IL MEGLIO DI FOCUS STORIA - STORIE D'ITALIA

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GLI SPECIALI DI FOCUS STORIA N°117

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a i l a t i ’ d e i r o t s RE T L A E o m er l a p i d i r to a l a n g u p i

Il principe assassino ■ Il “Magnifico” delle Prealpi ■ Il “dotto putto” ■ Il mostro di Milano ■ Rosalia, pasionaria dei Mille ■ Salerno capitale ■ Un’ippoferrovia sul Ticino ■ La regina di Puglia... ■


storie d’italia CRONACHE E PERSONAGGI MEMORABILI DAL MEDIOEVO AL DOPOGUERRA

4 I PUGNALATORI DI PALERMO

48 IL PRINCIPE ASSASSINO

8 IL CASO MARTINONI

54 IL MOSTRO

14 DA VICENZA AL VIETNAM 18 UN PANTANI D’EPOCA 22 LA REGINA DEL TACCO 28 L’OSTE CHE FECE UN ’48 32 IL RAPITORE DI MONNA LISA 36 L’ULTIMA ESECUZIONE 40 IL MIRAGGIO

DELL’IPPOFERROVIA

44 IL DOTTO PUTTO

re i r p o c da r is

DI MILANO

58 UN INCHINO DI TROPPO 62 UN ANARCHICO A NEW YORK 66 SALERNO CAPITALE 70 L’INVENZIONE DEL PARLAMENTO 76 IL TRENO DELLA MORTE 80 IL “MAGNIFICO” DELLE PREALPI

96 GLI ULTIMI ECCIDI 100 ROSALIE MONTMASSON,

PASIONARIA

88 L’ISOLA DEI FEMMINIELLI

104 IL BOMBAROLO

92 LA VENDETTA DI FRA DIEGO

110 MARTIRI OPERAI 3


STORIE D’ITALIA PALERMO

Il 1° ottobre 1862 a Palermo vengono assalite 13 persone: uno degli attentatori indica come mandante l’uomo più potente di Sicilia, senatore del regno. La “strategia della tensione”, un secolo prima


STORIE D’ITALIA TRASAGHIS (UD)

Nel 1927 il campione del ciclismo Ottavio Bottecchia fu trovato agonizzante lungo una strada friulana. Una morte misteriosa, che ricorda quella del “Pirata” romagnolo

UN PANTANI

D’EPOCA

Mistero friulano Nel disegno, la scena del ritrovamento del ciclista agonizzante, nel 1927. A sinistra, Bottecchia nel 1920.

A. MOLINO

AFP/GETTY IMAGES

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giugno 1927, 9 e 30 del mattino. A Peo­ nis, frazione di Trasaghis (all’epoca in provincia di Udine), lungo la strada stretta e sconnessa incassata tra la mon­ tagna e il Tagliamento, Ottavio Bottecchia, cor­ ridore di fama mondiale, viene trovato privo di conoscenza accanto alla sua bicicletta: una feri­ ta gli squarcia la nuca e sanguina in abbondan­ za. Portato a braccia dai primi soccorritori in una vicina osteria, poi caricato su un carretto, il ferito raggiunge l’ospedale di Gemona dove morirà il 15 giugno dopo lunga agonia. Una fine tragica, che alimenterà dubbi e sospetti, so­ prattutto a partire dagli anni Cinquanta. All’epoca la versione ufficiale par­ lò di una caduta accidentale. Bot­ tecchia, quel mattino in allena­ mento solitario sulle strade di casa, avrebbe sbattuto la te­ sta contro un paracarro o una pietra dopo aver sban­ dato nell’atto di chinarsi per allacciare i cinturini del pedale, oppure nel tentativo di scansare un’auto, o ancora in seguito a un improvviso “ma­ lore”, una delle poche parole da lui stesso biascicate nei rari momenti di lucidità. Tra i giornali, solo il Messaggero scrisse di “una tragedia avvolta nel mistero”. Mancavano testimoni oculari. Si dice che un brigadiere di Gemona troppo zelante nel­ le indagini fosse stato convocato nella locale se­


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STORIE D’ITALIA

La storia del bambino di Budrio che, adottato da un frate, nel ’600 diventò un prodigio da esibire alle eminenze romane

MARKA

BUDRIO (BO)

PUTTO

L

a storia del “dotto putto” Giacomo Martino Modanesi, meglio conosciuto come “il bambino di Budrio”, è di quelle che in pochi ricordano. Eppure è singolare: ha come protagonista un fanciullo che a metà Seicento, a soli 7 anni, era in grado di parlare greco, latino e aramaico. Non solo. Sosteneva anche dispute teologiche con i principi della Chiesa. A confermarlo le Esercitazioni Scientifiche e Letterarie dell’Ateneo di Venezia (1834) e ancora prima le Notizie della vita e delle opere degli scrittori nati negli stati del serenissimo signor Duca di Modena di Girolamo Tiraboschi (1783). Ma è grazie a Fedora Servetti Donati, una storica di Budrio (Bologna), che questa vicenda è uscita dall’oblio. 44

Bambino di strada. Tutto ha inizio in Veneto, nella terra d’Adria, dove il bambino viene al mondo in una famiglia molto povera. Il padre faceva il conciatore di canapa e si trasferì a Budrio (oggi provincia di Bologna, allora Stato pontificio), quando lui era neonato. Non a caso: la coltivazione della canapa da quelle parti, fin dal XV secolo, era una delle principali fonti di sostentamento. Troppo impegnato a lavorare, il conciatore si dimenticò di avere un figlio. Giacomo cresceva così in mezzo alla strada, spesso mendicando un pezzo di pane. Fu proprio chiedendo l’elemosina che il piccolo si imbatté in quello che diventò il suo tutore, nonché unico adulto di riferimento. Per un piatto di minestra, Giacomo gli recitò tutto l’ufficio divino in latino.

A. MOLINO

IL DOTTO


Le so tutte! Il bambino nel convento di Budrio, dove trascorse l’infanzia. In alto a sinistra, il palazzo comunale della città .


STORIE D’ITALIA MILANO

Impiccato l’8 aprile 1862, Antonio Boggia fu il primo serial killer dell’Italia unita. Fece a pezzi quattro persone, suscitando l’orrore dei lombardi

IL MOSTRO DI MILANO

A

veva appena passato la sessantina, ma sembrava più giovane, portava i capelli bianchi lunghi, aveva folte sopracciglia nere e piccoli occhi verdi. “Di modi calmi, con un esteriore quasi di bonarietà, esatto osservatore delle pratiche religiose, estraneo, almeno apparentemente, a viziose tendenze”. Così lo definiva il quotidiano La Lombardia. A vederlo non pareva possibile che fosse un assassino. L’uomo, che si chiamava Antonio Boggia, era seduto in un ufficio del Palazzo di Giustizia di Milano con l’accusa di avere ucciso una donna. Interrogato per oltre due settimane continuava però a dichiararsi innocente e a lamentare forti dolori alla testa. Era il marzo del 1860 e di fronte a lui si trovava il giudice che l’aveva fatto arrestare, Giulio Cesare Crivelli. Un vicino di casa del Boggia, tale Giovanni Maurier, preoccupato per la prolungata assenza della madre, Ester Perrocchio, aveva sporto denuncia accusando Antonio. La donna era scomparsa da dieci mesi e Boggia, guarda caso, aveva ricevuto subito dopo una procura per gestire i beni della signora, in particolare il palazzo di via Santa Marta. Contro l’uomo c’erano testimonianze inequivocabili, 54

una su tutte quella del notaio a cui si era rivolto per impossessarsi dei beni della Perrocchio: “Dalle di lui disposizioni (deposizioni, ndr) risultò che la donna presentatasi come la Ester Perrocchio era, non già ottuagenaria, ma poco più che quarantenne”, riportava sempre La Lombardia. Una svista che costò cara al Boggia, poiché consentì agli inquirenti di iniziare a chiu-

Antonio Boggia, il primo serial killer italiano, nato a Milano nel 1799.

dere il cerchio. Per placare Maurier, Boggia gli aveva persino offerto quello stesso appartamento: la Perrocchio, secondo quanto raccontava lui, aveva deciso di trasferirsi a Como.

Un cadavere smembrato in contrada Santa Marta Mancava a questo punto solo una confessione. Quando Boggia si accorse di non avere più scampo, e sperando in una riduzione di pena, confessò “di avere uccisa la Perrocchio nel maggio dell’anno scorso, di averla sepolta nella casa ch’essa possedeva ed abitava in contrada di Santa Marta, d’aver quindi ottenuto il mandato di procura, presentando una persona che si facesse credere essere la Perrocchio ed aver trattati parecchi interessi della sua vittima con questo falso mandato”. Così il giudice, il pomeriggio di quello stesso giorno, dispose una perquisizione nella casa di via Santa Marta. Dove, scavando in un sottoscala, fu ritrovato il cadavere della povera donna, mutilato e in stato di decomposizione, le gambe staccate dal busto da una parte e il cranio dall’altra, fracassato e riempito con frammenti ossei. Ester Perrocchio non soltanto era stata uccisa, ma anche orrendamente fatta a pezzi.


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Antonio Boggia è un cattolico molto devoto: qui è rappresentato mentre porta il baldacchino durante una processione.

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Boggia sferra il primo colpo di scure contro Angelo Ribbone, attirato nel magazzino della “Stretta” (vicolo) Bagnera con la scusa di vendergli alcuni tubi.

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Ester Perrocchio viene uccisa nella propria abitazione. Boggia, dopo aver frugato in casa in cerca di valori, si ferma addirittura a dormire lì.


Gli Alleati erano sbarcati e l’Italia era divisa in due. Mentre a Cassino si combatteva, nel 1944 il potere regio si spostò per 6 mesi nella città campana

SALERNO

ARCHIVI FARABOLA

CAPITALE

L

a battaglia di Cassino era nella sua fase più sanguinosa. Era il febbraio del 1944 e i tedeschi resistevano da un mese. Gli angloamericani, sbarcati a Salerno il 9 settembre del 1943 e poi ad Anzio il 22 gennaio del 1944, decisero di consegnare al governo “co-belligerante” del maresciallo Pietro Badoglio i territori liberati nel Sud d’Italia. Un atto di buona volontà, anche se quel Regno d’Italia dimezzato restava sotto la tutela dei liberatori. Trasloco. In attesa di Roma, liberata solo il 4 giugno, fu deciso lo spostamento del governo a Salerno. Dopo Brindisi, sarebbe diventata

Un piccolo regno la capitale provvisoria dell’Italia da ricostruire. Nel decreto ufficiale, Badoglio scrisse che “tutti i territori della Penisola, a sud dei confini settentrionali delle province di Salerno, Potenza e Bari, ritornano all’amministrazione italiana”. Per motivi strategici non erano incluse Lampedusa, Pantelleria e Linosa, ma c’erano la Sicilia e la Sardegna. L’Italia era divisa in due e Napoli, con il suo porto, era base logistica per i rifornimenti e le truppe impegnate a Cassino: per questo gli americani esclusero che potesse diventare la capitale provvisoria. L’unica ipotesi realistica restava dunque Salerno.

Nella pagina a sinistra, popolazione e truppe alleate nel porto di Salerno, dal febbraio all’agosto 1944 capitale del Regno del Sud. Qui sopra, riunione del Consiglio dei ministri nel Palazzo di città, sede del nuovo governo.

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Just married Il matrimonio tra un sergente statunitense e una giovane salernitana. Nel 1944, furono molti i matrimoni “misti” tra soldati delle forze alleate e le ragazze di Salerno.

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A Salerno confluirono 29 carri merci e solo 380 persone. E i Savoia, questa volta con la benedizione degli Alleati Uffici, documenti e personale del governo partirono da Brindisi tra il 3 e il 5 febbraio. Non fu una fuga, come quella del 9 settembre 1943 da Roma alla volta del Sud. Stavolta, tutto avvenne alla luce del sole. E con la benedizione alleata. La colonna era formata da 29 carri merci, che si mossero da Brindisi, Taranto, Bari e Lecce dove, per 5 mesi, si era concentrato il piccolissimo Regno del Sud. A Salerno si trasferirono 380 persone. Al suo arrivo, il 10 febbraio, Badoglio si affacciò dal balcone del municipio per ringraziare la folla.

Comodità e miserie. La prima riunione del Consiglio dei ministri si tenne l’11 febbraio nel Salone dei marmi del Palazzo di città, diventato sede del governo. Tra i ministri, il salernitano Giovanni Cuomo, professore settantenne, responsabile dell’Educazione nazionale. E poi un salernitano di adozione: Raffaele Guariglia, napoletano di nascita, 55enne dalla brillante carriera di ambasciatore. Proprio la villa di Guariglia, a Vietri sul Mare, fu una delle sistemazioni trovate per il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena. L’altra fu Villa Episcopio, di proprietà


STORIE D’ITALIA

Nel 1231, in pieno Medioevo, in un angolo del Nord-Est

L’INVENZIONE

ARCH.PARR.S.MARIA ANNUNZIATA - UDINE/RES

FRIULI

BIBL. GUARNERIANA S.DANIELE DEL FRIULI/RES

E Politica e santità Un sigillo della Patria del Friuli, dove nacque il primo parlamento. In alto, il patriarca Bertrando, che nel ’300 rafforzò questa istituzione, in un dipinto del Museo del Duomo di Udine. 70

ra una giornata afosa d’estate quando i signori feudali del Friuli, le alte cariche ecclesiastiche e i rappresentanti dei castelli e dei borghi si recarono a Cividale, convocati dal patriarca di Aquileia. Era il 6 luglio del 1231, in pieno Medioevo, e bisognava stabilire i dazi da far pagare nel territorio. Il Friuli era la porta attraverso la quale passava tutto ciò che dall’Europa CentroOrientale giungeva in Italia, e viceversa, e bisognava concordare una politica comune per evitare una dispersione di ricchezze che non sarebbe andata a vantaggio di nessuno. Forse non lo sapevano, ma i partecipanti a quell’assemblea stavano dando vita al primo parlamento, più antico perfino di quello inglese (del 1265). Tante novità. Gli anni del Medioevo sono stati etichettati come “secoli bui”, in cui regnavano l’oppressione, la miseria

e l’ingiustizia, mentre tutto il potere era nelle mani di sovrani, principi e feudatari. Ma il Medioevo fu anche un’epoca di invenzioni e innovazioni, dagli occhiali alle università. Il parlamento fu una di queste, ed ebbe uno sviluppo particolare proprio in Italia, a partire da quelle zone in cui il principe aveva bisogno di un maggiore controllo sul potere dei piccoli ma potenti signori feudali. Questi ultimi, infatti, nella pratica avevano giurisdizione pressoché assoluta sui territori che controllavano ed erano i maggiori evasori fiscali del tempo. Proprio per questo, all’epoca esistevano già assemblee “parlamentari” in Inghilterra, Francia, Germania e Italia (v. riquadro nell’ultima pagina dell’articolo), che però si occupavano quasi esclusivamente della riscossione dei tributi. Il Parlamento del Friuli fu il primo a svolgere un ruolo più ampio, che può essere paragonato per


nasceva un’istituzione che anticipò alcune forme della democrazia moderna

molti aspetti a quello delle assemblee moderne: una vera rivoluzione concettuale. Per volere di Enrico IV. Tutto ebbe inizio nel 1077, quando il Friuli era parte del Sacro romano impero. L’imperatore Enrico IV aveva ritenuto il patriarca di Aquileia (un vescovo) meritevole non solo di esercitare il potere spirituale, ma anche di ottenere in feudo vasti territori nell’attuale Canton Ticino, in Carinzia (Austria), in Istria e nel Nord-Est d’Italia. Nacque così la “Patria del Friuli”. In queste zone era già prassi che nobili e alti prelati si riu­nissero in assemblee, retaggio delle riu­nioni tribali introdotte dai barbari al tramonto dell’Impero romano: fu naturale che quelle riunioni si formalizzassero in una tipologia di Stato per certi aspetti paragonabile a quella moderna. Per cominciare, alle sedute del Parlamento erano ammessi i rappresentanti

M.SMITH/ REALYEASYSTAR

DEL PARLAMENTO

A volo d’angelo Antica mappa di Udine, che a partire dal ’400 divenne

il luogo di riunione del Parlamento del Friuli (prima dislocato in varie località). 71


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