ANNO 15 - N° CENTOQUARANTASETTE - MARZO 2019 - € 3
BRESCIA MAGAZINE
SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE EDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121 - TASSA PAGATA BG CPO
da 15 anni
LAURA CASTELLETTI: BRESCIA PER PASSIONE PIER GIORGIO PICCIOLI: IL 2019 ALL’INSEGNA DELLA RECESSIONE? FASHION: LAKE TO LOVE LA GRANDE NOTTE DEL JAZZ
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Susanna Tuttapanna disegnata da Marisa Mecacci è stata la protagonista di una serie di caroselli a cartoni animati prodotti dallo Studio K di Firenze per pubblicizzare il formaggino Invernizzi Milione e andati in onda nei caroselli RAI dal 1966. Era una piccola bambina paffutella che abitava dentro il televisore e battendo con la manina sul cristallo del video diceva: «Ehi! Ehi! Ciao... mi vedi? Senti... ti piaccio disegnata così? Sai, ti voglio bene... ma tu sei di là da questo vetro e io non posso uscire dal televisore... Il regista non vuole.
FORTUNATI GLI UOMINI CHE AMANO DAVVERO LE DONNE non solo l’8 marzo Fortunati gli uomini che hanno dovuto subire per primi l’onda d’urto del femminismo esplosa tra gli anni Sessanta e Settanta. Fortunati perché è stata la prima generazione di uomini che ha avuto anche suo malgrado, l’opportunità di aprire gli occhi sulla condizione dell’altra metà del cielo... Sono riusciti a riconsiderare la vita delle proprie madri, a favorirne l’emancipazione e a sostenere con le proprie compagne rapporti sempre più paritetici. Sereni gli uomini che hanno imparato a svolgere anche quelli che da sempre sono compiti le donne, quelli che non si sentono sminuiti nella loro virilità nello sbrigare le faccende domestiche, quelli che sanno amare senza dover possedere e che sanno fare anche i mammi. Uomini nuovi che stanno imparando a vivere con le donne senza considerarle esseri inferiori; un’avanguardia ancora minoritaria che fortunatamente si moltiplica mentre, purtroppo, si profilano all’orizzonte pericolose contaminazioni culturali con civiltà e religioni che considerano le donne alla stregua di pecore o cammelli, da comprare e sfruttare, sottomettere ed umiliare. L’augurio in questo mese dell’8 marzo è proprio per quelle donne che vivono accanto a noi nelle nostre città e che sono visibilmente costrette a subire una sorta di schiavitù nei confronti di padri, fratelli maschi e mariti. Ogni tanto finiscono sgozzate perchè tentano di emanciparsi e uscire dall’oscurantismo, o peggio perchè si innamorano di un italiano... A tutte loro l’augurio di riuscire a ribellarsi, tutte insieme, al maschilismo medievale di cui sono vittime e riuscire a vivere finalmente senza discriminazioni e sottomissioni. Alle donne lavoratrici e madri e alla conciliazione tra lavoro e famiglia, dedichiamo l’intervista con Isabel Perletti che sa come aiutarle.
AMANO E SOFFRONO COME NOI di Bruno Bozzetto
in questo numero
BRESCIA www.qui.bs.it
autorizz. Tribunale di Brescia n°18 del 22/04/2004
cover story A Night at the theatre – 6 Years Metro
EDITA PERIODICI srl Via Bono 10 Bergamo Tel 035.270989 - Fax. 035.238634 www.editaperiodici.it Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci
Laura Castelletti: Brescia per passione
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il 2019 all’insegna della recessione?
Hanno collaborato in redazione: Bruno Bozzetto, Lisa Cesco, Franco Gafforelli, Maurizio Maggioni, Alice Bonanno, Giorgio Paglia, Valentina Colleoni, Federica Sorrentino Fotografie di: Federico Buscarino, Sergio Nessi, Paolo Biava, Paolo Stroppa, Daniele Trapletti Matteo Marioli, Lorenzo Passini, Matteo Biatta Stampa: Euroteam Nuvolera Brescia
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UNA MOSTRA PER RICORDARLO A TRE ANNI DALLA SUA SCOMPARSA A TRE ANNI DALLA SUA SCOMPARSA TORNIAMO A PARLARE DI GINO CORIONI, IL PRES DELLE RONDINELLE. PERSONAGGIO CONTROVERSO PERCHÉ STIMATO DA MOLTI E UN PO’ DISCUSSO DA ALTRI, HA FATTO INDUBBIAMENTE LA STORIA DEL BRESCIA CALCIO CHE HA GUIDATO PER BEN 22 ANNI. SOTTO LA SUA PRESIDENZA SONO PASSATI GIOCATORI INDIMENTICABILI COME GEORGE HAGI, ROBERTO BAGGIO, PEP GUARDIOLA MA ANCHE TECNICI DEL CALIBRO DI MIRCEA LUCESCU, CARLO MAZZONE, GIANNI DE BIASI E ZDENEK ZEMAN. AL DI LÀ DI OGNI RAGIONEVOLE OPINIONE,VA RICONOSCIUTO QUANTO SIA RIUSCITO A FARE PER IL BRESCIA CALCIO: UN AMORE E UN ATTACCAMENTO INCONDIZIONATI PER I COLORI BIANCOBLÙ, CONDITI DA UNA COMPETENZA VERSO IL MONDO DEL PALLONE NON COSÌ BANALE. ORA PIÙ DI QUALCUNO LO RICORDA MA È GRAZIE SOPRATTUTTO A PAOLO PARIZZI, CHE AMA DEFINIRSI TIFOSO E NON ULTRÀ, CHE POTREMO OMAGGIARLO ANCOR MEGLIO GRAZIE ALLA MOSTRA, ORGANIZZATA PRESSO LA SEDE DELLA FONDAZIONE CIVILTÀ BRESCIANA IN VICOLO SAN GIUSEPPE, CHE INAUGURERÀ IL PROSSIMO 8 MARZO IN CITTÀ. IN ATTESA DI QUELLA DATA, NOI LO RICORDIAMO A MODO NOSTRO: RIPROPONENDO UN’INTERVISTA REALIZZATA TREDICI ANNI FA, NEL GIUGNO 2006…
LAURA CASTELLETTI - VICESINDACO DEL COMUNE DI BRESCIA
brescia
per passione Testo Tommaso Revera - Fotografie Alberto Mancini e Christian Penocchio
ATTUALITÀ, POLITICA E CULTURA MA NON SOLO... A TU PER TU CON LAURA CASTELLETTI,VICESINDACO DI BRESCIA Come giudica l’operato della giunta che rappresenta dal suo insediamento ad oggi? “Sono i cittadini a detenere la responsabilità e l’opportunità di giudicare l’operato della nostra Giunta. E se guardiamo al risultato elettorale dello scorso giugno, che ha sancito una riconferma a pieni voti al primo turno, penso di poter dire che abbiamo raccolto un giudizio nettamente positivo. Detto questo, posso aggiungere che anche personalmente sono soddisfatta del lavoro che abbiamo realizzato nel precedente mandato e di quello che stiamo portando avanti dalla scorsa estate, perché è pienamente in linea con quanto ci eravamo prefissi e su cui ci siamo impegnati di fronte ai bresciani”. E dell’attuale Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Alberto Bonisoli? “Mi è difficile, almeno per il momento, giudicare il Ministro Bonisoli, perché non trovo elementi da valutare. Non ha fatto né bene né male, la politica culturale in ambito nazionale appare nel limbo. Indipendentemente dal ministro, c’è però una scelta che è stata attuata da questo Governo e che mi pare davvero un grave errore, ossia l’aver scorporato le due deleghe Cultura e Turismo, preferendo collegare quest’ultimo all’Agricoltura. Ecco, questa mi pare davvero una mossa poco saggia, che taglia le gambe al turismo culturale il quale invece, se si lavora bene nella valorizzazione del patrimonio come abbiamo fatto noi in questi anni a Brescia, è il vero binomio vincente delle nostre città”. Favorevole o contraria al bonus cultura introdotto da Matteo Renzi (e confermato anche per quest’anno) per i giovani neo maggiorenni? “Favorevole, ora come allora. D’altro canto, della bontà della proposta fa fede proprio la sua riproposizione da parte di chi all’epoca dell’introduzione era all’opposizione. Ma per tornare a quel che penso io, sono assolutamente convinta che agevolare l’accesso dei giovani alla fruizione del patrimonio, all’acquisto di strumenti analogici o digitali, di spettacoli e eventi artistici sia importantissimo. E il fatto che siano loro a poter scegliere come e dove investire il “budget” li aiuta a esplorare la grande offerta disponibile e a riconoscere mano a mano i propri specifici interessi”. È rimasta sorpresa dell’exploit del Sindaco Emilio Del Bono che, in occasione delle elezioni amministrative del giugno scorso, ha sbaragliato la concorrenza di Paola Vilardi al primo turno? “Della vittoria finale e della riconferma in Loggia della nostra maggioranza ero onestamente convinta, perché in tutti questi anni trascorsi nell’amministrazione e nella politica ho imparato a riconoscere i segni, gli umori, insomma a “fiutare l’aria che tira” prima delle consultazioni. E quella che si respirava attorno a noi la scorsa primavera era piena di energia e di fiducia. Certo è che un 53,8% al primo turno è stato un risultato oltre le più rosee aspettative. I bresciani hanno premiato, io credo, la concretezza dell’agire, la capacità di ascolto e condivisione, la credibilità di un progetto di città che abbiamo saputo disegnare, spiegare e, soprattutto, realizzare. Un gran bel gioco di squadra”.
Dopo aver restituito alla città la Pinacoteca Tosio Martinengo, lo scorso novembre abbiamo avuto il piacere di apprezzare la nuova veste del Museo Marzoli, ‘tirato a lucido’ in occasione dei 30 anni dalla sua nascita. Si allarga, dunque, l’offerta culturale della nostra città: era questo uno dei suoi obiettivi in relazione al suo insediamento? “Quando nel 2013 il Sindaco Del Bono mi ha proposto la delega alla Cultura ho provato, allo stesso tempo, grandissimo entusiasmo e un certo timore. Perché l’energia, lo stimolo, le soddisfazioni che derivano dall’essere parte della crescita culturale della tua città sono immense, ma a fronte di un’idea di crescita c’era e c’è la contrazione di risorse. Quindi sì, allargare l’offerta culturale era e resta un obiettivo, ma ho anche capito che allargare significa migliorare, diversificare, contaminare e soprattutto unire, fare rete e sinergia. Perché gli attori sul territorio sono molti, in verità moltissimi, alcuni di lunga data altri di recente nascita e tutti – va detto – parecchio attivi e sensibili, con grande voglia di fare e di crescere, e di far crescere la città. Io, come Assessore, sono inevitabilmente il centro catalizzatore di proposte, richieste, sollecitazioni. Ho imparato presto a far incontrare bisogni e opportunità, a far incrociare e dialogare proposte complementari. E in molti casi, la somma di 1+1 ha dato 3. Penso a realtà come MoCa, nell’ex Tribunale di via Moretto, o Carme, nella ex chiesa dei santi Faustino e Giovita al Carmine, che sono sorte dalla compresenza o dall’unione di singole e autonome realtà, operanti anche in settori diversi, e ciascuna procede nella propria attività ma contestualmente contribuisce a dare vita a qualcosa d’altro. Questi due progetti in particolare mi stanno a cuore perché attorno ad essi ruotano tanti giovani, nuovi talenti, linguaggi contemporanei, di cui credo la città avvertisse un po’ la mancanza prima del nostro arrivo. Lei ha ricordato due importanti traguardi degli ultimi tempi, ossia la riapertura della Pinacoteca Tosio Martinengo, magnificamente ristrutturata e riallestita, e la nuova veste del Museo delle Armi Luigi Marzoli. Io vorrei aggiungere qui qualcuno dei prossimi più rilevanti obiettivi: il restauro e la nuova collocazione nel tempio capitolino della Vittoria Alata, che prevediamo di concludere per gli inizi del 2020; la copertura del cortile della Pinacoteca e la sistemazione del giardino; la valorizzazione del
Castello, a partire dal “progetto Romeda&Courtright”. E poi c’è il Museo di Scienze Naturali, una competenza tutta nuova che mi è stata affidata in questo mandato. Non sarà un’impresa semplice, perché di fondo ci sono questioni legate alla struttura, ma credo fermamente che sia tempo di dare nuova linfa a questa istituzione. In tutti questi anni il lavoro e la ricerca dei conservatori e del personale del museo non è mai venuto meno, anzi: grazie alla loro attività si è potuto mantenere lo status di collezioni museali. Però oggi bisogna andare oltre, guardare al pubblico, valorizzare le raccolte e fornire servizi. Il percorso espositivo dedicato alle mummie inaugurato lo scorso dicembre, l’arrivo proprio pochi giorni fa di una risorsa in più con una posizione organizzativa, l’ottimizzazione e la definizione degli orari di apertura, la collaborazione con tante realtà cittadine, ecco questi sono tutti tasselli che abbiamo saputo mettere in fila e che mi fanno ben sperare”. Dal 21 marzo al 1° luglio dello scorso anno era stato istituto un biglietto unico per visitare sia il Museo Santa Giulia, sia l’Accademia Carrara di Bergamo. Ci sono in agenda iniziative di questo tipo per il futuro? “Proprio non vedo perché no. Di fatto, quella con la Carrara di Bergamo è solo una delle molte bigliettazioni condivise che sono state messe in campo negli ultimi anni: ricordo anche quella con l’area archeologica di Cremona, con la Rocca di Lonato, con il Diocesano e le mostre a Palazzo Martinengo a Brescia. Insomma, penso che a seconda dei progetti, delle collaborazioni che mano a mano si andranno instaurando non mancheranno forme di promozione e agevolazioni reciproche fra le istituzioni. E probabilmente anche in ambiti diversi, non solo fra museo e museo”. Una sua considerazione circa la recente nomina di Francesca Bazoli come nuova Presidente di Brescia Musei? “Sono molto soddisfatta della scelta operata dal Consiglio di amministrazione della Fondazione. Non era facile trovare un successore a Massimo Minini, personalità internazionale e vulcanica. Ma Francesca Bazoli, che già come consigliere negli anni precedenti era stata molto attiva, si è davvero buttata a capofitto in questo ruolo, seguendo attentamente ogni aspetto e progetto. Assieme a lei e al nuovo direttore, Stefano Karadjov, siamo pronti ad affrontare sfide importanti, come quella della valorizzazione del Castello”.
Il nuovo Musil tra cantiere e ricorsi: come procedono i lavori? “Entro marzo si dovrebbe arrivare a mettere la parola fine alla questione ricorsi e avviare il cantiere. L’obiettivo è quello di inaugurare il primo lotto nel 2022. Il Musil sarà un nuovo, importantissimo tassello per il nostro – già ricchissimo – sistema museale. Un’opera unica in Italia per riflettere su uno dei capisaldi della nostra Costituzione, il lavoro, e che per Brescia è anche un fortissimo elemento identitario, ieri come oggi, pur attraverso tutti i cambiamenti sociali, tecnologici, culturali”. La recente assoluzione degli 11 imputati per il delitto di Sana Cheema ha destato sconcerto. L’hanno uccisa due volte è d’accordo? “Proprio così. L’assoluzione giunta al termine del processo avvenuto in Pakistan è sconcertante. Però sono orgogliosa di come ha reagito la nostra città. E sono orgogliosa di come Sana avesse trovato qui il suo posto nel mondo. E di come continuino a farlo le sue amiche”. Nei giorni scorsi si è parlato di un possibile trasferimento del Bigio al Musil: un’ipotesi che ha seccamente smentito. Quali sono le ipotesi aperte per l’eventuale ricollocazione della statua di Dazzi? “L’impegno che ci siamo presi, dopo un confronto con la Soprintendenza, è quello della temporanea musealizzazione del Bigio in uno spazio adeguato nella città. Certo, le dimensioni e il peso del manufatto non rendono facile la ricerca. Stiamo valutando la Crocera di San Luca e qualche altro luogo in centro storico, capace di garantire al contempo l’accessibilità e la sicurezza della statua. Parallelamente, con l’Ufficio di Presidenza della Commissione Cultura e con il Presidente del Consiglio Comunale stiamo lavorando per costruire un percorso di riflessione culturale, storica, artistica e urbanistica e di confronto aperto con la città”. Il 26 marzo è in programma Smart future Academy, il primo workshop italiano nato per aiutare gli studenti delle scuole superiori ad orientarsi nel mondo del lavoro. Lei (che è anche mamma di due figlie) cosa consiglierebbe ad un adolescente di oggi per costruire il suo futuro? “Smart Future Academy, gli open day delle università, l’alternanza scuola lavoro: tutte queste sono occasioni che gli studenti hanno per provare a scoprire i propri interessi o i propri talenti.
E poi c’è la vita. Il mio consiglio è di coltivare le proprie passioni, studiare, non smettere mai di essere curiosi, informarsi su cosa accade nel mondo, conoscere persone nuove, Paesi diversi (magari attraverso un’esperienza Erasmus), sapere che facilmente non si avrà lo stesso lavoro per tutta la vita e che quindi la capacità di adattamento a situazioni nuove è importante”. Recentemente è stato organizzato il convegno ‘Buone pratiche nelle città contro la violenza alle donne’ che, tra le altre, l’ha vista protagonista. Brescia è in prima linea per prevenire la violenza alle donne e per fornire assistenza a coloro che ne sono state vittime? “Sì, lo è. C’è attenzione, sensibilità, mobilitazione ma anche servizi e tutela. Lavoriamo per promuovere una cultura che rifiuti ogni violenza e rispettosa delle differenze. Investiamo sulla prevenzione ma anche sull’accompagnamento delle vittime nel loro percorso di riconoscimento di giustizia e di reinserimento nella vita quotidiana. La rete fra istituzioni e associazioni, in questo campo, è davvero molto forte”. E restando su questo tema anche la corsa rosa organizzata quest’anno ha riscosso grandi apprezzamenti: un’onda di entusiasmo per 8.000 magliette rosa. Un altro messaggio importante contro la violenza… “Uno spettacolo meraviglioso! Le donne bresciane rispondono con energia ed entusiamo quando vengono chiamate a testimoniare per giuste cause, contro la violenza come a favore della prevenzione di malattie. Maglietta e scarpette, l’esercito delle donne combatte fieramente le sue battaglie”.
NELLA FOTO QUI SOPRA: LAURA CASTELLETTI E EMILIO DEL BONO, CON FRANCESCA BAZOLI E STEFANO KARADJOV, PRESIDENTE E DIRETTORE DI FONDAZIONE BRESCIA MUSEI
“A Night at the Theatre” per il sesto compleanno della Metro Testo Federica Sorrentino - Fotografie Sergio Nessi
BRESCIA MOBILITÀ HA REGALATO ALLA CITTÀ UN SONTUOSO CONCERTO NELLA CORNICE DEL TEATRO GRANDE PER CELEBRARE L’ANNIVERSARIO DELL’ENTRATA IN FUNZIONE DELLA METROPOLITANA LEGGERA AUTOMATICA Lo scorso sabato 2 marzo si è tenuto un appuntamento speciale al Teatro Grande, che ha visto protagonista Brescia Mobilità, in occasione del 6° compleanno della metro cittadina. In questi sei anni c’è stato un divenire importante grazie ai grandi cambiamenti resi possibili da residenti e visitatori di Brescia. Sono sempre di più, infatti, le persone che scelgono il trasporto pubblico. Questo trend positivo ha portato ad un’evoluzione anche dal punto di vista delle infrastrutture. Il Gruppo Brescia Mobilità ha deciso di festeggiare regalando alla città un evento nuovo e originale, “A Night at the Theatre – 6 Years Metro”, emozionante concerto aperto gratuitamente a tutti che ha gremito il Teatro Grande. Fil rouge dello spettacolo è stato il viaggio. Un meraviglioso itinerario in musica, attraverso le arie tratte dalle opere più celebri, per muoversi attraverso emozioni, passioni, sentimenti. Così come la metropolitana permette alle persone di spostarsi all’interno della città, allo stesso modo la musica, attraverso brani e sinfonie, permette di viaggiare con la propria immaginazione. A esibirsi sul palconoscenico del Teatro Grande tre grandi interpreti dell’opera italiana: Anna Pirozzi, soprano drammatico, Agostina Smimmero, mezzosoprano e Luciano Ganci, interprete di ruoli verdiani e pucciniani. Ad accompagnare i cantanti, i musicisti della Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti, diretti dal Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli.
CHI C’ERA
“A Night at the Theatre” per il sesto compleanno della Metro In occasione dell’evento, a partire dalle ore 18 e fino a fine servizio, l’accesso alla metropolitana è stato reso libero e gratuito per tutti. La serata ha avuto inizio con i ringraziamenti rivolti dal presidente di Metro Brescia, Flavio Pasotti, a tutti coloro che ogni giorno lavorano nel sotterraneo al fine di garantire un ottimo servizio, al direttore generale di Brescia Mobilità, l’Ing. Marco Medeghini e, per la serata musicale, al sovrintendente teatrale Umberto Angelini. In rappresentanza del Comune di Brescia l’Assessore alla Mobilità Federico Manzoni ha illustrato, numeri alla mano, come la fruizione del trasporto pubblico locale cittadino, di superficie e non, sia in costante aumento, e ciò debba essere considerato un ottimo segnale per il futuro della città. Nel 2018 sui treni del metrò sono saliti oltre 18 milioni di passeggeri, il 3,9% in più rispetto all’anno precedente e ben 6 milioni (+50%) in più rispetto al 2013, primo anno a pieno servizio della infrastruttura che fu inaugurata il 2 marzo 2013. Sul fronte della mobilità, infatti, Brescia è un caso virtuoso in Italia e la metro non è solo l’asse portante di un sistema integrato che permette di muoversi agevolmente, ma sta diventando un simbolo riconosciuto a livello internazionale. Parole che hanno inorgoglito la platea, anticipando l’atteso capitolo artistico. LO SCORSO ANNO SONO STATI 18 MILIONI I PASSEGGERI TRASPORTATI DALLA METRO: NUMERI IMPORTANTI PER UN’INFRASTRUTTURA SIMBOLO DELLA CITTÀ E RICONOSCIUTA A LIVELLO INTERNAZIONALE
Ph. Sergio Nessi - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
Politicando di Maurizio Maggioni
A PRIMAVERA S’APRE LA PARTITA
E
i continenti fanno fiamme e fior… cantava una canzone degli anni ‘40. Così si affaccia in quest’anno 2019 la primavera, che non è quella Araba del 2011 con la disgraziata invasione franco-inglese della Libia, tanto voluta dal comunista Napolitano, che tante disgrazie ha portato al nostro vecchio continente; bensì una primavera di resurrezione, da paragonarsi a quella del 1915, quando tra Il 24 ed il 26 Maggio, l’ Italia entrò in guerra, per liberarsi dal giogo Austro-Ungarico e per guadagnare quella Libertà che le guerre di Indipendenza, non avevano dato. Infatti, nelle prossime Elezioni Europee del 26 Maggio, si giocherà una partita molto speciale e molto seria. Il Popolo Europeo, avrà per la prima volta la possibilità di dire la sua e fare saltare gli schemi della burocrazia e della tecnocrazia, che hanno distrutto una intera economia. I movimenti alternativi a quanto ciò detto, sono in aumento e in ogni nazione si riflette sull’opportunità di continuare in questo modo, ove non si danno 15-20 cent in più al litro di latte, o al chilo di grano, ma si danno centinaia di milioni e o miliardi di EURO alle banche che hanno rubato ai loro clienti per una vita. Come sta succedendo ora in Germania, con la Merkel zitta zitta, che se ne sta a guardare non vedendo l’ora di andarsene ad Ischia, in vacanza definitivamente. Poi escono i dati di chi ha guadagnato e perso con l’entrata dell’Euro, ed ecco che noi rimbambiti dalle lezioni del Mortadella (Prodi), e sempre del Napolitano per 10 anni, scopriamo di averci perso 73.000,00 € pro capite, un bilocale a Bergamo che potrebbe rendere, oggi, un 6% netto se fosse gestito come B&B.
Allora è chiaro che noi siamo stati la preda dell’Europa, il Bel Paese, in tutti i sensi. Abbiamo dato molto e avuto poco, ci hanno preso in giro sui nostri conti di bilancio e loro hanno fatto i furbi, come con la Grecia. Oggi si scusano di tutto, ma calcano la mano contro i nostri governi, senza pensare alla Brexit che è ancora colpa dei grandi tecnocrati, all’Africa che ci invade a ragione o a torto, ma che crea problemi generali e, invece di usare l’Euro per commerciare con noi e gestire il proprio debito, ecco che scopriamo che usano il Franco Coloniale (ma se il Franco Francese non esiste più, cosa lo usano a fare?). Insomma potremmo dire almeno una cosa nefasta per ogni nazione Europea creata dalla strategia ottusa di Bruxelles o Strasburgo, ma non ci interessa. Ora interessa solo che il 26 Maggio si vada a votare in massa, per cambiare il volto di questo inefficace Parlamento e delle sue Commissioni, facendo in modo che la politica si riprenda il suo ruolo, che possa rivedere alcuni trattati di importanza vitale e dettare le direttive per i prossimi 10-15 anni.
Solo in questo modo si potrà pensare e prevedere un futuro diverso per le nostre economie e di conseguenza dei nostri popoli; una Europa non solo a trazione Franco-Tedesca, ma a trazione collegiale e differenziata se serve, una cosa negli interventi e negli ideali specifici come sulla Difesa, con un esercito unico, nel ministero degli Esteri, forte e attivo, che parli con una sola voce, nel riconoscere le nostre radici cristiane, ora ancor di più visto che la Chiesa si sta purificando dagli errori e peccati commessi nel passato, nell’avere una Commissione ad acta per l’Economia, che tratti con i grandi Paesi, come gli Usa e la Cina, perorando gli interessi Europei e dei singoli stati. Attuare, cioè, le idee dei grandi padri fondatori firmatari nel 1957 a Roma della creazione di questa Nuova Europa. Non ci si deve preoccupare del Sovranismo e o del Populismo, sono movimenti politici del nostro tempo, di un idealismo che sembrava morto, ma che si ripropone perché il sistema creato in Europa è fallito, ha suscitato tale rigurgito al sistema grazie ai morti del terrorismo in casa nostra, alla perdita dei nostri ideali e delle nostre usanze, allo strapotere del sistema finanziario e bancario che non ha portato benessere, perché le grandi aziende, hanno inquinato e raggirato il mondo e così via. Allora si è giunti ad un momento in cui è necessario attuare un cambiamento, nel rispetto delle regole fissate, con equilibri diversi, democratici, avviarci verso una nuova Primavera, che veda i cittadini degli Stati uniti d’Europa, riprendersi il proprio destino, qualunque esso sia. I cambiamenti fanno paura perché non sappiamo dove essi ci possano portare, ma il mondo và avanti, inesorabilmente, e noi possiamo solo mediare ed iniziare questi cambiamenti, con il nostro voto, con il nostro lavoro, ma soprattutto con la nostra partecipazione.
il 2019 all’insegna della recessione? Testo Tommaso Revera
PIER GIORGIO PICCIOLI - PRESIDENTE CONFESERCENTI LOMBARDIA ORIENTALE
IL 2019 SI È APERTO CON UN QUADRO ECONOMICO PIUTTOSTO INCERTO E UN COMMERCIO A DUE VOLTI: NEGOZI IN CRISI E ONLINE IN CRESCITA Il tema della sostenibilità delle grandi strutture di vendita e l’esigenza di rivedere le politiche di realizzazione di tali strutture, soprattutto se non sostenute da adeguati piani di investimento e di integrazione nel contesto territoriale, è estremamente attuale (come il caso Freccia Rossa di questi tempi, ndr). La sua posizione a riguardo? “È facile poter dire che più volte, in questi anni, abbiamo richiamato l’attenzione delle Amministrazioni sul problema della sostenibilità delle grandi strutture di vendita e sull’esigenza di rivedere le politiche di realizzazione di tali strutture, soprattutto se non sostenute da adeguati piani di investimento e di integrazione nel contesto territoriale. Di fatto gli amministratori hanno affrontato questi temi con superficialità, guardando prevalentemente all’interesse edilizio e considerando l’eventuale ritorno di risorse economiche per i loro Comuni, il tutto però scollegato da un reale processo di pianificazione a livello urbanistico ed economico-commerciale. Le conseguenze, oggi, sono evidenti: molti centri commerciali versano in gravi difficoltà e molte piccole attività hanno dovuto chiudere i battenti perché gravate da svantaggi competitivi non sostenibili”. Quali sono le più recenti misure di sostegno alle imprese del commercio e dell’artigianato introdotte a livello regionale? “La Regione Lombardia ha prodotto numerose iniziative in tema di interventi per il sostegno alle micro e piccolo-medie imprese del commercio e dell’artigianato. Cito qui, a titolo esemplificativo, il bando “Intraprendo” dedicato alle start-up, con una particolare attenzione alle attività intraprese da giovani under 35 e il recente “IES” per le imprese del territorio che intendono investire in strumenti innovativi per l’incremento della sicurezza e/o la sostenibilità ambientale. Inoltre, sono stati avviati interventi significativi per incentivare l’attrattività turistica, favorendo gli investimenti nelle strutture ricettive e della ristorazione. Molto importante, poi, è l’approvazione della legge regionale per il riconoscimento e la valorizzazione delle attività storiche e di tradizione”. Favorire il rilancio produttivo contrastando la delocalizzazione: è questo il motivo più significativo che ha consentito l’azzeramento delle aliquote IRAP per le nuove imprese del commercio e dell’artigianato aventi sede in Lombardia per questo 2019? “Anche questa è stata una scelta condivisa, in quanto si trattava di colmare un gap tra la scelta degli imprenditori di posizionarsi con le loro attività sul territorio regionale e le difficoltà oggettivamente riscontrate per gli oneri degli investimenti richiesti nel realizzare tali operazioni. Sicuramente tale supporto, anche se in sé non eclatante, è prezioso per agevolare lo sviluppo di nuove imprese commerciali e artigianali, che si impegnano a mantenere in Lombardia la loro presenza, incrementando così il rilancio produttivo del territorio e salvaguardando l’aspetto occupazionale”.
Il 2019 si è aperto con un quadro economico piuttosto incerto: quali sono i vostri auspici rispetto all’eventualità, non così remota, di andare incontro ad una recessione tecnica? “ln effetti, il nuovo anno è stato inaugurato da una congiuntura non proprio incoraggiante, con la pubblicazione di dati che ci rimandavano ad una situazione di recessione tecnica e le ultime stime sulla fiducia delle imprese che risulta al ribasso. Noi auspichiamo naturalmente che questo trend di mancata crescita s’interrompa, anche in virtù delle promesse fatte in sede politica e governativa, di cui ancora non riusciamo a decifrare gli orizzonti. Il contesto è caratterizzato da tre fattori: la debolezza della rete distributiva tradizionale, che non ha avuto una crescita nel volume d’affari; la forte competizione interna al mondo della grande distribuzione; il costante incremento dell’e-commerce, agevolato dalla nascente rete capillare di poli logistici, per i tempi e le modalità di consegna merci”. L’esordio della fatturazione elettronica tra le pmi bresciane: un bilancio ad oltre due mesi dal suo debutto? “Naturalmente, com’era prevedibile, i primi due mesi sono stati caratterizzati da un clima un po’ di disorientamento e confusione, con le piccolo-medie imprese che si sono trovate in difficoltà, sia perché avevano poco tempo a disposizione per mettersi in regola con le nuove norme, sia perché la maggior parte di loro non possedeva un know-how interno che potesse renderle autonome. Perciò la nostra associazione ha fornito loro un supporto diretto e costante e devo dire, grazie anche a questo lavoro erogato dai nostri uffici, abbiamo visto che si è cominciato ad intravedere un processo di stabilizzazione e normalizzazione nei flussi in entrata e in uscita delle e-fatture”. I due volti del commercio: negozi in crisi e online in crescita. A suo avviso commercio tradizionale ed e-commerce non possono coesistere? “Indubbiamente l’e-commerce ha conosciuto nell’ultimo anno una crescita a due cifre, decisamente anti-ciclica rispetto agli altri settori dell’economia. I grandi player stanno facendo grandi scommesse sulla logistica. Ma noi riteniamo che i negozi online, pur con il loro richiamo, non potranno mai sostituire il negozio fisico, che è e resta il punto centrale dello shopping per i consumatori”.
I centri storici cittadini perdono attrattività anche in virtù del proliferare di mega centri commerciali preposti alla grande distribuzione organizzata. Come porre freno a questo fenomeno? “Purtroppo sul territorio, nonostante le nostre battaglie spesso solitarie, la Gdo si è posizionata in modo molto rilevante ed impattante. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, è quello di Elnòs, che ha cercato di intercettare quelle grandi vie di comunicazione che una volta portavano verso il centro storico. Ora, il tema è serio, e non può essere affrontato in maniera frettolosa e superficiale, poiché in gioco è il futuro della nostra economia, ma anche della nostra convivenza sociale. L’invasione delle grandi strutture sta distruggendo il commercio vero e proprio, e a questo dobbiamo assolutamente porre rimedio e mettere mano a una serie di azioni che non possono più essere procrastinate. Auspichiamo con forza che la Regione Lombardia accolga la nostra proposta di una moratoria della GDO, dove abbiamo indici di saturazione elevatissimi e verso la quale è necessario porre sullo stesso piano l’iter autorizzativo logistico e commerciale”. Lo stop alle aperture domenicali dei negozi è una proposta che divide: sì dai commercianti, no dai consumatori. Lei si è espresso a favore della misura proposta da Luigi Di Maio, è corretto? “Non è proprio così. Noi siamo stati promotori anni fa di una campagna di raccolta firme dal titolo “Libera la domenica”, con la quale raccogliemmo oltre 150mila firme, per contrastare il provvedimento entrato in vigore con il decreto Monti, che consentiva l’apertura tutti i giorni dell’anno e 24 ore su 24 di negozi e supermercati. Da allora ad oggi, molte cose sono cambiate nel commercio: tante attività hanno dovuto abbassare le saracinesche, altre hanno dovuto adeguarsi o riconvertire il loro business. Il panorama è mutato qualitativamente e la proposta di legge non tiene conto di questa metamorfosi. Non è un caso che anche il Parlamento abbia deciso di riaprire le audizioni con tutte le associazioni di categoria per decidere cosa effettivamente va applicato del disegno legislativo e cosa no, in funzione delle dinamiche del cambiamento”.
QUI SOPRA LA SEDE DELLA CONFESERCENTI DELLA LOMBARDIA ORIENTALE IN VIA SALGARI ‘La via digitale italiana per il futuro del turismo’ è stato il tema di un convegno proposto lo scorso gennaio dall’Osservatorio di Innovazione Digitale nel Turismo del Politecnico di Milano con il patrocinio di Assoturismo Confersercenti. Come è possibile accrescere la competitività delle imprese operanti in questo settore? “Il primo punto da sottolineare è che, intanto, le nostre strutture ricettive e turistiche sono molto competitive. Il profilo degli operatori della hotellerie e dei campeggi è cresciuto parecchio sotto l’aspetto della professionalità e della competenza, e va di pari passo con il progresso del digitale. Proprio quest’ultimo asset va ulteriormente spinto e implementato anche attraverso il ricorso alle opportunità contenute nel Piano Impresa 4.0. Il nostro turismo, a differenza di altri settori del terziario, ha delle forti potenzialità per poter crescere e diventare ancora più appetibile e competitivo, anche in ambito internazionale”.
CHI C’ERA
LA BEAUTY THERAPIST PIÙ AMATA DALLE STAR OSPITE DI G&B FLERO CON LA SUA DIAMOND MASK ALESSANDRA RICCHIZZI, L’ESPERTA DI BEAUTY PIÙ AMATA DAI VIP PER I SUOI TRATTAMENTI VISO ANTI-AGE, É STATA OSPITE DURANTE UN EVENTO PROPOSTO IL 3 MARZO SCORSO DA G&B FLERO
Frittelle di carnevale, bollicine, musica e polvere di diamanti… Non sono gli ingredienti di uno strano incantesimo, ma quelli di un pomeriggio magico organizzato nel fashion store G&B di Flero, da Alessandra Iaria, per tutti “la Iaia”. Guest star dell’evento Alessandra Ricchizzi, l’esperta di beauty più amata dai vip per i suoi trattamenti viso anti-age che assicurano una pelle più distesa, luminosa e rassodata. Tra i tanti c’è la Diamond Mask, ideata proprio da lei e che lo scorso 3 marzo alcune fortunate hanno avuto l’occasione di provare. Un siero prezioso, presto disponibile online, composto da polvere di diamanti naturali e molecole capaci di far risplendere il viso come se fosse un diamante, regalando un effetto glow e lifting immediato. Il risultato è stato un successo: un pomeriggio di festa e di divertimento in cui la bellezza è stata protagonista. E se come diceva Marylin Monroe, “i diamanti sono i migliori amici delle donne”, anche Diamond Mask promette di entrare nel cuore di ogni donna che ama prendersi cura di sé.
Ph. Sergio Nessi - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
CHI C’ERA
DA AUTODRIVE SPA ARRIVA LA NUOVA SEAT TARRACO “Andare avanti è l’unica strada” è il claim che descrive bene la filosofia del primo suv di taglia grande a firma Seat, così grande da poter ospitare fino a sette passeggeri. “Siamo felici di mostrare ai nostri clienti il primo Suv Seat che, dopo le più piccole Arona e Ateca, completa la gamma della casa spagnola” - ha detto Andrea Pedretti - che venerdì 22 Febbraio nel salone della concessionaria Autodrive Spa di viale Sant’Eufemia a Brescia ha svelato in anteprima la nuova auto. Aperitivo, DjSet: un party esclusivo durante il quale amici, clienti affezionati e avventori hanno avuto occasione vedere la Nuova Tarraco da vicino. Chi si è seduto al volante è rimasto entusiasta dalla posizione di guida comoda, i comandi a portata di mano e il cruscotto ergonomico che permette di avere tutto a portata di mano e godersi il viaggio in totale comfort. Declinata negli allestimenti Style, Business e Xcellence, già nella versione entry level la Nuova Tarraco si distingue per finiture interne curate nei minimi dettagli, design elegante e tecnologia innovativa. La plancia è ultra moderna, con cruscotto digitale di serie e uno schermo di 8 pollici per il sistema multimediale. Estremamente comoda per viaggiare la Nuova Tarraco è dotata di sistemi di sicurezza alla guida sempre più efficienti: frenata automatica d’emergenza, anti-colpo di sonno e mantenimento in corsia. Un’auto interessante: come il suo prezzo.
Ph. Matteo Marioli - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
CHI C’ERA San.Arti. Days: la prevenzione prima di tutto Il camper della salute ha fatto tappa a Brescia San.Arti., il più importante Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa per i lavoratori dell’artigianato, lo scorso 30 gennaio ha dato il via da Brescia alla prima tappa del SAN.ARTI. DAYS, una capillare e mirata campagna itinerante di prevenzione delle patologie cardiovascolari. L’iniziativa, organizzata in collaborazione con WILA e UniSalute, si è rivolta a tutti i dipendenti delle imprese artigiane che operano nei settori alimentare, acconciatura-estetica, comunicazione, chimica-ceramica, legno-lapidei, metalmeccanica, tessile e moda, pulizie: un pubblico eterogeneo che conta ad oggi 510.000 iscritti su un milione di artigiani italiani (di questi 30.500 sono lavoratori impiegati nella provincia bresciana in 680 diverse aziende).
Ph. Sergio Nessi - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
Questa iniziativa, allestita nel piazzale Miro Bonetti (lo spazio antistante il centro commerciale Freccia Rossa), ha dato la possibilità di eseguire un check-up cardiaco gratuito all’interno di un camper completamente attrezzato, un poli-ambulatorio mobile con medici specialisti in grado di eseguire anche accurati esami del sangue. Nei prossimi giorni il tour proseguirà in altri comuni per poi tornare nella nostra provincia il prossimo aprile: per quell’occasione sarà possibile sottoporsi anche ad una visita per la valutazione della massa grassa. L’iniziativa del “Camper della Salute” rientra in una più ampia campagna di prevenzione sul territorio avviata già a partire dallo scorso giugno e che ha toccato, ad oggi, le regioni Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte ma che proseguirà nei prossimi mesi anche sul resto del territorio nazionale affiancando alla prevenzione cardiovascolare anche quella dermatologica e odontoiatrica. Un modo per raggiungere i lavoratori e le aziende dove essi sono, facendo sentire la presenza del Fondo anche attraverso l’erogazione di importanti pacchetti di prevenzione. “Con l’istituzione del Fondo sanitario integrativo San.Arti. – ha commentato Annamaria Trovò, Vice Presidente del Fondo – le parti sociali hanno deciso di investire sulla salute e sul benessere dei lavoratori e delle lavoratrici. La prevenzione è fondamentale per proteggere la salute ed evitare l’insorgere e la cronicizzazione di patologie gravi; con il Camper della Salute vogliamo far conoscere il Fondo San.Arti. e rendere ancora più fruibili alcune tra le numerosissime prestazioni finalizzate alla prevenzione e alla cura offerte ai nostri iscritti”.
Hello Amelia!
(please do not bend)
DAL 12 APRILE AL 27 MAGGIO LA GALLERIA DELL’INCISIONE PRESENTA IL LAVORO DI AMELIA ETLINGER Dopo le mostre dedicate a Maria Lai (2010), Ketty la Rocca (2012) e Mirella Bentivoglio (2018), la Galleria dell’Incisione presenta il lavoro di Amelia Etlinger, un’altra protagonista della poesia visiva femminile che dagli anni Settanta ha contribuito a rivoluzionare il linguaggio artistico. Le lettere di Etlinger (Albany 1935 - Clifton Park 1987) inviate alle amiche Betty Danon e Mirella Bentivoglio costituiscono l’oggetto della mostra. Rare le parole che le accompagnano ma sempre, sulla busta, lo scritto “do not bend”, non piegare, a proteggerle: la fragilità dei materiali scelti diventa singolare segno linguistico. «La corrispondenza dell’artista americana [...] era una vera e propria opera d’arte, composta di leggere e fragilissime sculture mobili in forma di lettere da scartare come pacchetti regalo, a volte formati da molteplici strati sovrapposti. Amelia componeva le lettere intrecciandole con fibre colorate, filamenti vegetali, fiori ormai rinsecchiti, nastri, stoffe, trine leggere, decori e merletti o ancora brani tratti da altre missive.» «La poetessa di Clifton Park lasciava che fossero i destinatari delle sue missive a slegare i lacci che la tenevano avvinta a un’angoscia che troverà definitiva pace il primo gennaio 1987, in una volontaria astensione dalla vita.» (da Daniela Ferrari, M/A\G/M\A, Ed. Quodlibet, 2018, pp. 297 e 298) Questa personalissima forma di mail art si concretizza quindi in opere di poesia visiva e fa emergere, oltre al legame affettivo, la dimensione della ricerca di queste artiste. Una ricerca tanto intensa da portare Betty Danon a creare parallelamente un paese immaginario, “Rainbowland”, per divertire la Etlinger e mitigarne le inquietudini. Arcobaleni, francobolli e immagini creati dalla Danon sono esposti come testimoni di questo mondo fantastico.
BIOGRAFIA
Amelia Etlinger nasce nel 1935 ad Albany e trascorre gran parte della propria esistenza nello stato di New York, vivendo appartata e conducendo una vita quasi eremitica. Espone per la prima volta in Italia nello spazio di Ugo Carrega, Mercato del Sale, nel 1974, nella personale “At the time of writing” e nel 1975 al collegio Cairoli di Pavia con la mostra “Something is happening”. Nello stesso anno riceve il premio Fels Awards. Fondamentali i suoi tapestry-poems, cioè lenzuoli o arazzi poemi, di scrittura cucita, realizzati con una sorta di calligrafia corsiva fatta di fili, nodi, merletti. Molta parte della sua produzione consiste di missive ricamate o diversamente imballate inviate alle sue amiche. È tra le artiste che partecipano alla Biennale di Venezia del 1978 curata da Mirella Bentivoglio “Materializzazione del linguaggio”. Muore suicida nel 1987. Il suo lavoro viene ripresentato grazie a Mirella Bentivoglio, nelle mostre “Il librismo” (Fiera Campionaria di Cagliari, 1990) e “Volumina” (Senigallia).
FINO AL 27 MAGGIO GALLERIA DELL’INCISIONE VIA BEZZECA, 4 BRESCIA
anni azzurri A cura del Direttore Dr. Vito Nicola Mastromarino vitonicola.mastromarino@anniazzurri.it
PROFESSIONALITÀ E ACCOGLIENZA AL SERVIZIO DEGLI ANZIANI Il riconoscimento della centralità della persona, l’impegno nell’assistenza e l’attenzione all’accoglienza, per far sentire agli ospiti il calore di casa, sono i valori che ispirano la Residenza Anni Azzurri di Rezzato, specializzata nei servizi di assistenza alla persona anziana. La struttura, inaugurata nel 1992 e situata in località Virle Treponti, è cresciuta nel tempo per essere in linea con i bisogni emergenti legati all’invecchiamento. Si articola in sei nuclei abitativi, con 146 posti letto nella Rsa con assistenza medica e infermieristica 24 ore su 24 per 7 giorni su 7. Particolare attenzione viene prestata alle diverse condizioni di non autosufficienza o di grave decadimento cognitivo, con la disponibilità di un Nucleo Protetto destinato agli ospiti affetti da gravi forme di Alzheimer e demenza senile. Nella struttura sono disponibili anche 38 posti letto dell’Unità Operativa di Riabilitazione, dedicati agli anziani che necessitano di cure riabilitative, e 17 posti letto per le cure intermedie, destinati a pazienti che dopo la degenza ospedaliera hanno bisogno di un ulteriore periodo di assistenza socio-sanitaria prima del rientro al domicilio. Nell’ampio ventaglio di offerta della Residenza Anni Azzurri di Rezzato figura anche la “Rsa Aperta”, misura promossa dalla Regione, che consente agli anziani di usufruire di assistenza direttamente a casa propria, a cura del personale della Rsa. “Negli ultimi anni la struttura si è specializzata nelle situazioni sanitarie più complesse – ricorda il direttore, dottor Vito Nicola Mastromarino – accogliendo anche pazienti post acuti e persone affette da Sla”.
“Persone per servire persone” è il motto che caratterizza Anni Azzurri, dove il calore umano si abbina alla competenza e professionalità di ciascun operatore. Tutto, all’interno della struttura, è pensato per far sentire ciascun anziano “a casa”: dalla cappella dove è possibile seguire la messa, agli spazi di socializzazione seguiti da educatori esperti, dalle attività ludico-ricreative alla disponibilità di parrucchiere, pedicure, biblioteca, aree di incontro per familiari e amici. “La nostra filosofia è quella della “residenza aperta”, siamo convinti che l’anziano inserito in una struttura protetta debba continuare a coltivare il rapporto con la propria famiglia, e non debba perdere i contatti con il mondo esterno: per questo organizziamo sempre nuove iniziative che attraverso gruppi e associazioni mantengono vivo l’interscambio con il territorio”, spiega il direttore Mastromarino. La moderna struttura è circondata da un bel parco, arricchito da un laghetto artificiale, dove si realizzano feste, concerti, merende e momenti di socialità per gli ospiti. Molto curato è l’aspetto alberghiero, con elevati standard di accoglienza, per assicurare il comfort e la privacy di ciascun ospite: gran parte delle camere sono singole, e la struttura è dotata di spazi di socializzazione e di un ristorante interno con servizio al tavolo e menu dedicati. Per tutte le informazioni o per presentare domanda di alloggio è possibile contattare direttamente la residenza al numero 03025971, o consultare il sito internet www.anniazzurri.it.
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M O V I N G
A Ginevra una nuova auto volante. Pal-V Liberty DOPO IL DEBUTTO, DURANTE LA SCORSA EDIZIONE, DI ALCUNI PROTOTIPI DI AUTO VOLANTI, IL SALONE DI GINEVRA HA OSPITATO LA PRESENTAZIONE IN ANTEPRIMA MONDIALE DELLA VERSIONE DI PRODUZIONE DELLA PAL-V LIBERTY Al Salone Internazionale dell’Automobile di Ginevra 2019 l’azienda olandese PAL-V ha presentato le caratteristiche del primo esempio di “auto volante” pronta per la produzione in serie. Si tratta di “Liberty Pioneer PAL-V“, e per il momento sarà un’edizione limitata a 90 pezzi con l’obiettivo di aprire un nuovo capitolo nella storia della mobilità dell’uomo. Nella passata edizione del salone era stato presentato il modello “Liberty”, quest’anno vengono mostrati gli elementi speciali di questa nuova edizione limitata, la cui consegna si ipotizza verrà effettuata a partire dal 2020.
Tra le caratteristiche principali del modello Liberty Pioneer è dotato di un doppio cockpit di controllo (cabina di pilotaggio) e dell’Electronic Flight Instrument System EFIS (un sistema di strumenti di bordo in cui le informazioni sono presentate ai piloti in forma digitale su schermi). Oltre ad avere delle esclusive rifiniture in fibra di carbonio “full carbon”, particolare attenzione è stata data agli interni curati nei minimi particolari. Robert Dingemanse, amministratore delegato di PAL-V, ha dichiarato: “L’edizione Liberty Pioneer è stata creata per coloro i quali vogliono far entrare parte di un gruppo di persone che insieme alla nostra azienda riscriverà il corso della storia. Saranno in prima linea nella rivoluzione della mobilità, il cui futuro sarà fatto di auto che non saranno semplicemente guidate. Saranno i primi piloti di auto volanti nella loro nazione, capaci di volare verso qualsiasi destinazione”. Prenotabile sul sito www.pal-v.com Liberty è la prima auto volante disponibile per l’acquisto prodotta dall’azienda olandese PAL-V, la prima consegna verrà effettuata quest’anno dopo che questo modello ha ricevuto tutte le certificazioni necessarie relative alla sicurezza. L’auto può trasportare due persone a una velocità massima su strada di 160 km/h e in aria di 180 km/h, tutto per 563 km di autonomia. Dalla strada al volo in meno di 10 minuti grazie ad un motore giroscopio che fa girare una grande elica montata sul retro può decollare e atterrare in una breve distanza anche in condizioni meteorologiche turbolente. Viene definita un girocottero, in poche parole un velivolo in cui il motore non fa girare l’elica ma genera la spinta in avanti come avviene in un aeroplano. Il rotore dell’elica si muove per la forza d’attrito del vento che lo investe.
LA CASA PUNTA A SUPERARE IL PROCESSO DI CERTIFICAZIONE QUEST’ANNO, PER POI LANCIARE SUL MERCATO I PRIMI MODELLI NEL 2019 CON PREZZI CHE SPAZIERANNO DAI 399 MILA DOLLARI (320.739 EURO) DELLA SPORT AI 599 MILA DOLLARI (481.511 EURO) DELLA PIONEER EDITION, ENTRAMBE GIÀ PRENOTABILI VERSANDO UNA CAPARRA DI 2.500 DOLLARI (2.000 EURO)
Mitologico nel nome, avveniristico nel design e super tecnologico nelle soluzioni installate a bordo. Con la sua magnetica bellezza 90’ Argo, l’ultimo fantastico flybridge Riva, si prepara a conquistare le acque di tutto il mondo, cominciando dal continente americano. Il debutto in anteprima mondiale, il 9 marzo a Miami, ha infatti svelato il profilo filante e dinamico di questa nuova opera d’arte nautica contemporanea. Lungo 28, 49 metri (93’ 6’’) e largo 6,50 metri (21’ 4’’), Riva 90’ Argo riunisce ed esalta i punti di forza dei suoi due predecessori Riva 100’ Corsaro e 110’ Dolcevita, esibendo una personalità marcata e affascinante. È infatti il design immediatamente riconoscibile, dall’esterno fino ai tanti dettagli interni, la chiave vincente di Riva anche per questo nuovo modello. “Riva 90’ Argo è un flybridge straordinario che mette d’accordo ragione e sentimento. Ti emoziona già quando lo vedi, poi sali a bordo e capisci perché la nuova generazione di flybridge Riva attualmente non ha rivali. – ha commentato l’Avvocato Alberto Galassi, Amministratore Delegato di Ferretti Group - Lo abbiamo battezzato Argo come la prima barca mai costruita, sulla quale navigarono i famosi Argonauti e una delle più grandi città della Grecia. Per l’estetica innovativa e per l’incredibile alchimia di stile, lusso e tecnologia Argo è davvero una barca capostipite, che guiderà Riva e la nautica nel prossimo futuro”. Nato dalla collaborazione tra Officina Italiana Design, lo studio fondato dal designer Mauro Micheli insieme a Sergio Beretta, Comitato Strategico di Prodotto Ferretti Group presieduto dall’Ing. Piero Ferrari, e Dipartimento Engineering, il nuovo flybridge possiede elementi caratterizzanti nel design degli esterni, come la grande finestratura a scafo, le lunghe vetrate a tutt’altezza in coperta e le potenze laterali con superfici in cristallo a poppa, che esaltano ulteriormente l’aerodinamicità del profilo. Ancora una volta Riva riesce a innovare con un modello che rappresenta perfettamente il know-how nautico made in Italy con elementi di bellezza e perfezione all’altezza di un mito contemporaneo. Per rispondere alle esigenze degli armatori americani, Riva 90’ Argo propone in via esclusiva anche un allestimento alternativo del pozzetto, nel quale è previsto un ambiente con mobile bar e due sedute, due sofà e coffee table firmati Paola Lenti. È questo il layout di Riva 90’ Argo presentato in anteprima mondiale a Miami, nella splendida cornice dell’Epic hotel Marina e di Zuma il ristorante più glamour della città privatizzati per l’occasione dove oltre duecento invitati hanno assistito alla spettacolare passarella del nuovo flybridge accompagnato per l’occasione, sotto uno spettacolo pirotecnico inedito per il centro di Miami, dal Riva 100’ Corsaro, presentato in anteprima mondiale lo scorso anno a Hong Kong e dal Riva 66’ Ribelle presentato in anteprima mondiale lo scorso settembre a Montecarlo secondo un fitto calendario di eventi. Il prossimo: la World Premiere del magnifico Riva 50 metri, il primo in acciaio costruito dalla Riva Superyachts Division, che verrà svelato al mondo il prossimo giugno all’ Arsenale di Venezia.
RIVA 90’ ARGO:
IL FLYBRIDGE CHE È GIÀ UN MITO IL NUOVO CAPOLAVORO RIVA È STATO PRESENTATO IN ANTEPRIMA MONDIALE A MIAMI
DONNE, LA FELICITÀ CORRE SU DUE RUOTE PER OLTRE 7 SU 10 LA VITA QUOTIDIANA È MIGLIORATA DOPO ESSERE DIVENTATE BIKER
Senso di libertà, voglia di indipendenza e ricerca di benessere psicofisico. Sono queste le motivazioni che, secondo studi internazionali, spingono sempre più donne a decidere di salire in sella a una moto, abbattendo gli stereotipi legati ad un mondo considerato prettamente maschile: da un sondaggio di Motorcycle Industry Council è emerso che il 74% delle biker ha manifestato un miglioramento della propria vita dopo aver iniziato un’avventura su due ruote Sfrecciare su due ruote non è più una prerogativa del mondo maschile. Infatti, come evidenziato da una ricerca condotta negli Stati Uniti dal Motorcycle Industry Council e pubblicata su Forbes, una donna su cinque è proprietaria di una moto e l’85% delle decisioni d’acquisto è influenzata dal genere femminile, dato in netto rialzo rispetto al passato. Ma cosa le spinge a lanciarsi in questa nuova avventura? Secondo un sondaggio pubblicato su Los Angeles Times, sono soprattutto il senso di libertà, la voglia di indipendenza e la ricerca di un benessere psicofisico le motivazioni che portano molte donne a diventare biker: il 37% delle intervistate ha ammesso di sentirsi più felice e sicura di sé in sella a una moto, e il 74% ha ammesso che la propria vita è migliorata dopo aver iniziato a viaggiare su due ruote.
Ma non è tutto, perché il 60% delle motocicliste ha evidenziato un miglioramento delle proprie condizioni psicofisiche, spesso danneggiate da stress quotidiano e ansia, ed il 50% una maggiore stabilità con il proprio partner. Il boom di centaure è esploso in America dove rappresentano il 19% del totale dei motociclisti, e si è esteso in Italia, dove, nella sola città di Milano, le donne appassionate al mondo delle due ruote sono aumentate del 32,4% negli ultimi 5 anni. “Sono lieta di constatare che il numero delle donne appassionate alle due ruote sia cresciuto in maniera notevole negli ultimi anni, segnale di un grande cambio di rotta rispetto al passato e di un abbattimento definitivo di stereotipi legati al mondo maschile. Viaggiare in sella a una moto equivale a sentirsi più felici e appagate, perché guidarla è una scelta personale – ha spiegato Eliana Macrì, presidente di BikerX, la nuova scuola di guida sicura dedicata alle centaure e alle nuove generazioni di motociclisti – Da qui il nostro claim Quattro ruote trasportano il corpo, due ruote trasportano l’anima. Ma per iniziare è necessario conoscere attentamente le norme di sicurezza stradale, lo stile di guida e le proprie attitudini. Per queste ragioni abbiamo fondato una scuola che non solo offre corsi di vari livelli dedicati a neofiti, neopatentati o a chi vuole migliorare la propria tecnica di guida, ma promuove la conoscenza e la cultura delle due ruote attraverso eventi in cui verranno combinati tecnica di guida, il piacere del turismo in moto e la passione per questa compagna di viaggio”. Ma a quando risale il connubio donna e motori? La pioniera delle donne motocicliste fu Vittorina Sambri, che negli anni ’20 sfidò i suoi colleghi a bordo di una monocilindrica. Sono state numerose le biker che hanno seguito il suo esempio e hanno lasciato una grande impronta nel mondo motociclistico: da Gina Bovaird, prima e unica donna a correre nella classe 500 del Motomondiale, a Beryl Swain, che nel 1962 gareggiò in sella a un Itom 50 al Tourist Trophy, fino ad arrivare a Kiara Fontanesi, sei volte campionessa mondiale di motocross, e Ana Carrasco, giovane pilota spagnola che all’età di soli 21 anni ha vinto l’alloro nella classe Supersport 300. Il fenomeno delle centaure si è esteso anche al grande schermo e nel corso degli anni sono state numerose le attrici protagoniste di pellicole in cui hanno scorrazzato su due ruote: da Pamela Anderson in Barb Wire a Uma Thurman in Kill Bill, da Angelina Jolie in Tomb Raider a Carrie-Ann Moss in Matrix: Reloaded, fino ad arrivare a Halle Barry in Catwoman e Scarlett Johansson in Avengers: Age of Ultron. E non è tutto. Gli effetti benefici derivati dal viaggiare in moto sono stati confermati anche da una ricerca condotta dal Semel Institute for Neuroscience and Human Behavior di Los Angeles e pubblicata su USA Today, secondo cui andare su due ruote riduce l’ormone dello stress del 28%, aumenta il battito cardiaco dell’11% e il tasso di adrenalina del 28%, e permette di ritrovare la pace interiore. Ma per alcune donne la libertà di viaggiare su due ruote è anche un modo per sentirsi emancipate e più sicure: secondo un sondaggio pubblicato sul New York Times il 68% delle donne arabe, finalmente libere di guidare dopo l’abolizione del divieto la scorsa estate, ha ammesso di sentirsi più accettata a bordo di una moto.
LAKE TO LOVE…
Via cappotti e maglioni… è tempo di primavera! Celebriamo l’arrivo della nuova stagione dedicando un intero servizio a tutta la moda da spiaggia che verrà. Location scelta per l’occasione l’elegante Molo 31 a Predore, poco dopo Sarnico, un posticino davvero unico per trascorrere giornate di sole in riva al lago e romantiche serate a lume di candela. Per dare la giusta importanza ad outfit e location ci siamo aggiudicati una perfetta giornata di sole, con temperatura così piacevoli che le mise scelte non potevano essere più che perfette! Tutte proposte “so chic”, selezionate dal ricercato Intimo di Giò, storico negozio del centro cittadino, capace di fare innamorare tutte le donne per le proposte intimo, costumi, moda e collant.
Ad aprire le danze abbiamo optato per un total look flowers firmato Miss Bikini Deluxe, splendidamente interpretato dalla nostra Denise, giunta sul set con la scattante Suzuki Vitara by Autorota, concessionaria ufficiale di Bergamo. Una nuova edizione per questo piccolo SUV compatto, capace di coniugare eleganza nella linea, versatilità di guida e prestazioni uniche. Nel colore bianco, scelto per il servizio, tutta la bellezza di Vitara è stata messa ancora più in risalto, attirando gli sguardi di tutti i passanti. E così dopo la prima sessione di scatti, Denise si riposa al bancone del Molo 31 degustando un ottimo cocktail, sfoggiando
il suo look total black firmato Fisico. Una scelta strong, proprio come il costume di Miss Bikini in coordinato, intero e di colore nero, reso più dandy dai micro-tagli creati a doc. Dal bancone del Molo 31 al suo fantastico pontile che, proprio come nei film, nella stagione estiva accoglie barche e yacht di tutti coloro che vogliono rifocillarsi o bere un aperitivo a bordo lago. Proprio qui Denise decide di immergersi nelle acque del lago per un primo bagno di stagione, spogliandosi del delizioso copri costume con stampa con mongolfiere firmato Pin Up Stars (così come il costume).
Dal mood “dreaming” ad una nuova proposta floreale: dopo il suo bagno Denise opta per un altro cambio d’abito, scegliendo un vestitino con roches stampa flowers con costume coordinato Miss Bikini Deluxe. La scelta perfetta per un giorno all’insegna del relax e del primo sole, per lasciare poi il posto all’ultimo outfit di fine pomeriggio dove le tenui nuances del vestito di Gianantonio Paladini risultano la scelta più chic. E così lasciamo il meraviglioso Molo 31 per ritornare alla frenetica quotidianità delle città, ovviamente sempre alla guida della nostra fantastica Suzuki Vitara. Con la promessa di una meravigliosa “primavera ed estate”.
LOCATION MOLO31 VIA SARNICO, 31 - PREDORE (BG) - TEL. 035 938645 FACEBOOK: @MOLO31 SWIMWEAR INTIMO DI GIÃ’ VIA T. TASSO, 85 - BERGAMO - TEL. 035 242444 FASHION CAR AUTOROTA SRL VIA CAMPAGNOLA, 40 - BERGAMO - TEL. 035 5098042 WWW.AUTOROTA.NET - FACEBOOK: @AUTOROTA SRL MODELS DENISE AGENCY IMAGE TIME BRESCIA
La Grande Notte del Jazz
DOPO IL GRANDE SUCCESSO DELLE PRIME DUE EDIZIONI, TORNA SABATO 13 APRILE LA GRANDE NOTTE DEL JAZZ CHE DAL TARDO POMERIGGIO FINO A NOTTE INOLTRATA ACCOGLIERÀ NELLE SALE DEL TEATRO UNA NON-STOP DEDICATA ALLA MUSICA JAZZ E ALLE SUE INNUMEREVOLI SFACCETTATURE. ATTRAVERSO SPECIFICI PERCORSI IL PUBBLICO POTRÀ ASCOLTARE ARTISTI ITALIANI E INTERNAZIONALI CHE SI CIMENTERANNO IN CONCERTI, PROVE APERTE PER I PIÙ GIOVANI E PERFORMANCE INATTESE.
Un’immersione totale nella musica jazz, una maratona notturna che si preannuncia ancora una volta imperdibile per gli appassionati del genere: 7 ore di musica non-stop, 16 concerti, e 42 artisti provenienti da Italia, Olanda, Danimarca, Svizzera, Inghilterra e Giappone. L’obiettivo del progetto è quello di esplorare l’orizzonte contemporaneo della musica jazz, offrendo spunti originali e innovativi, nonché occasioni d’incontro e contaminazione tra i linguaggi. Il tutto condensato in un’unica notte di musica che, come di consueto, avrà anche alcuni appuntamenti a corollario. Oltre alla Sala Grande che ospiterà il concerto di apertura, saranno i luoghi inaspettati e le sale più raccolte del Teatro - Ridotto, Salone delle Scenografie e Sala Palcoscenico Borsoni - ad accogliere rotazione i differenti progetti artistici, affinché l’intimità della fruizione e la prossimità con i musicisti possano amplificare ancor più la suggestione scenica. Per partecipare alla Grande Notte del Jazz il pubblico sarà nuovamente invitato a scegliere uno dei tre affascinanti percorsi di ascolto intorno ai quali si snoda il programma: Air, Ground, Fire. Il primo, Air, prevede lavori più evanescenti, meditativi, intimi; Ground è invece prevalentemente legato ai linguaggi del passato (tradizione jazz, canzone folk, rock), anche se non in via esclusiva; infine, il percorso Fire si concentra su musiche più “espansive”, decise e audaci. I tre percorsi si apriranno alle ore 19.00 in Sala Grande con il concerto della ICP Orchestra. Han Bennink - colonna portante di questo ensemble composto da dieci elementi - è un batterista e compositore olandese, figura chiave del jazz europeo. Ha suonato con tantissimi musicisti dagli anni ‘60 ad oggi ed è considerato un pioniere. Nel 1967 insieme al pianista Misha Mengelberg crea ad Amsterdam l’Instant Composers Pool Orchestra (Icp), collettivo d’improvvisatori che trova nell’omonima etichetta discografica il mezzo per documentare le proprie esplorazioni musicali. Mengelberg è scomparso nel 2017, ma l’instancabile ICP Orchestra continua a tenere in vita le sue visionarie composizioni e durante la serata del 13 aprile proporrà sia brani classici di Thelonious Monk e Duke Ellington, sia momenti di pura improvvisazione e brani originali. Un forte richiamo per gli appassionati, ma anche un omaggio a una generazione di musicisti che ha saputo unire la tradizione con la sperimentazione. Dopo l’evento di apertura in Sala Grande, al pubblico che avrà scelto il percorso Air verrà proposto come secondo appuntamento della serata il concerto del Jesper Zeuthen Trio, alle 20.30 nel Salone delle Scenografie: considerato a buon diritto tra i più influenti protagonisti del jazz scandinavo degli ultimi quarant’anni, il danese Zeuthen vanta collaborazioni con nomi quali Don Cherry,Terry Riley, Paul Motian e Bill Frisell. Il suo personalissimo approccio allo strumento lo rende uno degli improvvisatori più originali e coraggiosi della sua generazione. In questo trio è affiancato dal bresciano Roberto Bordiga (contrabbasso) - da alcuni anni residente a Copenhagen - e dal batterista Thomas Præstegaard. Nel Ridotto del Teatro alle 22.15 la voce di Elena Tavernini e il basso di Giacomo Papetti porteranno in scena “All the world is green”, un progetto che si confronta con la musica di Tom Waits: una sfida vincente giocata sul filo sottile dell’astrazione, dove nel ricercato gioco timbrico e nell’arguzia dell’interpretazione vengono rilette, senza ostentazione, le note del cantautore americano, rivelandone inedite prospettive sonore. Ultima tappa nella Sala Palcoscenico Borsoni alle ore 24.00 per ascoltare Federica Colangelo, pianista e compositrice romana che, dopo il diploma in pianoforte, si è perfezionata ad Amsterdam, a contatto con la spumeggiante scena olandese. Nella sua musica improvvisazione e composizione procedono strettamente legate. Il progetto “Acquaphonica” che porta a Brescia per la Grande Notte del Jazz vede coinvolti anche Michele Tino (sassofono), Marco Zenini (contrabbasso) e Ermanno Baron (batteria). Per chi sceglierà il percorso Ground, la serata proseguirà alle 20.30 nel Ridotto del Teatro con il trio della violinista e compositrice Eloisa Manera, già ospite della prima edizione della Grande Notte del Jazz con il suo più ampio Ensemble. Il 13 aprile sarà al Teatro Grande con il suo Trio composto dai musicisti Simone Zanchini (fisarmonica) e Marco Remondini (violoncello, elettronica).
La Grande Notte del Jazz
Il gruppo porta le sonorità della musica classica nella contemporaneità dei nostri giorni: un viaggio musicale di invenzione a tre voci in cui antico e moderno si fondono generando una fuga cromatica dagli schemi. A seguire alle 22.15 nella Sala Palcoscenico Borsoni verrà presentato il progetto “Solo Piano” di Kit Downes, pianista, tastierista e compositore trentenne britannico, vincitore di premi e noto già da un decennio al pubblico del jazz e della musica contemporanea. Il suo stile, caratterizzato tanto da una fitta e dettagliatamappatura ritmica quanto da un’intensa vena melodica, impreziosisce sia la rilettura delle proprie minuziose composizioni, sia i momenti di improvvisazione più libera ed esplorativa. Infine, alle ore 24.00, il Salone delle Scenografie ospiterà Enrico Terragnoli Trio. Musicista curioso ed eclettico, fin dagli anni Ottanta, Terragnoli (chitarra, tastiera) si muove con estrema disinvoltura ai confini tra jazz, rock e musica caraibica, collaborando con musicisti di rilievo internazionale (Fred Frith, Greg Cohen, Chris Speed, Franco D’Andrea). La sua scrittura è diretta e riconoscibile tanto quanto il suo particolarissimo stile strumentale che qui si affianca a quello dei colleghi Danilo Gallo (contrabbasso) e Zeno De Rossi (batteria). Gli spettatori che opteranno per il percorso Fire, subito dopo il concerto in Sala Grande verranno condotti verso la Sala Palcoscenico Borsoni dove alle 20.30 si esibirà il Nicolas Masson Quartet composto dai musicisti Nicolas Masson (sax tenore e soprano, clarinetto), Colin Vallon (pianoforte), Patrice Moret (contrabbasso) e Lionel Friedli (batteria). Attivo da oltre un decennio, il quartetto di Nicolas Masson è una delle formazioni più significative provenienti dall’effervescente panorama jazz elvetico; si muove in un territorio di confine tra una cristallina rarefazione di stampo nordico e le tessiture più urbane del jazz newyorchese. Alle 22.15 il Salone delle Scenografie ospiterà Roger Rota “Octo”: scrittura e improvvisazione sono due costanti nella carriera, ormai ultratrentennale, del sassofonista bergamasco Roger Rota. Una miscela sonora, con percentuali via via diverse, che arriva a essere esplosiva quando è portata in scena da questo ensemble di otto elementi, animato da alcuni dei migliori musicisti della nuova generazione: Eloisa Manera (violino), Francesco Chiapperini (sax alto, clarinetti), Andrea Ferrari (sax baritono, clarinetto basso), Andrea Baronchelli (trombone), Alberto Zanini (chitarra), Roberto Frassini Moneta (basso), Filippo Sala (batteria), oltre allo stesso Roger Rota (sax soprano, composizioni, arrangiamenti). Le loro composizioni fondono intricate polimetrie, impulsi ritmici esuberanti, fasce sonore a più livelli e suggestive ricerche timbriche, aprendosi a squarci di libertà e a memorabili lampi lirici. Federica Michisanti, contrabbassista romana, vincitrice del referendum “To Jazz 2018” come miglior nuovo talento, sarà protagonista con il suo Trio della performance in programma alle ore 24.00 nel Ridotto del Teatro. Nella formazione qui presentata – intima e senza l’ausilio di strumenti armonici né di percussioni – si possono apprezzare appieno anche le sue indiscusse qualità di compositrice dallo spiccato lirismo e con una predilezione per il respiro collettivo. Al suo fianco Francesco Bigoni (sax tenore) e Antonello Sorrentino (tromba). Durante gli intervalli tra i concerti nelle sale minori, gli spettatori dei tre percorsi saranno invitati a incontrarsi in Sala Grande per due esibizioni estemporanee di Yoshitake Expe (chitarra, elettronica ed effetti): direttamente da Osaka, uno straordinario musicista che sa unire senza timori jazz, funk, techno, musica brasiliana, sperimentazione e ambient music. Le sue esibizioni solitarie possiedono la perizia strumentale di un recital acustico, l’imprevedibilità di una session improvvisata e la potenza di un dj set. Yoshitake Expe sarà inoltre protagonista della performance “Space Guitar” rivolta a tutta la città che si terrà alle ore 17.30 in Corso Zanardelli. È questo uno degli appuntamenti satellite della Grande Notte che, oltre alla maratona notturna, disperderà nella città pillole di jazz già dal giorno precedente. Per il 12 aprile alle ore 19.00 è infatti previsto nella splendida Chiesa di Santa Maria della Carità uno straordinario concerto offerto alla città (ingresso libero fino a esaurimento posti). Protagonista sarà il pianista Kit Downes, il cui più recente lavoro in solo, denominato “Obsidian”, è una ricerca personale e altamente suggestiva, un ritorno allo strumento studiato nella giovinezza: l’organo a canne. Ispirato in gran parte dalla musica sacra di Olivier Messiaen, ma anche forte delle consistenti esperienze nell’improvvisazione e nella musica popolare inglese, Downes ha creato un proprio speciale percorso, fatto di raccoglimento meditativo ma anche di innovazione timbrica, melodica e ritmica. Kit Downes porta “Obsidian” a Brescia in prima assoluta: un lavoro profondo, caratterizzato da una fine potenza comunicativa in grado di suscitare, anche nelle generazioni più giovani e nel pubblico meno avvezzo al repertorio liturgico classico, curiosità verso uno degli strumenti più affascinanti e complessi mai creati da mano umana.
La Grande Notte del Jazz
La giornata del 13 aprile partirà alle ore 10.00 con gli “Ascolti Jazz” che proseguiranno fino alle 17.00 nella Sala delle Statue del Teatro, liberamente accessibile: grazie ai raffinati dispositivi di riproduzione sonora messi a disposizione da STEREO BOX, i visitatori potranno ascoltare in cuffia una sequenza di tracce selezionate tra i lavori degli artisti della Grande Notte del Jazz. Alle ore 11.00 sarà riservata alle scuole secondarie di primo e secondo grado la Prova aperta del concerto di Eloisa Manera Trio che nel suo progetto fonde musica classica, ma anche libera improvvisazione, suoni acustici ed elettronici, jazz. I ragazzi potranno quindi entrare in contatto diretto con gli artisti e dialogare con loro in una sorta di lezione-concerto. I posti sono limitati e la partecipazione è gratuita previa prenotazione al numero 030 2979324 o alla mail didattica@teatrogrande. it entro mercoledì 4 aprile. Dopo la maratona di concerti, a fine serata verrà infine riproposta la “Late Night Jam”: alle ore 01.15 gli artisti della Grande Notte del Jazz si ritroveranno per una chiusura di serata in stile jazz club. I posti per partecipare alla “Late Night Jam” sono limitati e acquistabili in Biglietteria al costo di 5,00 euro solo in abbinamento a un carnet. I carnet dei tre percorsi (intero 30,00 euro; ridotto under30 e over65 20,00 euro) sono in vendita dal 16 marzo alla Biglietteria del Teatro Grande, sui siti teatrogrande.it e vivaticket.it e in tutte le filiali abilitate di Ubi Banca in Brescia e provincia (orari di apertura della Biglietteria del Teatro Grande: dal martedì al venerdì dalle 13.30 alle 19.00 e il sabato dalle 15.30 alle 19.00). I concerti non verranno venduti singolarmente. La Grande Notte del Jazz è un progetto della Fondazione del Teatro Grande di Brescia realizzato con la collaborazione artistica di Emanuele Maniscalco e Luigi Radassao. Si ringraziano la Diocesi di Brescia e la Parrocchia della Cattedrale.
Il meraviglioso mondo del circo in mostra “CIRCENSES”, IN PROGRAMMA FINO AL 28 APRILE, È LA MOSTRA CHE INAUGURA LA STAGIONE ESPOSITIVA 2019 DELLA FONDAZIONE L’ARSENALE
Alice e il treno - Renzo Bertasi - 2014
La Fondazione l’Arsenale ha inaugurato la stagione espositiva 2019 con una collettiva di arte contemporanea sul tema del circo, che vede in mostra 33 opere di 12 artisti tra pittori, fotografi e scultori attivi sul panorama nazionale. In linea con la direzione intrapresa nell’ultimo quinquennio, l’ente culturale iseano prosegue quindi la ricerca sulla scena artistica attuale per portare all’attenzione del pubblico alcune delle proposte più curiose, puntando come sempre alla qualità. “Circenses”, questo il titolo scelto per la mostra di primavera, accosta autori differenti per età, provenienza e pratica, cercando un minimo comune denominatore nel soggetto della produzione di questi stessi artisti.
Mangiafuoco - Elena Monzo - 2015
Portesina al trucco per lo spettacolo. Sul muro del caravan Portesina giovane - Carla Cinelli - 2004
CIRCENSES
Palazzo dell’Arsenale Vicolo della Malinconia, 2 – Iseo (BS) Fino al 28 aprile 2019 Info e contatti: www.arsenaleiseo.it Ingresso libero
Senza titolo - Massimo Caccia - 2014
Dal circo pop nei colori primari, di Carlo Pasini, che strizza l’occhio al “tendone street” di Leonardo Gambini, al favoloso “Bestiario” di Angelo Zanella che dialoga con gli animali sospesi nell’immaginario onirico di Alice Zanin. Dalla Moira al mangiafuoco di Elena Monzo agli scatti in bianco e nero di Carla Cinelli che raccontano il mondo del circo da dietro le quinte, passando per i clown e gli acrobati in resina di Francesco De Molfetta. E ancora le opere pittoriche di Massimo Caccia, che spesso trovano spazio sull’inserto culturale LaLettura del Corriere della Sera, il richiamo a Fellini nelle sculture in raku di Carlo Previtali e nelle fotografie digitali di Ezio Mereghetti, le surreali performance fotografiche in bianco e nero di Renzo Bertasi e i delicati e precari equilibri delle sculture di Elio Bianco. Un percorso ricco e interessante che si potrà percorrere anche sfogliando le 44 pagine del catalogo edito dalla Fondazione l’Arsenale per l’occasione. Spazio anche ad una riflessione sul circo come riscatto sociale al piano superiore del palazzo di Vicolo della Malinconia dove, per l’intera durata della mostra, sarà visitabile l’esposizione fotografica di Damiano Rossi, fotogiornalista free-lance di Coccaglio (BS) che ha documentato le fasi preparatorie e lo spettacolo dell’Hiccup Circus Uganda, il circo sociale nato da un’idea dall’odontotecnico iseano Giacomo Babaglioni, dal 2012 impegnato nel cuore dell’Africa per portare avanti un progetto di sviluppo educativo e solidale. L’esposizione è curata da Vito Babaglioni, fratello di Giacomo.
L’elettrico ora è Audi. Nuova Audi e-tron IL PRIMO MODELLO AUDI COMPLETAMENTE ELETTRICO È PRONTO A CONQUISTARE LA STRADA. GRAZIE A DUE MOTORI ELETTRICI CAPACI DI EROGARE FINO A 408 CV, LA NUOVA E-TRON GARANTISCE IL MASSIMO DELLE PERFORMANCE IN OGNI CONDIZIONE, SENZA SCENDERE A COMPROMESSI La trazione integrale elettrica, abbinata a una batteria ad alta tensione che garantisce un’autonomia di oltre 400 chilometri nel ciclo WLTP, rende il nuovo SUV Audi perfetto per viaggiare ovunque vi portino i vostri desideri, senza rinunciare a comfort e a prestazioni da vera sportiva. L’efficienza si misura in trazione e recupero dell’energia Il sistema di trazione di Audi e-tron stupisce per la sua capacità di adattamento. I due motori elettrici erogano fino a 408 CV di potenza e 660 Nm di coppia. Per accelerare da 0 a 100 km/h sono necessari meno di sei secondi, e si raggiunge una velocità massima di 200 km/h, con uno spunto da fermo impressionante. La ricarica a portata di mano Ricaricare Audi e-tron è più semplice di quanto si pensi: il sistema di ricarica compact è la soluzione portatile che Audi ha progettato per consentire ai propri clienti di dare nuova energia al SUV direttamente nel garage della propria abitazione. Il sistema si collega ad una presa standard domestica da 230 Volt o presa trifase da 400 Volt e Audi e-tron si ricarica completamente in meno di nove ore. Il sistema “connect” opzionale raddoppia la potenza di carica fino a 22 Kw. Qualora l’abitazione disponga di un impianto fotovoltaico, il SUV può attingere in modo preferenziale alla corrente prodotta, adattando il proprio fabbisogno alle fasi di irraggiamento solare grazie alle funzionalità avanzate di Audi charging system connect,
La qualità delle finiture e dei materiali è di livello superiore: la vettura è infatti dotata di rivestimenti, modanature e colori sapientemente armonizzati tra loro, dalla raffinata pelle Valcona all’alluminio spazzolato. La fantasia delle cuciture dei sedili ricorda i conduttori di un circuito elettrico stampato. Performance, intelligenza, luminosità La plancia “wrap-around” avvolge gli interni in un unico arco, arrivando fino ai rivestimenti tridimensionali delle portiere, mentre gli schermi degli specchietti retrovisori esterni virtuali riprendono la linea del sottile e leggero display dell’Audi virtual cockpit. Quest’ultimo, orientato verso il guidatore, dispone di due display del sistema MMI touch response che, da spenti, si integrano con l’ampia superficie Black Panel, divenendo un’unica ed elegante superficie scura. Il display inferiore è invece integrato nella consolle. È disponibile anche l’Audi phone box, per la ricarica a induzione dello smartphone. Design sportivo per il massimo delle performance Ben dodici i colori tra cui scegliere. La silhouette vigorosa sovrastata dal tetto proteso verso la strada, i montanti posteriori molto pronunciati e i blister sopra i passaruota enfatizzano il carattere sportivo. Le luci di accesso delle portiere proietIl futuro? Mai stato così accogliente Efficienza, leggerezza e intuitività: l’abitacolo tano a terra la scritta “e-tron” mentre le di Audi e-tron dimostra queste doti in ogni pinze dei freni arancioni (opzionali) sottolineano la presenza della trazione elettrica. singolo dettaglio. opzionale. Infine, la ricarica a domicilio può essere gestita tramite l’app myAudi, grazie al quale il proprietario può effettuare molteplici operazioni da remoto. La ricarica è comoda e veloce La potente batteria ad alta tensione di Audi e-tron assicura un’autonomia superiore a 400 chilometri: non è quindi necessario, nel normale utilizzo quotidiano, doversi fermare alle colonnine di ricarica. Qualora invece si dovesse affrontare un viaggio particolarmente lungo, l’avanzato sistema di gestione termica della batteria agli ioni di litio permette alla vettura di ricaricarsi in meno di mezz’ora, con una potenza fino a 150 kW. Oltre alla ricarica rapida a corrente continua, il SUV elettrico può essere ricaricato a corrente alternata su colonnine AC, con potenza standard fino a 11 kW o a 22 kW.
Nuova Audi e-tron: consumo minimo /massimo (Wj/Km) ciclo combinato 225 - 262
Mandolini Auto Via Triumplina, 51 Tel. 030 2019760 Orario: 09.00-12.30; 14.30-19.00 www.mandolini.it
Pet therapy: cos’è, come funziona e quali sono i suoi benefici BAMBINI, ANZIANI O DIVERSAMENTE ABILI: IL CONTATTO CON UN ANIMALE FA BENE A TUTTI Il rapporto tra animale domestico e padrone si è evoluto notevolmente negli ultimi decenni: sempre più persone sono ormai consapevoli di quanto un cucciolo possa migliorare la qualità della loro vita, e ciò vale in particolar modo per gli anziani e per chi vive da solo. Degli effetti benefici che la compagnia di un animale può avere sulla salute fisica e psicologica, abbiamo già parlato: come sappiamo, infatti, in alcuni casi il contatto con loro assume la valenza di una vera e propria terapia. Secondo quanto proposto nelle linee guida del Ministero della Salute sull’argomento, la pet therapy per gli over 65 ha lo scopo di “mantenere il contatto tra le persone e gli animali” affinché si possa ridurre il senso di solitudine è uno dei fattori legati alla depressione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, a questo proposito, avverte: entro il 2020 sarà la seconda causa di morte su scala globale. In che modo, quindi, un cane o un gatto possono contrastare questa tendenza? Originariamente, la pet therapy veniva impiegata a sostegno dei bambini autistici, tuttavia ben presto lo spettro dei potenziali “pazienti” coinvolti è cresciuto, includendo anche persone che non soffrono di alcuna patologia specifica, ma che per età o altri fattori si trovano a vivere isolati. Gli inglesi Mugford e McComisky sono stati i primi, nel 1975, ad osservare come la presenza di un animale domestico avesse un effetto benefico sugli anziani. Dal mondo anglosassone all’Italia, la pet therapy è stata riconosciuta come cura ufficiale, all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, grazie ad un decreto del Consiglio dei Ministri del febbraio 2003. Oggi, per quanto riguarda gli Over 65, la pet therapy è prevista in alcune strutture ospedaliere oppure in Residenze sanitarie assistenziali a discrezione delle singole dirigenze. Tuttavia, l’impatto positivo della presenza di un cucciolo in casa è dimostrato anche per chi non soffre di problemi particolari e grazie al “pet” contrasta il normale decorso dell’invecchiamento, rendendolo più dolce. Benefici per il cuore e per la mente L’introduzione di un animale nella vita dei nostri cari comporta alcuni vantaggi specifici nel lenire diversi tipi di patologie. Il contatto con un animale, infatti, modifica alcuni parametri fisici come il polso e la pressione: il risultato, secondo uno studio del dottor Aaron Honori Katcher, è che cala lievemente il rischio di infarto cardiaco e l’ipertensione.
Adottare e prendersi cura di un cane, inoltre, stimola l’anziano a muoversi tutti i giorni per assicurarsi che l’animale domestico faccia la sua passeggiata: un’ottima strategia per fare dell’attività motoria quotidiana, i cui benefici sul sistema circolatorio sono comprovati. Inoltre, previene i piccoli, ma frequenti, infortuni domestici. La pet therapy, inoltre, ha un impatto anche sul cervello: il cane, in particolare, contribuisce in maniera concreta a ridurre le difficoltà di apprendimento e di mantenimento della memoria. Un cucciolo in casa non solo interferisce con la depressione in sé e per sé, ma induce una lieve diminuzione del senso di ansia e migliora la percezione del dolore. Infine, secondo quanto rilevato da David Lee, assistente sociale psichiatrico, gli anziani coinvolti nella pet therapy riducono, gradualmente, l’utilizzo di psicofarmaci per curare disturbi di tipo depressivo. Cani e anziani: un binomio vincente contro la depressione I cani sono indicati come gli animali più adatti in sede terapeutica per via della facilità di interazione con l’uomo. In particolare, si consiglia di scegliere animali dotati di spiccate doti di affidabilità e prevedibilità: solo in questo modo si potranno ottenere gli obiettivi sperati. Inoltre, a differenza di altri animali come conigli o gatti, sono più disposti a farsi accarezzare. Un dettaglio non secondario se pensiamo che uno degli elementi più carenti nella vita di molti pensionati è proprio il contatto fisico che comporta la mancanza calore umano o, in questo caso, animale. L’impatto concreto della presenza di un cane sulla vita degli anziani è stato studiato, per la prima volta in maniera esaustiva, da Brickel nel 1984. Il suo esperimento mirava ad individuare gli effetti della presenza di un animale da compagnia su pazienti depressi di età compresa tra i 45 e gli 84 anni. I partecipanti all’esperimento erano stati divisi in tre gruppi: i primi avrebbero seguito una terapia tradizionale, i secondi avrebbero avuto l’ausilio di un cane addestrato, i terzi non avrebbero partecipato a nessuna attività di tipo terapeutico. I risultati dello studio confermano che il gruppo di pazienti che ha lavorato con il cane è quello che ha registrato i miglioramenti più significativi sulla scala della depressione. È emerso, inoltre, che, anche al di fuori della seduta terapeutica, è migliorato il comportamento, sono aumentate le interazioni tra pazienti e con il personale, ha facilitato l’auto-analisi.
Pet therapy in casa La parola “terapia” non deve trarre in inganno, la presenza di un animale vicino è “curativa” nella misura in cui è capace di trasmettere qualcosa di positivo a chi ha attorno. Funziona con i bambini, funziona con gli anziani per ragioni specifiche differenti. Infatti, con l’invecchiamento tende ad emergere un diffuso “senso di inutilità” che, in alcuni casi, induce episodi depressivi. Occuparsi di un animale domestico può aiutare l’anziano a contrastare questa sensazione, sentendosi nuovamente responsabile del benessere di qualcun altro. Un cane o un gatto restituirà all’anziano energia e positività: per questo veterinari, medici e operatori socio-sanitari sono unanimi nell’incoraggiare le famiglie ad adottare un cucciolo per i propri cari. Per prendersi cura del nuovo arrivato in casa, senza preoccuparsi dei costi del veterinario, si può ricorrere anche a polizze assicurative come Doctor Pet che offrono assistenza e supporto per il proprio animale domestico in strutture convenzionate e ad un prezzo competitivo. In questo modo ci si può alleggerire di un’ulteriore preoccupazione e gli effetti della pet therapy sugli anziani saranno ancora più positivi.
Balkrishna Doshi:
Architecture for the People 30 MARZO - 8 SETTEMBRE 2019 VITRA DESIGN MUSEUM
Con la mostra “Balkrishna Doshi: Architecture for the People” Vitra Design Museum presenta la prima retrospettiva internazionale sul premio al premio Pritzker 2018 Balkrishna Doshi (nato nel 1927, Pune, India) al di fuori dell’Asia. Il famoso architetto e urbanista è uno dei pochi pionieri dell’architettura moderna nel suo paese d’origine e il primo architetto indiano a ricevere il prestigioso riconoscimento. Durante oltre 60 anni di pratica, Doshi ha realizzato una vasta gamma di progetti, adottando i principi dell’architettura moderna e adattandoli alla cultura, alle tradizioni, alle risorse e alla natura locali. La mostra presenta numerosi progetti significativi realizzati tra il 1958 e il 2014, che spaziano dalle città e progetti di urbanistica a campus accademici, istituzioni culturali e uffici amministrativi pubblici, dalle residenze private agli interni. Tra questi lavori ci sono edifici pionieristici come l’Indian Institute of Management (1977-92), lo studio di architettura di Sanghi Sangath (1980) e il famoso progetto di alloggi a basso costo Aranya (1989). Le mostre comprendono una vasta gamma di opere originali come disegni, modelli e opere d’arte provenienti dall’archivio e dallo studio di Doshi, ma anche fotografie, filmati e diverse installazioni su vasta scala. Un’ampia cronologia offre una panoramica della carriera dell’architetto dal 1947 fino ad oggi, a testimonianza delle sue strette relazioni con altri influenti architetti e leader del pensiero come Le Corbusier e Christopher Alexander.
Balkrishna Doshi:
Architecture for the People
La mostra “Balkrishna Doshi: Architecture for the People” apre il lavoro di Doshi a un pubblico globale e mostrerà come il lavoro dell’architetto abbia ridefinito l’architettura moderna indiana e plasmato nuove generazioni di architetti. Pertanto, la retrospettiva non offre solo una panoramica del lavoro architettonico di Doshi, ma riflette anche sui suoi ideali di base e sul contesto sociale. La filosofia umanista di Doshi fu plasmata dalle sue radici indiane, dalla sua educazione occidentale e dal contesto in rapida evoluzione della società indiana fin dai primi anni ‘50. Il suo vocabolario architettonico, sia poetico che funzionale, è stato fortemente influenzato da ciò che ha appreso da Le Corbusier, con il quale ha collaborato alla progettazione della città indiana di Chandigarh e su altri progetti, e dalle sue esperienze con Louis Kahn, che ha concepito il design per l’Institute of Management. Raggiungendo oltre questi primi modelli, Doshi ha sviluppato un approccio che oscilla tra industrialismo e primitivismo, tra architettura moderna e forma tradizionale. La sua pratica si basa su idee di sosteniblità e mira a radicare l’architettura in un contesto più ampio di cultura e ambiente, nonché credenze sociali, etiche e religiose.
La retrospettiva segue quattro temi principali, iniziando con uno sguardo agli edifici educativi di Doshi. Un progetto chiave qui è il campus del Centro per la pianificazione ambientale e la tecnologia (CEPT) ad Ahmedabad, sul quale Doshi ha realizzato alcuni dei suoi edifici più significativi per un periodo di 40 anni. Nel 1962, Doshi fondò la School of Architecture, un’istituzione multidisciplinare fondato sulla convinzione che l’educazione sia alimentata da interazioni interdisciplinari. Per favorire lo scambio e il dialogo tra studenti e docenti, Doshi ha progettato l’edificio come uno spazio libero senza compartimentazione o segregazione. Sia attraverso i suoi edifici che i suoi insegnamenti, la scuola ha cambiato il volto dell’educazione architettonica in India; è anche diventato uno dei centri più importanti del paese per la pianificazione urbana. Mentre la Scuola di architettura è sollevata da terra sopra una vecchia
fornace di mattoni che ha fortemente influenzato il suo piano e il suo layout, la galleria d’arte Amdavad Ni Gufa (1994) nello stesso campus è semi-sepolta nel terreno - »gufa« è Gujarati per »cave« - per risolvere problemi derivanti dal clima locale. Mentre la struttura di tumuli di diverse dimensioni integrati nel paesaggio naturale si basa sulla progettazione assistita da computer, la costruzione è stata effettuata da lavoratori non specializzati che utilizzano prodotti di scarto e semplici utensili manuali. La seconda sezione della mostra si concentra sulla casa e sull’identità ed esamina la potenza dell’architettura per realizzare il cambiamento sociale. Ispirato da Mahatma Gandhi, Doshi ha sviluppato nuovi approcci agli alloggi sociali e sperimentali basati sulla partecipazione e sulla possibilità di adattarsi alle mutevoli esigenze e richieste degli utenti, come dimostrato da esempi eccezionali come lo sviluppo abitativo per la Life Insurance Corporation (LIC), conosciuto localmente come »Bima Nagar«, ad Ahmedabad (1973) e Aranya Low Cost Housing per l’Indore Development Authority (1989).
Balkrishna Doshi:
Architecture for the People Aranya è stato costruito come un progetto modello e oggi ospita oltre 80.000 persone. Un sistema modulare consente agli abitanti di personalizzare le loro case e adattarle alle loro esigenze, alle loro preferenze personali e alle loro possibilità economiche. Il progetto si basava su un approccio “siti e servizi”, in cui venivano forniti servizi di elettricità, acqua e fognature, ma le case erano costruite in minima parte come un nucleo di servizi che ogni famiglia poteva estendere. Un esempio per la pianificazione residenziale di Doshi su scala più piccola è la sua casa, chiamata “Kamala House” (1963). Questo edificio generoso ma economico con una pianta a forma di croce massimizza l’illuminazione in tutti gli spazi, mentre i muri di mattoni coibentati intrappolano e minimizzano il calore estivo. La terza sezione ruota intorno alle numerose istituzioni che Doshi ha partecipato alla costruzione negli ultimi 60 anni. Un esempio importante per questo è l’Indian Institute of Management (IIM) di Bangalore (1977-1992). Il grande campus di questa istituzione è stato costruito in un periodo di 20 anni in un processo che ha comportato numerose aggiunte e modifiche. I suoi cortili sono progettati come grandi giardini, i suoi corridoi sono percepiti come nodi interattivi di comunicazione spontanea, mentre entrambi estendono gli spazi di apprendimento. Pergole e ritagli all’interno di corridoi orlati di verde trasformano lo spazio attraverso la luce mutevole che ricevono durante il giorno. Con la sua affascinante concezione architettonica, l’Indian Institute of Management è diventato un importante think tank che contribuisce all’emergere dell’India come potenza economica negli ultimi decenni. Un’altra pietra miliare nell’architettura istituzionale di Balkrishna Doshi è il suo studio Sangath ad Ahmedabad (1980). I ricordi della sua casa d’infanzia e dello studio di Le Corbusier a Parigi si fondono nel vocabolario spaziale di questo edificio. “Sangath” significa “muoversi insieme” in Gujarati, e oggi tre generazioni della famiglia di Doshi lavorano qui fianco a fianco. Come con tutti i suoi edifici, il paesaggio, il clima e lo scopo sono parte integrante del suo design. Durante la notte lo spazio dello studio può essere convertito in una sala da concerto o in una sala conferenze. Circondato dai nuovi grattacieli di Ahmedabad e dalla linea della metropolitana sopraelevata, Sangath si erge come un’oasi nella vivace città. La sezione finale della mostra è dedicata ai grandi progetti urbanistici di Doshi, esemplificati dal masterplan e dalle linee guida del design urbano per Vidhyadhar Nagar (1984), uno sviluppo residenziale per 150.000 abitazioni situate nella periferia di Jaipur, nel Rajasthan, nel nord dell’India. Concepito come una città attenta all’energia su un sito di 350 ettari, è ispirato alla vecchia città murata di Jaipur. Una fusione di antichi principi urbanistici, esigenze contemporanee e realtà contestuali, la città e le sue infrastrutture sono state progettate per soddisfare le esigenze di un massimo di 400.000 abitanti. I servizi sociali come scuole, centri sanitari e parchi giochi sono stati pianificati lungo lo spazio aperto lineare che forma la colonna centrale dell’attività. La pietra naturale, gli sbalzi e i balconi non solo hanno contribuito a migliorare il microclima, ma hanno anche ricreato l’esperienza visiva dell’architettura tradizionale locale.La mostra è un progetto del Vitra Design Museum e della Fondazione Wüstenrot in collaborazione con la Fondazione Vastushilpa.
Balkrishna Doshi Nato in una famiglia indù tradizionale nel 1927, Balkrishna Doshi crebbe nell’atmosfera del movimento indipendentista indiano sostenuto da Mahatma Gandhi e Rabindranath Tagore. Ha iniziato i suoi studi di architettura nel 1947, l’anno in cui l’India ottenne l’indipendenza, presso il Sir J.J. College of Architecture Bombay (Mumbai). Negli anni ‘50 salì a bordo di una nave a Londra, dove sperava di unirsi al Royal Institute of British Architects, e alla fine si trasferì a Parigi per lavorare sotto Le Corbusier.
L’associazione di Doshi con Le Corbusier e poi con Louis Kahn durò oltre un decennio e rese il giovane architetto familiare con il vocabolario dell’architettura modernista con un’enfasi speciale sulle forme elementali e sui materiali da costruzione. Nel 1956, Doshi aprì il suo studio ad Ahmedabad e lo chiamò Vastu-Shilpa (»vastu« descrive l’ambiente totale che ci circonda; »shilpa« significa progettare in sanscrito). All’età di 35 anni, nel 1962, fonda la scuola di architettura presso il Centro per la pianificazione e la tecnologia ambientale (CEPT) ad Ahmedabad. Nel 1978, Balkrishna Doshi fondò la Vastushilpa Foundation for Studies and Research in Environmental Design con l’obiettivo di sviluppare progetti indigeni e standard di pianificazione per ambienti costruiti adatti alla società, alla cultura e all’ambiente dell’India. Doshi ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Global Award for Lifetime Achievement for Sustainable Architecture, l’Aga Khan Award for Architecture e la Medaglia d’oro dell’Academy of Architecture of France, tra gli altri. È membro del Royal Institute of British Architects, dell’Indian Institute of Architects e dell’Institut Français d’Architecture, nonché membro onorario dell’American Institute of Architects. Nel 2018, fu il primo architetto indiano ad aver ricevuto il Pritzker Prize.
da vedere Ravi agarwall: ECOLOGIES OF LOSS PAV – Parco Arte Vivente Via Giordano Bruno 31,Torino A cura di Marco Scotini Fino al 9 giugno 2019 Il PAV, Parco Arte Vivente, presenta Ecologies of Loss, la prima personale italiana dell’artista indiano Ravi Agarwal. Con questa mostra, a cura di Marco Scotini, prosegue l’indagine del rapporto tra pratiche artistiche e pensiero ecologista nel continente asiatico, inaugurata con la personale dell’artista cinese Zheng Bo Weed Party III. L’indagine cerca di fare il punto sulla “centralità dell’Asia nella crisi climatica”, come sostiene Amitav Ghosh. Tra i maggiori esponenti della scena artistica indiana, da decenni Ravi Agarwal conduce una pratica interdisciplinare come artista, fotografo, attivista ambientale, scrittore e curatore. Il suo lavoro esplora questioni nodali dell’epoca contemporanea quali l’ecologia, la società, lo spazio urbano e rurale, il capitale. Per oltre quattro decadi, la fotografia ha costituito il medium d’elezione per il lavoro di Ravi Agarwal, che ha poi conosciuto una dimensione più estesa grazie all’inclusione di installazioni, video, interventi di arte pubblica, diari, all’interno di progetti dalla durata pluriennale. La natura decentrata del suo approccio (plurale, frattale, polifonico) colloca Ravi Agarwal tra quegli esponenti di una scienza nomade (Deleuze e Guattari) che si muovono contro le istanze teoriche unitarie, in favore di saperi minori, frammentari e locali. Animato dal desiderio di riappropriazione dei poteri collettivi autonomi sottratti dal capitalismo, di auto-gestione e auto-governo dei propri corpi e delle proprie vite, di cooperazione nel lavoro umano ed extra-umano, Agarwal registra i cambiamenti in corso nell’ambiente a partire dal lato della perdita. Da qui deriva il titolo, Ecologies of Loss, della mostra concepita per il PAV. In questo senso, trattandosi della prima personale in Italia, la mostra cerca di raccogliere nuclei di opere scalate cronologicamente negli anni. All’interno di queste estese ricerche, la perdita dell’animale (la comunità degli avvoltoi della parte meridionale dell’Asia) non
è distinta dalla minaccia dell’estinzione della coltura del garofano indiano (la sua economia sostenibile, i suoi significati rituali), la perdita del fiume Yamuna, da quella del linguaggio (con il ricorso alla antica letteratura Sangam, scritta in Tamil), fino alla perdita del sé soggettivo - secondo una logica di interconnessione ecosistemica per la quale nessun elemento risulterebbe isolabile dal resto. Ma l’aspetto fondamentale e originale della pratica artistica e attivista di Ravi Agarwal è quello che da più parti è stata definita come “personal ecology”. E ciò fin dal 2002, quando il suo lavoro viene presentato a Documenta XI e il tema ecologico non è ancora all’ordine del giorno. Piuttosto che “personal ecology” sarebbe più giusto definirla, con la derivazione foucaultiana, “ecologia del sé”, cioè come l’implicazione della propria auto-biografia all’interno dell’ambiente, come sua componente indissociabile. Per questo l’ambiente non potrà essere solo naturale, ma psichico, sociale, linguistico, semiotico. Da questo punto di vista, risulta particolarmente emblematico il lavoro presentato a Yinchuan Biennale. Il titolo, Room of the PAV – Seas and Room of Suns fa riferimento a due spazi della vita dell’artista, connessi dal comune elemento della sabbia. Due contesti ecologici, due politiche di sopravvivenza, il paesaggio umido della città costiera di Pondicherry e quello arido del deserto del Rajasthan, della sua infanzia e dei suoi antenati. Come afferma Agarwal, il fiume non è solo un corpo d’acqua che scorre attraverso la città, ma una rete di miriadi di relazioni interconnesse alla città, ai suoi abitanti e alla natura. I suoi lavori sono stati esposti in manifestazioni internazionali tra le quali menzioniamo Yinchuan Biennale (2018), Kochi Biennale (2016), la Sharjah Biennial (2013), Documenta XI (2002). Per partecipare alle attività è necessaria la prenotazione: 011 3182235 - lab@parcoartevivente.it PAV - Parco Arte Vivente Via Giordano Bruno 31 – 10134 Torino Italy
da vedere Fotografia al Femminile I RITRATTI FEMMINILI PIÙ BELLI DELL’ARCHIVIO FOTOGRAFICO SESTINI
Cosa hanno in comune una giovane ragazza in posa con il suo ampio abito ottocentesco e un gruppo di fanciulle che, in costume da bagno, prendono il sole spensierate in crociera? E cosa unisce una ballerina di danza indiana con una donna del sud che con energia e concentrazione si dedica al lavoro nei campi? Sono tutte parte della nuova rassegna di proiezioni organizzata dal Museo delle storie di Bergamo in occasione della Festa della donna, da venerdì 8 a domenica 10 marzo, presso la sala workshop del Museo della fotografia Sestini: “Fotografia al Femminile. I ritratti femminili più belli dell’Archivio fotografico Sestini”. Al visitatore non è offerta solo la possibilità di ammirare le oltre 150 immagini scelte, ma l’iniziativa si propone anche come sfida giocosa: tutte le fotografie mostrate sono infatti consultabili sul portale dell’Archivio fotografico Sestini (www.archivio.museodellestorie. bergamo.it), che ad oggi ha superato le 16.000 fotografie catalogate. La maschera di ricerca alla voce “donna” ci mostra oltre 650 scatti: riconoscete quelle proiettate in Museo e scoprite le loro storie! La scansione cronologica con cui le proiezioni sono proposte permette di ripercorrere sia l’evoluzione del costume femminile che l’atteggiamento del fotografo nel modo di ritrarre la donna: dalle fotografie in formato cartes de visite in abiti caratteristici, ai ritratti in studio di fine Ottocento, fino ad arrivare ai ritratti dei primi decenni del XX secolo. Un’ampia sezione della rassegna è dedicata alle donne del Novecento: dalle più riflessive alle giovani spensierate, in posa o fotografate a loro insaputa, durante il tempo libero o concentrate al lavoro, da oriente a occidente, in una carrellata che mette in luce la poliedricità della figura femminile emersa dall’Archivio fotografico Sestini. LE IMMAGINI Sono due i fondi principali di questa rassegna: la Raccolta Lucchetti è una vasta e variegata collezione di immagini che, a partire dalle cartes de visite del XIX secolo, arriva agli anni Settanta del Novecento con il fondo Itala Bianzini, fotografa dilettante e appassionata che ha ritratto la donna con occhio sempre attento alla profondità dello sguardo. Per finire, il Fondo Agenzia Viaggi Lorandi ci regala uno spaccato di vita spensierata fatta di feste, momenti di relax al sole e chiacchiere tra amiche: sono le immagini dei viaggi turistici sulle grandi crociere sfarzose dagli anni 30 agli anni 60.
da vedere
Pop Art e dintorni SPAZIO ESPOSITIVO DI PALAZZO LOMBARDIA Milano, via Galvani 27 a cura di Elena Pontiggia dal 4 aprile - 29 maggio 2019 Il percorso espositivo, che si snoda in diverse sale, approfondisce un segmento di storia recente del nostro Paese, gli anni Sessanta e Settanta, attraverso una cinquantina di lavori - molti dei quali inediti - dei principali protagonisti milanesi della Pop Art, movimento artistico che più di ogni altro ha saputo esprimere le icone e le contraddizioni della società contemporanea e che, muovendo dagli Stati Uniti, ha animato anche l’Italia, specialmente dopo la celebre Biennale di Venezia del 1964. La collettiva muove da un panorama della Pop Art italiana con i grandi protagonisti della corrente, da Mario Schifano a Tano Festa, da Mimmo Rotella a Giosetta Fioroni e Concetto Pozzati, per poi concentrarsi sull’ambiente milanese con Valerio Adami, Enrico Baj, Paolo Baratella, Gianni Bertini, Fernando De Filippi, Lucio Del Pezzo, Umberto Mariani, Silvio Pasotti, Sergio Sarri, Giangiacomo Spadari, Tino Stefanoni, Emilio Tadini. L’esposizione evidenzia così i diversi punti di contatto, ma anche e soprattutto le differenze profonde con la Pop Art americana - da qui il sottotitolo “Pop Art e dintorni” - indagando come gli artisti italiani, ed in particolare milanesi, abbiano interpretato originalmente la tendenza, sullo sfondo di un’Italia inquieta che da un lato conosce il boom economico e dall’altro si avvicina ai tempi bui degli “anni di piombo”. La mostra si completa di un video-documentario con testimonianze e interviste esclusive agli artisti e alla curatrice raccolte da Stefano Sbarbaro, prodotto da TVN Media Group - Arte e Cultura. Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25 aprile e 1 maggio Ingresso libero Info “mailto: milanopop@f16arte.it” milanopop@f16arte.it
EMILIO TADINI 1967-1972 Fondazione Marconi Via Tadino 15 Milano Inaugurazione: 27 marzo dalle ore 18.00 alle ore 21.00 Dal 28 marzo al 28 giugno 2019 Orari: martedì - sabato, 11-19 ingresso gratuito www.fondazionemarconi.org
Accanto ai quadri, la mostra presenta una selezione di disegni e opere grafiche a testimonianza del fatto che Tadini ha sempre affiancato nei suoi “racconti per immagini” tela e carta, pittura e disegno. Obiettivo finale del progetto espositivo Emilio Tadini 1967-1972 è riportare “alla luce” il lavoro grafico e pittorico del maestro milanese per ricostruire la figura di un artista totale (pittore, disegnatore, intellettuale, scrittore e poeta) colto e profondo, anche alla luce del particolare rapporto con Giorgio Marconi, gallerista, collezionista e soprattutto amico di Tadini.
Terza mostra dedicata all’artista e intellettuale milanese Emilio Tadini dalla Fiondazione Marconi. Questo nuovo progetto espositivo pone l’attenzione sugli esordi della produzione artistica di Tadini, dal 1967 al 1972, ovvero dal primo ciclo Vita di Voltaire, che segna la nascita del suo linguaggio pittorico, fino ad Archeologia. Considerato uno tra i personaggi più originali del dibattito culturale del secondo dopoguerra italiano, fin dagli anni Sessanta Emilio Tadini sviluppa la propria pittura per grandi cicli, popolati da un clima surreale in cui confluiscono elementi letterari, onirici, personaggi e oggetti quotidiani, spesso frammentari, dove le leggi di spazio e tempo e quelle della gravità sono totalmente annullate. Le opere di Tadini nascono da un clima emotivo, da un flusso mentale “in qualche zona semibuia della coscienza” dove le immagini emergono in un procedimento freudiano di relazioni e associazioni e dove le situazioni “reali” che il pittore raffigura sono immerse nell’atmosfera allucinata del sogno, in un clima surrealista-metafisico. Questo processo automatico si sviluppa, più che sulla prima immagine del quadro, sulla serie: da un’immagine ne scaturiscono altre, modificandola e alterandola. Ogni volta l’artista produce un racconto, tanto che la sua pittura cresce a cicli, come una serie di romanzi a puntate. La lettura delle sue opere richiede strumenti di natura concettuale, le immagini apparentemente semplici e immediate, nascondono molteplici significati (“tutto accade davanti ai nostri occhi… il pensiero si ripara… dietro lo sguardo”), non mancano i riferimenti al Surrealismo e alla Metafisica di de Chirico, come anche alla psicanalisi di Lacan e Freud. Tadini domina con singolare capacità due tipi di linguaggi, il visivo e il letterario, lavorare per cicli lega anche la sua pittura alla cultura letteraria e in particolare alla pratica della scrittura, di cui è maestro. Il suo lavoro è dunque luogo di convergenza di linguaggi differenti. Tra il 1967 e il 1972 l’attività pittorica dell’artista è particolarmente prolifica e va delinandosi la sua modalità operativa e stilistica. Punto di partenza è la pop art: le prime due grandi serie di opere per cui Tadini concepisce un linguaggio pop sono la Vita di Voltaire, del 1967, e L’uomo dell’organizzazione, dell’anno successivo. Seguono, nell’ordine, Color & Co. (1969), Circuito chiuso (1970), Viaggio in Italia (1971), Paesaggio di Malevič e Archeologia (1972). Non sono tuttavia le aggressive manifestazioni tipiche del pop americano a interessarlo, bensì le varianti più introspettive e personali, a volte intellettuali, politiche e critiche, del pop britannico. Un occhio particolare è rivolto all’arte di Kitaj, Blake, Hockney e Allen Jones ma anche a Francis Bacon e Patrick Caufield, alla Figuration narrative di Adami, Arroyo e Télémaque. Sarà questa una fase di passaggio che l’artista abbandonerà negli anni Ottanta, destinata comunque a lasciare un segno indelebile nei suoi lavori successivi.
Lorenzo Antonio Predali, fotografo di provincia SECONDO APPUNTAMENTO AL MA.C.O.F CON “DENTRO LA PERMANENTE” LO SPAZIO DEDICATO AD AUTORI BRESCIANI STORICI E CONTEMPORANEI: DOPO RAMONA ZORDINI, FINO AL 4 APRILE, SARÀ POSSIBILE VISITARE LA MOSTRA DEDICATA A LORENZO ANTONIO PREDALI A CURA DI ROBERTO PREDALI
All’interno della mostra permanente del Ma.Co.F, a Brescia in via Moretto 78, nell’ambito dello spazio riservato alla fotografia bresciana, lo scorso 2 marzo si è inaugurata la mostra dedicata a Lorenzo Antonio Predali. Più di sessanta fotografia in grande formato e in stampa analogica su carta baritata ai sali d’argento, l’esposizione racconta il lavoro di uno dei maggiori interpreti della fotografia bresciana nella prima metà del 900. La mostra rimarrà aperta fino al 4 aprile 2019.
[.... osservando i ritratti di Lorenzo Antonio Predali, vediamo persone quasi sempre in posa, con sguardo serio, consce dell’importanza che quell’attimo aveva per loro e per gli altri. Era un’occasione unica per tramandare la propria immagine e si voleva che fosse quella “giusta”. Nessuno faceva smorfie, facce buffe o assumeva pose ridicole.] [... la foto, allora, rimaneva negli anni. E non era una delle foto: era la foto. Si nota come, che si tratti di una famiglia ricca o contadina, ciò che emerge è il profondo senso di dignità che le persone esprimono. Lo fanno anche nell’indossare i loro abiti migliori e questo vale per i più abbienti come per gli altri. Emerge una differenza di censo, non di dignità: quella è la stessa. A volte si utilizzava uno sgabello alto, per appoggiarci il gomito, con un vaso di fiori sopra, per conferire più autorevolezza alla posa del soggetto. Per sfondo si usavano dei teli, con paesaggi disegnati per fare spiccare il soggetto e per rendere più bello l’ambiente.]
[... i tempi cambiano e anche le persone. Cambiano i loro volti, il modo di vestire. Lorenzo Antonio ha fotografato fino al 1953, abbastanza per vederne due di guerre mondiali, non per fotografare i tempi della ripresa e del boom economico, ma da alcuni scatti si intravvede già un cambiamento, quella “mutazione antropologica” di cui parlava Pasolini. Quanto è moderna quella ragazza con l’abito appena mosso dal vento, sullo sfondo della galleria (chissà, anche questa segno di cambiamento?) e quanto è antico il suo volto? E lo sguardo di sfida dell’altra ragazza, con il cappellino bianco, i capelli corti e la sigaretta in mano? È una generazione nuova, che comincia a staccarsi dal mondo dei genitori e dei nonni, che cerca qualcos’altro.]
BIOGRAFIA LORENZO ANTONIO PREDALI “Vino cattivo - fotografo” Lorenzo Antonio Predali nasce a Marone il 31 dicembre 1886. È figlio di Antimo, operaio serico che si è trasferito da Peja (BG) a Marone per lavorare nell’opificio dei Vismara, e di Marina Ghitti dei Bagnadore. Lorenzo Antonio, adolescente, comincia a realizzare immagini in collaborazione con il fratello Battista, dopo che lo zio Lorenzo Ghitti ha loro insegnato alcuni elementi di fotografia. Le prime fotografie datate con precisione sono del 1904 e documentano lo scavo di una galleria della ferrovia camuna. Sono firmate «Fratelli Predali». Si sposa nel 1910 con Maria Ida Poli Rosalinda e dal loro matrimonio nascono Dionisia Marina Nisa, lole Pierina, Marina Luigia Marini, Irma Pierina, Angela Apollonia, Antimo Raffaello e Antonio Epifanio Tonino. Fino al 1912 Lorenzo Antonio svolge l’attività di falegname capomastro (mentre Battista è falegname) e in quell’anno cade da un’ impalcatura. L’incidente gli fornisce l’occasione per approfondire la conoscenza della fotografia e per trasformare il proprio passatempo in professione. Nel 1914 inizia, parallelamente a quella di fotografo, l’attività di oste, sotto l’insegna «Vino Cattivo - Fotografo». Durante la Prima Guerra Mondiale Lorenzo Antonio è fante del 40° battaglione e Battista membro di una banda musicale militare. Alla fine della guerra Lorenzo continua la professione di fotografo-oste, mentre Battista preferisce dedicarsi al lavoro di falegname. Lorenzo Antonio Predali fotografa con continuità fino al 1953. L’alluvione del 9 Luglio 1953 distrugge l’abitazione e il laboratorio di Battista e una parte dell’archivio di Lorenzo Antonio. Per i Predali, come per molte famiglie di Marone, è una batosta. Lorenzo Antonio Predali muore a Marone il 2 Ottobre 1962.
Il rigore dell’inesattezza nella pittura di Oscar Giaconia Fotografie Paolo Biava
IL 2019 DELLA GAMEC, LA GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI BERGAMO, SI È APERTO CON LA PRIMA MOSTRA PERSONALE ISTITUZIONALE DI OSCAR GIACONIA
photo © antonio maniscalco courtesy GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
Si è conclusa il 24 febbraio Hoysteria, mostra di Oscar Giaconia alla GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, primo appuntamento museale dell’artista in un’istituzione italiana. Il linguaggio elettivo di Giaconia è la pittura, rigorosamente gestita su carta e materiali inorganici, che predilige rispetto alla tela: carta lubrificata, carta dielettrica, fibra cellulosica, supporti inorganici, bioplastiche. Le cornici e i dispositivi esterni vengono progettati e costruiti dall’artista utilizzando supporti sintetici, quali silicone, neoprene, nylon, gomma para. Lo studio, ubicato in provincia di Bergamo, sorge all’interno di un capannone industriale: è una sorta wunderkammer stipata di oggetti di cui Giaconia si attornia che funzionano come catalizzatori e trasformatori del suo immaginario patologico. La mostra personale alla GAMeC, il cui titolo è una “parola valigia” che contiene una fusione tra “osteria”, “ostrica” e “isteria”, termini che alludono a contenitori di diversa natura, capaci di accogliere un qualche tipo di ospite, era interamente rivestita di salpa, un derivato del cuoio che nasce dalla lavorazione di scarti di fibre di pelle di origine bovina.
photo © antonio maniscalco courtesy GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
Al centro dello spazio espositivo sorgeva la mastodontica tassidermia di un tubo fognario, Calabiyau (2018), e la ricostruzione in legno di una vecchia bettola, anch’essa inguainata nello stesso materiale fantasma. Attorno, una serie di dipinti di varie dimensioni raffiguranti locandieri, falsari, vecchi nostromi, sentinelle, spettri, mostri, mettevano in scena una degenerazione contemporanea della pittura di genere. Durante l’ultimo weekend della mostra in GAMeC, Oscar Giaconia in collaborazione con Vittorio Sodano, truccatore prostetico due volte nominato all’Oscar per Apocalypto di Mel Gibson e per Il divo di Paolo Sorrentino, è stato trasformato in uno stregone-pastore durante un’elaborata sessione di trucco prostetico. Il materiale di documentazione prodotto durante l’intera operazione funziona come “rovina dis-funzionale” per Unimog Painting Dystopia, il
prossimo ciclo pittorico di Giaconia: i primi dipinti di questa nuova stagione saranno visibili durante Miart, fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano che si terrà ad Aprile nel capoluogo lombardo, dove i lavori di Giaconia verranno presentati dalla Galleria Thomas Brambilla, che dal 2011 rappresenta l’artista. In occasione di Hoysteria è stato pubblicato un catalogo monografico bilingue edito da GAMeC Books. Il catalogo include contributi di Gian Antonio Gilli, professore ordinario di Sociologia presso l’Università del Piemonte Orientale; Antonio Rezza, attore, regista, scrittore, Leone d’Oro per il Teatro alla Biennale di Venezia 2018; Stefano Raimondi, direttore di The Blank, Bergamo; Andrea Zucchinali, dottorando in Teoria e analisi dei processi artistico-letterali, e una conversazione fra l’artista e le curatrici della mostra.
Martina Caruso è il talento femminile della cucina italiana Fotografie Lido Vannucchi
MARTINA CARUSO È LA CHEF DONNA DELL’ANNO PER LA MICHELIN. QUATTRO ANNI FA ERA STATA L’ITALIANA PIÙ GIOVANE A CONQUISTARE UNA STELLA COL ‘SIGNUM’, IL RISTORANTE DI FAMIGLIA NELL’ISOLA DI SALINA. IL SUO PIATTO CHE LA RAPPRESENTA? “GLI SPAGHETTI ALLE VONGOLE, SONO SEMPLICI MA, ATTENZIONE, È FACILE SBAGLIARE COME CON LO SPAGHETTO AL POMODORO. BISOGNA SAPERLO PRENDERE...”
Il 4 marzo 2019, nell’ambito della quarta edizione dell’Atelier des Grandes Dames, un network che ha lo scopo di celebrare il talento femminile nell’alta ristorazione voluto da Veuve Clicquot, Michelin ha assegnato il premio Chef Donna 2019 a Martina Caruso, Ristorante Signumm, Isola di Salina (Sicilia), una stella Michelin dall’edizione 2016. Martina Caruso, classe 1989, muove i primi passi in cucina nella struttura di famiglia, che offre una meravigliosa vista su Stromboli e Panarea. Nei mesi di chiusura invernali ha lavorato al fianco di diversi chef stellati che hanno segnato il suo percorso di crescita e che l’hanno arricchita professionalmente. Stella Michelin dall’edizione 2016, propone una cucina locale e mediterranea aperta a contaminazioni interregionali e internazionali alla cui base troviamo gli aromi dell’isola. Non manca la tradizione che Martina propone a suo modo, con il coraggio di chi vuole evolversi e non essere mai banale.
Una cucina che gli ispettori definiscono strutturata, ma allo stesso tempo fresca e delicata con proposte originali che esaltano i sapori e i profumi dei prodotti locali. Martina Caruso ha ricevuto il premio Michelin Chef Donna 2019 per la grande volontà e capacità di progredire e di rappresentare la sua isola raggiante, attraverso una grande tecnica e il tocco femminile di una giovane donna appassionata e determinata. Martina è una delle 43 chef a capo di ristoranti stellati in Italia (che sono 41 in totale). In tutto il mondo le chef sono 169. Il premio speciale Michelin Chef Donna 2019 by Veuve Clicquot si inserisce tra i premi assegnati da Michelin in occasione della presentazione della 64a edizione della Guida Michelin Italia, lo scorso novembre, quale riconoscimento di storie di italiani di successo che contribuiscono all’eccellenza del patrimonio culturale della nostra nazione: il premio Giovane Chef Michelin 2019, è stato assegnato a Emanuele Petrosino, I Porticim, Bologna, il premio Qualità nel Tempo Michelin 2019 è stato assegnato a Hélène Stoquelet, La bottega del 30m, Castelnuovo Berardenga (SI), il premio Servizio di Sala Michelin 2019 è stato assegnato a Barbara Manoni, Casa Perbellinin, Verona, il premio Passion for Wine Michelin 2019 è stato assegnato a Auguštin Devetak, Locanda Devetak, Savogna d’Isonzo (GO).
fuochi di paglia di Giorgio Paglia www.fuochidipaglia.it
LE DIFFERENZE DEGLI OPPOSTI
È dal 2008 che l’Italia, e non solo, vive una profonda crisi economica. Di solito la congiuntura subisce degli alti e dei bassi nel tempo, ma da 11 anni dei miglioramenti significativi non se ne sono visti. Pensate che da quando è stato introdotto l’euro, 20 anni fa, i tedeschi hanno guadagnato +23.166 € ciascuno, gli olandesi +21.003 €, mentre i francesi hanno perso -55.996 € e gli italiani addirittura -73.605 € a testa (fonte tedesca). A causa di ciò, la classe media è stata falcidiata e scaraventata verso il basso, i poveri sono diventati più poveri, mentre i ricchi continuano ad aumentare i loro averi. Così l’Europa non è diventata una proficua confederazione di Stati, stile USA o Svizzera, con un bel parlamento dai pieni poteri che legiferasse per tutte le nazioni, con le stesse tasse per ogni paese e con una vera banca centrale. Abbiamo solo istituito una moneta unica, abbiamo tolto le frontiere e poi ognuno si è fatto i suoi interessi anche alle spalle degli altri. Una specie di teatrino delle comparse, dove degli euroburocrati, che contano poco o niente, prendono stipendi da 30.000 € al mese. Nel frattempo il mondo è cambiato con la globalizzazione sregolata e la competizione è diventata spietata. L’Europa così invecchia e si indebolisce su tutti i fronti, mentre l’Italia, senza vere riforme strutturali, diventa il fanalino di coda degli ultimi. Il risultato finale è semplice: la tensione sociale sale (vedi cosa succede da mesi in Francia) e con lei anche la paura e l’egoismo. Una miscellanea pericolosa, che può esplodere da un momento all’altro. Certo, gli italiani non sono gli spagnoli o i francesi, e non sono capaci di ribellarsi più di tanto a un malgoverno evidente. Da secoli siamo abituati a subire dominazioni e soprusi di ogni genere, ma proviamo anche un sottile senso di piacere ad esser comandati. Almeno la colpa, più che il merito, può essere sempre addebitata a qualcun altro. Il termometro della situazione generale è palpabile anche girando per strada.
La gente è preoccupata, timorosa, quasi triste. Il futuro viene vissuto con angoscia, perché tutto può cambiare in un attimo e arrivare alla rovina è questione di pochi mesi. La storia chiamerebbe questo periodo come una nuova decadenza recessiva. È vero, si può ancora incontrare qualche signora sciantosa che scende da un macchinone e passeggia in centro con la pelliccia di visone lunga fino ai piedi, con la chioma vaporosa elaborata da un coiffeur di moda e con la borsa griffata da 5.000 €, ma è una rarità che comunque oggi stride. Non è più invidiata, è semplicemente compatita. Quando le cose andavano bene, o almeno sembravano andar bene, gli italiani non si lamentavano più di tanto nemmeno per le troppe tasse, perché c’era il nero. L’evasione non era di sopravvivenza, era di diritto. Oggi, con l’arrivo della telematica e dei controlli digitali incrociati, evadere è diventato molto più difficile, ma ancora ci si arrangia. Infatti se un idraulico, con regolare partita IVA, è assoggettato a quasi il 70% di imposte e al 22% di Iva, è ovvio che faccia uno sconto sostanzioso per un pagamento cash senza fattura. Conviene al cliente e conviene al fornitore. Il vero problema è che la forbice tra i ricconi e i poveracci si allarga sempre di più. In un clima di recessione e di difficoltà, i benestanti non possono nemmeno venir emulati, perciò sembra inutile persino ostentare. E poi aggirarsi nel pantano non è mai bello, neanche per una supercar.
Così va l’Italia, nella disperazione degli opposti. Tra tante persone che provano a ritornare alla natura, o che si rifugiano in nuove filosofie spirituali, per sfuggire alle ansie e alle preoccupazioni quotidiane. Quasi la soluzione fosse nascosta nei meandri della speranza e della fede. E ciò la dice lunga sulla situazione economica in cui ci siamo cacciati. Anche su Twitter: @Fuochidipaglia
CHI C’ERA
ROTARY TREVIGLIO PER CHANGE ONLUS È stato lo storico caffè Milano nella piazza principale di Treviglio ad ospitare una serata organizzata da Rotary Treviglio e Bassa bergamasca a favore di Change Onlus che da quasi 15 anni opera in Africa per portare cure mediche alle popolazioni di alcune aree particolarmente svantaggiate del Madagascar e più precisamante a Sakatia e Ampefy dove, grazie all’impegno di tanti volontari, sono stati costruiti due dispensari, due ambulatori dentistici e un centro sanitario. Alla serata erano presenti presenti molti dei volontari della Onlus che hanno raccontato dei progressi compiuti nei progetti in corso. Change Onlus considera la tutela della salute un diritto universale. Per questo chiunque, in qualsiasi zona del mondo viva, dovrebbe poter avere accesso alle strutture sanitarie e usufruire di cure mediche di base e specialistiche. L’Associazione vuole contribuire a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni dei paesi in cui opera, intervenendo nei contesti di degrado, povertà e carenza di strutture sanitarie. Change Onlus aspira ad un mondo senza disuguaglianze, nel quale le popolazioni non siano più costrette a morire per malattie da tempo curabili a causa della carenza di strutture mediche e dove la tutela della salute possa diventare la base per uno sviluppo complessivo e sostenibile. In questi giorni alcuni dei volontari sono in Madagascar per migliorare la funzionalità dei due ambulatori odontoiatrici già installati e rifornire di medicine e attrezzature il centro sanitario. Durante l’incontro, Daniele Manzotti rinomato pasticcere e anima del Caffè Milano, ha raccontato la storia di come vennne inventata la Turta de Treì, una delle sue ricette più tradizionali, diventata un simbolo della cittadina, avendo anche ottenuto il marchio di Dolce Tipico Bergamasco: una delizia made in Treì distribuita sia in Italia, sia all’estero.
Ph. Sergio Nessi - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bg.it
ma stai scialla Vi è capitato di ascoltare qualche discorso tra adolescenti, o anche pre-adolescenti e rimanere interdetti sentendoli parlare, soprattutto tra di loro. Il linguaggio giovanile si sta evolvendo molto rapidamente, inventando nuove parole che sono spesso legate alla tecnologia, smartphone, internet, social network, ma anche alla musica o a particolari passioni, come per esempio quella per manga (fumetti) e anime (animazioni) giapponesi o per certe saghe come quella di Harry Potter o Il signore degli anelli. Quindi se qualcuno vi dice: “che sbatti!”, vi sta dicento che state rompendo le scatole, così come dire “non ho sbatti” significa che non ha voglia di fare quello che avete chiesto. Se il termine “petaloso” ha fatto il giro del web, sappiate che esiste anche un “puccioso”, che viene usato per indicare una cosa, un animale, una persona, che il ragazzo trova particolarmente carina e tenera mentre “vai tra” e “tranqui” sono invece usati per dire non preoccuparti, stai tranquillo, non faccio la spia. Molto divertente è anche l’espressione “calma gli ormoni”, che chiaramente significa “datti una calmata”. Il tema amoroso sembra essere particolarmente sentito, d’altra parte siamo nell’età dei primi travolgenti innamoramenti. Anche se il comune “sei cotto/a” sembra andare ancora di moda, i ragazzi si divertono anche a creare le “ship”, cioè a unire in un solo nome i nomi di due persone, amici o amanti, che reputano particolarmente affini. Vi ricordate il termine “Brangelina”, usato per indicare la coppia, ormai scoppiata, più bella del mondo (Brad Pitt e Angelia Jolie)? Ecco, si intende così. Ma attenzione: i personaggi “shippati” possono essere persone reali ma anche personaggi tratti da manga, libri e chi più ne più ne metta, mescolati tra loro senza una logica apparente. Sempre in tema amoroso c’è il termine “Otp”, che indica una coppia praticamente perfetta agli occhi dei ragazzi.
Molto divertenti anche i termini per indicare il preservativo, che vanno da un “pigiamino”, “impermeabile”, fino al fantastico “domopak”. È molto diffuso anche il verbo “spoilerare”, che significa rivelare a qualcuno qualcosa che la persona non vuole sapere: il finale di un film o di un libro per esempio, ma anche rivelare ad altri qualche cosa che i ragazzi preferirebbero tenere nascosta. Insomma se fotografate vostra figlia in pigiama sul divano che dorme abbracciata a un pupazzo e la pubblicate su Instagram, state certi che lei vi risponderà indignata: “questo è spoilerare!”. Ci sono poi tanti termini decisamente legati all’uso dello smartphone e soprattutto a WhatsApp, sempre più utilizzato dai giovani. Qui regnano le abbreviazioni: “pk” è perchè, “nn” non, “grz” grazie, “nll” nulla, di niente, “bn” bene, ok, “cs” casa e il classico “cmq”, comunque. Sempre su WhatsApp molti ragazzi usano “ruolare”, cioè scrivere messaggi all’interno di un gruppo fingendosi un personaggio ripreso da qualche film o libro che tutto il gruppo conosce e ama. Naturalmente tutti questi termini cambiano in continuazione e possono essere anche molto diversi da regione a regione o anche solo all’interno di una compagnia di ragazzi, che inventa un suo linguaggio specifico. Qualche esempio? Un professore di matematica diventa “Il prof a quadretti”, per via dei quadretti dei quaderni, un professore che soffre di vitiligine diventa “il prof macchia” (che cattiverie…), per non parlare del professore che ha accarezzato i capelli di una ragazzina in evidente panico durante una verifica per tranquillizarla e che si porterà addosso per anni l’ignobile soprannome di “Pedoprof ”. A noi adulti sembreranno espressioni “stupide”, brutte o comunque contrarie alla lingua italiana corretta. Ma ogni epoca ha avuto le sue, tecnologia o meno.Vi ricordate quando dicevamo “cioè” dieci volte in una frase di venti parole? O quando chiamavamo i nostri genitori “matusa”? Insomma non facciamone un dramma. Anche perchè sembra proprio che i neologismi nascano perchè servono. Lo afferma Vera Gheno, Twitter manager e collaboratrice dell’Accademia della Crusca, che sostiene: “Abbiamo un nuovo significato, come dice il linguista svizzero Saussure, ovvero un concetto, una cosa, un oggetto, qualcosa insomma che prima non c’era e che quindi ha bisogno di un nome. Si possono creare parole nuove per gioco, per voglia di fare esperimenti con la lingua. Non a caso i linguaggi giovanili e i linguaggi telematici, particolarmente ‘giocosi’, sono terreno fertile per la creazione di neologismi”. Quindi non facciamoci il sangue amaro e ricordiamoci che probabilmente, nel momento in cui scriviamo, i nostri ragazzi avranno già inventato altre decine di espressioni, perchè il mondo va in fretta, soprattutto quello dei giovani. Da “scialla” (tranquillo) a “lovvare” (amare), ecco alcune delle parole più ricorrenti nel linguaggio giovanile riportate nel glossario “Bella ci! Piccolo glossario di una lingua sbalconata”: ACCANNARE: lasciare, detto specialmente di un ragazzo e unaragazza che stanno insieme (“mi ha accannato per un altro”)
ACCHITTARSI: vestirsi in maniera elegante (“Chiara si è acchittata per te stasera!”) APPICCIO: accendino (“Hai un appiccio? Devo fumare”) BAITARE: fare da esca (“Baitalo che arriviamo”) BOMBARE: avere un rapporto intimo con qualcuno (“Marco si è bombato una ragazza russa”) CEPPA: Brutto (“Sei una ceppa”) CHARMARE: Incantare, affascinare (“Sono stato charmato, non posso fare nulla”) DRUM: tabacco (“Mi fai un drummino?”) FAILARE: sbagliare (“Ho failato alla grande”) FLAMMARE: litigare animosamente tramite messaggi (“Basta flammare”) IMPANZARE: mettere incinta una ragazza “Quando ti decidi a impanzare la tua ragazza?” NERDARE: giocare accanitamente ai videogiochi (“Stiamo nerdando da questa mattina”) PEZZOTTO: contraffatto, fasullo (“Quel maglione è pezzotto”) RINCO: imbecille (“Luca è un rinco”) ROLLARE: girare una cartina con il drum (tabacco) per fare una sigaretta (“Rollami una sigaretta”) SCHIOPPARE: scoppiare (“Basta, mi sta schioppando la testa”), anche percuotere qualcuno (“Ti schioppo, se non fai come dico io”) SMELLA: cattivo odore, puzza (“Senti che smella in questa stanza”) SVACCARE: Essere meno grassa (“Il nero svacca”) WHATSAPPARE: Inviare un messaggio tramite WhatsApp Queste alcune locuzioni: A PALLA DE FOCO: Velocemente (“Ho corso a palla de foco”) FAR SALIRE IL CRIMINE: Arrabbiarsi moltissimo (“Guardare Favij mi fa salire i crimini”) FARE LA BAVA: essere innamorato in modo irrefrenabile (“Stai a fa’ la bava dietro quella ragazza”) MA CHE NE SANNO I 2000: espressione adottata per indicare l’ignoranza di coloro nati nel XXI secolo STARE SOTTO: essere molto coinvolto sentimentalmente da una persona (“Mirko ci sta sotto per Gloria”) STARE SOTTO UN TRENO: essere distrutto fisicamente e/o psicologicamente (“Da quando ti ha lasciato stai sotto un treno”).
LUIGI GARLANDO
il mestiere più bello del mondo Testo Tommaso Revera Fotografia Zampediverse
LUIGI GARLANDO, GIORNALISTA DELLA GAZZETTA DELLO SPORT NONCHÉ UNO DEI PIÙ NOTI AUTORI PER RAGAZZI, OSPITE A BERGAMO PER LA PRESENTAZIONE DEL SUO ULTIMO LIBRO PUBBLICATO CON RIZZOLI: ‘IL MESTIERE PIÙ BELLO DEL MONDO. FACCIO IL GIORNALISTA’ Il tuo ultimo libro ‘Il mestiere più bello del mondo. Faccio il giornalista’ racconta la tua storia ricorrendo ad interessanti aneddoti che coinvolgono sportivi e famosi. Ne ricordi uno in particolare più degli altri? “La semifinale con la Germania durante i Mondiali del 2006 è stata certamente la partita più emozionante della mia vita. Non solo per il risultato che ne scaturì ma per l’emozione provata insieme ai tantissimi italiani emigrati in Germania con i quali ho praticamente convissuto per oltre un mese. Poi, in occasione di quel Mondiale, curavo una rubrica dedicata al personaggio della partita e quella sera poco prima della mezzanotte, quando stava per iniziare il secondo tempo supplementare, ancora non avevo scritto nulla: per fortuna quel passaggio meraviglioso di Pirlo a Grosso ha cambiato tutto ispirandomi nel momento professionalmente più stressante della mia carriera”. Durante la presentazione del libro avvenuta a Bergamo il 7 marzo scorso al tuo fianco c’era Giampiero Gasperini, un tecnico molto in gamba ma con un bel caratterino come dimostrano gli alterchi avvenuti negli anni con qualche tuo collega… Che rapporto c’è tra giornalista e intervistato nel mondo del pallone? “L’ho invitato anche per questo e non solo per il rapporto di amicizia che ci lega da tanti anni. L’ho conosciuto in tempi per lui non facili quando sedeva sulla panchina dell’Inter. Credo di essere stato anche l’unico giornalista italiano che l’ha difeso e che intravedeva in lui quelle qualità che oggi tutti riconoscono. Ho pensato che una presentazione congiunta per questo manuale di giornalismo rivolto ai ragazzi potesse essere ancora più efficace proprio per raccontare il dietro le quinte e il rapporto tra giornalista e intervistato”. Cronaca sportiva o narrativa per bambini: preferisci scrivere attenendosi ai fatti o scrivere dando adito a fantasia e immaginazione con la fantasia? “I miei libri hanno un comune denominatore: parto sempre da un fatto o da un personaggio reale, come avvenuto per esempio anche con il mio libro più conosciuto nelle scuole, ‘Per questo mi chiamo Giovanni’ che è la storia di Giovanni Falcone raccontata ai ragazzi, per poi ricorrere alla fantasia”. Oggi con quel che accade (violenza negli stadi, doping, scommesse, ecc) è ancora possibile educarsi ed educare attraverso lo sport? “Sì assolutamente anche se a volte, soprattutto tra le mamme, si ha paura di ciò che si vede. È come vedere il giardinetto sotto casa pieno di siringhe: è più facile dire al proprio figlio di allontanarsi oppure che è il caso di risistemarlo, sforzandosi di ripulirlo? La stessa cosa la dobbiamo fare noi, operatori di sport. È vero che esistono esempi negativi ma è pur vero che lo sport resterà sempre la miglior palestra per tutti i nostri ragazzi. Qualche giorno fa, l’ho ricordato anche su Twitter, a Scampia è stato arrestato il boss Marco Di Lauro; lo stesso giorno, sempre a Scampia, il figlio adottivo di Gianni Maddaloni, Nosa Bright Maddaloni, è diventato campione italiano di Judo under 15. Un’ulteriore dimostrazione di come lo sport sia in grado di strappare i ragazzi dalla strada per educarli al rispetto delle regole e degli avversari”. Visto che nel libro non lesini suggerimenti, quale consiglio ti senti di dare ad un giovane che intende ripercorrere le tue orme? “Il primo suggerimento è quello di leggere (e di farlo tanto) a prescindere da ciò che si vuole fare da grandi. Mettere nel proprio serbatoio, per lo meno inizialmente, le parole degli altri aiuta a fare in modo di esprimersi con parole proprie quando ce ne sarà occasione. Poi è fondamentale guardarsi attorno, essere svegli, coltivare la curiosità, osservare il mondo. Leggere e curiosare, quindi, e quando avranno l’età per poter scrivere, si renderanno subito conto se potrà essere o meno la loro strada”.
C’è un personaggio del mondo dello sport, allenatore o giocatore, che hai avuto modo di intervistare e su cui avresti scommesso ancor prima della sua consacrazione? “Qualcuno sì, Gasperini in un certo senso lo è stato. O anche Kakà a cui avevo dedicato un reportage quando stava per approdare in Italia intervistando i suoi allenatori di San Paolo. Uno in particolare mi disse che si recava al campo di allenamento sempre con i tacchetti di ferro nonostante il terreno di gioco fosse sempre piuttosto secco. Quando gli chiesero spiegazioni circa l’utilizzo di quei tacchetti, l’ex talento rossonero rispondeva sempre ‘ma io andrò a giocare in Europa e lì giocano con questi tacchetti. Mi devo abituare’. Ecco, quando hai di fronte una persona che già a quell’età risponde in quel modo, con quella mentalità, con quella fame, con quel desiderio di arrivare, allora comprendi di avere di fronte un futuro campione”. C’è, invece, un’intervista che, magari in occasione delle tue prime esperienze, ti ha prodotto un imbarazzo tale da volerti sotterrare? “Fortunatamente no. Ne ho fatte tante ma, senza presunzione, non mi è mai capitato. Alcune certamente sono più riuscite di altre ma anche le meno interessanti le ho sempre portate a casa”.
Da addetto ai lavori che idea ti sei fatto dell’esultanza da stadio di Lele Adani e Riccardo Trevisani in occasione di Inter-Tottenham? Non credi abbiano un filo esagerato? Quanto è importante, a prescindere dalle simpatie personali, rimanere equilibrati nel giornalismo di oggi? “È fondamentale nel nostro lavoro rimanere equilibrati, ne parlo anche in quest’ultimo libro. La simpatia per la propria squadra del cuore va in un certo senso mitigata per riuscire ad essere il più imparziale possibile. In questo senso è curioso il fatto che in trent’anni di carriera l’unica querela che ho ricevuto sia stata quella dell’Inter, squadra per cui tifo. Un episodio che rivendico sempre con un certo orgoglio e la considero a tutt’oggi una medaglia. Detto questo non criminalizzerei certi episodi: è bella la passione che un evento sportivo può suscitare. A maggior ragione se il mezzo di diffusione è la televisione dove tutto è volutamente più enfatizzato”. Atalanta e Brescia stanno brillando nei rispettivi campionati: credi che l’anno prossimo potranno tornare a darsi battaglia nella massima serie? “Credo proprio di sì. Sinceramente non ho seguito tanto il Brescia ma, a giudicare dai risultati, direi di sì. Anche la piazza lo merita. Le rivalità così accese, se tenute nei giusti argini, sono anche belle da vedere”. Recentemente hai assistito al big match Napoli-Juventus che ha di fatto confermato l’egemonia della vecchia signora nel campionato italiano. Come si è arrivati ad una supremazia così netta da parte dei bianconeri? Quando pensi si potrà invertire questo trend? “La parola chiave per spiegarlo è una sola: programmazione. Una cosa che è mancata a tutta la concorrenza per motivi diversi. A Milan e Inter per esempio, che sono le prime rivali in Italia, per via dei cambi di proprietà. La Juventus, invece, che è nelle mani di una famiglia da tempo, ha programmato il cambiamento sia a livello di squadra che di struttura (vedi lo stadio di proprietà) con anche prese di posizione ‘dolorose’ e senza troppi sentimentalismi come gli addii a Del Piero e Buffon. Questo lavoro nel tempo ha pagato e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un percorso studiato per cui adesso vedremo se arriverà anche la Champions, la vera ciliegina sulla torta”. Se ti chiedessi di sbilanciarti e indicarmi i tre giovani calciatori che faranno la fortuna della nazionale? “Non è difficile: un tris di calciatori che sta crescendo vertiginosamente e che da tempo non avevamo più sono Barella, Chiesa e Zaniolo. Quando nel corso dell’ultima intervista fatta a Roberto Mancini mi disse che sognava di vincere Europeo e Mondiale, mi sembrava una follia ma vista la crescita impressionante di questi ragazzi c’è da ricredersi. Senza tralasciare Donnarumma, autore di una stagione straordinaria”.
GARLANDO RACCONTA LA SUA STORIA, TRA DIVERTENTI ANEDDOTI CHE COINVOLGONO SPORTIVI FAMOSI E PREZIOSI CONSIGLI PER CHI SOGNA DI SEGUIRE LE SUE ORME E DIVENTARE UN GIORNALISTA
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