Wars 21

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N°21 Maggio 2016 d € 6,90

SOLDATI E BATTAGLIE NEI SECOLI BELLE ÉPOQUE

Le uniformi degli eserciti europei alla vigilia della Grande guerra

LA GUERRA ANFIBIA NEGLI SBARCHI PIÙ SPETTACOLARI

146 A.c. Cartagine 55 A.c. britannia 961 creta 1274 Giappone 1565 malta 1799 Olanda 1848 messina 1915 gallipoli 1944 normandia 1945 Iwo Jima 1950 Inchon

Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR

ASSALTO DAL MARE PRINCIPE EUGENIO

Il geniale condottiero che apparteneva a Casa Savoia e combatteva per gli Asburgo

COREA DEL NORD

Oltre la propaganda e il folclore, ecco com’è veramente l’esercito di Pyongyang

I CACCIA

L’evoluzione degli aerei da combattimento, dal Fokker del Barone Rosso al 1939


WARS

SOMMARIO

La guerra anfibia: sbarchi e invasioni

Il momento della verità è sempre quando si aprono i portelloni, calano le rampe oppure accostano le imbarcazioni alla spiaggia. Che si tratti di dromoni bizantini, di galere romane, oppure di LST della Seconda guerra mondiale, è in quell’istante, subito prima di mettere piede sulla battigia, che il soldato capisce se lo aspetta un’impresa sanguinosa, dalla quale potrebbe non uscire vivo, oppure se, per quei miracoli che talvolta avvengono anche in guerra, raggiungere la terraferma si rivelerà sorprendentemente facile. Non che questa sia una garanzia, come si è visto a Iwo Jima, cominciata come una passeggiata e finita come sappiamo. Jacopo Loredan d direttore

WARS I NOSTRI ESPERTI

Le forze armate di Kim Jong-un, tra propaganda e minaccia nucleare.

10 UNIFORMOLOGIA GLI ESERCITI DELLA BELLE ÉPOQUE

Prima della Grande guerra le divise rilucevano per eleganza e colori.

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PRIMO PIANO

SBARCHI, ASSALTO DAL MARE

Le operazioni anfibie dall’antichità ai giorni nostri. A.C. CARTAGINE 20 146 CARTHAGO DELENDA EST

Ecco come Scipione Emiliano distrusse la potenza rivale.

A.C.-1940 INGHILTERRA 26 55ENGLAND LANDING

Tutti hanno cercato di invadere le isole britanniche, da Cesare in poi.

CRETA 30 960-961 CATAFRATTI SULLA BATTIGIA

Con un vero assalto anfibio i Bizantini strapparono l’isola agli emiri.

GIAPPONE 36 1274-1281 IL VENTO DIVINO

Il kami-kaze, il tifone, spazzò via la flotta d’invasione di Kubilaj Khan.

MALTA 40 1565 PER IL MARE BIANCO

Fu l’operazione anfibia più ambiziosa dell’Impero ottomano, e fallì.

GIORGIO ALBERTINI

Milanese, 46 anni, laureato in Storia medievale, illustratore professionista per case editrici e riviste (giorgioalbertini.com).

GASTONE BRECCIA

OLANDA 46 1799 SCONTRI SULLE DUNE

L’invasione anglo-russa dell’Olanda Settentrionale finì con la ritirata.

MESSINA 48 1848 GUERRA SULLO STRETTO

La città siciliana fu invasa e messa a ferro e fuoco dai Borbone.

Livornese, 52 anni, bizantinista e storico militare, ha pubblicato saggi sull’arte della guerra, sulla guerriglia e sulla missione ISAF in Afghanistan.

GALLIPOLI 52 1914 LA BAIA DELL’A NZAC

ANDREA FREDIANI

US MARINE CORPS 58 1775-2016 FIRST TO FIGHT

Romano, 52 anni, medievista, ha scritto vari saggi di storia militare e romanzi storici di successo (andreafrediani.it).

FABIO RIGGI

Romano, 43 anni, si occupa di tematiche militari a livello professionale. Ha collaborato con riviste militari specializzate.

WARS LIVING HISTORY RECENSIONI

4 APPROFONDIMENTI COREA DEL NORD

RUBRICHE PAG. 81 PAG. 82

Un disastro che a Churchill costò la campagna, agli australiani la vita.

Dalla fondazione a Iwo Jima, fino a oggi, la storia dei Marines.

NORMANDIA 64 1944 IL D-DAY CHE SALVÒ L’EUROPA

L’Operazione Overlord ricostruita in una ricca infografica.

IWO JIMA 66 1945 PACIFICO DI SANGUE

Uno degli scontri più duri della Seconda guerra mondiale.

INCHON 68 1950 IL CAPOLAVORO DI MACARTHUR

Tutta la genialità del generale nell’operazione anfibia in Corea.

70 PROTAGONISTI LA SPADA DELL’IMPERO

Le imprese di Eugenio di Savoia, fra i più grandi generali di sempre.

In copertina, preparativi per lo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944: a Slapton Sands (Devon, Inghilterra), i soldati si esercitano a sbarcare da un mezzo LCVP (Landing Craft Vehicle & Personnel).

AEREA 74 GUERRA L’EVOLUZIONE DEI CACCIA

Velivoli e assi dell’aria dal 1914 alla vigilia della II guerra mondiale. S

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APPROFONDIMENTI

LE FORZE ARMATE DI KIM JONG-UN POTREBBERO SEMBRARE UN ESERCITO DA OPERETTA, IN REALTÀ A DISPETTO DEL CÔTÉ FOLCLORISTICO POSSONO CONTARE SU UN NOTEVOLE POTENZIALE BELLICO E SU INGENTI RISORSE UMANE

COREA DEL NORD Il 38° parallelo

AP/ANSA

N

ella penisola coreana è in atto una pace armata che dura da più di 60 anni, infatti sul confine indicato dal 38° parallelo è concentrato uno dei più massicci spiegamenti di forze militari del mondo. Questa linea di demarcazione separa la Corea del Sud dalla Corea del Nord, assimilabile a un vero Stato-caserma con un apparato militare numericamente imponente. L’esercito nordcoreano. Seppure ancora in buona parte equipaggiato con materiale datato di provenienza ex-sovietica e cinese, l’Esercito popolare coreano, componente terrestre dello strumento militare di Pyongyang, è uno dei più grandi del mondo e conta circa 950.000 effettivi. È affiancato dalla Marina e dall’Aeronautica, che insieme contano altri 150.000 uomini circa. Alle forze armate regolari vanno ad aggiungersi le Unità di addestramento della Riserva militare, la Milizia dei contadini e dei lavoratori e altri corpi para-militari che portano il totale di uomini in armi o potenzialmente mobilitabili alla stupefacente cifra di oltre 5 milioni. Fabio Riggi


PRONTI A TUTTO Ottobre 2015, soldatesse addette a un lanciarazzi multiplo d’artiglieria in parata militare per le strade di Pyongyang. Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha appena dichiarato che il suo Paese è «pronto a combattere qualsiasi guerra che gli Stati Uniti dovessero scatenare».

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UNIFORMOLOGIA

LE DIVISE DELLA

BELLE ÉPOQUE ALLA VIGILIA DELLA GRANDE GUERRA LE UNIFORMI RILUCEVANO PER ELEGANZA E COLORI

N

egli anni tra la fine dell’Ottocento e il Primo conflitto mondiale la guerra si sposta in terre lontane, nelle colonie d’oltremare. Luoghi sconosciuti ed esotici, dove per ragioni di clima, igiene e tattica occorre un abbigliamento dai colori neutri, spesso mimetici: cachi per gli inglesi, bianco e blu i francesi, grigio i russi, beige gli italiani. Uniformi buone per confrontarsi con i boeri sudafricani, il Bey di Tunisi o i mahdisti sudanesi, nel Tonkino come a Burma, in Siam o in Etiopia. Ma nelle ricche capitali europee la musica cambia. È nei bistrot di Parigi, nelle parate di Londra, lungo i viali di Berlino che i soldati della Belle Époque collezionano i loro più grandi successi. Il cotone leggero viene riposto nei bauli della guarnigione e in libera uscita si sfoggiano tenute in stoffe preziose dai colori sgargianti, giacche foderate di seta, galloni dorati, fregi in ottone, pennacchi, piumetti e code di cavallo. Se nelle campagne coloniali si deve rendere il soldato un bersaglio meno visibile, qui invece la divisa è il simbolo di uno Stato, qualunque sia il grado di chi la indossa. L’orgoglio nazionale. Ma non si tratta di un’eredità settecentesca o di estetica: nel quarantennio di pace armata che precede la Grande guerra le nazioni si pavoneggiano nelle rutilanti divise anche per affermare l’identità nazionale – spesso appena acquisita, come nel caso dell’Italia e della Germania – o per comunicare agli altri la loro forza bellica. Come a dire, “siamo pronti”. Eppure, mentre le uniformi presentano ancora stili per molti versi napoleonici, l’innovazione tecnica ha già aumentato la potenza micidiale degli eserciti moderni. Fucili a retrocarica, cartucce con bossoli metallici, artiglieria in ghisa, armi a ripetizione accompagnano gli eleganti ufficiali verso la spaventosa carneficina della Prima guerra mondiale, per dilaniare nel sangue e nel ferro le variopinte divise della Belle Époque. d Giorgio Albertini

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FRANCIA TENENTE DEL 19E RÉGIMENT DE DRAGONS

Fondato nel 1793, il Reggimento dragoni ha preso parte alle battaglie più importanti della storia francese. La giacca blu scuro con gli alamari neri appartiene alla nuova divisa del 1887.


GERMANIA KGL.SACHS. 7.INFANTERIE-REGIMENT KÖNIG GEORG NR. 106

RUSSIA REGGIMENTO GRANATIERI A CAVALLO DELLA GUARDIA IMPERIALE

A San Pietroburgo esiste ancora una via intitolata a questo reggimento della Guardia, fondato nel 1651. Il granatiere indossa un elmo in pelle nera con la cresta di crine di cavallo che lo sormonta da parte a parte. Sul retro, una lunga nappa rossa termina con un fiocco dorato.

REGNO UNITO 10TH REGIMENT OF FOOT LINCOLNSHIRE

Fondato nel 1685 dal primo conte di Bath, nel corso del XIX secolo questo reggimento di fanteria ha partecipato a molte campagne in India, Giappone, Sudan e Sud Africa. La classica giacca rossa dell’esercito inglese all’epoca era abbinata a un casco chiodato.

Nato come 7° Reggimento sassone, con base a Lipsia, nella divisione regionale della Germania imperiale diventa il 106° Reggimento di fanteria. Nell’alta divisa, il caratteristico elmo chiodato prussiano (Pickelhaube) è arricchito da una coda di cavallo e le buffetterie sono in cuoio bianco, anziché nel più comune cuoio nero.

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SBARCHI CARTAGINE 146 A.C.

ROCIO ESPIN

QUANDO NON ESISTEVANO MEZZI ANFIBI NÉ TRUPPE DA SBARCO, ROMA SALPÒ PER L’AFRICA E PORTÒ GUERRA ALLA PIÙ GRANDE POTENZA MARITTIMA DEL MEDITERRANEO, CANCELLANDOLA

CARTHAGO

RINFORZI DA ROMA

Nel 147 a.C. Scipione Emiliano viene inviato a espugnare Cartagine. Il generale combina insieme operazione anfibia e terrestre, con l’attacco dal mare e dalla spiaggia prospiciente il lago di Tunisi. Ecco le galee romane che fanno sbarcare i rinforzi davanti alle mura della potenza punica. In alto a sinistra, la pianta con la città alta, Byrsa, e il Cothon, il porto militare (di forma circolare).

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Scipione , un Emilio adottato dal figlio di Scipione Africano, erede pertanto di una eccelsa tradizione militare, tornò a Cartagine all’inizio del 147, subito dopo l’elezione a Roma, proprio mentre i Romani subivano l’ennesimo scacco. Gli assedianti erano riusciti a penetrare entro le mura, nel sobborgo di Megara, ma i difensori punici si erano assiepati lungo le alture che dominavano il mare, e non esitarono a investirli con scariche di massi. I Romani si salvarono solo grazie all’arrivo di Scipione che, con le sue navi, poté raccogliere e imbarcare i fuggitivi in rotta. Era l’ennesimo assalto fallito dei tanti condotti prima dai consoli Marcio Censorino e Manio Manilio, poi dai loro successori Ostilio Mancino e Calpurnio Pisone. Molto più efficaci si erano Scipione Emiliano (184 ca-129 a.C.) Era figlio naturale del conquistatore dei Macedoni, Lucio Emilio Paolo, e nipote adottivo di Scipione l’Africano, il generale che aveva sconfitto Annibale.

DELENDA EST

CREATIVE ASSEMBLY SEGA

E

letto a furor di popolo. Scipione Emiliano non aveva neppure l’età per concorrere alla più modesta delle magistrature, l’edilità, quando i Romani lo proclamarono console, con il comando delle operazioni in Africa. In quei luoghi, nei due anni precedenti, il giovane tribuno si era distinto nel lungo assedio a Cartagine. I Romani non riuscivano a venirne a capo, nonostante vi stessero impiegando ingenti risorse. I consoli degli anni precedenti, giunti davanti alla città con la convinzione di fare un solo boccone di un avversario ormai lontano dai fasti dell’epoca di Annibale, si erano scontrati con la determinazione dei Punici, che avevano incrementato la produzione di armi forgiando con oro e argento, in mancanza di bronzo e ferro, 100 scudi, 300 spade, 500 lance e 1.000 frecce al giorno. Perfino le donne di ogni ceto contribuivano alla difesa con i propri capelli, destinati a fabbricare le corde per le catapulte.


SBARCHI GALLIPOLI 1915

LA BAIA DELL’

ANZAC

DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE L’ASSALTO ANFIBIO ALLA PENISOLA DEI DARDANELLI FU IL PRIMO PASSO DI UNA CAMPAGNA DISASTROSA, FINITA CON LA SCONFITTA E IL SACRIFICIO DEI SOLDATI INGLESI E AUSTRALIANI


SOTTO TIRO

N

otte di primavera sul mar Egeo: immobile e serena, senza luna né vento. Alle 2:30 una vedetta del 27° Fanteria, uno dei reggimenti della 9a Divisione turca schierata a difesa del settore sud della penisola di Gallipoli, riuscì a distinguere sulla linea dell’orizzonte forme più scure del buio: erano navi nemiche, a decine, e si stavano avvicinando. Cinquanta minuti dopo il generale Otto Liman von Sanders, comandante della 5a Armata, ricevette il messaggio che stava aspettando dal 18 marzo, quando le mine avevano fermato la squadra navale anglo-francese che tentava di forzare i Dardanelli: la grande offensiva che avrebbe dovuto portare le forze alleate a Costantinopoli era finalmente cominciata. Alle 4:40 l’artiglieria ottomana aprì il fuoco. Gli shrapnel (le granate) cominciarono a esplodere tra le imbarcazioni che si avvicinavano alla riva, spinte a forza di remi. Iniziarono a sparare anche mitragliatrici e fucili dalle trincee scavate sulle scogliere che dominavano le spiagge. Dal mare risposero i pezzi da 304 mm delle corazzate britanniche, capaci di scagliare proiet-

MONDADORI PORTFOLIO/BRIDGEMAN (2)

Forze britanniche sbarcano dalla carboniera SS River Clyde a Capo Helles, nell’invasione di Gallipoli del 1915. Molti furono falciati dal fuoco turco mentre scendevano dalle passerelle. A destra: “Abbiamo preso la collina”, dice il fante australiano nel manifesto di reclutamento riferito alla campagna nello stretto dei Dardanelli.

tili da 390 chili a 10 chilometri di distanza; più vicino alla riva, i cacciatorpediniere bombardavano le posizioni turche con i 152 mm a tiro rapido, mirando alle vampe dei cannoni sulle colline. L’obiettivo. Elaborato dal generale Ian Hamilton, il piano d’attacco era semplice e ottimistico: la 29a Divisione britannica del generale Hunter-Weston avrebbe preso terra sulle spiagge di capo Helles, all’estremità meridionale della penisola; il Corpo d’armata australiano e neozelandese (Anzac) del generale Birdwood doveva sbarcare invece nella baia di Ari Burnu, sulla costa occidentale, con il compito di tagliar fuori le truppe nemiche schierate più a sud; due attacchi diversivi, a est di Helles e sulla sponda asiatica dello stretto, avrebbero aumentato la confusione dei turchi. L’appoggio delle artiglierie navali avrebbe dovuto garantire la sicurezza delle teste di sbarco fino al consolidamento. Hamilton e il suo Stato Maggiore contavano di portare a terra quasi 30.000 uomini in poche ore, ma avevano gravemente sottovalutato la determinazione delle truppe ottomane e la solidità delle loro postazioni difensive. 53


SBARCHI US MARINE CORPS 1775-2016

FIRST TO FIGHT LO STEMMA L’iconografia dei Marines comprende in primo luogo lo stemma, con il globo, l’aquila americana, l’ancora e il motto ufficiale Semper fidelis (mentre il motto ufficioso da loro adottato è “Primi a combattere”).


“ “PRIMI A COMBATTERE”, QUESTO È IL LORO MOTTO. NELLA STORIA DEI MARINES AMERICANI, LA FORZA ANFIBIA PIÙ GRANDE E FAMOSA, C’È L’EPOPEA DI UNA POTENZA MILITARE

A IWO JIMA

AP/ANSA

Con questa foto emblematica il fotoreporter Joe Rosenthal si guadagnò il Premio Pulitzer, ma la scena fu in realtà ricostruita in loco dopo la battaglia: mostra la conquista del monte Suribachi, quando il 23 febbraio 1945 i Marines issarono la bandiera americana sulla sua cima.

F

rom the halls of Montezuma to the shores of Tripoli” (dalle sale di Montezuma alle spiagge di Tripoli) sono le prime parole dell’inno del corpo dei Marines degli Stati Uniti e rievocano le prime gesta compiute nella Storia di una delle istituzioni militari più importanti e celebrate: lo US Marine Corps (indicato spesso con l’acronimo USMC). Si tratta della più grande forza anfibia del mondo e negli Stati Uniti detiene il rango di vera e propria quarta Forza Armata, al pari di Esercito, Marina e Aeronautica, un caso unico. Ma in realtà i Marines rappresentano molto di più, una delle anime dell’America stessa: nell’immaginario collettivo sono loro i soldati americani per antonomasia e nel tempo hanno sviluppato un ethos così profondo da portarli ad avere quell’alto spirito di corpo che li contraddistingue. Nonni della patria. Un fatto curioso è che la storia dell’USMC è di un anno più antica di quella degli stessi Stati Uniti (la cui indipendenza fu dichiarata il 4 luglio 1776). Il corpo è nato infatti il 10 novembre 1775 quando il 2° Congresso continentale dispose la formazione di un reparto di fanteria di marina al comando del capitano Samuel Nicholas. Da quel momento i Marines si trovarono costantemente in prima linea nelle avventure belliche della loro giovane nazione. Quando nel 1801 il governo americano decise di intervenire contro i pirati barbareschi, che dal Nordafrica infestavano il Mediterraneo, i Marines presero parte all’operazione (v. Wars n. 18); durante la guerra contro il Messico sbarcarono nel porto di Veracruz e il 13 settembre 1847 parteciparono alla battaglia di Chapultepec, dando l’assalto all’omonimo castello noto anche come “le sale di Montezuma”. Sono queste le prime due imprese a essere IL PRIMO ricordate nelle parole iniziali dell’inIl capitano Samuel no. Successivamente, nel prosieguo del Nicholas fu il primo XIX secolo, i Marines subirono una ricomandante dei duzione degli effettivi e da alcune parMarines. Secondo la ti ne venne messo anche in discussione tradizione, il nucleo originale del corpo fu il ruolo. Ma con l’entrata degli Usa nel reclutato a Philadelphia primo conflitto mondiale vennero nonel 1775 in una taverna. tevolmente rafforzati e ancora una vola ta si misero in luce: nel 1917 la 2 Divisione Marines venne schierata in Francia e impiegata nelle operazioni nei settori di Soissons, Saint-Mihiel, e distinguendosi particolarmente nella battaglia della foresta di Belleau. Le piccole guerre. Negli anni successivi, a partire dal 1922, lo USMC entrò in una profonda fase di trasformazione tecnica e dottrinaria promossa da quello che si sarebbe rivelato uno dei suoi più importanti comandanti: il generale John Archer Lejeune. Questa evoluzione portò i Marines a spostare la propria attenzione dai compiti tipici della fanteria di marina (sicurezza a bordo, abbordaggio e piccole azioni di sbarco) a quelli propri di una grande forza da assalto anfibio in grado di condurre operazioni su vasta scala. Uno degli esiti di questi studi e sperimentazioni fu la pubblicazione del Manuale provvisorio sulle operazioni di sbarco, il quale divenne subito un punto di riferimento molto importante in materia di guerra anfibia. 59


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