Focusstoriawars agosto 2015a

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N°18 Settembre 2015 d € 6,90

SOLDATI E BATTAGLIE NEI SECOLI CRIMEA 1853-56

Grandi eserciti con le uniformi del passato e le armi del futuro

MEDITERRANEO

GUERRA AI

PIRATI GENERALI DEL DUCE

STRATEGIA

Mussolini avrebbe voluto uno come Rommel e si ritrovò un esercito ottocentesco

A 500 anni dalla battaglia di Marignano, che segnò il declino della fanteria svizzera

Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR

GRECI, ROMANI, CROCIATI, VENEZIANI E PERSINO I MARINES AMERICANI HANNO COMBATTUTO PER MILLENNI I PREDONI DEL MARE NOSTRUM


WARS

SOMMARIO

I pirati del Mediterraneo

4 APPROFONDIMENTI LA BATTAGLIA DEI GIGANTI

Una spedizione di 1.100 navi e centomila soldati diretta in Tunisia per sradicare i predoni che paralizzano i traffici nel Mediterraneo. Vi suggerisce qualcosa? La colossale campagna antipirateria del 468 d.C., la maggior operazione anfibia dalle Guerre puniche, vide la sconfitta di Roma, ma le forze coinvolte ci fanno capire quant’era fondamentale, allora come oggi, garantire il libero passaggio lungo i sentieri commerciali del Mare Nostrum. La guerra contro i pirati nel Mediterraneo dura da migliaia di anni e ha visto avvicendarsi fanti di marina assiri e triremi greche, vascelli veneziani e marines degli Stati Uniti. In un susseguirsi di vittorie e sconfitte che non si è concluso e non si concluderà presto. Tant’è che oggi, come allora, siamo costretti a schierare ancora una volta la flotta per contrastare i trafficanti di uomini, predoni marittimi del XXI secolo. Jacopo Loredan d direttore

GIORGIO ALBERTINI

Milanese, 46 anni, laureato in Storia medievale, illustratore professionista per case editrici e riviste (giorgioalbertini.com).

ANDREA FREDIANI

Romano, 52 anni, medievista, ha scritto vari saggi di storia militare e romanzi storici di successo (andreafrediani.it).

GASTONE BRECCIA

Livornese, 52 anni, bizantinista e storico militare, ha pubblicato saggi sull’arte della guerra, sulla guerriglia e sulla missione ISAF in Afghanistan.

LIVING HISTORY RECENSIONI

IN COPERTINA

10 MEMORIE B-17 FORTEZZE VOLANTI

1942, dall’America i colossi della Boeing e i loro equipaggi si preparano ad assalire il Reich dai cieli.

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PRIMO PIANO

PIRATERIA NEL MARE NOSTRUM

I corsari dei Caraibi di Salgari non erano i soli. Le coste del Mediterraneo hanno vissuto per secoli l’incubo dei predoni che tutte le marinerie hanno cercato di combattere.

III MILLENNIO-VII SECOLO A.C. 20 GRECIA I PREDONI DELL’A NTICHITÀ

Dalla civiltà cicladica all’età classica i mari greci e il Golfo Persico sono stati solcati per secoli dalle imbarcazioni di razziatori.

67 A.C. 26 CILICIA ROMA SI PRENDE IL MARE

In pochi mesi Pompeo Magno sgominò predoni e corsari, la piaga che affliggeva l’Urbe.

BON 468 32 CAPO UN MESTIERE CHE SI IMPARA

All’epopea dei Vandali vanno aggiunte le loro scorrerie marinare, che ne fecero predoni dei mari temuti e subiti dall’Impero romano.

1532-1585 38 MALTA CORSARI CON LE CROCI

Da crociati in Terrasanta, gli Ospedalieri divennero i padroni del mare raccogliendo un ricco bottino.

1785-1786 44 TUNISI LA FLOTTA DIMENTICATA

Angelo Emo, grande ammiraglio della Serenissima, difese gli interessi di Venezia dalla pirateria moresca, tra Tunisia e Malta.

WARS I NOSTRI ESPERTI

WARS

Marignano 1515: uno scontro di 500 anni fa segnò il declino della fanteria svizzera e l’ascesa dell’artiglieria.

RUBRICHE PAG. 81

PAG. 82

Un marine americano del XIX secolo impegnato nella lotta alla pirateria barbaresca nel Mediterraneo (C. Giannopoulos).

1804 52 TRIPOLI LA COSTA DEI BARBARI

Gli Stati Uniti furono costretti a fronteggiare a lungo i corsari nordafricani negli anni tra il 1783 e il 1815.

2015 58 NORDAFRICA L’EUROPA ALLA PROVA DEL FUOCO

I corsari di ieri sono oggi trafficanti di esseri umani, che operano negli Stati costieri africani minati da guerre e terrorismo. Ecco le opzioni militari che ha in mano l’Unione Europea per combatterli.

64 UNIFORMOLOGIA LE GRANDI POTENZE IN CRIMEA

Le fogge sono ancora quelle del passato, ma sul Mar Nero si vedono nuovi colori. E le armi risentono già del progresso.

70 PROTAGONISTI I GENERALI DEL DUCE

Mussolini avrebbe voluto comandanti come Rommel, capi carismatici che dormivano nel proprio carro, invece si ritrovò un esercito ottocentesco fedele ai Savoia e restio ai cambiamenti.

76 WARGAME DUE REGNI IN LOTTA

Un gioco per capire la guerra, St. John’s College, Cambridge, 15-17 agosto 2014.

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MEMORIE

1942, DALL’A MERICA I COLOSSI DELLA BOEING E I LORO EQUIPAGGI SI PREPARANO AD ASSALIRE IL REICH DAI CIELI

B-17 FORTEZZE VOLANTI

PRIMA MISSIONE

Decolla il B-17 battezzato Puffin Hussy II, che compì la prima missione da Chelveston il 5 settembre 1942. Il pilota, il tenente Lee Maxwell, saluta dal finestrino. L’equipaggio era di 10 uomini.


PRIMO PIANO MEDITERRANEO: GUERRA AI PIRATI

I CORSARI DEI CARAIBI DI SALGARIANA MEMORIA NON ERANO I SOLI PREDONI. LE NOSTRE COSTE HANNO VISSUTO PER SECOLI L’INCUBO DELLA...

PIRATERIA NEL MARE 16


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UOMINI, A ME!

Il corsaro fiammingo Jean Bart (1650-1702) all’abbordaggio. Incrociò il Mediterraneo contro i barbareschi, poi passò al servizio dei francesi nei mari del Nord.

NOSTRUM

RMN/ALINARI

a terra è qualcosa di straordinariamente grande, e noi ne abitiamo solo una piccola parte, raccolti attorno alle rive del mare come rane attorno a uno stagno”. Così Platone (nel Fedone) descrive la civiltà del Mediterraneo antico: uomini e città aggrappati alle coste ma rivolti verso le acque del “mare interno”, verso uno spazio che garantiva la possibilità di viaggiare e commerciare, scoprire nuove opportunità e accumulare ricchezza. Nonostante i rischi della navigazione, il mare univa, non divideva: viaggiare per via terrestre era molto più lento e pericoloso, oltre che costoso – per trasportare il carico contenuto nella stiva di una singola imbarcazione erano necessari almeno una dozzina di carri – e quindi chiunque volesse tentare di arricchirsi, acquistando e vendendo merci oltre l’orizzonte ristretto della propria comunità, doveva impugnare il remo di governo e affidarsi alle onde. “Navigare necesse est, vivere non necesse”, scrive Plutarco nella Vita di Pompeo (50.2): per l’espansione della civiltà antica navigare non è solo utile ma necessario, e non sapremmo nemmeno immaginare il mondo greco-romano senza la sua leggendaria intraprendenza marinaresca. L’Europa antica costruì la propria identità attraversando il mare, e cercando l’altro da sé con cui commerciare, o contro cui combattere, in un moto incessante sulle acque del Mediterraneo. Quello del marinaio era però un mestiere estremamente pericoloso: non solo per i capricci del clima – il mare nostrum dei Romani è più infido di quel che si possa pensare, con i suoi repentini mutamenti di pressione atmosferica e le conseguenti rabbiose burrasche – ma per la vulnerabilità delle imbarcazioni che navigavano isolate. Da quando esiste il commercio, infatti, esistono predoni pronti a sfruttare la debolezza di chi lo esercita. Per ben due volte, nel corso dei suoi viaggi (Odissea, 3.71-4; 9. 252-5), Ulisse viene accolto con un saluto che rivela la costante preoccupazione, alle origini della nostra civiltà, di distinguere tra naviganti buoni e cattivi, che spesso potevano essere le stesse persone in situazioni diverse: “O stranieri, chi siete? Da dove siete giunti, lungo le vie del mare? State viaggiando per commerciare, o state vagando come pirati, che rischiano il loro corpo e la loro anima per causare danno ad altra gente?”. Nell’antichità. Chi vive sulla terra ha paura di chi arriva dall’acqua. Ne ha motivo: dall’alba della Storia, quando i misteriosi Popoli del mare razziavano le coste dell’Egitto, fino alle incursioni dei pirati barbareschi del XVIII secolo, il profilarsi all’orizzonte di una snella nave armata portava con sé una minaccia di morte, saccheggio e schiavitù. Ma le incursioni

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PROTAGONISTI

MUSSOLINI LI VOLEVA COME ROMMEL, COMANDANTI CHE VIVEVANO NEL PROPRIO CARRO. INVECE SI RITROVÒ UN ESERCITO OTTOCENTESCO

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POPPERFOTO/GETTY IMAGES

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all’8 al 14 febbraio 1940 si riunì la sessione della Commissione suprema di difesa presieduta da Mussolini, alla quale presero parte i più importanti gerarchi del regime e gli alti comandi militari. Si trattò dell’ultima riunione, in tempo di pace, in cui il partito favorevole all’opzione bellica si confrontò, a denti stretti, con i fautori dell’astensione dell’Italia dal conflitto. A un certo punto della discussione il Duce se ne uscì magnificando il nuovo cannone da 90 mm della difesa antiaerea, definendolo il migliore al mondo. Peccato che il primo esemplare sarebbe stato disponibile soltanto alla fine di quell’anno! Questo episodio rende molto bene l’idea del clima di quasi totale improvvisazione in cui l’Italia entrò in guerra, il 10 giugno 1940. L’eredità del ’15-’18. Si è a lungo dibattuto su chi fossero i principali responsabili della disfatta cui la nazione andò incontro. Una certa storiografia ha inteso imputare alle sole gerarchie militari il peso della sconfitta, dipingendo i generali di Mussolini come un’accozzaglia di traditori, di codardi e di corrotti, quasi a voler assolvere il dittatore dalle sue colpe. In realtà, senza nulla togliere alle responsabilità degli alti comandi delle Forze armate, bisogna convenire che il capo del fascismo affrontò la guerra con dilettantesca superficialità. A differenza di Hitler, al quale va riconosciuta una certa competenza in materia, il Duce era quasi digiuno di cose militari. La sua preparazione specifica era limitata in gran parte alle sole letture, tanto che il generale Mario Roatta sostenne che “la sostanza, l’essenza vera delle questioni militari gli sfuggivano”. L’osservazione appartiene a uno degli ufficiali più controversi dell’esercito del Duce: Roatta è una figura alquanto controversa: responsabile del Servizio informazioni militari (Sim), fu dapprima sottocapo di Stato maggiore generale e poi, nel 1941-’42, capo di Stato maggiore dell’Esercito. A lui si dovettero le direttive draconiane emesse nel 1942 sul fronte jugoslavo, nelle quali si imponeva il pugno di ferro per stroncare la resistenza dei partigiani titini. Mussolini, da un punto di vista teorico, era un sostenitore dell’esercito di massa, dove i cittadini mobilitati avrebbero dovuto combattere sotto lo sprone morale di una nazione militarizzata attraverso la capillare presenza del Partito fascista nella vita civile. Ma doveva fare i conti con il Regio esercito, che anche dopo l’avvento del regime mussoliniano conservò a lungo la sua fisionomia piemontese. Infatti, le forze armate terrestri, guidate da ufficiali fedeli alla Casa reale, ancora all’inizio degli anni ’30 erano organizzate sulla scorta di criteri “difensivi”, basati sulla quantità invece che su più moderne logiche “offensive” fondate sulla qualità. Per di più, gli alti comandi erano in larga maggioranza conservatori e resistettero tenacemente all’introduzione di filosofie innovative. A capo di Stato maggiore delle forze armate, fin dal 1925,

L’ISPEZIONE

1936, a Littoria, accompagnato dal federale della città e dai suoi ufficiali, Mussolini passa in rassegna reparti di bersaglieri in partenza per l’Africa Orientale.


I GENERALI DEL DUCE


WARS

LIVING HISTORY

TOLENTINO 1815-2015 A cura di Camillo Balossini

N

el giorno 2 fin dal sorgere della luna incominciò un fuoco vivissimo fra gli avamposti dei due corpi...”. Comincia così il racconto di testimoni della Battaglia di Tolentino, considerata da molti storici come la prima per l’indipendenza italiana. Combattuta fra le truppe di Gioacchino Murat (cognato di Napoleone Bonaparte e re di Napoli) e l’esercito austriaco guidato dal barone Federico Bianchi, vide la sconfitta dei murattiani con il conseguente ritorno dei Borbone nel Regno di Napoli dopo la fuga di Murat in Francia. Nelle Marche – dove dal 1° al 3 maggio scorsi si sono svolte le commemorazioni per il bicentenario della battaglia – Murat schierò ben 34.000 uomini, 5.000

cavalli e 48 cannoni; per contro, Bianchi disponeva di 12.000 uomini, 1.450 cavalli e 28 cannoni. Una forza nettamente inferiore, che per uno strano destino ebbe la meglio sull’armata reale napoletana. Infatti, sebbene nella prima giornata di combattimenti (2 maggio) i napoletani prendessero il controllo del Castello della Rancia (Tolentino), il giorno seguente a Pollenza un’errata manovra militare del generale napoletano D’Aquino riportò lo scontro in parità. Rievocazione. Nella spianata che dal castello digrada verso il fiume Chienti è stato un susseguirsi di cariche di cavalleria, rombo di cannoni e crepitii di fucili. I reenactors che hanno preso parte alla rievocazione hanno ripetuto le azioni di una battaglia segnata da informa-

zioni probabilmente falsate. Quelle che vennero riportate a Murat dai messaggeri, secondo i quali gli austriaci erano avanzati verso sud, forzando la stretta di Antrodoco e occupando L’Aquila senza combattere; inoltre, in Abruzzo e in Calabria erano in corso sollevazioni filoborboniche. Notizie tali da indurre il re a ordinare la ritirata generale, mentre il suo esercito, che per mesi aveva tenuto testa al nemico, a causa della durezza dei combattimenti e della scarsità di viveri cominciò a sciogliersi come neve al sole, con le diserzioni che andavano moltiplicandosi durante il ripiego verso sud. L’amaro epilogo della guerra austronapoletana, con la sconfitta di Murat, segnò la fine del sogno d’unità e indipendenza del popolo italiano. d

L’AZIONE

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WEB

www.tolentino815.it

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C. BALOSSINI (3)

A lato, fuoco di fila dei granatieri austriaci. A destra, la fanteria di linea di Murat. Sotto, cavalleggeri del 2° Reggimento del Regno di Napoli (1808-1815) attaccano un reparto di granatieri dell’esercito austriaco in formazione di quadrato.

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