ANNO 14 - N° CENTOQUARANTATRE - OTTOBRE 2018 - € 3
BRESCIA
SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE EDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121 - TASSA PAGATA BG CPO
MAGAZINE
CMP BRESCIA
REPORTAGE LA RINASCITA DI VIA MILANO INTERVISTE ESCLUSIVE MICHELA TIBONI E VALTER MUCHETTI PAOLO CORSINI: 70 E NON SENTIRLI NASCE LA FONDAZIONE MORETTI INAUGURATO IL NUOVO PALALEONESSA LA CUCINA NARRATIVA DI ALBERTO GIPPONI EVENTI TIMOTHY OULTON APRE A BRESCIA BUON COMPLEANNO WHITESTORE LA FESTA DELL’OPERA 2018 Fotografia Justvisual
IN COPERTINA
GENTLEMAN’S RIDE 2018
vito emilio filì
ricucire le ferite della città In questo numero troverete un importante reportage sulle nuove costruzioni che stiamo vedendo sorgere in città o la cui apparizione è prevista nei prossimi mesi, che contribuiranno a cambiare sostanzialemte il volto di alcune aree periferiche di Brescia. Ne abbiamo esaminato l’evoluzione con Michela Tiboni Assessore all’Urbanistica e alla Pianificazione per lo Sviluppo Sostenibile e con Valter Muchetti Assessore alla Rigenerazione Urbana, che ci hanno ribadito un concetto di rammendo urbano coniato da Renzo Piano che ci è gradito riportare qui di seguito. Buona lettura. (V.E. Filì)
Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma al tempo stesso molto fragile. È fragile paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione: Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono le idee. Siamo un Paese che è capace di costruire i motori delle Ferrari, robot complicatissimi, che è in grado di lavorare sulla sospensione del plasma a centocinquanta milioni di gradi centigradi . Possiamo farcela perché l’invenzione è nel nostro Dna. Come dice Roberto Benigni, all’epoca di Dante abbiamo inventato la cassa, il credito e il debito: prestavamo soldi a re e papi, Edoardo d’Inghilterra deve ancora renderceli adesso. Se c’è una cosa che posso dare come senatore a vita non è tanto discutere di leggi e decreti, c’è già chi è molto più preparato di me. Non è questo il mio contributo migliore, perché non sono un politico di professione ma un architetto, che è un mestiere politico. Non è un caso che il termine politica derivi da polis, da città. Norberto Bobbio sosteneva che bisogna essere “indipendenti” dalla politica, ma non indifferenti alla politica. Se c’è qualcosa che posso fare è mettere a disposizione l’esperienza, che mi deriva da cinquant’anni di mestiere, per suggerire le idee e far guizzare qualche scintilla nella testa dei giovani. Una scintilla di una certa urgenza, con una disoccupazione giovanile che sfiora una percentuale elevatissima. Quindi con il mio stipendio da parlamentare ho assunto sei giovani, che ruoteranno ogni anno e che si occuperanno di rendere migliori le nostre periferie. Perché le periferie? Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. Nel centro storico abita solo il 10 per cento della popolazioneurbana, il resto sta in questi quartieri che sfumano verso la campagna. Qui si trova l’energia. I centri storici ce li hanno consegnati i nostri antenati, la nostra generazione fatto un po’ di disastri, ma i giovani sono quelli che devono salvare le periferie. Spesso la parola “periferia” si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città? Diventeranno o no urbane, nel senso anche civili? Qualche idea io l’ho e i giovani ne avranno sicuramente più di me. Bisogna però che non si rassegnino alla mediocrità. Il nostro è un Paese di talenti straordinari, i giovani sono bravi e, se non lo sono, lo diventano per una semplice ragione: siamo tutti nani sulle spalle di un gigante. Il gigante è la nostra cultura umanistica, la nostra capacità di inventare, di cogliere i chiaroscuri, di affrontare i problemi in maniera laterale. La prima cosa da fare è non costruire altre periferie. Bisogna che le periferie diventino città ma senza ampliarsi a macchia d’olio, bisogna cucirle e fertilizzarle con delle strutture pubbliche. Si deve mettere un limite alla crescita anche perché diventa economicamente insostenibileportare i trasporti pubblici e raccogliere la spazzatura sempre più lontano.
RENZO PIANO
Renzo Piano è nato a Genova il 14 settembre 1937 è un Architetto e Senatore a vita. È tra i più noti, prolifici e attivi architetti a livello internazionale, vincitore del Premio Pritzker consegnatogli dal Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton nel 1998 Nel 2006 diventa il primo italiano inserito dal TIME nella Time 100, l’elenco delle 100 personalità più influenti del mondo, nonché tra le dieci più importanti del mondo nella categoria Arte e intrattenimento. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 30 agosto 2013 l’ha nominato Senatore a vita
Oggi la crescita anzicché esplosiva deve essere implosiva, bisogna completare le ex aree industriali, militari o ferroviarie, c’è un sacco di spazio disponibile. Parlo d’intensificare la città, di costruire sul costruito. In questo senso è importante una green belt come la chiamano gli inglesi, una cintura verde che definisca con chiarezza il confine invalicabile tra la città e la campagna. Un’altra idea guida nel mio progetto con i giovani architetti è quella di portare in periferia un mix di funzioni. La città giusta è quella in cui si dorme, si lavora, si studia e ci si diverte, si fa la spesa. se si devono costruire nuovi ospedali, meglio farli in periferia, e così per le sale da concerto, i teatri, i musei o le università. Andiamo a fecondare con funzioni catalizzanti questo grande deserto affettivo. Costruire dei luoghi per la gente, dei punti d’incontro, dove si condividono i valori, dove si celebra un rito che si chiama urbanità. Oggi i miei progetti principali sono la riqualificazione dei ghetti o periferie urbane, dall’Università di New York ad Harlem, al polo ospedaliero di Sesto San Giovanni che prevede anche una stazione ferroviaria e del metrò e un grande parco. E se ci sono le funzioni, i ristoranti e i teatri ci devono essere anche i trasporti pubblici. Dobbiamo smetterla di scavare parcheggi. Penso che le città del futuro debbano liberarsi dai giganteschi silos e dai tunnel che portano auto, e sforzarci di puntare sul trasporto pubblico. Non ho nulla contro l’auto ma ci sono già idee, come il car sharing, per declinare in modo diverso e condiviso il concetto dell’auto. Credo sia la via giusta per un uso più razionale e anche godibile dell’automobile. Servono idee anche per l’adeguamento energetico e funzionale degli edifici esistenti. Si potrebbero ridurre in pochi anni i consumi energetici degli edifici del 70 80 per cento, consolidare 60mila scuole a rischio sparse per l’Italia. Alle nostre periferie occorre un enorme lavoro di rammendo, di riparazione. Parlo di rammendo, perché lo è veramente da tutti i punti di vista, idrogeologico, sismico, estetico. Ci sono dei mestieri nuovi da inventare legati al consolidamento degli edifici, microimprese che hanno bisogno solo di piccoli capitali per innescare un ciclo virtuoso. C’è un serbatoio di occupazione. Consiglio ai giovani di puntarci: start up con investimenti esigui e creano lavoro diffuso. Prendiamo l’adeguamento energetico con minuscoli impianti solari e sonde geotermiche che restituiscono energia alla rete, l’Italia è un campo di prova meraviglioso: non abbiamo né i venti gelidi del Nord, né i caldi dell’Africa, però abbiamo tutte le condizioni possibili dal punto di vista geotermico, eolico e solare. Si parla di green economy però io la chiamerei Italian Economy. nelle periferie non c’è bisogno di demolire, che è un gesto di impotenza, ma bastano interventi di microchirurgia per rendere le abitazioni più belle, più vivibili ed efficienti. In questo senso c’è un altro tema, un’altra idea da sviluppare, che è quella dei processi partecipativi. Di coinvolgere gli abitanti nell’autocostruzione, perché tante opere di consolidamento si possono fare per conto proprio o quasi che è la forma minima dell’impresa. Sto parlando di cantieri leggeri che non implicano l’allontanamento degli abitanti dalle proprie case ma piuttosto di farli partecipare attivamente ai lavori. Sto parlando della figura dell’architetto condotto, una sorta di medico che si preoccupa di curare non le persone malate ma gli edifici malandati. Nel 1979 ad Otranto abbiamo fatto qualcosa di molto similecon il laboratorio di quartiere, un progetto patrocinato dall’Unescoper “rammendare” il centro. Un consultorio formato da architetti condotti potrebbe essere un’idea per una start up. Nelle periferie non bisogna distruggere, bisogna trasformare. Per questo occorre il bisturi e non la ruspa o il piccone. C’è ancora una cosa che voglio consigliare ai giovani: devono viaggiare. Mica per non tornare più, però viaggiare secondo me serve a tre cose. Prima e più scontata per imporre le lingue, seconda per capire che differenze e diversità sono una ricchezza e non un ostacolo. Terza per rendersi conto della fortuna che abbiamo avuto a nascere in Italia, perché se non si va all’estero si rischia di assuefarsi a questa grande bellezza e a viverla in maniera indifferente. Si tratta di una bellezza che non è per nulla inutile o cosmetica, ma che si traduce in cultura, in arte, in conoscenza e occupazione. quella che da speranza, che crea desideri, che dà e deve dar forza ai giovani italiani. (Renzo Piano)
Mandolini Auto Concessionaria per Brescia
Via Triumplina, 51 - Brescia 25123 - tel. 030 2019760 - fax 030 2092596 www.mandolini.it - e-mail: info@mandolini.it
Seguici su:
I GRAFFI DI BRUNO
Bruno Bozzetto
BRESCIA
in questo numero
www.qui.bs.it
autorizz. Tribunale di Brescia n°18 del 22/04/2004
BERGAMO www.qui.bg.it
autorizz. Tribunale di Bergamo n°3 del 22/01/1992
LA RINASCITA DI VIA MILANO
EDITA PERIODICI srl Via Bono 10 Bergamo tel 035.270989 fax. 035.238634 www.editaperiodici.it Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale:
PAOLO CORSINI, 70 E NON SENTIRLI
Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it Responsabile redazione: Tommaso Revera redazione@qui.bs.it Responsabile grafica: Paolo Biava grafica@qui.bs.it Redazione eventi: Valentina Colleoni redazione.chicera@qui.bg.it
NASCE LA FONDAZIONE VITTORIO E MARIELLA MORETTI
Hanno collaborato in redazione: Bruno Bozzetto, Lisa Cesco, Franco Gafforelli, Maurizio Maggioni, Elena Pagani, Alice Bonanno Giorgio Paglia, Valentina Colleoni, Federica Zaccaria Fotografie di: Federico Buscarino, Sergio Nessi, Paolo Biava, Paolo Stroppa, Daniele Trapletti Matteo Marioli, Lorenzo Passini, Matteo Biatta Stampa: Euroteam Nuvolera Brescia
BATTESIMO UFFICIALE PER IL NUOVO PALALEONESSA
in questo numero
Christian Presciutti campione di pallanuotoTIMOTHY OULTON: APERTA LA 1^ FLAGSHIP GALLERY IN ITALIA LA CUCINA NARRATIVA DI ALBERTO GIPPONI
LUDOVICA PAGANI: FIVE MILLION FOLLOWERS >INATTOVISIVO< 2018
BUON COMPLEANNO WHITESTORE APPLE BRESCIA
COVER: THE DISTINGUISHED GENTLEMAN’S RIDE 2018
NUOVE AUDI A6 E A6 AVANT
HOTEL TRATTERHOF, IL LOGGIONE DEL SUD TIROLO MUOVIAMOCI CONTRO L’ALZHEIMER
ASSEMBLEA ANNUALE DI CONFIMI INDUSTRIA
L’INDUSTRIA SCENDE IN PISTA Paolo Agnelli, Presidente di Confimi Industria, interviene sulla manovra: “Il lavoro non si crea per decreto, ma a volte si distruggere per legge, il 2,4 % di deficit si giustifica solo aiutando le PMI e sostenendo gli investimenti”
“L’industria scende in pista – ha detto Paolo Agnelli presidente di Confimi Industria, l’associazione che rappresenta la manifattura privata italiana, riprendendo il titolo dell’assemblea annuale che il 15 ottobre ha visto più di 700 imprenditori riuniti all’autodromo di Monza, luogo simbolo del Made in Italy - perché è ora che gli industriali che rappresentano l’economia reale, guardino fuori dal proprio stabilimento. Fuori da quei confini che ben conoscono e nei quali si sentono più al sicuro. Ma fuori da quello stabilimento si disegna il loro e il nostro futuro. Un futuro che ha bisogno dell’impegno diretto di noi industriali. Un’azienda su tre ha difficoltà nel reperire figure tecniche specializzate - ha aggiunto Agnelli. Le più ricercate e maggiormente retribuite nelle nostre aziende sono periti, tornitori, fresatori. Venga a fare un giro nelle nostre fabbriche - ha detto ancora rivolgendosi al vice presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Salvini e al vice ministro del Mise Dario Galli, intervenuti all’assemblea insieme a numerosi rappresentanti delle istituzioni - calpestate il nostro lamierino: scoprirete livelli di tecnologia, di pulizia degli ambienti, e macchinari di primissimo livello”. Un richiamo alla politica certo, ma anche al mondo dell’istruzione “che dovrebbe essere in grado di trasferire alle banche - che interpellate hanno ammesso di non avere personale capace di valutare la qualità degli investimenti delle aziende che li propongono - oltre agli algoritmi, anche una cultura di impresa” ha detto ancora il presidente di Confimi Industria. “Una cultura di impresa, perchè se vogliamo che l’Italia sia ancora un paese manifatturiero, deve necessariamente passare attraverso una riforma seria delle scuole tecniche di primo livello, in grado di incrociare realmente i fabbisogni delle imprese. Non deve essere svilente per il giovane, ma soprattutto per i genitori, imparare alla scuola del mestiere. Ecco perché durante l’Assemblea il prof. Giulio Sapelli e il prof. dell’Università di Bergamo Danilo Verga hanno presentato il progetto messo a punto con la Confederazione, il master di imprenditoria Master in Fabbrica “che sarà tenuto all’interno delle nostre aziende associate per fornire gli strumenti necessari per condurre al meglio l’attività imprenditoriale in un contesto economico e sociale che richiede conoscenze che esulano ormai dal solo prodotto costruito”. L’assemblea è stata il momento per aprire uno spazio di confronto fra imprese e Stato.
“Nei suoi sei anni di vita Confimi Industria ha visto succedersi 5 governi - ha detto Agnelli - e ha visto varare leggi e normative inefficaci per creare sviluppo: Il lavoro non si crea per decreto, ma si può a volte distruggere per legge”. E proprio sulla manovra Agnelli ha commentato: “È necessario essere prudenti sul reddito di cittadinanza, prima serve una riforma dei Centri per l’impiego” Poi sul termine in sé, reddito di cittadinanza, il presidente avanza dei dubbi “Definizione fuorviante, sarebbe preferibile definirlo sussidio di disoccupazione”. Sulla pressione fiscale “si preferisca l’inversione degli interventi, dalla riduzione dell’IRES e dell’IRPEF, si passi a quella degli oneri che gravano su costo del lavoro e dell’ energia per poter alleggerire i costi di produzioni delle nostre imprese rendendole più competitive”. E se l’abbassamento al 15% della tassazione sugli utili investiti convince, a non persuadere la Confederazione dell’industria manifatturiera italiana è il limite dei 65 mila euro di fatturato. “Se lo Stato riuscisse anche parzialmente a soddisfare le esigenze evidenziate dagli imprenditori – ha proseguito Agnelli - le aziende con l’assunzione di una sola “mezza persona” a testa, potrebbero eliminare il problema del personale da occupare. Le imprese possono e vogliono tornare ad investire, ma le tasse che incidono sulle nostre imprese per circa il 65,5% degli oneri totali, compresa l’assurda indeducibilità di costi sacrosanti per un’azienda come telefoni e auto, e la scandalosa indeducibilità di parte degli interessi sostenuti per gli investimenti, sui quali grava l’IRAP. Solo così gli imprenditori percepirebbero un clima meno ostile e più competitivo del sistema Paese. Mi aspetto che lo Stato tassi gli utili, ma non il lavoro. Il 2,4 % di deficit si giustifica solo aiutando le PMI - ha affermato Agnelli - e sostenendo gli investimenti, altrimenti l’economia non riparte e si crea disoccupazione”. Se le cose non cambieranno la domanda che si fa Confimi Industria è una: chi è il vero precario? Come possiamo immaginare in questo scenario di avere lavoro e assumere a tempo indeterminato? E conclude con un’esortazione: Dateci la responsabilità di essere criticati pure noi: istituite un Ministero per le PMI. In un Paese fatto da questo tessuto è abbastanza paradossale che non esista un Ministero dedicato a noi”.
WE DDING PHOTOGRAPHER_ PAOLO BIAVA www.paolo-biava.com
ISTANTANEE
Title_ THE MOMENT RIGHT AFTER Date_ 02.09.2016 Place_ Golfo Aranci - ITA
La rinascita di via Milano Testo Federica Zaccaria - Fotografie Matteo Marioli
DA QUARTIERE OPERAIO INDUSTRIOSO, TRAINO DELL’ECONOMIA LOCALE, AD AREA DESOLATAMENTE ABBANDONATA CHE, PERÒ, RIFIORIRÀ PRESTO…
Dopo lo speciale dedicato alla Caffaro, pubblicato sullo scorso numero, prosegue il nostro viaggio nella Brescia “da risanare”. Con Michela Tiboni - Assessore all’Urbanistica e alla Pianificazione per lo Sviluppo Sostenibile - affrontiamo lo stato dell’arte di via Milano e parliamo degli strumenti messi in campo dall’Amministrazione Comunale per la riqualificazione ambientale (e sociale) di questa storica zona. Assessore Tiboni, come si presenta il Comparto Milano oggi? “Il tessuto urbano, immediatamente ad ovest del centro storico della nostra città, si caratterizza per la presenza dei segni di una storia produttiva che ha contribuito nel secolo scorso alla crescita e allo sviluppo della comunità. Oggi nell’area di via Milano vi sono tanti grandi complessi industriali non più attivi o in fase di dismissione (Ideal Clima, Ideal Standard, Caffaro), che si estendono complessivamennte per un’area molto vasta pari a 200.000 mq. A queste aree si aggiungono quelle del Comparto Milano, per altri 275.000 mq, dove erano ubicate le più importanti industrie siderurgiche e meccaniche bresciane: Acciaieria Danieli, Togni, Tempini, ATB, Europa Metalli”. Cosa è successo nel corso degli anni? “Lo sviluppo della città ha portato questi luoghi in passato dediti al lavoro a ritrovarsi inglobati all’interno dei quartieri che si sono via via espansi, finendo con l’allontanare le attività produttive, non più compatibili con il tessuto urbano. Il risultato è tristemente davanti agli occhi di tutti: enormi aree dismesse che sono state negli anni passati motivo di degrado, ma che oggi costituiscono un’occasione di recupero e valorizzazione. Il degrado fisico dei luoghi, anche per effetto del traffico di attraversamento che affligge via Milano, ha fatto sì che il tessuto sociale di questa ampia porzione di città, in cui vivono circa 17.000 abitanti, si caratterizzasse da un’importante presenza di cittadini stranieri, ma anche di giovani famiglie e bambini”. Che obiettivi si è posta l’Amministrazione Comunale in merito alla riqualificazione della zona? “Il progetto “Oltre la strada”, che da oggi al 2021 trasformerà in maniera importante questi luoghi, intende proprio partire da qui, per trasformare le criticità in opportunità di rigenerazione e crescita. Al di là delle parole, intendiamo perseguire obiettivi concreti, che vanno dal miglioramento della qualità del decoro urbano alla manutenzione, al riuso e alla rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, dal rafforzamento della sicurezza territoriale al potenziamento delle prestazioni urbane. Con quest’ultimo punto ci riferiamo in particolate alla mobilità sostenibile, allo sviluppo di attività e iniziative per l’inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche mediante l’adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative”.
Sembra un progetto ambizioso, dalle tante sfaccettature… “Parola chiave del progetto è “ricucitura”, intesa sia come l’atto e il modo in cui si ricuce sia come metafora del risanamento di una situazione, il superamento del dissidio fra persone ma anche il riavvicinamento all’interno di un organismo unitario di gruppi contrapposti e in polemica tra loro. “Ricucire” Porta Milano è inteso dal partenariato di progetto come un processo a lungo termine e ampia visione, di cui con “Oltre la strada” si avviano azioni chiave e si innesta una modalità di collaborazione in rete tra soggetti pubblici e privati. E proprio per questo, è bene ricordare che nel progetto sono coinvolti più assessorati: Urbanistica e pianificazione per lo sviluppo sostenibile, Mobilità, Cultura e Innovazione, Servizi sociali, Politiche per la Casa e Partecipazione”.
Via Milano come il Carmine degli anni ‘90, un paragone azzardato? “È un accostamento fattibile solo parzialmente a mio avviso. Le condizioni a contorno delle due operazioni urbanistiche (progetto Carmine da un lato e progetto “Oltre la strada dall’altro”) sono profondamente diverse. In particolare, negli anni ’90 l’azione del Comune nella rigenerazione del quartiere del Carmine aveva potuto contare su importanti disponibilità di risorse, che hanno rappresentato la parte forte del progetto consentendo interventi pubblici diretti. Oggi la scarsità di risorse pubbliche ci spinge a ricercare sinergie virtuose con gli operatori privati e il progetto “Oltre la strada” nasce proprio da questi presupposti. Mi preme sottolineare che sono previsti interventi per una somma pari a 45 milioni di euro, così ripartiti: un cofinanziamento di 18 milioni da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri (bando periferie), 7 milioni da parte dell’Amministrazione Comunale e più di 20 milioni (pari al 45% delle risorse) provenienti dai soggetti privati”. Che città sogna, come Assessore e come cittadina, Michela Tiboni? “Io sogno una Brescia in cui il divario, in termini di bellezza fisica e sociale, tra il centro antico e i quartieri di più recente formazione si riduca, affinché non si debba più utilizzare il termine “periferie”, ma si possa parlare di una città fatta di tanti centri, che rappresentano il cuore di altrettanti quartieri pulsanti nella vita della città. E questo risultato, di rendere i quartieri più belli ed attraenti per tutti, si raggiunge puntando sul rafforzamento dei servizi e sul miglioramento della qualità dello spazio pubblico, le vie, le piazze, le aree verdi, i centri di vita di ciascun quartiere”.
Una “rivoluzione”
a tutto tondo I progetti che nei prossimi cinque anni coinvolgeranno i quartieri di Porta Milano, Primo Maggio e Fiumicello e che cambieranno completamente il volto della zona è frutto dell’intenso lavoro dei cinque assessorati coinvolti: Urbanistica e Pianificazione per lo Sviluppo Sostenibile, Mobilità, Cultura e Innovazione, Servizi Sociali, Politiche per la Casa e Partecipazione. Un impegno trasversale che vede il Comune lavorare in compartecipazione e co-finanziamento con soggetti privati per vedere nel 2021 una via Milano inedita, vitale e risanata che rappresenterà un modello per la riqualificazione delle periferie urbane. “Ci occuperemo - ci ha spiegato Valter Muchetti, Assessore con delega alla Rigenerazione Urbana, Commercio, Valorizzazione Patrimonio Immobiliare e Protezione Civile - della riqualificazione della sede stradale, del trasporto pubblico e della sicurezza, ridaremo dignità e decoro a via Milano 140 con una nuova piazza, realizzeremo le Case del Sole e spazi per il lavoro, sistemeremo la stazione di Borgo San Giovanni e il sottopasso di via Rose”. Senza contare poi il rilancio di tutta la zona dal punto di vista commerciale. “Diversi imprenditori - ha proseguito Muchetti - hanno già scommesso su via Milano, trasferendo il loro business o aprendo nuove attività; penso al Laboratorio Lanzani, piuttosto che a Tennis Player o all’esposizione d’arredo casa Itlas, tanto per fare qualche esempio. Scelte ed investimenti importanti, segnali di ottimismo e positività che rilanciano concretamente l’immagine e l’economia della zona”.
Il recupero dell’ex laminatoio CASE-BOTTEGA E LA SEDE CENTRALE DEL MUSIL RIDISEGNERANNO IL COMPARTO MILANO I futuri lavori di riqualificazione dell’ex laminatoio - che sarà destinato ad housing sociale e co-working - sono stati affidati a una realtà imprenditoriale “100% made in Brescia”. Alessandro Alberti, Architetto della Basileus SpA (società che opera nel settore immobiliare da 30 anni), ci racconta come l’ambiziosa opera di urbanizzazione sarà caratterizzata da un sapiente mix di spazi commerciali, residenziali, artigianali e direzionali. Con il nome di “Comparto Milano” s’intende l’area industriale di circa 275.000 mq, ormai dismessa, che si estende dal muro di cinta del cimitero Vantiniano a via Ugoni, lungo la linea ferroviaria Brescia-Iseo-Edolo.
Fino al 2002 nella zona erano attive le più importanti industrie siderurgiche e meccaniche bresciane e sempre al medesimo anno risale la sottoscrizione di una convenzione fra Basileus SpA - società finanziatrice e proprietaria dell’imponente area - e l’Amministrazione Comunale per la riqualificazione urbanistica del comparto: un intervento che rappresenta uno dei capisaldi del progetto ‘Oltre la strada’, pensato per dare nuova vita alle periferie degradate. L’intervento, che affiancherà il Musil, il nuovo museo dell’industria e del lavoro, costerà quasi 12 milioni di euro e consisterà nella realizzazione di due tipologie di case-bottega, organizzate secondo uno schema modulare: gli spazi per attività innovative e start up del piano terra saranno legati alle residenze del primo piano. “L’obiettivo - ci ha spiegato l’Arch. Alberti - è quello di dare vita a un polo urbano tra l’edificio del museo e quello prospiciente l’ex laminatoio, che catalizzerà diverse funzioni facendo interagire fra loro attività pubbliche e private. Il tutto valorizzando le strutture esistenti reinterpretandole in chiave moderna, allo scopo di creare un legame fra gli spazi industriali storici e i volumi di nuova realizzazione. Dare un’immagine di qualità e di livello è del resto una delle priorità: l’impatto con architetture contemporanee in una zona che ha indubbiamente una storia “da svecchiare” sarà un elemento fortemente caratterizzante l’intero intervento”. Il progetto è molto ambizioso e rappresenta anche una sfida: rivitalizzare un quartiere con forme, materiali, volumi innovativi cercando al contempo di mantenerne intatta la vocazione e mettendone in risalto il carattere tipicamente bresciano improntato sui valori del lavoro e della produttività. Esempio di questo duplice livello di intervento sarà il sovrappasso, una sorta di passerella pedonale vetrata, che andrà a ricucire il quartiere Primo Maggio con il circondario. “Ma a parte il discorso commerciale e residenziale - ha concluso Alberti - l’auspicio è che questo progetto possa dare forma a un polo culturale che non snaturi in alcun modo il carattere dell’area, ma al contrario ne esalti le peculiarità”. Un moderno progetto di riqualificazione e rigenerazione urbana che dovrebbe cominciare a concretizzarsi nei primi mesi del 2019.
Basileus spa Basileus spa è una società che opera nel settore immobiliare da oltre 30 anni. Fondata a Bologna nel 1982, nel 2001 incorpora le bresciane Brescia Uno spa, Campo Fiera srl, Vivere 2000 srl e Brescia Ovest srl, diventando proprietaria dell’area industriale cittadina (ex Tempini) nota come “Comparto Milano”. Negli anni seguenti, Basileus spa viene acquisita dalla Bipielle di Lodi, quindi dalla Banca Popolare di Verona, mentre nel 2008 è acquistata dall’imprenditore bresciano Antonio Taini. Le opere di urbanizzazione già realizzate da Basileus spa: - il nuovo sottopasso ferroviario di via Dalmazia; - la riqualificazione delle vie Rose, Italia, Eritrea, Somalia, Cassala, Togni e Tempini; - la nuova via G.Q. Stefana; - il nuovo svincolo tra via Rose e la tangenziale ovest; - il parco urbano titolato a Mario Venturini. Le realizzazioni presenti nell’area del Comparto Milano: - il Centro Commerciale Freccia Rossa; - l’AC Marriot Hotel; - la Torre Skyline 18; - le residenze.
PAOLO CORSINI
Settanta e non sentirli A TU PER TU CON L’EX SINDACO, NONCHÉ PARLAMENTARE, PAOLO CORSINI PER SAPERE, A QUASI DUE ANNI DAL SUO ADDIO ALLA POLITICA, COME TRASCORRE LE SUE GIORNATE LONTANO DAI BANCHI DI PALAZZO MADAMA
Testo Alice Bonanno - Fotografie Matteo Marioli
Dodici anni da Sindaco di Brescia, due da vicesindaco nella giunta del grande Mino Martinazzoli e tredici da parlamentare trascorsi tra Camera e Senato. Paolo Corsini, nato ad Adro il 9 dicembre del 1947, è stato uno dei protagonisti più illustri della politica bresciana e ancora oggi considerato “ingombrante”. Dopo aver ufficialmente reso noto il proprio addio alla politica, di sé dice: “Resto un osservatore della vita pubblica, durante la giornata mi dedico allo studio e alla scrittura. Sono un felice nonno part-time, quando posso pratico sport (ciclismo e sci) e non mi perdo una sola partita dell’Inter”. Senatore Paolo Corsini, ma con la politica ha davvero chiuso? “Quando ho reso pubblico il mio ritiro dalla politica attiva nessuno mi voleva credere; molti hanno sicuramante pensato che tale scelta fosse il frutto di cocenti delusioni e che sarei tornato presto sui miei passi. Invece, non ho accettato una candidatura che mi è stata proposta in vista delle politiche dello scorso marzo e, dagli inizi del 2017, non ho più la tessera di alcun partito. Vede, la mia vita politica è stata longeva, forse sin troppo. Quest’anno ho compiuto settant’anni e ho ritenuto di dover di lasciare libero il campo per favorire un opportuno ricambio generazionale. Resto comunque contrario alla “rottamazione”, un’espressione che detesto perché irrispettosa delle biografie personali e perché può significare la rimozione della memoria e di tradizioni politiche che hanno fatto la storia di questo Paese”. Da osservatore, come vede la sinistra italiana di oggi? “La sinistra ha subito una sconfitta storica, ma non è stata ancora estirpata: una sconfitta ancora più pesante di quella dei comunisti e dei socialisti nel 1948. Resta il fatto che oggi si trova a fronteggiare problemi assai gravosi e corre il rischio di evaporare. Non ha un insediamento sociale, è priva di radicamento territoriale, non dispone più di un’adeguata organizzazione - i gazebo al posto dei circoli e delle sezioni, i tweet senza partecipazione militante -, il suo programma è evanescente e, soprattutto, manca di una elaborazione culturale all’altezza dei tempi. A tutto questo si aggiunga una fortissima crisi di leadership. Non basta il “sogno del cambiamento”, chi lo propone ha il dovere di indicarne direzione e agenda”. Cosa pensa dell’attuale governo Lega-Movimento 5 Stelle? “È un mix di neodoroteismo, di tanta improvvisazione e troppa spregiudicatezza, con una forte impronta “salviniana”, vale a dire nazionalista, sovranista, neoprotezionista. D’altra parte, il leader della Lega può far leva su un indubbio vantaggio: può attingere a due forni. Non escludo che in realtà pensi, dopo aver consolidato i propri consensi e rafforzato la propria leadership, di promuovere nuove elezioni che lo vedrebbero alla guida di un Governo sorretto dall’intera Destra italiana”.
Come interpreta questo fiorire di fenomeni populisti e nazionalisti nel nostro Paese? “Non mi stupiscono ma assai mi preoccupano.Ad occidente ci sono gli Stati Uniti di Trump, a est la Russia di Putin e nel mezzo quest’Europa che sta correndo un concreto rischio di disgregazione...”. In questi giorni il Governo sta mettendo a punto la nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria, (DEF). Cosa ne pensa? “È al tempo stesso pericoloso per gli equilibri del bilancio e contradittorio. L’ispirazione che lo muove - offrire tutele e protezione ai più deboli attraverso il diritto al reddito è condivisibile in linea di principio, ma le scelte concrete sfociano solo in un assistenzialismo che non produrrà nè lavoro, nè occupazione, nè crescita, nè tantomeno sviluppo delle imprese”. Torniamo a Brescia. È soddisfatto dell’attuale Amministrazione? “Quando Del Bono è stato riconfermato ho veramente gioito. Sono stato anche il suo testimone di nozze, pensi un po’.... Ma a parte questo, il Sindaco, attraverso le scelte attuate in questi anni, ha confermato una tradizione di buon governo e si è proposto come federatore di una coalizione di centro-sinistra larga, unitaria, plurale, repubblicana”. Oggi che è lontano dalla politica come trascorre le sue giornate? “Si è concluso il mio contributo attivo alla politica. Non intendo assumere per il futuro funzioni istituzionali o ruoli di rappresentanza di partito, ma da cittadino intendo continuare a partecipare al discorso pubblico e contribuire al rilancio di un centro-sinistra in grado di superare le proprie laceranti fratture e di ritrovare le ragioni di battaglie condivise. Come trascorro le mie giornate? Sono tornato a dedicarmi prevalentemente alla ricerca: leggo, studio, scrivo, tengo lezioni all’Università. Recentemente ho pubblicato due volumi a carattere scientifico di un certo impegno e una serie di saggi su alcune riviste. Tengo altresì una collaborazione con “Il Giornale di Brescia” e inoltre partecipo frequentemente a presentazioni di libri, a cominciare dagli interessanti appuntamenti molto seguiti di ‘Castenedolo Incontra’. Mi diverto a giocare con i miei due nipotini, trascorrendo finalmente un po’ tempo con la famiglia, non mi perdo una sola partita dell’Inter e pratico sport. Sto già aspettando con ansia i giorni che mancano all’alba in cui rimettere gli sci”. Se uno dei suoi nipoti un giorno volesse intraprendere la carriera politica, lo sosterrebbe? “Certamente, ma solo se fosse animato da una passione autentica. Gli suggerirei però di completare prima gli studi, di darsi un serio profilo professionale, nonché di fare molta gavetta. Ho conosciuto giovani che, giunti precocemente in Parlamento, privi di esperienze, hanno poi molto faticato a reinserirsi nella vita quotidiana”.
PAOLO CORSINI
VIA STEZZANO, 51 - BERGAMO TEL. 035/320358 - INFO@SCUDERIABLU.IT
UN GESTO D’AMORE
E DI GRATITUDINE
PROIETTATO AL FUTURO NASCE LA FONDAZIONE VITTORIO E MARIELLA MORETTI: FORMALIZZATO IL PASSAGGIO DI CONSEGNE TRA L’ORDINE DEI SERVI DI MARIA E TERRA MORETTI DEL CONVENTO DELLA SS. ANNUNCIATA DEL MONTE ORFANO
“La nostra famiglia, così come le numerose attività a cui in questi cinquant’anni abbiamo dato vita, sono profondamente legate alla nostra terra, la Franciacorta. È un legame profondo e autentico, alimentato nel tempo. Un rapporto fatto di amore, passione, gratitudine.Siamo quindi particolarmente felici, insieme alle nostre figlie Carmen, Francesca e Valentina, di festeggiare il compiersi di una nuova tappa in questo cammino di crescita comune, che ha quale cuore pulsante la nostra terra: la decisione di costituire una fondazione che abbia quale scopo la promozione dei valori che costituiscono l’identità della Franciacorta e che la rendono così unica e inconfondibile.
VITTORIO E MARIELLA MORETTI Foto di Oliviero Toscani
UN GESTO D’AMORE
E DI GRATITUDINE
PROIETTATO AL FUTURO
La Fondazione Vittorio e Mariella Moretti nasce proprio come atto di gratitudine verso questo territorio, dove abbiamo potuto realizzare i nostri desideri. E, la sua sede, sarà presso il Convento della Santissima Annunciata sul Monte Orfano, a Rovato. In questo luogo simbolo della Franciacorta, già da trent’anni ci prendiamo cura delle vigne storiche che si snodano lungo i suoi pendii. Ora, con l’Ordine dei Servi di Maria, abbiamo raggiunto un accordo che ci permetterà di prenderci cura per i prossimi dieci anni l’intero convento, dando così ad esso nuova vita e nuovo futuro. Ma la Fondazione Vittorio e Mariella Moretti vuole anche essere l’espressione matura e orientata al domani di quell’amore per la vita e di quella passione per viverla appieno che ci hanno sempre accompagnato e che abbiamo voluto trasmettere alle nostre figlie. Un amore e una passione che ci ha portato a sognare e a dar vita a molti progetti e molte iniziative nei diversi campi del nostro impegno imprenditoriale, alla ricerca della bellezza e della creatività, con uno sguardo sempre nuovo e proiettato al futuro”. (Vittorio e Mariella Moretti)
IL CONVENTO DELL’ANNUNCIATA DEI SERVI DI MARIA A ROVATO
PASSATO, PRESENTE E FUTURO Negli ultimi quattro anni la comunità dei frati Servi di Maria di Rovato era composta da appena due frati (fra Sebastiano Borriero, 85 anni e fra Ermanno Bernardi, 72 anni). Ma da oltre un anno anche loro hanno dovuto lasciare quel convento, perché le forze non li reggevano più di fronte a una tale compito di gestione. L’Ordine che custodiva il convento della SS.ma Annunciata fin dal 1963, dopo esserne stato il fondatore nel 1449, si è trovato negli ultimi tempi nelle note difficoltà degli Ordini religiosi oggi in Italia: scarsità di vocazioni e conseguente invecchiamento dei frati con diminuzione progressiva del numero, senza prospettive a breve termine di una ripresa di quelle forze che li caratterizzavano fino ad almeno 30 anni fa.
Gli ultimi 50 anni
Il convento dell’Annunciata sul territorio della Franciacorta era divenuto negli ultimi 50 anni un crocevia culturale e spirituale: luogo in cui si svolgevano conferenze tematiche ed incontri con relatori su temi filosofici, psicologici, relazionali, religiosi e interreligiosi; in cui si teneva settimanalmente la lectio divina; in cui si eseguivano concerti ed opere teatrali; si tenevano incontri per la preparazione
al matrimonio (ammirabile iniziativa di P. Sebastiano); si svolgevano i consueti riti della Chiesa Cattolica (messe feriali e festive, laudi mattutine e serali) ma con uno stile originale, vivo e partecipativo; si pregava, si effettuavano ritiri spirituali; vi potevano trovare ospitalità ed accoglienza vari gruppi che orbitavano attorno al convento: coro dell’Annunciata, associazione Turoldo, associazione Oklahoma, Tavolo della Pace, gruppi che svolgono attività di carattere socio-culturale e spirituale; ecc. Il convento dell’Annunciata è stato ed è un luogo bello, con dei meravigliosi locali (chiesa con affresco del Romanino, chiostro cinquecentesco, sala della lectio, refettorio quattrocentesco, loggiato inferiore e superiore con veduta sulla pianura lombarda, sala delle conferenze, sala delle mostre, sala del capitolo, ampia cantina, almeno 50 stanze con quasi 100 posti letto, ecc.) che tutti i visitatori hanno potuto vedere e che tutta la popolazione residente nei comuni limitrofi ha avuto modo spesso di godere. Il convento è stato un luogo dove la spiritualità dei Servi si è espressa nell’accoglienza, nell’ascolto, nell’approfondimento di temi spirituali e relazionali, nella solidarietà, nell’ascolto della Parola, nella preghiera.
La svolta attuale
La prospettiva che si è posta negli ultimi anni, per una programmazione che si estenda almeno ai prossimi dieci anni, è risultata questa: i frati non possono più gestire da soli l’intero immobile, costituito di ben 8 piani, disposti a scala, con locali di diversa grandezza e di variegate composizioni. Il governo della Provincia di Lombardia e Veneto dell’Ordine dei Servi di Maria, pur consapevole di tutte queste difficoltà, ha deciso di lasciare la gestione dell’intero complesso conventuale, ma allo stesso tempo di non abbandonare Rovato; di continuare, per quanto possibile, le iniziative più belle del passato, ma avendo la libertà di vivere da frati mendicanti, con semplicità, nell’accoglienza, col primato di una vita secondo il vangelo.
I Servi nel futuro del convento
Perciò anche in futuro i Servi di Maria, pur in numero ridotto e con forze limitate, desiderano continuare una presenza che si caratterizzi per il servizio liturgico ben curato e per una funzione ispirazionale che comunichi la spiritualità dell’accoglienza e del servizio. Per questo prevedono di ritirarsi nella “Casa Bianca” e curare il decoro e l’accoglienza nella chiesa quattrocentesca. Ciò comporta che la gestione organizzativa e funzionale dell’intero stabile è stata ora affidata a un ente (Terra Moretti) che si è impegnato a valorizzarne le caratteristiche spirituali e artistiche ereditate dal passato, ma anche intenzionato a una gestione dell’intero edificio secondo un progetto sostenibile e funzionale. (Padre Lino Pacchin, Priore provinciale OSM di Lombardia e Veneto)
IL LUSSO DI ESSERE PIÙ AVANTI
Business Trip
Airport Transfer
City and Shopping Tour
Dalla classica auto con conducente all’organizzazione di transfer aziendali per congressi, meeting ed eventi, iDrive offre stile, sicurezza e relax. E, con Mercedes Classe S, il massimo del lusso e della tecnologia. Per chi vuole essere, sempre, un po’ più avanti.
Wedding Transfer
Hourly Arrangement
+393498388398 w w w . i D r i v e - n c c . i t iDrive@iDrive-ncc.it
Agency L U X U R Y
M O V I N G
CHI Câ&#x20AC;&#x2122;ERA
bentornati a casa Testo Tommaso Revera - Fotografie Matteo Marioli
27 ANNI DOPO L’ULTIMA PARTITA HA RIAPERTO I BATTENTI IL VECCHIO ‘CIAMBELLONE’ DELL’EIB OGGI RINOMINATO PALALEONESSA
Dopo due anni di esilio forzato a Montichiari si torna a calcare il parquet cittadino: venerdì 21 settembre, infatti, c’è stato il battesimo ufficiale per la nuova casa della pallacanestro bresciana. Tanti coloro che non hanno voluto mancare a questo appuntamento tanto atteso: dal sindaco Emilio Del Bono, che si è detto molto emozionato, al Prefetto Annunziato Vardè, dalla presidentessa del Basket Brescia, Graziella Bragaglio, all’intero roaster guidato dal coach Andrea Diana, senza contare tifosi e appassionati in visibilio per la nuova casa del basket. E quale migliore inaugurazione se non con il basket giocato?
La squadra biancoblù si è aggiudicata la III edizione del Trofeo Ferrari schiantando prima Pesaro e superando poi Varese al fotofinish. Una ‘prima’ col botto che, nonostante la supercoppa svanita qualche giorno dopo, lascia ben sperare in vista della nuova stagione. “È un sogno che si avvera - ha commentato una raggiante Graziella Bragaglio - e dobbiamo dire grazie a tutti coloro che
hanno permesso di poter realizzare a tempo di record questa struttura: tutte gli attori coinvolti hanno remato per portare Brescia ad avere la sua nuova casa, che diventa quella di tutta la città”. Ben 5.200 i posti a sedere all’interno di un impianto moderno ed avveniristico che ospiterà anche tanti eventi extrasportivi e che prenderà il posto del piccolo, ed ormai inadeguato, San Filippo.
Ph. Matteo Marioli - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
Testo Tommaso Revera - Fotografie Chiara Cadeddu
La cucina narrativa di Alberto Gipponi
A TU PER TU CON LO CHEF DEL MOMENTO, CAPACE DI RACCONTARSI NEI SUOI PIATTI ATTRAVERSO LA MUSICA, L’ARTE, LA STORIA, LA FILOSOFIA, L’ANTROPOLOGIA E LA SOCIOLOGIA L’ultima volta che ci siamo visti era ai tempi del liceo, poi ognuno, come è giusto che sia, ha intrapreso il proprio percorso. Oggi le nostre strade si sono di nuovo incrociate e per me è stato un piacere riscoprirlo nelle vesti di chef. È sulla bocca di tanti ultimamente perché far parlar di sé dieci mesi dopo l’apertura del proprio ristorante non è proprio da tutti. C’è chi lo fa provando ammirazione per il repentino cambio di rotta che ha avuto il coraggio di compiere a livello professionale - una scelta che ad oggi si sta confermando assolutamente vincente - e chi, come è normale che sia, meravigliandosi all’idea che uno come lui che ha sempre avuto una predilezione per la cucina quantunque come gourmand, fatta eccezione per il percorso da autodidatta intrapreso e impreziosito da alcune prestigiose esperienze lavorative, possa essere riuscito in così breve tempo a diventare un
bravo cuoco e un vero gourmet, proponendo una cucina che divide, ma che sta entusiasmando i più. Eppure così è stato. Che piaccia o no ad Alberto va riconosciuto il merito di averci creduto, di aver compiuto la scelta meno scontata, ossia quella di lasciare un lavoro sicuro per rincorrere quella felicità andata via via scemando, di averlo fatto restando sé stesso e, soprattutto, di esserci riuscito soverchiando tutti quei paradigmi e luoghi comuni che sovente, in ambito enogastronomico, si tende a ricordare. Oggi sua nonna Dina, a cui ha intitolato il ristorante inaugurato a Gussago il 17 novembre dello scorso anno, ha un motivo in più per essere fiera di lui. Mi risponde al telefono e, nonostante sia passata una vita dal nostro ultimo contatto, riconosco immediatamente la sua voce, ma soprattutto il tono: quello ‘scazzato andante’, che anche la sua mimica facciale faceva spesso trapelare.
Essendo insalata avrà meno carboidrati
Gippo, è un piacere ritrovarti. È la tua grandissima passione per la cucina che ti ha spinto a intraprendere questo nuovo percorso professionale? “La cucina fa parte di me da sempre, è una passione atavica. Ho un rapporto un po’ morboso con il cibo, un’attrazione per certi versi patologica. Non è un caso, quindi, se ho girato molto investendo in viaggi sia gourmand sia gourmet, che mi hanno consentito di apprezzare tante cose buone, non senza un lavoro di ricerca e una profondità di analisi. Non ho mai guardato a spese, anche se da ragazzo i soldi a disposizione erano quelli che erano. Anche in seguito i miei sforzi economici sono stati sempre dedicati a questo scopo. Il motivo più importante, però, che mi ha spinto a compiere questa scelta era un senso di insoddisfazione che scandiva le mie giornate”. Spiegaci meglio… “Ho fatto diverse esperienze professionali prima di lavorare in un importante ente di beneficenza, ma non ero soddisfatto. Vivevo una vita apparentemente perfetta e avevo un lavoro dov’ero riconosciuto, eppure non ero felice. Così ho deciso di dedicarmi a ciò che mi chiamava davvero (che non era certo fare il musicista): la cucina. Un ambito in cui ho sentito di poter esprimere al massimo le mie potenzialità perché dopo poco ho capito che quello era il mio mondo”.
Memorie future
La cucina narrativa di Alberto Gipponi
Risotto - Ma non doveva essere pane, burro e marmellata
Un’ascesa folgorante culminata al termine di un periodo di formazione estremamente intenso. Così è nato Dina, il ristorante di Gussago divenuto la tua seconda casa… “Proprio così. Dieci mesi fa ho aperto Dina, una soddisfazione immensa. Un traguardo tutt’altro che facile, sudato attimo per attimo. Raccontare la propria storia è molto diverso che replicare un qualcosa di già fatto, quantunque fossi capace anche di questo. Aprire un proprio ristorante e farlo funzionare, del resto, è molto diverso che lavorare alle dipendenze di qualcun altro in una brigata di cucina. Se sarò bravo anche in questo, sarà il tempo a stabilirlo”. In questi dieci mesi sei stato spesso e volentieri sulla bocca di tutti: qualcosa vorrà pur dire… “Al di là dei giornali e delle guide, che rispetto profondamente, alla fine è l’ospite che ogni giorno scrive con noi la nostra storia ed è il motore di quello che facciamo e il fulcro per il quale ogni giorno ci si alza col sorriso. Se poi dopo verranno dei riconoscimenti dalle guide, come di fatto stanno arrivando, non sono certo quello che li rinnega, ma neanche posso dire di lavorare solo per quello. Ne ho massimo rispetto e, se ce ne saranno altri, saremo onorati di ogni gratificazione. Ho provato e essere fedele a me stesso, pagandone le conseguenze nel bene e nel male”. In questa nuova vita hai ritrovato quella gioia che avevi un po’ smarrito? “Sì. È una professione molto faticosa, perché ti divora il cuore, ma al tempo stesso estremamente gratificante. Sono molto felice”. Come vivi il mondo della critica? “Lo vivo molto serenamente perché il nostro lavoro va costruito giorno dopo giorno e, se poi arrivano anche delle critiche con qualche nota di crescita, ben venga. Le guide, come dicevo prima, sono una traccia per molti ospiti e quindi vanno chiaramente rispettate. Noi siamo partiti da dieci mesi e abbiamo il dovere di migliorarci ogni giorno”. In questo mondo hai trovato più amici o nemici? “Ho trovato più di qualcuno che ha storto il naso. Del resto, tutto il mondo è paese e la cucina è come qualunque altro ambito. Io vorrei essere gradito a tutti e provo ogni volta a fare il meglio che si può, ma non si può piacere proprio a tutti… Cerco di aprire il mio cuore a chiunque e devo dire che in questi dieci mesi sono molte le persone che mi sono state vicine”.
Da dentro al sacchetto_casoncello crudo, ma cotto
Brescia, Bergamo e province godono di tante eccellenze in ambito gastronomico. Di posti, per intenderci, dove mangiare bene ce ne sono tanti… “Sì, sono dei territori che in Italia vantano una tradizione davvero importante. Partendo dal presupposto che non ti regala niente nessuno, da queste parti sono in tanti che sono riusciti a farsi strada, qualcuno anche meno di quanto meriterebbe, per cui è evidente che la qualità ci sia”. Un collega in particolare che stimi? “Me ne vengono in mente tanti… Se proprio devo fare due nomi, riconosco come maestro assoluto Riccardo Camanini del Lido84, mentre una delle più belle cose di quest’anno è senz’altro l’amicizia con Saulo Della Valle dell’osteria H2O, il primo ad abbracciare Dina e a farmi sentir parte della ristorazione del nostro territorio”. Con nonna Dina c’era un rapporto speciale, immagino… Non è così? “Esatto. Ho dedicato a lei il ristorante optando per un nome, il suo, retrò e contemporaneo, elegante e informale. È stata una persona speciale che mi ha insegnato tante cose: oltre ad avermi trasmesso l’amore per la cucina, prima di tutto mi ha insegnato che l’amore per l’uomo è la legge suprema (Feuerbach dixit). Mi diceva di amare gli altri perché l’amore genera amore e di cogliere le fragilità e accoglierle perché fanno parte dell’uomo”. In questa nuova quotidianità è venuta meno la possibilità di ‘viziarti’ in cucina? “Girare mangiando è una necessità, lo faccio da tutta la vita. Figuriamoci ora che rappresenta per certi versi anche un aggiornamento professionale continuo. Appena c’è l’occasione, va fatto. Ciò detto, io ho solo la domenica libera e tendenzialmente faccio il papà”.
LA CARTA È VOLUTAMENTE CRIPTICA. LA PROPOSTA SI ARTICOLA IN DUE MENÙ DEGUSTAZIONE: IL PRIMO – FATTO È MEGLIO DI PERFETTO – CONSTA DI CINQUE PORTATE, L’ALTRO – STAY FOOLISH, NOT HUNGRY – DI SETTE. FUORI CARTA ANCHE UN DIECI PORTATE CHE SI CHIAMA OLTRE, IN CUI LE NOTE DI PROFONDITÀ AUMENTANO. “I PIATTI E I LORO NOMI – CI HA SPIEGATO ALBERTO – PARLANO DI ME E DI DINA. OGNUNO PUÒ DECIDERE SE AFFIDARSI ALL’INASPETTATO OPPURE, ‘LIBERI E LEGGERI’, CHIEDERE SPIEGAZIONI RELATIVE AGLI INGREDIENTI DI OGNI PIATTO” Tutto ci passa attraverso e ci cambia
Quanto è stata determinante la vicinanza di tua moglie nella tua scelta? “Nonostante la fatica dello starmi vicino, mi ha sempre sostenuto anche nei momenti difficili, come dopo l’incidente per colpa del quale mi sono ustionato le mani a ridosso dell’inaugurazione. In questa come in altre occasioni la sua vicinanza è stata sempre preziosa”. Dina, per chi ancora non lo conoscesse, che ristorante è? “Vogliono convincermi che Dina sia un ristorante, ma io trovo che potrà essere tutto ciò che il tuo cuore dirà essere per te. Qui tutto ha un significato: ogni stanza ha la sua anima e una sua storia, come del resto i piatti. È un posto talmente complesso che solo vivendolo forse si può capire. Così mi dicono”.
CHI C’ERA
HA APERTO LA PRIMA FLAGSHIP GALLERY TIMOTHY OULTON IN ITALIA Il negozio di 400mq si trova a Brescia, in via Villa Glori 5, nel quartiere eclettico di Via Milano, all’interno del leggendario stabile ex Dall’Era che è ormai testimone di una gloriosa rinascita del distretto e raccoglie un interessante mix di attività commerciali. La location alla moda riflette l’essenza stessa del marchio Timothy Oulton che combina autenticità, tradizione e design audace con l’obiettivo di creare pezzi unici ricchi di valore storico, uniti da una prospettiva moderna che li rende attuali.
Ph. Sergio Nessi - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
Questo spirito pioneristico e impavido rappresenta gli stessi valori che hanno sempre ispirato tutte le collezioni del brand. La galleria, oltre ad offrire un’infinita varietà di pezzi d’arredamento e illuminazione, offre uno scenario unico per ospitare eventi e cene private, posizionando la struttura come un nuovo entusiasmante centro per la comunità locale. Una nuova apertura accolta con entusiasmo e tanta curiosità come dimostrano i tantissimi presenti accorsi per l’inaugurazione ufficiale.
46 autori in mostra al Mo.Ca di Brescia
>inattovisivo<
ph. DANIELA CARLI
ph. FABIO CORRADINI
>inattovisivo< >inattovisivo< Uno strano gioco di parole, se ci pensiamo. Atto, destinato a, utile a. Visivo ci riporta invece alla mente l’azione di osservare, guardare, vedere. Ecco quindi che prende forma il concetto che sta alla base di questa collettiva fotografica. Destinato all’occhio, allo sguardo; un unico grande e profondo sguardo. Da questo privilegiato punto d’osservazione, il passo del visitatore è brevissimo e inevitabile all’immersione nelle emozioni. >inattovisivo< è un evento oramai consolidato nel panorama bresciano, lo enuncia il notevole riscontro di pubblico nelle scorse edizioni; e la manifestazione anche quest’anno è stata una straordinaria occasione per diffondere quel linguaggio espressivo così attuale che è la fotografia. L’incontro con gli autori, per la maggiore presenti durante i giorni dell’esposizione, ha permesso di creare un dialogo con i medesimi per approfondire e confrontarsi sulle opere esposte.
ph. CHIARA LUPPI
ph. ANDREA LUPEZZI
ph. GIACOMO FAGGIONATO
ph. DAMIANO BACCHERASSI
ph. CRISTIAN ARDENGHI
ph. DARIO SCALVINI
ph. DAVIDE BRUNORI
ph. ELENA CAMPANELLI
ph. GIULIA MORONI
ph. EZIO MEREGHETTI
ph. GIULIANA BERETTA ph. MARCO MANARESI
ph. PAOLA VIVIANI
ph. STEFANO LOSIO
ph. ROBERTA FROSINI
ph. FIORENZA STEFANI
>inattovisivo< I partecipanti alla collettiva fotografica sono tutti allievi o ex-allievi di >scuolafotografia< di Carla Cinelli, poliedrica figura di fotografa e insegnante felicemente nota nel panorama bresciano. Giunta alla sua decima edizione, l’esposizione quest’anno si è sviluppata nel prestigioso palcoscenico della Sala Scacchi di Palazzo Martinengo Colleoni grazie al contributo di Mo.Ca, Ma.Co.f, Intermed onlus, Flos, New Lab. Sono stati quattro giorni sicuramente di elevata intensità e profondità; quattro giorni per 46 autori e altrettante stampe in grande formato (cm. 150x120) che permettevano al visitatore di immergersi in quello che è lo sguardo collettivo di >inattovisivo<. Autori in mostra: Alberto Aloisi, Andrea Lupezzi, Andrea Pagliari, Chiara Luppi, Cristian Ardenghi, Damiano Baccherassi, Daniela Carli, Dario Scalvini, Davide Brunori, Donata Bini, Elena Campanelli, Ezio Mereghetti, Fabio Corradini, Fabrizia Folsi, Fiorenza Stefani, Giacomo Faggionato, Giacomo Zamboni, Giulia Moroni, Giuliana Beretta, Gloria Tameni, Ivano Catini, Lara Agosti, Laura Novelli, Marco Cortese, Marco Manaresi, Marina De Mitri, Matteo Agosti, Matteo Pagani, Melania Marenzi, Michela Gozio, Mirko Tarragoni, Nicoletta Bonvicini, Paola Viviani, Roberta Frosini, Rossella Giacomelli, Samanta Turati, Sergio Beccaria, Simona Ghidini, Simone Ragnoli, Stefania Pilatti, Stefano Losio, Stefano Mondoni, Tamara Mestriner, Valentina Massetti, Vincenzo Ciancio,Vittorio Arena.
ph. GLORIA TAMENI
CHI C’ERA
2008 – 2018: BUON COMPLEANNO WHITESTORE APPLE BRESCIA! Dieci anni di attività, dieci anni di vendite e successi, dieci anni come punto di riferimento per gli appassionati del marchio Apple. Lo storico WhiteStore di via Fratelli Porcellaga di Brescia ha tagliato un traguardo memorabile: giovedì 20 Settembre il negozio ha celebrato dieci anni di apertura con un evento che ha coinvolto l’intera città. Oltre cinquecento visitatori, curiosi e clienti, che nel tempo sono diventati amici, hanno affollato i locali del centro per una festa da ricordare con scatti che rimarranno nell’album dello Store. Finger food con Eventi Bio, bollicine di Bersi Serlini, gadget, la musica e l’intrattenimento di Radio Studio Più hanno contribuito a rendere la serata speciale all’interno dei locali bianchissimi, scenografici e innovativi pensati non solo per fare acquisti, ma anche come luogo dove incontrarsi e dare spazio alla creatività. Presenti il vicesindaco Laura Castelletti, l’assessore al Commercio Valter Muchetti e Giovanna Prandini, presidente di Brixia Forum, un superguest lo chef Andrea Mainardi e tanti clienti, diventati nel tempo amici. “È stata una bella festa, dieci anni sono volati e siamo orgogliosi dei nostri successi” ha detto il titolare dello Store Marco Vigasio, che per l’occasione del compleanno ha deciso di fare un regalo ai suoi ospiti proponendo per tutto il fine settimana uno sconto del 10% su computer Apple e accessori: un weekend che è stato accompagnato anche dall’uscita del nuovissimo iPhone Xs e Xs Max. “Il marchio Apple non perde mai appeal – ci ha raccontato Matteo, Store Manager – abbiamo clienti molto diversi fra loro, ci sono studenti, professionisti e pensionati, tutti accumunati dalla passione per la tecnologia di casa Cupertino”. Mac, Apple Watch, Apple TV, prodotti Beats, l’iPod, cuffie wireless AirPods e accessori sono tra i prodotti più venduti, ma molti ancora non sanno che il WhiteStore va fortissimo anche sul fronte dei servizi, assicurando ai suoi clienti i più elevati standard di assistenza Apple.
Ph. Matteo Marioli - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
Gentleman’s Ride Fotografie Justvisual
400 RIDERS E 7.000 EURO RACCOLTI: BRESCIA SI CONFERMA POLO MOTORISTICO DAL CUORE GENEROSO Eleganza, percorsi mozzafiato e numeri da record. La sesta edizione bresciana della The Distinguished Gentleman’s Ride, la più grande manifestazione motociclistica di beneficenza al mondo che quest’anno ha raccolto a livello mondiale quasi 6 milioni di euro attraverso le donazioni di oltre 112mila partecipanti, è stata un grandissimo successo. Brescia, con le sue quasi 400 moto, tra ‘special, classiche e d’epoca’, e donazioni raccolte per 7mila euro, ha risposto con grande entusiasmo e determinazione a questa manifestazione, che si è svolta contemporaneamente in oltre 650 città e 95 Paesi nel mondo per sostenere la Movember Foundation (in particolare programmi di andrologia per la ricerca contro il tumore alla prostata e la prevenzione dei disturbi mentali della popolazione maschile).
CHI C’ERA
“Quest’anno Brescia è stata più presente che mai – ha commentato Cesare Sasso, uno degli organizzatori volontari dell’evento a Brescia. I riders cittadini, ma anche i molti venuti da fuori, hanno dimostrato quanto la grande passione per le moto si possa trasformare in grande energia solidale, per una causa così importante. Da quando è nata sei anni fa la DGR Brescia è cresciuta esponenzialmente. I quasi 400 motociclisti partecipanti e i 7mila euro raccolti dimostrano che lo spirito che riempie ogni edizione si fa sempre più intenso. Un ringraziamento sentito va al Comune di Brescia che ha creduto nella bontà dell’iniziativa; alla Polizia Municipale che ha garantito la massima sicurezza con un supporto indescrivibile; ai cittadini bresciani e a quelli dei diversi comuni che abbiamo attraversato, che hanno accolto con entusiasmo il nostro passaggio”.
Ph. Justvisual - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
Gentleman’s Ride
Partiti dal Castello di Brescia, dopo un percorso suggestivo tra le viti e le colline della Franciacorta, i centauri hanno fatto una prima tappa all’Azienda Agricola Ferghettina per un meritato break. Il pranzo è seguito poi al Relais Franciacorta, dove l’accoglienza dei padroni di casa e l’atmosfera vintage sono state accompagnati dalle performance musicali della ‘Ottavia Brown 6 Band’. The Distinguished Gentleman’s Ride non finisce qui. Fino al 31 ottobre, sul sito www.gentlemansride. com sarà possibile continuare a fare donazioni a sostegno dei programmi della Movember Foundation. A livello globale l’evento è sponsorizzato da Triumph Motorcycles e Zenith, con il supporto di Rev’it, Hedon e Bike Exif. A livello locale, hanno sostenuto la tappa bresciana: Triumph Brescia, Brixia Special Moto Club FMI, Barberia Italiana, Donneinsella, Relais Franciacorta, Capitan Chrome, e Azienda Agricola Ferghettina.
PRESENTAZIONE UFFICIALE DELLE NUOVE AUDI A6 E A6 AVANT, AFFASCINANTI, SPORTIVE E TECNOLOGICHE. SONO QUESTE LE CARATTERISTICHE DELLE NUOVE AUDI A6 E A6 AVANT Nuova Audi A6: più sportiva che mai Quando il design incontra l’efficienza e la sportività si fonde con lo stile. Quando innovazione e precisione percorrono la medesima strada e l’eleganza si palesa in ogni linea. Quando classe e funzionalità diventano un dato di fatto e su tutto domina il progresso. Quando tutto questo accade lo stile raggiunge un nuovo punto di riferimento: Audi A6. Le superfici tese, i bordi affilati, le linee vigorose: la nuova Audi A6 esprime la più innata eleganza sportiva, il fascino dell’high-tech per garantire una qualità senza compromessi. Un carattere sportivo che la griglia single frame, larga e più bassa, i proiettori sottili e le prese d’aria dai profili molto marcati esprimono al meglio. Una silhouette laterale caratterizzata da linee scolpite che riducono la visuale dell’altezza dal suolo e una linea del tetto che raggiunge i bassi montanti posteriori simile ad un arco teso. Un’aletta frangivento arcuata delinea il cofano del vano bagagli, ottimizzando l’aerodinamica di un corpo perfetto. Un accattivante listello cromato collega i gruppi ottici posteriori e accentua la plasticità del posteriore. Quattro le motorizzazioni disponibili, tutte dotate della tecnologia Audi Mild-Hybrid: l’unità a benzina 3.0 TFSI fa 340 CV e 500 Nm di coppia ed i diesel 3.0 TDI da 231 o 286 CV ed il 2.0 TDI da 204 CV.
Nuova Audi A6 Avant, tecnologicamente innovativa Non c’è niente di più prezioso del proprio tempo. È per incarnare questa filosofia che nasce la nuova Audi A6 Avant: una vettura dalla classe superiore e dallo spirito sportivo, dal design dinamico e dalle linee eleganti, tecnologicamente avanzata e ancora più intelligente. Ma non solo: è una vettura più connessa, più intuitiva, più personalizzata, attraverso una piattaforma tecnologica dotata di tutte le ultime innovazioni della Casa dei quattro anelli. Non sono solo gli occhi a soffermarsi sul design pronunciato di Audi A6 Avant: anche il tempo sembra fermarsi al suo passaggio. Il single frame ribassato enfatizza il suo carattere atletico, e la linea slanciata del tetto scivola sul montante posteriore inclinato. Lo spoiler allunga la silhouette sottolineando l’anima sportiva della vettura, mentre il baricentro basso e la caratteristica architettura quattro dei passaruota esaltano il suo stile senza tempo. Cuore pulsante della vettura è il suo motore: disponibile nelle versioni V6 3.0 TDI da 231 CV e 286 CV e 4 cilindri 2.0 TDI da 204 CV, la nuova Audi A6 Avant è in grado di sprigionare una potenza e un’accelerazione davvero importanti, offrendo performance da vera sportiva.
Mandolini Auto Via Triumplina, 51 Tel. 030 2019760 Orario: 09.00-13.00; 15.00-19.30 www.mandolini.it
Nuova A6 e A6 Avant 55 TFSI (3.0 TFSI). Valori massimi: consumo di carburante (l/100km): ciclo combinato 6,7 - emissioni CO2 (g/km): ciclo combinato 151
This is your time: Audi is more
Muoviamoci contro
l’Alzheimer Testo Lisa Cesco
Speranze e insuccessi, impasse e rilanci hanno caratterizzato negli ultimi anni la ricerca di una terapia per la malattia di Alzheimer, la cui diffusione è in aumento a causa del progressivo invecchiamento della popolazione: nel 2050 i malati saranno il triplo di quelli di oggi, è stato ricordato in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer che si celebra il 21 settembre di ogni anno. La malattia, descritta per la prima volta nel 1906 dal neuropatologo Alois Alzheimer, è la più comune forma di demenza ed è progressivamente invalidante, perché comporta il declino delle funzioni cognitive (ad esempio disturbi di memoria, linguaggio, orientamento), dell’autonomia e il deterioramento della sfera della personalità e relazione. Alla base dell’Alzheimer c’è un processo di degenerazione delle cellule cerebrali, ma le cause non sono ancora definite con chiarezza. Oggi la ricerca sta seguendo diverse piste di indagine, perché si ritiene che non ci sia un’unica causa da cui origina la malattia, ma molteplici fattori che possono portare alla perdita dei neuroni.
Muoviamoci contro
l’Alzheimer
Attualmente non esistono farmaci per curare l’Alzheimer, ma sono disponibili molecole che possono migliorare alcuni sintomi, rallentandone il decorso. La ricerca però prosegue nell’impegno contro la malattia, e di recente ha aperto nuovi, importanti scenari: innanzitutto è stata messa a fuoco l’importanza di una diagnosi sempre più precoce, per intercettare la malattia agli esordi, quando il cervello non ha ancora riportato gravi danni. L’attenzione si sta concentrando su test diagnostici affidabili, e molte attese convergono sul progetto Interceptor, finanziato dall’Agenzia italiana del farmaco, con la partecipazione dei maggiori centri di ricerca italiani fra cui l’Irccs Fatebenefratelli di Brescia, che rappresenta un punto di riferimento sul territorio per la diagnosi e cura della patologia, insieme alle Unità Valutative Alzheimer presenti nei principali ospedali della città (Civile, Poliambulanza, S.Anna) e della provincia. L’obiettivo dello studio – che coinvolgerà 400 pazienti dai 50 agli 85 anni - è realizzare un modello di “screening” della popolazione a rischio, individuando i biomarcatori più affidabili per predire se forme di declino cognitivo lieve (dimenticanze, difficoltà nell’attenzione o nelle funzioni esecutive) diventeranno effettivamente Alzheimer. Anche le sperimentazioni di farmaci per curare le cause della malattia – nonostante inevitabili battute d’arresto – proseguono con l’intento di offrire risposte terapeutiche efficaci. Alla conferenza internazionale dell’Associazione Alzheimer tenutasi a Chicago lo scorso luglio sono stati presentati i primi risultati promettenti di un nuovo farmaco in sperimentazione, che sarebbe in grado di attenuare il declino della memoria: saranno tuttavia necessarie nuove indagini per confermarne l’efficacia. Fondamentale è assicurare il sostegno alla ricerca sull’Alzheimer, un obiettivo che si prefigge la manifestazione “Muoviamoci per l’Alzheimer – Fitness & Sport per solidarietà”: la 16esima edizione si è svolta a Brescia dal 13 al 21 settembre scorsi su iniziativa di Millenium Sport&Fitness in collaborazione con l’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia al fine di promuovere, sensibilizzare e raccogliere fondi per la ricerca per la malattia di Alzheimer, proponendo attività sportive ed eventi sia all’interno Centro Sportivo, sia all’esterno coinvolgendo tutta la cittadinanza con l’adesione di importanti testimonial dello sport, musica e spettacolo, per raccogliere fondi a favore della ricerca.
anni azzurri A cura del Direttore Dr. Vito Nicola Mastromarino vitonicola.mastromarino@anniazzurri.it
QUICCIOLO UN CONIGLIETTO AMICO DELLA SALUTE DEGLI ANZIANI Si chiama Quicciolo, è un coniglietto di razza ariete nano dal soffice mantello bianco ed è il protagonista dell’Attività Assistita con l’Animale (AAA), un progetto innovativo realizzato dalla RSA Anni Azzurri Rezzato per favorire il benessere degli ospiti della residenza, stimolare le abilità residue, facilitare la comunicazione e migliorare l’umore. “Grazie all’interazione uomo-animale è possibile promuovere il miglioramento della qualità della vita, attraverso un intervento che ha finalità di tipo ludico-ricreativo e di socializzazione”, sottolinea il direttore di Anni Azzurri Rezzato, dottor Vito Nicola Mastromarino. Il calore dell’animale domestico e gli stimoli che può offrire sono un punto di partenza importante per le attività da svolgere in compagnia degli anziani. “Con un animale di piccola taglia come il coniglio è possibile per il fruitore anziano tenerlo in grembo, ha un morbido e candido pelo piacevole da accarezzare, in grado di farlo rilassare – afferma il direttore Mastromarino - ed è utile nel trattamento dei disturbi comunicativi perché apre nuovi canali relazionali, soddisfacendo i bisogni epimeletici (cioè il desiderio di prendersi cura dell’altro)”. L’impulso epimeletico, infatti, è la propensione istintiva dell’essere umano a prendersi cura di altri esseri, attraverso la relazione che porta ad aprirsi al mondo esterno e rinforza, di rimando, anche la propria individualità. Il coniglio è una specie che ben si presta a queste finalità, essendo un animale familiare per molti anziani, e facendo parte di memorie lontane ma ancora vive, che
alcuni pazienti amano raccontare: mettendo in comunicazione presente e passato, l’animale si fa da tramite per stimolare il dialogo fra l’anziano e gli operatori della struttura. La presenza del coniglietto Quicciolo favorisce momenti di interazione che aiutano a tenere vive le capacità cognitive della persona, e incentiva le competenze di una memoria procedurale attraverso piacevoli momenti di cura e accudimento, in cui l’anziano spazzola e accarezza il soffice mantello dell’animale. Per gli ospiti della RSA, inoltre, vedere il movimento del coniglietto a terra incuriosisce, suscita il sorriso e altre emozioni positive. Diversi studi hanno dimostrato che il paziente che si relaziona con il coniglio avverte meno il dolore e aumenta il senso di sicurezza. L’impiego dell’animale è utile nel trattamento dei disturbi comunicativi ed ha effetti positivi sul sistema immunitario. Gli interventi di Attività Assistita con l’Animale che vedono come protagonista il coniglietto Quicciolo si affiancano a un ventaglio di altre attività con gli animali che la Residenza Anni Azzurri Rezzato realizza da tempo a beneficio degli ospiti. In particolare la Pet therapy, che consiste in attività educative, ricreative e terapeutiche con animali domestici come i cani, rivolte in particolare a persone anziane con un notevole decadimento cognitivo ospiti della struttura. Lo scambio con l’animale, anche in questo caso, favorisce la comunicazione e l’empatia, offrendo momenti di stimolo e ricreazione che suscitano emozioni positive e contribuiscono a migliorare la qualità di vita complessiva della persona.
In collaborazione con
Via Sberna, 4/6 - loc Virle Treponti - Rezzato (Bs) Tel. 030 25971 - Fax 030 2791112 residenzarezzato@anniazzurri.it
CHI C’ERA
Ph. Reporter foto agenzia - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
festa dell’opera Testo Tommaso Revera
DALL’ALBA ALLA MEZZANOTTE BRESCIA È STATA RAPITA DAL FASCINO DELL’OPERA CON LA SETTIMA EDIZIONE DI UNA FESTA SEMPRE PIÙ APPREZZATA
È tornato il grande evento della Festa dell’Opera che ogni anno, per un giorno intero, trasforma Brescia immergendola, dall’alba alla mezzanotte, in un bagno di musica e di colori. Un’iniziativa che ogni anno regala una 24 ore non-stop sulle note delle più celebri arie della tradizione operistica, e lo fa attraverso modalità di interazione nuove: l’Opera esce dal Teatro per andare incontro a un nuovo pubblico nei luoghi di vita quotidiana (le fabbriche, le case private, i luoghi del disagio sociale, gli spazi aperti della città) e spesso viene “contaminata” da altri generi come la musica contemporanea, il jazz, l’elettronica, il pop.
festa
dellâ&#x20AC;&#x2122;opera
Anche per l’edizione 2018 centinaia di artisti e oltre 50 luoghi della città, pubblici e privati, hanno fatto vivere a decine di migliaia di persone lo spettacolo dell’Opera: i suoni, le voci, il fascino, le emozioni di un genere senza tempo. Il cuore pulsante di Festa dell’Opera è stato il Teatro Grande, ma ogni anno si moltiplicano le connessioni di questo progetto che, per sua natura, è destinato a rompere schemi e a valicare i confini: così l’Opera diventa uno speciale passe-par-tout per vivere la città e il suo straordinario patrimonio. La Festa dell’Opera è un progetto unico, ideato e realizzato della Fondazione del Teatro Grande di Brescia. Per la sua importante valenza educativa la Festa dell’Opera ha ricevuto il prestigioso Premio Filippo Siebaneck nell’ambito dei Premi Franco Abbiati della critica musicale italiana.
IMAGO O REALTÀ DAL 26 AL 28 OTTOBRE A SIRMIONE TRE GIORNI DI MOSTRE E WORKSHOP CON PROFESSIONISTI DELLA FOTOGRAFIA: IN ESPOSIZIONE “OMO CHANGE” DI FAUSTO PODAVINI
Torna a Sirmione, presso l’Hotel Catullo, l’evento annuale dedicato alla fotografia internazionale di Imago@Catullo.Tre giorni, dal 26 al 28 ottobre con un programma ricco di seminari ed eventi culturali legati al mondo della fotografia con incursioni mirate nell’alta enogastronomia, nella musica e nella poesia. Guidati da professionisti del settore, i partecipanti potranno prendere parte a tre seminari: ”Progetti a lungo termine: dall’intimistico al documentario” a cura di Fausto Podavini, “La fotografia fluida, identità di un magazine in movimento” di Diego Orlando e “Un’autentica bugia. la fotografia, il falso, il vero” di Michele Smargiassi. Un programma vario e completo, dalla fotografia documentarista all’approccio editoriale moderno presentato da tre professionisti di alto profilo. Dal primo giorno, venerdì 26 ottobre, alle ore 18.00 esposizione di “Omo Change” di Fausto Podavini, tra i vincitori del WordPress Photo 2018. Il lavoro iniziato nel 2011 e terminato nel 2017, racconta la costruzione della diga Gibe III sulla Valle dell’Omo in Etiopia, un intervento che sembra aver rotto l’equilibrio uomo-natura e premiato come miglior progetto a lungo termine del prestigioso premio internazionale.
di Giorgio IA L G A P I D FUOCHI
Paglia
CIÒ CHE È È un mondo strano quello di oggi. Corre inesorabilmente verso cambiamenti continui e repentini. Il futuro è davvero difficile da capire e ancor più da interpretare. Tutto questo provoca tensioni interiori e preoccupazioni forti, perché quando manca la sicura certezza, i pensieri si fanno tenebrosi. In una situazione del genere, si fa avanti il cosiddetto relativismo moderno, cioè un atteggiamento mentale che considera la conoscenza come incapace di riferirsi ad una realtà oggettiva e assoluta. Insomma, l’apoteosi del tutto e del contrario del tutto. Pensate alla politica odierna. Un episodio può trasformarsi in un attimo nel suo esatto opposto, in funzione del colore politico dello stesso osservatore. Così si diventa buonisti o razzisti non tanto per degli atteggiamenti reali, ma piuttosto per un’espressione di parte. Non è una bella cosa, perché la realtà non è più soggettiva, ma diventa oggettiva, e la conoscenza obiettiva non può, di conseguenza, svilupparsi su basi semplicemente mutevoli a seconda dei punti di vista. Un conto è dubitare, che è sempre lecito, un altro è deformare la verità. C’è anche un altro fattore. Quando si vivono tempi di dura crisi economica, l’uomo può perdere anche la sua dignità ed è portato a guardare soprattutto a ciò che è stato e a ciò che sarà, con una proiezione della sua mente soprattutto rivolta al passato e al futuro. Due fattori temporali che però non esistono nell’oggi. Perché sono già accaduti e non torneranno più, o perché sono futuribili e quindi di incertissima realizzazione. Invece, sarebbe necessario che la nostra mente si ancorasse a quello che sussiste nell’attimo in cui lo vive, in pratica, come molti affermano, “al qui e ora”. Rimuginare sul passato non ha alcun significato, in quanto difficilmente il tempo ripete dei medesimi eventi. Il prima, il come era, sono finiti e non hanno più alcuna possibilità di essere riscritti di nuovo. Nello stesso modo è inutile proiettarsi totalmente nel futuro, perché non è ancora accaduto e non può avere risvolti retroattivi sul presente.
In pratica, in parole semplici, di “se” e di “ma” son piene le fosse. Perciò non dobbiamo farci traviare dal tempo “mentale”, che è ben diverso dal tempo reale. Si deve avere la straordinaria capacità di analizzare la situazione presente con oggettività e con distacco. Come ci si è arrivati è importante solo per l’esperienza. Come si trasformerà, è unicamente un’ipotesi dell’incertezza. Le religioni (che non sono il Divino), sono chiamate l’oppio dei popoli e si sono mosse in tal senso. Cercano di dare speranza a chi conduce una vita disperata. Così, se su questo mondo ci sono tante sofferenze, possiamo però confidare in un paradiso futuro che ci accoglierà per la gioia eterna. E allora il popolo sta buono e non si ribella al suo destino disperato. La politica fa la stessa cosa, creando futuribili obiettivi soavi ed evitando drastiche soluzioni immediate da applicare nel presente. La gente si calma, si fida e spera in un avvenire migliore. Perché faccio questo discorso, non semplice e forse troppo succinto? Perché, come abbiamo visto, quando impera il relativismo moderno, la realtà si distorce a seconda del pensiero soggettivo e così diventa immaginaria, trascinando la verità in un equilibrio di versioni totalmente contrapposte e di difficile gestione. Ma un mondo simile non soddisferà mai la sete di conoscenza vera delle persone, che diventano sempre più insicure, arrabbiate e malleabili. In tale condizione, si aggrapperanno a qualsiasi pensiero forte, o addirittura feroce, che verrà loro enunciato. Una propaganda nuova e coinvolgente, indimostrabile a prescindere, che potrà trasformare quello che tristemente è l’oggi, in ciò che felicemente potrebbe essere il domani. E su questa speranza fallace nascono i peggiori disastri della storia.
Anche su Twitter: @Fuochidipaglia
IL LUSSO DI MUOVERSI NEL FUTURO
Business Trip
Airport Transfer
City and Shopping Tour
Dalla classica auto con conducente allâ&#x20AC;&#x2122;organizzazione di transfer aziendali per congressi, meeting ed eventi, iDrive offre stile, sicurezza e relax. E, con Tesla S, il massimo delle prestazioni e della sicurezza. Per chi vuole muoversi nel futuro. Da oggi.
Wedding Transfer
Hourly Arrangement
+393498388398 w w w . i D r i v e - n c c . i t iDrive@iDrive-ncc.it
Agency L U X U R Y
M O V I N G
sempre più lomantico RETATE PER STRADA E TOLLERANZA CON LE CINESI CHE SI PROSTITUISCONO NEI CENTRI BENESSERE
Tutti ci ricordiamo di quando l’attuale Ministro degli interni, Matteo Salvini, pontificava sulla necessità di riaprire i bordelli sul suolo italico per sottrarre alle mafie il commercio di carne umana destinata ai bordelli a cielo aperto che hanno invaso il nostro Paese negli ultimi decenni. Inutile dire quello che fanno gli altri Paesi perché le legislazioni sono diverse e l’Europa non è unita neanche in questo! Così, se vi fate abbordare da una ragazza per la strada vi appioppano una multa di 500 € quando, con tale cifra, basta oltrepassare il confine con Svizzera, Austria o Croazia, per “divertirsi” alla grande in modo totalmente legale. L’ipocrisia bacchettona e di derivazione religiosa che vede il sesso come un peccato e il meretricio come la perdizione, ha fatto in modo che, fino ad oggi, nessuno si sia preso la briga di affrontare l’argomento in maniera “europea”. Come sempre laddove ci siano delle crepe nella legislazione, non solo in questo settore, sono entrate di prepotenza le organizzazioni cinesi che hanno installato in ogni angolo i loro “centri benessere” dove i massaggi non sono che il pretesto e la foglia di fico per prestazioni sessuali a pagamento. È curioso che siamo costretti a mandare uomini e donne delle Forze dell’Ordine ad allontanare la prostituzione dalle strade, con retate notturne di donnine, trans e clienti, quando invece il mercato parallelo cinese viene ampiamente tollerato… Forse addirittura considerato il male minore. In quei luoghi, con piccole insegne lampeggianti, nascosti con pellicole variopinte per coprire le vetrine, nessuno schiamazza, nessuno fa casino, nessuno sporca in giro, né offre spettacoli inverecondi sui marciapiedi a tutte le ore del giorno e della notte. Il servizio è garantito entro gli standard internazionalmente riconosciuti e gli ometti entrano furtivi con in tasca le palanche pronte da mettere nelle mani della ragazza di turno per avere in cambio il massaggio più “lomantico” che ci sia… Mezz’ora dopo ne escono, con e un bel sorriso stampato sul viso, probabilmente meno disposti a litigare per il parcheggio e con pochi rimorsi perché, in fin dei conti, quel massaggio non può essere considerato un vero tradimento della moglie o della fidanzata.
Padri, fratelli, fidanzati, zii e nonni… Ogni categoria è rappresentata: c’è quello che parcheggia il macchinone in seconda fila con le quattro frecce e che evidentemente sa di essere veloce e c’è il pensionato che arriva quatto quatto dopo aver lasciato la bicicletta a cento metri di distanza, si pettina e, dopo essersi guardato attorno furtivamente, suona nervosamente il campanello. Fatevi due conti e vedrete il perché questi “centri” fioriscono e non chiudono mai… Anzi. Due ragazze, 15/20 clienti al giorno con un incasso medio di 60/70 € a cliente sono oltre mille euro al giorno. Inoltre, le infaticabili orientali, lavorano fino a tarda ora, anche il sabato e la domenica e non certo vanno ai sindacati a protestare. Quindi è un’attività che rende almeno 30-40 mila € al mese, cui vanno tolte le sole spese per l’affitto - che i cinesi pagano sempre regolarmente - diciamo 1.500/2000 € al mese più 500 per le spese varie. Rimangono malcontati 30 mila euro, spesso non denunciati, o dichiarati solo parzialmente per salvare le apparenze, con cui retribuire le ragazze, le quali, in ogni caso, non guadagnano mai più di 1500/2000 € al mese l’una, senza parlare di contributi o ferie... Ecco quindi spiegato il perché del successo del centri “benessele”. Insomma, un servizio di cui si fanno carico con grande organizzazione i cinesi. Le signorine nostrane, europee, sudamericane o africane che ricevono a casa o adescano in strada, sentono la concorrenza e spesso decidono di trasferirsi dove si può professare il meretricio senza troppi problemi. Mentre qui, il mercato della marchetta, così come quello della ristorazione low cost, dei bar e dei parrucchieri, viene assoggettato all’egemonia dei cinesi. Loro, in qualche modo, hanno aperto un mercato nuovo. Quello dell’intrattenimento sessuale praticato alla luce del sole in normali negozi attirando la clientela con gli annunci su internet. Insomma senza dir né a né bà, hanno riaperto i bordelli e adesso basta solo dargli una “cornice legislativa” un po’ meno restrittiva circa le zone del corpo legalmente massaggiabili e quelle che invece sono considerate prostituzione. Chissà cosa pensa di fare Salvini contro questi che più di altri si dimostrano nemici degli italiani...
la prostituzione nell’Antica Roma Nell’antica Roma la prostituzione rappresentava un lucroso business, una fonte di reddito tutt’altro che trascurabile per le famiglie più ricche che per questa attività “impiegavano” una numero spesso consistente dei loro schiavi. Però l’idea che ci siamo fatti di ciò che erano il sesso e la prostituzione in età romana è inficiata da molti falsi miti. Una certa cattiva letteratura e tanti brutti film ci hanno portato ad immaginare l’antica Roma come una specie di baccanale permanente, dove la preoccupazione generale era solo la soddisfazione dei piaceri carnali ma, l’approccio alla prostituzione da parte delle famiglie più ricche, era principalmente di tipo economico, potremmo quasi dire manageriale. Il Catalogo Regionario del IV secolo d.C. indicava sul territorio di Roma ben 92 bordelli. Per ovvi motivi non ci sono pervenute molte tracce di quei postriboli citati nel testo ma, per fortuna, abbiamo Pompei che fotografa la città esattamente com’era nell’agosto del 79 d.C. Un luogo straordinario che ci ha lasciato l’unico edificio dell’antichità sulla cui funzione di bordello non esiste alcun dubbio con tantissimi rilievi riferibili a pratiche sessuali a pagamento. Oltre a questo sito e le sue eloquenti raffigurazioni ci sono opere d’arte altrettanto esplicite sparse in giro per le domus e numerosi graffiti raffiguranti ragazze e ragazzi che si mettevano in vendita e illustravano con dovizia di particolari le loro abilità, fissando con puntualità il prezzo per la prestazione che veniva offerta ai frequentatori. Non era un mestiere per donne libere, infatti, il mestiere di prostituta non era consentito alle donne e agli uomini liberi. Quelli che lo praticavano venivano etichettati come “infames” e perdevano una serie di diritti, inclusa la facoltà di testimoniare di fronte a un
giudice. La prostituzione era allora appannaggio di schiavi e liberti che non avevano diritti e di conseguenza, neppure doveri. Questi potevano vendere il loro corpo nei lupanari, alle terme o nelle taverne ed esiste una documentazione letteraria molto nutrita sulla pratica del mestiere in tutti questi luoghi. Ma gli schiavi erano proprietà privata e questo rappresenta uno degli aspetti più interessanti: non esercitavano per conto proprio, ma erano obbligati a prostituirsi per fare gli interessi economici dei rispettivi padroni, come se fossero beni immobili, campi agricoli o animali da soma da affittare a chi poteva permetterselo. Ogni uomo libero che investiva i suoi denari in schiavi poteva gestire il lavoro di prostitute e prostituti che obbedivano a un lenone, solitamante un liberto di fiducia e si vendevano in giro procacciandogli liquidità. Un vero patrimonio in carne e ossa dalla rendita certa ma purtroppo soggetto a svalutazione a causa dell’età. Un’ultima curiosità: ricordate quei piccoli ambienti pieni di raffigurazioni erotiche in alcune delle più celebri domus pompeiane, come la Casa dei Vettii e la Casa del Centenario? Secondo l’interpretazione moderna, potevano esercitare tre funzioni diverse: o erano luoghi in cui incentivare l’accoppiamento tra schiavi affinché nascessero altri schiavi, o erano sale del piacere in cui il padrone di casa in compagnia di amici, a fine cena, poteva intrattenersi con schiave e schiavetti. Oppure ancora erano i luoghi che il dominus metteva a disposizione dei clienti delle sue schiave per la consumazione. Certo è che il sesso a pagamento doveva offrire un contributo niente male al Pil dell’epoca…
PIETRO GUIDA, ANGOLO CON PROSTITUTE
Punters attenti prestazioni non protette causa crisi Gonzi che abboccano e si beccano malattie di ogni genere. Ragazze orientali allo stremo, tenute in schiavitù e disposte a prestazioni extra ad elevato rischio pur di “lavolale”. Battaglioni di amanti della patatina pay, così la chiamano tra loro, si incontrano su alcuni siti internet e si confrontano su ogni aspetto del mestiere e sulle modalità di fruizione dei servizi. Descrizioni minuziose delle location con indicazioni sulla presenza di parcheggio nelle vicinanze, di portieri impiccioni, di cattivi odori, ma anche di eventuali barriere architettoniche (politicamente corretto) e del “decoro” dell’ambiente. Poi si passa alla valutazione fisica della ragazza o dei trans (tantissimi) con giudizi sulla conformità rispetto alla fotografia messa sugli annunci che compaiono su una miriade di piattaforme specializzate per pubblicizzare il servizio. E qui si comincia a ridere. Sì perché il terrore dei nuovi puttanieri digitali è di incontrare una persona diversa rispetto a quella vista nella foto scollacciata ed ammiccante. E, in effetti, è ciò che puntualmente accade, almeno a leggere le varie missive di punters incavolati per le fregature (fake)... Da qui in poi il romanzo popolare scritto a puntate da questi adepti della marchetta è un affresco di tutto quello che può capitare ad un gonzo in cerca di facili avventure e che finisce nelle mani di persone comunque, per definizione, un po’ border line. C’è chi si trova dietro la porta uno “scaldabagno a pedali” (trascrizione letterale) o chi ci trova un travestito vecchio e brutto che ha messo sul suo annuncio foto taroccate o rubate. La prestazione in prevalenza, sempre a leggere quei resoconti, comunque delude sia che si tratti di ragazze dell’est, trans sudamericani, russe o orientali varie. Poche volte chi scrive racconta di un “bel sogno” e il più delle volte prevale il “missile” ossia ragazza non attraente come nella foto, quasi sempre più vecchia, frettolosa, maleducata e magari svogliata... Spesse volte vengono descritte come un “po’ fatte” e si trovano anche storie strappalacrime di chi si impietosisce ai racconti delle ragazze che fanno il mestiere, oppure descrizioni di riunioni selvagge tra un paio di donne e una decina di uomini... Le chiamano gang-bang e nella nostra brillantissima città ne organizzano almeno un paio alla settimana. Ma questo, i lettori più curiosi, lo avranno già scoperto... La fattispecie preoccupante è quella che chiede o accetta rapporti non protetti, “a crudo” come dicono, per una tariffa più alta di quella concordata. Spesso, la richiesta vale anche per rapporti “non convenzionali” che rendono quasi certa la trasmissione di eventuali malattie. Suonare il flauto senza custodia fino alla fine, è una classica offerta che viene ritenuta erroneamente non rischiosa ma è solo meno rischiosa e non sono pochi gli uomini che chiedono o non rifiutano rapporti senza cappuccio. Purtroppo, forse a causa della crisi e dello sbarco delle orientali che hanno aggredito il mercato con giochini nuovi a prezzi promozionali, sono sempre più spesso proposte prestazioni che iniziano con baci in bocca con la lingua, alla francese, e terminano con la lingua a deliziare l’orefizio opposto. Collutorio e via a baciare il prossimo nella catena di montaggio dei tanti che fanno la fila da queste signorine per questi ed altri particolari servizi. Il rischio non è solo per l’HIV, in giro si sente di tutto e di più e, quando in quelle recensioni leggete le richieste di consigli da chi ha paura di essersi preso qualcosa di brutto, emerge l’immenso squallore di queste situazioni. Uno chiedeva alla comunity di suggerirgli un modo per poter dire di essersi preso l’Hiv senza dover confessare quanto realmente accaduto. In tanti lo hanno deriso e cinicamente gli suggerivano di dirlo e basta senza nascondersi perchè, una volta che ti sei preso il virus, il problema non è certo il come te lo sei beccato ma come curarti. Certo dover dire alla propria fidanzata/moglie di farsi un esame del sangue non è una cosa facile, soprattutto se poi si viene a sapere che lo hai preso perché vai con i trans.
ludo five milLion
followerS
LUDOVICA PAGANI INFLUENCER CON PIÙ DI 5 MILIONI DI VISUALIZZAZIONI PER IL SUO NUOVO CANALE YOUTUBE
Ludovica Pagani, una delle principali influencer italiane, a metà maggio 2018, ha aperto il suo canale YouTube. L’ha fatto, come racconta nel primo video girato anche nella sua camera, per far conoscere da più vicino la sua vita. Per poter raccontare un po’ di più di sé rispetto a quanto si può fare con semplici foto su Instagram, un social in cui è davvero seguitissima (ha ben un milione e 400.000 follower),YouTube è un mezzo davvero efficace. In pochi mesi il successo del canale è notevole: gli iscritti sono oltre 160.000 e le visualizzazioni totali oltre 5 milioni. Su YouTube Ludovica Pagani pubblica video su diversi temi, dedicati a ragazze e ragazzi. Energia, risate, scherzi: non sorridere guardando questi video è difficile. Tra i protagonisti ci sono YouTuber ed influencer come iPantellas, Dexter o Xmurry, ma pure la famiglia di Ludovica, che si diverte con lei in challenge e video di ogni tipo, non solo connessi allo sport, tema a cui è da sempre legata.
“Sono molto contenta che il canale stia crescendo in fretta, in così poco tempo”, ha spiegato Ludovica Pagani. “In futuro non proporrò solo challenge ma ci saranno anche che mi vedranno partecipe in prima persona. Saranno sia divertenti, sia personali, ovvero racconteranno qualcosa di me che i miei fan ancora non sanno. Chi ha voglia di scoprire qualcosa di più non deve far altro che seguirmi”. https://www.instagram.com/ludovicapagani https://www.facebook.com/LudoPagani/ https://www.youtube.com/ludovicapagani Chi è Ludovica Pagani Ludovica Pagani è considerata una delle principali influencer italiane. Su Instagram ha oltre un milione e 400.000 fan. Ognuna delle sue stories viene visualizzata mediamente da 350.000 persone, mentre i suoi post generano qualcosa come 47 milioni di impression alla settimana con una copertura media di 1.600.000. Nata a Bergamo il 25 giugno del 1995, ha frequentato il Liceo Linguistico ad indirizzo Giuridico ed Economico per poi iscriversi all’università di Management a Milano. Nel 2016 ha iniziato l’attività di influencer sui social collaborando con diversi brand di moda. Ha poi condotto una web serie, We live shopping e co-condotto Milanonow, un programma in onda su Telelombardia. È da sempre legata all’universo dello sport. Nel 2017 ha iniziato la co-conduzione del programma sportivo Gokartv su Sportialia. È stata una delle protagoniste di un video degli Autogol, “La serie A va al mare”, una partecipazione che le ha regalato il primo grande successo con i suoi follower. Il suo canale YouTube, creato a metà maggio 2018, all’inizio di settembre ha già totalizzato oltre 5 milioni di visualizzazioni e ha oltre 160.000 iscritti.
LUDOVICA PAGANI
HOTEL TRATTERHOF IL LOGGIONE DEL SUD TIROLO Fotografie Belvita-Hotel Bergidyll Hotel Tratterhof
NELLA MAGICA ATMOSFERA DELLE DOLOMITI DELLA VAL PUSTERIA A MARANZA, L’HOTEL TRATTERHOF REGALA AI SUOI OSPITI MOMENTI DI PURO DIVERTIMENTO E RELAX
Maranza, a 1.400 metri di altezza, aggettante su Rio di Pusteria all’entrata della Val Pusteria, domina anche la Val Isarco da un poggio sul quale il sole insiste dall’alba al tramonto tutto l’anno. Il “Dolomitenkino“, cornice di legno posta vicino all’entrata dell’hotel, vi riassume in pochi secondi le montagne che si ammirano sull‘orizzonte: in senso orario il Sass de Putia, le cime Odle, Sassolungo, Sasso Piatto e le Dolomiti dello Sciliar. La cittadina vescovile di Bressanone è a 20 chilometri, Bolzano a 60, Brunico a 35. Alle spalle di Maranza e del Hotel Tratterhof, una splendida corolla di montagne che arriva fino a 3.000 metri di altezza. Il monte Gitschberg, collegato tramite una moderna cabinovia con la valle Jochtal di Valles, raggiunge i 2.500 metri ed è meta di molte escursioni organizzate dal nostro hotel. Immerso nella natura suggestiva, le giornate invitano ad escursioni di ogni grado di difficoltà, in autonomia oppure sotto la guida di Alfred o Manuel, i nostri esperti in materia di trekking. Verso pomeriggio vi attende la SPA Monte Silva a tre piani, con otto saune, Infinity pool panoramico all’esterno, piscina coperta, numerose aree relax, beauty farm e molto più.
Il culmine, la sauna finlandese panoramica dove ogni giorno alle 16.30 e alle 17.30 il nostro Manuel, fra l’altro niente meno che vicecampione di categoria alla competizione di Mr. Universum, offre una gettata di vapore con effetti indimenticabili. Le serate poi iniziano con la tradizionale cucina tirolese o prelibatezze della cucina mediterranea. È inoltre possibile intraprendere anche un profumato viaggio nella degustazione dei vini. Presso l’Hotel Tratterhof ****s la vacanza a Maranza diventa sinonimo di salute, movimento e tranquillità interiore. Il tutto con il tocco famigliare della famiglia Gruber-Hinteregger, che gestisce l’hotel in seconda generazione e con entusiasmo segue i solidi pilastri dei Belvita Leading Wellnesshotels Südtirol, la cooperazione esclusiva dei migliori hotel wellness dell’Alto Adige: wellfeeling, beauty, fitness e vital cuisine.
Wellfeeling, beauty, fitness e vital cuisine: questa la proposta dellâ&#x20AC;&#x2122;Hotel Tratterhof ****s a Maranza, localitĂ conosciuta come la terrazza del sole della valle Isarco, per la sua posizione a sud, che la rende uno dei luoghi piĂš soleggiati di tutta la regione
DOLOMITENKINO – CINEMA DELLE DOLOMITI
WELLNESSHOTEL TRATTERHOF Fam. Gruber-Hinteregger Via Großberg 6 - Maranza - 39037 - Rio di Pusteria (BZ) Tel. 0472 520 108 - Fax 0472 52 2396 info@tratterhof.com - www.tratterhof.com
Con oltre 415.000 esemplari distribuiti in tutto il mondo nel solo 2017 – e 9,5 milioni dal 1982 ad oggi (inclusa la 190) – la Mercedes Classe C è un assoluto bestseller della Stella che oggi si concede un restyling di metà carriera che aggiorna l’estetica e arricchisce i contenuti della vettura, senza dimenticare l’introduzione della versione sportiva Mercedes-AMG C 43 4MATIC. Esterni: ritocchi estetici e nuovi colori Esteticamente, la nuova Classe C si distingue per la nuova mascherina frontale ed i fascioni paraurti di inedito disegno, impreziositi da finiture color argento o cromate. Di serie, i proiettori presentano fari alogeni e luci diurne a LED, ma è anche possiblie equipaggiarla con LED High Performance e, per la prima volta, anche con fari Multibeam LED e Ultra Range. In questo caso, ogni proiettore ingloba 84 LED regolabili singolarmente che permettono di adattare in modo totalmente automatico ed estremamente veloce il fascio di luce a seconda delle condizioni del traffico. Sulla vettura debuttano, inoltre, le nuove livree esterne Argento Mojave metallizzato e Verde Smeraldo metallizzato. La dotazione di serie include il Keyless-Go Start, mentre il pacchetto sedili Multicontour offre regolazioni a comando elettrico per i supporti laterali e per quello lombare, capaci di offrire un effetto massaggiante generato da una serie di camere ad aria. La nuova Classe C eredita dall’ammiraglia Classe S una strumentazione di tipo digitale (optional) con schermo da 12,3 pollici settabile nelle modalità: ‘Classic’, ‘Sport’ e ‘Progressive’. La versione d’ingresso presenta una strumentazione con due elementi analogici separati da un display a colori da 5,5 pollici. Sopra la consolle centrale troviamo invece un display da 7 pollici dedicato al sistema di infotainment con cui è possibile controllare le funzioni della navigazione satellitare, dell’impianto audio e della connettività per smartphone. Il sistema multimediale può essere controllato tramite il touchpad sul tunnel centrale, i comandi “touch” sul volante, o sfruttando i comandi vocali. Aggiornato anche l’head-up display (a richiesta), ora in grado di mettere a disposizione un campo di regolazione più ampio.
Nuova Clas
se C Cabrio
Nuova Clas
.
se C Coupé
.
NUOVA MERCEDES-BENZ CLASSE C: TUTTI I SEGRETI DEL RESTYLING LA MERCEDES CLASSE C RICEVE UN IMPORTANTE AGGIORNAMENTO CHE AFFINA L’ESTETICA DELLA VETTURA ED INTRODUCE SOFISTICATI DISPOSITIVI EREDITATI DALL’AMMIRAGLIA CLASSE S.
Dotazione: sempre più intelligent drive La nuova Classe C può vantare dispositivi di assistenza alla guida di ultima generazione capaci di aumentare in modo esponenziale la sicurezza attiva degli occupanti. La presenza di radar e telecamere molto sofisticati permettono alla vettura di “vedere” in anticipo le situazioni fino a una distanza di 500 metri, il tutto coadiuvato dai dati di navigazione e delle mappe per le funzioni di assistenza. Il Distronic Plus adegua in maniera preventiva la velocità in prossimità di curve, incroci o rotonde, non mancano inoltre il sistema di assistenza allo sterzo, l’Active Lane Change Assist e l’Active Emergency Stop Assist. Inoltre, grazie all’azione del Brake Assist BAS Plus si può contare su un prezioso angelo custode nella prevenzione degli incidenti.
n Wagon.
Nuova Classe C Statio
Nu
sse C ova Cla
.
Berlina
Nuova Classe C Station Wagon. La sportività si riprende i suoi spazi.
Linee decise per un look ancora più elegante e spazi ampi e comodi senza rinunciare allo stile. Frontale più aggressivo con nuovi fari MULTIBEAM LED e fari posteriori rinnovati. telematiche di ultima generazione con strumentazione digitale e smartphone integration. Nuovo motore 220 d da 194 CV e cambio automatico a 9 marce.
Equipaggiata con diversi sistemi Intelligent Drive, Classe C Station Wagon garantisce il massimo della sicurezza con il Pacchetto sistemi di assistenza alla guida Plus: una telecamera stereoscopica e sensori radar di nuova generazione garantiscono un’assistenza alla guida di alto livello, quando si tratta di viaggiare a velocità o a distanza di sicurezza costante, di frenare automaticamente o di mantenere l’auto in carreggiata.
La Mercedes-Benz amplia ulteriormente la gamma di Classe C proponendo nuove motorizzazioni, accessori inediti e portando a 51 le diverse versioni ordinabili, 30 delle quali con carrozzeria berlina o wagon e 21 varianti cabrio e coupé. Tutti questi modelli sono inoltre personalizzabili con nuove dotazioni tecnologiche pensate per permettere ai clienti di creare una vettura adatta alle proprie esigenze
Nuova Classe C Berlina.
La sportività è un’attitudine. Interna ed esterna. Più sportiva, tecnologica e di carattere. Frontale più aggressivo con nuovi fari MULTIBEAM LED e fari posteriori rinnovati. Il nuovo motore 220 d da 194 CV con cambio automatico a 9 marce rappresenta il perfetto connubio tra prestazioni ed efficienza.
Le motorizzazioni diesel, tutte Euro 6, registrano emissioni da record, anche nella versione 300 d a trazione integrale con un consumo pari a 151-139 g/km. I nuovi equipaggiamenti accentuano le prestazioni e la raffinata sportività di questa berlina. Come il sistema PRE-SAFE® Sound che emette un suono dagli altoparlanti per attivare un riflesso protettivo naturale: l’orecchio si isola temporaneamente dal mondo esterno per proteggersi dal rumore di un impatto.
La versione AMG Line valorizza al meglio le forme sportive di Nuova Classe C Coupé. Con grembialatura anteriore e posteriore rinnovate, l’auto si presenta più in forma che mai. Degni di nota sono anche gli innovativi fari MULTIBEAM LED e le nuove vernici, ad esempio la sportiva tonalità grigio grafite metallizzato
Nuova Classe C Coupé. La sportività è una spinta continua.
Compatta e aggressiva, con linee ancora più decise grazie ai nuovi fari MULTIBEAM LED e fari posteriori rinnovati. Anche la versione Coupé offre un sistema d’infotainment di ultima generazione con strumentazione digitale. Il tetto ‘Panorama’ amplia ulteriormente il piacere di guida, da ogni punto di vista, grazie anche al potente propulsore 220 d da 194 CV con cambio automatico a 9 marce.
La nuova Classe C eredita dall’ammiraglia Classe S una strumentazione di tipo digitale (optional) con schermo da 12,3 pollici settabile nelle modalità: ‘Classic’, ‘Sport’ e ‘Progressive’. La versione entry-level vanta l’uso di una strumentazione con due elementi analogici separati da un display a colori da 5,5 pollici
Guida a cielo aperto dal comfort straordinario. Pratica più sport, meglio se all’aria aperta. Nuova Classe C Cabriolet estende a tutto l’anno la stagione della guida open air
Nuova Classe C Cabrio. Sportività open air.
Frontale più aggressivo con nuovi fari MULTIBEAM LED e fari posteriori dall’inedito design regalano un’inedita dimensione della guida scoperta, più dinamica e sportiva. Un mood in perfetta sintonia con il nuovo motore 220 d da 194 CV, abbinato al cambio automatico a 9 marce. Sul fronte dell’infotainment, la telematica di bordo avanzata offre oggi la strumentazione digitale e smartphone integration per essere ‘always on’, sempre connessi. Inoltre, grazie alla combinazione di frangivento automatico AIRCAP e riscaldamento per la zona della testa AIRSCARF niente fermerà la tua voglia di guidare all’aria aperta.
monza sp1 - sp2: la ferrari perde la testa Foto di Vincenzo Borgomeo
UNA MONOPOSTO E UNA BIPOSTO CON SCOCCA IN CARBONIO DERIVATE DALLA NUOVA 812 SUPERFAST MOTORE 12 CILINDRI A V CAPACE DI 810 CV
Due supercar estreme, senza tetto e leggerissime, prodotte in tiratura limitate che riaccendono la lunga tradizione di “barchette” della maison Ferrari. Un ritorno alla grande ma con una personalità diversa da quanto ci si poteva immaginare: la macchina non deriva dalla monoposto di F1 ma da una vettura stradale, ossia la nuova 812 Superfast. con un possente motore V12 capace di erogare 810 cavalli, come nella migliore tradizione che raggiunge i 100 km/h in 2.9 secondi... L’architettura dei due modelli si presenta come quella di un bolide dalla forma monolitica e aerodinamica a profilo alare, dove la completa assenza del padiglione ha consentito di definire proporzioni uniche, impensabili su una spider tradizionale. L’ebbrezza della velocità che ne deriva, finora riservata quasi esclusivamen-
te ai piloti di Formula 1, è direttamente legata al concetto di un cockpit scavato nel volume della vettura, che accoglie il pilota e tutta l’interfaccia di guida. Le porte sono piccolissime, e si aprono verso l’alto, mentre scocca e parafanghi, così come molti altri particolari, sono in carbonio. Da segnalare poi il brevetto Ferrari “Virtual Wind Shield” sul quale sono state applicate delle soluzioni innovative per carenare il quadro strumenti e il volante così da deviare i flussi aerodinamici e offrire il massimo comfort alla guida. Ferrari con i modelli “barchetta” ha una lunga storia. La più famosa è sicuramante l’indimenticabile 166 bicolore guidata da Gianni Agnelli. Ma non furono da meno anche la 275S del 1950, a cui va il merito di aver tenuto a battesimo il nuovo motore di grande cilindrata, progettato da Lampredi.
Cilindrata totale: 6496 cm3; Potenza massima 810 CV a 8500 giri/min Coppia massima 719 Nm a 7000 giri/min PRESTAZIONI 0-100 km/h in 2,9 sec; 0-200 km/h in 7,9 sec Velocità massima superiore a 300 km/h
monza sp1 - sp2: la ferrari perde la testa
Quel 12 cilindri a V aveva infatti la bellezza di 3322 cc, basamento e testata in lega leggera e sviluppava una potenza di 220 cavalli a 7.200 giri/min. Tanta, potenza per quei tempi, forse anche troppa perché sui due esemplari carrozzati Touring barchetta che presero parte alla Mille Miglia nel 1950 si ebbero problemi alla trasmissione a causa della incredibile cavalleria a disposizione. La nuova Ferrari SP è più simile alla recente 550 Barchetta Pininfarina realizzata nel 2000, un’edizione strettamente limitata a soli 448 esemplari, che non prevedeva nessun tipo di capote o di copertura. Proprio come sulle Ferrari open-air costruite nei primi anni Cinquanta della categoria Sport Prototipo.
The London Mastaba SE VI SIETE PERSA ECCO L’ULTIMA OPERA DI CHRISTO ALLESTITA A LONDRA E GIÀ SMONTATA IL 23 SETTEMBRE
CHRISTO FOTOGRAFATO DAVANTI A THE LONDON MASTABA E SOTTO THE FLOATING PEARS LA PASSERELLA CREATA DALL’ARTISTA SUL LAGO D’ISEO NEL 2016
Un’installazione galleggiante di più di settemila barili colorati messi sul Serpentine Lake di Hyde Park questa l’ultima opera dell’artista Christo:si chiama The London Mastaba ed è formata da 7.506 barili colorati messi orizzontalmente su una piattaforma galleggiante sul Serpentine Lake di Hyde Park, dove si poteva vedere fino al 23 settembre. L’opera alta venti metri, ha la forma a trapezio di una mastaba (un tipo di antica tomba monumentale egizia) e i lavori di costruzione sono iniziati ad aprile: i barili sono stati impilati su una piattaforma galleggiante lunga 40 metri e larga 30, tenuta ferma da 32 ancore. È la prima installazione pubblica all’aperto nel Regno Unito di Christo. Christo ha spiegato che i colori dell’opera (rosso, blu, malva e bianco) si trasformavano a seconda della luce e del meteo, e il suo riflesso sul Serpentine Lake era come un dipinto astratto. Christo è un artista statunitense di origine bulgara conosciuto in tutto il mondo: se ne parlò molto da queste parti due anni fa con l’apertura di “The Floating Piers”, la sua piattaforma galleggiante sul lago d’Iseo. Christo è anche il nome di un lungo progetto artistico che lui stesso iniziò alcuni decenni fa con la moglie Jeanne-Claude. A partire dagli anni Sessanta, infatti, erano diventati tra i principali esponenti della “land art“, una forma d’arte basata sull’intervento dell’artista sul territorio naturale, in particolare in grandi spazi come deserti, praterie o laghi. Dagli anni Sessanta in poi Christo e Jeanne-Claude hanno realizzato stranissime e molto appariscenti installazioni in giro per il mondo, tutte temporanee (cioè costruite e poi smontate). Lei è morta nel 2009, ma il loro progetto artistico continua a essere portato avanti da lui.
islamic influenCER VELI E ABAJA SONO UTILIZZATI SEMPRE PIÃ&#x2122; SPESSO DALLE DONNE NON MUSULMANE. E GLI ULTIMI MODELLI DI HIJAB, MOLTO COLORATI, PIACCIONO ALLE GIOVANI CHE LI INDOSSANO CON I JEANS
Basta considerare che. lo scorso anno, i consumatori musulmani, hanno speso in abiti e calzature qualcosa come 330 miliardi di euro cioè l’11, 9 % della spesa mondiale per questi prodotti, per capire che si tratta di un business da non sottovalutare. Se questo mercato fosse una nazione, sarebbe la terza più grande al mondo dopo Stati Uniti (444 miliardi) e Cina (255 miliardi). E, inoltre, sono numeri in continua crescita. Ma cosa significa parlare di moda islamica? Ci sono varie interpretazioni: alla base c’è il concetto di coprire il proprio corpo, ma ognuno sceglie come indossare certi capi. C’è chi opta per la djellaba larga che arriva ai piedi e ci sono le moderne Mipsters che coniugano il velo con jeans attillati. In realtà a crescere sempre di più è proprio la richiesta da parte dei Musulmani che vivono in paesi come la Germania, la Gran Bretagna o la Francia, ma anche in Italia c’è un grandissimo interesse. La cosa stupefacente è che i nostri clienti non sono soltanto i musulmani: un’ampia fetta di mercato è formata da “modest consumer” cristiani ed ebrei, cui i marchi tradizionali non offrono certi tipi di abiti..
islamic influenCer La moda islamica può influenzare lo stile occidentale? Certo, anzi l’ha già fatto! Basta pensare ai veli che icone, come Sofia Loren o Audrey Hepburn, indossavano sulla testa, abbinate a maxi occhiali da sole oppure ripensare ai caffetani che amava sfoggiare Elizabeth Taylor. Di recente Angelina Jolie si è fatta ritrarre con una lunga abaya e Jennifer Lopez con un grande foulard a raccoglierle i capelli. E allora, bisogna chiedersi il perché di certe critiche contro il velo portato dalle donne musulmane... Sempre che, beninteso, siano davvero libere di indossarlo oppure no... Cosa c’è dietro a questa scelta? Insicurezza?
Chi indossa il velo lo fa per non attirare l’attenzione, certo, ma non perché si senta minacciata ma piuttosto perché vuole mantenere un livello di umiltà che la faccia sentire a proprio agio. È una questione di rispetto per il proprio corpo e per il luogo in cui ci si trova. Come quando si evita di indossare una canotta o una minigonna in chiesa. I precetti alla base della moda islamica riguardano la modestia, e quindi il coprire il proprio corpo, non implica regole di colori o tessuti. Uno può indossare un hijab coloratissimo e decorato e abbinarlo a un abito visto sulle passerelle delle ultime settimane della moda. Ci sono tanti modi di esprimere la bellezza femminile.
L’uso del copricapo è una costante della moda occidentale, basta ricordare l’eleganza di Grace Kelly o di Audrey Hepburn. Gli europei hanno dimenticato che l’eleganza ha richiesto il foulard per diversi decenni. E che le loro nonne e bisnonne non sarebbero mai uscite con la testa scoperta. Nel mondo musulmano l’uso del velo è tornato di moda.
A questo punto, quindi, perché considerare oppressivo un pezzo di tessuto che è stato scelto e portato da tante donne in tutto il mondo per esaltare la femminilità e la bellezza? A chi verrebbe in mente oggi di vietare una cresta punk o dei piercing su tutto il corpo con la scusa che non abbelliscono la donna?
LA RIVINCITA DELLA
RUGGINE DA TEMUTA NEMICA A TENDENZA IL COLOR RUST È PROTAGONISTA IN PASSERELLA E TRA LE MURA DOMESTICHE Più vivace del nero e più versatile del marrone, il color rust spopola tra stylist, designer, influencer e celebrities di tutto il mondo illuminando di seducente eleganza tutto quello che incontra. Caldo e senza tempo, accogliente ed elegante, delicato e raffinato: è il color ruggine, una fusione di nuance che spaziano dall’arancione al marrone, con pennellate di rosa e rosso. L’autunno si apre così all’insegna di un nuovo colore passepartout che avvolge con sobria eleganza le silhouette in passerella, posandosi su abiti e accessori. Da Emma Stone a Sofia Richie, passando per Ryan Gosling, la rust mania influenza il look delle celebrities, entra nelle case donando un’elegante finitura ossidata a superfici e oggetti, diventa protagonista di scatti d’autore e opere d’arte, conferisce una nota morbida a edifici dal sapore industriale e contagia gli instagramers che hanno pubblicato circa 3 milioni di post con #rust e #rusty. È quanto emerge da un monitoraggio condotto da Espresso Communication per Bigi Cravatte Milano su oltre 20 testate internazionali dedicate a lifestyle, attualità e tendenze nei campi della moda, del design e dell’arte e su un panel di 10 esperti tra fashion blogger e stylist per capire quali novità contraddistinguono la stagione autunno/inverno. “Con l’arrivo dell’autunno tornano le tinte scure e intense. A dominare sono il blu, proposto in svariate sfumature, il bordò, il verde ma soprattutto il marrone, che lascia spazio a nuance rust, più calde e luminose – spiega Stefano Bigi, amministratore unico di Bigi Cravatte Milano – Righe, disegni piccoli e tinte unite si alternano in un sapiente gioco di contrasti, sofisticato e ricercato, che soddisfa i clienti che vestono in modo classico ma anche quelli che si servono della cravatta per dare un tocco di stile a un abbigliamento più casual”. Tendenza confermata anche dal The Guardian che elegge must have del guardaroba maschile il marrone in tutte le sue sfumature e celebra, in particolare, il mood “Rust belt”, tradotto cintura di ruggine, che fa riferimento ai vecchi Stati americani industrializzati ora in declino, fonte di ispirazione per il prossimo autunno/inverno. D’accordo anche Forbes che predilige le tonalità ispirate agli anni ‘70, dal cammello classico alle sfumature del ruggine, per interpretare non solo i look più classici ma anche le creazioni più eccentriche e il The Sun che elegge le autunnali sfumature di ruggine tra i colori che non possono mancare nell’armadio.
Fall in love Testo Valentina Colleoni - Fotografie Paolo Stroppa
Due piccoli amori e un grande cuore. Così potremmo dipingere il legame che lega Francesca Cazzaniga alle sue adorate cagnoline Gaia e Sharon. Un rapporto speciale ed indissolubile, come ci ha spiegato Francesca in questo “tu per tu”. Come si chiamano queste piccole cucciole ed a quale razza appartengono? “La più piccina è Gaia, un volpino di Pomerania entrata nella nostra famiglia 13 anni fa. La più black invece è Sharon, allegra schnauzer di cinque anni”. Perché avete scelto questi nomi? “Gaia per una questione di pedigree: era necessario un nome con iniziale G e, cercando tra nomi corti e simpatici, ci sembrò il più appropriato. Sharon invece è stato il risultato di una tavola rotonda familiare”. Come sono arrivati nella vostra casa? “Quando decidemmo di adottare Gaia vivevamo in appartamento, quindi era necessario un cane di taglia molto piccola, diversamente da quelli che avevamo sempre avuto. Pertanto la scelta ricadde su un volpino e, dopo tre mesi di attesa, arrivò lei: un piccolo batuffolino arancio. Sharon invece venne scelta tra tanti altri suoi fratellini in un allevamento: fu amore a prima vista”. Ricordi l’emozione della prima volta che le hai viste? “Assolutamente sì. Quando andammo a prendere Gaia era inverno, faceva molto freddo e la signora dell’allevamento me la mise nel cappotto. Da quel momento si affezionò a me in modo incredibile. Ed è così ancora oggi. Per Sharon invece ricordo che quel giorno aveva nevicato e appena arrivò a casa iniziò a giocare in giardino, mentre Gaia gelosa le insegnava. Un ricordo indelebile…” . Come trascorrono la loro giornata? “Gaia un tempo era più giocherellona, anche se al camminare ha sempre preferito il calduccio di casa o giocare con la sua pallina. Oggi invece, un po’ per l’età, un po’ per i problemi alle zampine, per la maggior parte del tempo sta tranquilla nella sua cuccia. Sharon al contrario è molto attiva e dinamica ed è sempre al nostro fianco. Hanno proprio due caratteri diversi (sorride)”. Chi delle sue è più affettuosa? “Sharon, senza dubbio”. E la più golosa? “Gaia. Adora il cibo! Mangia tutto il giorno e seppur fa fatica ad alzarsi… per il cibo trova sempre le forze!”.
Il loro cibo preferito? “Per Gaia il pollo, mentre per Sharon il suo biscottino quotidiano che attende in modo trepidante prima che tutta la famiglia si sieda a tavola per cena. E’ una sorta di sua abitudine fissa”. Quando qualcuno ti si avvicina sono gelose? “Gaia moltissimo. Quando era più giovane, anche se solo mio papà mi porgeva una carezza lei abbaiava senza sosta. Anche Sharon è gelosa ma sicuramente meno”. Il loro rapporto con i gatti? “Non rilevato! Non avendone in casa, non hanno mai avuto scontri particolari con dei felini”.
Mentre con gli altri cani? “Gaia è sempre stata molto restia, così come verso Sharon, la quale al contrario è sempre molto curiosa di fare nuove conoscenze”. Quando viaggiate a chi li affidate? “Li abbiamo sempre portati con noi. In quest’ultimo periodo, vista l’età di Gaia, spesso sta a casa e in qual caso l’affidiamo alla nonna o facciamo a turno di modo che non resti mai sola”. Cosa rappresentano per te? “La mia passione più grande. Sono sempre felici e affettuosi, non chiedono mai niente in cambio e ti danno solo affetto. Sono amore puro. Un vero sogno”.