ACASAMOOD NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO
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ACASAMOOD NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO
EDITOR’S LETTER Aut. Trib. Bergamo n°19 del 22.06.04 Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci Responsabile di redazione: Tommaso Revera Progetto grafico ed impaginazione: Paolo Biava
IN GIOSTRA UN’ESTATE DA VIVERE UN ABBRACCIO LUNGO LE MURA VENETE UNA SCALA ASCENDENTE L’AUTO DEI NOSTRI PADRI UNA CASA ALL’ESTERO FOTOALVOLO IRIS APFEL E VICO MAGISTRETTI E LA MERAVIGLIA DEL LAGO D’ISEO PERCHÉ NO.... CHE BELL’ITALIA !
Responsabile commerciale: Roberto Maestroni Ufficio pubblicità e relazioni esterne: Tel. 035.270989
Hanno collaborato Valentina Colleoni - Paolo Bussi - Vittoria Zambaiti Credits: Paolo Stroppa - Daniela Federici - Luca Santiago Mora Attilio Maranzano - Paul Stoppi Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta senza autorizzazione dell’editore. Edita Periodici srl 24121 Bergamo Via Bartolomeo Bono, 10 Tel. 035.270989 Fax. 035.238634 25100 Brescia Via G. Renica, 63 Tel. e Fax 030.2808528 e-mail: segreteria@editaperiodici.it www.EDITAPERIODICI.it Stampa: Euroteam - Green Advanced Printing
TRO T A U Q A T N A S S E S O R E NUM
ACASAMOOD NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO
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PROPRIETARIO MARZIO LAVETTI VOLKSWAGEN TYP 1
13. ERBUSCO BRESCIA 2010 BRUNO VAERINI
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15. HENGE ARREDA GLI SPAZI DI CASA CLARA A MIAMI BEACH
21. ACASAMOOD
NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO
VINCENZO SPAGNOLETTI FOTOALVOLO
NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO
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05.
>>>> SOMMARIO <<<<
24. ARCHITETTURE DOMESTICHE DI VICO MAGISTRETTI INTERNI MILANESI
25. LA MOSTRA
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29. DESIGN FOR CHILDREN ORIGAMI COLLECTION
33. UN DESIGN IN CONTINUO RINNOVAMENTO
VITTORIA ZAMBARAIZITONII NOI LE ILLUST HA REALIZZATO PER QUESTO SOMMARIO DI COPERTINA E DI
PROPRIETARIO MARZIO LAVETTI
VOLKSWAGEN TYP 1 Abbiamo avuto il privilegio di fotografare un magnifico esemplare, tenuto a lustro da un inguaribile amatore. Ce ne siamo innamorati al primo sguardo, il nostro cuore ha sussultato. Le linee di quest'auto fanno colpo e meritano un tributo. è forse inutile presentare al lettore la Volkswagen. La maggioranza degli automobilisti italiani conosce, ormai la sua caratteristica sagoma. Molte sono le VW con targa italiana, e sopratutto molte sono quelle che scendono dalla Germania in Italia, quasi simboleggiando il turista tedesco a spasso per le nostre contrade. Noi ricorderemo che la VW, a oltre 20 anni dalla sua presentazione, rimane sempre un interessante esempio di quattro posti europea a carattere popolare ( la parola Volkswagen significa appunto" automobile del popolo") nonostante i suoi 1200 cc. di cilindrata. La caratteristica più saliente di questa vettura è senza dubbio la sua invariabilità di modello, pur con molti perfezionamenti, mantenutasi in tanti anni di vita,ed è proprio questa stabilità che le ha procurato un grado di diffusione mondiale.
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La Vokwagen, oltre ad essere la macchina" tipo" del tedesco ( sono circa 1.800.000 le VW circolanti in Germania) è la vettura estera più diffusa in Italia ( dal 1951 a tutto il 1960 sono state doganale quasi 10.000 fra berline e furgoni), negli USA ( quasi 500.000 VW circolanti), in Svezia (quasi 200.000) e in Svizzera ( oltre 100.000). Noi abbiamo pubblicato una sua prova su strada ( novembre 1956); ora la ripetiamo sia perché questo fascicolo è esaurito, sia perché la Volkwagen di oggi, oltre a essere perfezionata rispetto a quella del 1956, è venduta in Italia a quasi 300.000 lire meno di cinque anni fa e interessa quindi una più vasta cerchia di automobilisti. A dimostrazione della volontà di penetrazione delle VW nel mercato italiano facciamo notare che in Svizzera, ove l'importazione è molto meno gravata di imposte doganali,la VW costa solo 60.000 meno che da noi; e si tenga presente che in Germania costa 710.000 con termine di consegna (attuale cioè invernale) di 2-3 mesi mentre in Italia invece detto periodo è di appena un mese. Infatti dobbiamo ricordare anche che le nostre prove su strada attuali sono, sotto molti aspetti più complete di quelle effettuate nei primi tempi della rivista, perciò riteniamo che la nuova analisi, più esauriente, sarà utile ai lettori. (tratto dalla rivista QUATTRORUOTE febbraio 1961 Anno VI (n.62).
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SCHEDA TECNICA La Volkswagen Typ 1, meglio conosciuta in Italia come Maggiolino se in versione Typ 1/113 M15, o Maggiolone se in versione Typ 1/1302 (Käfer in tedesco, detta anche Coccinelle in Francia, Escarabajo in Spagna, Beetle o Bug in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, Fusca in Brasile e Vocho in Messico) è un'automobile compatta prodotta dalla Volkswagen dal 1938 al 2003. Il Maggiolino è sicuramente l’automobile tedesca più conosciuta al mondo, simbolo della rinascita industriale tedesca nel secondo dopoguerra, nonché il primo modello Volkswagen in assoluto. Detiene attualmente il record di auto più longeva del mondo, essendo stata prodotta ininterrottamente per sessantacinque anni. Inoltre, ha detenuto a lungo il primato di auto più venduta al mondo, con 21.529.464 esemplari, e attualmente è la quarta auto al mondo per numero di esemplari prodotti Nel 1999 è stata nominata tra le cinque automobili più influenti del XX secolo. Per la sua diffusione planetaria, è uno dei primi esempi di world car. Il Maggiolino ha avuto una riedizione moderna nel New Beetle, modello retrò entrato in produzione nel 1998 e seguito dal Maggiolino nel 2011.
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LETTERA AMATORE VW Baja Bug del 1966 la libertà su due ruote. Con nostalgia ricordo gli anni dell’adolescenza quando, a bordo del mio Baja Bug, ho attraversato mezza Europa nel momento indimenticabile della caduta del Muro di Berlino, avvolto in un’atmosfera di gioia e rinascita, incontrando popoli molto diversi ma sempre cordiali ed accoglienti nei confronti di un Maggiolinista... con un’auto così speciale. Potrei scrivere un libro su quegli anni e credo che non dimenticherò mai l’emozione di partire per un viaggio con il Maggiolino ricolmo di vettovaglie, attrezzature da campeggio e qualche ricambio d’emergenza non si sa mai! Migliaia di chilometri senza alcun problema rilevante! Ovunque c’era sempre qualcuno che ti dava una mano, “impietosito” o rallegrato da una vettura insolita. Memorabile il viaggio in Ungheria nel luglio 1989: all’ingresso del Paese Comunista - per pochi mesi ancora - mi fu messa alle costole un’auto della polizia segreta, insospettita da una presenza così strana... Il Baja è stato per me una sorta di un Passepartout che mi ha permesso di ottenere l’inimmaginabile: ricordo tra le tante avventure, il servizio fotografico sotto la Porta di Brandeburgo a Berlino, vietata al traffico veicolare - i poliziotti mi hanno scortato ed atteso che terminassi le foto!
A Colonia la Polizia mi ha permesso l’accesso al ponte ferroviario che si vede su tutte le immagini della seconda guerra mondiale, distrutto e simbolo della disfatta tedesca. La Pioneer, in cambio del logo sui fianchi del mio Baja, ha realizzato a proprio carico uno splendido impianto stereofonico che ha rallegrato le mie trasferte! La Fiat, organizzatrice della gara di regolarità per auto storiche, denominata Transalpina, ha scelto la mia vettura per scopi pubblicitari ed ha offerto l’iscrizione gratuita con spese di vitto e alloggio e carburante compreso. Alla fine degli oltre 2000 km di gara tra Cortona in provincia di Arezzo e Chateau Chinon, presso Parigi, il mio Baja si classificava al primo posto nella categoria delle auto non ancora iscritte all’ASI! Da non dimenticare che il Baja California è il simbolo del nostro Club gemello di Göppingen. Avendo scorto tale stemma in una rivista nel lontano 1987, invitai il VW Käfer Team Göppingen e.V. a partecipare al nostro raduno internazionale... Da quel giorno è nata un’amicizia inossidabile che continua ancor oggi con le nostre trasferte biennali in Germania. Guglielmo, Presidente del Club e socio 001 club Treviso
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Via Paleocapa 3/L, ang. Via Paglia, Bergamo Tel. +39 035 219953 bergamo@internionline.it - www.internionline.it seguici su
- Milano, Via Turati 8 - Milano, Via Turati 6 - Milano, Via Durini 17 - Milano, Via Albricci 8 - Milano, Via Pisoni 2 - Milano, Via Melchiorre Gioia 6/8 - Milano, Via Pontaccio 10 - Bergamo, Via S. Spaventa 7 - Verano Brianza, Via Achille Grandi 73
ERBUSCO BRESCIA 2010
WWW.VAERINI.COM
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fotografie © Luca Santiago Mora
Questo progetto può essere letto come summa di tutti i temi abbracciati dal lavoro di Vaerini. La classicità di cui si sono nutriti i suoi studi affiora dirompente dando vita a questo manufatto, che appare quanto mai inaspettato aprendo la porta dell’abitazione, parte di un tipico cascinale della campagna bresciana. Ma sono proprio gli ulivi, protagonisti sui colli nei dintorni, a diventare l’essenza costitutiva della scala. Il massiccio corrimano si smaterializza in fasce che diventano struttura e terminano in modo irregolare, quasi a suggerire un invito. La pianta elicoidale, disassata verso l’arrivo al piano superiore, genera una tensione strutturale assorbita quasi interamente dai fascioni portanti. La realizzazione avviene aggregando elementi lamellari, tutti disegnati ad hoc per via dell’asimmetria strutturale, tramite tiranti verticali nascosti da piccoli inserti in ulivo. L’abilità comunicativa dell’architetto riesce a coinvolgere l’artigiano, convogliando le competenze di ciascuno in un’unità di intenti finalizzata alla realizzazione di un prodotto che spinga al massimo le potenzialità del materiale.
ODE ALLA CASTAGNA CADUTA AL SUOLO
BRUNO VAERINI
Via Santâ&#x20AC;&#x2122;Orsola, 15 - 17 - Bergamo - elaantichita.it - shop.elantichita.it - Tel. 035 242307
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HENGE ARREDA GLI SPAZI
DI CASA CLARA A MIAMI BEACH
Casa Clara, celebrata a livello internazionale come una delle residenze più prestigiose di South Beach, Miami, sceglie gli arredi di HENGE per gli interiors. Il progetto, realizzato dal pluripremiato studio Choeff Levy Fischman Architects, si fa portavoce di un approccio rilassato al mondo del lusso, il cui manifesto mette in luce dettagli esclusivi, finiture di pregio assoluto, assenza totale di compromessi qualitativi e personalizzazione estrema. L’intero progetto è stato realizzato su una superficie di 2.100mq, con una abitazione di 1.150mq la cui architettura razionalista e modernista dialoga con interni che raccontano una storia dall’atmosfera più calda, confortevole e rilassante, ben interpretata dalla collezione HENGE. Degli arredi esclusivi, dalle funzionalità sofisticate, che diventano i coprotagonisti d’eccezione di una vista panoramica mozzafiato, dall’alba al tramonto, attraverso delle grandi pareti di vetro amovibili. Momenti capaci di trasformare gli spazi della residenza di lusso in un’ode alla natura che infonde armonia interiore e pace.
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Gli arredi HENGE selezionati per Casa Clara, molti dei quali sono stati creati ad hoc per il progetto, diventano i fedeli compagni di un viaggio capace di affiancare le persone nel corso della loro vita, instaurando un rapporto intimo e personale; proprio come quello che si costruisce con la propria casa. Frutto di un lavoro sartoriale, come quello che avviene in atelier, la selezione di mobili è il risultato di un lungo e accurato lavoro Artigianale di bilanciamento tra rigore formale e libertà d’espressione creativa, del tutto lontana dagli schemi seriali dell’industria. Interior design significa infatti per HENGE customizzazione completa del panorama domestico, una sorta di laboratorio dove tutto è possibile grazie alle mani degli artigiani italiani e alla scelta dei numerosi elementi di personalizzazione come materiali rari, finiture preziose, lavorazioni, colori armonizzati, dimensioni ed evoluzioni produttive fuori standard. Come nel caso dei lampadari a sospensione diventati per l’occasione delle eleganti applique, o delle piantane da terra trasformate in lampade da tavolo, delle sedie tramutate in sgabelli per la zona cucina e librerie completamente ripensate rispetto al catalogo per essere plasmate in funzione delle esigenze dei singoli ambienti. Una dimostrazione concreta del fatto che la collezione di arredi HENGE non è che uno spunto per iniziare un lavoro accurato di interpretazione visionaria delle esigenze del vivere contemporaneo.
Suggestioni visive e tattili, come quelle delle finiture laccate realizzate appositamente per Casa Clara; contrasti sensoriali capaci di completare l’estetica minimalista e pura delle architetture strutturali; interpretazioni funzionali che rispondono ad esigenze concrete come praticità e comfort assoluto; arte come approccio libero e processo esperienziale della vita. La scelta degli arredi è stata curata da HENGE in collaborazione con il lussuoso Solesdì Showroom di Miami che rappresenta il marchio in questa realtà urbana in così grande trasformazione architettonica. Casa Clara infatti, si trova sulle Venetian Islands, tra Miami e Miami Beach, proprio al centro dei più prestigiosi contesti frequentati dell’élite. Un avamposto di importanza strategica irrinunciabile per il brand made in Italy, che afferma in maniera sempre più capillare la sua presenza negli Stati Uniti.
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VINCENZO SPAGNOLETTI
FOTOALVOLO
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1. Le immagini che vedete non sono semplici fotografie di mosso, ottenute con la tradizionale tecnica di movimento controllato della macchina durante lo scatto. Né sono effetti pittorici ottenuti con i tranquilli strumenti di Photoshop, come “fluidifica” o “filtro artistico”. Queste fotografie sono così fin dallo scatto, grazie alla tecnica di ripresa che sto sperimentando, e che consiste nel lancio (il volo) della fotocamera verso il soggetto: punto di ripresa, luce, esposizione, orizzonte e taglio fotografico, possiamo dire suggestivamente che vengono decisi dalla macchina stessa. Io non faccio altro che impostare l'autoscatto con gli Iso e il tempo di esposizione che mi sembrano adatti alla scena, e lanciare la fotocamera poco prima dello scatto. Dopo fa tutto "lei". Sono questi i primi due punti chiave della tecnica di ripresa che ho chiamato “Foto_al_Volo” (Flying_Camera): la casualità dello scatto e l’indipendenza della macchina fotografica. Il terzo punto è l’unicità del risultato: da quando il digitale ha moltiplicato per milioni il numero di fotografi, vedo decine di persone che fotografano nello stesso istante e dallo stesso punto la stessa cosa: panorami, scorci, palazzi, monumenti e opere d’arte vengono ripresi a pochi cm di distanza l’uno dall’altro. Mi chiedo cosa distinguerà una foto dall’altra, e a chi appartiene -se così si può dire- quella foto? Con la Flying_Camera avremo sempre risultati diversi uno dall'altro. Dopo anni passati a fotografare-preciso (still life, moda, ritratto) sono finalmente arrivato a fotografare-impreciso: mosso, casuale, incontrollabile. Confuso, ma inconfondibile. I risultati sono sorprendenti nel vero senso della parola: nel senso che ogni foto è una sorpresa. Dopo ogni scatto corro a guardare il monitor della macchina chiedendomi: come avrà scattato stavolta la mia fotocamera? Cosa avrà inquadrato per me, e con quale luce? cosa avrà scelto di farmi vedere? Linee cadenti, orizzonti in fuga, edifici deformati, muri strapiombanti, torri ritorte; particolari sfumati in filigrana, ripetuti e sovrapposti; luci surreali e ombre oblunghe, riflessi inattesi e intense macchie di colore solo perché magari in quel momento passava un turista con una polo fucsia o verde prato.
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Strisce luminose verticali e oblique, dritte e storte, a volte rotanti o capovolte, ma sempre con un effetto personale, unico, più grafico che fotografico. Addirittura pittorico. Il quarto e ultimo punto chiave del mio percorso artistico è il trattamento delle foto digitali come se fossero analogiche. Per coerenza col principio di indipendenza della fotocamera non è ammesso alcun fotoritocco, né manipolazione, né ritaglio dell'inquadratura originale. E nemmeno la duplicazione dei file, così come 30 anni fa non si potevano duplicare i negativi. I file registrati sulla memory card devono restare originali unici: da questi si stampa direttamente, senza copiarli sul desktop. E quindi l'unicità dello scatto si completa con l'unicità della stampa. L'unico intervento ammesso –come si faceva con il bianconero in camera oscuraè la variazione luminosità/contrasto (cioè la prima modifica di Photoshop) intervento che si farà stampa per stampa. Di più: le memory card vengono trattate come rullini sviluppati, conservate come se fossero pellicole, non duplicate, non sovrascritte, non formattate e conservate in archivi analogici: tornano a vivere le tasche trasparenti per diapositive. Con la tecnica della “Foto_al_Volo” ("Flying_Camera") ho ritrovato la sorpresa, l’emozione e l’unicità del gesto artistico, e soprattutto ho ritrovato la magia dell'imprevisto, e la meraviglia infantile di un risultato che la fotografia a controllo numerico mi aveva fatto quasi dimenticare e che dopo ogni scatto mi fa dire: vediamo che è venuto?
1. GALLERIA UMBERTO I. NAPOLI - 2015 2. CORTE DEL CASTELLO, VIGEVANO - 2015 3. VISITATORI DELLA PINACOTECA DI BRERA, MILANO - 2015 4. IL DUOMO E IL CAMPANILE DI GIOTTO, FIRENZE - 2015 5. VAN GOGH, THE NATIONAL GALLERY, LONDON - 2015
WWW.FOTOALVOLO.IT- WWW.FLYINGCAMERA.IT WWW.FOTOCAMERAVOLANTE.IT PAGINA UFFICIALE FACEBOOK: FOTOALVOLO
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IRIS APFEL ACASAMOOD
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Iris Apfel è una famosa collezionista, arredatrice di interni, imprenditrice, con 195 mila followers su Instagram. Divenne famosa nel settore per aver arredato la Casa Bianca per nove presidenti: Harry Truman, Dwight D. Eisenhower, Richard Nixon, Gerald Ford, John F. Kennedy, Lyndon B. Johnson, Jimmy Carter, Ronald Reagan e Bill Clinton. Nel mondo della moda nel 2005. Harold Koda, curatore del prestigioso Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York, decise di esporre gli abiti e gli accessori collezionati da Apfel: ne venne fuori una delle esposizioni di maggior successo del museo intitolata “Rara Avis: The Irreverent Iris Apfel”.
ARCHITETTURE DOMESTICHE DI VICO MAGISTRETTI
INTERNI MILANESI
Interni milanesi - Architetture domestiche di Vico Magistretti è una mostra in divenire che racconta la progettazione di ambienti domestici a Milano e nei nuovi quartieri. Dopo il primo capitolo, dedicato ai progetti di tre grandi appartamenti - Gavazzi in via Goito, Cerruti in piazzetta Bossi e l’appartamento in via Gesù dove Magistretti ha vissuto dal 1985 al 2006 - e agli interni dell’edificio di Corso di Porta Romana, il 16 giugno ha inaugurato il secondo capitolo. Questa seconda tappa si propone come sguardo di approfondimento sul tema della residenza in città, attraverso il racconto di quattro nuovi progetti. Di questi, tre consolidano la visione progettuale dell’architetto già emersa nel primo allestimento: gli appartamenti in via Verri (19531954) e in via Jommelli (1969) e la casa in via Bellini (1953) - abitata dallo stesso Magistretti e ricavata in un edificio progettato dal padre Pier Giulio - riflettono la volontà di adesione della borghesia urbana alla modernità, attraverso soluzioni architettoniche originali e complesse. Il quarto progetto - il quartiere periferico di San Felice, costruito a Segrate insieme a Luigi Caccia Dominioni tra il 1967 e il 1975 – è invece testimonianza del tentativo di migrare gli stessi valori progettuali nel contesto dell’abitazione in serie.
FONDAZIONE STUDIO MUSEO VICO MAGISTRETTI FINO AL 18 FEBBRAIO 2017
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LA MOSTRA A CURA DELL’ ARCH. PAOLO BUSSI
Fitopatologo fino ai primi anni Novanta, Carsten Höller, nato a Bruxelles nel 1961 ma di origini chiaramente tedesche, decise di lasciare la carriera da scienziato per abbracciare totalmente l’Arte, già assaporata precedentemente ma non ancora divenuta fondamento e sostentamento di una nuova e promettente esistenza. Il dottorato in scienza dell’agricoltura e la specializzazione in ecologia chimica lasciano inevitabilmente spazio a lavori rivoluzionari, che gli permettono di vivere tra Stoccolma e Biriwa (Ghana) ed esporre nell’ultimo ventennio a Vienna, Berlino, New York, Londra, Boston e Milano. Proprio a Milano, precisamente al Pirelli Hangar Bicocca, e non più presso La Fondazione Prada come successo nel 2000, l’opera di Höller occupa i monumentali spazi espositivi attraverso il raffinato disegno compositivo del curatore Vicente Todolí. L’istruzione scientifica necessariamente influenza la concezione dell’Artista, contrapponendo una rigorosa scelta dei materiali ad un approccio ludico e smaliziato, irriguardoso nei confronti del consueto modo di comprendere la mostra, non più vista come un luogo dove lo spettatore guarda e commenta, ma uno spazio “nuovo”, dove l’uomo entra in diretto contatto con l’opera d’Arte, la manipola, ne costituisce il motore vitale e ne completa l’esistenza, dandone
©Ph.John Scarisbrick
valore e completezza. Le opere di Carsten Höller hanno quindi bisogno di uno spazio notevole per poter essere esposte, in quanto devono essere delle dimensioni necessarie per interagire con uno o più corpi umani, al fine di essere abitate e occupate. Ne consegue una sensazione straniante dovuta alla partecipazione attiva dello spettatore, non più fine ultimo della mostra ma mezzo propositivo, indagandone la natura umana e ampliandone le sensazioni di incertezza e dubbio, come dal titolo stesso della rassegna.
. . LA MOSTRA CARSTEN HOLLER. DOUBT. A CURA DI VICENTE TODOLÍ MILANO, PIRELLI HANGAR BICOCCA FINO AL 31 LUGLIO 2016.
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All’inizio della mostra lo spettatore deve fare immediatamente la prima scelta quando incontra Y (2003) e Decision corridors (2015). Due opere per due itinerari, due opere per due scelte precise. La prima propone una concezione tipica dell’impronta giocosa di Höller, una galleria di curve in alluminio impreziosite da lampadine, pedana in legno con parte terminale biforcuta, circoscritta da supporti in acciaio. La seconda è costituita da un intricato e buio percorso labirintico, determinato da strutture in acciaio speculari sviluppate in diversi livelli, con il riuscitissimo obiettivo di fare perdere ogni cognizione spazio temporale. La mostra non ha quindi uno sviluppo consueto, ma fin dall’inizio costringe il visitatore ad uno sforzo mnemonico per potere ricostruire poi tutto il cammino percorso, dando subito alternative da intraprendere con istinto e speranza. L’idea di divisione e demarcazione è enfatizzata da Division walls (2016), opera posta alla fine di Y, una grande parete illuminata da neon gialli e verdi, posti in una raffigurazione geometrica, che nascondono lo sviluppo della mostra. Flying mushrooms (2015) propone invece sette enormi funghi, fiabeschi nella loro classica rappresentazione velenosa, rossi con macchie bianche, però tagliati e assemblati in modo che le metà risultino speculari una volta riunite. Il meccanismo che deve essere azionato permette ai funghi di svolazzare nello spazio creando una rappresentazione volteggiante, come se lo stesso spettatore risulti assuefatto dall’effetto allucinogeno dei funghi stessi, offrendo alla realtà l’ipotetico effetto causato dalla pericolosissima amanita muscaria. In quest’opera il senso brioso, il pericolo e lo stranimento sono un tutt’uno, uniti dalla frastornante sensazione di assistere ad un effetto mortale, ma che nessuno ha ovviamente mai visionato in prima persona, ma solo immaginato.
Chi poi non sarebbe attratto da Double Carosel (2011) due giostre vicine, a grandezza naturale, che ruotano una nel senso opposto dell’altra? Ma una volta saliti lo sconforto e la delusione la fanno da padrone: le giostre infatti girano lentissime e la noia pervade sull’eccitazione tipica delle fiere di paese. Le dimensioni del corpo umano vitruviano di Leonardo da Vinci sono le geometrie da cui partire nell’analisi di Yellow/Orange double sphere (2016), due sfere concentriche colorate che si affiancano a Marquee ( 2015) opera di Philippe Parreno, protagonista dell’ultima mostra all’Hangar Bicocca prima di Carsten Höller, lasciandone un ideale testimone, rispettoso del passaggio da un artista all’altro. Nella grande mostra di Höller lo spettatore può anche dormire su letti motorizzati in Two Roaming Beds (2016), per poi svegliarsi e ritrovarsi in un punto differente rispetto a quando si è coricato, senza aver mosso un arto, oppure ammirare la riproposizione in scala di un set cinematografico mai realizzato in Top mode Africa (Monumenti à la Sape), dove manichini in cartone colorati replicano una sfilata della Sape, ovvero la “società delle persone di tendenza ed eleganti” in Africa, con tanto di palco per spettatori e sedute predisposte. In venti opere Carsten Höller ribalta completamento il rapporto statico tra mostra e visitatore, arrivando ad una ambigua ma evidente realtà. Non è difficile immaginare l’artista come il vero spettatore della rassegna mentre scruta, attraverso le opere sapientemente distribuite, la propria cavia girovagare senza meta nel labirinto appositamente creato, conducendolo verso situazioni al limite del paradosso e in esperienze alienanti, con un occhio vigile sulle emozioni e le reazioni del visitatore, divenuto inconsapevolmente il vero e proprio soggetto principale della mostra.
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DESIGN FOR CHILDREN
ORIGAMI COLLECTION
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ORIGAMI COLLECTION è il nuovo progetto di Bumoon! Non si tratta tanto di moda per bambini, quanto piuttosto di un progetto di design del vestito, tutto inspirato al mondo degli Origami.
GIOCO, GEOMETRIA E COLORE Gli origami, piccole sculture di carta, sono gioco, geometria e colore. Abbiamo dunque sviluppato la nostra collezione partendo da questi 3 concetti. I vestiti Origami, quindi, sono innanzitutto vestiti per bambini che giocano: sono pratici, comodi, freschi e double-face. I volumi geometrici dei modelli giocano con una palette cromatica di cinque colori (rosso, rosa, giallo, azzurro e grigio), che s’intrecciano in modi diversi creando armonie di toni caldi, che evocano sensazioni mediterranee, e di toni freddi, più di stile nordico.
DOUBLE-FACE La maggior parte dei modelli è double-face. Come in un gioco, capovolgendo l’indumento, i colori si invertono: in questo modo si hanno due vestiti in uno. E poi…, siamo pratici: in caso di macchia, si gira il vestito e voilà, come nuovo!
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PER TUTTE LE OCCASIONI La loro comodità unita all’armonia estetica tra volume, colore e geometria li rende perfetti per ogni tipo di occasione: che sia a scuola, al parco, a cena fuori o a un matrimonio, un vestito Origami ci sta sempre bene.
100% MADE IN SPAIN La collezione Origami è 100% made in Spain, dalla sua ideazione, nata a Menorca, Fino alla fabbricazione dei tessuti (Voile 100% cotone) e alla confezione dei vestiti.
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UN DESIGN IN CONTINUO
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DANISH DESIGN - MADE WITH LOVE
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FERM LIVING DRAWS ON SCANDINAVIAN DESIGN TRADITIONS AND SIMPLE AESTHETICS BUT WITH A DISTINCTIVE GRAPHIC EDGE THAT MAKES EVERY ITEM FIRMLY CONTEMPORARY. FERM LIVING IS ROOTED IN DENMARK, WHERE TRINE ANDERSEN FOUNDED A GRAPHIC DESIGN STUDIO IN 2005. THE DECISION TO START HER OWN BUSINESS SPRANG FROM A PERSONAL VISION OF A BIRD ON A BRANCH, READY TO TAKE OFF. THAT BIRD REMAINS A PART OF THE FERM LIVING LOGO TODAY.
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