ANNO 15 - N° CENTOQUARANTANOVE - MAGGIO 2019 - € 3 COPERTINA IL BRESCIA TORNA IN SERIE A MASSIMO CELLINO MR PRESIDENT STEFANO MORESCHI 30° ANNIVERSARIO PER MANDOLINI AUTO FISH & CHEF: LA RIVOLUZIONE DELLA X EDIZIONE
BRESCIA MAGAZINE
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Fotografia Stefano Nicoli
MITI E LEGGENDE DELL’ERA DELLE MISS 20° COMPLEANNO CIRCUS
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EDIT
Visto il risultato non si può che tesserne le lodi come football manager. Due anni fa ha rilevato il Brescia Calcio che in pochi, almeno in città, avrebbero voluto accollarsi. Ad onor del vero qualche tentativo è stato anche imbastito ma era scaturito più da uno spirito di bandiera, per non lasciare affondare la squadra nei debiti e nelle serie minori, che da vere intenzioni di sviluppare un progetto per riportare le Rondinelle agli antichi splendori. Ci hanno provato industriali e politici ma, dopo l’uscita di scena di patron Corioni, ha subito anche alcuni passaggi di mano abbastanza spericolati, fino ad una sorta di lento oblio al quale sembrava condannata la squadra negli ultimi anni con una tifoseria depressa e rassegnata a vedere sull’altra sponda dell’Oglio la rivale di sempre competere per un posto in Europa e da qualche stagione ai vertici per l’Europa che conta. Poi sulla scena compare lui Massimo Cellino che il 10 agosto 2017 rileva il Brescia Calcio, militante in Serie B, per 6,5 milioni di euro. Nel giro di un anno crea un centro sportivo di proprietà e rinnova lo Stadio Rigamonti, oltre che creare una rosa competitiva. Nella stagione 2018-2019 conduce la squadra alla promozione in Serie A dove mancava da 8 anni. Un traguardo davvero inatteso ma raggiunto con un grande impegno che ha portato il nuovo presidente a rivoluzionare l’ambiente del Brescia Calcio, palesemente convinto di puntare su un cavallo vincente.
vito emilio filì
Massimo cellino: grazie a lui il brescia torna in serie a
Per capire un po’ meglio chi sia il nuovo patron che approda in serie A abbiamo chiesto di avere una intervista ma siamo ancora in lista d’attesa e ci risulta che lo stesso non si conceda tanto volentieri. Del resto, con il mondo dei media ha già avuto i suoi problemi a causa di alcune vicende che hanno visto il personaggio indagato a più riprese dalla Magistratura italiana per via di alcune operazioni non sempre trasparenti. Per sapere di più vi rimando al servizio interno che dedichiamo a questo storico ritorno nella massima divisione per il Brescia Calcio e per la città. Vi posso anticipare che Cellino ha il calcio nel sangue e, come tanti altri che vivono in quel mondo, ha un vissuto personale un po’ turbolento che non gli impedisce però di ottenere ottimi risultati. Poi, chi è senza peccato scagli la prima... palla (verrebbe da dire...) e, probabilmente per questo, la città ha fatto finta di non vedere qualche ombra. Parte da lontano, imprenditore sardo, azienda di famiglia per la macinatura delle granaglie, evidentemente agiato ha iniziato a fare sul serio con il calcio comprando il Cagliari nell’estate del 1992 e durante la sua gestione il Cagliari ha disputato 17 campionati di Serie A arrivando fino ad un 6° posto, due 9º e tre 10º posti come migliori piazzamenti, subendo due retrocessioni e 5 campionati in serie B (con due promozioni), ha raggiunto una semifinale di Coppa UEFA e due semifinali di Coppa Italia. Nel giugno del 2014, dopo travagliate vicende legate alla costruzione di un nuovo Stadio a Cagliari cede il pacchetto di azioni di sua proprietà dopo 22 anni di gestione del sodalizio sardo, il periodo più lungo della storia del Cagliari. Cercherà di dare l’assalto alla Premier League in Inghilterra ma i suoi precedenti incidenti con i tribunali italiani hanno fatto arricciare il naso ai figli di Albione che gli hanno di fatto impedito di comprare prima Il West Han e poi il Leeds. Torna allora in Italia e trova che la squadra del Brescia, con il potenziale di una città dalle dimensioni economiche non trascurabili, sia la storia giusta per lui. E in questo pensiamo che ci abbia visto bene anche sull’esempio di altri club, vedi Atalanta, che con una buona gestione da parte di gente che capisce di calcio e calciatori, può oggi fare capolino al fianco delle grandi squadre italiane con un effetto positivo che ricade sull’immagine della città.
Gli si perdona tutto
AMANO E SOFFRONO COME NOI di Bruno Bozzetto
in questo numero
BRESCIA www.qui.bs.it
autorizz. Tribunale di Brescia n°18 del 22/04/2004
EDITA PERIODICI srl
cover story IL BRESCIA TORNA IN SERIE A
Via Bono 10 Bergamo Tel 035.270989 - Fax. 035.238634 www.editaperiodici.it Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it
MASSIMO CELLINO - mr. PRESIDENT
Responsabile redazione: Tommaso Revera redazione@qui.bs.it Responsabile grafica: Paolo Biava grafica@qui.bs.it Redazione eventi: Valentina Colleoni redazione.chicera@qui.bg.it Hanno collaborato in redazione: Bruno Bozzetto, Lisa Cesco, Franco Gafforelli,
STEFANO MORESCHI - 30° anniversario per Mandolini
Maurizio Maggioni, Alice Bonanno, Giorgio Paglia, Valentina Colleoni, Federica Sorrentino Fotografie di: Federico Buscarino, Sergio Nessi, Paolo Biava, Paolo Stroppa, Daniele Trapletti Matteo Marioli, Lorenzo Passini, Matteo Biatta Stampa: Euroteam Nuvolera Brescia
X EDIZIONE PER FISH & CHEF
MITI E LEGGENDE DELL’ERA DELLE MISS
TERAPIE NON FARMACOLOGICHE
LA FAMIGLIA AL CENTRO
RESIDENZA ASTORIA
UN GIOVANE TALENTO
FISH & CHEF: X EDIZIONE
20° compleanno Circus
UnibsDays 2019
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A
IL BRESCIA RITORNA IN SERIE Tommaso Revera - Fotografie Stefano Nicoli New Reporter
IL BRESCIA TORNA NELLA MASSIMA SERIE DOPO 8 ANNI DI PURGATORIO
“Forse chissà succederà, canta con noi che torniamo in serie A” Il coro divenuto presto un mantra per tutti i supporter e i simpatizzanti della Rondinelle è stato di buon auspicio! Il Brescia torna finalmente nel calcio che conta al termine di una stagione straordinaria, sorprendente per certi punti di vista. Dopo un avvio un po’ stentato, quando l’azzardo di David Suazo in panchina sembrava non sortire gli effetti sperati, ci si è subito ricreduti: con l’arrivo in panchina di Eugenio Corini, la squadra ha inanellato un percorso netto da far invidia: dal 14° al 1° in un girone. In pratica oltre due punti di media a partita: 37 punti in 18 gare, 10 vittorie, 7 pareggi ed una sola sconfitta.
Un rendimento incredibile frutto dell’intuizione del presidente Massimo Cellino, artefice di un gran lavoro da persona navigata nel mondo del calcio quale è, e del “Genio” di Bagnolo Mella che ha preso i giocatori per mano nel momento più delicato della stagione e ha saputo lavorare con loro non solo dal punto di vista tecnico/tattico ma soprattutto sul piano psicologico, facendolo sempre con stile, pacatezza e molta concretezza. Una squadra, ricordiamolo, allestita certamente per far bene considerati gli inserimenti in rosa di giocatori importanti del calibro di Alfredo Donnarumma per esempio, che in coppia con Ernesto Torregrossa (altro grande prota-
gonista della stagione) si è laureato capocannoniere con 25 reti al termine di un’ annata che per forza di cose, questa volta, dovrà valergli la serie A (l’anno scorso era stato insieme a Ciccio Caputo il trascinatore che ha portato l’Empoli alla conquista della serie A siglando la bellezza di 23 reti) o come Enrico Alfonso tra i pali, Simone Romagnoli, Bruno Martella e Stefano Sabelli in difesa, Daniele Dessena, Luca Tremolada Leonardo Morosini a centrocampo. Senza contare i giovani talentuosi già presenti in rosa, Andrea Cistana e Sandro Tonali che ci auguriamo possano restare un altro anno per completare il loro percorso di crescita.
Una rosa, insomma, in grado di giocarsela, dotata di un discreto tasso tecnico e di una guida esperta. Così è stato! E l’entusiasmo e la vicinanza verso i biancoblù è cresciuta settimana dopo settimana fino all’ultima gara interna disputata contro il Benevento (di cui pubblichiamo un bel reportage) che ha sancito la promozione diretta nella massima serie. Un ringraziamento particolare spetta al presidente Massimo Cellino che ha ridato solidità ad una società in difficoltà raggiungendo una promozione non pianificata con enormi investimenti ma costruita passo a passo con grande intelligenza, all’allenatore, profeta in patria, che con serietà e dedizione ha trovato presto la quadra optando per un 4-3-1-2 molto efficace nelle verti-
calizzazioni e nell’ampiezza delle giocate, ai giocatori artefici di questa impresa straordinaria e al pubblico soprattutto a quello che in questi otto anni non ha mai fatto mancare il proprio supporto anche quando un simile traguardo pareva un miraggio irraggiungibile. Ora, dopo il nuovo centro sportivo di proprietà costruito a Torbole Casaglia e la massima serie raggiunta sul campo, è ora di pensare allo stadio dopo anni in cui si è detto molto e concluso poco. Solo così potremo l’avere l’ambizione di ritagliarci il nostro spazio nel calcio che conta senza conseguentemente dover accettare il rendimento deprimente dell’altalena: un anno su e l’altro giù.
massimo cellino mr.president
CONOSCIAMO MEGLIO MASSIMO CELLINO, IL PRESIDENTE CHE HA RIPORTATO IL BRESCIA IN SERIE A
Nel tempo libero si Massino Cellino si diverte a suonare la chitarra elettrica. Una passione per la quale ha fondato il gruppo rock amatoriale dei “Maurilios”, che si esibisce spesso in concerti di beneficenza in giro per la Sardegna. Durante i suoi concerti ha suonato tra l’altro con musicisti quali Uli Jon Roth, Kee Marcello, Roger Glover, Ian Paice e Rick Wakeman.
È nato in Sardegna nel ‘56 dove il padre Ercole piemontese si era trasferito sposando Fanny Silesu. Con una delle sorelle Lucina, amministra la SEM Molini Sardi società di famiglia che si occupa di commercializzare frumento e alimentari derivati facente parte Gruppo Cellino che ingloba numerose imprese nel settore agricolo nell’hinterland cagliaritano e una in Francia. I principali clienti sono le industrie per la panificazione e per la trasformazione dei cereali e le catene della grande distribuzione di prodotti alimentari. Dopo aver intrapreso gli studi in Economia e Commercio, Massimo inizia a lavorare nelle aziende di famiglia per seguire le quali si trasferirà anche in Australia per cinque anni. È sposato con Francesca Boero dalla quale ha avuto tre figli, Ercole, Edoardo ed Eleonora, con i quali vive a Miami. Nell’estate del 1992 acquista il Cagliari Calcio per una cifra pari a 16 miliardi di lire e durante la sua gestione il Cagliari ha disputato 17 campionati di Serie A, con un 6º posto, due 9º e tre 10º posti, come migliori piazzamenti. Dovrà patire però anche due retrocessioni che comporteranno 5 campionati in serie B e due promozioni, ha raggiunto una semifinale di Coppa UEFA e due semifinali di Coppa Italia. In qualità di presidente del Cagliari ha realizzato il centro sportivo “Ercole Cellino”, chiamato con il nome del padre, ad Assemini. Il centro è la sede degli allenamenti della prima squadra, nonché campo degli incontri della squadre giovanili. Cellino nel 2011 acquista un terreno nel Comune di Elmas, per costruire un nuovo stadio in sostituzione del datato Sant’Elia. Un impianto con circa 25.000 posti, e un costo previsto di 45 milioni di euro a cui però si oppone l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) che lo ritiene improponibile in quanto sarebbe sorto a poche centinaia di metri dal vicino aeroporto di Elmas. I suoi interessi si contrappongono a quelli di importanti operatori immobiliari e questo gli porterà molteplici guai. Nel frattempo, per far fronte all’inadeguatezza del vecchio stadio, Cellino decide di realizzare un impianto temporaneo trasformando un campo dove si giocavano i campionati dilettantistici, in uno stadio di Serie A, noto come Is Arenas che si porrà presto al centro dell’attenzione a causa del mancato svolgimento di un match Cagliari-Roma per motivi di ordine pubblico. Per questo fatto Cellino si autosospende temporaneamente da presidente e viene anche inibito per quattro mesi con una sentenza che sarà però successivamente annullata dalla Corte di Giustizia Federale. La tegola però lo colpisce nel febbraio del 2014 quando viene posto agli arresti domiciliari con il sindaco di Quartu Sant’Elena e all’Assessore allo sport dello stesso comune, per un’inchiesta della Procura di Cagliari proprio sui lavori di adeguamento del campo di Is Arenas. Tentato peculato e falso ideologico sono le accuse che lo trascinano in un processo che ancora dura. Il 10 agosto 2017, dopo alcune scorrerie che lo vedono protagonista in terra britannica impegnato a rilevare prima la squadra londinese del West Ham e poi quella di Leeds, compra il Brescia Calcio da anni in Serie B, per 6,5 milioni di euro. Nel giro di un anno crea un centro sportivo di proprietà, rinnova lo Stadio Mario Rigamonti e riesce a mettere in campo una rosa molto combattiva che, nella stagione appenna conclusa, porta le Rondinelle alla promozione in Serie A da dove mancava da ben 8 anni. (V.E.F:)
massimo cellino
Cellino si è guadagnato la fama di mangiallenatori, stesso titolo attribuito ai colleghi Maurizio Zamparini e Piero Camilli: in circa 20 anni di gestione a Cagliari si sono avvicendati sulla panchina del Cagliari 27 allenatori, per un totale di 36 cambi in panchina.
massimo cellino UNA DEI TRATTI PIÙ CONOSCIUTI DEL CARATTERE DI MASSIMO CELLINO È LA SUA SCARAMANZIA. PER CONTRASTARE LA SFORTUNA CELLINO HA ADOTTATO CURIOSI ACCORGIMENTI NELLA SUA ESPERIENZA PREGRESSA DA PRESIDENTE DEL CAGLIARI CALCIO: TRA QUESTI SI RICORDANO LE BANDANE DISTRIBUITE SUGLI SPALTI, L’INVITO A VESTIRSI CON ABITI DI COLORE VIOLA IN OCCASIONE DI UNA PARTITA IN DATA VENERDÌ 17, IL DIVIETO IMPOSTO AI SUOI GIOCATORI DI INDOSSARE LA MAGLIA NUMERO 17, LA STESSA POSIZIONE IN TRIBUNA AL SANT’ELIA MANTENUTA PER ANNI O LA VISIONE DELL’INCONTRO DAL SOTTOPASSAGGIO, OLTRE ALLE VARIE BENEDIZIONI DEL VESCOVO, GLI AMULETI CONSERVATI CON GRANDE ATTENZIONE, IL POSTO 17 SUGLI SPALTI SOSTITUITO DAL 16B E LO SPARGIMENTO DI SALE LUNGO IL PERIMETRO DEL CAMPO
Ha fatto tanto Massimo Cellino per il trionfale ritorno in Serie B delle “Rondinelle”, acquistate due anni fa gravate dai debiti e protagoniste di una serie di stagioni da dimenticare e subito riportate nel calcio che conta. Anche se per lui il Brescia è stato una sorta di ripiego, dopo la delusione inglese quando, dopo aver ceduto il Cagliari a Giulini, Cellino aveva provato a far fortuna in Inghilterra, cercando di acquistare una squadra gloriosa, il Leeds la quale, dopo l’epoca d’oro degli Anni Novanta se la passava piuttosto male, navigando tra Serie B e C inglese. Le cose, però, non sono andate proprio come si aspettava. Appena arrivato è incappato nel “Fit and proper test”, la verifica dei precedenti necessaria in Inghilterra per acquisire una società di calcio. Ma il suo passato non è esattamante immacolato per cui gli inglesi si sono opposti all’acquisto del Leeds che inizialmente era stato solo congelato e
sbloccato dopo un ricorso. Ma la Football League non si è arresa, e man mano che acquisiva dall’Italia documenti gli muoveva nuove contestazioni e sanzioni: l’ultima comprendeva persino l’obbligo di frequentare un corso di rieducazione. Alla fine, complici le difficoltà sul campo, Cellino si è scocciato e ha mollato il colpo e ha scelto Brescia. Di certo, Massimo Cellino non è solo scandali e controversie. È appassionato, conosce il calcio e lo sa fare. In 22 stagioni a Cagliari ha disputato 17 campionati di Serie A, e ha lanciato talenti come Suazo, Nainggolan, Oliveira, scovato e “mangiato” allenatori (come Allegri), rilanciato un grande campione come Zola. A Brescia in due anni ha già fatto centro: un paio di acquisti mirati (Donnarumma su tutti), in panchina Eugenio Corini, in mezzo al campo il talento cristallino di Sandro Tonali, prossima stella del calcio italiano. Ha un progetto,
come dimostra non solo la promozione ma anche l’apertura di un nuovo centro sportivo della società. Ora a Brescia si porrà anche la questione stadio, un pallino in cui lui è già rimasto “incastrato” ai tempi di Cagliari: il Rigamonti non è messo bene (non abbastanza per la Serie A), la concessione è in scadenza ma il presidente non pare molto intenzionato a partecipare al bando comunale. Insomma, ci risiamo. Non resta che augurargli ben tornato in Serie A: il calcio italiano se lo merita. Prima finito nelle maglie dei rigorosi regolamenti britannici sui precedenti penali di chi vuole acquistare società di calcio, poi mal sopportato dai tifosi del Leeds, infine ritornato in patria dopo aver ceduto il club: ora il presidente delle Rondinelle è l’uomo della provvidenza per una piazza e per un sistema che ha bisogno come il pane della competenza, anche al prezzo di non ricordare i problemi giudiziari dell’imprenditore.
Eleonora la leonessa Eleonora è la bellissima figlia di Massimo Cellino, presidente del Brescia. Vive a Miami,e le sue foto in costume su Instagram fanno letteralmente impazzire i fan di mezza Europa: dalla sua Sardegna all’Inghilterra, “rimpianta” specialmente dai tifosi del Leeds, l’ex società del papà, dalla scorsa estate al comando dei bresciani ora in seria A
mario rigamonti, chi era costui di Enzo Gaggiotti NON TUTTI FORSE RICORDANO CHI ERA IL CALCIATORE CHE DÀ IL NOME ALLO STADIO DI BRESCIA E CHE MORÌ CON IL GRANDE TORINO NELLO SCHIANTO CONTRO LA BASILICA DI SUPERGA DI CUI SI È CELEBRATO IL 70° ANNIVERSARIO Ma chi era Mario Rigamonti? È questo l’interrogativo che si pongono i tanti piccoli amici che giungono allo stadio di Brescia per intraprendere l’attività a loro più congeniale e preferita. Mario Rigamonti è nato a Brescia il 17 dicembre del 1922, da papà Aurelio e da mamma Agostina, gestori del Ristorante Albergo con stallo ‘La Mansione’, sito nella omonima via in città a Brescia. Secondo di cinque fratelli, tutti maschi, frequenta la scuola all’Istituto Cesare Arici, dai Padri Gesuiti; gioca al calcio nella società di casa per poi trasferirsi al Torino Calcio, e a Torino consegue la licenza liceale e si iscrive alla Facoltà di Medicina. Correva l’anno 1941/42. Nel periodo più cruciale della guerra ritornò prima al Brescia in prestito militare, e poi al Lecco. Entrambi gli stadi di queste squadre oggi portano il suo nome. Verso la fine del 1944, con l’Italia divisa a metà e in grande confusione, pensò bene di abbandonare la divisa e darsi alla macchia. Si rifugiò a San Secondo (in provincia di Parma) dove, ospite dei fratelli Gaggiotti, gli amici di sempre, trovò pure i fratelli Luigi e Dante.
L’abitazione era un grosso stabile del 1600, ex convento dei ad una. Rigamonti stava alla Nazionale come la Nazionale stava Frati Zoccolanti, dove erano sfollati per opportunità contingente a Rigamonti, era indiscutibile. anche gli uffici comunali del paese, e ciò costituì un indiscutibile In maglia azzurra avrebbe potuto arrivare anche prima, sempre vantaggio... come è facile immaginare. che i pur bravi e quotati tecnici di allora avessero meglio valuTanti furono i pericoli corsi, ma altrettante le contromosse de- tato le innovazioni di gioco espresse dal grande Torino. I granata pistanti e liberatorie. Nel pericolo, Rigamonti si dimostrò freddo, giocavano, si divertivano e vincevano. A volte concedevano pure, determinato e sicuro, tanto da non disdegnare neppure sortite ma solitamente alle piccole e molto meno alle grandi. Se meglio a Brescia e Lecco, in bicicletta o con altri mezzi di fortuna. A si vuole capire, si ritorni alla lettura sportiva di quei tempi, e dai San Secondo trascorreva le sue giornate in compagnia, in casa risvolti ci si renderà ragione... di agricoltori amici, nella stalla giocando alle carte o, nel prato Come atleta era fisicamente dotato. Con una altezza di 1,82 m. antistante l’abitazione, al pallone. Parlare di lui mi è facile e mi e un peso di 75 kg. risultava essere più che aitante e granitico. sollecita, con lui ho diviso anche il letto, lo conoscevo bene; mi Imperioso nello stacco aereo e nell’anticipo, scattante e veloduole però il sapere che non riuscirò mai a rendergli i giusti ce, tanto da riuscire nella necessità a chiudere anche in fascia, meriti, ma ci proverò: lo merita. sulle ali, dando a Maroso o Martelli e a Ballarin la possibilità di Nel maggio del 1945, finite le contese belliche in Italia, grande fu proporsi in avanti e fluidificare. Pochissimi lo sanno, ma negli per tutti il desiderio di ritornare alla normalità, al sorriso, e pos- anni antecedenti la sua completa dedizione al calcio, seguensiamo ben dire che il calcio fu una delle principali ragioni di vita. do le orme del fratello Luigi, Mario Rigamonti fece anche lotta vParma, e ben lo sappiamo, è ed era una delle città più ospitali greco-romana, conquistando il titolo di Campione Lombardo di d’Italia.Tradizionali sono le categoria. sue fiere: ogni paese ne ha Come uomo, alla una, che cade solitamente grande simpatia univa in estate e dura tre giorni, bontà d’animo, moe in quelle occasioni non destia, tatto, cultura e si bada ad elargire e spenintelligenza. Laureando dere. Quell’estate, cessati in Medicina, era ben i conflitti, il desiderio di voluto dai compagni banchettare e divertirsi e dalla società, tanfu incontenibile. Si orgato che alla ultima sua nizzarono feste, si allestipartenza, quella senza rono tendopoli (chiamati ritorno, il Presidente festival) per il ballo, si fece Ferruccio Novo abteatro e si organizzarono bracciò lui con l’intenincontri di calcio campato di abbracciare l’intenilistici, tra paesi vicini. Per ra compagine del Toro. Rigamonti e compagni fu Nel parmense contavera manna, e anche per va amicizie, simpatie me, che a loro mi ero dee sempre ritornava finitivamente aggregato. in moto nei giorni di LA SQUADRA DEL GRANDE TORINO I CUI Molti i campioni di quei libertà. Sostava a San COMPONENTI MORIRONO TUTTI IN SEGUITO ALLO Secondo, ma non ditempi che ci raggiunsero e con noi giocarono. Ri- SCHIANTO DELL’AEREO SUL QUALE VIAGGIAVANO DI sdegnava di portarsi a cordo Olivieri, Cappello Zibello, alla mensa delRITORNO DA UNA PARTITA IN PORTOGALLO IV, Bacchetti, Gei, Messora, la signora Zaira, dove Ferrari Mario, Lamberti, alla Buca era di casa. Romanini e tanti, tanti altri. A quei tempi la trattoRigamonti era per tutti un forte richiamo. ria a ridosso di un argine del fiume Po era ben poca cosa, e il Nel settembre del 1945 Mario Rigamonti ritornò al Torino, alle- nome lo conferma, ma si gustavano piatti eccezionali e il culatelnato e in grandi condizioni, pronto a vincere le tante concorren- lo, familiarmente servito, era il piatto clou. ze, lo aveva giurato, e a indossare quella maglia numero 5, vero Oggi ‘La Buca’ è divenuta un ristorante famoso, ottimamente getabù per i centravanti avversari, come sportivamente ebbero stito, e la sua notorietà la deve anche a Mario Rigamonti, come ad ammettere campioni del calibro di Nordhal, Piola ed altri. In pure a Nicolò Carosio e ad altri... Nazionale giocò tre partite, le vinse e risultò sempre essere il Il 4 maggio 1949 alle 17 circa, di ritorno dalla trasferta di Lisbona migliore in campo, come decretato dalla altezza della torre che dopo l’incontro con il BENFICA del Capitano Ferreira, il terribile il Guerin Sportivo usava nelle valutazioni. Il suo esordio cadde impatto contro la Basilica di Superga, lo schianto e poi la morte. l’11 giugno del 1947 contro la fortissima Ungheria a Torino, con Fu il fratello Luigi, “il Gran Lombardo”, come ebbe a scrivere il il risultato a nostro favore di tre reti a due. Ai festeggiamenti che compianto giornalista Gianni Brera, pure lui perito tragicamente, seguirono Rigamonti mancava. Lo trovarono in una piazza di a ricomporre la martoriata sua salma, che riconobbe dal ciuffo Torino che ancora tirava calci con tanti suoi giovanissimi amici e dei capelli, quelle di tutti i suoi compagni, dei giornalisti Casalboa piedi scalzi. Giocò ancora il 14 aprile del 1948 a Parigi contro re, Cavallero, Tosatti, e dell’intero equipaggio. la Francia e l’Italia vinse per tre reti a zero. L’ultimo suo incontro, Mario Rigamonti oggi giace nel cimitero di Capriolo (BS) accanquello della consacrazione al numero e alla maglia, lo giocò a to ai genitori e ai fratelli Luigi e Ulisse nella tomba di famiglia. Madrid contro la Spagna e la nostra Nazionale vinse per tre reti Sulla pietra la scritta: Muore giovane chi al cielo è caro!
30° anniversario per Mandolini Auto
Fotografie Matteo Marioli
DA SAN ZENO NAVIGLIO AD OGGI: RIPERCORRIAMO L’EVOLUZIONE DEL GRUPPO MANDOLINI AUTO INSIEME ALL’AMMINISTRATORE DELEGATO, STEFANO MORESCHI
STEFANO MORESCHI
L’attività di Mandolini Auto SpA si esplica nelle due concessionarie di via Triumplina: quella dedicata a Volkswagen, aperta nel 2003, e il Terminal Audi inaugurato nel 2011. La scelta di proporre due brand così prestigiosi, col senno di poi, si è rivelata una felice intuizione, non è così? “La volontà e l’idea di seguire i brand nell’immagine architettonica è stata vincente e di grande impatto. Per il nostro prodotto, infatti, l’immagine conta molto e le due strutture di showroom - innovative per quegli anni - hanno catturato l’attenzione di molti clienti che hanno potuto apprezzarne l’estetica e la polifunzionalità. Devo ammettere che anche le vendite sono andate via via aumentando grazie a queste scelte imprenditoriali!”.
STAFF DELLO SHOWROOM VOLKSWAGEN
Quali sono state le tappe più significative in questi trent’anni di gestione? “Abbiamo iniziato a San Zeno Naviglio con 24 collaboratori e circa 800 auto vendute all’anno (per lo più solo Volkswagen), ampliando poi con diversi punti vendita tra cui ricorderete il service\vendita di via XX Settembre in città. In seguito, precisamente nel 1998, siamo stati con grande soddisfazione tra i primi in Italia a costruire l’hangar “solo Audi” in via Triumplina; poi negli stessi anni abbiamo aperto anche un “centro per l’usato” in via Vallecamonica, una scelta che si rivelò molto utile per farci conoscere sulla piazza per le vendite d’auto di “seconda mano”.
Come è cambiato il mercato dell’automotive da quando avete intrapreso questa attività? Ibrido ed elettrico non sono più il futuro ma un presente sempre più tangibile. Su quale tecnologia è opportuno orientarsi? “Come molte cose negli ultimi anni non sempre prevedibili, il mercato dell’auto è cambiato in modo considerevole; Brescia è una città attenta e modaiola rispetto al resto del nostro Paese e spesso anticipa con acquisti tecnologici e specifici il mercato dell’auto nazionale. Design, consumi, tecnologia e sicurezza sono sempre all’insegna degli acquisti dei nostri clienti. L’acquisto spesso è ponderato e condiviso sia dalle famiglie che dalle aziende.
VISTA DELL’INTERNO DELLO SHOWROOM VOLKSWAGEN IN VIA TRIUMPLINA 49
STAFF DELLO SHOWROOM AUDI E AUDI PRIMA SCELTA PLUS
Negli ultimi tempi, poi, si inizia ad intravedere un interesse particolare per il motore elettrico e l’ibrido ed anche i nostri brand stanno mettendo sul mercato numerosi prodotti. A tal proposito ritengo che la strada sia molto lunga e che non dipenda soltanto da produttori e distributori, bensì da politiche nazionali più sostanziose con prospettive e visioni di lunga portata”. Una peculiarità di Mandolini Auto è sempre stata quella di sostenere e appoggiare molte iniziative sul territorio, dallo sport alla cultura passando dal sociale, che avevano lo scopo di migliorare la qualità della “vita in città”. Quanto è stato importante questo aspetto nel vostro percorso di crescita? “Tutte le nostre iniziative sono pensate per supportare eventi in città e sul nostro territorio di competenza; spesso siamo a fianco di società sportive o associazioni culturali che hanno nei giovani i loro attori principali e che, di sicuro, diventeranno automobilisti un domani. Una scelta di questo tipo rappresenta per noi un investimento che valorizzerà certamente la nostra immagine nel futuro”.
Attenzione al cliente, disponibilità e competenza di uno staff giovane ed estremamente dinamico sono gli altri elementi distintivi che vi hanno permesso di ritagliarvi un ruolo importante sul mercato… Progetti per il futuro? “Come tutte le aziende di successo dobbiamo sempre perseguire il concetto del servizio al cliente e delle competenze. Per fortuna oggi ci viene fornito un prodotto di qualità che va incontro alle esigenze del mercato… Tuttavia l’imprenditore deve saper scegliere i propri collaboratori, mettendoli in condizione di lavorare nel migliore dei modi in un ambiente competente. Poiché le aziende sono fatte da donne e da uomini che fanno sempre la differenza quando sono all’opera! In uno scenario come quello bresciano, crediamo di esserci ritagliati una buona fetta di mercato con professionalità e credibilità! Saremo tuttavia sempre pronti a sfide future con sorriso e capacità, sempre al servizio dei prossimi automobilisti bresciani e non…”.
MANDOLINI S.P.A. Via Triumplina, 49 - Brescia - Tel. 030 2019711 Dal Lunedì al Sabato: 9:00 - 12:30 e 14:30 - 19:00 www.mandolini.it
ESTERNO DELLO SHOWROOM AUDI IN VIA TRIUMPLINA 51
X EDIZIONE PER FISH&CHEF Fotografie Laura Gobbi
LO SCORSO 5 APRILE SI È SVOLTO UN SUPER PARTY PRESSO LA CANTINA CÀ MAIOL PER CELEBRARE IL 10° ANNIVERSARIO DI UNA MANIFESTAZIONE DIVENUTA ANNO DOPO ANNO SEMPRE PIÙ IMPORTANTE
Si respirava un’atmosfera di elegante leggerezza all’evento “Happy Birthday Fish&Chef ”, la prima kermesse nata per valorizzare il pesce di lago e le eccellenze gardesane in chiave gourmet. Un momento importante per Elvira Trimeloni, Leandro Luppi e tutti coloro che da dieci anni portano avanti un progetto di valorizzazione del Lago di Garda e dei suoi prodotti. Non solo i 19 chef del DreamTeam con le loro 8 stelle Michelin che hanno firmato il menu “Happy Birthday Fish&Chef ”, ma anche lo chef Christian Segui, Mof Charcuterier Traiteur, campione del mondo all’International Catering Cup di Lione (2017) che insieme ad Andrea Mantovanelli, hanno cucinato un patè en croute di garronese veneta, germano ed anguilla.
CHI C’ERA
X EDIZIONE PER FISH&CHEF Sede dell’evento la cantina Cà Maiol in una location creata ad hoc per la serata: un viaggio immaginario tra le sponde del lago e l’entroterra gardesano. “Quando Leandro e io siamo partiti a raccontare il nostro lago – ha racconta Elvira Trimeloni – mai ci saremmo aspettati di arrivare a spegnere dieci candeline. Fish&Chef è stata una continua “evoluzione” un crescendo di contenuti: siamo cambiati rimanendo fedeli al nostro pensiero e coinvolgendo in questo percorso di valorizzazione professionisti, aziende e pubblico con cui in questi anni abbiamo instaurato rapporti di vera amicizia”. “Nel 2010, alle origini di Fish&Chef – ha spiegato Leandro Luppi – siamo partiti da un’idea allora originale: “giocare” col pesce di lago mettendo “alla prova” alcuni Chef di provenienza e formazione differenti, e quindi non “condizionati” dalla nostra esperienza quotidiana, invitandoli a cucinare con occhi nuovi non solo il pesce, ma tutte le eccellenze gardesane. Questo è stato fondamentale perché abbiamo preso coscienza del valore messo in campo a livello culinario per la promozione del territorio. Il primo anno le cene furono tre, dieci edizioni dopo, possiamo dire di aver dato vita a un vero e proprio movimento culturale. Se oggi c’è più attenzione per il pesce di lago è anche grazie a Fish&Chef ”. Il format di Fish&Chef - di cui vi proponiamo nelle pagine seguenti un ampio reportage - ha saputo coinvolgere in un dialogo costruttivo l’intero territorio del Benaco, ha contemplato sei serate che hanno interessate tutte e tre le riviere: chef e ristoratori del lago hanno accolto nei loro ristoranti colleghi di fama nazionale e internazionale offrendo al pubblico la possibilità di apprezzare i prodotti tipici del territorio in location suggestive dal panorama ineguagliabile.
Miss Italia.
Miti e leggende dell’era delle MisS A cura di Renato Corsini
Miss Italia.
Miti e leggende dell’era delle MisS
“Miss Italia”, prima ancora di essere un concorso di bellezza nazionale, prima ancora di essere la puntuale rappresentazione dell’evolversi dell’estetica femminile, prima ancora di essere fertile terreno per la ricerca di nuove proposte cinematografiche e televisive, è un fatto di costume che accompagna gli italiani da più di 70 anni. È ormai entrata nell’immaginario collettivo come il Festival di Sanremo o il Giro d’ Italia. Si è insinuato, soprattutto ai suoi esordi, nella mente degli italiani che vi vedevano e cercavano la ragazza per bene, la fidanzata o la vicina della porta accanto alla quale era concessa la straordinaria occasione di uscire dal quotidiano anonimato. Per le aspiranti Miss era il sogno da rincorrere, la felicità a portata di mano, il miraggio del cinema e della notorietà e il traguardo che pareva vero e raggiungibile. La rappresentazione fotografica del concorso è sempre stata quella ufficiale, quella della finale e degli scatti in posa, quella per intenderci destinata ai rotocalchi o alle dirette televisive. Questa mostra vuole invece indagare dietro le quinte, scoprirne i retroscena e le aspirazioni. Dalla documentazione del rito della misura seno-vita-fianchi, abolito a partire dal 1955, all’ammissione delle donne sposate e di colore, dalle estenuanti prove collettive alla singola passerella, dai momenti privati delle partecipanti al contorno organizzativo, due grandi maestri della fotografia italiana, Federico Patellani e Gianni Berengo Gardin, insieme alle immagini della famosa agenzia Dufoto, ce ne raccontano i miti e leggende. La mostra è visibile a Desenzano del Garda fino al 21 luglio 2019 presso la Galleria Civica – Palazzo Todeschini in piazza Malvezzi. La mostra fa parte del Brescia Photo Festival 2019 che ha per tema “DONNE”.
anni azzurri A cura del Direttore Dr. Vito Nicola Mastromarino vitonicola.mastromarino@anniazzurri.it
TERAPIE NON FARMACOLOGICHE ALLEATE DEGLI ANZIANI CON DECLINO COGNITIVO Alla Residenza Anni Azzurri Rezzato prendersi cura degli ospiti significa prestare attenzione al loro benessere quotidiano attraverso un’accoglienza personalizzata. Un impegno che acquisisce un significato speciale per gli anziani affetti da demenza e forme di declino cognitivo. Per queste malattie non è ancora disponibile un farmaco in grado di favorire la guarigione, ma solo molecole che mitigano i sintomi e possono ritardare l’evoluzione della demenza. “È naturale perciò che l’attenzione si sia spostata sugli interventi non farmacologici, che si sono dimostrati utili nell’alleviare il carico della malattia non solo per quanto concerne gli aspetti più propriamente cognitivi, ma anche e soprattutto sui riflessi comportamentali della stessa, spesso così pervasivi e disturbanti”, ha sottolineato il direttore della Residenza Anni Azzurri Rezzato, dottor Vito Nicola Mastromarino. Si tratta di un approccio che non ha “effetti collaterali”, ma anzi può favorire la riduzione del carico farmacologico, spesso impegnativo, adottato in questi pazienti per dominare psicosi, ansia, depressione, agitazione e aggressività. “Nella nostra RSA di Rezzato sono stati avviati vari interventi volti ad influire positivamente sulla condizione clinica dei pazienti: nello specifico la musicoterapia, la pet therapy e la doll therapy”, ha ricordato il direttore Mastromarino. Molteplici progettualità realizzate sotto il coordinamento del dottor Stefano Berti, neuropsicologo, con l’équipe educativa/animativa della struttura che da molti anni si occupa attivamente della selezione e organizzazione degli interventi,
calibrati sulle esigenze degli ospiti con declino cognitivo. “A sostegno della validità di questo approccio i medici della struttura confermano attraverso le esperienze acquisite – che si aggiungono alle prove di efficacia già presenti nella letteratura scientifica - che tali interventi sono in grado di innescare risposte emotive positive e far sperimentare sensazioni di maggiore tranquillità, tali da ridurre l’impatto dei disturbi comportamentali”, ha evidenziato il dottor Mastromarino. Un migliore controllo di queste problematiche facilita di conseguenza una riduzione del ricorso ai farmaci per il dominio dei disturbi non cognitivi. Nello specifico, la musica e gli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) con l’aiuto di strumenti quali la chitarra e piccole percussioni riescono a favorire il rilassamento, la comunicazione, la relazione e l’apprendimento. La pet therapy con la presenza di un coniglio e di un cane particolarmente docili e affettuosi, oltre all’eventuale intervento di un robot interattivo con le sembianze di una piccola foca, comporta per il paziente un beneficio sensoriale e psicoemotivo che si traduce in un atteggiamento più sereno e collaborativo e contribuisce al contenimento delle sensazioni dolorose. L’utilizzo di una bambola (doll therapy) favorisce invece la riattivazione dell’istinto di accudimento ed è in grado di promuovere risposte emotive positive, infondendo nel paziente un rinnovato senso di tranquillità, contenendo apatia, ansia, aggressività, agitazione e, ove le capacità cognitive residue lo permettano, stimolando i processi della memoria.
In collaborazione con
Via Sberna, 4/6 - loc Virle Treponti - Rezzato (Bs) Tel. 030 25971 - Fax 030 2791112 residenzarezzato@anniazzurri.it
Testo Tommaso Revera - Fotografie Sergio Nessi
La famiglia al centro
POLITICHE PER LA FAMIGLIA, GENITORIALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ: FACCIAMO IL PUNTO CON L’ASSESSORE REGIONALE SILVIA PIANI AD UN ANNO DALLA SUA NOMINA
Il ricambio generazionale, oltre che nelle aziende, pare stia prendendo sempre più piede anche in politica. Non ce ne vogliano i veterani ma accogliamo con favore questa inversione di tendenza anche solo per dare un’opportunità ai più giovani di distinguersi per idee e/o progetti più in linea con il vivere contemporaneo. Un esempio in tal senso è rappresentato da Silvia Piani, Assessore regionale alle politiche per la famiglia, genitorialità e pari opportunità: nata l’11 marzo 1987 a Vigevano, si è laureata in Scienze infermieristiche pediatriche e, contestualmente al lavoro svolto presso il Policlinico di Pavia nel reparto di terapia intensiva neonatale, ha continuato a coltivare la propria passione per la politica che l’ha portata, dopo la gavetta
nel comune di Mortara dove risiede, prima a far parte del Consiglio Regionale della Lombardia nel 2016 e, due anni dopo, a diventare un assessore della giunta Fontana. Sguardo vispo, sorriso abbagliante e un dinamismo prorompente che si deduce già dal ritmo incalzante della parlata. Come tante donne, oggi, si divide nel ruolo di mamma, moglie e lavoratrice ma con il privilegio di gestire deleghe importanti come le politiche per la famiglia, la conciliazione vita-lavoro, la promozione della natalità, il welfare aziendale, le pari opportunità, la tutela dei minori e il contrasto al cyberbullismo. Siamo andati a trovarla per conoscerla più da vicino e per scoprire gli obiettivi che si è prefissata all’inizio di questo mandato.
che dà ogni anno un sostegno concreto alle famiglie. Rappresenta un intervento chiave delle politiche regionali per la famiglia, di conciliazione vita-lavoro e di inclusione attiva”. Quali sono i requisiti per accedere a questa misura? “L’azzeramento della retta è condizionato dall’adesione alla misura da parte del Comune con il quale la famiglia si relaziona per il servizio nido, dall’iscrizione e frequenza del bambino presso un nido o micro-nido ammesso alla misura, nel caso di nido convenzionato, alla circostanza che il posto occupato dal bambino sia tra quelli acquisiti dal Comune in convenzione e all’applicazione di tariffe commisurate all’ISEE al nucleo famigliare. Le famiglie, inoltre, devono essere in possesso dei seguenti requisiti: indicatore della situazione economica equivalente - ISEE ordinario 2018 inferiore o uguale a 20.000 euro, i genitori devono essere entrambi occupati (o se disoccupati devono aver sottoscritto un Patto di Servizio Personalizzato) ed essere entrambi residenti in Regione Lombardia”. Un’altra misura che ha riscosso un discreto apprezzamento è l’introduzione del bonus famiglia. Di cosa si tratta per chi ancora non lo sapesse? “La misura di quest’anno l’abbiamo pensata in via sperimentale per cui a Giugno tireremo le somme per valutare gli impatti che ha avuto. Si tratta di un provvedimento nato nella precedente legislatura dalla fusione di due diverse misure con l’obiettivo e lo scopo di incentivare la natalità ed invitare conseguentemente le famiglie ad allargarsi.
UN ANNO DI LAVORO IN REGIONE LOMBARDIA NIDI GRATIS 38,9 milioni stanziati 530 comuni coinvolti 1.018 strutture 15.600 domande
CONTRASTO AL BULLISMO 690 mila euro stanziati 30 progetti finanziati contributo medio di 22.500 euro a progetto
AUSILI PER DISABILI 4,6 milioni di euro stanziati contributi fino a 16.000 euro copertura fino al 70% dei costi ISEE non superiore a 30.000 euro
FAMIGLIA NEWS Rimani sempre informato! Non è il solito gruppo WhatsAPP. Nessun potrà vedere il tuo numero e non verrai disturbato dalle risposte degli altri utenti. Rimani informato su quello che accade in regione Lombardia: news ed iniziative legate all’Assessore alla famiglia, genitorialità e pari opportunità Silvia Piani.
VIDEOSORVEGLIANZA NEI NIDI 300.000 euro stanziati per il 2019 300.000 euro stanziati per il 2020 300.000 euro stanziati per la formazione degli operatori BONUS FAMIGLIA 2019 5,4 milioni di euro stanziati contributo di 1.500 euro per le famiglie ISEE non superiore a 22.000 euro
Come iscriversi? Salva il numero 351 9054237 e manda un messaggio con scritto #ISCRIVIMI
SILVIA PIANI - ASSESSORE REGIONALE ALLE POLITICHE PER LA FAMIGLIA, GENITORIALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ
In cosa si esplica la sua attività? “L’assessorato che ho l’onore di rappresentare si occupa prevalentemente delle politiche per la famiglia per affermarne l’assoluta centralità nell’ambito delle scelte amministrative di Regione Lombardia e riconoscendone il valore come fondamento della nostra società. Oltre a questa delega principale, il mio lavoro si esplica in numerosi ambiti di intervento tra cui le pari opportunità, la tutela dei minori, il contrasto ai fenomeni di violenza contro le donne, le politiche di prevenzione contro ogni forma di bullismo e cyberbullismo, la conciliazione vita-lavoro, il sostegno agli interventi di welfare aziendale, il finanziamento per l’acquisto di strumentazioni tecnologicamente avanzate per minori, giovani e adulti disabili con disturbi di apprendimento”. Quando è iniziata la sua carriera politica? “Anni e anni fa quando ho mosso i primi passi nella sezione di Mortara, il mio paese di residenza, dove ho maturato un po’ di esperienza sul campo. Poi è iniziata la mia avventura in Regione Lombardia dove per un anno e mezzo della scorsa legislatura sono subentrata in Consiglio Regionale ad Angelo Ciocca (eletto nel Parlamento Europeo) e oggi sono qui in veste di Assessore”. Una delle misure introdotte per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è quella denominata ‘Nidi gratis’ per cui Regione Lombardia ha investito molto… “Esattamente. Si tratta di una misura introdotta tre anni fa per sostenere le famiglie in condizione di vulnerabilità economica e sociale per facilitare l’accesso ai servizi per la prima infanzia. Un provvedimento, tra i più apprezzati,
In realtà così non è stato purtroppo per cui abbiamo pensato di rimodularla e rivalutare il suo effetto tra qualche mese. Ritengo, infatti, sia inutile portare avanti dei progetti che non hanno il riscontro desiderato”. Un altro tema per cui si è battuta in prima persona è quello della videosorveglianza nei nidi e nei micronidi per la tutela dei minori. Quando gli istituti della nostra Regione potranno decidere se dotarsi o meno di questo sistema? “Garantire il benessere dei nostri figli che frequentano queste strutture rappresenta una nostra priorità. Per conseguire questo scopo abbiamo agito tramite due diverse linee di intervento: da un lato stanziando contributi per l’installazione, su base volontaria, di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso, e dall’altro investendo risorse per tutto quello che attiene alla formazione del personale e delle famiglie. Con la videosorveglianza l’auspicio è quello di partire già con il nuovo anno scolastico. L’intento non è certo emulare il ‘Grande Fratello’ ma tutelare il lavoro eccellente di chi insegna con assoluta dedizione, professionalità e correttezza e, al tempo stesso, e garantire una riduzione dei tempi tecnici di un’indagine nel caso in cui venisse formulata un’ipotesi di maltrattamento”.
Rispetto alle mansioni di cui si occupa quando è d’aiuto essere mamma? “Su certe attività lo sguardo da mamma è estremamente importante, su altre, come giusto che sia, sottrae del tempo prezioso. Coniugare vita e lavoro non è facile: il tema della conciliazione vita-lavoro, non a caso, rappresenta un’altra nostra priorità. Dare la possibilità alle donne di rientrare al lavoro dopo aver avuto un figlio vuol dire aver raggiunto un obiettivo importante: ad oggi, sono ben 15.000 le mamme che siamo riuscite ad aiutare”. Nell’era del 2.0 i giovani sembrano vivere sempre di più una dimensione virtuale della propria vita: una tendenza pericolosa se pensiamo al cyberbullismo, un fenomeno acuito dall’utilizzo improprio della rete. Quali sono le contromisure adottate dal suo Assessorato? “Abbiamo approvato una legge regionale, in vigore dal febbraio 2017, che ha istituito tutte quelle azioni volte a prevenire e contrastare questo tipo di fenomeni con l’aiuto fondamentale dell’Ufficio Scolastico Regionale. Quello che abbiamo cercato di fare in questa nuova edizione, per la quale abbiamo messo in campo oltre 100 iniziative a dispetto delle 30 proposte in passato, è stato puntare non solo al coinvolgimento di tutte le realtà preposte alla tutela della salute ma anche al coinvol-
Una considerazione sull’attuale esecutivo e sulle elezioni Europee per cui saremo presto chiamati alle urne? “Non mi aspettavo di più sinceramente. All’epoca, quando si è formato il governo, non c’erano molte altre alternative. Andare al voto nuovamente avrebbe ingessato ulteriormente la situazione. Credo sia stata fatta da entrambi gli schieramenti la scelta più intelligente. Poi è chiaro che il matrimonio con i 5Stelle è un po’ travagliato, come tanti matrimoni. Sicuramente c’erano delle priorità per il Paese e un contratto da onorare e sino ad ora mi sembrano lo stiano rispettando”. Nel duello tutto orobico tra il Sindaco uscente, Giorgio Gori, e l’avversario di centrodestra, Giacomo Stucchi, chi vede favorito? “Mi auguro che Giacomo possa essere eletto. Non sarà facile ma ha tutte le carte in regola per governare una città importante come Bergamo. Gori è il Sindaco uscente ma abbiamo visto anche qui in Regione che non è un avversario imbattibile”.
SILVIA PIANI - ASSESSORE REGIONALE ALLE POLITICHE PER LA FAMIGLIA, GENITORIALITÀ E PARI OPPORTUNITÀ
gimento delle famiglie per diffondere una cultura informatica oggi assolutamente necessaria”. La sua ascesa in politica è stata estremamente rapida. Qual è la sua massima aspirazione in vista del futuro? “Pensavo di essere già arrivata alla mia massima aspirazione! Sicuramente l’esperienza che sto vivendo è bellissima poi c’è chi tende a non accontentarsi mai… È vero anche che quando penso al mio futuro politico, ricordo sempre di aver un bambino: quando crescerà magari chi lo sa… Nel medio breve periodo non ho intenzione di fare grossi voli pindarici poi nella vita tutto può succedere. Intanto mi rimetto a studiare perché non si vive di sola politica e perché il mio lavoro ce l’ho e non ho intenzione di abbandonarlo”. C’è un politico in particolare che stima più di altri? “Al momento la risposta sarebbe molto facile: le figure di spicco e quelle più carismatiche le conosciamo un po’ tutti. Credo che ognuno di noi abbia il proprio modo di fare politica e di approcciarsi a determinati temi. Più che a un modello fisico credo sia più facile ispirarsi ad uno stile”.
Politicando di Maurizio Maggioni
IN UN MONDO CHE...
In un mondo che rimane prigioniero delle scelte del passato, fatte sulla nostra pelle chissà da chi, la “diritta via” sembra sempre più perduta. Lo vediamo ogni giorno, sia sulla scena internazionale sia su quella nazionale. Le guerre si spostano da un continente all’altro per assecondare gli interessi economici delle maggiori potenze e la reale causa di questa instabilità è la mancanza di una sintesi politica e di idee precise in una visione generale del mondo e della geopolitica. Assistiamo impotenti alla drammatica situazione creatasi in Venezuela mentre in Francia proseguono i sabati neri dei gilet gialli e gli incendi nelle chiese… Trump ci appaga quotidianamente con i suoi tweet mentre i treni nordcoreani vanno e vengono dalla Russia passando per Israele e la Siria per finire con i martiri cristiani di Ceylon. Noi italiani, abbiamo la guerra di Libia che avanza e indietreggia, a pousseè... Poi ci le dimissioni di Siri, le repentine malattie di Berlusconi i pentastellati alla rincorsa dell’impossibile… Cosa sta succedendo e dove stiamo andando? Nessuno lo sa, nemmeno la grande Germania la quale appare sempre di più in difficoltà a causa delle sue banche che saltano, della Grecia e della Polonia che chiedono i danni di guerra. A proposito, e noi? Dall’8 settembre del ‘43 in poi potremmo davvero sollevare la questione, vista l’occupazione nazista, gli eccidi, i furti ecc. ecc. Quando leggerete queste note saremo vicini al 26 di maggio, data delle elezioni Europee e delle comunali in tante città e paesi dove si rinnovano le amministrazioni locali. Vedremo l’affluenza e i risultati, presi separatamente, e quindi trarremo le valutazioni del caso e capire se si vuole davvero cambiare questa UE.
L’italiano medio si è impoverito e, oltre aver perso ricchezza e potere d’acquisto, ha anche perso la voglia di essere locomotiva della società, anzi, gli sta bene fare quello che non fa nulla, che tenta di stare sotto profilo e farsi i fatti propri, magari facendosi vedere il meno possibile in giro standosene a casa. Tutti vogliono studiare all’estero, lavorare all’estero, vivere all’estero, per sparire e non apparire. La scusa che la colpa è sempre degli altri e dei governi che non sono capaci di governare ormai è un po’ logora. Nessun governo di nessun colore è riuscito a fermare questa diaspora, ma il benessere non è diminuito, il numero di persone che viaggiano è aumentato, i ristoranti sono pieni (come diceva Berlusconi anni fa) e ne aprono sempre di nuovi mentre tanti altri chiudono perché così ormai va il mondo. È il mercato della domanda e dell’offerta. Nulla di grave, il mondo gira sempre attorno al proprio asse ed intorno al sole, da Galileo in poi è così. La Chiesa fa il suo dovere, si scusa continuamente degli errori del passato tenta di aprire le porte al Mondo nuovo perchè quello Vecchio sembra averla abbandonata, le vocazioni diminuiscono nei vecchi continenti, Europa e America del nord, ma aumentano a Sud e ad Est. Gli islamici si arrabbiano e ci ammazzano, ma a noi, in fondo, il martirio è sempre piaciuto, altrimenti come faremmo a differenziarci dai nostri fratelli ortodossi, protestanti etc, etc. Con un Papa Gesuita, che ha scelto di chiamarsi Francesco, questo è quello che doveva succedere, speriamo che non ci ammazzino più di tanto, altrimenti rimarremo veramente in pochi a difendere le radici cristiane. Ma poco conta, come vedete il mondo gira, Fazio se ne andrà dalla Rai, la Litizzetto (che ha iniziato a ringiovanire, mi sembra) farà le sue gag su altra rete, magari da Cairo e tutto sarà come prima.
A meno che le votazioni non siano determinanti per cambiare certi equilibri. Allora, forse, potrebbe succedere qualcosa di importante, un riequilibrio di certi valori che consentano di sedersi attorno ad un tavolo e pianificare alcuni cambiamenti, certo non quelli di Greta (avevo una bellissima cagnolina di pastore bergamasco che si chiamava cosi’ negli anni 70/80), ma quei cambiamenti epocali che ci possano permettere di programmare non tanto, ma almeno i prossimi quindici anni. Ci vorrebbe solo un po’ di volontà e sarebbe importante che la stampa riferisse oggettivamente ciò che succede, con un’analisi accurata. Meglio urlare anche perché, se uno urla tanto, alla fine nessuno lo sente più: fa di più un silenzio profondo di un urlo. La gente desidera solo sicurezza, sia fisica che mentale, che le leggi vengano applicate e non interpretate, che tutto scorra, panta rei, ma senza scosse di elevato livello, i giovani desiderano sicurezza per le loro scelte, non sono come le generazioni passate che andavano all’arrembaggio pur sapendo poco. A questi giovani abbiamo insegnato il pragmatismo, la scuola li ha ineducati, le famiglie li hanno iperprotetti e la politica li ha delusi. Allora lasciamoli almeno sognare, viaggiare, divertirsi, scegliere di vivere come desiderano, ovviamente sempre nel rispetto delle leggi. Lasciamoli crescere dando loro la possibilità di emergere e noi riprendiamoci i nostri sogni, in ogni senso: chi non ha sogni è un uomo finito. Personalmente sogno a colori.
GOLFO DEL TIGULLIO, LA RINASCITA DELLA RESIDENZA ASTORIA PASSA DA BERGAMO E BRESCIA DA IMMENSO EDIFICIO FANTASMA AD ELEGANTE E ESCLUSIVA RESIDENZA, CON MERAVIGLIOSI APPARTAMENTI AFFACCIATI SUL MARE DELLA RIVIERA LIGURE A CAVI DI LAVAGNA. UNA STORIA DI SUCCESSO, QUELLA DEL COMPLESSO RIGENERATO DAL GRUPPO DMORE, CHE È RAPPRESENTATIVA DEL MODELLO INNOVATIVO MESSO A PUNTO DALLA SOCIETÀ BERGAMASCA UNITAMENTE AI SUOI PARTNER: UN MIX DI FINANZA, REAL ESTATE,TECNOLOGIE 4.0 E SANO PRAGMATISMO OROBICO
TULLIO ROTA
PIERLUIGI ZINI
NICOLA GHISLANZONI
GIORDANO APOSTOLI
Per anni è rimasto un cantiere inconcluso, diventato sinonimo di degrado, fonte di preoccupazione per i residenti e di disturbo in una località affascinante a vocazione turistica. Oggi, invece, la Residenza Astoria di Cavi di Lavagna è un complesso moderno, raffinato, affacciato sul mare del Golfo del Tigullio, che a breve accoglierà i primi proprietari. Il merito della metamorfosi è del gruppo Dmore che, unitamente ai suoi partner, ha dato vita ad un modello innovativo di Real Estate 4.0 capeggiato dal marchio Dmore, in “cordata” con le bresciane Dvision, startup innovativa che opera nell’ambito dell’analisi dei Big Data, ed akòmi, agenzia di comunicazione con consolidata esperienza sia nei media tradizionali che nel mondo del web e dei social network. “l’edificio era rimasto abbandonato al suo destino dai primi anni del 2000 - spiega Pierluigi Zini, partner del gruppo per quanto concerne la rigenerazione degli edifici - e nel tempo è stato oggetto di diverse operazioni immobiliari che, per vicende societarie alterne, si sono risolte in un nulla di fatto. Ne abbiamo intuito le potenzialità e abbiamo ritenuto che, se opportunamente riqualificata, avrebbe potuto diventare una residenza attrattiva, in un contesto straordinario”.
Dopo un’attenta valutazione delle potenzialità, Dmore ha deciso così di investire, acquisendo ad aprile 2018 il complesso ed avviando subito i lavori di messa in sicurezza e di ripristino dell’ultimo piano e degli interni. Ora, dell’immobile abbandonato all’incuria non resta più traccia. Ci sono invece meravigliosi attici, trilocali e bilocali, affacciati sul mare, con vetrate luminose, interni raffinati e rifiniti con cura, all’altezza delle più alte aspettative per chi cerca una prima abitazione o una casa per le vacanze. Quella della Residenza Astoria è solo l’ultima di molteplici operazioni di successo messe a segno dal Gruppo Dmore, che ha le sue radici fra Bergamo e Brescia: sette i cantieri che sono stati avviati e conclusi in meno di tre anni nel Nord Italia, con centinaia di appartamenti già diventati proprietà di famiglie, giovani, pensionati. L’imprenditore Tullio Rota, collante della cordata di successo, ci racconta che “tutto è partito da una duplice constatazione. Da una parte, guardandoci intorno, ci siamo accorti che la crisi del settore immobiliare ha lasciato sul campo patrimoni destinati a restare inconclusi o invenduti, che creano situazioni di disagio difficili da gestire anche per gli enti pubblici.
Dall’altra parte, la precarietà lavorativa ha portato ad una crescente domanda di abitazioni a prezzi accessibili da parte di un’ampia fascia di popolazione. Ci siamo chiesti, dunque, se non fosse possibile trovare il modo di mettere insieme questi due scenari”. Dall’intuizione di puntare sulla rigenerazione dei patrimoni “distressed” per creare nuove opportunità abitative senza ulteriore consumo di suolo nasce Dmore, nel 2016. “Tuttavia, con i normali canoni del settore immobiliare, vi era il rischio di focalizzarsi su beni che non avrebbero incontrato l’interesse dei potenziali acquirenti. Da qui, ci siamo resi conto che dovevamo andare oltre il tradizionale modus operandi, cercando un supporto nelle nuove tecnologie e nella comunicazione come chiave per facilitare il contatto tra domanda e offerta”. Si arriva così alla cordata con Dvision e akòmi. “L’idea, che oggi posso dire vincente - prosegue Rota - è stata quella di integrare tutte le competenze. Dmore si occupa dell’acquisizione degli immobili con procedure esecutive e concorsuali, aste fallimentari, acquisto diretto del credito finanziario. Li rigenera, coordinando come General Contractor tutti i fornitori, selezionati sul territorio, dando anche ossigeno alle economie locali.
Real Estate e comunicazione, dunque, vanno a braccetto in questo nuovo modello, che prevede anche un terzo pilastro, non meno fondamentale, ovvero quello economico. Forte di una lunga esperienza in ambito finanziario - aggiunge Rota - il gruppo può contare su un network di relazioni che gli permettono di dare sostenibilità ad ogni progetto, coinvolgendo, di volta in volta, gli operatori finanziari più qualificati a sostegno dell’investimento. “Inoltre grazie alle nostre partnership, facilitiamo l’accesso al credito, agevolando l’acquisto della prima casa o gli investimenti immobiliari anche a persone che altrimenti sarebbero tagliate fuori”. “La rapidità con cui il mercato ha risposto conferma la bontà dell’intuizione originaria”. E poi c’è Cavi, un fiore all’occhiello. “Probabilmente è la sintesi perfetta di quello che il nostro modello può fare. Il nostro gruppo ha creato soluzioni abitative e risolto una criticità importante per un territorio ad alta vocazione turistica, senza aumentare il consumo di suolo. Un modello che ora contiamo di continuare a portare in molte altre città italiane”.
Grazie alla combinazione tra modalità di acquisizione e gestione diretta dei fornitori, possiamo reimmettere sul mercato i beni rigenerati a prezzi competitivi”. Dvision accompagna le diverse fasi, dalla selezione degli immobili alla commercializzazione degli stessi, anche attraverso una piattaforma proprietaria, mirata all’analisi non solo demografica, reddituale e del mercato immobiliare, ma anche della “reputazione territoriale”, utile per verificare l’esistenza di problematiche locali, ad esempio di natura ambientale o sociale, che possano rallentare la commercializzazione del bene che si intende rigenerare. “L’obiettivo - spiega Nicola Ghislanzoni, amministratore di Dvision - è intercettare e coinvolgere quella fetta di mercato che potrebbe essere più interessata alla nostra offerta; per farlo è molto importante testare, fin dalle prime fasi di ricerca, l’effettivo potenziale di un immobile non ancora vendibile, attraverso l’analisi dei big data disponibili. In questo modo ci si focalizza solo su patrimoni che possano effettivamente essere interessanti per il mercato”. Akòmi, infine, interviene con strategie innovative di web-marketing che coinvolgono i potenziali acquirenti, selezionando segmenti di pubblico profilato, sollecitati con attività di remarketing e retargeting. “Il riscontro sull’appetibilità dell’immobile è immediato.
LA TUA CASA VACANZA A PARTIRE DA SOLI 2.800,00 EURO AL M2: SCEGLI TRA I 47 APPARTAMENTI DISPONIBILI IN UN COMPLESSO DI 7 PIANI POSTO SUL LUNGOMARE DI CAVI DI LAVAGNA A POCHI MINUTI DAL PORTO. PER MAGGIORI INFORMAZIONI CHIAMA IL NUMERO VERDE 800-608581 DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ DALLE 9.00 ALLE 18.30 OPPURE SCRIVI ALL’INDIRIZZO: INFO@DMORE.EU
Dmore Via San Bernardino 120, Bergamo www.dmore.eu Dvision Via Rieti 4, Brescia www.d-vision.it Con la realtà virtuale - aggiunge Giordano Apostoli di akòmi - possiamo accompagnare i potenziali clienti in visite a 360° ancor prima che siano iniziati i lavori di riqualificazione e avere poi un riscontro diretto in base all’esperienza fatta”.
akòmi Via Rieti 4, Brescia www.akomi.it
ilaria cavalleri giovane talento 56° FESTIVAL PIANISTICO INTERNAZIONALE DI BRESCIA E BERGAMO
IL PREMIO “GIOVANE TALENTO DELL’ANNO” ASSEGNATO DAL CONSERVATORIO LUCA MARENZIO A ILARIA CAVALLERI Conferito a Ilaria Cavalleri il Premio “Giovane Talento dell’anno” istituito da UBI Banca e assegnato dal Conservatorio Luca Marenzio nell’ambito del 56° Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo. Il conferimento del Premio a Ilaria Cavalleri, promettente pianista allieva del Conservatorio della città, è avvenuto in forza di meritati successi in concerti, masterclass e concorsi, tra i quali le vittorie al Concorso Internazionale Diapason d’oro a Pordenone, al Concorso nazionale della Civica scuola di musica Claudio Abbado di Milano e al Concorso Pietro Montani di Lodi. Grazie allo sguardo vivace, al carattere determinato, a una grande passione e a una bella sensibilità musicale, Ilaria non perde occasione di suonare anche con altri musicisti, sempre curiosa verso nuove esperienze e disponibile alla realizzazione di nuovi progetti. “Siamo lieti di sostenere iniziative che promuovono il nostro straordinario patrimonio culturale e valorizzano l’impegno e il talento dei giovani - ha sottolineato Stefano Vittorio Kuhn, Direttore della Macro Area Territoriale Brescia e Nord Est di UBI Banca che ha consegnato il premio - perchè la grande musica si conferma essere un’importante strumento di crescita culturale, di inclusione sociale e di dialogo tra le culture.”. “Per il secondo anno premiamo giovani di grande talento - ha commentato il direttore artistico del Festival, Pier Carlo Orizio - Giovani che hanno scelto il pianoforte, strumento di elezione del nostro Festival, a cui auguriamo il maggior successo per l’avvenire”. Il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, giunto quest’anno alla sua 56a edizione, dà vita ad uno dei principali appuntamenti a livello mondiale della musica per pianoforte e dei suoi interpreti, ospitando solisti e orchestre tra i più prestigiosi del panorama internazionale. L’attenzione del Festival non cade però solo sui grandi nomi internazionali, ma anche sui talenti del territorio attraverso un dialogo costante con i Conservatori.
ilaria cavalleri giovane talento
Chi è Ilaria Cavalleri Nata nel 2001, Ilaria Cavalleri inizia a suonare il pianoforte all’età di sette anni e dal 2012 frequenta il Conservatorio Luca Marenzio di Brescia, nella classe del M° Maurizio Baglini prima e sotto la guida del M° Pinuccia Giarmanà poi. Dal 2015 frequenta il liceo musicale “Veronica Gambara” di Brescia, dove studia pianoforte con il M° Reali. Ha partecipato a diversi concorsi pianistici: vincendo, nel maggio 2017, il 1° premio assoluto di categoria al “3° Concorso Internazionale Giovani Musicisti Diapason D’oro” di Pordenone ed il primo premio al concorso pianistico “Pietro Montani” di Lodi ed al “Concorso musicale nazionale civica scuola di musica Claudio Abbado” di Milano.
È stata tra finalisti del concorso pianistico Steinway 2017 per giovani talenti tenutosi a Verona. Nel giugno 2018 si è esibita in concerto per il Festival Pianistico di Brescia e Bergamo nelle serate dedicate ai giovani talenti del conservatorio di Brescia e, recentemente: nella stagione concertistica autunno-inverno 2018-19 Iseo Classica, per Piano City Milano allo Steinway Corner presso la Fondazione Adolfo Pini Milano e presso il Teatro Filodrammatici di Cremona. Lo scorso gennaio 2018 ha partecipato alla rassegna “Natale nei Musei” organizzata da Roma Tre Orchestra tenendo un concerto al Museo Napoleonico di Roma. Nel luglio 2017 è stata chiamata a suonare durante la serata di premiazione del premio letterario “La Tore” a Marciana Marina (isola D’Elba) vinto dall’allora Ministro alla Cultura Dario Franceschini. Si è esibita inoltre in diverse iniziative concertistiche presso: il Conservatorio di Brescia, l’Università della musica di Varsavia; il Seminario Diocesano e l’associazione Farandola di Pordenone; l’accademia “Alberto Mozzati” di Mezzago. Negli anni 2016 - 2018 ha frequentato masterclasses pianistiche con Riccardo Risaliti, Maurizio Baglini, Roberto Prosseda, Agnieszka Przemyk-Bryla, Federico Colli, Davide Cabassi e masterclasses di musica da camera con Silvia Chiesa.
fuochi di paglia di Giorgio Paglia www.fuochidipaglia.it
LE NUOVE CROCIATE
La Pasqua di quest’anno verrà ricordata anche per gli oltre 350 morti negli attentati in Sri Lanka. Sono stati troppi, tra cui molti bambini, i cristiani uccisi in preghiera nelle loro chiese da quelli che sembrano essere dei terroristi islamisti dell’Isis. È uno scontro tra religioni, dove però il divino non c’entra niente. Mussulmani e cristiani credono in un unico Dio, che loro chiamano Allah e noi Padre Eterno, ma che ha la stessa identità universale. Poi loro hanno il profeta Maometto e noi uno chiamato Gesù, elevato a divinità, che è considerato un profeta anche nel Corano. Quindi tutto questo odio millenario da cosa nasce? Semplicemente dalla volontà politica ed economica di imporre il proprio modello, pure di fede, su qualcun altro. Islamici e cristiani hanno anche tradizioni e culture profondamente diverse, forgiate da stili di vita differenti che si perdono nella notte dei secoli. Ciò che stanno trascurando i moderni globalisti, è che noi non siamo ancora pronti e preparati per uniformare tutto il mondo ad un pensiero unico e ad un solo modello di società. Chi pensa che le usanze ancestrali di una tribù dell’Africa Nera siano paragonabili a quelle di un quartiere di New York si sbaglia di grosso. E prima di poter far convivere, in uno dei due luoghi, un africano con un newyorkese, bisogna considerare quali siano gli usi e i costumi di ognuno e i loro effetti collaterali. In pratica, uno zulù col gonnellino di foglie, la lancia forgiata a mano e una pelle di leopardo sulle spalle striderebbe se passeggiasse a piedi nudi a Central Park, così come un manager di Manhattan farebbe ridere persino le iene se si presentasse nella savana con un completo scuro, scarpe stringate, camicia bianca e cravatta nera. Invece noi abbiamo preteso di accogliere superficialmente milioni di migranti, anche irregolari, nelle nostre nazioni, dimenticandoci completamente che questi uomini hanno un modus vivendi che è molto diverso dal nostro. In assenza di una evidente compatibilità sociale, non sono perciò così facilmente integrabili e i problemi di una convivenza forzata possono essere molti. Per alcuni di loro anche il senso della vita può avere un
peso profondamente difforme da quello occidentale. Il Papa ha recentemente ricordato che Gesù era un migrante e che quindi chi oggi non apre le frontiere è un cattivo cristiano. Già, ma secoli fa anche gli inglesi o i cattolicissimi spagnoli erano migranti in America, però hanno sterminato ferocemente i locali pellirossa e gli indios che li avevano accolti nelle loro terre. Ora noi rischiamo di fare la stessa fine degli indiani di un tempo, perché siamo capaci di farci del male da soli. Accusiamo duramente i nostri connazionali di razzismo e fascismo, solo se osano dire che ogni paese accogliente ha le sue leggi interne e le sue tradizioni da dover rispettare. Conoscevo una suora missionaria che ha fatto il medico per tutta la vita in Africa. Ha sempre sostenuto che gli stranieri del cosiddetto Terzo Mondo andavano aiutati nei loro paesi natii, perché, se fossero arrivati liberamente da noi, avrebbero avuto la capacità di cambiare tutta la società, e non solo in meglio. Infatti le ideologie iperliberiste, il giustificazionismo totalitario, i preconcetti religiosi, il buonismo a prescindere, poggiano sui pilastri della facile fallacità della mente umana. Senza confronto e con determinazione, i fautori del globalismo moderno vogliono soprattutto imporre un’ideologia su un’altra, nella convinzione di essere i soli portatori della verità assoluta e del bene comune, nella ricerca di un’assurda imposizione del buonismo di parte. Se visti in quest’ottica, coloro che si sono fatti esplodere nelle chiese cingalesi possono considerarsi persino nella ragione e ora meritano, per il loro credo, un paradiso eterno insieme ad uno stuolo di vergini festanti. Così oggi si contrappongono duramente gli schieramenti tra i nazionalisti impauriti dalle migrazioni di masse incontrollate e i buoni globalisti dalle braccia aperte con tutti. È così diventato alto il rischio di instaurare una nuova crociata di novelli templari, che sono disposti a difendere confini, religioni e tradizioni, cosa che attualmente lo Stato non è più in grado di fare. Ed ecco il perché dell’emergere dei sovranisti in varie nazioni europee, Italia compresa. Il loro malumore si basa sul fatto che la convivenza armoniosa e civile nel paese ospitante è tutta un’altra vicenda rispetto agli odierni porti aperti, al vitto e alloggio gratuito per i migranti e alla libera accoglienza “tout court”. Il vivere insieme si poggia invece sull’educazione reciproca, sul rispetto della tradizione locale, sulla sostenibilità economica, sulla tolleranza biunivoca, sulle leggi vigenti e sulla libertà delle idee. Tanti bei sentimenti che però devono valere reciprocamente e in egual modo per tutti, ospiti o ospitanti che siano. Ma il mondo moderno ha davvero raggiunto una mentalità così aperta, equilibrata e armoniosa? O rischiamo che le fazioni rimettano mano alle spade crociate di un passato neanche troppo lontano? Anche su Twitter: @Fuochidipaglia
DAL 6 AL 13 MAGGIO SULLE SPONDE DEL LAGO DI GARDA È TORNATO L’APPUNTAMENTO CON FISH&CHEF: SEI CENE GOURMET FIRMATE DA SEI TRA I PIÙ IMPORTANTI CUOCHI ITALIANI DETENTORI DI DUE STELLE MICHELIN
Fish&Chef la rivoluzione della X edizione
Cala il sipario sulla kermesse culinaria che da dieci anni richiama sulle tre riviere del più grande lago italiano, chef di caratura internazionale chiamati a interpretare – ciascuno con il proprio stile e la propria filosofia – le straordinarie materie prime che questo territorio di eccellenza ha da offrire. 10 stagioni, 90 chef, 54 location, 6800 bottiglie stappate, 4800 kg di carne garronese veneta, 7500 kg di pesce di lago e 500 lt di olio DOP: questi i numeri ai quali si devono aggiungere 19 tra i migliori chef del Lago di Garda, il Dream Team, con le loro 8 stelle Michelin complessive. Sono proprio loro che testimoniano quanto Fish&Chef sia stato il precursore di quel filone seguito poi da altri: la valorizzazione del pesce di lago in chiave gourmet e la promozione delle eccellenze del territorio.
Fish&Chef, la rivoluzione della X edizione
DALL’EVOLUZIONE ALLA RIVOLUZIONE L’Evoluzione, tema narrativo dell’edizione appena conclusa, ha fatto riaffiorare tutto il percorso di trasformazione, sia sul piano gastronomico che sul piano culturale e sociale, di cui Fish&Chef è stato artefice. Da qui si è partiti per giungere alla “Rivoluzione” di oggi, il pensiero che ha accompagnato tutto il viaggio della decima edizione. Un percorso proustiano quello di Fish&Chef. Nel piatto i sapori di quella memoria che il territorio da sempre offre, riletto, interpretato e riproposto in una nuova declinazione. Ma non ci si ferma a questo. Non si tratta solo di mera tecnica, di conoscenza o di trasformazione della materia. Si va oltre. È l’incontro con se stessi il principale prodotto da trasformare. Il più difficile da trovare e da cucinare, indispensabile per quel cambio di prospettiva, necessario per avere il coraggio di voltarsi nuovamente, girarsi, osservare, mutare, mettersi in discussione, perdersi e ritrovarsi in una nuova coscienza alchemica. La “Rivoluzione” di Fish&Chef è fermento creativo, agita gli animi e produce bellezza. Come il moto perpetuo delle correnti del suo lago, coinvolge tutto e tutti; come il suo vento, solleva ed eleva, fa circolare e respirare. Un vero e proprio movimento artistico, una corrente espressiva, dove i cuochi, maestri d’arte, creano bellezza ispirati dalla bellezza stessa che li circonda e da quella, immensa, che hanno dentro. “Imprenditori morali”, nell’atto del nutrire, si fanno responsabili dell’altro. I cuochi del Dream Team nelle loro cucine sublimano il senso più alto del genius loci creando “valore”.
ANDREA APREA
ALBERTO FACCANI
LIONELLO CERA
SANDRO SERVA
FRANCESCO SPOSITO
ANTHONY GENOVESE
Rivoluzione, nella sua forte intensità, esprime vibrazioni generate da quel fuoco illuminato di chi ne fa parte, conscio di essere la parte di un tutto. La Rivoluzione di Fish&Chef supera i confini dei fuochi e si ritrova a lavorare la materia prima più importante, quella che si nasconde tra le pieghe più profonde del proprio sentire. Ed è qui, nell’ascolto del proprio Sé che risiede il senso più alto della “Rivoluzione” gardesana, indispensabile per poter firmare quei menù che diventano “il manifesto” della loro rivoluzione interiore. Insurrezio-
ne armoniosa che risuona sulle sue rive, Fish&Chef è la poesia di un luogo metafisico che ispira e possiede. Magia antica che si esprime attraverso l’etica del nutrimento per il ben-essere e crea, in un piatto, l’emozione di un’estetica perfetta”. “Fish&Chef è fermento creativo che va oltre l’evento. È un movimento, un pensiero, una vera e propria “rivoluzione” artistica. Elvira Trimeloni e Leandro Luppi sono stati pionieri nel dare vita a questo dialogo diretto con il territorio. Primi fra tutti, hanno riportato al centro dell’atten-
zione le materie prime, e gli chef “imprenditori morali” sono diventati lo strumento attraverso il quale le eccellenze gardesane potessero trovare la loro migliore espressione - ha spiegato Laura Gobbi, project manager. Artigiani della bellezza, gli chef nelle loro cucine sublimano il senso più alto del territorio e dei suoi valori. La “Rivoluzione” di Fish&Chef è un’insurrezione armoniosa che si esprime attraverso l’etica del nutrimento per il ben-essere e crea in un piatto, l’emozione di un’estetica perfetta”.
Fish&Chef, la rivoluzione della X edizione
GLI CHEF DEL DREAM TEAM Stefano Baiocco del Ristorante Villa Feltrinelli a Gargnano (BS), Alberto Bertani del Ristorante Qb Duepuntozero di Salò (BS), Feltrinelli, Maurizio Bufi del Ristorante Villa Giulia di Gargnano (BS), Isidoro Consolini del Ristorante La Cantina Del Baffo a Limone sul Garda (BS), Andrea Costantini del Regio Patio dell’Hotel Regina Adelaide di Garda (VR), Carmelo di Novo della Pasticceria Di Novo a Manerba sul Garda (BS), Matteo Felter del Ristorante Fagiano del Grand Hotel Fasano a Gardone Riviera (BS), Massimo Fezzardi del Ristorante Esplanade a Desenzano del Garda (BS), Maria e Orietta Filippini del Ristorante La Tortuga a Gargnano (BS), Giuliana
Germiniasi del Ristorante Capriccio di Manerba del Garda (BS), Michele Iaconeta del Ristorante La Casa degli Spiriti di Costermano sul Garda, Leandro Luppi del Ristorante Vecchia Malcesine di Malcesine (VR), Andrea Mantovanelli del Ristorante La Stua del John a Folgaria (TN), Fabio Mazzolini del Ristorante Dalie e Fagioli a Manerba sul Garda (BS), David Cattoi del Ristorante Il Re della Busa del Lido Palace Hotel di Riva del Garda (TN), Roberto Stefani del Ristorante Tancredi di Sirmione (BS), Saulo Della Valle del Ristorante L’Osteria H2O di Moniga (BS), Fabio Cordella del Ristorante La Veranda del Color di Bardolino (VR) e Marco Cozza e Andrea De Carli del Ristorante Antica Trattoria alle Rose di Salò (BS).
LE CENE GOURMAND FIRMATE FISH&CHEF Così si è snodato quest’anno il percorso gourmand in sei tappe sulle tre sponde del Garda alla scoperta dei prodotti del lago attraverso le interpretazioni di grandi chef della cucina contemporanea: si è partiti lunedì 6 maggio a Palazzo Arzaga di Calvagese della Riviera (BS) con lo chef Lionello Cera. Martedì 7 maggio, al Regio Patio dell’Hotel Regina Adelaide di Garda (VR), è stata la volta dello chef Sandro Serva. Mercoledì 8
maggio lo chef Alberto Faccani è stato il protagonista della cena al Palace Hotel San Pietro a Bardolino (VR). Il giorno seguente, giovedì 9 maggio, il Bellevue San Lorenzo di Malcesine (VR) ha ospitato lo chef Francesco Sposito. Domenica 12 maggio è toccato allo chef Antony Genovese al Grand Hotel Fasano a Gardone Riviera (BS). Lunedì 13 maggio lo chef Andrea Aprea ha concluso la kermesse al Lido Palace di Riva del Garda (TN).
Happy Birthday Circus beatclub Fotografie Carlo Tellaroli e Leonardo Malè
IL 3 E 4 MAGGIO SCORSI CELEBRATI VENT’ANNI DI DIVERTIMENTO, CON IL CLUB NOTTURNO PIÙ LONGEVO DELLA CITTÀ Il 3 ed il 4 maggio 2019 Circus beatclub - Brescia ha compiuto vent’anni di party e divertimento. Il claim che lo staff del Circus ha scelto per brindare ad un compleanno così importante, una data senz’altro storica, è stato semplice: “vent’anni insieme”. Perché in vent’anni di feste e divertimento, tutte organizzate con un certo stile, il divertimento a Brescia e non solo è cambiato molto. Più che un percorso, quella del locale di Via Dalmazia è stata una continua evoluzione, tra l’altro in un settore in cui altrove la crisi è una realtà costante, mentre al Circus ogni anno i party e i numeri sorridono. Infatti Circus beatclub negli anni è cresciuto con il suo pubblico, regalando dj set ed eventi sempre in linea con le tendenze internazionali e soprattutto con i gusti del pubblico bresciano, che come si sa è piuttosto esigente. Ad esempio Circus è stato tra i primi club italiani a creare un appuntamento infrasettimanale dedicato all’hip hop e alla musica urban (Rehab), il genere / non genere musicale che oggi fa ballare il mondo e a cui si sono proprio in questi giorni dovute inchinare, ovviamente a modo loro, pure popstar come Madonna, Kathy Perry ed Alicia Keys. Al Circus beatclub di Brescia i top dj, anche quelli internazionali come David Penn, negli anni non sono mai mancati... ma ciò che conta probabilmente di più è che qui ogni anno il locale viene rinnovato dal punto di vista dello stile, del design e della tecnologia. L’impianto audio, le luci, i video trasformano ogni serata in un vero evento da vivere e godere con gli occhi, non solo da ballare...
CHI C’ERA
UNIBSDAYS 2019 ORIENTAMENTO, INCONTRI E LABORATORI Informati e formati con UnibsDays. Per il consueto appuntamento con il principale evento di orientamento dell’anno dedicato agli studenti delle scuole superiori e aperto alla cittadinanza, l’Università degli Studi di Brescia ha animato il centro storico proponendo due giornate di open day, incontri e laboratori. Venerdì 10 e sabato 11 maggio l’ateneo bresciano ha presentato ai futuri studenti i nuovi corsi di studio per l’anno accademico 2019/2020. E per aprirsi a tutta la città, l’Università degli Studi ha schierato i protagonisti del mondo del giornalismo e non solo, chiamati a pronunciarsi sul tema dell’informazione e della formazione. UnibsDays è Unibs Village in Piazza Paolo VI: stand dedicati ai corsi di studio, alle modalità di ammissione e ai servizi dell’Università degli Studi e un’Area Lab per toccare con mano il frutto dell’attività di ricerca. Gli special guest della sesta edizione di UnibsDays sono stati Federico Ferrazza, direttore di Wired Italia, Ferruccio De Bortoli, editorialista del Corriere della Sera e presidente di Longanesi, e Enrico Mentana, direttore del TG LA7, fondatore ed editore di Open. “Ospiti autorevoli – ha commentato il Rettore prof. Maurizio Tira – che hanno sviluppato riflessioni in tema, affrontandole da punti di vista diversi, secondo il tratto caratterizzante dell’impostazione culturale universitaria: non veicolare ‘una’ lettura della realtà, bensì accogliere e far confluire la varietà e molteplicità delle opinioni scientifiche per consentire agli studenti e alle studentesse – attraverso l’insegnamento e la libera discussione – l’elaborazione di un pensiero personale e originale”. “In un contesto in cui la semplificazione esasperata impoverisce il dibattito quotidiano, ostacolando la diffusione della cultura – ha dichiarato il Delegato del Rettore all’orientamento, prof. Giovanni Turelli – sempre più l’Università assume il ruolo di baluardo dell’educazione alla complessità”.
In testa alle donne
GRAZIE AL SUO TALENTO SI È RIFATTO UNA VITA NEGLI STATES LASCIANDOSI ALLE SPALLE UN PASSATO INGOMBRANTE
Questa è una di quelle storie da mettere da parte e raccontare ai nipoti. Anche se la nostra generazione ha avuto la fortuna di non conoscere la guerra, c’è chi, nato negli anni ‘50, ha fatto di tutto per complicarsi la vita procurandosi avventure, giravolte pericolose, esperienze al limite dell’equilibrio mentale… Una vita spericolata come quella di Steve McQueen. Ecco lui se l’è sempre cercata. Lo conobbi alla fine degli anni ’70, era il marito dell’amica del cuore della mia fidanzata di allora per cui divenne quasi obbligatoria la frequentazione. Troppo diverso da me: sfrontato, scatenato estroverso e talentuoso suonatore di chitarra che accompagnava con una bella voce. Aspetto carino, un po’ terroncello alla Max Milian, tanti capelli un po’ mossi, barba e baffi. Aveva talento per la musica, sapeva scattare fotografie bellissime e voleva provare tutto quello che gli provocasse adrenalina. Sommozzatore, paracadutista, amava le auto sportive e le moto, aveva una Bmw serie 3 nera con gli interni panna, e una Benelli a sei cilindri, credo un unicum nella storia della motocicletta. Sfegatato giocatore di poker, amante del buon whisky e delle Marlboro rosse. Riuscì a coinvolgermi in tutte quelle sue attività, anche se i miei tentativi di essere un po’ come lui erano sempre piuttosto goffi. Seduto dietro, sulla sella di quella Benelli, ho visto i sorci verdi. Si andava sul Garda e pescare le alborelle e si tornava prima che facesse sera. Ci si fermava a cantare e a bere una birra. Una volta per scherzo ci siamo messi fuori da un locale con un piattino e ci hanno dato anche dei soldi. Per vivere faceva il parrucchiere per signora. Aveva iniziato da ragazzo, subito dopo la terza media, in una bottega di periferia ma il suo talento, nel taglio “pour femme” era emerso precocemente e così a 25 anni, aveva già un negozio tutto suo, in città, non lontano dal centro, con qualche lavorante e un giro importante di clienti. Con lui un socio, forse meno estroso ma altrettanto scrupoloso e capace. Come ogni buon terroncello che si rispetti aveva il sangue caliente, amava le donne e per lui il sesso era una missione. Non c’era signora o signorina che frequentasse il suo atelier che su di lui non ci avesse fatto un pensiero e lui, che non sapeva dire di no, lasciava il negozio tutte le sere con un numero diverso da chiamare. La moglie, non so se non volesse vedere o se proprio non vedesse, sopportava intemperanze e tradimenti con incredibile pazienza. Avevano anche un figlio e, grazie al suo lavoro si potevano permettere qualche lusso. Nel frattempo, senza che nessuno sapesse, lui aveva avuto una figlia da un’altra donna che adesso lo spingeva insistentemente a lasciare la moglie. Due case, due famiglie e due menage, mentre lui continuava con il suo andazzo di donne e festini e forse anche con qualche polverina di troppo. In quel periodo mi facevo tagliare i capelli da lui anche per non perdermi i racconti delle sue avventure galanti. Grazie alla sua bravura venne ingaggiato per pettinare le modelle durante la settimana della moda a Milano, dove conobbe chi gli aprì una porta verso un’altra vita. Di colpo decide di dare “un taglio” a tutto. Lascia la moglie con un figlio, l’altra donna con l’altra figlia, il negozio e il socio… tutti nella cacca! Quando mi raccontarono della sua fuga verso gli States, pensai che aveva fatto quello che sognava, ma anche che fosse stato un po’ vigliacco, mettendo con le spalle al muro chi viveva grazie a lui che, con il suo negozio, manteneva tutti… Di lui non si avranno più notizie certe se non dopo tre anni e mezzo quando si degnò di telefonare a casa per dire che andava tutto bene, che si era sistemato e che era anche pronto a chiudere i conti in sospeso e riparare ai torti. Tutti però, la ex moglie, la ex amante e i due figli, nel frattempo avevano intrapreso altre strade e così lui rimase a Washington a proseguire la sua. Mi resta di lui una scia come quella della sua Benelli, un ricordo di gioventù, una tessera di quel puzzle che è la vita. Dalla sua fuga sono passati 25 anni. Aprile 2019, mi passano una telefonata di uno che dice di essere un amico. Ci metto un po’ a collegare quella voce con il suo nome ma d’un tratto mi riappare davanti agli occhi. “Allora non sei morto - scherzo - e lui mi dice di essere in Italia e di aver voglia di vedermi. “Si sposa mia figlia e non potevo mancare”. Decidiamo di vederci ed è subito un abbraccio profondo. Eccolo, invecchiato, tutto bianco di capelli, adesso porta degli occhiali da vista dietro i quali però lo sguardo è sempre quello, sempre vivo, sempre pronto a cogliere le sfumature del mondo. Mi racconta. “Dopo i primi periodi in cui lavoravo per 400 dollari a settimana nel negozio di Washington del tipo che avevo conosciuto in Italia, ebbi la fortuna di entrare in contatto con una signora araba la quale mi introdusse in un giro di donne ricchissime che andavo a pettinare a casa loro. Sono riuscito grazie ad un piccolo prestito a comprare una casa, pagata in cinque anni, e a mettermi in proprio in una zona giusta di Washington allargando molto la mia clientela. Poi un nuovo negozio, collaboratori e grazie al cielo soldi e salute. Anche una nuova moglie. Messicana”. Immagino che gli sarà stato facile conquistarne il cuore con la sua chitarra… La moto sempre. I due figli a cui tiene molto hanno avuto fortuna e non gli fanno pesare le sue scelte. Insomma la storia di uno che ha avuto fortuna e che, grazie al talento e al coraggio, ha realizzato il suo sogno americano ed è diventato ricco, tanto da costruirsi una villa con una piscina enorme a due passi dal Pacifico sulla costa messicana, dove pensa di andare a vivere tra qualche anno quando deciderà di non pettinare più la testa delle signore. Mi invita ad andarlo a trovare. Chissà. Lo lascio salire sull’auto dopo un abbraccio che entrambi sappiamo potrebbe essere l’ultimo. (V.E.F.)
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MARIO SIRONI. IL VOLTO AUSTERO DELLA PITTURA
Dal 3 al 31 maggio, presso il Palazzo Storico del Credito Bergamasco, in programma la mostra dedicata a Mario Sironi ma non solo: per i Grandi Restauri esposte anche le opere di Francesco e Leandro Bassano, Paolo Pagani e Giuseppe Vermiglio La Fondazione Credito Bergamasco dedica la consueta mostra primaverile a Mario Sironi (Sassari, 1885 – Milano, 1961), artista di spicco della figurazione del Novecento. Da diversi anni la Fondazione persegue l’obiettivo di valorizzare, divulgare e talvolta riscoprire figure e raggruppamenti artistici particolarmente significativi della storia italiana del XX secolo. Mario Sironi. Il volto austero della pittura si inserisce in questo pluriennale progetto che, per l’occasione, vede la collaborazione del Banco BPM - con importanti opere provenienti dalle sue collezioni storiche - e il generoso prestito di collezionisti e operatori privati. Angelo Piazzoli, Segretario Generale della Fondazione Credito Bergamasco e Curatore della mostra insieme a Paola Silvia Ubiali, ricorda che “all’inizio degli anni Sessanta, l’allora Banca Popolare di Milano, grazie alla lungimiranza del suo Presidente Domenico Barbero, acquisì per la sua collezione un importante nucleo di opere di Mario Sironi. A questi dodici lavori di medio formato se ne aggiunsero in seguito altri tre di notevoli dimensioni, interessanti esempi dell’attività “monumentale” a cui l’artista si dedicò con grande energia negli anni Trenta”. L’esposizione Mario Sironi. Il volto austero della pittura consente ai visitatori un’immersione nei due principali ambiti dell’attività sironiana, quello pubblico, certamente più impegnato - rappresentato da bozzetti e cartoni per opere monumentali, commissionate dallo Stato fascista - e quello privato che raccoglie opere da cavalletto, disegni, schizzi, tavole per illustrazioni. DUE FIGURE 1932 C., MATITA LITOGRAFICA, CARBONCINO E TEMPERA SU CARTA DA SPOLVERO, FISSATO CON COLLA VINILICA [RIPORTATA SU TELA], 233 X 192 CM COLLEZIONE BANCO BPM
“Nell’ambito di uno storico percorso, che da tempo perseguiamo, rivolto alla valorizzazione culturale e alla divulgazione del patrimonio artistico del nostro Paese - continua Angelo Piazzoli - con la mostra Mario Sironi. Il volto austero della pittura presentiamo a Bergamo importanti testimonianze visive sull’artista in continuità con un’esposizione di successo (Omaggio a Sironi) che realizzammo cinque anni fa - sempre a Palazzo Storico Creberg - dedicata ad opere provenienti da collezioni private bergamasche. Alla luce degli importanti obiettivi di ordine sociale e culturale che le nostre iniziative intendono perseguire – prosegue il Segretario Generale della Fondazione - è significativo che l’esposizione prosegua poi in prestigiose sedi storiche del Gruppo Bancario, dapprima a Verona, tra le suggestive architetture di Palazzo Scarpa, e poi a Milano, nel monumentale Salone in Piazza Meda (ove, nell’autunno 1996, Banca Popolare di Milano espose la propria collezione di opere di Sironi, in occasione della celebrazione del 130° anniversario di fondazione della banca). Inoltre, come avvenne nel 2013, la presente rassegna conta sul qualificato appoggio dell’Associazione Sironi di Milano con la quale, grazie alla relazione intessuta per quell’evento espositivo, vantiamo un rapporto di cordiale e proficua collaborazione”.
BORGHESI E TRAM ROSSO 1916 C., OLIO SU CARTA, 26 × 20 CM COLLEZIONE CUTRERA
LA FAMIGLIA DELLE STATUE TAVOLA DI UNA ILLUSTRAZIONE PER LA NOVELLA DI GIUSEPPE ZUCCA, PUBBLICATA IN “LA RIVISTA ILLUSTRATA DEL POPOLO D’ITALIA”, ANNO IV, N. 10, OTTOBRE 1926, P. 44, TEMPERA, MATITA, COLLAGE E INCHIOSTRO DI CHINA SU CARTA, 30 × 24,4 CM COLLEZIONE PRIVATA
Dal 3 al 31 maggio 2019 saranno in mostra a Palazzo Creberg 61 opere di Mario Sironi. «Il volto austero della pittura» è il titolo dell’esposizione – curata da Angelo Piazzoli e Paola Silvia Ubiali - che abbraccia un lungo periodo che va dagli anni dieci fino alla fine degli anni cinquanta. Nel salone e nel loggiato di Palazzo Creberg si potranno ammirare capolavori della Collezione Banco BPM, nonché dipinti di piccole e medie dimensioni provenienti anche da collezioni private). Il percorso ha idealmente inizio dal Salone Principale dello Storico Palazzo di Bergamo con un nucleo di importanti progetti per opere monumentali: i due studi (Due figure del 1932 circa e Oracolo del 1936 circa) - appartenenti alla collezione del Banco BPM - non sono attualmente riferibili a commissioni effettivamente realizzate mentre quattro imponenti cartoni di collezione privata testimoniano invece significative “prove” per mosaici e affreschi: in primis il bozzetto dell’affresco L’Italia tra le Arti e le Scienze dell’Aula Magna del Rettorato dell’Università “Sapienza” di Roma, databile al 1934-1935. Si
tratta di una testimonianza importante perché documenta la prima orchestrazione compositiva dell’affresco. A rievocare l’importante mosaico L’Italia corporativa del 1936-1937, oggi conservato nel Palazzo dell’Informazione di Milano, vengono qui proposte due straordinarie tempere preparatorie per le figure de La Giustizia e la Legge e della Madre con bambino che possiedono la capacità di poter vivere in autonomia senza dare l’impressione di essere “frammenti” di una composizione più grande. Nel Loggiato di Palazzo Creberg trovano posto le opere di grandi, medie e piccole dimensioni - provenienti dalla Collezione Banco BPM e da collezioni private - che abbracciano un lungo periodo di tempo: dagli esordi, nei primi anni del Novecento, all’illustrazione, alla pittura da cavalletto che negli anni Trenta fino alla caduta del fascismo è residuale per Sironi ma rappresenta una pagina significativa del diario della sua tormentata esistenza. Il percorso prosegue fino al dopoguerra con pitture sempre più sfatte, affollate di oggetti e figure.
L’ITALIA TRA LE ARTI E LE SCIENZE - 1934-1935 C., PRIMO PROGETTO PER L’AFFRESCO DELL’AULA MAGNA DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI - DI ROMA SAPIENZA DEL 1935, TECNICA MISTA SU CARTA DA SPOLVERO [RIPORTATA SU TELA], 148 × 208 CM, COLLEZIONE PRIVATA
GRANDI RESTAURI A PALAZZO CREBERG Prosegue il programma dei Grandi Restauri sostenuti e realizzati dalla Fondazione Credito Bergamasco. Nella Sala Consiglio saranno esposti i risultati di quattro importanti operazioni di restauro svolte in loco nel corso gli ultimi mesi nell’ambito del programma dei Grandi Restauri sostenuti e realizzati dalla Fondazione Credito Bergamasco su opere di Francesco e Leandro Bassano, Paolo Pagani e Giuseppe Vermiglio. Interventi di restauro operati nell’ultimo decennio, importanti sia sul fronte numerico (oltre 80 dipinti) che sul versante degli autori (Lotto, Moroni, Moretto, Allori, Palma il Vecchio, Romanino, Paris Bordon, Tiepolo, Previtali, Campi), e della qualità degli interventi. La varietà di linguaggi, di soggetti, le diverse epoche e provenienze fanno ben intuire come la scelta di intervento su questi dipinti non sia stata programmata – come accaduto, sovente, in passato – correlando le necessità dei restauri con un progetto di interventi omogenei per coerenza stilistica, tematica, storica o geografica. Ciò che ha dettato un’azione così tempestiva - svolta sotto la direzione delle competenti Sovrintendenze - è stato soprattutto il carattere di urgenza a seguito di vere e proprie richieste S.O.S., immediatamente accolte dalla Fondazione Creberg al fine di evitare la definitiva compromissione dei preziosi manufatti.
ORARI DI APERTURA Palazzo Storico Credito Bergamasco / Banco BPM Largo Porta Nuova, Bergamo - Salone principale, Loggiato e Sala consiliare - 3 – 31 maggio 2019 - Ingresso libero Da lunedì a venerdì, negli orari di apertura della filiale (8.20 - 13.20 e 14.50 - 15.50) Sabato 4, 11, 18 maggio (14.30 – 19.00) con visite guidate gratuite con inizio alle ore 14.30 - 15.30 - 16.30 - 17.30 - 18 Domenica 5, 12, 19 maggio (9.30 – 19.00) con visite guidate gratuite con inizio alle ore 9.30 - 10.30 - 11.30 - 14.30 - 15.30 - 16.30 - 17.30 - 18
Carla Cerati. Forma di donna Galleria dell’Incisione - Via Bezzecca 4 - 25128 Brescia INAUGURAZIONE SABATO 1 GIUGNO 2019, DALLE ORE 18:00
Con “Forma di donna”, la Galleria dell’Incisione propone dal 1 giugno il lavoro della fotografa Carla Cerati, importante figura nel panorama della fotografia italiana e internazionale che dagli anni Sessanta ha ritratto un’Italia in pieno cambiamento sociale e culturale.
Carla Cerati. Forma di donna
Sono presenti in mostra alcuni scatti tratti da due famose serie che mostrano aspetti diversi della sua personalità: l’ironia sulla “Milano da bere” con gli scatti della serie Mondo Cocktail (1974) e il suo grande talento plastico nelle fotografie appartenenti alla serie Nudi (1973-74). Le sue parole a corollario di questa serie testimoniano l’approccio inconsueto al tema in un momento (gli anni Settanta) in cui il nudo era uno dei meno frequentati tra i generi fotografici: “Mi resi conto che quel corpo per me aveva cessato di appartenere a una persona: non era altro che un oggetto tridimensionale con una sua capacità di assorbire o riflettere o respingere la luce. Tutto si svolse in meno di un’ora, poiché ormai l’idea era uscita dal caos nebuloso che l’avvolgeva da anni. Stampai tutta la notte, provando un’autentica felicità ogni volta che la foto era davanti a me esattamente come l’avevo pensata”. Nella serie Mondo cocktail, nata per caso in seguito ad un servizio per conto del giornale l’Espresso, si concretizza invece l’interesse della fotografa-scrittrice per la narrazione, per le manifestazioni del cambiamento sociale, per l’incessante metamorfosi delle comunità, dei corpi e dei volti di una Milano degli anni Settanta ricca di personaggi in cerca d’autore. “…la mia intenzione era di dare un’occhiata critica su quella parte della nostra società, ma mi dovetti correggere, poiché questo avrebbe lasciato supporre la presunzione di non farne parte io stessa, e invece ero come il bambino allo zoo davanti alla gabbia delle scimmie: le osserva e si diverte mentre altri lo osservano e si divertono del suo divertimento.” Carla Cerati (Bergamo 1926 - Milano 2016) è stata una figura di fondamentale importanza nel panorama della cultura e della fotografia italiana e internazionale. Scrittrice prolifica, con al suo attivo numerosi testi, comincia a lavorare come fotografa di scena con il regista teatrale Franco Enriquez nel 1960, dopo una breve esperienza al Circolo Fotografico Milanese. Ben presto allarga il suo campo di interessi impegnandosi in inchieste su temi di rilevanza sociale e culturale con fotografie che, lungo l’arco di tre decenni, danno vita a numerosi libri e mostre oltre a comparire su riviste e quotidiani come L’Illustrazione Italiana, Vie Nuove, L’Espresso, La Fiera Letteraria, Du, Leader, il New York Times, L’Express, Time - Life, Die Zeit. Del 1965 è una sua ricerca sul paesaggio confluita in Nove paesaggi italiani, cartella con 9 fotografie realizzata in 25 esemplari, curata da Bruno Munari con prefazione di Renato Guttuso. Per il celebre lavoro sugli ospedali psichiatrici, pubblicato da Einaudi nel 1969, con il libro Morire di classe, le viene assegnato il Premio Palazzi Reportage. È di questi anni, dal 1960 al 1980, l’interesse e l’amore per Milano, fotografata a più riprese nei suoi diversi aspetti e nei momenti di forte cambiamento sociale, culturale, politico. Segue i riti degli ambienti culturali cittadini (Mondo Cocktail, Amilcare Pizzi, 1974). Approfondisce nuovi aspetti del teatro, fotografando il Living Theatre, e della danza, seguendo il lavoro del ballerino e coreografo spagnolo Antonio Gades e della performer Valeria Magli. Documenta la condizione degli intellettuali spagnoli sotto il regime di Franco, dal 1969 al 1975. All’inizio degli anni Novanta decide di lasciare il mestiere di fotografa e si dedica prevalentementeaalla scrittura. Sue opere sono conservate al MoMA di New York, al CSAC dell’Università di Parma, al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid, al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo. Dal febbraio 2018 l’Archivio di Carla Cerati è stato affidato, per volontà della figlia Elena, in comodato gratuito al Civico Archivio Fotografico del Comune di Milano.
Pregiudizi un corno! Tommaso Revera - Fotografie Paolo Biava
CONOSCIAMO PIÙ DA VICINO ALESSANDRO VALOTI, PROFESSORE D’ORCHESTRA E DIRETTORE ARTISTICO DELLA RASSEGNA MUSICALE-CULTURALE-TURISTICA ‘SUONI IN ESTATE’ NONCHÉ FAUTORE DI INNUMEREVOLI INIZIATIVE VOLTE A DIFFONDERE LA CONOSCENZA DELLA MUSICA CLASSICA Una passione quella per la musica classica divampata sin da quando era bambino grazie al suggerimento del nonno che lo convinse ad intraprendere una collaborazione con la banda del suo paese in Val Seriana. Da quell’esperienza, nata in maniera del tutto casuale, il percorso musicale di Alessandro Valoti, cornista del Quintetto Fiati d’Orobie’, si è arricchito di molteplici esperienze al fianco di ‘mostri sacri’ della musica classica internazionale. Un crescendo condito non soltanto dagli importanti traguardi raggiunti a livello personale ma anche dal quel senso di appartenenza alla sua terra per cui oggi è diventato il promotore di innumerevoli iniziative musical-culturali assolutamente degne di nota. Il matrimonio con Flavia, violista di acclarata fama, e la nascita delle piccole Chiara e Giulia, lo hanno ulteriormente spinto a mettersi in gioco non tanto per se stesso ma per un senso di gratitudine verso il proprio territorio allo scopo di diffondere la musica classica tra i più giovani. Alessandro come è nata la tua predilezione per l’ambito artistico? “È nata casualmente. Il nonno desiderava andassi a suonare uno strumento della banda del paese e da lì ho iniziato ad imparare uno strumento: prima la batteria, poi il sassofono ed infine mi sono innamorato del corno. Ho iniziato come divertimento, come ruolo di associazionismo, come volontario e, poco a poco, la mia passione per la musica è esplosa”. C’è stato un episodio particolare che ha rappresentato un punto di svolta per la tua carriera professionale? “All’età di 16 anni conobbi il mio mentore, Massimo Capelli, l’attuale docente di Bergamo che nei prossimi giorni celebrerà il ventennale della sua cattedra nella nostra città. È stato un incontro molto significativo. In seguito sono entrato in Conservatorio con il primo
triennio voluto da Maria Rosaria Diaferia, l’ex direttrice di Bergamo nonché consulente del Ministero dell’Istruzione, e alternavo l’attività studente all’Istituto Superiore “Fantoni” a Clusone a quella di studente dell’istituto di via Arena, in città alta, che raggiungevo con l’Ape di mio nonno. In tre anni mi diplomai”. Quali sono state le altre tappe più significative del tuo percorso? “I vari Master suggeriti dal mio insegnante che ho sostenuto in Italia, prima a Venezia presso il Teatro La Fenice ed in seguito alla Giovanile Italiana dove nel 2005 sono stato preso da Guido Corti. Ma non solo: un’altra tappa significativa è stata la formazione nel 2004 del Quintetto di Fiati Orobie (ad oggi l’unico quintetto italiano rimasto) con cui sono ancora attivo su panorama nazionale e internazionale con progetti un po’ particolari e con il quale ho avuto l’onore di partecipare a concorsi internazionali molto importanti tra cui Lione, Moncalieri, Chieri (che abbiamo vinto), concerti a Losanna, ecc”. La tua vocazione per la musica ti ha portato anche a ideare vere e proprie manifestazioni sul territorio… “Proprio così. L’ho fatto per un motivo: nel 2006 avevo fatto un’audizione presso l’Università Mozarteum ma non essendo una cima in tedesco mi rimandarono alla prova orale. Questo mi ha portato a studiare in Svizzera allo Hoschule di Zurigo con Radovan Vlatkovìc, il mio idolo fin da studente dopo aver ascoltato un suo cd. Essere preso da lui tra venti ragazzi è stata un’enorme gratificazione. Da lì mi sono detto: come mai all’estero tutti fanno dei progetti musicali molto belli e in Italia non è una cosa così abituale? Bergamo e la sua provincia a me hanno sempre dato tanto e così ho pensato di far qualcosa per il bene del mio territorio per trasmettere un po’ di cultura sul territorio lombardo.
“Bergamo e la sua provincia mi hanno sempre dato tanto e così ho pensato di far qualcosa per il bene del mio territorio per trasmettere un po’ di cultura sul territorio lombardo” - ci ha raccontato Alessandro
Pregiudizi un corno! Così sono nati i progetti denominati “Estate In”, per cui sono stato Direttore Artistico per quattro anni dal 2009, e “Suoni in Estate” dal 2015, la rassegna musicale, culturale, e turistica che quest’anno giungerà alla sua quarta edizione e che coinvolgerà oltre a Bergamo anche i territori di Brescia, Sondrio, Trento e il Canton Grigioni della Svizzera”. Un progetto tutto tuo… “Ideato da me ma con e coadiuvato con numerosi musicisti bergamaschi tra cui Roberto Rizzi Vignoli, direttore di orchestra, Bernardino Zappa, critico musicale, mia moglie, anch’essa musicista, e colleghi di varie orchestre che d’estate partecipano portando il proprio contributo e a cui sono molto grato per la collaborazione sempre dimostrata”. Suoni in Estate: cosa ti ha spinto a propendere per questo nome? ”È un nome che è nato contestualmente alla nascita della mia prima figlia, il 31 agosto del 2014. E l’allestimento di un’iniziativa simile è stata dettata anche dalla volontà di lasciar qualcosa a lei, grande appassionata di musica classica. Ricordo, quando era molto piccola, che si addormentava sulle note di Bach o ascoltando concerti per corno: fu semplice intuire la sua grande passione per la musica. Una rassegna che sin da subito ha ricevuto patrocini importanti come quello della Fondazione Teatro Donizetti, dell’Associazione Chaminade con sede a Trento che si occupa di progetti sulle donne, e dell’Associazione Donne in Musica di Fiuggi, l’unica al mondo che si occupa di curare un’enciclica e un archivio di tutte le donne che hanno composto dal 1600 sino ad oggi ed investe risorse nelle composizioni moderne e femminili”. Come è scandita la tua giornata tipo? “Tra mille impegni e incombenze. Oggi per esempio (martedì 7 maggio, ndr) partirò per Lugano per una prova, nel pomeriggio starò in famiglia e stasera avrò un concerto”. Un’attività come la tua immagino richieda un aggiornamento costante, non è così? “Esattamente: almeno 5/6 ore al giorno. La cosa bella è che il Lunedì mattina insegno anche in una scuola superiore della Val Seriana perché credo sia giusto che i musicisti professionisti non solo offrano il proprio contributo nei confronti di chi si accinge ad intraprendere la nostra attività ma anche al territorio da cui provengono”. Perché la musica classica non riesce ad affermarsi tra i più giovani? “Si pensa che la musica classica sia una musica d’élite ma non è così. Una volta era la musica pop di oggi. Stiamo facendo tanto per scardinare alcuni luoghi comuni piuttosto diffusi in quest’ambito: un ringraziamento sento di rivolgerlo a Francesco Micheli, con il quale ho il piacere di collaborare ad alcuni progetti, che sta portando la musica d’opera al di fuori dei teatri. La musica classica è insita nella musica pop di oggi. Stefano Belisari (Elio de Le Storie Tese), per esempio, è diplomato in flauto e non è l’unico. A casa conservo gelosamente un LP dei Metallica in concerto insieme all’Orchestra Sinfonica. Ricordo sempre con grande piacere anche i Deep Purple e la loro esibizione con la London Symphony Orchestra…”. Ci sono sul territorio manifestazioni che osservi con interesse e da cui trai spunti stimolanti? “Prendo sempre spunto dalla stagione lirica del Donizetti per le innovazioni portate da Micheli. Ma ci sono numerose manifestazioni degne di nota. Ciò che bisogna continuare a fare, a mio avviso, è portare la musica classica al di fuori dei teatri: nei quartieri ma anche in luoghi particolari meritevoli dal punto di vista naturalistico (vedi i concerti in quota), monumentale o architet-
tonico. I Suoni delle Dolomiti è sicuramente l’espressione migliore grazie alla quale Mario Brunello, il famoso violoncellista, è riuscito a coniugare il marketing territoriale alla musica. Ma anche il Festival Internazionale Mi-To Settembre Musica con i concerti tra Milano e Torino, il Festival Pianistico di Brescia e Bergamo, dove io suono e ho il piacere di collaborare con Pier Carlo Orizio, Le X Giornate e la Festa dell’Opera di Brescia sono manifestazioni molto importanti”. Cosa è indispensabile fare per continuare questa campagna di sensibilizzazione? “La voglia di mettersi in gioco per noi musicisti deve essere una priorità. È facile lamentarsi ma bisogna dare qualcosa alla propria terra pensando oltre il proprio portafoglio. Noi per lavorare abbiamo bisogno di una cosa: il pubblico. Se i teatri iniziano a svuotarsi, le orchestre chiudono. In Italia viviamo una situazione drammatica e, a mio avviso, sarebbe ora d’introdurre una legge grazie alla quale detassare al 100% gli investimenti sostenuti per la musica e la cultura. Così i privati sarebbero più incentivati a sostenere iniziative in questo senso…”. Puoi darci qualche anticipazione relativamente alla 4^ edizione di Suoni in Estate? “È online sl nostro sito (www.suoniinestate.it) il video di presentazione della 4^ edizione dove vengono descritti i sette progetti stabiliti dalla direzione artistica per quest’anno di cui uno, il primo, in coproduzione con la Fondazione Donizetti, che si intitola ‘Il vento della solitudine’ e raffigura lo stato d’animo di Gaetano Donizetti in tutta la sua psiche”. Come convincere i più giovani a scoprire questa bella iniziativa? “Ricorro sempre ad un motto personale: ‘senza leggere e senza scrivere, i grandi compositori hanno reso grande l’Europa’ per cui vale sempre la pena di approcciarsi al mondo della musica classica. Inoltre, non mi stuferò mai di dirlo, bisogna avere l’umiltà di mettersi al servizio degli altri, di qualunque compositore che ha scritto qualcosa 200 o 400 anni fa, al fine di metterlo in opera come lui avrebbe voluto”. Una passione sconfinata, quella di Alessandro, che lo ha spinto anche a redigere il programma elettorale in ambito culturale del candidato sindaco Giacomo Stucchi in vista delle prossime amministrative. Perché, come lui stessa sottolinea, “a Bergamo si è fatto tanto per la musica e la cultura ma forse è arrivato il momento di individuare un tecnico per dare lustro alla figura di Gaetano Donizetti, allestire un’edizione estiva del Donizetti Opera Festival e, infine, creare una stagione sinfonica primaverile che possa fungere da bacino d’utenza per tutta la comunità di Bergamo. Salisburgo vive di Mozart, Pesaro di Rossini e Bergamo dovrebbe vivere di Gaetano Donizetti…”. Non solo Donizetti, comunque. Nella piattaforma della nuova idea di cultura della città e per la città, intesa come opportunità anche economica, c’è la valorizzazione delle sue peculiarità per diventare centro di riferimento nel campo delle arti e dei complessi monumentali. La musica, certo, ma anche le Mura, patrimonio dell’Unesco, con un coordinamento inter-istituzionale per promuoverle nella loro funzione di attrazione. L’Accademia Carrara, col completamento delle strutture e l’implementazione dei rapporti di collaborazione con le gallerie più importanti a livello internazionale. La Gamec, nella sua funzione museale e di polo d’attrazione. Il rilancio del sistema dei Musei Civici nel segno di una linea continua tra la città delle origini e la contemporaneità. Infine, ma non ultimi, i teatri: la chiusura dei lavori del “Donizetti” e il completamento di quelli del Sociale, destinato a diventare il Teatro delle Arti.
Suoni in Estate 2019 TUTTO PRONTO PER LA IV^ EDIZIONE DELLA RASSEGNA MUSICALE-CULTURALE-TURISTICA “SUONI IN ESTATE”. 7 “INEDITE” PROPOSTE MUSICALI DAL 15 GIUGNO ALL’1 SETTEMBRE 2019 VI ASPETTANO IN DIVERSE LOCALITÀ TURISTICHE NEL TERRITORIO DI BERGAMO, BRESCIA, SONDRIO, TRENTO E NEL CANTON GRIGIONI DELLA SVIZZERA La programmazione dell’estate culturale della rassegna fondere capillarmente sul territorio l’arte e la figura del Musicale-Culturale-Turistica “Suoni in Estate” è pronta grande compositore bergamasco conservando la qualia raggiungere diverse località turistiche nel territorio di tà artistica e musicale del cartellone in programma nel Bergamo, Brescia, Sondrio, Trento e nel Canton Grigio- capoluogo; come l’anno passato, i cantanti sono artisti ni della Svizzera con un’offerta che si prefigura anche che calcheranno le scene nella stagione operistica del quest’anno di grande interesse e di carattere interna- Teatro di Bergamo. “L’altra metà della Musica”, in colzionale. La Rassegna si compone di 7 progetti nuovi; il laborazione con la trentina “Associazione Chaminade”, filo conduttore dei concerti proposti, di grande attua- è la prosecuzione di un lavoro innovativo che ha già lità, è l’indagine delle tante sfaccettature del rapporto portato ad incidere un cd per la Naxos nel 2018 e sta di amicizia (l’amicizia tra i personaggi donizettiani, tra ricevendo un notevole successo di pubblico e di criticompositori, committenti e mecenati di ogni tempo, ca. Il progetto è patrocinato dalla Fondazione Donne in passato e presente, tra strumenti alla ricerca di sonorità Musica, riconosciuta, tra gli altri, dal Governo Italiano, e comuni), e dell’altra faccia della stessa medaglia: la soli- dall’UNESCO; le composizioni, nate espressamente per tudine, ricercata o subita, coltivata o scacciata. “Il vento questo programma, vengono da compositrici viventi dei della solitudine - Donizetti e l’amicizia” è in coprodu- 5 continenti, dando spazio e voce a culture, storie e zione con la Fondazione Donizetti, con lo scopo di dif- linguaggi stilistici differenti ma intrecciati, attuali e inediti.
A una lunga storia di amicizia dobbiamo la Serenata n.1 di Brahms, così come la produzione di musica da camera di Wolfgang Amadeus Mozart, per la maggior parte commissionata da amici, suonata tra amici e per questo più predisposta ad accogliere in sè idee musicali stravaganti, ironiche, avveniristiche. L’amicizia inoltre influenza fortemente le composizioni di chi frequenta ambienti intellettuali, abituato a confrontarsi costantemente con i suoi pari traendo linfa per il proprio stile compositivo: di evoluzioni e commistioni di pensiero trattano i progetti sull’organo e sull’opera. L’amicizia inoltre influenza fortemente le composizioni di chi frequenta ambienti intellettuali, abituato a confrontarsi costantemente con i suoi pari traendo linfa per il proprio stile compositivo: di evoluzioni e commistioni di pensiero trattano i progetti sull’organo e sull’opera. Anche un sentimento puro e prezioso come l’amicizia ha però il suo contraltare oscuro: la solitudine di chi non trova l’amico vero, di chi viene ingannato, di chi subisce l’incalzare avverso degli eventi, come cantano palpitando le eroine del melodramma ottocentesco. Gli artisti coinvolti nella Rassegna in ognuno dei progetti hanno al loro attivo studi specialistici in Italia ed all’estero e collaborano stabilmente con le più importanti orchestre del panorama europeo.
Tutte le foto presenti in queste due pagine sono stare realizzate da ph_linoolmostudio
Clusone
Colzate
Gromo
Nembro
PROGETTI Progetto 1 - Il vento della Solitudine Donizetti e l’Amicizia Organico: Narratore: Bernardino Zappa (critico musicale del Quotidiano “Eco di Bergamo” Voci: 1 Tenore, 1 Baritono e 1 Basso della Fondazione Teatro Donizetti Quintetto di Fiati “Orobie” Trascrizioni per quintetto di fiati: M° Luciano Feliciani
———Progetto 2 - Palpiti di Soprano
Desiderio e solitudine nei capolavori del melodramma italiano Organico: Voce: Holly Czolacz (Soprano) Quintetto di Fiati “Orobie” Trascrizioni per quintetto di fiati: M° Luciano Feliciani
Progetto 3 - Le stravaganze dell’amicizia La musica da camera per fiati di Mozart raccontata da se medesimo Organico: Parte Strumentale (differente per i progetti): Ensemble “OperaFiati” Ensemble da Camera “Alchimia” ———La Rassegna 2019 si compone di 7 progetti nuovi; il filo conduttore dei concerti proposti, di grande attualità, è l’indagine delle tante sfaccettature del rapporto di amicizia (l’amicizia tra i personaggi donizettiani, tra compositori, committenti e mecenati di ogni tempo, passato e presente, tra strumenti alla ricerca di sonorità comuni), e dell’altra faccia della stessa medaglia: la solitudine, ricercata o subita, coltivata o scacciata
Oltressenda
Villa Carrara
PROGRAMMAZIONE ESTATE 2019 La programmazione dell’estate culturale della Rassegna Musicale Culturale-Turistica “Suoni in Estate” è pronta a raggiungere diverse località turistiche nel territorio di Bergamo, Brescia, Sondrio, Trento e nel Canton Grigioni della Svizzera con un’offerta che si prefigura anche quest’anno di grande interesse e di carattere internazionale. Vilminore
Suoni in Estate 2019 Progetto 4 - Serenar la tempestosa mente Una conviviale e spensierata chiacchierata tra fiati e archi
Progetto 6 - Le figlie di Orfeo Viaggio nell’Europa operistica dagli albori a Puccini
Organico: Ensemble da Camera “Alchimia” Violino: Lorenzo Gugole - Viola: Flavia Giordanengo Violoncello: Ferdinando Vietti Flauto: Tommaso Benciolini - Oboe: Gianluca Tassinari Corno: Alessandro Valoti Fagotto: Nicolò Biemmi - Clarinetto: Marco Sala
Organico: Viaggio Duo Sassofono: Nicholas Lecchi Fisarmonica: Mattia Lecchi
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———Progetto 7 - Giro dell’Europa in 80 minuti La cultura europea narrata dalla voce dell’organo
Progetto 5 - L’altra metà della musica
Organico: Organo: Luca Faccanoni
Organico: Ensemble “Chaminade” Oboe: Elisa Metus Clarinetto: Roberta Gottardi Corno: Valoti Alessandro Fagotto: Oscar Locatelli - Pianoforte: Monique Ciola
La musica è una rivelazione, più alta di qualsiasi saggezza e di qualsiasi filosofia. Ogni evento è mirato al target di riferimento per innalzare il livello qualitativo dei servizi offerti allo spettatore con individuazione di itinerari accessibili al target di riferimento e collegati ai siti d’interesse turistico e culturale
10 opere di 10 compositrici contemporanee da 5 continenti per 5 musicisti
Vito Emilio Filì - Fotografie Paolo Biava
re-m-mantegna experience
accademia carrara
FINO AL 21 LUGLIO A CURA DI ANTONIO MAZZOTTA E GIOVANNI VALAGUSSA Accademia Carrara conferma la natura di museo vivo, capace di rileggere e valorizzare l’unicità della propria collezione, coinvolgendo il pubblico. Nel nome di Andrea Mantegna, viene riaccolta ed esposta per la prima volta in modo permanente, Resurrezione di Cristo, dopo la straordinaria riattribuzione avvenuta nel maggio di un anno fa, il restauro e il tour internazionale. Un avvio sorprendente con MANTEGNA EXPERIENCE, all’interno dei nuovi spazi della Barchessa, aperti in occasione di questo appuntamento, grazie alla tecnologia Epson e alla ricerca multimediale di Museyoum. Un’esperienza affascinante, la tecnologia a servizio dell’arte e dell’emozione. La Resurrezione di Mantegna, la sua storia, la scoperta, l’eco internazionale, il tour all’estero, in una narrazione evoluta e tecnologicamente avanzata. La mostra prosegue poi all’interno delle sale del museo con un nuovo disegno espositivo che evidenzia alcuni capolavori, conducendo il visitatore attraverso un itinerario nei secoli della pittura, tra i segreti dei grandi maestri, come Jacopo e Giovanni Bellini, approfondendo aspetti di storia e di arte intorno a Mantegna. RE-M MANTEGNA analizza inoltre alcuni aspetti, anche grazie a numerosi materiali didattici, legati al collezionismo, con una sala dedicata a Guglielmo Lochis donatore del Mantegna, alle tecniche di restauro e alle alterne vicende di alcune opere, erroneamente attribuite o mutile o disperse, di cui la Resurrezione e la sua recente vicenda è un perfetto esempio. MANTEGNA EXPERIENCE La storia di un dipinto, l’attenzione ai dettagli, l’alterna vicenda critica, dalla sfortuna alla “riscoperta” grazie agli studi di Giovanni Valagussa, conservatore di Accademia Carrara. La piccola croce che unisce due tavole: Resurrezione di Cristo con Discesa al Limbo. E poi l’eco mondiale, i commenti, le prime pagine dei giornali, il restauro, il tour internazionale tra Londra e Berlino e il ritorno a casa. Un’esperienza straordinaria sviluppata grazie alla tecnologia Epson e alla ricerca multimediale di Museyoum. Alcuni dipinti propongo riflessioni sulla ricerca e ricostruzione di opere frammentate o perdute o presunte tali. La ricerca e lo studio possono portare a scoperte e meraviglie, ricostruendo capolavori dell’arte la cui storia, o parte di essa, si è persa tra viaggi, passaggi, proprietari, vicende non sempre fortunate di conservazione. Ne è dimostrazione l’attribuzione ad Andrea Mantegna della Resurrezione, felice conclusione di una di queste vicende, ma molte opere attendono di essere riscoperte, ricomposte, ritrovate: questa la sfida degli studiosi. Percorsi a tratti accidentati, seppur resi oggi meno impervi grazie a moderne tecniche di ricerca, diagnostica, tecnologia e comunicazione. In quest’ottica il percorso espositivo, all’interno delle sale del museo bergamasco, pone l’attenzione del pubblico a favore di due dipinti: Caino uccide Abele (1510-1515) di Mariotto Albertinelli (1474-1515) mancante di un pezzo nella parte superiore, oggi nella collezione americana di Fogg Art Museum - Harvard University, Cambridge, Massachusetts, e gli Episodi della storia di Griselda di Francesco di Stefano detto il Pesellino, oggi divisi in due pezzi ma originariamente parte di un’unica tavola. (sala 4 AC) la scoperta dell’opera, il restauro, il tour mondiale Il restauro della tavola di Mantegna, preceduto da una vasta campagna di diagnostica alla quale hanno contribuito diversi istituti di ricerca, è durato sei mesi ed è avvenuto all’interno del percorso museale. In un box vetrato allestito in una sala, i visitatori hanno avuto la possibilità di seguire in diretta ogni fase dell’intervento realizzato da Delfina Fagnani.
I materiali di studio e le immagini tecniche verranno presentati in modo da illustrare l’assetto originale del dipinto, nelle dimensioni reali, con i chiodi e le traverse sul retro (ora mancanti), tutti elementi importanti ai fini della ricostruzione della sua storia. (sala 7 AC). La tavola dipinta a tempera e oro è stata datata, grazie alla recente attribuzione, al 1492 circa. Il soggetto (e titolo) è la Resurrezione di Cristo, nel momento dell’uscita trionfante dal sepolcro con in mano un vessillo crociato, tra lo sconcerto dei cinque soldati che hanno espressioni di meraviglia. Di qualità molto interessante appare soprattutto la descrizione dello strapiombante paesaggio roccioso, che forma un altissimo sperone obliquo incombente dietro la figura di Cristo e un terrazzo sporgente in primo piano sorretto da una sorta di grandioso arco naturale, sopra il quale l’intera scena si svolge. In mostra l’opera è esposta in modo tale che il visitatore ne percepisca la fisicità e possa aver accesso anche al retro dove si legge, in alto al centro, la scritta Andrea Mantegna in una bella grafia capitale, tracciata a penna o con un sottile pennello.
re-m-mantegna experience all’accademia carrara
RE-M MANTEGNA È UN VIAGGIO LUNGO PIÙ DI 500 ANNI, DAL 1492 FINO AD OGGI, DALLA MERAVIGLIA DELLA PITTURA ANTICA ALL’INNOVAZIONE DELLA MULTIMEDIALITÀ. UN VIAGGIO TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO. FINO A FINE LUGLIO 2019 A BERGAMO: UN’ESPERIENZA MULTIMEDIALE E, INSIEME, UN PERCORSO ESPOSITIVO NELLE SALE CHE, GRAZIE A UN ALLESTIMENTO AD HOC, OFFRE AL PUBBLICO UNA PASSEGGIATA STORICA E ARTISTICA CHE CULMINA CON L’OPERA DI ANDREA MANTEGNA (1431-1506) CREDUTA PER SECOLI UNA COPIA
Grazie alla tecnologia sarà possibile rievocare l’aspetto originario dell’opera, integrandola virtualmente con la parte sottostante Discesa al Limbo e la fascia a sinistra mancante, nota attraverso una copia antica conservata ai Musei Civici di Padova.Verranno infine illustrate le ipotesi sulla collocazione originaria dell’opera nel Castello di San Giorgio a Mantova e sarà proposto un mosaico di derivazioni antiche, a testimonianza della grande fortuna della composizione mantegnesca. (sala 9 AC) 3 RE-M MANTEGNA 25 aprile - 21 luglio 2019 a cura di Antonio Mazzotta e Giovanni Valagussa catalogo/ giornale Skira tecnologia Epson ricerca multimediale Museyoum allestimento Mauro Piantelli - De8 Architetti La riapertura della Barchessa è stata resa possibile grazie a Vitali SpA, il progetto architettonico è di Attilio Gobbi.
LE PAROLE DI MASSIMO VITALI PRESIDENTE VITALI SPA, L’AZIENDA SPONSOR DELLA CARRARA CHE HA REALIZZATO IL RECUPERO DELLA BARCHESSA “Accademia Carrara è il museo più importante di Bergamo e noi siamo orgogliosi di aver contribuito al completamento dell’Ala Vitali, un’opera di fondamentale importanza per la diffusione della cultura e dell’arte nella nostra città. Le nuove sale saranno spazi moderni e flessibili, sia dal punto di vista funzionale sia tecnologico, qui potranno essere allestite mostre, ma anche convegni e attività educative. Crediamo che la cultura sia uno dei drivers fondamentali per lo sviluppo e la crescita delle nostre comunità, ma anche uno straordinario punto di forza per lo sviluppo del nostro paese. Sostenere Accademia Carrara, significa credere nei giovani e investire sul loro futuro, proprio come nostro padre Emilio ci ha insegnato e al quale viene dedicata quest’opera.
Un ringraziamento particolare va a tutti coloro che hanno collaborato con medesimo spirito e altrettanta passione; ai nostri tecnici, ai progettisti, alla direzione lavori e a tutte le aziende partners (Ceramiche Frattini, Chimiver, ENS Srl, BMG, Torri Massimo e Vetraria Imagna) che in quest’opera hanno espresso il massimo delle competenze e della loro professionalità, requisiti fondamentali per la restituzione di una rinnovata Barchessa alla città di Bergamo”. Un nuovo modo di guardare le opere della collezione, una sorta di selezione guidata: un percorso che conduce al DEEP BLUE, installazione site specific per ammirare recto e verso dell’opera di Andrea Mantegna. Attraversando le sale dell’Accademia Carrara s’incontrano pareti e quinte blu: le opere di questo racconto dedicato assumono una nuova chiarezza espositiva attraverso quel “colore mariano” che tra il XIV e XV secolo diventa anche “colore morale”. La parete a specchio delle quinte espositive “ingloba” il visitatore, lo porta dentro l’esposizione in un rimando di sguardi con le opere selezionate. Nel DEEP BLU c’è la Resurrezione di Cristo: recto e verso dell’opera sono visibili in uno spazio sospeso, in un tempo, anch’esso sospeso, dove tutto è rivolto al prezioso capolavoro ritrovato. Mauro Piantelli, De8 Architetti
Intervista di Manuel Bonfanti - Fotografie Paolo Biava
DISEGNO ED ESPRESSIONISMO
ITALO CHIODI
Incontriamo Italo Chiodi, artista bergamasco, nato a Villa d’Ogna nel 1961, insegnate in numerose Accademie di Belle Arti Italiane, oggi docente della cattedra di Disegno e di Didattica dei Linguaggi Artistici a Brera. Collabora al Programa del Master Universitario en “Dibujo: Creaciòn, Producciòn y Difusiòn” nel corso di Teoria e Progetto del Disegno presso la Facultad de Bellas Artes de Granada. Dal 1985 ha esposto in diverse mostre personali e collettive in diverse città italiane ed estere. Vive e lavora tra Bergamo e Milano. Gentilissimo Maestro dove è iniziato il suo interesse per l’arte e come ha inciso l’idea del luogo nel suo percorso culturale? “Essendo figlio d’arte ho sempre avuto un forte legame con i processi creativi. La mia camera era lo studio di mio padre e gli odori dell’olio come la presenza di colori e di quadri dipinti in un certo senso hanno influenzato le mie prime percezioni. È chiaro che questa è un’analisi fatta a posteriori. Da bambino era solo una normalità, solo un po’ differente rispetto a quella dei miei compagni e amici. Comunque sia è sicuramente il mio primo luogo di memoria artistica, fatta di odori e di visioni paesaggistiche.
Quello più profondo, che continua a strutturare la mia ricerca, è il villaggio dove sono nato e del suo perimetro geografico. Da un lato la fabbrica di cotone, dove hanno lavorato quasi tutti i miei parenti. Dal lato opposto il bosco, luogo magico ricco di immagini, giochi e suggestioni insieme con il fiume e un canale che chiudevano da un lato e dall’altro il perimetro dei miei primi sguardi. Una sorta di isola artificiale circondata da montagne più o meno alte ricoperte di boschi e pinete. Aggiungerei inoltre l’aspetto antropologico, un misto di cultura industriale, visto che il villaggio era stato costruito nella fine dell’ottocento dai proprietari del cotonificio, e una cultura montanara fatta di boschi, acqua, natura, animali e storie di uomini. Naturalmente nel tempo, man mano sviluppavo la mia formazione artistica nelle due Accademie nelle quali ho studiato, quelle di Bergamo e di Milano, questi luoghi prendevano forme e caratteristiche sempre diverse. È normale pensare che, inserendo “diottrie culturali”, lo sguardo è riuscito a cogliere forme e suggestioni sempre più complesse. Ho sempre cercato nel tempo di ritornare in questi luoghi per confrontarmi e vedere come il senso di paesaggio si trasformava in me. E questo ancora ora, a distanza di molti anni. Mi verrebbe da citare un frase di John Berger estrapolata dal libro “Sul disegnare” che ho sempre collegato al mio lavoro e al mio sguardo..... i contorni che avete disegnato non indicano più il margine di quel che avete visto, ma il margine di quel che siete diventati”. Quale è il suo rapporto con la letteratura e la sua rappresentazione?... Chi sono i suoi pensatori e scrittori preferiti? .. Anche tra i contemporanei? “Visto che ho citato nella risposta precedente John Berger inizierei a segnalare lui. Il suo incontro è per me stato di grande importanza nella mia formazione e per questo lo inserisco sicuramente tra gli autori preferiti.
Mi ritengo un lettore curioso e aperto e per questo ne ho diversi altri che per me sono stati fondamentali in diversi momenti della mia ricerca artistica. La cosa importante da sottolineare è come i loro libri mi hanno accompagnato, a volte per piccoli tratti del mio viaggiare, mentre alcuni di loro sono ancora lì accanto, in diverse parti della casa o dello studio. È vero che ogni momento e ogni ciclo di lavoro ha avuto i suoi punti di riferimento culturale e i suoi autori/compagni di viaggio. Un altro autore che continuo a rileggere è sicuramente Pavel Florenskij e soprattutto il suo libro “Lo spazio e il tempo dell’arte”, una forte riflessione filosofica intorno appunto ad un tema come quello dello spazio che mi ha sempre incuriosito. Ma senza fare torto ad altri vorrei citare un libro che ho utilizzato per un progetto artistico. “L’uomo che piantava gli alberi” scritto da Jean Giorno. Quello che mi ha sempre affascinato di questo racconto è la tenacia del protagonista Elzéard Bouffier che, giorno dopo giorno, senza pretendere niente in cambio, pianta semi di diversi alberi, modificando il paesaggio. Ha sempre rappresentato per me una sorta di metafora dell’artista e nel mio caso dell’insegnante. È proprio questa tenacia che deve accompagnare a mio avviso il lavoro quotidiano di un creativo, qualsiasi linguaggio utilizzi. La possibilità di cambiare il mondo e di saperlo trasformare deve avere come motore proprio quella costanza che non sempre è presente come ingrediente nei momenti di lavoro. Questo libro di Giono lo consiglio spesso ai miei studenti che spesso si ritrovano in momenti di sconforto creativo, privi di idee e di possibili vie di fuga. Il lavoro dell’artista non è sempre facile e a volte il confronto con altri linguaggi creativi può servire a smuovere quelle paure e quelle tensioni che a volte si affacciano al lavoro”. Perché il disegno e l’espressionismo sono i linguaggi che predilige? “Ho sempre amato il disegno perché credo sia tra i linguaggi più vicino al mondo delle idee e dei pensieri. È quello che mostra meglio a mio avviso l’anima di un artista. Racconta il muoversi dello suo sguardo e, siccome vediamo e osserviamo ciò che conosciamo, il disegno traccia appunto il punto geografico del viaggiatore che cerca di catturare e conoscere il mondo. È un pensare ad alta voce, trasportando su una superficie le prime tracce e impronte di ciò che si è elaborato e pensato. Per le sue caratteristiche linguistiche, l’azione del disegnare si preoccupa meno dell’errore e delle incertezze.
È per questo che mi ha sempre affascinato e continua ad incuriosirmi. Capisco che può sembrare un discorso di parte, in quanto insegno Disegno in Accademia, ma questo mio pensiero è frutto di confronti e riflessioni con amici artisti e teorici dell’arte che non hanno fatto altro che consolidare in me queste convinzioni. Se avessi un maggiore potere economico collezionerei degli artisti che amo i loro disegni proprio perché in questa parte progettuale del lavoro si possono cogliere angolazioni particolari che a volte le opere finite non sanno mostrare”. Pensa sia stato positivo il mutare dei canali commerciali artistici di questo periodo storico ed i musei d’arte contemporanea ricoprono ancora un ruolo innovativo per le esposizioni? Da insegnante che cosa si può consigliare ad un dipartimento didattico museale? “Credo che siamo ancora in una fase di trasformazione, in una sorta di zona liminare tra quello che era e quello che potrà essere.
migliorare la qualità della vita dei cittadini. Renderlo attento e sensibile alla bellezza e alla poesia, ma soprattutto aperti a tutti i linguaggi. Assumere, come il termine stesso definisce, la “centralità” della cultura. È chiaro che i primi fruitori da sensibilizzare sono i bambini, futuri produttori di bellezza. Per questo i laboratori dovranno essere più dinamici, interattivi, e nello stesso tempo attenti al fare pratico per un maggior sviluppo del pensiero e dell’intelligenza creativa. La creatività, come dico sempre a miei studenti, è la capacità di saper abitare i luoghi e di saperli trasformare. È chiaro che per saperli abitare necessita lo sviluppo della sensibilità e della conoscenza nei confronti dei luoghi stessi”. Mentre visitavo la sua ultima mostra, al Museo Diocesano di Bergamo, mi chiedevo in che modo la religione avesse avuto un’influenza su di lei, vuole parlarcene se è rilevante? Inoltre ha delle mostre in programma che potremo vedere o preferisce raccontarci qualche nuovo progetto a cui lavora? “La mostra appena chiusa al museo Bernareggi mi ha impegnato un anno di lavoro tra ripensamenti e modifiche varie. Il progetto espositivo si intitolava “Inopinatum” (Inaspettato) ed è stato un forte omaggio al disegno. Ho sviluppato due tematiche che si sono intrecciate nelle opere e negli spazi del museo. Da un lato la natura, esplorata nella sua parte radicale e dall’altro il sacro, tema a me caro da sempre, messo in gioco come collegamento tra il Museo Bernareggi e la mia poetica. cercato negli anni di esplorare il paesaggio in tutti i suoi aspetti.
Le nuove tecnologie hanno sicuramente contribuito a questo cambiamento, l’interattività, i musei virtuali, le applicazioni digitali, forse le crisi economiche mondiali, il rimodellarsi delle città e dei suoi spazi ex industriali. Oltre a questo si sono aggiunti spazi che da sempre si occupavano di design o d’architettura di interni, meno specifici e settoriali.Tutto questo porta a pensare se questi “cantieri dell’arte” siano i contenitori ideali. Il mercato fagocita avidamente ogni cosa commestibile senza lasciare, a mio avviso, il tempo per una metabolalizzazione delle idee e del pensiero. Penso che gallerie, musei e spazi espositivi abbiano bisogno di essere pensati diversamente, soprattutto nel senso della loro fruizione. Non dovranno sicuramente essere delle scatole per raccogliere polvere o depositi di ragnatele, ma nello stesso tempo neppure veloci macchine di eventi scintillanti che accecano lo sguardo e svuotano i pensieri. Devono a mio avviso essere maggiormente aperti all’anima della città che li accoglie. Un Centro Culturale serve per
Da quello più contemplativo, visto da lontano, fatto di luci, boschi, cieli, colori, a quello più ridotto, che vorrei chiamare a lente d’ingrandimento, dalle acque turbinanti a quelle lente e contenute dei canali e dei piccoli torrenti. In questa mostra ho voluto scavare sotto terra nella ricerca di radici, in quella parte di natura nascosta alla luce, in molti casi invisibile allo sguardo. L’analisi di partenza si snodava intorno all’idea di “confine”, o meglio di “confini”, di tutti quei “luoghi” che conducono alla trasformazione. Lo stesso pensiero che si è snodato nel secondo dei temi che ho sviluppato nella mostra: il confine tra l’umano e il sacro. Spesso ci confrontiamo con l’energia del tutto, a volte inconsciamente. Non mi interessano il sui aspetti religiosi se non come simboli. Elementi, ricchi di rimandi emotivi, che hanno attraversato la mia vita culturale e ne sono ancora parte volente o nolente. Gli stessi che ho voluto inserire in alcuni disegni in una parte della mostra, contrastandoli a frammenti di natura, all’interno di piccoli “luoghi sacri”. Ora sto lavorando ad un progetto nuovo che per certi versi è la continuazione della mostra del Bernareggi. Ogni ciclo di opere, pur avendo relazioni con quello precedente, son sempre per me quasi un’esperienza nuova e una nuova ripartenza. Questo aspetto mi affascina sempre del mio lavoro artistico, lo rende sempre appunto “Inopinatum”. È chiaro ha anche in sé tutta una serie di problematiche, di errori programmatici, di ripensamenti e, per certi versi di sofferenze, soprattutto all’inizio del ciclo. Questo è comunque il sale del lavoro”.
antartide: Alla ricerca
del clima perduto IN UNO DEI LUOGHI PIÙ ESTREMI DELLA TERRA VERRÀ ESTRATTO IL GHIACCIO FINO A UNA PROFONDITÀ DI QUASI 3 KM PER RICOSTRUIRE LA STORIA DEL CLIMA DELL’ULTIMO MILIONE E MEZZO DI ANNI.
antartide: Allla ricerca
del clima perduto
Pistenbully at marked drill site Little Dome C (Credit: Luca Vittuari, PNRA) Si chiama Little Dome C ed è uno dei posti più freddi, aridi e privi di vita della Terra. Ma proprio qui, all’interno del continente antartico, scienziati provenienti da tutta Europa verranno a studiare il clima, in questo luogo estremo a oltre 3.200 metri di altezza, dove le temperature raramente salgono sopra i -25° C, mentre in inverno precipitano a -80°C (le stagioni sono inverse rispetto alle nostre). Infatti, il progetto europeo “Beyond EPICA – Oldest Ice” ha identificato in questa zona, a 40 km dalla base italo-francese di Concordia, il luogo “ideale” dove estrarre carote di ghiaccio fino a una profondità di oltre 2,7 km, per ricomporre l’archivio climatico della Terra e risalire fino a un milione e mezzo di anni fa, quando i cicli climatici fra glaciale e interglaciale avevano una durata di 40mila anni e seguivano le regolari oscillazioni dell’angolo dell’asse terrestre. “Dopo tre anni di misure geofisiche e di perforazioni intermedie abbiamo scelto per il carotaggio questo luogo perché ha una stratigrafia indisturbata di ghiaccio vecchio almeno un milione e mezzo di anni: in ogni metro, infatti, sono registrati negli strati più profondi almeno 10-15 mila anni di variazioni climatiche che studieremo grazie all’analisi dei gas serra, come anidride carbonica e metano, contenuti delle bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio”, spiega Massimo Frezzotti, glaciologo dell’ENEA a capo delle spedizioni di rilevamento a Little Dome C.
Infatti grazie alle piccole bolle d’aria, intrappolate nel ghiaccio nel momento in cui si è formato, gli scienziati del clima possono misurare le concentrazioni di importanti gas a effetto serra, riscontrando una chiara connessione: nei periodi in cui il clima terrestre è stato più freddo, in atmosfera si registrava una quantità decisamente inferiore di CO2 e metano rispetto ai periodi più caldi. “Abbiamo rilevato che circa 900mila anni fa si è verificato un cambio significativo nel ritmo dell’alternanza tra periodi caldi e freddi che è passato da una durata di 40mila ai 100mila anni. I paleo-climatologi conoscono questo fenomeno grazie alle ricerche sui sedimenti che si sono accumulati nei fondali oceanici, ma l’unico modo per ottenere dati diretti sull’atmosfera del passato, come la quantità di anidride carbonica e metano e sulle connessioni tra la presenza di questi gas e le variazioni del clima, è analizzare le bolle d’aria contenute nelle carota di ghiaccio”, sottolinea Frezzotti. Dopo questa prima fase che ha portato all’individuazione del luogo e una volta ottenuto il via libera da parte dell’Unione europea, a fine anno si procederà all’allestimento di un campo base a Little Dome C, mentre le attività di perforazione inizieranno a novembre 2021 e si concluderanno a febbraio 2024. I primi dati saranno disponibili nel 2025. Alle attività per l’individuazione del sito per l’Italia hanno partecipato ENEA, INGV e le università di Bologna e di Venezia ‘Cà Foscari’ nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), attuato dal CNR per la programmazione e il coordinamento scientifico e dalla stessa ENEA per gli aspetti logistici.
MARCO CONFORTI
La voce dell’acqua Iseo, Fondazione L’Arsenale fino al 9 giugno
6 FOTOGRAFI RACCONTANO L’ACQUA
MICHELE GUSMERI
ROSETTA ZAMPEDRINI
Fino al 9 giugno la Fondazione l’Arsenale propone la mostra “La voce dell’Acqua”: una narrazione per immagini sul tema dell’acqua portata avanti da 6 autori con punti di vista e tecniche fotografiche differenti. La mostra, curata da Donata Bini, consigliere del CdA dell’ente culturale iseano e membro dell’associazione fotografica “Il Biancoenero” di Brescia, “nasce sullo spunto del Festival dei Laghi, dall’idea di raccontare l’acqua” – ha spiegato la presidente Attilia Consoli. Renzo Bertasi, Marco Conforti, Michele Gusmeri (nostro ex collaboratore), Roberto Montanari, Domenico Parigi e Rosetta Zampedrini sono i fotografi chiamati ad interpretare il tema, per una mostra che si compone di una quarantina di immagini che vanno dal reportage all’ambientazione all’interpretazione artistica. Dal paesaggio di Michele Gusmeri che racconta le atmosfere che il lago genera, alle grafiche di Renzo Bertasi dove “l’acqua è un pretesto, una base dalla quale emergono grafie molto interessanti”. Da qui anche il lavoro di Rosetta Zampedrini che utilizza l’acqua per creare dei movimenti morbidi, simili a velluti con ispirazioni futuriste. Roberto Montanari interpreta invece il paesaggio trasformandolo in opera artistica, in cui l’azione materica sulla tela assume un’importanza rilevante. Va oltre la descrizione dell’acqua e diventa racconto il reportage in polaroid di Domenico Parigi, composto da scatti fatti la domenica mattina sul lungolago, pretesto per descrivere la vita lacustre. Finiamo con Marco Conforti che va alla ricerca della vita estiva, della gente che vive il lago nelle calde domeniche estive e si accontenta di un angolo di cemento per un po’ di tintarella. “La voce dell’acqua” è patrocinata da Regione Lombardia, Comune di Iseo, Navigazione Laghi Iseo con il contributo di Farmacia Gandossi. L’inaugurazione è fissata per sabato 11 maggio alle ore 17.00 nell’ambito della decima edizione del Festival dei Laghi. “La voce dell’acqua” resterà aperta al pubblico con ingresso libero, dal martedì al venerdì dalle 16 alle 18, sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18. Venerdì 24 maggio alle ore 20.30 nell’ambito dell’iniziativa, è in programma l’incontro dal titolo “Cinema e Fotografia” con Camilla Lavazza. Un approfondimento del rapporto tra fotografia e cinema a partire dai più celebri film che vedono protagonista la fotografia, passando per le esperienze di alcuni celebri registi-fotografi e fotografi-registi, fino alla fotografia di scena e alla direzione della fotografia.
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