ANNO 13 - N° CENTOVENTISETTE MARZO 2017 - € 3
BRESCIA
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SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE EDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121 - TASSA PAGATA BG CPO
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COVER: Luigi Di Corato e il Brescia Photo Festival Reportage da Brescia Photo Festival Fatebenefratelli: l’Ospedale apre alla Chiesa Lonato: la Rocca fiorita Restauri per la Vittoria mAlata L’Era della carta: Daniele Papuli da Colossi Arte Nuova VW Golf 2017 da Mandolini Magazzini delle Firme apre a Brescia Al Musa di Salò: il Museo della Follia Ritorna Franciacorta Historic Design ed ecosostenibilità: nuova sede Woodbeton Il Salone del Mobile nei manifesti All’asta lo yacht di Lucio Dalla Interni presenta: progettare con la luce Fashion: respirando primavera Toulouse Lautrec: la belle èpoque a Verona Manet e la Parigi moderna a Palazzo Reale The White Hunter: memorie africane QUEL MEMORABILE 1992... (continua) con Beppe Grillo - Nicola Trussardi Gianni Brera - Michael Schumacher Oliviero Toscani - Moro di Venezia
Via Triumplina, 49 - 25123 Brescia tel. 030 2019711 - fax 030 2010977 infovw@mandolini.it - www.mandolini.it
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A Brescia è nato un nuovo grande Festival di Fotografia, un’iniziativa di grande spessore culturale che ha risvegliato una città un po’ sopita e che è nato con l’ambizione di porsi come evento annuale di respiro internazionale. Il risultato è stato positivamente sorprendente: 6.000 visitatori nella settimana compresa tra il 7 e il 12 marzo con un’affluenza record per la notte della fotografia allestita l’11. Senza contare i numeri generati dalle grandi mostre allestite presso il Museo Santa Giulia e il MO.CA. che resteranno visitabili fino al 3 settembre prossimo… Segnali incoraggianti per una città sensibile ai temi culturali e desiderosa di eventi di questa caratura. Neppure il tempo di stilare il bilancio di questa prima edizione e si è già proiettati al 2018, anno in cui è in programma la seconda edizione del Brescia Photo Festival che sarà intitolato “Collections” e in cui protagonista sarà il collezionismo fotografico in tutte le sue molteplici forme. Luigi Di Corato - Direttore della Fondazione Brescia Musei ed ideatore dell’evento insieme a Renato Corsini, Direttore del MA.CO.f - si compiace, posando disinvolto davanti allo scatto di Steve McCurry per l’immagine della nostra copertina curata da Renato Corsini. “Sono molto soddisfatto di questa prima edizione - ci ha raccontato il Direttore della Fondazione Brescia Musei. Per ora è una scommessa vinta. Detto questo, l’obiettivo più grande resta dar continuità ad un’iniziativa di questo spessore culturale. In quest’ottica abbiamo dato un segnale importante, intraprendendo un percorso finalizzato non all’allestimento di un singolo, grande, evento, ma alla sua riproposizione nel tempo. Ciò a cui aspiriamo, infatti, è promuovere una consuetudine culturale, intesa come strumento imprescindibile in grado di favorire investimenti e, conseguentemente, sviluppo”. (T.Revera)
Italian Masterpieces LETTO AURORA DUE. DESIGN BY TITO AGNOLI. SALONE DEGLI SPECCHI, VILLA PALAGONIA, BAGHERIA, PALERMO. poltronafrau.com
I GRAFFI DI BRUNO
Bruno Bozzetto
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IN QUESTO NUMERO
www.qui.bg.it autorizz. Tribunale di Bergamo n°3 del 22/01/1992
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Nuova VW Golf da Mandolini
Magazzino delle Firme a Brescia
L’Ospedale apre alla Chiesa
Brescia Photo Festival
La Rocca in fiore
Nuova sede Wood Beton
La Vittora mAlata
Papuli e l’Era della Carta
Il Museo della Follia
Torna Franciacorta Historic
Respirando Primavera
Toulouse Lautrec a Verona
autorizz. Tribunale di Brescia n°18 del 22/04/2004
EDITA PERIODICI srl Via Bono 10 Bergamo tel 035.270989 fax. 035.238634 www.editaperiodici.it Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it Responsabile redazione: Tommaso Revera redazione@qui.bg.it Responsabile pubblicità: Roberto Maestroni roberto.maestroni@editaperiodici.it Redazione eventi: Valentina Colleoni redazione.chicera@qui.bg.it Hanno collaborato: Alice Bonanno, Bruno Bozzetto, Lisa Cesco, Maurizio Maggioni Giorgio Paglia, Valerio Bailo Modesti Fotografie di: Federico Buscarino, Sergio Nessi, Paolo Stroppa, Elisabetta del Medico, Matteo Biatta, Elisa Gecchelin Stampa: Euroteam Nuvolera Brescia
NUOVA VOLKSWAGEN GOLF 2017
ABITUATEVI AL FUTURO
PRESENTATA DA MANDOLINI AUTO LA NUOVA VW GOLF 2017 IN GRANDE STILE ANNI ‘70! In perfetto stile Anni ’70 Mandolini Auto ha presentato la Nuova
VW Golf ai numerosi bresciani che ne attendevano il debutto. L’allestimento a tema e la musica sapientemente mixata live hanno emozionato gli ospiti nel ricordare gli anni dei flipper, dei juke box dei pantaloni a “zampa d’elefante” ed i fantastici Bully T1 e T2 recuperati in vari originali allestimenti, tra cui il mitico “Roger” (immatricolato per la prima volta in Belgio nel 1967) del Gelato Frullallà chiamato da Empoli per l’occasione. Tra le modelle dell’”instant fashion” dell’Accademia Machina Lonati di Brescia, i gelati toscani, ginger, spuma ed i numerosi gadget in omaggio, la protagonista assoluta è stata sempre la mitica VW Golf, apprezzata all’unanimità sia nei restyling estetici (cromatici e di design), sia soprattutto in quelli tecnologici, vero orgoglio per il brand tedesco. La nuova Golf, infatti, è la prima vettura compatta disponibile con comandi gestuali, elettronica interattiva (infotainment high-end) e funzioni per la guida automatizzata.
CHI C’ERA Ph. Elisa Gecchelin
Anche il design è ancora più accattivante, con le nuove soluzioni stilistiche che ne esaltano ulteriormente la purezza di linee e di forme che l’hanno resa inconfondibile. Il frontale è stato arricchito da un listello cromato sulla calandra che confluisce in entrambi i gruppi ottici. I fari anteriori alogeni sono dotati di luci diurne con tecnologia LED. Lo spazio interno incontra il comfort, la qualità e le tecnologie innovative. Le proporzioni generose, che offrono a tutti i passeggeri molto spazio per le gambe, l’ergonomia, che rende tutto estremamente funzionale, e i materiali di altissimo livello: tutto questo ti attende a bordo di Nuova Golf, con l’unico obiettivo di rendere ogni viaggio quanto più piacevole possibile. un nuovo modo di viaggiare, sostenibile ma dalle grandi prestazioni. Nuova Golf trasforma la guida in un’esperienza personalizzata, fornendo al conducente tutte le informazioni in modo rapido e intuitivo. Anche nella sua ultima edizione, la Golf si conferma una delle poche vetture al mondo proposta con tutte le modalità di trazione attualmente in uso: con motori benzina, Diesel, a gas metano e nelle versioni con ibrido plug-in e trazione esclusivamente elettrica. Tra le varie motorizzazioni disponibili, spicca il nuovo 1.5 TSI, particolarmente agile e silenzioso, un quattro cilindri turbo benzina 150 CV dotato di sistema di gestione attiva dei cilindri (ACT) e di un’efficiente iniezione diretta common rail.
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MAGAZZINI FIRME S*PRICE SBARCA IN CITTÀ LO SCORSO 16 MARZO LILLA S.P.A. HA INAUGURATO IL SUO PRIMO PUNTO VENDITA NEL CUORE DI BRESCIA, IN UNA DELLE VIE DELLO SHOPPING PIÙ RINOMATE DELLA CITTÀ L’azienda, leader nel settore del fashion remarketing e nella vendita e distribuzione di stock di abbigliamento firmato, con questa nuova apertura, si pone la mission di diffondere con stile la sua filosofia di lusso democratico in un contesto molto conosciuto dagli amanti dello shopping. Lo spazio del nuovo store, ideato dalla designer Cristina Picinelli, si sviluppa su un unico livello, suddiviso in tre aree ed è arredato con pezzi vintage di modernariato anni ‘50 rivisitati e mixati a strutture artigianali dai colori caldi come il bordeaux e il beige e a strutture di design per creare un contrasto accattivante e dal design unico. All’interno, i clienti potranno trovare prodotti di ricerca, ad alto contenuto fashion, adatti ad un consumatore che ama mescolare capi di lusso a pezzi low cost per creare outfit di tendenza. Abbigliamento e accessori per uomini e donne, quindi, che amano tenersi aggiornati sui trend attraverso le riviste e i blog di settore. Il negozio, che si chiama Magazzini Firme S* Price, presenta una nuova identità: il nome, infatti, nasce dalla fusione tra “Magazzini” catena storica del marchio Lilla, con la lettera S e il termine inglese “Price”, prezzo, per trasmettere il concetto di “special/super price”, elemento chiave del concept. Nel corso della serata gli ospiti sono stati allietati dalle proposte musicali del gruppo veronese Jazzyfunk composto dal musicista Filippo Perbellini e dal dj Massimiliano Cartella con il loro repertorio che mixa il genere Indie Dance alle influenze Funky e Saul. Il catering è stato curato dal noto ristorante bresciano Nineteen.
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FATEBENEFRATELLI
SPIRITUALITÀ E ACCOGLIENZA:
L’OSPEDALE APRE LE PORTE ALLA CHIESA In occasione della Settimana delle missioni, dal 20 al 24 marzo, l’Irccs Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia apre le porte alla Chiesa bresciana, per favorire uno scambio positivo fra il mondo esterno e l’universo variegato che abita l’ospedale e le sue comunità, fatto di malati, familiari, operatori e ricercatori. Quindici sacerdoti del territorio hanno accettato la “sfida” di confrontarsi con la dimensione della malattia, della sofferenza ma anche della speranza, varcando la soglia dell’istituto di via Pilastroni per incontrare gli ospiti e mettersi in gioco in una peculiare dimensione spirituale e umana. Il progetto, che quest’anno ha per tema lo “Stupore per ciò che Dio compie”, arriva alla seconda edizione, e rappresenta un tramite “per dire al mondo che i nostri malati, affetti da demenza o malattie psichiatriche, sono persone che meritano rispetto e dignità come tutte le altre – sottolinea fra Marco Fabello per l’Irccs Fatebenefratelli – Compromettersi con queste realtà è più una grazia che una fatica, e questa è un’occasione importante per testimoniare la presenza della Chiesa di Brescia al fianco di questi malati”. “Incontrare persone, prima ancora che malati” è la prospettiva che orienta l’incontro fra i sacerdoti, gli ospiti del Centro San Giovanni di Dio, gli operatori, i familiari e i ricercatori. “Nel nostro istituto sono accolte 280 persone che si cerca di aiutare quotidianamente, ciascuno nel proprio ruolo: l’incontro con i nostri malati è un’esperienza speciale perché si basa sulla semplicità, la schiettezza, il sentirsi liberi e senza pregiudizi”, dice il direttore generale dell’Irccs Fatebenefratelli di Brescia, Mariagrazia Ardissone, affiancata dal direttore sanitario Lucia Avigo, che ricorda come all’interno dell’Irccs siano
impegnati un’ottantina di ricercatori, che trovano senso al loro lavoro nella ricerca di nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche da offrire ai malati. Un’esperienza arricchente, quindi, non solo per i pazienti e il personale, ma anche per i sacerdoti che hanno scelto di mettersi in gioco per portare un messaggio speciale nella quotidianità dell’ospedale. “Se questo è un luogo di Chiesa e di salvezza, qui bisogna stupirsi”, osserva don Amerigo Barbieri, riflettendo che “lo stupore è sapere che c’è chi ti accoglie e ti accompagna, perché la guarigione inizia da qualcuno che si prende cura di te”. Don Gianluca Mangeri, responsabile della Pastorale della Salute della Diocesi di Brescia, ricorda che il Papa, durante l’udienza dello scorso febbraio in occasione della Giornata mondiale del malato, ha incitato ad occuparsi dei malati più fragili: “Dobbiamo aiutarli a stupirsi dei piccoli gesti che qui trovano, e che alleviano la sofferenza – dice don Mangeri – E noi, a nostra volta, stupirci ancora di più”. Si tratta, per dirla con don Antonio Bodini, di “cogliere l’uomo che sta dentro chi soffre”. Storicamente il paziente psichiatrico o l’anziano con decadimento cognitivo sono stati avvolti da stigma e isolamento, e accade spesso che questi malati non vengano riconosciuti come persone, ma semplicemente “etichettati”. “Se l’etichetta sparisce, se riconosco l’altro come tale, inizia una nuova relazione – avverte fra Gennaro Simarò – Ciascun paziente pone degli interrogativi fondamentali, perché la relazione con il malato è anche una relazione con sé stessi, ed è qualcosa d’altro rispetto a sintomi ed etichette”. Un percorso di arricchimento reciproco che può diventare un modello anche in prospettiva futura, secondo
L’OSPEDALE APRE LE PORTEALLA CHIESA
monsignor Gabriele Filippini, convinto della necessità che su questi temi vengano resi più sensibili i futuri preti, proiettati sulla dimensione della Pastorale giovanile: “Non va dimenticato che l’umanità che ha bisogno del messaggio è molto più ampia”. Anche per monsignor Giacomo Bonetta “con i malati è sempre un bel stare, perché ti danno la misura di te stesso”. In reparto, in comunità protetta o in laboratorio si entra in punta di piedi, magari portando un segno come simbolo guida, che può essere una candela, un gioco, un’icona, un rimando alla Via Crucis, per segnare idealmente il cammino accanto ai malati in una prospettiva spirituale di condivisione. Un segno ancora più importante nei tempi odierni, “complicati e difficili”, come li definisce fra Marco Fabello. L’istituto di via Pilastroni opera a Brescia da 135 anni, “e anche oggi il nostro impegno rimane quello di far emergere i valori fondamentali dell’Ordine - ospitalità, accoglienza, condivisione - secondo l’esempio del fondatore, San Giovanni di Dio, la cui figura viene celebrata questo stesso mese, nella giornata dell’8 marzo”. L’iniziativa promossa dai Fatebenefratelli in occasione della Settimana delle missioni punta a diventare un esempio per altre realtà: “La sanità cattolica deve distinguersi anche per questi argomenti – sottolinea fra Marco - e la stessa proposta che sperimentiamo con successo nel nostro istituto potrebbe essere estesa anche ad altri centri e ospedali”.
IL VENDITORE DI OMBRELLI
FUOCHI DI PAGLIA di Giorgio Paglia www.fuochidipaglia.it Anche su Twitter: @Fuochidipaglia
E’ una domenica di inizio febbraio nel centro di una ricca città del Nord Italia. Piove, ma per strada c’è tanta gente, forse richiamata dagli ultimi giorni di saldi al 70%. Sono numerosi gli extracomunitari che chiedono l’elemosina ai passanti. Ognuno ha il suo posto fisso: chi fuori dal ristorante alla moda, chi davanti ai grandi magazzini, chi nell’angolo cruciale. Sono sempre gli stessi e ormai si conoscono bene. “Ciao amico!”, è il loro approcciarsi. Prima sorridono, scherzano, poi il loro approccio si fa disperato: “Ho fame, non mangio da ieri, mi puoi dare qualcosa?”. Sono insistenti, non ti mollano, ti stanno vicino, quasi a contatto e ti accompagnano con la mano tesa per un pezzo di strada. Qualche anno fa alcuni di loro, i più evoluti commercialmente, stendevano un lenzuolo per terra e lo riempivano di falsi prodotti griffati, tra cui giubbini, scarpe, cinture, portafogli e borse. Erano ben organizzati e c’era sempre una vedetta pronta a segnalare l’arrivo delle Forze dell’Ordine. Allora il lenzuolo con dentro le grandi firme si ripiegava velocemente e in un secondo tutto spariva. Poi i negozianti regolari hanno cominciato a protestare, quasi fossero gli extracomunitari a rovinare le vendite su piazza. Così la Polizia Comunale ha aumentato i controlli e ha iniziato a sequestrare un bel po’ di mercanzia. Da quei giorni in centro i lenzuoli griffati non si vedono più. Meno rischioso chiedere l’elemosina. Tempo fa un ragazzo della Costa d’Avorio, garbato e aiutato da una faccina rassicurante, mi ha confessato che nei weekend riesce a raccogliere anche 200 €. Vive alla Caritas e quindi spese non ne ha. Certo non è una gran vita, d’inverno fa freddo per strada e la fortuna è tutta un’altra cosa, ma alla fine ci si adatta. Poi in città c’è un altro modo di fare affari, anche se magri. Alcuni extracomunitari sono aggiornatissimi sulle previsioni meteo, che ormai scaricano con regolarità dai cellulari. Infatti alle prime gocce d’acqua spuntano una miriade di venditori d’ombrelli. Li trovi dappertutto e sono di ogni razza: senegalesi, nord africani, indiani, cingalesi. Gli ombrelli però sono solo di due tipi: quelli pieghevoli che si possono portar via a 5 € e quelli automatici che partono da una base d’asta di 10 €. I venditori sono multietnici, ma la mercanzia è tutta uguale e rigorosamente made in China. Chissà chi la distribuisce all’ingrosso! Ieri mi sono fermato sotto la pioggia a chiacchierare con un senegalese alto, giovane, educato, dal portamento fiero e che parlava un italiano quasi perfetto. Per 7 € ti rifilava un ombrello dalle fattezze discrete. Gli ho chiesto che senso avesse lasciare Dakar per fare questa vita. E lui mi ha confermato che era tutta colpa di suo zio, che non gli aveva spiegato quanta crisi ci fosse in Italia. “Guarda - mi dice – se potessi tornare indietro, non verrei più qui. Non c’è lavoro, le fabbriche stanno chiudendo e nemmeno in nero riesco a trovare qualcosa da fare. Noi dall’Africa non abbiamo idea di quale sia la grave situazione economica italiana. Allora perchè ci dicono di venire qui?” Bè, ecco un termometro reale dell’economia nel nostro bel paese. E forse le vere motivazioni di tanta immigrazione sono da ricercare in un business fiorente e nemmeno nascosto. L’Italia spende circa 4 miliardi di euro all’anno per distribuire e mantenere questa gente nei vari centri d’accoglienza. La maggior parte del denaro non va agli immigrati, ma resta alle associazioni e alle cooperative che gestiscono un flusso migratorio di quasi 200.000 persone ogni anno. E’ un affare dai fatturati incredibili e meno rischioso del traffico degli stupefacenti. La politica e la malavita non sono indifferenti a questo fiume di soldi, che parte dagli scafisti e arriva ai vari Cara, Cie, Cda o Cpsa. Denaro fatto in pratica sulla pelle di una modernizzata tratta degli schiavi. Poi questa gente si riversa per strada, spesso fa casino, si integra con la delinquenza locale, insomma disturba l’italiano medio che sta già patendo una dura crisi economica. E allora la polveriera si accende in un attimo, in una guerra tra poveri e dannati. “Su, dammi l’ombrello, caro senegalese, che piove e buona fortuna a tutti!”
LA ROCCA DEI FIORI GIUNGE ALLA DECIMA EDIZIONE FIORI NELLA ROCCA MOSTRA MERCATO DI PIANTE RARE FRA GLI EVENTI COLLATERALI, LA SCENOGRAFICA MOSTRA I GIARDINI DELL’ANIMA, CORSI D’ACQUARELLO EN PLEIN AIR, LEZIONI DI COMPOSIZIONE FLOREALE
Il fascino di piante e fiori rari unito a quello di storia ed arte: questa la fortunata formula alla base di Fiori nella Rocca, raffinata rassegna di giardinaggio che sarà ospitata dal 7 al 9 aprile nell’ imponente cornice della quattrocentesca Rocca di Lonato del Garda (Brescia), monumento nazionale dal 1912, dalle cui mura si gode di un’incantevole vista sul bacino del Lago di Garda. Giunta alla sua decima edizione, la rassegna è annoverata fra le principali manifestazioni del settore in Italia ed è fra le prime ad aprire la stagione primaverile. I visitatori avranno la possibilità di coltivare la loro passione per il verde e il giardinaggio e, nello stesso tempo, di visitare una delle principali fortificazioni del Nord Italia, animata per l’occasione da mostre, incontri, corsi e da una serie di attività pensate per intrattenere e divertire anche i bambini. Selezionati dal Garden Club Brescia e dalla Fondazione Ugo Da Como, ideatori dell’evento, saranno presenti i più importanti vivaisti, coltivatori e ricercatori di essenze rare italiani, tra cui i più noti produttori di erbacee perenni, rose, peonie, piante aromatiche, medicinali e orticole particolari, agrumi, ulivi e palmizi, pelargoni a foglia profumata, imperiali e miniatura, iris, lavande, clematis, piante acquatiche, piante
grasse, tillandsie, frutti antichi. Accanto a loro, gazebo con arredi e complementi per esterno, decorazioni per il giardino, editoria specializzata, oggetti per la vita all’aria aperta, cosmetici naturali, abbigliamento in canapa e fibre naturali per il giardino e per il tempo libero, cappelli di paglia e tessuto decorati con motivi floreali, accessori moda a tema floreale, olii ed essenze profumate, miele e prodotti dell’alveare, decorazioni vegetali e minerali profumate. Per dare ai genitori la possibilità di girovagare in tutta tranquillità fra gli espositori, sarà allestito anche quest’anno l’Hortus Conclusus, un’area dove i bambini saranno intrattenuti con giochi, letture, animazioni e laboratori, il tutto sul tema della natura. Per un caffè o una pausa per un pranzo leggero e goloso, la Coffee-House della Rocca resterà aperta tutte le giornate della rassegna. Fra gli eventi collaterali che arricchiranno Fiori nella Rocca, la scenografica mostra I giardini dell’anima accosterà in un piacevole rimando grandi teleri dai colori sgargianti e vitali firmati da Olimpia Biasi e composizioni floreali ispirate all’arte contemporanea create da Giusy Ferrari Cielo, suggerendo una conversazione ideale tra queste due sensibili interpreti della natura, dei fiori, dei giardini. dialogare in questa mostra con le geomet In programma anche lezioni di acquarello dal vero tenute da Alessandra Bruno, presentazioni di libri, lezioni gratuite di composizione floreale tenute dal Maestro Fabio Chioda dell’Atelier Nibel. Fiori nella Rocca è l’occasione per scoprire i tesori della Casa del Podestà, fra le più interessanti case-museo italiane, dove si visitano 20 ambienti completamente arredati con mobili e suppellettili antichi, in cui sono esposte preziose collezioni di dipinti, maioliche e porcellane. Imperdibile, la sua magnifica Biblioteca che custodisce circa 50.000 volumi tra cui importanti codici miniati, autografi e libri antichi illustrati. Dimora all’inizio del ‘900 del Senatore Ugo Da Como, ora fa parte con la Rocca (sotto cui si trova) del patrimonio della Fondazione che ne porta il nome. ORARI DI APERTURA Dalle 9.00 alle 18.00 COME ARRIVARE In auto: Autostrada A4 Milano-Venezia – uscita Desenzano del Garda – 4 Km in direzione Lonato INFORMAZIONI e PROGRAMMA DETTAGLIATO www.fiorinellarocca.it
LA VITTORIAmALATA DIAGNOSTICA, PULITURA E REVISIONE DELLA STATICA DELLA STATUA
Lo scorso 14 marzo, una delegazione di specialisti dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze ha fatto visita alla Vittoria Alata nel Museo di Santa Giulia. Il sopralluogo aveva lo scopo di raccogliere il maggior numero di dati, anche grazie alla visione diretta del bronzo bresciano, per poi procedere alla definizione di un progetto completo di diagnostica, pulitura e revisione della statica della statua. L’equipe fiorentina, costituita da Maria Donata Mazzoni e Annalena Brini del settore restauro bronzi, Simone Porcinai del laboratorio di chimica, Monica Galeotti del servizio di climatologia e Anna Patera del servizio restauro beni archeologici si è incontrata e confrontata con Francesca Morandini, archeologa dei Musei Civici, Serena Solano della Soprintendenza e Luigi Di Corato direttore di Fondazione Brescia Musei. Nel corso degli anni la scultura ha subito parziali interventi, ma non è mai stato possibile pianificare un progetto completo e organico. Inoltre, sono pervenute alcune manifestazioni di interesse per poter beneficiare del credito di imposta Art Bonus, concesso a chi effettua erogazioni liberali in denaro per il sostegno di iniziative culturali. Il Comune di Brescia e la Fondazione hanno deciso così di sviluppare un piano di intervento ad ampio raggio in grado di contribuire a diffondere la conoscenza di quest’opera di arte antica. Secondo gli esperti fiorentini la Vittoria Alata gode di un buono stato di salute, anche grazie agli interventi di cui è stata oggetto nel corso della sua vita moderna. La sua qualità e la funzionalità del dispositivo interno, predisposto per unire braccia e ali trovate staccate a seguito del rinvenimento nel luglio del 1826 presso l’intercapedine del Capitolium, sono state ampiamente ammirate. L’interesse si è concentrato soprattutto sulla situazione interna della statua: l’eventuale presenza di terre di fusione potrebbe infatti garantire la definizione del luogo di fusione e la sua datazione. I dati raccolti e il confronto tra esperti permetteranno di arrivare alla stesura del progetto, per poi procedere, per quanto possibile sotto gli occhi dei visitatori del Museo, alle singole fasi. Laura Castelletti, vicesindaco e assessore alla Cultura, Creatività e Innovazione, ha dichiarato: “Da qui, dalla visita degli specialisti dell’Opificio di Firenze, dalle analisi e dagli studi che ne seguiranno, si parte per intraprendere quanto necessario per la migliore conservazione di una testimonianza di raro valore artistico e storico, di un’opera d’arte che sin dal giorno del suo ritrovamento ha colpito gli occhi e il cuore dei bresciani, e non solo. Brescia è orgogliosa di questo suo simbolo e il nostro impegno per i mesi a venire è di condividere ogni scoperta con la città, con i visitatori, consentendo di assistere alle fasi del restauro, per arrivare infine a una nuova e più suggestiva collocazione del bronzo, che permetta al pubblico di godere di ogni dettaglio e di rileggere le vicende di quest’opera in un contesto più adeguato e coinvolgente. È un progetto ambizioso, nel quale il Comune e Fondazione Brescia Musei profonderanno energie, intelligenze e risorse, ma per il quale chiediamo anche un partecipe supporto della città: la Vittoria è l’immagine più riprodotta nel territorio, è l’opera che noi, i nostri genitori, i nostri nonni e i nostri figli, fin da bambini, siamo andati a visitare nella più classica delle uscite scolastiche; se non un dovere, contribuire a tramandare questa emozionante storia, dovrebbe essere un sincero e legittimo motivo d’orgoglio per molti potenziali mecenati”.
L’ERA DELLA CARTA DANIELE PAPULI
PROGETTO E REALIZZAZIONE DI ANTONELLA E DANIELE COLOSSI GALLERIA COLOSSI ARTE CONTEMPORANEA FINO AL 14 MAGGIO
Volumi lamellari composti da centinaia di strati di carta pazientemente tagliati e sagomati a mano per creare architetture scultoree di ispirazione organica. Questo è il modus operandi che caratterizza il codice espressivo dell’artista salentino Daniele Papuli. Nelle opere più recenti, la scultura rivela venature policrome date dall’accostamento di strisce di varia tipologia e grammatura, accuratamente selezionate, come nelle strutture a parete dei Cartangoli, che diventano macrosezioni di minerali. Altre volte una modularità spiraliforme e vorticosa anima la superficie degli Intondi, forme concave, che si trasformano in casse armoniche capaci di assorbire il suono come un grande “Orecchio di Dioniso” o maestose cupole inondate di luce. Altre volte la verticalità delle lamelle cartacee riproduce ramificazioni ed innesti, come nei Tursi, e la carta ritrova la sua primigenia componente arborea. L’artista giunge alla manipolazione della materia cartacea e a fare della carta il fulcro ed il mezzo del suo linguaggio espressivo. Un percorso che si evolve dalla gravità alla leggerezza della forma, dalla solidità dei materiali generalmente utilizzati per la scultura, come nei primi manufatti in pietra, legno, gesso, alla ricerca di altri di maggiore duttilità e leggerezza. Ed è così che, dopo avere appreso i metodi di fabbricazione del foglio di carta in un workshop internazionale a Berlino, nel 1993, è nel 1995 che Papuli approda alla scelta della carta come suo materiale d’ elezione. Nelle sue sperimentazioni, la carta si trasforma da cellulosa quasi impapabile a materia stratificata. Il singolo foglio, così effimero ed evanescente, nelle mani dell’artista, diventa unità di misura per comporre lo scheletro interno dei suoi volumi, forme che si aprono e si dischiudono, animate da un dinamismo interno. Al ‘97 risalgono le prime sculture, Sibille, Soprani e Volumerie, composizioni lamellari basate sulla ripetitività dei singoli moduli ottenuti con tagli manuali. La connaturata debolezza della carta viene messa a dura prova dal processo creativo dell’artista. Le opere di Papuli esprimono una vitalità inconsueta, sembrano aprirsi a noi e rivendicano tutte le potenzialità espressive e sensoriali di un materiale di uso quotidiano come la carta. La costante ricerca di materiali affini e dalle inaspettate potenzialità espressive fa si che il suo lavoro sconfini in altri ambiti: dal design, all’installazione, agli impianti scenografici per noti marchi moda e arredamento, per fiere ed esposizioni internazionali. Le sue installazioni inedite dialogano con le vetrine di Missoni ed Hermes, a Milano e Roma. Nel 2009 espone ed allestisce la mostra internazionale Gioielli di carta alla Triennale di Milano. Installazioni avvolgenti e sensualmente tattili che diventano aperte costruzione spaziali. I volumi lamellari evolvono in oggetti, in totem serpeggianti, in flessuose e fluide costruzioni, come
si trasformano in voluminosi arazzi circolari in sospensione, come nella video performance Poil Pois Appeal presso il Flux Laboratory di Ginevra del 2011, oppure in cascate di luce come nell’installazione Mise en mise presso il Boscolo Hotel, nella design week milanese del 2013. Di recente, gli sono state dedicate importanti mostre personali: Daniele Papuli, VIS à VIS, a cura di Luciano Caramel e Kengir Azuma presso la Fondazione Calderara di Vacciago di Ameno (Novara) nel 2010, Les géants de papier, Projections de la matiére presso il Flux Laboratory di Ginevra nel 2011; nello stesso anno, Scultografie, installazioni e sculture presso il Castello Aragonese di Ischia e Metamorfosi, sculture e installazioni di carta presso il Palazzo Ducale di Martina Franca (TA) nel 2014. Recente il successo della sua collaborazione con l’architetto Michele De Lucchi per la realizzazione di un’opera, in occasione del progetto DoppiaFirma, esposta presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Galleria Colossi Arte Contemporanea Corsia del Gambero, 12 - Brescia. Tel. 030 3758583 www.colossiarte.it. - info@colossiarte.it
quelle distese a pavimento nelle sale del Palazzo Ducale di Martina Franca (TA) nel 2014, oppure simulano il moto delle onde oceaniche, come nell’installazione The Blue Ribbon realizzata nel 2014 per House of Peroni a Londra. Ed è così che la carta si trasforma in materia viva, vibrante e mutevole. Altri materiali, indagati per le loro potenzialità strutturali, si sottopongono a questo processo di riduzione in esili unità e vengono reinterpretati. Sottili e di legno o flessibili di vinile e di polipropilene, le strisce, ancora una volta unità di misura per la costruzione di apparati scenografici ed oggetti, vengono accostate, sovrapposte, intrecciate dall’artista, a mano, per nuove strutturazioni dinamiche ed articolate. Nastri sfrangiati ridotti a filo, all’origine della loro stessa composizione,
MUSEO DELLA FOLLIA FINO AL 19 NOVEMBRE AL MUSA DI SALÒ SARÀ ESPOSTA LA MOSTRA “MUSEO DELLA FOLLIA. DA GOYA A BACON”
Curata da Vittorio Sgarbi, la mostra “Museo della Follia. Da Goya a Bacon” che al Castello di Ursino di Catania ha visto la partecipazione di oltre 50 mila visitatori, espone opere di maestri come Van Gogh e Ligabue, ma anche alcuni capolavori dei “grandi” della storia dell’arte internazionale come Francisco Goya, Francis Bacon e Jean-Michel Basquiat. L’esposizione artistica è dedicata appunto alla follia, a quegli artisti che furono segnati e che vissero in prima persona le conseguenze dello squilibrio mentale. Ciò che si raccoglie è uno spaccato di informazioni, esperienze, opere che prefigurano un mondo parallelo, costruito attorno a sentimenti e sensazioni straordinarie e difformi. È chiaro l’interesse che provoca la relazione stretta, costante nell’immaginario occidentale, tra follia e genio artistico. La depressione, la malinconia, i disturbi istrionici di personalità, la psicosi, l’impulsività sono alcune delle caratteristiche che si possono riscontrare nelle biografie e nelle opere degli autori protagonisti della mostra.
Gli effetti di gravi malattie mentali, spesso, modificano sia l’acquisizione dell’informazione visiva, sia la sua elaborazione interiore, alterando le capacità percettive ed emotive dell’artista che si traducono in un processo creativo irrefrenabile, tormentato e fuori dal comune. Ligabue venne ricoverato tre volte all’ospedale psichiatrico di Reggio Emilia: per depressione la prima, in seguito per psicosi maniaco-depressiva e infine per aver percosso un soldato tedesco con una bottiglia. Morì nel 1965, dopo aver passato una vita divisa tra pittura e lavoro nei campi. Francisco Goya (1746 -1828) fu affetto da encefalopatia, dovuta ad intossicazione da piombo (elemento allora presente nei pigmenti di vari colori), che gli provocò sordità e alterazioni della personalità, ostacolando la sua attività e causandogli una profonda depressione. Figure da incubo popolarono i suoi quadri quando ricominciò a dipingere. Anche Francis Bacon (1909 - 1992) subì traumi precoci, a sedici anni venne cacciato di casa dal padre violento che lo colse vestito da donna. Per sopravvivere iniziò a concedersi a ricchi esponenti dell’aristocrazia parigina e londinese tra cui un collega del padre, tale Harbourt-Smith, allenatore di cavalli. Una serie di relazioni decisamente difficili e tragiche segnarono la sua vita, due fidanzati morirono suicidi il giorno prima di due sue retrospettive, alla Tate e al Grand Palais. Jean Michel Basquiat (1960-1988) è l’esempio contemporaneo di un genio artistico dilaniato da una personalità autodistruttiva e dagli eccessi dovuti alla tossicodipendenza. Una personalità in profondo conflitto con se stessa, venne soprannominato “il James Dean dell’arte moderna”, arrivando nell’olimpo dell’arte con grande velocità, ma bruciandosi in un tempo ancora minore. L’icona simbolo della mostra è la “Stanza della Griglia”, di fronte a un consumato Bill Evans, intento a suonare il piano, si pone un reticolo lungo 50 metri in cui sono posti in bella mostra più di novanta ritratti di pazienti di ex ospedali psichiatrici, lastre illuminate da una luce al neon ritrovate nelle cartelle cliniche di alcuni ex manicomi.
FRANCIACORTA
HISTORIC FINO AL 4 APRILE È POSSIBILE ISCRIVERSI ALL’EDIZIONE 2017 IN PROGRAMMA SABATO 8 APRILE
Iscriviti online entro il 4 Aprile su www.franciacortahistoric.it
A partire da questa edizione, per uniformarsi alla regolamentazione del Criterium Bresciano Regolarità, la gara sarà riservata alle vetture costruite fino al 1971 oltre a una selezione di modelli di interesse storico e collezionistico prodotti entro il 1976. Il percorso di gara, come sempre rinnovato, impegnerà i concorrenti attraverso le più belle zone della Franciacorta lungo un affascinante tracciato di circa 130 km con oltre 50 prove cronometrate in linea (non ripetute) con partenza e arrivo al Ristorante La Colombera di Castrezzato e il pranzo di gara al Ristorante L'Approdo sul suggestivo lungolago di Paratico. Le iscrizioni vanno perfezionate online e inoltrate al Comitato Organizzatore tramite e-mail o fax, unite alla tassa di iscrizione di € 350 - invariata rispetto alla scorsa edizione - e comprensiva dell'ospitalità per l'intera giornata di sabato.
DESIGN ED ECOSOSTENIBILITÀ WOOD BETON HA UNA NUOVA SEDE
DALLO SCORSO SETTEMBRE WOOD BETON HA TRASFERITO IN UNA NUOVA E MODERNISSIMA SEDE IL PROPRIO “CENTRO RICERCHE E SVILUPPO TECNOLOGIE ABITATIVE”. LA STRUTTURA, DISEGNATA DAGLI ARCHITETTI LUCIANO RAGNI E GIROLAMA TURRA DELLO STUDIO ARCHIABITA, SORGE ACCANTO ALLO STORICO QUARTIER GENERALE DI ISEO, IN VIA ROMA 1
DESIGN ED ECOSOSTENIBILITÀ
All’interno del Gruppo Nulli, Wood Beton è la società specializzata nel campo dell’edilizia residenziale e in quello delle grandi strutture in legno lamellare. La volontà di superarsi continuamente per offrire al mercato standard sempre più evoluti, si è tradotta nella realizzazione di sistemi brevettati che hanno cambiato il modo di fare edilizia. L’idea della struttura mista legno-calcestruzzo e la messa in opera della struttura pre-assemblata in stabilimento, infatti, ha rivoluzionato le performance dei due materiali connessi, i tempi di consegna, il cantiere e la sicurezza degli operai. Dallo scorso Settembre Wood Beton ha trasferito in una nuova e modernissima sede il proprio “Centro Ricerche e Sviluppo Tecnologie Abitative”. La struttura, disegnata dagli Architetti Luciano Ragni e Girolama Turra dello Studio Archiabita, sorge accanto allo storico quartier generale di Iseo, in via Roma 1. Efficienza, innovazione e rispetto per l’ambiente: ecco i capisaldi del progetto, diventato realtà in soli quattro mesi. “La struttura - ci ha spiegato l’Arch. Luciano Ragni - manifesta chiari riferimenti all’architettura contemporanea, sapientemente integrati allo stile degli altri edifici dell’area produttiva già esistenti. La sede si fonde infatti perfettamente con l’ambiente circostante, rendendo prestigioso e accattivante l’ingresso del paese, senza tralasciare il tema del rispetto ambientale e dell’efficienza energetica. Con questo intento si sono effettuate scelte progettuali ben precise, sia in termini di materiali, che di spazialità”. Legno, calcestruzzo e acciaio per un design moderno. “Il nuovo complesso direzionale e operativo - ci ha spiegato l’Arch. Ragni - è stato sviluppato con il concetto della superficie vetrata e della massima trasparenza, dove il vetro si accosta al legno, materiale naturale che conferisce calore agli ambienti. La facciata vetrata crea continuità tra lo spazio interno e quello esterno. L’edificio, posto su due piani di circa 350 mq ciascuno, è stato da poco inaugurato, dopo soli 4 mesi di cantiere e all’interno raggruppa spazi dedicati alla ricerca e all’ingegnerizzazione di nuovi prodotti e allo studio di sistemi costruttivi innovativi. Il corpo di fabbrica è caratterizzato da un involucro in legno, con funzione di schermatura e controllo solare al fine di evitare fenomeni di surriscaldamento per irraggiamento sulle superfici vetrate. L’edificio si compone di elementi in cemento armato precompresso, pilastri in acciaio e parti di legno.
DESIGN ED ECOSOSTENIBILITÀ Le strutture prefabbricate in c.a.p. realizzate da un’altra azienda del Gruppo, la Camuna Prefabbricati Srl, sono state utilizzate per il vano ascensore e per i setti inclinati al piano terra. Qui i pilastri in acciaio sono stati impiegati come appoggio per il primo impalcato, realizzato con travi in legno lamellare, con luci fino a 14 metri e pannelli X-Lam dallo spessore pari a 14 cm. La copertura, così come l’impalcato, sono costituiti da travi lamellari di sez. 8x80 cm. Gli elementi strutturali sono autoportanti e garantiscono stabilità, non solo ai carichi derivanti dal peso proprio, ma anche a quelli di vento e neve. All’interno della nuova palazzina spicca la scala di collegamento verticale il cui brevetto è firmato Wood Beton. “Proprio così. La scala è Easy Step®: le pareti che la sostengono sono state preassemblate direttamente in stabilimento e predisposte con le necessarie connessioni per la successiva applicazione dei gradini in legno lamellare, operazione direttamente svolta in cantiere, senza dover ricorrere a casseri e getti armati e senza la necessità di erigere dei ponteggi. A completare la scala, un raffinato parapetto in vetro temperato e stratificato con una finitura extrachiara, ancorato ai gradini attraverso connessioni meccaniche realizzate con barre resinate in acciaio. Il parapetto vetrato ha reso l’ambiente più luminoso, aggiungendo al tempo stesso un tocco di stile alla struttura”. Grande attenzione è stata posta all’isolamento: sulle pareti, in fase di prefabbricazione, è stato installato un cappotto in lana di roccia dello spessore di 16 cm, mentre sulla copertura lo strato isolante è di 20 cm. “La tecnica progettuale, i componenti dell’involucro e le tecnologie impiegate hanno permesso di realizzare una palazzina che contenesse al meglio i consumi energetici al piano primo. Sono stati infatti impiegati serramenti in alluminio con triplo vetro, mentre l’impianto termico è stato realizzato con pompa di calore VRV ad alta efficienza, con un sistema di controllo centralizzato definito “Intelligent Touch Manager”. Si tratta di un sistema di gestione modulare con funzionalità di controllo e monitoraggio dello stato dei parametri di funzionalità con interfaccia grafica, avente anche funzionalità di “Smart Energy Management” per consentire di pianificare tutti i consumi.
L’edificio è inoltre dotato di impianto di ventilazione meccanica controllata con recuperatore di calore”. Una struttura degna di nota, che ha visto Wood Beton impegnata in un lavoro ammirevole, non solo per la velocità con la quale è stato svolto, ma anche per l’analisi fatta al fine di dar vita a un progetto all’avanguardia sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello architettonico, non tralasciando l’interesse per l’integrazione con l’ambiente circostante e dando grande importanza alla scelta del materiali impiegati. Con la realizzazione di questa nuova struttura, Wood Beton ha dimostrato la sua flessibilità essendo stata in grado di utilizzare contemporaneamente più materiali: legno, calcestruzzo e acciaio.
HANNO COLLABORATO ALLA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO:
Tempini 1921 Srl Fornitura e posa di pavimenti, rivestimenti e arredo bagno Sede legale: Via dei Santi 149, Castenedolo (BS)Tel. 030 3690411 Showroom: Borgo P. Wührer 127, Brescia Tel. 030 3690411 Showroom:Via G. Galilei 47, Cinisello Balsamo (MI) Tel. 02 6606121 www.tempini1921.it - info@tempini1921.it
Giuwal Glass Srl Realizzazione e posa delle opere vetrarie Via Carobe 197, Gianico (BS) Tel. 0364 532892 www.giuwalglass.com - info@giuwalglass.com
Elettrica Archetti Sas Installazione e manutenzione impianto elettrico per uso industriale Via Fornaci 27/D, Corte Franca (BS) Tel. 030 9884172 www.elettricaarchetti.it - elettricaarchetti@libero.it
BRESCIA PHOTO FESTIVAL DAL 7 AL 12 MARZO LE TANTE INIZIATIVE DEL FESTIVAL HANNO COINVOLTO LA CITTÀ E SODDISFATTO IL PUBBLICO, BRESCIANO E NON SOLO.
RENATO CORSINI IDEATORE DI BRESCIA PHOTO FESTIVAL
LUIGI DI CORATO DIRETTORE FONDAZIONE BRESCIA MUSEI
SUCCESSO DI PUBBLICO E STAMPA PER “PEOPLE” LA PRIMA EDIZIONE DEL BRESCIA PHOTO FESTIVAL
SUCCESSO DI PUBBLICO E STAMPA PER “PEOPLE” LA PRIMA EDIZIONE DEL BRESCIA PHOTO FESTIVAL Quasi 6000 visitatori in cinque giorni e affluenza d’eccezione per la notte della fotografia di sabato 11 marzo. Brescia ha sempre avuto un forte legame con la fotografia e il calore e la partecipazione con cui è stato accolto “PEOPLE”, la prima edizione del Brescia Photo Festival, ne è stata una decisa riprova. Questa prima edizione del Brescia Photo Festival ha colto nel segno, coinvolgendo la cittadinanza attraverso le grandi mostre, le esposizioni, le conferenze, i workshop e gli eventi. Le grandi mostre del Museo di Santa Giulia e del MO.CA, aperte fino al 3 settembre, hanno visto la partecipazione di circa 2000 persone all’inaugurazione nella serata di martedì 7 marzo, cui si aggiungono i quasi 3000 visitatori che tra mercoledì 8 e domenica 12 marzo ne hanno riempito le sale, sabato sera affollate fino alla mezzanotte grazie all’iniziativa della Notte della Fotografia.
BRESCIA PHOTO FESTIVAL
Molte anche le gallerie e gli spazi in città che hanno inaugurato le proprie esposizioni durante la settimana e che anche hanno aderito alla Notte della Fotografia prolungando la propria apertura e contribuendo in modo decisivo a dar vita a quella che è stata una vera e propria festa cittadina. Durante la settimana non sono mancati gli appuntamenti con i protagonisti della grande fotografia, dalle conferenze con i fotografi alla rassegna del Cinema Nuovo Eden sui reporter di fama internazionale. Circa 1000 persone hanno preso parte alle conferenze tenute dai fotografi.Tra gli italiani Francesco Cito, Monika Bulaj, Nino Migliori, Uliano Lucas e Gianni Berengo Gardin, il cui appuntamento ha registrato il tutto esaurito.Tra gli stranieri l’americano Jason Schmidt (la cui personale è ospitata presso A Palazzo Gallery) e due nomi di spicco del mondo Magnum, Richard Kalvar e Bruno Barbey, tra i 20 protagonisti della mostra Magnum. La première fois al Museo di Santa Giulia. E sabato 11, grazie alla collaborazione con Brescia Tourism e con IgersBrescia, i luoghi del festival sono stati protagonisti di due
BRESCIA PHOTO FESTIVAL
Instameet – andati esauriti in meno di un’ora – che hanno visto la partecipazione di appassionati e di noti instagramers, con un bacino di oltre 100.000 followers. In pochi giorni, sono oltre 400 le fotografie taggate in #bresciaphotofestival e circa 250 quelle che riportano l’hashtag #BPFcontest17 dedicato all’Instagram Photocontest. A breve saranno resi noti i vincitori, le cui fotografie saranno esposte nell’ambito del Give Photography a Chance, lo spazio messo a disposizione dal MO.CA per i fotoamatori ed i fotografi esordienti. Luigi Di Corato (direttore di BRESCIA MUSEI) e Renato Corsini (Direttore del MA.CO.f) ideatori ed organizzatori della prima edizione del Brescia Photo Festival si sono espressi in modo molto soddisfacente per i risultati finora raggiunti e guardando alla prossima stagione ne hanno già identificato il tema. Il titolo per l’edizione 2018 del Brescia Photo Festival sarà COLLECTIONS e protagonista sarà il collezionismo fotografico in tutte le sue molteplici forme: dalle collezioni dei grandi fotografi, alle raccolte storiche e istituzionali, dall’ossessione collezionistica del conoscitore al culto dell’immagine delle star.
BRESCIA PHOTO FESTIVAL
SCENE DA UN MATRIMONIO
SCENE DA UN MATRIMONIO: SÌ, MA DOVE? SCEGLIERE LA LOCATION GIUSTA NON È SEMPLICE. PER AIUTARE GLI SPOSI, LONGHI BANQUETING, CHE VANTA UN’ESPERIENZA TRENTENNALE NELL’ORGANIZZAZIONE DI RICEVIMENTI, HA SELEZIONATO CINQUE LOCATION. LE ABBIAMO VISITATE PER VOI: VI DIAMO UN PICCOLO ASSAGGIO CON IL NOSTRO REPORTAGE
CASTELLO DI CAVERNAGO
Il Castello di Cavernago, il Castello della Marigolda, Villa Suardi, Tenuta Olmetta e Cascina San Carlo sono le cinque location che Longhi Banqueting propone per i momenti speciali: non solo matrimoni, ma anche eventi in famiglia ed eventi aziendali. Romantici castelli, spazi moderni per ricevimenti a bordo piscina, cortili da allestire per il dopo cena, il tutto senza dimenticare la funzionalità. Gli spazi si possono infatti modulare, in modo da costruire eventi su misura con aperitivi di benvenuto, servizio in sala o a buffet, area per bambini, taglio della torta in ambienti suggestivi. Il nostro viaggio alla scoperta di questi “luoghi del cuore” parte dal Castello di Cavernago, a pochi minuti da Bergamo, immerso in verdi campi, facilmente raggiungibile dall’A4. Concepito come residenza familiare, caratterizzato da uno
stile barocco, il Castello è di proprietà della famiglia Gonzaga di Vescovato ed è una delle location in esclusiva di Longhi Banqueting. Attraverso il viale, che parte dalla chiesa parrocchiale di San Marco Evangelista, arriviamo al portale d’ingresso del maniero, sormontato da un’aquila in marmo bianco. Ci accoglie l’ampio cortile con un doppio loggiato ed un’elegante veranda, che possono accogliere fino a 250 ospiti. Le sale interne sono delle piccole opere d’arte, con le volte dipinte da Giacomo Barbello di Lodi e Gian Battista Azzola. La corte, completamente affrescata e illuminata scenograficamente, è il set giusto per il taglio della torta, che può essere poggiata sul caratteristico pozzo. La sera la torre viene illuminata da fiaccole, mentre in sottofondo si sente gorgogliare il ruscello, in un giardino bucolico.
Altrettanto suggestiva è la seconda tappa del nostro tour, il Castello della Marigolda, nel cuore di Curno, location da sempre in esclusiva di Longhi. Anche qui facciamo un tuffo nella storia: il fortilizio risale al 1280 e sorge sulle rive del fiume Brembo e nei secoli è stato ritrovo di personaggi illustri, artisti e letterati. Al suo interno c’è una bella cappella privata, dedicata a San Gaetano. Nei ricevimenti matrimoniali, gli ingressi sono separati: gli ospiti arrivano dal parcheggio riservato, gli sposi direttamente dal portale che cinge la corte dell’oratorio di S.Gaetano. Gli aperitivi trovano posto al di sotto dei porticati, mentre il salone delle feste, ampio per accogliere fino a 150 ospiti, si raggiunge dopo una passeggiata tra le sale del Castello, arredate di mille cimeli di epoche lontane e testimoni di guerre ormai perdute, quando le lance e i dardi erano gli unici mezzi di difesa. Fuori dal salone troviamo una seconda corte, ingentilita da aiuole e statue, per il taglio della torta. Caratteristica la taverna, con le sue volte e le grandi botti di rovere, dove si può concludere la serata tra musica e balli.
CASTELLO DELLA MARIGOLDA
VILLA SUARDI
Il nostro viaggio continua in un’altra esclusiva di Longhi Banqueting: Villa Suardi , nobile e prestigiosa con il suo parco secolare e una vista mozzafiato in un’oasi di riservatezza e relax. La struttura risale al XIII secolo, quando nasce come residenza fortificata che con le annesse case coloniche costitutiva il piccolo borgo “Navale”. Con il tempo i primi edifici vennero riuniti in un edificio più vasto, oggi caratterizzato da quattro facciate con quattro stili differenti. La chiesetta interna - gestita dalla Pro Loco di Trescore - venne affrescata nella prima metà del cinquecento da Lorenzo Lotto. Ad accoglierci, la torre merlata, esile ma imponente, simbolo di un suggestivo paesaggio che rievoca tempi lontani. La corte, antistante l’edificio, sembra perfetta per ospitare il momento dell’aperitivo e degli antipasti. Le sale affrescate, che ancora oggi testimoniano il fasto della famiglia Suardi, conducono al luminoso atrio interno, con le sue colonne bianche. Da qui accediamo all’elegante veranda ricoperta di morbidi e candidi drappeggi. Suggestivo il taglio della torta nello spazio esterno, tra le due magnolie profumate, le ciocche di fibre ottiche e le vibranti candele accarezzate dalla brezza serale.
CASCINA SAN CARLO
La quarta tappa del nostro viaggio tra le location Longhi ci porta di nuovo nelle campagne bergamasche. Arriviamo, percorrendo la Bre.Be.Mi, a Cascina San Carlo, una struttura che conserva il gusto rustico della tipica cascina lombarda. Ci ritroviamo in un angolo di pace, che si riempie del suono delle campane a festa. Tanti i particolari che offrono scenari ideali per scatti fotografici da inserire nell’album dei ricordi. Molto caratteristico il giardino con le sue fontane ed i giochi d’acqua che creano magiche atmosfere sia di giorno che di sera, quando vengono illuminate da fasci di luce. Si può scegliere di restare nella pittoresca piazza al coperto dedicata al Caravaggio, ingentilita da una grande fontana centrale e da sedici lampioni a sfera, che può accogliere fino a 800 coperti oppure utilizzare le sale Moriggia e Caldara, caratterizzate da grandi vetrate che danno sulla verdeggiante campagna, le cui capienze sono di 250 coperti ciascuna.
TENUTA OLMETTA Inebriati dall’atmosfera di pace e tranquillità della Cascina, ci dirigiamo verso l’ultima meta: Tenuta Olmetta. Immersa nel verde, si presenta subito come una location moderna. Siamo a Osio Sotto, non distanti da Bergamo (l’uscita autostradale più prossima è quella di Dalmine). Attraversando il grande parco arriviamo al porticato con travi a vista, circondato da un bellissimo giardino costellato di fiori colorati, che può essere lo scenario ideale per l’aperitivo. La sala interna è molto ampia (può accogliere fino a 180 persone); la volta in legno chiaro e i lampadari dal design moderno conferiscono luminosità all’ambiente. Dopo il pranzo o la cena si può proseguire la festa all’esterno, tra i salottini all’ombra dei grandi alberi o con un tuffo in piscina, mentre la sala resta a disposizione di chi vuole divertirsi con musica e balli. Un posto moderno, per una festa “très chic”.
Per ogni location sono previsti inoltre una serie di servizi, tra cui la possibilità di svolgere il rito civile o religioso. Sei rimasto colpito anche tu da queste esclusive location? Visitale di persona! Per tutte le informazioni visita il sito: www.longhibanqueting.it
QUESTO IL MANIFESTO CHE ANNUNCIAVA LA PRIMA EDIZIONE DEL SALONE DEL MOBILE DI MILANO CHE SI TENNE NEL 1961 DAL 24 SETTEMBRE AL 1° DI OTTOBRE
IL SALONE SUI MANIFESTI Nelle prossime pagine abbiamo raccolto i manifesti che ogni anno hanno avuto il compito di annunciare al mondo le edizioni del salone del mobile di Milano da quando, in quel lontano 1961, ne venne organizzata la prima che si svolse non in primavera ma in autunno nel “recinto” della Fiera Campionaria Internazionale ed era riservata ai soli “visitatori della professione”. Anno dopo anno grafici e designer hanno sintetizzato l’evoluzione dello stile, non solo quello dell’arredamento, ma anche quello del grafhic design, parente stretto del design d’arredo. Scorrendo la raccolta dei poster è facile fare un parallelo tra il mondo della comunicazione grafica e quello di chi si dedica a creare i mobili che entrano a far parte delle nostre vite nelle nostre abitazioni. Fra poche settimane sarà inaugurata la 56a edizione di questa vetrina che mostra al mondo il meglio del made in Italy e non solo e che rimane un appuntamemto internazionale imprescindibile per tutti gli addetti del settore, in grado di proporre lo stile e le tendenze che ci accompagneranno nei prossimi anni.
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DICE CH’ERA UN BELL’UOMO E VENIVA DAL MARE ALL’ASTA LA BELLISSIMA IMBARCAZIONE CHE FU DI LUCIO DALLA
Su chiama ‘Brilla & Billy’, lo yacht di Lucio Dalla che il cantautore bolognese amò al punto da scegliere scrupolosamente ogni singolo materiale curando tutti i particolari affinché fosse esattamente come l’aveva sognato. Si tratta di un 23 metri che dal 2003 ha cullato le note suonate da Lucio Dalla sino alla sua scomparsa nel 2012. A testimonianza di quanto l’imbarcazione fosse importante per Dalla e quanto in essa vedesse un luogo in cui trovare ispirazione e serenità, il cantautore vi fece predisporre anche una sala di registrazione perfettamente attrezzata: qui nel 2013 compose “Tosca Amore Disperato”, l’opera ispirata al melodramma di Giacomo Puccini e al dramma di Victorien Sardou e “Angoli nel cielo”, contenuta nell’omonimo album pubblicato nel 2009. Lo yacht, costruito dal cantiere Azzurro di Marotta è realizzato con materiali di ottima qualità, vanta ad esempio una chiglia longitudinale massiccia in quercia ed è dotato di due motori e cinque cabine che possono ospitare fino a 9 persone. Il ‘Brilla & Billy’ ha rappresentato un pezzo unico non soltanto durante la vita di Dalla, ma anche dopo: in occasione della prima asta organizzata nel 2014 dopo la morte del cantautore bolognese, infatti, l’imbarcazione fu l’unico bene ad andare aggiudicato. A fare l’offerta migliore fu un imprenditore napoletano grande fan dell’artista, che ne divenne proprietario con la ferma volontà di non modificare, per motivi di scaramanzia, il nome dato all’imbarcazione dal cantautore bolognese.
L’unicità di questo bene traspare anche dalle parole dell’esperto Catawiki Uberto Paoletti, incaricato di effettuare la valutazione, che ha dichiarato: “La barca, acquistata dall’attuale venditore nel 2014, è stata completamente refittata nel 2015 presso lo storico cantiere Palomba di Torre del Greco e conserva ancora gli arredi originali scelti dal noto cantautore, tra cui alcune opere di pregio. È facile immaginarsi la vita a bordo dello yacht quando il grande cantautore salpava per le vacanza ed intratteneva amici di sempre e ospiti celebri”. Numerosi furono i personaggi dello spettacolo amici del cantautore che trascorsero con lui sul ‘Brilla & Billy’ momenti di spensieratezza e convivialità solcando le acque del Mediterraneo – da Ron a Luca Carboni, da Samuele Bersani ad Antonello Venditti passando per Edwige Fenech e il pittore Mimmo Palladino, così come numerose furono le ore che Dalla trascorse a bordo dell’imbarcazione per raggiungere luoghi di fascino dove tenere concerti, come le Isole Tremiti.
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PRESENTA:
Everything you wish -DEL Everywhere you ingEverything you wish wish Everywhere you are are LE CASE BELLE you wish -MONDO Everywhere ing you --PIÙ Everywhere you
PROGETTARE CON LA LUCE INTERAMENTE PROGETTATA DA BP LABORATORIO DI ARCHITETTURA
GEOMETRIE RIGOROSE INCONTRANO FINITURE ACCOGLIENTI: VI PRESENTIAMO UNA RESIDENZA DI LUSSO IN CUI AZZARDI PROSPETTICI E ACCOSTAMENTI MATERICI INTERAGISCONO IN MANIERA ARMONICA E SINERGICA
Un design moderno che si fonda sul rigore delle linee, sul gioco delle forme e dei volumi e sulla continuità dei materiai è alla base della ristrutturazione di una villa immersa nella pianura bresciana
PROGETTARE CON LA LUCE
Filtra leggera, la luce del sole. Riempie le altezze, disegna gli spazi. Si riflette sul grande camino, rincorre le piccole mele che sono favole e che sono arte. Siamo nei dintorni di Brescia e siamo in una villa dalle geometrie nette e gli angoli ancor di più. Una struttura nuova, moderna, dalle finiture accoglienti e i complementi calibrati, che gli architetti Paolo Bussi ed Elisabetta Piotti – alias BP Laboratorio di Architettura – hanno definito passo dopo passo, dettaglio dopo dettaglio. C’è calore, tra quelle mura alte e robuste. C’è armonia, c’è uniformità. Il pavimento disegna ogni ambiente, con un laminato a effetto legno. Solo la scala interrompe dolce il suo andare. In lamiera verniciata a cera, è una fisarmonica color della pece. Ai suoi piedi si IN QUESTA CASA apre la zona giorno, fatta di grigi, di bianchi e di marroni. Il camino bp Laboratorio di Architettura bifacciale scalda l’ambiente, e lo divide. Da un lato il soggiorno, col ha seguito il progetto nella sua interezza. bp Laboratorio di Architettura divano e il mobile tv. Dall’altro la sala da pranzo, col tavolo e le sedie via Bagozzi, 16 Gavardo (Bs) realizzate su misura, dallo schienale alto e la forma snella. Il sole disegna luci e disegna ombre. Accarezza le sospensioni realizzate su misura, con quei loro cerchi grigi e neri e quell’unico cerchio bianco. Ti aspetteresti di vederli volteggiare quei dischi, sotto un vento che profuma di fiori e d’estate. Immersi in una sinfonia che è musica e vibrazione. Lì accanto, pareti senza porte svelano la cucina. Un mondo a scomparsa, innovativo e misterioso. Un piano in quarzo bianco ospita il lavabo e i fornelli a induzione, mentre tutto il resto rimane celato dentro grandi armadiature laccate. Tecnica o naturale, la luce è la regina della stanza. Come nella zona notte, dove persino il bagno vive dietro i riflessi di un’enorme finestra. Completamente rivestito inKerlite, è di un tortora intimo e poetico. Solo la vasca idromassaggio porta nell’ambiente un po’ di bianco. Entrarvi significa sognare. Illudersi di trovarsi nel giardino poco fuori, racchiusi tra i suoi colori pacifici e brillanti. Il prato verde, gli ulivi, l’acqua di una piscina che è pura geometria. Una vista d’incanto, che vive anche in camera da letto. Semplice, raffinata, con i contenitori che paiono enormi vassoi, e il letto che è un morbido romanzo. Lì di fronte, solo il prato e solo il cielo. Un mondo da disegnare, da dipingere. Da inventare.
Il progetti firmati da bp Laboratorio di Architettura (Architetti Paolo Bussi e Elisabetta Piotti sono la perfetta fusione tra design e innovazione, tra architettura e tecnologia, tra comfort e funzionalità. Il processo edilizio che lo studio mette in atto si focalizza sul progetto d’architettura, nelle sue diverse scale, e sull’esecuzione a regola d’arte: un approccio tradizionale, che richiede apporti multidisciplinari e che impone la conoscenza delle più avanzate tendenze dell’architettura e del design. bp Laboratorio è in grado di progettare residenze, alberghi, spazi commerciali e aziendali nella loro interezza. Progetti che riflettono l’impegno costante verso la creazione di un’atmosfera adeguata, frutto del perfetto incastro tra volumi, materiali e illuminazione.
La dolce brezza di una mattinata di semi primavera, il sole caldo e un’atmosfera di pace e tranquillità tra i vigneti delle colline bergamasche. Proprio qui trova sede una delle tenute più caratteristiche di queste zone, la Serradesca, azienda agricola di Scanzorosciate, dal 2013 location perfetta per matrimoni country chic, ma anche per servizi fotografici in cui la moda è protagonista. Proprio come quello che vi presentiamo in queste pagine, dove grazie a Giulia e Davide abbiamo interpretato la moda che verrà, scegliendo i must have assoluti. Stylist per l’occasione Aterlier 19 di Mozzo che, grazie ad un’attenta selezione di brand, interpreta uno stile contemporaneo a tratti frizzante, a tratti elegante, perfetto per ogni
RESPIRANDO PRIMAVERA...
istante del giorno e della notte. Proprio come gli ampi pantaloni bianchi abbinati ad un cardigan sabbia ed al trench color bruciato per lei o la giacca spezzata blue abbinata ai jeans, camicia lavorata e cravatta per lui. PiÚ sportivo ma sempre con il massimo della classe il secondo outfit, composto per Giulia da un fantastico parka con rifiniture gioiello, cosÏ come i jeans ed una semplice t-shirt bianca mentre per Davide impossibile non notare il giubbino in pelle scamosciata abbinato ai pantaloni beige e ad una t-shirt basica. Dallo sportivo all’elegante in pochi secondi ed ecco quindi la terza proposta per serate o occasioni chic: per la modella maxi tuta bianca, sdrammatizzata dal giubbino in pelle nero e dalla mini pochette mentre per lui completo gessato abbinato ad un soprabito dalla linea slim.
PANTALONI AMPI, PELLE E FANTASIA: È LA MODA DI ATELIER19. E LA PRIMAVERA PRENDE IL VIA....
mento di riposo nella camera interna alla tenuta, restaurata ma incontaminata nel suo fascino antico, grazie agli arredi studiati nei minimi dettagli e ai materiali mantenuti al loro stato originario. Qui la versione piĂš sexy di Giulia, con un completo dai toni beige ed arancio, perfetto per i suoi tratti mediterranei. PiĂš easy la scelta per Davide, composta dai pantaloni slime bluette con micro lavorazione, t-shirt e giubbino blue. Ancora due scatti, quattro chiacchiere ed il servizio si conclude, tra i sorrisi e gli entusiasmi di una mattinata tra moda e la natura romantica di questa tenuta, capace di fare innamorare al primo sguardo. Proprio come la moda di Atelier 19.
Per la realizzazione del servizio si ringrazia Agency: Image Time Agency - www.image-time.it Models: Giulia e Davide Per la location si ringrazia: Tenuta Serradesca di Maria Acquaroli Via Serradesca, 2 Scanzorosciate (Bg) Tel. 0345.7740163 www.acquaroli.it/location-matrimoni/tenuta-serradesca Per gli abiti e gli accessori si ringrazia: Atelier 19 Via Lecco, 45 Mozzo (BG) Tel. 035.0172450
TOULOUS LAUTREC LA BELLE ÉPOQUE Sarà inaugurata l’1 aprile e visitabile fino al 3 settembre a Palazzo Forti a Verona la grande retrospettiva dedicata a Toulouse-Lautrec. Dopo il grande successo di pubblico ottenuto al Palazzo Chiablese di Torino, arriva a Verona il pittore bohémien della Parigi di fine Ottocento che ha ritratto scene e scorci della capitale francese, con un’attenzione particolare ai locali di Montmartre e alla società del tempo.
Attraverso circa 170 opere, il percorso espositivo - composto unicamente da opere provenienti dall’Herakleidon Museum di Atene - illustra l’arte eccentrica e la ricercata poetica anticonformista e provocatoria tra le più innovative tra Ottocento e Novecento. In mostra litografie a colori (come Jane Avril, 1893), manifesti pubblicitari (come La passeggera della cabina 54 del 1895 e Aristide Bruant nel suo cabaret del 1893), disegni a matita e a penna, grafiche promozionali e illustrazioni per giornali (come in La Revue blanche del 1895) diventati emblema di un’epoca indissolubilmente legata alle immagini dell’aristocratico visconte Henri de Toulouse-Lautrec. La mostra è prodotta e organizzata da Gruppo Arthemisia ed è curata da Stefano Zuffi. Il Conte Henri Marie de Toulouse Lautrec Montfa questo il nome completo naque ad Albi il 24 novembre del 1864 primogenito del Conte Alphonse ritenuto discendente da Raimondio V conte di Tolosa e fu una tra le figure più significative dell’arte del tardo Ottocento, Pittore definito post impressionista fu anche illustratore e litografo e nelle sue opere era solito registrare molti dettagli della vita bohemienne della Parigi di fine Ottocento; fu uno dei principali animatori della rivista Le Rire durante la metà degli anni novanta. Soffriva di psicodisostosi, una malattia genetica delle ossa che può portare a manifestazioni cliniche simili al nanismo. In effetti a causa di due incidenti si ruppe prima una e poi l’altra gamba e la malattia ne impedì la normale crescita. Mori a Sain André de Bois a soli 37 anni dopo una vita avventurosa anche a causa dell’alcolismo e della sifilide.
MANET E LA PARIGI MODERNA FINO AL 2 LUGLIO AL PALAZZO REALE DI MILANO
MANET E LA PARIGI MODERNA
La mostra Manet e la Parigi moderna che ha aperto l’8 marzo a Milano al piano nobile di Palazzo Reale – fino al 2 luglio – intende raccontare il percorso artistico del grande maestro (1832-18823) che, in poco più di due decenni di intensa attività, ha prodotto 430 dipinti, due terzi dei quali copie, schizzi, opere minori o incompiute. Un corpus in sé affatto esteso, ma in grado di rivoluzionare il concetto di arte moderna. Una vicenda la sua, che si intreccia a quella di altri celebri artisti, molti tra loro compagni di vita e di lavoro di Manet, frequentatori assieme a lui, di caffè, studi, residenze estive, teatri. Le opere presenti in mostra arrivano dalla prestigiosa collezione del Musée d’Orsay di Parigi: un centinaio di opere, tra cui 55 dipinti – di cui 17 capolavori di Manet e 40 altre splendide opere di grandi maestri coevi, tra cui Boldini, Cézanne, Degas, Fantin-Latour, Gauguin, Monet, Berthe Morisot, Renoir, Signac, Tissot. Alle opere su tela si aggiungono 10 tra disegni e acquarelli di Manet, una ventina di disegni degli altri artisti e sette tra maquettes e sculture. Promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, curata da Guy Cogeval, storico presidente del Musée d’Orsay e dell’Orangerie di Parigi con le due conservatrici del Museo Caroline Mathieu, conservatore generale onorario e Isolde Pludermacher, conservatore del dipartimento di pittura, l’esposizione intende celebrare il ruolo centrale di Manet nella pittura moderna, attraverso i vari generi cui l’artista si dedicò: il ritratto, la natura morta, il paesaggio, le donne, Parigi, sua città amatissima, rivoluzionata a metà ‘800 dal nuovo assetto urbanistico attuato dal barone Haussmann e caratterizzata da un nuovo modo di vivere nelle strade, nelle stazioni, nelle Esposizioni universali, nella miriadi di nuovi edifici che ne cambiano il volto e l’anima.
MEMORIE E RAPPRESENTAZIONI AFRICANE
THE WHITE HUNTER
LA MOSTRA CHE SI INAUGURA IN OCCASIONE DI MIART, LA FIERA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA MILANO, METTE IN DIALOGO OPERE DI ARTE CONTEMPORANEA CON UN NUCLEO DI OPERE DI ARTE ANTICA TRADIZIONALE Reliquario Kota, Mbulu Ngulu, Gabon, sec XIX, cm. 57
Maschera N’gbaka, Dagara, Congo, inizio XX sec, cm. 30,5 Maschera Senufo, Kpli-Yehe, Costa D’Avorio inizio XX sec., cm. 38
FM CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA VIA G. B. PIRANESI, 10 MILANO FINO AL 3 GIUGNO.
L’appuntamento espositivo del polo milanese inaugurerà la Milano Art Week, il programma promosso dal Comune di Milano che prevede eventi, inaugurazioni e aperture straordinarie nei musei e nelle istituzioni pubbliche e private milanesi. Anche in Italia, l’arte africana viene così posta al centro dell’attenzione sulla scia dello straordinario interesse culturale e di mercato che sta riscuotendo a livello internazionale. Con 40 artisti e più di 120 opere, Il Cacciatore Bianco/The White Hunter, presenta un percorso articolato sulle forme di rappresentazione e di ricostruzione della memoria e della contemporaneità africane, attraverso lavori provenienti dalle maggiori collezioni italiane e materiali di archivio sui contesti di presentazione critica ed espositiva, sia italiani che internazionali. Il titolo della mostra rimanda all’opera filmica degli artisti Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, pionieri nella pratica di riscrittura della storia coloniale e delle migrazioni, e ripercorre la costruzione sociale di una presunta supremazia della “blanchité” che attraversa l’intera esperienza della modernità capitalista e si consolida con l’impresa coloniale, intrecciandosi con una vicenda tutta italiana. Le opere di arte contemporanea sono poste in dialogo con un nucleo di opere di arte antica tradizionale, grazie ad un percorso in cui anche le pratiche collezionistiche e espositive sono oggetto di ricerca. La sezione di opere di antica arte tradizionale trae spunto e si ricollega idealmente alla prima presentazione di oggetti d’arte africana alla Biennale di Venezia del 1922, agli albori del fascismo, proponendo un nucleo di statue e maschere, provenienti dal Mali, dalla Costa d’Avorio, dal Camerun, dal Gabon, dal Congo e dall’Angola, volto ad “evocare” quel momento storico e anche quella sensibilità estetica. La successiva esclusione dell’arte africana dalle manifestazioni ufficiali e dal dibattito culturale italiano fanno da sfondo ad un’indagine sulla sua presenza nelle collezioni private italiane, più aperte alle sollecitazioni internazionali. L’arte classica africana ritorna così a Milano dopo l’esposizione internazionale “Africa. La terra degli spiriti” allestita per l’anteprima del MUDEC in occasione di EXPO 2015, sottolineando quel grande patrimonio di creatività e bellezza che, non a caso, ispirò i più grandi artisti delle avanguardie artistiche del primo novecento. Tramite materiali archivistici e documentali, oggetti e cartografie storiche, sono rievocate le esperienze di studiosi e documentaristi che hanno dato un significativo apporto alla definizione stessa di arte africana, la sua storiografia e lo sviluppo del suo collezionismo superando la divisione antropologica tra opera d’arte e documento etnografico. Dalle collezioni italiane emergono significative opere di artisti africani contemporanei che evidenziano la problematicità della nozione stessa di identità africana: come le parrucche di Meschac Gaba, le cui acconciature africane intrecciate prendono la forma di architetture milanesi, o gli stendardi dello stesso autore che segnalavano l’ingresso a un fantomatico Museum of Contemporary African Art che trovava collocazione nomade nelle varie città europee. O le installazioni-archivio di Georges Adéagbo in cui questi assembla reperti, immagini, pubblicazioni che testimoniano le questioni politiche e sociali e gli stereotipi della rappresentazione dell’alterità africana. Oppure, l’indagine di Kader Attia sulle forme di riappropriazione culturale post-coloniale, nei video dove indaga il concetto di “riparazione” fra Occidente e culture “altre”; o le grandi opere tessute di Abdoulaye Konaté che, riprendendo la tradizione culturale del Mali, esplorano questioni socio-politiche di globalizzazione, fanatismo religioso ed ecologia. Ancora, i dipinti di Wangechi Mutu e Ouattara Watts e le fotografie di Seydou Keïta, o la questione sudafricana nelle realizzazioni di William Kentridge e David Goldblatt. Lavori che testimoniano la ricchezza di una ricerca artistica che si esprime come pratica di riappropriazione e di resistenza alle diverse forme di esclusione, egemonia e omologazione, in linea con un discorso di affermazione nel dibattito contemporaneo testimoniata anche dalle grandi esposizioni internazionali dedicate al continente africano, le sue diaspore, l’indipendenza e le lotte per la decolonizzazione culturale e politica. Marco Scotini, curatore della mostra e direttore artistico di FM Centro per l’Arte Contemporanea afferma in proposito che “molte delle retoriche che hanno condizionato lo sguardo sull’alterità verso le culture periferiche e le sue narrazioni, sono state ereditate dal colonialismo così come il paradigma etnografico nei regimi visivi messi in atto dalla cultura espositiva della modernità. Ne Il Cacciatore Bianco/The White Hunter gli artisti si confrontano proprio con le rappresentazioni che sono state assegnate all’Africa e in cui la sovranità dello sguardo - che ha dominato gli assetti della cultura eurocentrica - si rovesciava nel primato dell’essere guardati”. Il progetto, curato da Marco Scotini, si avvale di un comitato di advisor pluridisciplinare che comprende: Gigi Pezzoli, africanista, Grazia Quaroni, senior curator, Fondation Cartier pour l’art contemporain, Adama Sanneh, direttore dei programmi, Fondazione lettera27, e altri.
KEITH HARING. ABOUT ART PALAZZO REALE DI MILANO FINO AL 2 GIUGNO
L’ESPOSIZIONE KEITH HARING. ABOUT ART, PRESENTA 110 OPERE, MOLTE DI DIMENSIONI MONUMENTALI, ALCUNE DELLE QUALI INEDITE O MAI ESPOSTE IN ITALIA. La rassegna ruota attorno a un nuovo assunto critico: la lettura retrospettiva dell’opera di Haring non è corretta se non è vista anche alla luce della storia delle arti che egli ha compreso e collocato al centro del suo lavoro, assimilandola fino a integrarla esplicitamente nei suoi dipinti e costruendo in questo modo la parte più significativa della sua ricerca estetica. Le opere dell’artista americano si affiancano a quelle di autori di epoche diverse, a cui Haring si è ispirato e che ha reinterpretato con il suo stile unico e inconfondibile, in una sintesi narrativa di archetipi della tradizione classica, di arte tribale ed etnografica, di immaginario gotico o di cartoonism, di linguaggi del suo secolo e di escursioni nel futuro con l’impiego del computer in alcune sue ultime
sperimentazioni. Tra queste, s’incontrano quelle realizzate da Jackson Pollock, Jean Dubuffet, Paul Klee per il Novecento, ma anche i calchi della Colonna Traiana, le maschere delle culture del Pacifico, i dipinti del Rinascimento italiano e altre. Keith Haring è stato uno dei più importanti autori della seconda metà del Novecento; la sua arte è percepita come espressione di una controcultura socialmente e politicamente impegnata su temi propri del suo e del nostro tempo: droga, razzismo, Aids, minaccia nucleare, alienazione giovanile, discriminazione delle minoranze, arroganza del potere. Haring ha partecipato di un sentire collettivo diventando l’icona di artista-attivista globale. Tuttavia, il suo progetto, reso evidente in questa mostra, fu di ricomporre i linguaggi dell’arte in un unico personale, immaginario simbolico, che fosse al tempo stesso universale, per riscoprire l’arte come testimonianza
KEITH HARING NAQUE IL 4 MAGGIO DEL 1958 A READING IN PENSYLVANIA. LA SUA BREVE ESISTENZA COSTELLATA DI ESPERIENZE ANCHE INFELICI TERMINÒ A NEW YORK DOPO SOLI 32 ANNI. A SINISTRA LA TESSERA DEL COLLEGIO PER CHI MANIFESTAVA COMPORTAMENTI DEVIANTIC CON LA SUA FOTOGRAFIA
di una verità interiore che pone al suo centro l’uomo e la sua condizione sociale e individuale. È in questo disegno che risiede la vera grandezza di Haring; da qui parte e si sviluppa il suo celebrato impegno di artista-attivista e si afferma la sua forte singolarità rispetto ai suoi contemporanei. La mostra è ordinata in un allestimento emozionante e al contempo denso di rimandi al contesto in cui la breve ed esplosiva vita di Haring gli consentì di esprimersi come una delle personalità più riconosciute dell’arte americana del dopoguerra.
Prosegue il racconto di quell’anno formidabile nel quale venne pubblicato il primo numero di questo magazine per mano dei due ineffabili complici Patrizia Venerucci e Vito Emilio Filì
Giulio Androtti
1992... CONTINUA
APRILE
MAGGIO
1 - Primi avvisi di garanzia a parlamentari in carica: sono gli ex sindaci socialisti di Milano, Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri. 4 - La scala mobile degli statali viene congelata. 6 - Arresti di Massimo Ferlini (Pds) e dei segretari cittadini e regionali della Dc, Maurizio Prada e Gianstefano Frigerio. 10 - Avviso di garanzia a Severino Citaristi, tesoriere della DC, per illecito finanziario 16 - A San Diego la barca a vela America³ sconfigge nella finale di America´s Cup la barca italiana Il Moro di Venezia del miliardario Raul Gardini 23 - Sull’autostrada che collega Palermo all’aeroporto di Punta Raisi esplode una carica di tritolo che uccide il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e tre agenti di scorta 25 - A Palermo si celebrano i funerali del giudice Falcone, della moglie e degli agenti della scorta. Al sedicesimo scrutinio a Roma il Parlamento elegge Oscar Luigi Scalfaro, 73 anni, democristiano, Presidente della Repubblica, con 672 voti di Dc, Pds, Psi, Psdi, Pli, Verdi, Rete e Lista Pannella, dopo numerose votazioni in cui nessun candidato (Forlani, Vassalli ecc.) aveva raggiunto il numero di voti necessario. 30 - Consegnata alla commissione per le autorizzazioni a procedere la richiesta di poter indagare su sei parlamentari: Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri entrambi del Psi, Severino Citaristi (Dc), Antonio Del Pennino (Pri), Renato Massari (Psdi) e Gianni Cervetti (Pds). A rivolgersi al Parlamento sono quattro pubblici ministeri di Milano. Il capo della procura Francesco Saverio Borrelli, il suo vice Gerardo D´Ambrosio e i sostituti Gherardo Colombo e Antonio Di Pietro.
Francesco Cossiga
16 - I giudici del tribunale di Milano accolgono le richieste del pubblico ministero per il caso Ambrosiano: diciannove anni a Umberto Ortolani, diciotto anni e sei mesi a Licio Gelli, sei anni e quattro mesi a Carlo De Benedetti, cinque anni e sei mesi a Giuseppe Ciarrapico. 22 - Arrestati con un unico blitz otto imprenditori milanesi, per il mondo degli affari è uno shock. Gli otto arrestati escono da San Vittore dopo aver firmato confessioni più o meno ampie. Da quel momento decine di imprenditori, persuasi in molti casi dai propri avvocati, si presentano spontaneamente alla Procura di Milano: questo fenomeno delle “code per confessare” proseguirà fino all´estate del 1993. 24 - Giovanni Spadolini è rieletto presidente del Senato. Oscar Luigi Scalfaro è il nuovo presidente della Camera. Si dimette il governo Andreotti. 25 - Con un discorso di quarantacinque minuti teletrasmesso, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga annuncia le sue dimissioni e lascia il Quirinale mentre il presidente del Senato Spadolini assume la supplenza in attesa della nomina del nuovo presidente della Repubblica. 29 -Los Angeles: la diffusione di un video che ritraeva alcuni poliziotti del LAPD picchiare duramente l´automobilista di colore Rodney King dà vita ad una serie di sommosse popolari che causano la morte di 53 persone 30 - Barilla acquista per circa 80 miliardi il gruppo Pavesi dalla finanziaria pubblica Sme
Antonio Di Pietro
12 - Esce nelle edicole il primo numero di qui Bergamo
Bettino Craxi
5 - elezioni politiche: DC 29,7%; PDS 16,1%; PSI 13,6%; Lega Nord 8,7%; PRC 5,6%; PRI 4,4%; PLI 2,9%. Sempre in questo giorno la Bosnia-Erzegovina proclama l’indipendenza dalla Jugoslavia e il giorno dopo le forze armate serbo-bosniache iniziano l´assedio della città di Sarajevo. 9 - Gran Bretagna – i conservatori di John Major vincono le elezioni politiche.
2 - Al largo di Civitavecchia, sul panfilo “Britannia” si incontrano esponenti delle maggiori banche internazionali e dei principali gruppi industriali e finanziari italiani per discutere delle prospettive economiche dell’Italia 3 - Comincia a Rio de Janeiro il Summit sulla Terra dell’Onu. Vi partecipano 172 governi e migliaia di rappresentanti delle organizzazioni non governative. Il meeting si conclude il 14 giugno e getta le basi per una politica climatica globale 17 - Con il ritiro della candidatura Craxi si sblocca la crisi di governo. Il segretario del Psi propone al presidente della Repubblica una rosa di tre nomi: Giuliano Amato, Gianni De Michelis e Claudio Martelli. 27 - Centomila persone manifestano a Palermo contro la mafia nel ricordo di Giovanni Falcone. 28 - Giuliano Amato forma il nuovo governo: quadripartito composto da PSI, DC, PSDI e PLI
Giuliano Amato
GIUGNO
1992
GRILLO GIÀ FANC... Lo spettacolo è appena terminato, e Beppe Grillo, madido di sudore, elegantissimo nel suo doppiopetto Armani se ne sta in piedi nel suo camerino piccolissimo e affollatissimo, a bere acqua minerale e a esternare in totale libertà. È un Grillo furioso, quello che ci si para davanti. Ha appena finito di “fanculare” mezzo mondo, da Vittorio Sgarbi al ministro Francesco De Lorenzo, da Licio GeIIi a Maurizio Costanzo: e ora, non contento, se la prende con un paio di malcapitati ambientalisti, che non gli hanno perdonato le battutine ironiche lanciate all’indirizzo di Fulco Pratesi, l’ex presidente del WWF Italia. Reo di aver fatto da testimoniai all’American Express, e di aver quindi contribuito a incrementare il tasso di inquinamento atmosferico: «Perché per ogni spesa fatta con la carta di credito ti danno in dotazione tre foglietti di carta, che poi vengono bruciati e creano pulviscolo atmosferico, che poi ricade in mare e viene mangiato dai pesci, che vengono poi mangiati da noi, nei ristoranti alla moda. Come siamo intelligenti: ci mangiamo le nostre carte di credito a 50 mila lire il chilo...». Questo Grillo furioso, lontano le mille miglia dal comico giovialone del “Te la do io l’America”, ma anche dal Grillo rabbioso che spara dalla tv contro Bettino Craxi e Pietro Longo, ha appena finito di fare il pieno allo Smeraldo di Milano e si appresta a rifarlo al teatro Olimpico di Roma, dal 9 al 18 marzo prossimi. Sempre da solo, con l’unico sostegno di un telefono amplificato e di una linea verde, con i quali entra in contatto con mezza Italia: un po’ per dialogare amabilmente con il suo interlocutore di turno, più spesso per “fancularli” di brutto. In questo aiutato, con enorme entusiasmo, dal pubblico presente in sala: che non vede l’ora di urlare tutta la sua rabbia in faccia al nemico di turno. Quasi si fosse accorto che ormai dopo la protesta urlata, dopo i graffi sanguinosi della satira politica non resti altro che l’insulto. Grazie all’efficacia di un usatissimo trisillabo.
INTERVISTA PUBBLICATA SULL’ESPRESSO DELL’8 MARZO 1992 QUANDO BEPPE GRILLO ERA SOLO UN COMICO E GIRAVA I TEATRI DELLA PENISOLA SFANCULANDO TUTTI
Signor Grillo, partiamo dai “fanculo” che ogni sera spara a raffica: non le sembrano un mezzo un po’ volgare per scatenare l’ilarità della gente? «Ma quale volgare... Volgare non sono io, che dico “figa, cazzo, culo” quando il senso della frase lo richiede. Volgare è la Sampò, che chiama “cappuccetto” il preservativo, e pensa così di essersi salvata la
faccia: e allora io la mando affanculo. Ancora. C’è gente che mi chiama al telefono in teatro, e ha il cervello talmente spappolato dalla televisione che mica mi chiede come sto; mi chiede: “sono in diretta?”. E io, questa gente qua, non dovrei fancularla? Ma mi faccia il piacere...». Non è un po’ troppo facile, però, prendersela con gli Sgarbi e con i Ferrara, e lasciare in ombra i nemici veri, i politici corrotti, i mafiosi, i disonesti? «Guardi, in tanti prima sparano l’apprezzamento, dicono che sei geniale e che hai trovato il modo giusto di comunicare con la gente; poi incominciano a correggere il tiro, dicono che questo è troppo facile e quest’altro troppo scontato, insomma che da te s’aspettava di più. In tanti trinciano giudizi senza neanche venirti a vedere. Ma Io vorrei ricordare a tutti questi che non è colpa mia se Licio Gelli o Paolo Cirino Pomicino non si fanno trovare al telefono. Così come non è colpa mia se quella merda del mago Othelma ha deciso di presentarsI alle elezioni con un programma che prevede l’abolizione delle cinture di sicurezza e il ripristino della pena di morte; oppure se Maurizio Costanzo prima dIchiara che si è iscritto alla P2 per caso, e poi fa il testimoniai per un settimanale contro gli sprechi e contro la corruzione; oppure se la Raffai, oltre a fare la spiona di professione, ha scritto pure un libro da 29 mila lire su quelli che scappano dalla famiglia proprio perché c’hanno quella famiglia lì. E io tutta questa gente non dovreI fancularla? Ma la fanculo a raffica!». Mi tolga una curiosità: il suo fanculo odierno ricorda da vicino il “fangala” urlato da MaIik Maluk, alias Giorgio Bracardi, nell’”Alto gradimento” di Arbore e Boncompagni. È da lì che le è nata l’idea? «No, perché quello era un divertentissimo motto di spirito, e invece il mio è un autentico urlo di rabbIa. In quanto tale, sono certo che il suo antecedente sia il “coglione” con cui, anni fa, ho apostrofato il giornalista Sandro Mayer: perché, a “Domenica in”, aveva intervistato un bambino appena liberato da un lunghissimo rapimento. Giuro che non volevo offendere Mayer: volevo soltanto urlare la mia rabbia, il mio disgusto, per un uso così cinico dell’intervista giornalistica. E quando, nei giorni successivi, ho ricevuto i messaggi di tantissima gente incazzata come me, che mi diceva che avevo fatto bene a urlare “coglione”, ho capito che quelIa era la strada giusta. E il fanculo di oggi ne è la logica conseguenza». Ma non trova un po’ strano che questo urlo di rabbia sia sempre più spesso indirizzato contro la gente comune, invece che contro i potenti? «Lei lo trova strano? lo no. Sono stanco delle battute, sono stanco della satira politica: non serve a nulla. Tant’è vero che Cossiga ormai non è più un uomo: è uno spot. E dell’ex sindaco ho semplicemente detto che deve avere due palle così, per aver sposato la sorella: di quello là. E dei socialisti non voglio più parlare, perché quando li ho accusati di rubare hanno guadagnato il cinque per cento dei voti: e dunque è meglio che me ne stia zitto, così magari si eliminano da soli. E di Mario Chiesa, presidente della Baggina, ho parlato solo all’inizio, quando sembrava che
avesse rubato sette o otto milioni e il suo mi pareva proprio un caso di disperazione esistenziale. Ed è vero che ho ripetutamente fanculato il ministro De Lorenzo: ma non perché sia incompetente, ma per il semplice fatto che ha accettato un ministero senza speranza come quello della Sanità. Diciamolo chiaro: io di questa gente non voglio più saperne. E se ogni tanto mi capita di fancularli, è solo perché voglio parlare alla suocera perché nuora intenda ». Sarebbe a dire? «È semplice. Il fanculamento dei politici, dei potenti, è un mero pretesto per fanculare la gente, lei, me stesso. Perche è colpa nostra se siamo ancora comandati da individui di questo tipo. È colpa nostra se continuiamo a farci truffare dai pubblicitari, quelli che hanno inventato la famiglia di dementi del Mulino Bianco: quando nei paesi più civili, per esempio in Danimarca, hanno già fatto leggi che tutelano splendidamente i consumatori. È colpa nostra se l’ambiente è ridotto allo schifo che sappiamo, al buco nell’ozono, alle targhe alterne che non risolvono niente. E guardi che queste cose mica gliele dice un ambientalista. Anzi, gli ambientalisti proprio non li reggo, perché sono gli unici che non hanno ancora capito che il vero problema dell’umanità non è la tutela della foca monaca: ma la riduzione del tempo di lavoro. Lavorare meno per poter lavorare tutti. E godere di più». E quindi secondo lei, signor Grillo, anche le prossime elezioni serviranno a poco... «A poco? Dica pure a nulla. Perché i partiti nuovi fanno ancora più schifo di quelli vecchi. E perché, soprattutto, in Italia la situazione è talmente disgregata, deteriorata, compromessa, da lasciar presagire un futuro nero. Nero come la pece.
1992
NICOLA TRUSSARDI
“Mio nonno lasciò Milano con la qualifica di capo tagliatore di una fabbrica di guanti in pelle e si trasferì Bergamo per costituire la propria azienda con il marchio DTB: Dante Trussardi Bergamo” Chi ci racconta quella che fu la nascita di un impero è Nicola Trussardi, conosciutissimo stilista e designer di fama internazionale, nonchè protagonista di spicco di quegli anni in cui le cosiddettte “firme” della moda italiana imposero i dettami del made in Italy in tutto il mondo. “Nel 1940 - prosegue Nicola Trussardi - la gestione dell’azienda passò nelle mani di mio padre e, vent’anni più tardi in quelle di mio fratello Girolamo.” Dieci anni dopo, all’inizio degli anni settanta, con una freschissima laurea in economia e commercio in tasca, l’uomo che diverrà famoso per il levriero con il quale firmerà le proprie creazioni, appena rientrato dal viaggio di nozze, viene catapultato a capo dell’azienda a causa di un tragico incidente accaduto al fratello. Inizia così, la grande stagione delle intuizioni imprenditoriali che daranno impulso a molteplici attività e che porteranno il Gruppo Trussardi a diventare un impero dai confini multinazionali e con un fatturato che sfiora duecento miliardi l’anno. Nel 1973 viene avviata una completa riconversione industriale, poi l’ampliamento dell’intera produzione di pelletteria, il lancio del marchio con il levriero, l’apertura ai mercati internazionali, l’ampliamento dell’intervento nei settori dell’oggettistica, dei profumi, dei prodotti per la casa. Qualsiasi oggetto, anche il più comune rivisitato dalle sue matite, come per esempio una indimenticabile bicicletta, diventava ricercato simbolo di raffinatezza, di esclusività e di prestigio. Nicola Trussardi, non diverso in questo da altri magari meno noti imprenditori figli di questa industriosa terra bergamasca, dice di essere arrivato al successo seguendo due regole fondamentali: l’amore per il lavoro e per l’unità della famiglia, nel rispetto delle tradizioni. Lo abbiamo incontrato recentemente e, tralasciando volutamente, domande inerenti le sue spericolate simpatie politiche degli anni d’oro del craxismo, cerchiamo di riscoprirlo in una sfera più intima e meno condizionata dai riflettori dell’attaulità per riproporlo ai nostri lettori come forse non lo hanno mai visto. QUI: Come è possibile, per un uomo d’affari tanto impegnato, poter canciliare il lavoro con gli impegni familiari? T: L’attività che svolgo è nevrotica ed incessante per i cicli incalzanti che la regolano, ma è anche altamente gratificante per una serie di motivi che, fortunatamente risultano essere attraenti e coinvolgenti anche per il resto della famiglia: basti pensare ai viaggi, alla pubblicità, agli eventi espositivi, alla ricerca estetica. Per le altre esigenze affettive e pratiche, finora non mi pare ci siano state trascuratezze o sofferenze; basta saper pesare i problemi ed essere presente nei momenti più delicati. Non è semplice, ma è possibile. QUI: Come partecipa oggi la famiglia all’andamenzo dell’azienda? T: Mia moglie è inserita nel mio lavoro con grande passione ed impegno, cercando di coniugare l’attenzione materna con il lavoro. l ragazzi sono ancora giovani e partecipano
solo indirettamente all’evolversi del lavoro. QUI: Qual’è l’elemento più importante nella produzione della moda per poter mantenere il successo? T: Oggi nulla può essere trascurato o lasciato al caso; si dice che è più facile raggiungere il successo che mantenerlo, ed è vero. Nella fase di crescita l’attesa del mercato è più viva e reattiva, quando il nome ed il marchio sono noti bisogna dare sicurezza ma essere trendy e non ripetersi; quindi tutti gli elementi che creano appeal e glamour in un prodotto devono essere costantemente rinnovati per alimentare la passione ed il desiderio di rinnovarsi con un guardaroba ed accessori nuovi. QUI: Come è definibile lo stile Trussardi? T: È uno stile per persone moderne, protagoniste del proprio tempo, che amano l’eleganza vera e la sanno usare con classe e raffinatezza. L’eleganzaTrussardi potrebbe essere definita “il lusso intelligente”, cioè quello non esibizionista, ma quello in cui si privilegia la qualità dei tessuti, dei pellami e dei materiali, l’accuratezza della lavorazione artigianale, che debba esprimere esclusività e durare nel tempo. Uno stile che tenta di armonizzare gli apparenti contrasti della nostra cultura: tradizione e futuro, serietà e piacere di vivere, nobiltà e spontaneità, intelligenza ed intuito. QUI: Attraverso quali strategie l’azienda Trussardi ha raggiunto i livelli attuali ? T: Per riuscire ad affermarsi a livello internazionale, in mercati estremamente competitivi, le strategie di marketing devono essere complete e gestite in modo assolutamente professionale: prodotto, prezzo, qualità, servizio, comunicazione, distribuzione debbono avere lo stesso livello di sofisticazione ed essere equilibrati per dei prodotti di prestigio accompagnati da un marchio che vuole esprimere raffinatezza e sicurezza. QUI: Quali sono i progetti delfazienda per il futuro? T: Nel breve priodo cercheremo di avvicinarci di più al consumatore, offrendogli un servizio sempre migliore e rendendolo partecipe delle scelte e dell’evoluzione dello stile. Per il futuro cercheremo di intemazionalizzare maggiormente allargando e migliorando la presenza nei mercati in cui il marchio, pur già noto, può avere ulteriori possibilità di sviluppo, come nei paesi dell’Est europeo, in Cina e nelle aree del Pacifico e del Sud America. QUI: Ad un arbitro di eleganza come Nicola Trussardi non si può non chiedere: secondo lei, la moda è una forma d’arte? T: Secondo me è arte applicata; nel senso che è arte quando si creano i modelli, le forme, si scelgono i colori e i materiali e si riuniscono in una collezione. È applicata in quanto le scelte sono quasi sempre influenzate dal mercato che spesso ne condiziona la libertà espressiva. Questo per l’ovvia ragione che il prodotto non deve gratificare solo chi lo crea, ma il suo successo è determinato dal maggior numero possibile di soggetti che ne possono desiderare il possesso e determinarne quindi il successo. Annamaria Maggi
INTERVISTA DEL 1992
1992
GLI SCATTI DELLA
PROVOCAZIONE
ANTICONFORMISTA, PROVOCATORE SEMPRE ALL’AVANGUARDIA, SEMPRE “AVANTI”, OLIVIERO TOSCANI È IL PUBBLICITARIO PER ANTONOMASIA. HA COLLABORATO CON I PIÙ GRANDI GIORNALI E I PIÙ FAMOSI MARCHI DEL MONDO DI CUI È STATO CREATORE DI IMMAGINI CORPORATE E CAMPAGNE COMMERCIALI. DAL 1982 AL 2000 SI È OCCUPATO DELLA PUBBLICITÀ DELLA BENETTON E IL SUO “SHOCKVERTISING” È STATO ESPOSTO NEI MUSEI D’ARTE PIÙ PRESTIGIOSI. HA RICEVUTO NUMEROSI RICONOSCIMENTI INTERNAZIONALI. HA INSEGNATO COMUNICAZIONE VISIVA IN DUE UNIVERSITÀ E CON LE SUE IMMAGINI HA PRECORSO I TEMPI SOPRATTUTTO IN CAMPO SOCIALE: CONTRO I PREGIUDIZI, IL RAZZISMO, LA PENA DI MORTE. PROPONIAMO QUI ALCUNE DELLE SUE IMMAGINI CHE PER LA LORO FORZA SONO DIVENTATE UN MESSAGGIO UNIVERSALE.
OLIVIERO TOSCANI
1992
L’ITALIA IN BARCA
Gli anni Novanta determinarono l’ennesima rinascita di quell’araba fenice che è la Coppa America, molte volte data per morta molte volte riemersa dalle sue stesse ceneri, il duello più lungo, contestato e amato della storia della vela. Era appena finita “la sfida folle”. La 27ª edizione (1988) era stata una riedizione del duello tra Davide e Golia con una lotta impari tra una enorme barca neozelandese (lenta) e un piccolo ma velocissimo catamarano americano. L’evento sembrò per un lungo attimo segnare la fine della competizione grazie al suo lunghissimo strascico di cause e di polemiche, ma nel gennaio 1989 fu presentata una nuovissima classe di barche con cui la Coppa poteva rinascere sotto il segno della innovazione tecnologica, del design nautico di eccellenza e naturalmente del denaro. L’international America’s Cup Class o IACC era una classe di barche completamente nuova destinata a durare per cinque edizioni, molto vicina a quei maxi yacht con cui già da qualche tempo i “velisti che contano” regatavano nelle competizioni internazionali di più alto livello. D’altronde la Coppa da sempre ha a che fare con “big toys for big guys”, giocattoloni di lusso per i ricconi del pianeta, ma anche strumenti di marketing capaci di portare in primo piano brand, uomini, prodotti, grandi firme e anche grandi idee. Un nuovo Paperon de’ Paperoni era sceso in campo per difendere la Coppa detenuta dagli americani. Bill Koch, petroliere miliardario del Kansan non badò a spese, comprò velisti, progettisti e incamerò tutti i consorzi rivali per poter stringere la Vecchia Brocca delle 100 Ghinee messa in palio per la prima volta nel 1851 dall’Inghilterra, vinta e ribattezzata dalla goletta America. La barca di Koch, neppure a farlo apposta si chiamava America³ (ancora una America, ma “al cubo”). Raul Gardini Tra gli sfidanti un altro personaggio, altrettanto aggressivo e con un budget altrettanto illimitato, aveva tuttavia cominciato a mostrare i muscoli. Raul Gardini, il patron della Montedison, velista appassionato, e manager deciso a dimostrare che la chimica italiana sapeva navigare nel mondo. Non era sfuggito al manager italiano che i nuovi giocattoli con altissimo contenuto in tecnologia ed innovazione con cui si sarebbe vissuta nel 1992 la sfida velica più emozionante del mondo potevano essere la chiave per imporre nel mondo la chimica italiana. Bill Koch da una parte e Gardini dall’altra, finirono con l’investire nella competizione centinaia di miliardi. Gardini arrivò addirittura a realizzare un interno nuovo cantiere a Porto Marghera per le sue barche (ne costruì cinque) dove lavorarono i migliori
tecnici italiani e stranieri. Non era una follia. Era una scommessa addirittura in anticipo con i tempi: Gardini puntò infatti sullo sviluppo di un campo in grande ascesa, quello dei nuovi materiali. C’era in questo uno sguardo imprenditoriale lucido e aggressivo che vedeva nella ricerca tecnologica la chiave per il successo. Gardini non voleva partecipare, voleva vincere.Anzi stravincere. E con questa vittoria voleva assicurare alle sue imprese ben più della visibilità: il mercato mondiale. Ma la sua barca dallo scafo rosso e dal Leone di San Marco stilizzato in oro, per l’Italia divenne qualcosa di più: un mito. Una bandiera. Era dai tempi di Azzurra (1983) che il bel Paese non “strambava” più. Il Moro di Venezia fu varato l’11 marzo 1990 sul Canal Grande, in una scenografia sfarzosa curata dal regista Franco Zeffirelli, con musiche di Ennio Morricone e figuranti in costume. A organizzare il team velico c’era un giovane skipper, Paul Cayard, naturalizzato italiano come voleva il regolamento. Cayard era bello, simpatico, determinato, metà americano e metà francese ma con un sorriso molto “italiano”. Quando finalmente iniziarono le regate, il 25 gennaio 1992, a San Diego, in California, la diretta televisiva su Telemontecarlo (proprietà della Montedison) portò l’avventura italiana in Coppa America in tutte le case e mezza Italia stette alzata la notte per seguire il “suo” Moro. Per diventare sfidante ufficiale al detentore della Coppa occorre vincere una serie di regate di selezione della Louis Vuitton Cup. Nel 1992 c’erano ben otto contendenti al ruolo, ma presto si capì che la barca da battere era New Zealand, l’altra vela con lo scafo rosso (a dispetto delle dicerie marinaresche). In finale infatti andarono proprio due scafi rossi. E fu una battaglia dura e lunga che il Moro giocò sia dentro sia fuori dall’acqua. Sul 4 a 1 per i neozelandesi, quando ormai tutti i giochi sembrano fatti e i Kiwi catapultati in Coppa America ci fu il colpo di scena. Già sotto pressione per le accuse di imbroglioni che più volte erano rimbalzate sulla stampa e in TV a causa del bompresso (lo stesso Gardini bollò gli avversari come “antisportivi”), arrivò sui neozelandesi il macigno della decisione della Giuria. Il verdetto sanzionò l’uso illegale di quell’estensione della prua durante le strambate con il gennaker. Per questo i Kiwi ebbero una penalità e il risultato venne riportato sul 3 a 1, ma il danno psicologico fu profondo. Orgogliosi quanto aggressivi e determinati, i neozelandesi persero concentrazione. La nazione che più ama la vela al mondo si sentì schiacciata da una così pessima reputazione. I risultati si ribaltarono. Paul Cayard vinse quattro regate, una dopo l’altra con una rimonta storica superata solo da quella che farà Spithill nella edizione del 2013. La Louis Vuitton Cup era sua. Ora Gardini poteva sognare in grande. Il Moro di Venezia prese il posto della Nazionale di calcio in tutti bar d’Italia e il suo ben timoniere dal baffo intrigante alla Clarke Gable, divenne un eroe. Le scuole di vela si popolarono, ci fu una vera ubriacatura collettiva: mai l’Italia si era spinta tanto avanti. Dal 1964 nessun scafo europeo aveva più duellato per la Brocca vincendo la finale della Louis Vuitton Cup. A Gardini parve ormai di avercela fatta. Nessuno, in un primo momento, considerò il team di America³ un ostacolo insormontabile. Ma Bill Koch era un altro corsaro, anche lui deciso a vincere letteralmente “a qualunque costo”. Finì con il conquistarsi la Coppa America anche grazie a una puntigliosa attività spionistica a danno degli sfidanti di cui riuscì a sapere ogni mossa, ogni debolezza e ogni punto di forza. La sua quarta barca fu disegnata e costruita solo per vincere il Moro. E lo batté. America³ era leggermente più veloce, aveva per timoniere un mito della vela, Harry Buddy Melges. La barca italiana era più lenta, ma aveva l’equipaggio più preparato. Furono tuttavia gli americani a imbroccare tutte le regate con un definitivo 4 a 1 finale. Raul Gardini disse e scrisse che avrebbe tentato ancora. Non era da lui darsi per vinto. Accusò il difensore si essersi fatto l’ultima barca proprio per contrastare il Moro mentre per lo sfidante il regolamento non consentiva di cambiare barca. E promise. Promise che non sarebbe finita lì. Ma solo un anno dopo, travolto dallo scandalo di Tangentopoli, Raul Gardini si uccise. E il sogno del Moro morì con lui.
1992
SCHUMACHER:
L’INIZIO DELLA LEGGENDA
INIZIA LA CARRIERA ALL’ETÀ DI QUATTRO ANNI ALLA GUIDA DI UN KART SUL CIRCUITO DI KERPEN GESTITO DAL PADRE. DOPO ESSERSI IMPOSTO IN TUTTE LE CATEGORIE GIOVANILI NEL 1988 INIZIA A GUIDARE LE MONOPOSTO COMINCIANDO CON IL CAMPIONATO EUROPEO DI FORMULA FORD E CIMENTANDOSI NEI VARI CAMPIONATI MINORI FINO AL DEBUTTO IN F1 CON LA JORDAN NEL ‘91. DURANTE LA STAGIONE 1992 MICHAEL SCHUMACHER VENNE INGAGGIATO DA FLAVIO BRIATORE NEL TEAM DELLA BENETTON E, ALLA GUIDA DELLA VETTURA GIALLA SPONSORIZZATA DALLA CAMEL E MOTORIZZATA DA FORD, INIZIA A METTERSI IN LUCE INSERENDOSI STABILMENTE NELLE POSIZIONI DI TESTA, OTTENENDO ALCUNI PODI, FINO ALLA PRIMA VITTORIA CHE ARRIVA CON IL GRAN PREMIO DEL BELGIO. A TRE GARE DAL TERMINE, CON IL MONDIALE GIÀ ASSEGNATO A NIGEL MANSELL, L’ATTENZIONE SI SPOSTÒ SULLA LOTTA PER LA SECONDA POSIZIONE IN CLASSIFICA CHE VEDEVA COINVOLTI SCHUMACHER, CHE PRECEDEVA SENNA, E PATRESE DISTANTI SOLO UNA LUNGHEZZA. ALLA FINE LA SPUNTÒ IL PADOVANO CON SCHUMACHER TERZO IN CLASSIFICA MONDIALE, DAVANTI A SENNA, TRADITO IN DIVERSE OCCASIONI DA UNA MCLAREN SPESSO INAFFIDABILE. IL PRIMO TITOLO MONDIALE SEMPRE ALLA GUIDA DELLA BENETTON ARRIVERÀ NEL 1994 SEGUITO DAL BIS L’ANNO SEGUENTE. NE CONQUISTERÀ ALTRI CINQUE CON LA FERRARI CONSECUTIVAMANTE DAL 2000 AL 2004. DETIENE GRAN PARTE DEI RECORD DELLA FORMULA 1 AVENDO CONSEGUITO OLTRE AI SETTE TITOLI IRIDATI ANCHE IL MAGGIOR NUMERO DI GRAN PREMI VINTI, DI POLE POSITION E DI GIRI VELOCI IN GARE OLTRE AD ESSERE IL PRIMO PILOTA TEDESCO A DIVENTARE CAMPIONE DEL MONDO IN FORMULA UNO. DI LUI RESTA UN RICORDO INDELEBILE NEL CUORE DI TUTTI GLI ITALIANI PER AVER PORTATO LA FERRARI A DOMINARE LO SPORT AUTOMOBILISTICO PIÙ AMATO. SI È RITIRATO DALLE CORSE UNA PRIMA VOLTA ALLA FINE DEL 2006 PER POI TORNARE ALLA GUIDA DI UNA MERCEDES CON UN CONTRATTO STELLARE PER TRE STAGIONI DA INIZIO DEL 2010. APPENDE I GUANTI AL CHIODO DEFINITIVAMANTE NEL 2012. A DICEMBRE DEL 2013 RIMANE FERITO IN UN BANALE INCIDENTI SUGLI SCI SENZA PIÙ RIPRENDERSI DAL COMA. QUALCUNIO HA STIMATO CHE NEL 2015 IL SUO PATRIMONIO AMMONTAVA A 780 MILIONI DI DOLLARI.
1992
LANCIA DELTA INTEGRALE
NATA PER VINCERE
Ha lasciato il segno nel cuore di tutti gli appassionati di rally per i suoi successi già dalla fine degli anni ‘80 e la stagione 1992 vede il debutto della Lancia Delta Integrale Evoluzione: una vettura completamente rinnovata rispetto alle antenate soprattutto per quanto riguarda la geometria delle sospensioni. Nonostante l’auto non sia seguita in forma ufficiale dalla casa madre, si capisce fin dalle prime prove speciali del Rally di Montecarlo che sarà la vettura da battere nell’arco dell’intero campionato. La berlinetta di Torino terminerà a podio in tutte e dieci le gare inserite nel campionato costruttori, conquistando otto successi e quattro doppiette. A fine anno arriverà il sesto titolo consecutivo per la Lancia, mentre nel campionato piloti Juha Kankkunen e Didier Auriol chiuderanno rispettivamente secondo e terzo, dopo un rocambolesco finale di stagione che regala il titolo iridato allo spagnolo Sainz.
La presenza delle Delta del Jolly Club viene confermata anche per il campionato 1993, con l’ingaggio del campione del mondo in carica Carlos Sainz e del veloce ma ancora acerbo Andrea Aghini. Le vetture italiane non vengono aggiornate da quasi un anno e nonostante l’introduzione di nuovi regolamenti (che prevedono tra l’altro l’uso di pneumatici più stretti, e l’aumento a 1.200 Kg del peso minimo) rimangono ancora sufficientemente competitive, tuttavia i numerosi incidenti accaduti ai due piloti del team non consentono di dimostrare il potenziale dell’auto. A fine anno quindi, dopo alcuni podi, si pone definitivamente fine alla carriera della Lancia Delta nel campionato mondiale rally. Nel 1995 la Lancia Delta Evoluzione otterrà ancora due vittorie nel campionato del mondo rally FIA 2 litri, al Rally dell’Acropoli con Aris Vovos e al Rally d’Argentina con Jorge Recalde.
1992
GIANNI BRERA
Gianni Brera, nato nel 1919, è stato scrittore e probabilemte il più grande giornalista sportivo che l’Italia abbia mai avuto. Il suo stile e la sua padronanza della lingua hanno lasciato un segno indelebile nel modo di scrivere cronaca sportiva. Lasciò questa terra nel 1992 a causa di un incidente d’auto.
IL 19 DICEMBRE 1992 MORIVA GIANNI BRERA
LO RICORDIAMO CON UN PEZZO DEDICATO ALLE PAROLE DA LUI INVENTATE SCRITTO NELLO STESSO ANNO DA CORRADO SANNUCCI
Abatino: “Molto vicino al cicisbeo. Omarino fragile ed elegante, così dotato di stile da apparire manierato e qualche volta finto”. Questa definizione, per un vocabolo che nacque per battezzare Gianni Rivera, considerato troppo poco atleta, fu estesa poi a tutto il popolo italiano, fino a classificare una condizione antropologico-esistenziale del calciatore nostrano: “Abatini siamo e abatini resteremo”. I grammatici colti fanno notare che il termine era già presente, naturalmente in altri contesti, nelle opere del Foscolo. Bonimba: Epiteto coniato nel ‘71 per Roberto Boninsegna, allora centravanti dell’Inter. Nelle intenzioni dell’inventore, il desiderio di evocare onomatopeicamente il nano Bagonghi. Centrocampista: Termine introdotto negli anni ‘50, che indica genericamente il giocatore che opera a centrocampo. Mutuato dall’inglese midfielder e dal francese milieu de terrain. Il centrocampista è un lavoratore indifferenziato: se ha dei compiti precisi diventa, per esempio, regista (altro termine probabilmente creato da Brera) o incontrista. Cursore: Dal latino medioevale cursor, indica il centrocampista di fatica e quantità. Cursore, per antonomasia, fu Domenghini: oggi, più modestamente, lo sono Crippa o Evani. Deltaplano: L’apertura alare di Walter Zenga, il suo planare per l’area, hanno attirato questa definizione dell’ex portiere della nazionale. Euclideo: Per definire il gioco razionale e geometrico. Tipico giocatore euclideo fu Fabio Capello, recentemente ribattezzato, nella sua carriera di allenatore, Gran Bisiaco, per le sue origini anagrafiche. Eupalla: La dea che presiede alle vicende del calcio ma, soprattutto, del bel gioco (Dal greco: ‘Eu’ , bene). Divinità benevola che assiste pazientemente alle goffe scarponerie degli umani. Forcing: Termine traslato dal gergo della boxe, indicante un’azione aggressiva e continua sulla squadra avversaria. Goleador: Merita di più questo attributo l’attaccante che segna di destrezza, così come suole fare il toreador, al carattere del quale è avvicinato dalla comune lingua spagnola. Al goleador sono apparentati anche il goleare (segnare una rete) e la goleada (vittoria con molte reti).
Libero: Termine, ormai di accezione internazionale, che identifica il difensore, libero appunto da impegni di marcatura, che agisce alle spalle di tutti gli altri compagni. Data di nascita del neologismo: 1949, dopo un Juventus-Milan 1-7, una delle partite che allora suggerì l’idea di una diversa disposizione delle difese. Palabratico: Neologismo creato dal vocabolo spagnolo palabra, parola, indicante attitudine, non necessariamente spregevole, alla chiacchiera e alla loquela. Palla gol: Indica la possibilità concreta, nata da circostanze straordinariamente favorevoli, della realizzazione di un gol. Il termine è usato quando la suddetta possibilità è stata fallita: per converso, non tutti i gol nascono da palle gol, potendo accadere che su palloni “impossibili” il giocatore inventi la realizzazione. Pelasgio: Epiteto coniato per Bruno Conti, in riferimento alle sue origine nettunensi e tirreniche. Piper: Soprannome per il mediano dell’Inter, Oriali, nel momento migliore della carriera. Quando il giocatore cominciò a declinare fu retrocesso a “Gazzosino”. Pretattic: Le schermaglie di disinformazione che precedono la partita e con le quali gli allenatori cercano con formazioni false di ingannare il collega avversario sulla squadra che manderanno in campo. Termine di grande diffusione negli anni ‘70, quando la pretattica era molto in voga: ora caduto in disuso dal silenzio sistematico degli allenatori. Puliciclone: Più che un nome un ritratto. Con questa parola di sapore futurista venne etichettato Paolo Pulici, ala del Torino. Nell’epiteto c’è tutto il vorticare delle gambe e l’azione talvolta confusionaria del giocatore. Rifinitura: Perfezionamento finale dell’azione che in genere consente al compagno di andare a rete. Ma si estende a qualsiasi altro compito tecnico da completare. Rombo di Tuono: Così venne definito Gigi Riva: in alternativa era pronto il titolo di Re Brenno. “Fosse nato al tempo dei Galli lui e non altri li avrebbe condotti alla conquista di Roma”. Uccellare: Beffare l’avversario, superarlo con astuzia e abilità. Recuperato dal Boccaccio e tradotto dal francese “oisleur”.
1992
SPOT TV Solo un assaggio di alcuni spot tormentone che impazzavano sulle tv del 1992 e che a buon titolo sono entrati nella storia della pubblicità. In alto la bellissima Charlize Teron giovanissima e interprete di uno spot della Martini che nel finale vedeva un filo della gonna impigliato nella sedia dalla quale si era alzata. Allontanandosi il tessuto si sfila e lascia intraverede le morbide intimità di quella che diventerà una delle più apprezzate attrici del cinema di Hollywood. Indimenticabili anche due campagne della Telecom. La prima inerpretata da Massimo Lopez che riconduce alle convenienze del telefono con il claim “una telefonata ti salva la vita”. Lopez condannato alla fucilazione chiede come ultimo desiderio di fare una telefonata che durerà tanto da far desistere i suoi giustizieri... La seconda è la ragazzina innamorata che passa le ore al telefono chiedendo al fdanzatino: “Ma mi ami? Ma quanto mi ami?” Altro tormentone settore gelati quello di mamma che risponde al citofono e che anche se il figlio non c’è offre la Cremeria agli amici che vengono a cercarlo. Esplicitamtnte sexi lo spot per il rilancio delle Morositas le caramelle gommose alla liquerizia e indimenticabile quello della Ferrero per il cioccolatino Rocher che vedeva una affascinante signora elegantemente vestita in giallo chiedere all’autista: “Ambrogio avrei voglia di qualcodsa di buono...” lasciando ai più maliziosi ogni interpretazione.
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