolare Cinese sta cercando di ottenere il controllo esclusivo dei traffici e delle immense risorse naturali del Mar della Cina Meridionale: le Filippine, che a loro volta rivendicano il controllo di alcuni lembi di terra emersa, hanno portato il caso di fronte alla Corte Internazionale dell’Aia, chiedendo di condannare le azioni cinesi. Il 12 luglio del 2016 la Corte ha accolto all’unanimità l’istanza di Manila, concludendo che «non vi è alcuna prova che la Cina abbia mai esercitato nel corso della Storia un controllo esclusivo sulle acque o sulle risorse rivendicate, e quindi la Cina non ha alcuna base legale per rivendicare “diritti storici” sull’area all’interno della Nine-Dash Line». Pechino ha risposto dichiarando «mal concepita» la sentenza della Corte e costruendo nuove isole dove c’erano soltanto scogliere semisommerse, per poi presidiarle come fossero lembi riconosciuti di terra cinese. Già nel marzo del 2015 l’ammiraglio Harry B. Harris Jr., allora comandante della Flotta del Pacifico, aveva utilizzato l’espressione “great wall of sand” (“grande muraglia di sabbia”) per indicare queste attività: navi cisterna cinesi pompavano sabbia su affioramenti di barriera corallina, e poi “cementavano” il tutto a velocità impressionante – uno sforzo 15


PACIFICO 1592 COREA L’EROE NAZIONALE

L’ammiraglio coreano Yi Sun-sin (1545-1598). Indossa il costume da alto ufficiale (Joseon-ot): copricapo militare (gat), la veste jeogori, formata da un gil (la tunica), un collare (dongjeong), ampie brache (baji), sopravveste (po), cintura di seta (gakkdi) e stivali (moka). A destra, l’inizio dell’invasione (1592): i giapponesi assediano la fortezza di Busanjin.

NON VENNE MAI SCONFITTO

BRIDGEMANIMAGES/MONDADORIPORTFOLIO

YI SUN-SIN L’AMMIRAGLIO CHE


ALAMY/IPA

A DIFENDERE LA COREA DALL’INVASIONE GIAPPONESE, NEL XVI SECOLO, C’ERA UN CONDOTTIERO INVITTO A BORDO DI GENIALI IMBARCAZIONI: LE NAVI TARTARUGA

E

ra il 16 dicembre 1598, e te cinese dei Ming, dovevano afinfuriava, nelle acque di frontare le rinnovate minacce del Noryang, la battaglia deciGiappone, ora unificato dopo una siva tra le flotte coreane e serie di estenuanti guerre civili dal cinesi, da una parte, e la flotta d’ingenio di Toyotomi Hideyoshi. Nel vasione giapponese, dall’altra. Il co1592 questi mise in atto il suo promandante nipponico Shimazu Yogetto di espansione territoriale, che shihiro aveva radunato nella baia prevedeva l’annientamento del redi Sacheon la sua potente flotta per gno dei Joseon e la trasformaziospezzare l’accerchiamento degli alne della Corea in una testa di ponleati e tornare nella madrepatria. Ma te per invadere la Cina. Una flotal comando della flotta coreana vi ta di 1.700 navi prese il vento verso era uno dei più grandi ammiragli di ovest. Questa invasione fu l’unico tutti i tempi, un uomo che, dal ranmomento storico nella storia dei go di soldato semplice, era diventasamurai in cui il Giappone tentò di to il più temuto comandante navaconquistare un altro continente. le del Sud-Est asiatico: Yi Sun-sin. La difesa. Al comando delAvendo piena conoscenza della pola flotta coreana si trovava in quel sizione del nemico, Yi si era insinuamomento un uomo che della vito con le sue navi tartaruga, le mirata militare aveva fatto il suo strubolanti geobukseon, nel cuore della mento di ascesa. Nato nel 1545 Erano le abilità tattiche di Yi a donargli la vittoria sui giapflotta avversaria, scatenando un inda una famiglia di piccola nobilponesi: i Nippon tendevano ad abbordare la nave nemica ferno di fuoco e fiamme sulle imbartà, Yi Sun-sin aveva scalato le tapcercando il combattimento corpo a corpo, in cui erano superiori. Ma era primario interesse delle navi coreane evitacazioni giapponesi, facendo tramonpe della carriera: dopo aver impare questa pericolosa tattica e usare invece nuove strategie, tare per sempre il sogno di conquista rato le arti marziali a 22 anni, a 36 come allo scontro di Gyeonnaeryang, dove Yi – a causa deldella Corea concepito dall’ormai deanni era già insignito del rango di la scarsa ampiezza dello stretto e del pericolo creato dalle funto Toyotomi Hideyoshi, il NapoSuwon Manho, ufficiale di quarto rocce subacquee – attirò con 6 navi ben 63 imbracazioni leone del Sol Levante. grado della marina militare. A 42 nipponiche in mare aperto, circondandole con la formazione semicircolare chiamata “la parrucca del cranio”. Incapace di fronteggiare le tattiche anni si era distinto come comandi Yi, l’ammiraglio giapponese ordidante di 1.000 cavalieri della guarnò la ritirata. Tra i relitti in fiamme, le urla strazianti dei morendia nazionale nella provincia di Hamkyungdo, combattendo ti e il fuoco dei mortai mobili montati sulle navi coreane, un colcon successo le bande dei nomadi jurchen comandate da Mu po di archibugio, sparato da una delle navi in rotta, colpì Yi SunPai Nai, i cui discendenti avrebbero conquistato la Cina e fonsin all’ascella sinistra. Sentendosi la morte vicina, l’ammiraglio si dato la dinastia Manchu. strinse al nipote Yi Wan e disse: “Fate rullare i tamburi di guerTanta abilità era oggetto di altrettanta invidia: come quella ra e portatemi l’armatura. Non annunziate la mia morte fino a del suo superiore Yi Li, che avrebbe compromesso disastrosache la battaglia non sia finita”. mente le sorti del Paese nella battaglia di Sangju contro i giapEra il commiato di un genio militare, che nella sua ultima vitponesi. False accuse mosse contro Yi Sun-sin lo condannarono toria aveva trionfato anche sulla morte. La corte decadente dei a essere degradato, arrestato e torturato; quando, infine, venne sovrani Joseon, che aveva trascurato i suoi successi, lo nomirilasciato, dovette ricominciare come soldato semplice. Ma già nò dopo la morte Chungmugong, “duca di lealtà e maestro delnel 1590, quattro successivi comandi militari furono affidati a la guerra”. Ma furono gli ammiragli nipponici, a tre secoli di diquest’uomo dal carattere indomabile, fino alla nomina – che si stanza, a descriverlo come il più grande comandante militare dimostrò decisiva – a comandante del distretto navale di Jeolnavale di tutti i tempi, superiore anche a Horatio Nelson e all’ola. Qui, in previsione del sempre più imminente pericolo di inlandese Michiel Adriaanszoon De Ruyter. vasione, Yi Sun-sin iniziò a rinforzare le difese navali della CoLa base per la Cina. La dinastia più famosa di tutta la storea, e a costruire la sua flotta di navi tartaruga. ria coreana, i Joseon, era in piena decadenza verso la seconLa fase iniziale dell’invasione giapponese fu disastrosa per i da metà del XVI secolo. Mentre subivano l’influenza della corJoseon: travolte le truppe di Yi Li, l’esercito nipponico guidato

Il segreto del successo

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PACIFICO 1942 CORAL SEA

NEL MAR DEI

CORALLI

ALAMY/IPA

FU LO SCONTRO CHE CAMBIÒ LA GUERRA SUL MARE: PER LA PRIMA VOLTA IN UNA BATTAGLIA NAVALE A COLPIRE NON ERA PIÙ IL CANNONE, MA GLI AEREI DECOLLATI DALLE PORTAEREI


L

a Guerra nel Pacifico non fu importante solo dal punto di vista strategico e geopolitico. Quasi tutte le campagne ebbero infatti una forte connotazione aeronavale e nel maggio 1942 la battaglia del Mar dei Coralli, uno dei primi e importanti scontri tra la US Navy e la Marina imperiale nipponica, mostrò chiaramente che il modo di combattere delle flotte stava cambiando per sempre. Nei primi mesi di quell’anno, gli americani impostarono una prima reazione alle folgoranti offensive nipponiche con una serie di incursioni condotte con diverse Task Force incentrate sulle loro portaerei, che erano tutte fortunosamente scampate dall’attacco a Pearl Harbor. Allo scopo di limitare altre incursioni di questo tipo, i comandi nipponici decisero di eseguire un’operazione per impossessarsi di alcuni obiettivi chiave nel Pacifico Meridionale, identificati nell’isola di Tulagi, nell’arcipelago delle Salomone, e nella base navale di Port Moresby, in Nuova Guinea. A tal fine, i giapponesi definirono di lanciare due azioni anfibie, racchiudendo l’insieme dei movimenti navali predisposti per la loro copertura nella cosiddetta Operazione MO. La flotta nipponica. Le forze designate a eseguirla furono poste agli ordini del viceammiraglio (Kaigun-Chūshō) Shigeyoshi Inoue, comandante della 4a Flotta di base a Rabaul, e vennero suddivise in quattro gruppi. Il primo era la forza d’attacco basata sulle portaerei Shokaku e Zuikaku e la loro scorta, agli ordini del viceammiraglio Takeo Takagi; il secondo era

il gruppo di protezione del contrammiraglio (Kaigun-Shōshō) Aritomo Goto con la portaerei leggera Shoho. Quest’ultimo aveva il compito di garantire la sicurezza dei due gruppi anfibi destinati a eseguire gli sbarchi, che in base al piano dovevano avere luogo a Tulagi e Port Moresby, rispettivamente il 3 e il 7 maggio. Inoltre, le forze navali di Inoue avrebbero potuto contare anche sull’appoggio degli aerei basati a terra della 25a Flottiglia dell’aviazione di Marina, anch’essa dislocata a Rabaul. Aspettandosi una possibile reazione americana, i giapponesi adottarono anche le predisposizioni atte a fronteggiarla. Decisero così di posizionare, durante gli sbarchi, i gruppi di Goto e Takagi in modo da effettuare una sorta di manovra “a tenaglia”, con la quale prendere nel mezzo un’eventuale formazione avversaria che fosse intervenuta per contrastarli. Intercettazioni radio. Tuttavia, già prima della battaglia gli americani piazzarono il loro primo importante colpo, in questo caso non sul mare, ma nell’etere. Entro il mese di aprile del 1942 il servizio di intelligence statunitense riuscì infatti a intercettare, e soprattutto decrittare, l’85% dei messaggi radio giapponesi cifrati con un codice denominato JN-25B. Grazie a quest’attività, che la moderna terminologia militare definisce COMINT ( COMmunication INTelligence), il 9 aprile l’Admiral Chester Nimitz, comandante della Flotta del Pacifico, riuscì a sapere che i nipponici stavano preparando un’operazione in grande stile nel sud Pacifico. Nei giorni successivi altre informazioni completarono il quadro e, il 22 aprile, Ni-

PRONTI AL DECOLLO

1942, il ponte di una portaerei americana durante la Guerra del Pacifico. Si riconoscono i bombardieri Dauntless.

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PACIFICO 1943 TARAWA

CORBIS VIA GETTY IMAGES

L’ATTACCO

Dal ponte della corazzata USS Maryland il generale Julian Smith (in primo piano) e il contrammiraglio Harry Hill (secondo a destra) osservano l’attacco all’atollo di Tarawa (1943). A destra, le foto mostrano come i marines sbarcarono nelle isole Gilbert (di cui l’atollo di Tarawa fa parte): equipaggiati di tutto punto, cercando di superare la barriera corallina, per trovarsi poi sotto il fuoco dei giapponesi.

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CON QUESTA OPERAZIONE ANFIBIA I MARINES GETTARONO LE BASI PER SCONFIGGERE IL GIAPPONE E VINCERE LA GUERRA

D’INFERNO A

ll’alba del 20 novembre 1943, prima ancora che il sole si mostrasse sulla distesa sconfinata dell’oceano, le vedette giapponesi di guardia sulla piccola isola di Betio – all’estremità sud-occidentale dell’atollo corallino di Tarawa, nell’arcipelago micronesiano delle Gilbert – segnalarono dozzine di sagome nere all’orizzonte: la flotta d’invasione americana si stava avvicinando all’obiettivo per lanciare l’Operazione Galvanic, il primo grande assalto anfibio nel Pacifico centrale. Assalto al paradiso. Alle 5:07 i quattro cannoni costieri da 203 mm di Betio aprirono il fuoco contro le navi da trasporto, ferme circa sei miglia a sud-ovest dell’isola, che iniziavano allora a mettere in mare i mezzi da sbarco. La risposta fu immediata: guidate dalla corazzata USS Maryland, che alzava l’insegna del contrammiraglio Harry W. Hill, comandante della Task Force 53, altre due navi da battaglia, sei incrociatori e nove cacciatorpediniere si avvicinarono all’atollo, martellando le posizioni giapponesi e riducendo ben presto al silenzio tre dei pezzi nemici. Alle 6:10 iniziarono anche gli attacchi dei cacciabombardieri lanciati dalle portaerei, mentre due dragamine aprivano il passaggio verso l’interno della laguna. Alle 9:00 la prima ondata d’assalto dei marines (composta dal 2° e dal 3° Battaglione del 2°

Reggimento, 2a Divisione) cominciò a puntare verso le spiagge Red 1 e Red 2, sulla costa settentrionale di Betio. L’isolotto era invisibile, avvolto da una densa nube di polvere e fumo, mentre le esplosioni continuavano a succedersi senza interruzione. Per farsi coraggio i marines si ripetevano che nessuno dei difensori sarebbe sopravvissuto a una simile tempesta di fuoco concentrata in uno spazio così piccolo: non avrebbero dovuto far altro che occupare quell’angolo di paradiso, seppellire i cadaveri dei japs e rimboccarsi le maniche per preparare una nuova pista d’atterraggio. Lo sbarco diventa una via crucis. Come alcuni esperti avevano previsto – senza riuscire, però, a far modificare i piani d’attacco – i mezzi da sbarco convenzionali ( LCVP ) si incagliarono sulla barriera corallina a causa di una bassa marea eccezionale, e furono costretti ad abbassare i portelloni a circa 450 metri di distanza dalla riva. I marines si ritrovarono ad avanzare con l’acqua fino al petto, inciampando sulle rocce taglienti, completamente indifesi. Soltanto gli AMTRAC, i mezzi anfibi cingolati LCVP Landing Craft Vehicle Personnel, “mezzo da sbarco per le truppe”, o Higgins Boat, dal nome del suo inventore: poteva trasportare un plotone di fanteria (36 uomini) ed era concepito per raggiungere la spiaggia, perché pescava poco più di un metro; costruito in compensato marino, era però vulnerabile anche al fuoco delle armi leggere.

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MEDIA DRUM WORLD/ IPA (2)

UN MIGLIO QUADRATO


UNIFORMOLOGIA

Gli eserciti della

SERENISSIMA

697-1797 PER 11 SECOLI I SOLDATI DI VENEZIA DIFESERO LA CITTÀ, POI ARRIVÒ NAPOLEONE

I

Venetici, discendenti delle popolazioni latine rifugiatesi nella laguna veneta per sfuggire alle invasioni longobarde, iniziarono la loro carriera militare sotto il comando di magistri militum visto che Venezia era parte dell’Impero di Bisanzio, governata da un dux (poi doge) sin dal 742. Le popolazioni del ducato svilupparono ben presto una grande capacità combattiva sui mari, giungendo nell’810 a distruggere la flotta di Carlo Magno nelle secche tra Metamauco (Malamocco) e Popilia (Poveglia). La galea. Tra IX e X secolo a comandare era dunque un’oligarchia mercantile e marinara, che tutelò i suoi commerci creando una potenza marittima basata sulla galea. Questa rappresentava allora l’imbarcazione di riferimento in tutto il Mediterraneo. Il corpus di cittadini-mercanti che si trasformavano, alla bisogna, in marinaisoldati fu modellato originariamente sulla Roma d’Oriente. Nel corso del IX secolo le armate del ducato erano per lo più formate dalle milizie dei tribuni (i capi delle singole cittadine dell’estuario), che formavano il nucleo dei primates; ma tra XI e XII secolo l’exercitus veneticus era già più articolato, composto dalla guardia del Doge, gli excusati, dalle milizie dei sei sestieri (suddivise in milites e pedites) e dai mercenari. Cittadini e prezzolati. Tra il ’300 e il ’500 Venezia cominciò a impiegare compagnie di ventura e mercenari, oppure a far leva su forze reclutate nei suoi domini mediterranei, specie a Creta e nelle isole greche. Il governatore generale di terraferma comandava, tra il 1495 e il 1502, compagnie di cavalleria formate da 200400 armigeri e da 40-50 balestrieri. Nel corso del Rinascimento le trup-

pe vennero inquadrate in un esercito stabile, pur senza rinunciare ai mercenari. Nacquero così i corpi tradizionali dell’esercito veneto del XVI e XVII secolo: formazioni di fanteria composte da picchieri, moschettieri e archibugieri, comandati da capitani; a seguire, le milizie territoriali, chiamate cernide oppure ordinanze, esistenti sin dal 1500; i bombardieri (gli artiglieri) e le formazioni di cavalleria, composte sin dal 1400 da uomini d’arme a cavallo; e per finire, nel XVII secolo, corpi di “corazze”, archibugieri a cavallo e dragoni. Accanto alle truppe della terraferma, reclutate nei territori italici o tra i mercenari europei (fanteria forestiera), la Serenissima schierava uomini reclutate nei territori balcanici governati da Venezia, gli Oltremarini, formati a partire dal 1300 da fanteria dalmata imbarcata (gli Schiavoni) e nei secoli successivi da feroci cavalleggeri, Stradioti, Sfaxioti e Cappelletti. A questi si univano le milizie terrestri dei possedimenti egei: le compagnie, o milizie greche. I fanti da mar. Alla milizia da tera dobbiamo aggiungere la milizia da mar: i fanti da mar, gli arsenalotti e gli Schiavoni della Dalmazia erano stati il fulcro di queste truppe fino al 1400. Il comando delle unità militari era stato affidato, a partire dal ’200, ad ammiragli e proveditori; sotto di loro c’erano i sopracomiti, almeno sino al ’600, giovani nobili, imbarcati abbastanza presto come balestreri, per poi diventare nobili di poppa e quindi assurgere al comando delle navi, qualora scelti dal collegio della milizia da mar. Poi arrivò Napoleone, nel 1797, a metter fine alla gloriosa storia, anche militare, della Serenissima. d Raffaele D’Amato Illustrazioni di Giorgio Albertini

742-751 TRIBUNUS

Questo comandante militare della laguna porta un elmo (galea) di tipo frigio, eredità del mondo greco-romano, unitamente a una spada pesante (gladius). Lo scudo (scutum) di fattura franca reca al centro una preziosa borchia di rinforzo (umbo) di origine romano-orientale, proveniente dalla Dalmazia. La sua corazza, la lorica squamata in ferro, è del tipo utilizzato in quel periodo da Longobardi, Franchi e popolazioni romaniche dell’Italia ancora dipendenti dall’Impero di Bisanzio.


997 MILES VENETICUS

L’aspetto di questo fante da marina, copiato da un’antica scultura inserita negli archi della basilica di San Marco, è ancora molto romano. La sua lorica in cuoio è di tipo leggero, mentre sul capo porta la caratteristica oveta in stoffa di tipo levantino. La pesante spada (spatha) e la lancia (lancea) sono importate dal mondo carolingio, anche se la novità è lo scudo triangolare di origine romano-orientale, su cui porta l’emblema ben noto del leone di San Marco. Le reliquie del santo erano state trafugate ad Alessandria d’Egitto e portate a Venezia nell’828.

805 SERVUS VENETICUS

I seguaci dei comandanti militari della laguna (duces e tribuni) sono menzionati nella Historia ducum veneticorum come servi, ma appaiono armati di tutto punto. Il berretto o l’elmo di tipo frigio (camelaucium) indossato dal milite rappresenta una variante in feltro dell’elmo metallico e resta una costante veneziana fino al XIII secolo. L’arma è una semplice lancia, anche se la tenuta dimostra la ricchezza del patrono di questo servus ed è frutto dei contatti commerciali con la capitale dell’impero.

1090 CIRCA GENDARME DELLA LAGUNA VENETA

“Bandieraro” di aspetto bizantino. La Pala d’oro di San Marco fornisce una delle rare immagini di milites veneti dell’XI secolo, coperti da una corazza lamellare (lameria) di importazione romano-orientale. L’elmo di tipo romano anticipa gli chapels-de-fer dei secoli successivi. Il gladius è di importazione costantinopolitana. La bandiera è simile ai banda dell’Impero d’Oriente, ma i suoi colori rappresentano il primo stendardo veneziano conosciuto.

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GUERRA AEREA

TRA AFGHANISTAN E IRAQ SI È COMPIUTA L’EVOLUZIONE DEGLI ELICOTTERI, DIVENTATI INDISPENSABILI SUI CAMPI DI BATTAGLIA

IN VOLO SUL

S.MCCURRY/MAGNUM/CONTRASTO

DESERTO

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TECNOLOGIA SOVIETICA

N

ella corsa agli armamenti tra Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra fredda, gli elicotteri hanno avuto un posto privilegiato per entrambi seppur con differenti concezioni. I modelli della NATO erano concepiti per il teatro operativo centro-europeo, mentre i modelli sovietici tenevano conto della particolare connotazione del territorio dell’URSS e, in particolare, della parte sud-sudest caratterizzata da rilievi montagnosi che stavano attirando le attenzioni di Mosca. L’orso sovietico in Afghanistan. Kabul, 27 dicembre 1979, l’Operazione Storm-333 segna la fine del regime di Hafizullah Amin (v. Focus Storia Wars N.27); contemporaneamente, mentre paracadutisti prendono il controllo della base aerea di Bagram, unità corazzate attraversano il fiume Amu Darya: è l’inizio dell’intervento militare sovietico in Afghanistan in supporto del neonato governo di Babrak Kamal. Gli elicotteri sovietici mettono immediatamente in mostra le loro caratteristiche costruttive, assai distanti dai modelli occidentali: sono, infatti, al tempo stesso cannoniere volanti e trasporto truppe. Il Mi-8, Hip secondo il codice NATO, ma soprannominato “ape” dai soldati dell’Armata Rossa, è principalmente un poten-

OSPREY

Illustrazione di una coppia di elicotteri Mi-24 Hind, armati con un cannone da 30 mm durante un’azione di fuoco di supporto. In basso a sinistra, i mujaheddin davanti a un Mi-8 abbattuto, in una famosa foto di Steve McCurry (Afghanistan,1980).

te elicottero da trasporto in grado di caricare oltre 20 soldati, ma le sue semi-ali montano razziere, oppure rampe multiple per il lancio di missili di vario calibro. Il Mi-24 Hind si guadagna sul campo il soprannome di “coccodrillo”: derivato dalla stessa cellula del Mi-8, è una vera e propria cannoniera volante, con equipaggio in tandem per ottimizzare l’impiego del cannone frontale brandeggiabile (cioè orientabile), ma con un vano di carico sufficiente per imbarcare otto soldati equipaggiati. Con i corpi speciali. Sulle montagne afghane gli elicotteri sovietici mettono subito in seria difficoltà i mujaheddin, soprattutto quando le operazioni sono svolte da unità spetsialnogo naznacenija (letteralmente, “compiti speciali”), meglio note come Spetsnaz, ovvero le truppe d’élite di Mosca. I soldati sovietici vengono rilasciati dagli elicotteri e, supportati dal fuoco aereo, vanno alla ricerca dei mujaheddin. Durante queste azioni, il Mi-24 effettua la sua caratteristica manovra guadagnando quota e picchiando sul nemico a elevata velocità, scaricando le sue razziere e il cannone. I mujaheddin sono in difficoltà su tutti i fronti quando la Cia organizza l’operazione segreta Cyclone, ovvero un flusso costante di rifornimenti di armi ai guerriglieri, tra cui il temibile missile 77


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