ANNO 15 - N° CENTOCINQUANTUNO - LUGLIO 2019 - € 3
BRESCIA MAGAZINE da 15 anni
COVER STORY DANIEL PEZZINI PRESENTA LA NUOVA DY
IMPRENDITORIA LE IMPRESE FEMMINILI IN CITTÀ E PROVINCIA SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE EDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121 - TASSA PAGATA BG CPO
DONNE E IMPRESA #CELACENA CONVIVIO URBANO LEFAY RESORT&SPA UN’INNOVATIVA PROPOSTA DI BENESSERE E…STATE IN CITTÀ BRESCIA DA FARE
CMP BRESCIA
PAOLO MAZZOLENI LA MIA REGOLA 18
Fotografia Paolo Biava
EDIT
A volte ci vogliono le palle per essere una donna
Le donne nel ruolo di manager continuano ad essere relegate ad una percentuale svilente per il genere femminile. Stando al recente report di Eurostat, l’istituto di statistica dell’Unione Europea, solo una donna su tre ricopre un ruolo manageriale in azienda a livello europeo. Su una totalità di 9,4 milioni di posizioni manageriali ricoperte all’interno dell’Unione Europea, 3,4 milioni (36%) sono quelle occupate dalle donne, mentre la quota restante - ben 6 milioni (64%) - vede gli uomini occuparsi dei ruoli dirigenziali. L’Italia è pericolosamente tra i fanalini di coda della classifica dei Paesi europei con più donne manager. Nel Belpaese sono il 29%, stessa percentuale per Repubblica Ceca, Danimarca e Paesi Bassi. Fanno peggio solamente il Lussemburgo (15%) e Cipro (23%). Il Paese più virtuoso è la Lettonia (56%), dove le manager donne superano addirittura il numero dei dirigenti uomini.Trovare una spiegazione plausibile a questo trend di cui non andare certo fieri, non è cosa facile. Quel che possiamo affermare con ragionevole certezza è che le donne raccontate sulle pagine di questo nuovo numero di tempra ne hanno da vendere. Poco importa se hanno avuto o meno il privilegio di subentrare in aziende di famiglia: quel che conta è averlo fatto mostrando personalità, carattere, intraprendenza, intuito, doti da leader e capacità decisionali non comuni. Solo così sono riuscite a prendere le redini della propria impresa, solo così si sono conquistate il comando. Una dimostrazione di determinazione, forza e coraggio che riveste una doppia valenza: sul piano umano è valsa come un’incredibile iniezione di fiducia e autostima personale, sul piano professionale, invece, come una straordinaria rivincita sullo scetticismo che da sempre serpeggia attorno alla leadership femminile. Ben vengano, allora, donne di questo tipo capaci nella loro ascesa professionale di coniugare anche gli impegni del privato, non lesinando l’affetto per i propri figli e per la propria famiglia. E, se questi sono i risultati, l’auspicio è che il ruolo attivo delle donne nel tessuto produttivo bresciano continui a crescere oltre alle 23.903 imprese femminili conteggiate dal Registro Imprese - Infocamere della Camera di Commercio di Brescia nel 2018. Agricoltura, industria o servizi poco importa: l’importante è che Brescia (collocata nel 2018 all’ottavo posto nella graduatoria nazionale con l’1,8% del totale delle imprese rosa) continui la sua scalata e dimostri la propria lungimiranza assecondando il fiuto e la sensibilità che connotano il gentil sesso. Tommaso Revera
AMANO E SOFFRONO COME NOI di Bruno Bozzetto
in questo numero
BRESCIA www.qui.bs.it
autorizz. Tribunale di Brescia n°18 del 22/04/2004
EDITA PERIODICI srl
report imprenditoria femminile
Via Bono 10 Bergamo Tel 035.270989 - Fax. 035.238634 www.editaperiodici.it Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it
donne e impresA
Responsabile redazione: Tommaso Revera redazione@qui.bs.it Responsabile grafica: Paolo Biava grafica@qui.bs.it Redazione eventi: Valentina Colleoni redazione.chicera@qui.bg.it Hanno collaborato in redazione: Bruno Bozzetto, Lisa Cesco, Franco Gafforelli,
celacena, convivio urbano
Maurizio Maggioni, Alice Bonanno, Giorgio Paglia, Valentina Colleoni, Federica Sorrentino Fotografie di: Federico Buscarino, Sergio Nessi, Paolo Biava, Paolo Stroppa, Daniele Trapletti Matteo Marioli, Lorenzo Passini, Matteo Biatta Stampa: Euroteam Nuvolera Brescia
L’ELEGANZA INCONTRA LA PRECISIONE
CIBO DI MEZZO
un’innovativa proposta di benessere
cover story dy: nuova sede e nuovi orizzonti
CINQUant’anni marini
ardesio divino
la mia regola 18
l’ultimo moschettiere
sempre più infinito
huracán sterrato
torino fashion week 2019
living in a box
ho ucciso un uomo
n°151
ISTANTANEE HUNTER OF EMO TIONS_PHOTOGRAPHER_ PAOLO BIAVA www.paolo-biava.com
presente perfetto: nuova audi q3
Title_ SLICE OF PARADISE Date_ 29.09.2018 Place_ Cala Goloritzè - Sardinia
DONNE E IMPRESA
Le imprese femminili in provincia di Brescia: una visione d’insieme REPORT SULL’IMPRENDITORIA FEMMINILE A CURA DEL SERVIZIO STUDI DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI BRESCIA SU DATI REGISTRO IMPRESE - INFOCAMERE ANNO 2018
Il ruolo attivo delle donne nel tessuto produttivo bresciano è espresso dalla presenza, nel 2018, di 23.903 imprese femminili: un’impresa su cinque è rosa. L’imprenditoria femminile bresciana si caratterizza per essere concentrata nei servizi, dove operano il 75% delle imprenditrici, contro il 55,3% delle imprese maschili. A differenza dell’imprenditoria maschile il segmento femminile è meno industrializzato, dato che solo 13 imprese su 100 operano nell’industria a fronte di circa 33 su 100 per quelle maschili. La forma organizzativa prevalentemente scelta dalle donne per fare impresa è quella della ditta individuale (il 61,4% delle imprese femminili contro il 45,9% di quelle maschili). Come l’intera struttura produttiva bresciana nel suo complesso, anche l’imprenditoria femminile è costituita essenzialmente da micro imprese: oltre 95 imprese guidate da donne su 100 non superano i 9 addetti (92,3 su 100 nel caso di quelle maschili). L’imprenditoria femminile bresciana è più giovane di quella maschile: 13 imprese rosa su 100 sono guidate da donne under 35, contro i circa 8 su 100 nel caso di imprese maschili. La partecipazione straniera nell’universo femminile è più intensa rispetto a quella maschile, 13 imprese su 100 sono guidate da donne straniere a fronte del 10,8 su 100 per quelle maschili.
Il confronto territoriale Le imprese femminili bresciane rappresentano l’1,8% del totale delle imprese rosa presenti in Italia a fine 2018, quota questa che colloca Brescia all’ottava posizione nella graduatoria nazionale. In questo contesto le prime tre posizioni sono occupate da grandi città quali Roma, Milano e Napoli. I settori di attività economica Commercio, turismo, servizi, manifattura e agricoltura si confermano i settori di spicco nei quali operano le imprese femminili nel bresciano; in questi cinque settori si concentra, infatti, quasi il 70% delle imprese. Per meglio comprendere la struttura e l’intensità della partecipazione imprenditoriale delle donne bresciane è utile osservare i settori di attività sotto la lente di ingrandimento del tasso di imprenditorialità femminile che misura la quota di imprese femminili sul totale delle imprese di settore. In quest’ottica il comparto che mostra la più elevata vocazione femminile si trova nel settore “altri servizi alla persona” dove circa 67 imprese su 100 sono condotte da donne. Si tratta di un aggregato che comprende attività tipicamente femminili, quali l’attività di parrucchiera e estetista, di lavanderia e anche i servizi di wellness. Il secondo comparto per maggiore presenza femminile è quello della moda (confezione di articoli di abbigliamento, pelli e calzature) dove trova espressione la creatività femminile. In tale ambito 48 imprese su 100 sono guidate da donne. Di rilievo è anche la presenza delle donne nei settori dell’assistenza sociale non residenziale (servizi di asili nido, assistenza per minori e anziani) e nei servizi delle agenzie di viaggio e tour operator dove oltre il 40% delle imprese sono rosa. Importante è la presenza femminile nel commercio al dettaglio sia per tasso di femminilizzazione, dato che oltre 35 imprese su 100 sono guidate da donne, sia per la numerosità, contando ben 4.463 imprese rosa (ben il 18,7%). Degna di nota è la partecipazione femminile nei settori legati al digitale quali i servizi di informazione e altri servizi informatici (rientrano in tale ambito le attività di elaborazione dei dati, la gestione dei database, la gestione dei portali web, hosting e fornitura di servizi applicativi etc.), in questo comparto più di 34 imprese su 100 sono rosa. Infine tra i settori col più alto tasso di femminilizzazione rientra quello dell’alloggio e ristorazione con circa 34 imprese su 100. Le giovani imprenditrici Le imprese giovanili all’interno dell’imprenditoria femminile sono, a fine 2018, il 13% del totale (in valore assoluto 3.098), mentre in ambito maschile le imprese giovanili sono il 7,9%. Ciò mette in evidenza che l’imprenditoria femminile è più giovane di quella maschile. Le giovani imprenditrici operano nei servizi finanziari svolgendo attività di agenti e mediatori di assicurazioni (in tale settore il 21,7% delle imprese femminili è under 35). Importante è la presenza delle giovani donne bresciane nell’ambito dei servizi alla persona, in particolare quelli legati alla cura ed al wellness (servizi di parrucchieri e istituti di bellezza) dove circa 20 imprese su 100 femminili sono under35. La partecipazione giovanile è rilevante anche nelle attività professionali (designer, attività di consulenza in diversi ambiti, agenzie pubblicitarie e ricerche di mercato), nei servizi di alloggio e ristorazione e nell’ambito artistico e sportivo. La presenza straniera Le imprenditrici straniere operanti a Brescia a fine 2018 sono 3.119 pari al 13% del totale imprese femminili a fronte del 10,8% di quella maschile. Il che evidenzia una maggiore presenza straniera all’interno dell’imprenditoria rosa rispetto a quella maschile. La maggiore presenza straniera nell’ambito dell’imprenditoria femminile si rileva nei servizi alle imprese ambito nel quale le donne operano per lo più nei servizi di pulizia e di disbrigo pratiche. Altri settori in cui le donne straniere fanno impresa sono il commercio al dettaglio, quello ambulante in particolare, la ristorazione attraverso la gestione di ristoranti etnici e bar, le attività manifatturiere con riguardo alla confezione di articoli di abbigliamento. Le imprenditrici straniere più attive sono le cinesi che si occupano prevalentemente di confezione di articoli di abbigliamento, di ristorazione e commercio al dettaglio. La comunità imprenditoriale rumena, che occupa il secondo posto, è presente in tutti i settori con una prevalenza nella ristorazione e nel commercio. Le marocchine fanno impresa in tutti i settori, mentre le nigeriane spiccano nel commercio. Le principali dinamiche Dall’analisi della dinamica del quinquennio 2014-2018 emerge l’importanza del ruolo dell’imprenditoria femminile nel tessuto produttivo bresciano. Negli ultimi cinque anni, periodo di intenso ridimensionamento del tessuto imprenditoriale provinciale, le imprese rosa hanno seguito un trend leggermente crescente segnando un aumento rispetto al 2014 dello 0,3%. L’imprenditoria maschile, al contrario, è diminuita del 2,4%. Questa controtendenza positiva è riferibile all’aumento della partecipazione femminile nel mondo imprenditoriale; nel dettaglio l’ambito nel quale le donne sono state più dinamiche è il terziario: spicca, infatti, l’aumento delle imprese rosa che si occupano di direzione aziendale e di consulenza gestionale (+20,7% in cinque anni), di istruzione (+20,1%), di sanità e assistenza sociale (+15,9%) e dei servizi alla persona con particolare riferimento alle attività di estetista e parrucchiera (+5,8%).
DONNE E IMPRESA A c u r a d i To m m a s o R e v e r a - F o t o g r a f i e S e r g i o N e s s i
DANIELA ARRIGONI
CRISTIANA BOSSINI
LORETTA FORELLI
DANIELA GRANDI
LAURA NOCIVELLI
GABRIELLA PASOTTI
ANNA TRIPOLI
CRISTINA VOLPI
IL FUTURO È DONNA: RIPERCORRIAMO LA STORIA DI SUCCESSO DI OTTO IMPRENDITRICI BRESCIANE Dalle verniciature industriali al settore idrotermosanitario, dalla produzione di leghe e metalli all’ecologia e all’ambiente, dall’agroalimentare all’architettura, dalla meccanica alla f inanza sino alla comunicazione e all’organizzazione di eventi: nelle pagine a seguire vi raccontiamo la storia di otto imprenditrici di successo, ognuna in un ambito diverso, a dimostrazione di come determinazione e tenacia, condite con l’estro e l’intuito tipicamente femminili, possano realmente fare la differenza
SPECIALE DONNE E IMPRESA IMPRENDITRICI
DANIELA ARRIGONI
Il futuro è a colori DANIELA ARRIGONI, TITOLARE DELL’AZIENDA VERINCOLOR E ITALMESH, CI RACCONTA LE CONQUISTE DELL’AZIENDA DI MONTIRONE NEI MERCATI ESTERI E IN PARTICOLARE IN MEDIO ORIENTE Verniciatura industriale a polvere per conto terzi: l’idea di fondare la Verincolor insieme a suo marito nel 1984 si è rivelata una scelta imprenditoriale vincente, non è così? “Assolutamente sì, vincente! Non è stato facile. Eravamo molto giovani con una voglia di creare qualcosa di nostro. Ci siamo messi in gioco ogni giorno con umiltà e soprattutto con grande determinazione nella ricerca costante di nuove idee. Fondamentale è stato il grande impegno per ottimizzare la produzione ed un importante e grande aiuto ci è stato dato dalla nostra famiglia che ci ha sostenuto sempre nella costante crescita dell’azienda con attaccamento e dedizione”. Vantare clienti di alto target appartenenti a vari settori, dall’automotive all’arredamento, dal settore elettrico alle macchine per caffè, è certamente un vostro punto di forza. L’esperienza acquisita vi ha permesso anche di apportare il vostro personale contributo per un evento straordinario come l’Expo di Milano 2015 contribuendo alla realizzazione dell’Albero della Vita. Immagino sia stata un’esperienza decisamente emozionante, sbaglio? “Expo 2015 è stata sicuramente una bella opportunità. Abbiamo partecipato con entusiasmo all’Albero della vita per Expo, è stata una importante esperienza, purtroppo molto onerosa e senza ritorno. Ha rappresentato comunque una conferma dell’apprezzamento del nostro lavoro in Verincolor, allo stesso tempo ha dato ad ItalMesh, che all’epoca era una start-up, una grande visibilità. Ora ci riproviamo con Expo Dubai 2020: ItalMesh ha partecipato al Bando Regione Lombardia, in collaborazione con il Politecnico di Milano, presentando un nuovo prodotto adesso in fase di prototipazione. Non posso anticipare altro in quanto il progetto sarà brevettato, lo vedrete direttamente in Expo Dubai”. Quanto ha contribuito alla vostra crescita lo sviluppo della tecnologia e dell’automazione? “Un nostro punto di forza è l’organizzazione e il controllo della qualità ottenuto con una costante formazione di tutti i nostri collaboratori. Nel 1992 siamo stati una delle prime verniciature certificate ISO 9001. Il Team era giovane ma ben formato, tutti avevano una mentalità operativa come la norma imponeva. Abbiamo lavorato con serietà, impegno e qualità e questo ci ha permesso di poter avviare importanti collaborazioni con grandi gruppi: si affidano a noi nella ricerca di soluzioni innovative con prodotti e applicazioni all’avanguardia. Cerchiamo sempre di essere vicini e aiutare il cliente nella rapidità di
processo ma anche nella scelta migliore rispettando gli standard richiesti di qualità/prezzo. Siamo costantemente alla ricerca di automatizzare ogni fase operativa della nostra produzione, tenendo costantemente monitorato il ciclo produttivo e trovando soluzioni di ottimizzazioni. Dopo 3 anni di investimenti e formazione, entro fine anno, saremo a tutti gli effetti un’azienda 4.0. Lavoriamo con alcuni clienti in Free-pass, concordando con loro la presenza di capitolati che consentano la rintracciabilità e il monitoraggio della qualità del pezzo che andrà direttamente in linea produttiva, senza la necessità di ulteriori controlli”. In azienda la continuità generazionale è garantita da sua figlia Giulia e da suo figlio Luca, Direttore Generale di Italmesh, l’altra vostra azienda, indipendente e complementare al tempo stesso, specializzata nella lavorazione di reti stirate metalliche per la realizzazione di facciate ventilate, controsoffitti e frangisole. Immagino sia orgogliosa del loro contributo? “Ho trasmesso ai miei figli la mia intraprendenza, curiosità, ambizione e desiderio di crescere e questo li sta formando come futuri imprenditori. Luca, amministratore di ItalMesh, si occupa con passione dell’azienda. Si trova spesso all’estero, soprattutto nei paesi del Medio Oriente, mercato difficile dove il prodotto era pressoché sconosciuto fino a pochi anni fa. Con il suo lavoro e il suo forte impegno, il prodotto si è diffuso ed è stato utilizzato in grandi progetti come stadi e parcheggi. Nell’ultimo anno il business è cresciuto anche in Italia, grazie al lancio del nuovo brevetto di giardini verticali. Giulia in tutto questo ha contribuito curando interamente il marketing di ItalMesh con dedizione, ha gestito lo sviluppo dei canali social e dei siti web ottenendo importanti feedback. Si occupa della gestione commerciale e della relazione diretta con i clienti di Verincolor, inoltre ha seguito con determinazione tutte le fasi si trasformazione in fabbrica 4.0”. Come riesce a conciliare vita privata e professionale con tutti questi impegni? “La passione riesce a farti fare cose impensabili. Ho una mentalità organizzativa ma, soprattutto, un grande Team di collaboratori che mi aiutano con trasporto ed entusiasmo nella gestione delle aziende supportando il cambio generazionale. Mi sono sempre divertita nel mio lavoro, adoro viaggiare, conoscere nuove realtà produttive, persone e sono spesso impegnata in attività socio culturali”.
Verincolor Srl
ItalMesh Srl
Via Artigianale, 63 - Montirone (BS) - Tel. 030 2170000 www.verincolor.it - info@verincolor.it
Via Artigianale, 65 - Montirone (BS) - Tel. 030 2170539 www.italmesh.it - info@italmesh.com
DONNE E IMPRESA
CRISTIANA BOSSINI
Efficienza e leadership FONDATA DALLA FAMIGLIA BOSSINI NEL 1953 A LUMEZZANE, RBM S.P.A. È OGGI UNA REALTÀ INTERNAZIONALE LEADER NEL SETTORE IDROTERMOSANITARIO: RIPERCORRIAMO INSIEME A CRISTIANA BOSSINI L’ASCESA DI QUESTA IMPORTANTE REALTÀ PRODUTTIVA BRESCIANA L’azienda di cui è parte, insieme al fratello Guido, la RBM, è divenuta una realtà internazionale leader nel settore idrotermosanitario che vanta 4 stabilimenti produttivi nel bresciano, 4 sedi commerciali nel mondo e oltre 200 dipendenti. Uno dei fattori che ha determinato il vostro successo è dovuto al fatto che RBM sviluppa la totalità dei prodotti? “Siamo orgogliosi della scelta di sviluppare al nostro interno tutti i prodotti e in tutte le fasi produttive: dalla progettazione, fino al customer care. Abbiamo persino un’officina meccanica dedicata in cui costruiamo tutti gli utensili (stampi per esempio) con cui vengono realizzati i nostri prodotti. Grazie a questa nostra caratteristica, oggi RBM può proporre al mercato un catalogo tra i più completi, garantendo il controllo totale della filiera produttiva”. Quanto lo sviluppo della tecnologia ha favorito l’automazione in ambito produttivo? “L’automazione ha un’importanza fondamentale anche per le aziende del nostro settore: oltre a permetterci di migliorare la competitività ed essere tecnologicamente all’avanguardia ci consente di assecondare (e spesso anticipare) le richieste che provengono dal mercato. Per fare un semplice esempio, cito il nostro moderno magazzino automatico dedicato alle spedizioni. Realizzato circa 15 anni fa e costantemente potenziato, conta 6.000 postazioni pallet ed è caratterizzato da un’eccezionale velocità nella movimentazione della merce. Solo in questo modo possiamo garantire ai nostri clienti nel mondo l’evasione degli ordini in 24-48 ore al massimo”. ‘For efficiency’ non è solo il vostro slogan aziendale ma una vera e propria mission, non è così? “Proprio così, oggi la missione di RBM è migliorare l’efficienza degli impianti termici, attraverso l’installazione di dispositivi innovativi, capaci di superare le performance energetiche e proteggere nel tempo i preziosi componenti. Il nostro team R&D è alla costante ricerca di nuove soluzioni, perché siamo convinti della necessità di continuare a innovare per migliorarsi ed essere vincenti. Nel 2019 nasce RBM I-Box: un polo tecnologico all’avanguardia, aperto alle diverse realtà operanti nel mondo della termoidraulica e dell’edilizia, in modo particolare, ai professionisti della progettazione (ingegneri e architetti) e agli installatori. In I-Box si trova l’intera area di ricerca e sviluppo di RBM, cuore pulsante dell’innovazione tecnologica aziendale e un laboratorio di oltre 1000 mq. attrezzato con tutte le più moderne tecnologie. Non solo ricerca e sviluppo: I-Box nasce infatti anche al fine di sviluppare formazione tecnica in modo innovativo ed esperienziale. Il know how aziendale, le tecnologie nate dalla sinergia tra le diverse realtà produttive e le strette collaborazioni con le facoltà universitarie sono messe al servizio di un
pubblico tecnico sempre più esigente, al fine di divulgare innovativi concetti e metodi di progettazione, installazione e manutenzione. In una serie di aule multimediali, verranno organizzati corsi di formazione specifici, inerenti i più svariati temi del mondo della termoidraulica e dell’edilizia. Accanto al corso teorico, l’ospite di I-Box, verrà guidato in un’esperienza coinvolgente all’interno di un percorso tematico che toccherà tutti gli ambiti del mondo della termoidraulica, approfondendone di ognuno gli aspetti normativo/legislativi, progettuali, installativi e di manutenzione. Unico nel suo genere, uno spazio di circa 1.500 mq. accoglie isole tematiche interattive, all’interno delle quali ognuno dei temi trattati può essere approfondito e toccato con mano. Questo ambiente, si prefigge lo scopo di simulare in modo realistico e funzionante i diversi ambiti impiantistici, guidando l’ospite ad approfondirne gli aspetti e le sfumature, aiutandolo ad affrontare in modo più sicuro e consapevole i problemi che possono nascere durante la sua attività professionale quotidiana”. Gli oltre 20.000 metri quadrati di riscaldamento radiante a pavimento, progettato e installato su misura per il nuovo esclusivo complesso multifunzionale Valley di Amsterdam, rappresenta solo uno degli ultimi progetti intrapresi che denota la dimensione internazionale della sua azienda. Ci sono mercati su cui intendete puntare maggiormente nei prossimi anni? “RBM esporta circa il 50% della propria produzione in oltre 80 paesi nel mondo. Di recente abbiamo aperto RBM USA, una nuova filiale dedicata al mercato nord-americano, la nostra nuova sfida. Per affrontare questa avventura abbiamo dovuto progettare e realizzare un’intera nuova gamma di prodotti adatti alle peculiarità di un mercato altamente competitivo e caratterizzato da standard normativi molto diversi da quelli europei”. Lavoro ma non solo. È in prima linea anche per fornire aiuto alle giovani donne nella cura del tumore al seno. Ricoprire la carica di vice presidente dell’Associazione ESA, Educazione alla Salute Attiva, immagino richieda tempo e massima dedizione. Da cosa è nata questa sensibilità per la salute? “Essendo donna, la sensibilità per questa patologia specifica è forte. Nel 2007 una cara amica, la nostra Presidente, lancia a me e ad altre 8 amiche una “sfida” accettata a cuore aperto: fondare un’associazione atta alla sensibilizzazione delle donne giovani nella prevenzione del tumore al seno. Nasce così ESA. Siamo al fianco delle donne con costanza e dedizione per sensibilizzare, sostenere e donare. Oggi siamo in 14 tra socie e volontarie attive. Abbiamo costruito una bella squadra, unita e “vincente”, come solo le donne riescono a fare. L’impegno in associazione richiede sì del tempo, ma la soddisfazione di fare del bene (che fa bene), ripaga di tutto in modo assoluto”.
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DONNE E IMPRESA
LORETTA FORELLI
Una tempra d’acciaio RIPERCORRIAMO LA STORIA DI UNA DELLE IMPRENDITRICI DI MAGGIOR SUCCESSO DELLA NOSTRA PROVINCIA: LORETTA FORELLI, AMMINISTRATRICE DELLA “FORELLI PIETRO” Dottoressa Forelli, lei è sicuramente un esempio per tutte quelle donne che vorrebbero fare carriera in settori che spesso per tradizione, prediligono la leadership degli uomini. Qual è stata la tattica che le ha consentito di affermarsi in un comparto così maschile come quello della metallurgia? “Mi sono laureata in Lingue e poi ho fatto un corso post laurea in giornalismo con Guglielmo Zucconi, un uomo di profonda cultura che mi affascinava molto… Poi, ad un certo punto, la mia vita è stata stravolta. In un terribile incidente stradale ho perso la mia famiglia, che era il mio tutto e così all’improvviso ho dovuto decidere se prendere in mano le redini nell’azienda di famiglia o mandare all’aria tre generazioni di sacrifici. All’inizio è stato difficile, perché nessuno ti regala niente, ma oggi dopo 35 anni di dedizione, impegno e coraggio posso dire di avercela fatta. La cultura mi ha salvato. Lo studio è lo strumento per capire la vita e le situazioni, apre la mente, ci aiuta a relazionarci, ad avere umiltà anche nei confronti dei nostri collaboratori a cui devo tutto”. Si parla molto di immigrazione in questo periodo… Nella sua fonderia lavorano tanti stranieri… “Il mio gruppo è costituito da quattro unità operative: una a Capriano del Colle, due a Calcinato ed una a Paitone. In tutto 300 dipendenti di una decina di etnie diverse. Brescia è accogliente. Ci sono migliaia di stranieri che arrivano sul nostro territorio e sa perché? Perché qui ci sono molte aziende e loro sperano di trovare un impiego. Se negli anni passati non avessimo avuto i lavoratori extracomunitari probabilmente avremmo chiuso. Vede, nel tessuto sociale è in corso una metamorfosi. Siamo in un momento di confusione internazionale. Noi imprenditori abbiamo bisogno di certezze, al momento invece siamo governati dal caos totale. Abbiamo dei giovani preparati professionalmente che stanno andando incontro a momenti difficili”. Il comparto siderurgico nel bresciano è sempre stato un punto di riferimento per il mondo produttivo del Nord Italia. È notizia recente che l’Italia non cresce ed è il fanalino di coda dell’Europa… “Sono appena tornata da un incontro in Germania triste e sconsolata. Il nostro Paese è virtuoso, i bresciani sono forti, pronti a sacrifici e grandi lavoratori.
Forelli Pietro Srl Via Industriale, 115 - Capriano del Colle (BS) Tel. 030 9971898 - www.forellipietro.it forellipietrosrl@legalmail.it
Ma l’Italia non cresce perché siamo soffocati dalle tasse e non vengono attuate delle politiche adeguate. Per le nostre aziende sta diventando sempre più complicato lavorare bene e per questo è difficile emergere. Ci arriveremo alla Flat Tax? Quella servirebbe, ma mi domando se in mezzo a questa confusione ci arriveremo mai”. Cosa significa essere un imprenditore donna oggi? “Rispetto a 35 anni fa quando ho iniziato io, forse è più facile essere riconosciute agli occhi di un mondo per certi versi ancora molto maschile. Eppure oggi paradossalmente essere una donna imprenditrice è più difficile. Nel mio settore si fanno girare capitali enormi, se si sbaglia a comprare o a vendere la materia prima si è finiti. È un lavoro rischioso e siamo da soli, lo Stato non ci aiuta, la burocrazia è soffocante, bisogna essere sempre più competenti e responsabili. La macchina che guidiamo è sempre più complessa e la strada da percorrere è piena di buche e salite”. Come riesce a conciliare vita privata e professionale con tutti questi impegni? “Prima di essere una donna imprenditrice sono madre di due figli maschi e moglie di un medico, che per professione è lontano dalla mia realtà. Quindi nella mia vita ho lavorato tanto, in azienda, ma anche nel mondo del volontariato e del sociale. Ancora oggi una giornata fatta da 24 ore non mi basta per fare tutto. In quarant’anni non ho mai fatto un giorno di ferie, sa? Quando si ha l’obiettivo lavoro non si vede altro”. E come si riposa? “Mi riposo nel conforto della mia casa e della mia famiglia, mi rilasso in giardino, in mezzo agli ulivi, innaffiando le piante o coltivando i pomodori… Mi rigenero nel rapporto con la terra. Vengo da Lumezzane sono una donna semplice non mi serve altro”. Che consiglio darebbe alle giovani donne di oggi che sognano un lavoro da imprenditrice? “Crederci sempre, studiare, avere coraggio e poi andare avanti comunque a testa alta, cercando di valorizzare il nostro territorio. Nella vita bisogna essere ottimisti. Se si sbaglia o se si prende una delusione, bisogna imparare a girare pagina, senza abbattersi mai”.
DONNE E IMPRESA
DANIELA GRANDI
Parola d’ordine: diversificare INSIEME A DANIELA GRANDI SCOPRIAMO LA GALASSIA DEL MONDO GABANA: UN GRUPPO CHE OPERA IN MOLTEPLICI SETTORI, DALL’AGROALIMENTARE ALL’ECOLOGIA SINO ALL’IMMOBILIARE
Gli ambiti in cui opera la Holding Marcello Gabana sono molteplici: dalla logistica all’immobiliare, dall’ecologia all’ambiente, dai servizi all’agroalimentare. Dalla sua nascita (1964) ad oggi di strada ne avete percorsa molta senza dimenticare, anche se non fa parte della Holding, l’officina meccanica acquisita nel 2014. Quali sono stati i fattori che hanno contribuito maggiormente alla crescita di questa importante realtà produttiva bresciana? “Ci sono stati due momenti particolarmente significativi che hanno caratterizzato la nostra storia: il primo, nel 1964 quando mio marito Marcello da un magazzino di materiali edili di famiglia a Calcinato diede il via ad una grande espansione favorita anche dall’attività d’importazione del cemento iniziata nel 1989, e il secondo, risalente al 2002, quando uscimmo dal mondo dell’edilizia ed iniziammo ad investire in diversi settori. L’intuizione di Marcello è stata anticipare la crisi in cui è sprofondato l’intero comparto edilizio pochi anni dopo per cimentarsi in altri mercati più redditizi come per esempio l’immobiliare o l’agroalimentare, una scelta quest’ultima dettata anche dall’esperienza maturata in questo settore dalla mia famiglia. Un altro aspetto che ha certamente favorito la nostra crescita è stata la capacità di cambiar pelle nel corso degli anni perché ad esempio, durante la crisi dei mercati iniziata nel 2009, è stato necessario un cambio di mentalità nel fare industria e nel fare business perché era andato in crisi un intero sistema”. Prendere le redini dell’intero gruppo dopo la prematura scomparsa di suo marito immagino sia stato un passaggio certamente non facile. Come ci è riuscita? “Certamente non è stato facile ma circondarsi di persone altamente qualificate è stato molto importante. La fortuna numero 1, se di fortuna si può parlare, è che già affiancavo Marcello da diversi anni, per la precisione dal 1995, e qualcosa avevo imparato. Un altro aspetto determinante è stato capire molto velocemente che stava cambiando il mondo: rimboccandomi le maniche e continuando il percorso di formazione professionale che prosegue tutt’oggi (ben tre i master conseguiti, ndr), sono riuscita ad allinearmi ai cambiamenti e non a subirli. Ho capito, per esempio, che le aziende devono seguire delle regole molto precise di pianificazione e controllo, cosa a cui un tempo non si prestava molta attenzione: oggi, al contrario, bisogna spaccare il numero in quattro, prendere decisioni corrette e controllare che tutto funzioni. _E ho intuito l’importanza di diversificare, dismettendo al momento giusto alcune attività per far sì di intraprenderne di nuove: oggi
siamo molto focalizzati sull’ambiente, le cui politiche sono cambiate radicalmente negli ultimi anni, e questo ci ha portato ad investire prima nella Gedit SpA, società preposta alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti, poi nella Gelab Srl, un laboratorio d’analisi interno che effettua analisi chimiche-ambientali nei settori acqua, terreni, rifiuti, aria e amianto, ed, infine, in impianti di stoccaggio come quello di Cremona dove, nel 2017, abbiamo fondato la Ecoplant Srl con la quale ci proponiamo di offrire soluzioni sicure, convenienti e complete per gestire i rifiuti prodotti dalle aziende dei territori circostanti”. Tra le molteplici attività condotte dal gruppo Marcello Gabana il settore agroalimentare è forse quello su cui ha puntato sin da subito con maggior convinzione: aveva già intuito il boom di questo settore che in Italia è cresciuto del 270% con un valore stimato di ben 400 milioni di euro? “Proprio così, ci sembrava un settore molto interessante. Oggi in quest’ambito fanno parte della Holding la Grandi Riso Spa, il quarto produttore di riso italiano, Silos e Magazzini del Tirreno, che svolge servizi conto terzi per prestazioni di sbarco di navi, stoccaggio in magazzini piani e silos, movimentazione e riconsegna correlata all’importazione di cereali, legumi, semi oleosi, farine e residui della lavorazione di prodotti vegetali e forestali (pellet di legno), e le Tenute Grandi & Gabana, l’azienda vitivinicola situata a sud-ovest di Udine che abbiamo dato in gestione e che è specializzata nella produzione di vino di alta qualità”. Lavoro ma anche impegni istituzionali: oltre all’attività professionale che abitualmente svolge, infatti, è vicepresidente della Banca Santa Giulia e, dal 2016, Presidente del settore industrie estrattive, materiali da costruzione, legno dell’Associazione Industriale Bresciana: qual è il suo personale bilancio ad un anno dalla conclusione del suo mandato? “È un’esperienza molto interessante e positiva: portar avanti molteplici progetti di interesse comune, per certi versi, mi inorgoglisce e mi gratifica al tempo stesso. Purtroppo in Italia ciò che frena maggiormente le imprese è la burocrazia quindi cercare di migliorare le cose apportando il mio modesto contributo mi fa molto piacere”. Come riesce a conciliare vita privata e professionale con tutti questi impegni? “Non è certo facile avendo anche una figlia che ha 20 anni. Sembra una frase fatta ma ne sono fermamente convinta: non è tanto la quantità di tempo ma la qualità di tempo che si dedica alla famiglia e agli affetti ciò che realmente conta”.
Marcello Gabana Holding Via Cavicchione di Sotto, 1 - Calcinato (BS) - Tel. 030 9964670 www.marcellogabana.it - info@marcellogabana.it
DONNE E IMPRESA
LAURA NOCIVELLI SALVATORE
Architettura ma non solo CONOSCIAMO PIÙ DA VICINO L’ARCH. LAURA SALVATORE NOCIVELLI Il suo ArKStudio è una realtà composta da specialisti nel campo dell’architettura di esterni e interni, architettura del verde, bioedilizia e recupero degli edifici storici. È questa la peculiarità che vi ha permesso di distinguervi e ritagliarvi uno spazio importante sul mercato cittadino e non solo? “ArKStudio è una Società di servizi di Ingegneria Architettura e Urbanistica, riferimento di un gruppo imprenditoriale da anni impegnato nella ricerca e innovazione e nell’impiego delle risorse a energia quasi zero. L’incremento del fabbisogno odierno di soluzioni costruttive innovative, unito all’esigenza di rispettare le politiche ambientali, con la costante ricerca dell’efficientamento energetico, incentivano lo studio di una progettazione tecnologicamente avanzata. Obiettivo è soddisfare pienamente le richieste del mercato, nel rispetto dei requisiti e degli standard qualitativi richiesti da una domanda sempre più consapevole e una normativa coerente. ArKStudio ha sviluppato nel tempo un innovativo modello di partnership basato sulla gestione dei progetti con i principali gruppi del settore principalmente nel campo dell’edilizia sanitaria e pubblica, dell’impiantistica, del restauro”. Siete specializzati anche in ambito di progettazione urbanistica: qual è la sua personale considerazione rispetto ai più importanti progetti che stanno cambiando e cambieranno in futuro la fisionomia della nostra città? “La storia di Brescia dimostra che la città, pur nella consapevolezza del proprio passato, guarda al futuro, con un DNA che la contraddistingue, ed è il suo valore, teso a innovare, a competere. I progetti di rigenerazione sono oggi i nuovi ambiziosi obiettivi tanto nella città storica che nell’espansione novecentesca e contemporanea. L’evoluzione è significativa se costituisce anche un miglioramento dei servizi e loro maggior diffusione, quasi configurando una città-laboratorio capace di strategia innovativa in sinergia con le realtà produttive e le istituzioni. Ripensando ai luoghi urbani protagonisti di questo: le aree oggi dismesse della prima industrializzazione, gli edifici militari, i complessi storici in degrado, ci si pone in un cambio di prospettiva guardandoli come luoghi non solo di fascino e storia, ma ricchi di un potenziale anche economico.Un intervento rappresentativo in quanto coniuga passato e futuro, è costituito dal progetto di valorizzazione del Cidneo. Il Castello è uno dei Landmark della città: patrimonio monumentale artistico, storico ed ambientale. Uno dei temi di fondo, vista la complessità dei luoghi è l’accessibilità: percorso pluritematico, nello spazio e nel tempo della storia della città, fra installazioni artistiche ed edifici storici e museali e interventi di land e light-design”. Recentemente è stato istituito in molte province italiane il progetto ASL, Atlante Second Life, il grande progetto di osservazione del territorio che ha l’ambi-
ArKStudio - Studio di Architettura Via San Rocchino, 62 (Brescia) Via Padana Superiore, 67 (Castegnato) Tel. 030 307208 www.arkstudio.org
zione di stimolare un giudizio consapevole delle possibili trasformazioni urbane, per la cura e il miglioramento delle città. Un modo di ridare una chance ai luoghi dell’abbandono… Cosa ne pensa? “‘Atlante second life’ Atlante della seconda vita (una piattaforma operativa utilizzabile sia su desktop che su mobile), di cui l’acronimo A.S.L., è un progetto di osservazione della città, un reportage fotografico dei “soggetti urbani”, un giudizio consapevole del degrado, nell’ottica della rigenerazione delle città. Il progetto oltre a segnalare vuoti o disuso, va a costituire l’espressione dell’aspirazione alla possibile seconda vita dei luoghi urbani, uno strumento non solo di conoscenza ma anche di operatività. Documentare la storia urbana serve in realtà a non dimenticarne i luoghi: ASL si comporrà come una testimonianza della condizione urbana, un mosaico della qualità dei luoghi e della trasformabilità della città”. Architettura ma non solo: oltre all’attività svolta per il suo studio professionale e accanto al lavoro condotto in veste di Direttore Tecnico per A.B.P. Impianti, dal 2016 è presidente anche del Conservatorio Luca Marenzio. Una nuova ‘digressione’ culturale per lei che è già nel consiglio d’amministrazione del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, sostenitrice del Teatro Grande e socia del Centro Teatrale Bresciano. Qual è il suo personale bilancio del triennio (2016-2019) che l’ha vista alla guida di questa importante istituzione cittadina? “Entrare nel Conservatorio Luca Marenzio a Brescia sorprende per il clima di vivacità, per il mormorio di generi musicali differenti, lungo i suggestivi chiostri. Luogo di eccellenza e prestigioso Consiglio Accademico in cui il mio ruolo si è rivelato di riferimento per un team incredibilmente competente, in un sito di arte e scienza: l’ex Monastero Agostiniano con il prestigioso Salone Da Cemmo e il ciclo pittorico rinascimentale di Pietro da Cemmo, di cui ho seguito il restauro oggi in completamento. Ho considerato per questo la mia carica un privilegio, per la relazione con prestigiose istituzioni nazionali ed estere, esperti di arte e musica, in un cenacolo di pensiero e di identità condivisi. Infine il cuore del Conservatorio: il variegato e cosmopolita mondo giovanile di studenti, il loro impegno e la loro dedizione alla vita accademica, il sogno di ognuno di loro. È stato un tempo impegnativo e felice, e certo non lo dimenticherò”. Come riesce a conciliare vita privata e professionale con tutti questi impegni? “La conciliazione di tempi e impegni con la presenza e l’accudimento familiare irrinunciabile, è la sfida che attende oggi chi lavora. Il miglioramento dei servizi alla persona è essenziale, essenziale è poi il team dei collaboratori e colleghi, tutti di grande competenza, che ringrazio; come ringrazio i miei cari con i quali non viene mai meno la cura degli affetti e la reciproca dedizione perché “insieme si vola lontano…”.
DONNE E IMPRESA
GABRIELLA PASOTTI
Il ruggito della Leonessa GABRIELLA PASOTTI, AL VERTICE DEL GRUPPO LEONESSA, CI RACCONTA COME L’AZIENDA DI CARPENEDOLO È DIVENTATA UN PLAYER GLOBALE CHE, NEGLI ANNI, HA SAPUTO CAMBIAR PELLE PASSANDO DALLE RALLE AGRICOLE CALANDRATE A FREDDO PER LA ROTAZIONE DI RIMORCHI AGRICOLI AI CUSCINETTI DI BASE IN ACCIAIO LEGATO LAMINATI A CALDO ALL’INTERNO DEL PROPRIO IMPIANTO DI LAMINAZIONE COMPLETAMENTE AUTOMATIZZATO INAUGURATO NELLA PRIMAVERA DEL 2010 PER CUSCINETTI DI BASE CON APPLICAZIONI NEL MONDO DEL MOVIMENTO TERRA, DELLA ROTAZIONE INDUSTRIALE, DELLE ENERGIE RINNOVABILI COME EOLICO E FOTOVOLTAICO PER NON DIMENTICARE LE APPLICAZIONI DI TRUSTER MARINI FINO ALLA ROBOTICA
Nel 1954 suo padre Ferdinando al quale proprio quest’anno è stata dedicata una via di Carpenedolo, fondò la Fad portandola alla leadership europea nella produzione di ruote e assali per il settore agricolo per poi nel 1971 comprare e sviluppare La Leonessa lasciandola in eredità a lei alla fine degli anni ‘80. Quanto ha inciso nella sua crescita professionale l’eredità culturale e imprenditoriale di grande valore che le ha lasciato suo padre? “Sta tutto nella frase con cui ho dedicato a mio padre la mia tesi di laurea il 06/07/2004, in giovane età, sono nata nel 1950: ‘A mio padre, che mi ha insegnato il valore e il piacere del lavoro come ragione di vita’”. La vostra da industria locale è divenuta un’impresa ‘glocale’, globale e locale al tempo stesso: nell’arco di tre generazioni, con l’arrivo in azienda dei figli Tommaso e Susanna Ghirardi; infatti, siete passati dalla sede originaria di Carpenedolo, tutt’ora casa madre del gruppo con ben cinque stabilimenti, alle controllate in Cina e negli Stati Uniti. Il vostro è un successo che non conosce confini basti pensare che l’80% della vostra produzione è distribuito sui mercati mondiali. Innovazione, attitudine a inventare e una discreta predisposizione al rischio: sono questi gli ingredienti della vostra ricetta vincente? “Certamente innovazione, attitudine e predisposizione al rischio sono fondamentali. Aggiungerei passione, credere nella propria ed altrui capacità, attenzione alle persone che lavorano con te, sia che siano dipendenti, clienti o fornitori. In poche parole, idee in movimento, come recita il nostro payoff, la nostra storia che è nata da due radici: l’ascolto e lo sguardo. L’ascolto attento e costante delle esigenze dei clien-
ti, anticipandole, sviluppandole, soddisfacendole. Lo sguardo verso il futuro: la capacità di capire il mercato, prevedere i cambiamenti, l’attitudine a mettersi in gioco”. Una donna nel gotha della meccanica made in Brescia: come è riuscita in quest’impresa? “È successo quasi per caso, all’inizio ho notato un po’ di diffidenza da parte dei miei colleghi imprenditori “meccanici” ma non mi sono scoraggiata, sono andata avanti. Sono orgogliosa e onorata di presiedere il settore della meccanica di cui fanno parte circa 500 aziende con 26.000 dipendenti. Ora sento la loro vicinanza e la loro stima e questo mi dà lo stimolo per condurre a termine nel migliore dei modi il mio mandato”. Non solo lavoro ma anche impegni istituzionali: ricopre l’incarico di Presidente del settore Meccanica di Aib e consigliere di Federmeccanica, solo 3 anni fa, è stata la terza imprenditrice che ha deciso di diventare testimonial della campagna di comunicazione dell’Associazione Industriale Bresciana. Quanto è importante far parte di una realtà associativa così influente? “Credo nella nostra AIB, credo sia importante che gli imprenditori ne facciano parte e vivano momenti di confronto, di scambi di idee, fare gruppo, fare rete, portare avanti le istanze, i bisogni delle nostre imprese, dei nostri lavoratori, del lavoro. Far capire che se non c’è impresa non c’è lavoro”. Come riesce a conciliare vita privata e professionale con tutti questi impegni? “Il buon senso penso sia il segreto che riesca a conciliare vita privata e professionale. Ho una bellissima famiglia, siamo molto uniti, facciamo squadra e siamo vincenti anche nei momenti difficili”.
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DONNE E IMPRESA
ANNA TRIPOLI
La teoria applicata all’esperienza IMPEGNATA NELL’AZIENDA DI FAMIGLIA, ANNA TRIPOLI SI È COSTRUITA NEGLI ANNI UN BAGAGLIO PROFESSIONALE IMPORTANTE DIVENTANDO DIRETTORE FINANZA E AMMINISTRAZIONE DELLA NTM SPA. ALL’ORIZZONTE TANTI IMPEGNI TRA CUI UNO MOLTO SIGNIFICATIVO IL PROSSIMO 12 OTTOBRE... La NTM S.p.A., l’azienda di Brandico per cui è Direttore Finanza e Amministrazione, è una realtà leader nel settore della raccorderia per impianti idrotermosanitari. Come ha intrapreso questa carriera professionale? “La NTM Spa è l’azienda della mia famiglia. Insieme ai miei due fratelli Vincenzo e Mario Alberto, rappresento la seconda generazione. Io sono deputata alla parte amministrativa e finanziaria mentre loro rispettivamente alla produzione e alla parte commerciale. Al timone mio padre e mia mamma, i veri fondatori dell’azienda nonché nostri mentori e supporto. Siamo una S.p.A. familiare al 100%, io e i miei fratelli praticamente siamo nati e cresciuti in azienda. Anche durante gli studi universitari in economia aziendale ho sempre lavorato e questo mi ha permesso di unire la teoria all’esperienza sul campo fino a diventare Direttore Amministrativo”. Quanto lo sviluppo della tecnologia ha contribuito alla vostra crescita in ambito produttivo? “Per noi la tecnologia è sempre stata una leva competitiva molto importante. Siamo una delle aziende con il rapporto fatturato per dipendente oltre la media di settore e questo grazie all’alto livello di automazione e innovazione in cui abbiamo sempre investito e creduto. L’innovazione tecnologica è stata più volte determinante nella storia della nostra azienda. Ci ha consentito di avere una struttura industriale “a fisarmonica” capace di adattarsi velocemente al mercato sia durante gli anni della crisi economica che durante le fasi più espansive. Innovare è la parola d’ordine per le aziende italiane. Paradossalmente credo che si sia iniziato a parlare di Industria 4.0 quando la maggior parte delle aziende in realtà avevano già implementato o perlomeno iniziato a implementare nuovi sistemi di interconnessione. Oggi il mercato gira molto più velocemente di quanto si possa immaginare”. Lavoro ma anche impegni istituzionali: oltre all’attività professionale che abitualmente svolge, infatti, è vicepresidente del Consiglio Direttivo dei Giovani Imprenditori di Aib con delega al capitale umano. Il tasso della disoccupazione giovanile (15-24enni) è sceso a maggio al 30,5%, in calo di 0,7 punti rispetto al mese precedente. In che modo, a suo avviso, si favorisce l’assunzione di giovani talentuosi che si distinguono per curriculum formativo, capacità e competenze?
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“Sia come imprenditrice che come Vice Presidente dei Giovani Imprenditori con delega al capitale umano, ho sempre sposato la causa della meritocrazia. Le aziende hanno sempre bisogno di giovani talentuosi e meritevoli da assumere. Ci sono lavori, alcuni molto tecnici che richiedono anni di esperienza, che la scuola non può insegnare e le aziende hanno tutto l’interesse a formare i ragazzi neodiplomati e neolaureati su queste competenze specifiche. Dall’altra parte ci sono tanti, tantissimi studenti che non sanno come approcciarsi al mondo del lavoro e che non conoscono l’offerta lavorativa del territorio in cui vivono. Magari si concentrano su competenze specifiche piuttosto che su quelle trasversali, le cosiddette soft skills. Il problema quindi sta in mezzo, nella comunicazione tra questi due mondi – scuola e lmpresa – che invece dovrebbero integrarsi ed essere una la prosecuzione dell’altra. L’alternanza scuola lavoro è stato un primo passo nella direzione giusta ma non basta. Bisogna diffondere iniziative in cui la cultura di impresa sia posta all’attenzione dei giovani studenti, perché no magari tenendo alcune lezioni nelle aziende stesse piuttosto che promuovendo sul territorio occasioni di contatto tra imprenditori e studenti”. Il valore dell’individuo come pilastro delle nostre imprese: è da questo assunto che bisogna ripartire? “L’azienda vive di collaborazione. Senza individui non va da nessuna parte. È come una macchina senza motore. Si può investire in tutta la tecnologia che si vuole ma l’anima dell’azienda sono le persone che ci lavorano. Più che essere l’assunto da cui ripartire è l’assunto da riscoprire. Per questo insisto sul valore che rappresentano per le aziende le nuove generazioni”. Come riesce a conciliare vita privata e professionale con tutti questi impegni? Anche se, per sua fortuna, qualcuno a casa che prepara qualcosa di buono c’è… “In realtà a volte me lo chiedo anch’io come faccio a far conciliare tutto… ma si sa noi donne, quanto ad organizzazione, abbiamo una marcia in più. Il bello è che pur essendo la promessa sposa di uno chef, nella mia agenda c’è sempre la tappa fissa a fare la spesa per la cena… Com’è il detto? “La moglie del calzolaio va in giro con le scarpe rotte”.
DONNE E IMPRESA
CRISTINA VOLPI
L’organizzazione nel DNA L’AGENZIA DI COMUNICAZIONE KORE EVENT DESIGNER SI APPRESTA A CELEBRARE IL 10° ANNIVERSARIO DALLA SUA NASCITA E PER QUESTA IMPORTANTE RICORRENZA - CI HA SPIEGATO CRISTINA VOLPI, TITOLARE CON FRANCESCA TOCCHELLA DI QUESTA INTRAPRENDENTE REALTÀ, SI REGALA UNA NUOVA SEDE ATTIGUA AGLI UFFICI ATTUALMENTE OCCUPATI ALL’INTERNO DI UNA SUGGESTIVA CORTE DI PASSIRANO L’agenzia Kore Event Designer, oggi punto di riferimento nell’organizzazione di eventi aziendali di ogni genere, è nata nel 2010 da un’intuizione imprenditoriale al femminile. Ci descriva la genesi di questo lungimirante progetto… “Nel 2009 ho conosciuto la mia attuale socia, Francesca Tocchella, e posso dire che quell’incontro ha rappresentato una svolta importante per la mia carriera professionale. Da 15 anni, infatti, lavoravo per un cantiere nautico in qualità di Direttore Commerciale e Marketing ma era giunto il tempo di cambiare, non solo per la crisi che incombeva su quel settore e che, di fatto, ha costretto molte aziende a chiudere negli anni successivi. Mi sono lanciata in questa nuova avventura con grande entusiasmo e nel 2010 è nata l’agenzia Kore Event Designer, una realtà specializzata nella creazione di eventi su misura, una specificità che è il tratto distintivo di questa impresa al femminile”. Si avvicina il 10° anniversario e per celebrare al meglio questo importante traguardo vi state regalando una sede nuova di zecca. Quando avverrà il trasferimento e, soprattutto, dove vi sposterete? “Proprio così. Siamo alle prese con il trasloco e a breve (sabato 13 luglio, ndr) ci sposteremo di qualche metro occupando gli uffici della nuova sede. Uno spazio recentemente ristrutturato, immerso nella quiete di una corte circondata da vigneti, molto più grande e funzionale visto che negli anni il team è andato via via consolidandosi e oggi, a pieno regime, vantiamo una squadra di ben dieci persone”. Quali sono i servizi che offrite alla vostra clientela? “Kore si propone come un interlocutore unico per il cliente, coordinando tutti gli attori coinvolti in ogni genere di evento. Ci occupiamo di tutto, dalla ricerca della location alla gestione del budget, offrendo un servizio “chiavi in mano” e diventando interlocutore unico per il cliente. Il risultato è un’ottimizzazione delle risorse per eventi cuciti su misura, che spaziano dai convegni ai congressi, dai seminari ai road show fino a lanci di prodotto, open house, family day, team building, incentive, fiere, cene augurali, celebrazioni di anniversari aziendali, rassegne, festival e manifestazioni culturali e sportive”. Kore dal greco è il termine utilizzato per definire una femminilità matura, equilibrata e consapevole: si ritrova in questa descrizione? “Direi di sì, l’abbiamo scelto proprio per questo.
Quando abbiamo iniziato, infatti, la prima cosa a cui abbiamo pensato era dare un’identità e un brand naming molto caratterizzante. Venendo entrambe dalla comunicazione e dal marketing, abbiamo chiesto il supporto esterno di un’agenzia che ci ha sviluppato alcune proposte e, tra tutte, questa radice etimologica è stata quella che ci convinto sin da subito. Kore è la radice di cuore e di coraggio; in inglese, poi, funziona molto bene per quello che è il nostro ambito di azione”. Partendo dal naming, quindi, che ci rappresenta moltissimo, il logo è venuto di conseguenza”. Lavoro ma anche impegni istituzionali: oltre all’attività professionale che abitualmente svolge, infatti, è vicepresidente del Comitato Piccola Industria AIB per il quadriennio 2017-2021. Quali sono i progetti più importanti a cui state lavorando? “Appena fondata l’agenzia ci siamo iscritte in Associazione Industriale Bresciana perché eravamo concordi nel pensare fosse un modo intelligente di approcciarci al territorio. Far parte di un contesto associativo era la soluzione giusta per instaurare nuove relazioni e soprattutto per un interscambio e una condivisione di esperienze con altri imprenditori. Fin dall’inizio, rendendoci anche disponibili, siamo state di volta in volta coinvolte a vari livelli. Personalmente ho fatto parte, come invitata, del comitato Piccola Industria di AIB nel quadriennio presieduto da Giancarlo Turati e in questo presieduto da Elisa Torchiani sono stata nominata vice presidente. Il Comitato è impegnato in numerosi progetti legati alle Piccole. Quello più significativo a cui ogni anno lavoriamo con dedizione e impegno è il PMI Day: le aziende aprono le porte alle scuole per consentire ai ragazzi di capire cos’è e come funziona un’impresa, quali opportunità di lavoro può offrire e in che modo contribuisce al benessere della comunità. In generale posso dire che la presenza in Associazione è un’esperienza stimolante ed estremamente arricchente dal punto di vista personale e professionale”. Come riesce a conciliare vita privata e professionale con tutti questi impegni? “Con grandi doti di equilibrismo e con grandi corse bisogna cercare di far quadrare il tutto. Sicuramente il lavoro assorbe molto del mio tempo però, vista anche la mia professione e attitudine, una buona capacità organizzativa alla lunga aiuta molto”.
Kore event designer Via A. Diaz, 7 - Passirano (BS) www.kore-events.com - info@kore-events.com Facebook: @KoreEventDesigner
CONVIVIO URBANO Fotografie Mattia Spagnoli
ENORME PARTECIPAZIONE PER L’EDIZIONE 2019 DI CELACENA, L’EVENTO ORGANIZZATO DALL’AGENZIA ASBORSONI ALLESTITO QUEST’ANNO NEGLI SPAZI DI CAMPO MARTE
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CONVIVIO URBANO Oltre 7.000 le presenze registrate martedì 18 giugno per la VII edizione della speciale serata in bianco che ancora una volta ha consentito di vivere un abituale luogo urbano di Brescia in modo del tutto inedito. Una cena con amici e sconosciuti rigorosamente vestiti total white. È stato, come sempre, il bianco l’assoluto protagonista della serata. Il colore richiesto obbligatoriamente dagli organizzatori per l’abbigliamento e gli allestimenti (tavoli, sedie, tovaglie e stoviglie rigorosamente non in plastica o carta e non usa e getta). Questo per restituire l’effetto di un mare bianco di fantasia senza limiti, sempre nel rispetto degli altri e dello spazio cittadino condiviso di volta in volta. celacena si è riconfermato un evento anticonvenzionale, un simposio bucolico organizzato quest’anno a due passi dal centro, un appuntamento divenuto abituale che ogni anno infrange nuovi record di presenze: 350 i partecipanti alla prima edizione, 800 alla seconda, 1.500 alla terza, 2.000 alla quarta, 2.500 alla quinta e oltre 3.000 alla scorsa organizzata in Corso Zanardelli. Sono già partite le scommesse per il luogo misterioso (che verrà svelato, come tradizione, poche ore prima dell’inizio dell’evento) in cui sarà ambientata l’ottava edizione: avanti di questo passo, facile pensare allo Stadio Rigamonti!
Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
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Fotografie Matteo Marioli
La precisione incontra l’eleganza
Ha riscosso numerosi apprezzamenti l’Invitational Fasoli e Parmigiani organizzato lo scorso 28 giugno presso il suggestivo scenario del Garda Golf Country Club di Soiano del Lago. Un’iniziativa riservata a tutti i soci tesserati F.I.G. allestita allo scopo di presentare la nuova collezione di gioielli Fasoli e di orologi Parmigiani Fleurier. Un evento esclusivo in cui la precisione ha incontrato l’eleganza, un connubio in perfetta sintonia dallo stile inconfondibile. La giornata, iniziata alle ore 10 con un gustoso brunch, è proseguita con lo Shot Gun delle 12.30 per poi chiudersi con un aperitivo ed una cena esclusiva. Tra i partner presenti sul green di Soiano anche Mandolini Auto, sempre in prima fila per supportare i migliori eventi proposti sul nostro territorio, che ha esposto alcune delle più recenti vetture della casa dei quattro anelli: l’Audi A1 Sportback, la sportiva compatta dalle prestazioni straordinarie, l’Audi A4 Avant, la massima espressione di sportività, qualità, digitalizzazione e versatilità, e l’Audi A7, la berlina che celebra l’eleganza sportiva diventando l’emblema dell’avanguardia automobilistica.
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CIBO DI MEZZO AL MUSEO GRANDE SUCCESSO PER L’EVENTO D’ALTA GASTRONOMIA FIRMATO DA NOTI CHEF, PRODUTTORI D’ECCELLENZA E VIGNAIOLI BRESCIANI ALLESTITO NELLA SUGGESTIVA CORNICE DEL MUSEO D’ARTE SORLINI
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CIBO DI MEZZO AL MUSEO Confermate le aspettative della vigilia: l’iniziativa d’alta gastronomia denominata “Cibo di Mezzo al Museo”, che ha riunito lo scorso 30 giugno a Palazzo Sorlini grandi chef, produttori d’eccellenza e vignaioli bresciani, ha riscosso un grande successo. Un appuntamento glamour e raffinato, dedicato al connubio tra cibo ed arte visto che il palazzo è la sede del MarteS, la straordinaria pinacoteca che racchiude oltre 180 capolavori di pittura veneta e lombarda, dalle tavole in oro trecentesche alle grandi tele dei Maestri del Settecento veneziano. Cibo di Mezzo è l’alleanza nata nel settembre del 2017 che riunisce, sotto l’egida del gusto e della qualità, 12 ristoranti bresciani di altissimo profilo e circa 30 produttori d’eccellenza del Nord Italia, in particolare della zona fra il lago d’Iseo e il lago di Garda. Ne è presidente lo chef stellato Stefano Cerveni. La comune passione per il bello, per l’arte, per il buon vivere, per la cura dei dettagli ha favorito non solo l’ideazione di questa manifestazione ma anche la collocazione della sede dell’Associazione Cibo di Mezzo all’interno del complesso architettonico della Fondazione Sorlini. L’evento, che si è dipanato dal pomeriggio a notte inoltrata proponendo tre diversi itinerari enogastronomici, ha portato i partecipanti alla scoperta di ingredienti preziosi del settore agroalimentare ed enologico, attraverso le creazioni di alcuni fra i migliori chef della provincia bresciana. Al contempo, è stato possibile ammirare i preziosi quadri della Collezione Sorlini, grazie a visite guidate dedicate.
Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bs.it
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LEFAY RESORT & SPA DOLOMITI UN’INNOVATIVA PROPOSTA DI BENESSERE
PROSSIMO ALL’APERTURA IL LEFAY RESORT & SPA DOLOMITI CHE ACCOGLIERÀ I PRIMI OSPITI DAL 1° AGOSTO Il nuovo Resort, immerso nella splendida cornice delle Dolomiti all’interno della skiarea di Madonna di Campiglio, offre una SPA di 5.000 mq, fra le più estese dell’arco dell’alpino, che si sviluppa su quattro livelli: un intero piano dedicato ai trattamenti con più di 20 cabine, la maggior parte affacciata sulle splendide cime circostanti. Le nuove proposte benessere Lefay SPA che caratterizzano l’innovativa SPA Dolomiti sono i trattamenti e rituali “I Profumi del Bosco”, che uniscono la purezza della natura alle proprietà terapeutiche dei prodotti ottenuti dalla vegetazione dei boschi, dalle acque, dai minerali e dalle piante; “I Sentieri della Tartaruga Nera”, ambientati in una suggestiva area che rievoca una grotta di montagna (Detox, Anti-aging e Lenitivo): i 3 percorsi prevedono il galleggiamento nel lago di sale alpino, la respirazione nella grotta del sale, fangoterapia, scrub e massaggi specifici. Infine, gli esclusivi Rituali dedicati alla coppia delle Private SPA “Il Bosco” e “Lo Chalet” sono ispirati alle ambientazioni alpestri.
UN’INNOVATIVA PROPOSTA DI BENESSERE
L’area della grandiosa piscina interna/esterna riscaldata, che ricorda le antiche terme romane, si estende sul parco esterno del Resort e comprende una zona relax panoramica e la Family Sauna. Un piano interamente dedicato al Fitness, composto da un’ampia palestra dotata di attrezzature Technogym® di ultima generazione per l’attività cardio e l’allenamento con macchinari e da sale in cui si svolgono le attività di respirazione, meditazione e riequilibrio fisico-energetico. Infine, il cuore di Lefay SPA Dolomiti: la zona riservata agli adulti di oltre 1.700 mq che accoglie la grande piscina interna, completamente costruita in tonalite, ispirata agli antichi fontanili alpini, e l’innovativo Mondo Energetico Terapeutico Lefay SPA Dolomiti, realizzato grazie ad una stretta collaborazione tra gli esperti medici del Comitato Scientifico Lefay SPA Method e i progettisti. Lefay Resort & SPA Dolomiti Sorge nella skiarea di Madonna di Campiglio e si trova a Pinzolo, il maggior centro della Val Rendena. La struttura è immersa nella splendida cornice delle Dolomiti, dichiarate dall’UNESCO “Patrimonio Mondiale dell’Umanità”. Offre 88 Suite, a partire da 57 mq e suddivise in cinque tipologie diverse; 22 Branded Residences in vendita da luglio 2018; il Ristorante Dolomia aperto a colazione, pranzo e cena; il Ristorante “Grual” (disponibile da dicembre 2019) e una serie di servizi esclusivi tra cui il Lounge Bar con Sky Lounge, la Sala lettura, la ski room, la bike room, lo ski & bike shop e molto altro. Per il lancio di Lefay Resort & SPA Dolomiti è disponibile l’offerta speciale “Opening Rate”, valida per soggiorni a partire da agosto fino a novembre.
APERTURA AGOSTO 2019 LEFAY RESORT & SPA DOLOMITI Via Alpe di Grual 16, Pinzolo (Tn) Tel. 0465 768800 - res.dolomiti@lefayresorts.com www.dolomiti.lefayresorts.com
LA NUOVA MODA DEL BERE DI QUALITÀ
IL MONDO DON PAPA A BRESCIA Forte del grande successo ottenuto fin dal suo lancio nel 2012 in alcune nazioni, il Rum Don Papa - il primo rum premium delle Filippine con lotti limitati e selezionati - ha in Italia un trend di consumo che va oltre le più ottimistiche aspettative. Il bouquet che caratterizza questo rum sprigiona note di vaniglia, miele e frutta candita con una lunga e avvolgente trama gustativa nel finale, rimandando alle atmosfere dell’isola di Negros Occidentale, noto anche come Sugarlandia, dove viene distillato e invecchiato per oltre sette anni in botti di rovere americano. È questo il mondo che è stato descritto dall’Ambassador Europa, Matthias Cadéac d’Arbaud e da Anna Sgarzi (Trade Marketing “Rinaldi 1957” che ha curato la realizzazione della serata) e ricreato per la prima volta a Brescia nell’elegante Valle Bresciana lo scorso 24 giugno. Con riferimento alla ricca fauna equatoriale, la stilista inglese Charlotte Tiley ha realizzato una serie di maschere di animali offerte a tutti gli oltre 190 invitati che hanno avuto l’occasione di personalizzarle con dettagli originali e divertenti durante tutta la notte, così come le maschere del corpo di ballo di Londra guidato da Simeon John-Wake e con Ally & Laurence. I piatti del menù realizzato sono stati accompagnati dai cocktail realizzati dai bartender Fabio Vissori e Roberto Morandini, sotto la guida di Fabrizio Tacchi, Senior Brand Ambassador.
anni azzurri A cura del Direttore Dr. Vito Nicola Mastromarino vitonicola.mastromarino@anniazzurri.it
UNA NUOVA STAGIONE DELLA VITA, DA VIVERE INTENSAMENTE Perché la “terza età” sia vissuta come una nuova stagione della vita, con emozioni ed esperienze sempre nuove, Anni Azzurri Rezzato si impegna quotidianamente a favore degli anziani e delle loro famiglie. Nella struttura di Rezzato, in località Virle Treponti, che è un punto di riferimento per l’accoglienza degli anziani, ciascun ospite ritrova lo stesso calore di casa, grazie alla professionalità e alla sensibilità degli operatori che lavorano nella residenza, secondo il motto “Persone per servire persone”. “Il riconoscimento della centralità della persona, il rispetto della sua storia di vita, l’impegno nell’assistenza e l’attenzione all’accoglienza sono i valori che ispirano la Residenza Anni Azzurri di Rezzato, specializzata nei servizi di assistenza alla persona anziana”, sottolinea il direttore, dottor Vito Nicola Mastromarino. Il clima familiare e il sorriso rappresentato il tratto caratteristico della Residenza, che affianca il calore umano degli operatori e l’accoglienza degli ambienti a un’assistenza specialistica mirata: un insieme capace di rendere ancora più efficaci i percorsi di stimolazione e rieducazione proposti agli ospiti. Si segnala, inoltre, la nuova collaborazione siglata dal gruppo Kos Care Anni Azzurri per il triennio 2019/2021 con il centro Documentazione, informazione e formazione sul farmaco (Diff ) dell’Università degli Studi di Brescia e diretto dal prof. Maurizio Memo. Il progetto punta a stabilire un rapporto di collaborazione scientifica nel settore della medicina molecolare e farmacogenomica, al fine di promuovere programmi di ricerca di comune interesse, favorendo percorsi di formazione, lo scambio di
informazioni tra i ricercatori coinvolti nel progetto, l’apprendimento e l’utilizzo di tecnologie innovative. Tante iniziative che trovano spazio nella struttura, attiva dal 1992 e organizzata in sei nuclei abitativi, con 149 posti letto nella Rsa cui si aggiungono 38 posti letto dell’Unità Operativa di Riabilitazione e 17 posti letto per le cure intermedie, destinati a pazienti che dopo la degenza ospedaliera hanno bisogno di un ulteriore periodo di assistenza prima del rientro al domicilio. La struttura, inoltre, è dotata di un Nucleo Protetto destinato agli ospiti affetti da gravi forme di Alzheimer e demenza senile. L’ospitalità è rivolta sia a persone autosufficienti che ad anziani con diversi livelli di non autosufficienza e/o grave decadimento cognitivo. Il ventaglio di opzioni per l’accoglienza è variegato: è possibile effettuare soggiorni di lungodegenza o temporanei in seguito a eventi acuti, ricoveri pre/ post operatori, ricoveri di sollievo. “Un servizio particolarmente apprezzato nel periodo estivo sono i ricoveri temporanei, che danno risposte puntuali alle necessità delle famiglie nei mesi più caldi, assicurando un’accoglienza di qualità per l’anziano”, sottolinea il direttore Mastromarino. Da ricordare anche la misura “Rsa Aperta”, promossa dalla Regione e attiva presso la struttura di Rezzato, che consente agli anziani affetti da demenza, o non autosufficienti con età superiore ai 75 anni, di usufruire di assistenza direttamente a casa propria, a cura del personale della Rsa, oppure di essere accolti in Residenza per ricevere alcune prestazioni previste nel Piano di assistenza individuale.
In collaborazione con
Via Sberna, 4/6 - loc Virle Treponti - Rezzato (Bs) Tel. 030 25971 - Fax 030 2791112 residenzarezzato@anniazzurri.it
Brescia da fare
VISIT BRESCIA PROPONE UN PERCORSO POSSIBILE TRA LE MILLE E UNA ESPERIENZE DELLA PROVINCIA, PER VIVERE DAVVERO IL TERRITORIO, LE ABITUDINI E LA CULTURA NEL SEGNO DI #MAKEINBRESCIA Non sono tanto i chilometri macinati o il numero degli scatti a paesaggi e monumenti a costruire la conoscenza profonda di un luogo, quanto l’immersione nelle attività che ne compongono la cultura del fare. Comprendere i gesti, imparare a riconoscerli e, una volta tornati a casa, ricordarne la sequenza e il significato: questi sono, secondo il disegno di Visit Brescia, gli elementi alla base di un turismo esperienziale che attraversa la città, si muove sulle sponde dei laghi e si inerpica per i pendii delle colline e delle prime montagne, per poi tuffarsi tra i profumi delle vigne e delle cantine. Sono Andrea e Marco ad accogliere i curiosi e gli appassionati del mondo del vino tra le botti in acciaio e in legno di rovere dell’azienda agricola Luscietti-Bignotti di Piamborno, in Valle Camonica. Qui, i più giovani eredi di una tradizione di famiglia si fanno interpreti del “Cultivar delle Volte”, rosso con uvaggi di Merlot e Barbera frutto dei vitigni storici già coltivati da nonno Pietro sin dagli anni ‘50. E sempre qui, diventano guide d’eccezione per un’esperienza a tutto tondo, con accenni alle tecniche di produzione e al processo di imbottigliamento, conclusa da una degustazione di vini con introduzione alla terminologia specifica e agli strumenti del mestiere dei sommelier. Ad accompagnare i calici e la narrazione del cantiniere Paolo un’adeguata selezione di formaggi e salumi locali. Vini di carattere arrampicati in Valle Camonica è proposta al prezzo di 19 euro a persona. L’arte senza tempo degli artigiani camuni è il cuore dell’esperienza che tutto l’anno è possibile assicurarsi nella bottega laboratorio di Braone, dove i maestri dell’intaglio e della scultura del legno guidati da Franca Ghitti non risparmiano racconti e dimostrazioni del loro lavoro. Sgorbie e pialle sono gli strumenti del mestiere coi quali prendere confidenza per creare dal cirmolo ogni volta un pezzo unico e fatto a mano, che si tratti di mobili, figure sacre, bassorilievi, decori e complementi d’arredo. Ai partecipanti vengono forniti colori e pennelli per dare luce e tratti alle piccole sculture tipiche della valle con estro e armonia: un giorno da artigiani al prezzo di 35 euro a persona e gratis per i bambini. Senza spostarsi dal luogo e dal concetto, ci si può candidare per un futuro da nuovo Mastro Geppetto in Valle Camonica, dove Claudio accoglie nel suo laboratorio d’altri tempi apprendisti interessati a scoprire cosa si nasconda dentro un pezzo di legno. Il tornio è la bacchetta magica che trasforma un ceppo in utensili da cucina, giochi per bambini, gambe da tavolo, attaccapanni e piccoli gioielli. In un giro di pialla e pirografo, i trucioli volanti diventano testimonianza di un viaggio nella quotidianità della falegnameria tradizionale a 15 euro a persona, che lascia come ricordo oggetti creati insieme alla guida d’eccezione, come trottole, ciotole, fiaschi di vino, mattarelli o mazze da baseball. In un percorso logico, ci si può avventurare nell’Arte del Far Carta a Toscolano Maderno, sul Lago di Garda, dove Filippo, Marco e Valentina hanno recuperato i segreti e i procedimenti degli Anziani Cartai e ora si propongono con i loro prodotti fatti a mano a un mercato di appassionati e intenditori. Nel laboratorio – al prezzo di 39 euro a persona – si scoprono i passaggi necessari a creare singoli ed eleganti fogli a partire da fibre vegetali pure o di riciclo, ritornando con la mente al XIV secolo, quando le cartiere della valle operavano incessantemente col favore della mitezza del clima e dell’abbondanza d’acqua garantita dal torrente Toscolano. Dalla carta del Lago di Garda al dietro le quinte di panetteria e pasticceria sul Lago d’Idro e Valle Sabbia, il passaggio nel laboratorio della Pasticceria Bazzoli di Odolo chiama in causa un’altra declinazione del fare della provincia di Brescia. Gli aspiranti artigiani del pane non possono lasciarsi sfuggire l’occasione di penetrare nel regno di Beniamino, in cui il lievito madre genera impasti fragranti. Le sue appassionate spiegazioni sono fondamentali per comprendere i segreti del connubio tra selezione delle materie prime e moderne tecniche di panificazione, necessari nel momento della degustazione consapevole dei migliori prodotti appena sfornati, dopo aver messo letteralmente le mani in pasta, tra nuvole di farina e olio di gomito. Impastando e lievitando: fragranze di pane è proposta al prezzo di 15 euro a persona. Dal cantiere nautico al rimessaggio sul Lago d’Iseo, la passeggiata all’interno della Nautica Bellini in compagnia di Martina è un tuffo all’indietro nel tempo, all’epoca d’oro delle imbarcazioni Riva che, specie negli anni ’50 erano un autentico status symbol. Assistere alle fasi di un restauro completo, nel backstage di una collezione composta di 22 esemplari, dei quali 3 unici al mondo, trasmette ad appassionati e curiosi il lusso di un’emozione sprigionata dalla possibilità di toccare il mogano della chiglia e apprezzare le fattezze dei natanti.
Brescia da fare Se da aprile a ottobre ci si può anche prenotare per un tour in barca, l’amore di Romano Bellini per questi capolavori delle acque è in grado di trasmettere in ogni momento l’entusiasmo di questa gita dal sapore vintage in una location unica, in un piccolo grande monumento al design italiano e all’arte del restauro. La Dolce Vita sul Lago d’Iseo è proposta al prezzo di 25 euro a persona. Terroir, vini ed etichette sono le parole d’ordine per la degustazione non convenzionale negli spazi dell’azienda agricola San Michele a Capriano del Colle. Fautori di una vendemmia biologica che mira a valorizzare il vitigno autoctono del Marzemino, arrampicato sul Monte Netto, Elena e Mario trasmettono tutta la loro passione in un tour attraverso i processi di vinificazione a partire dalla bacca blu-nerastra. Oltre a una sana degustazione con spiegazione dei parametri olfattivi e gustativi e suggerimenti di abbinamenti gastronomici, l’esperienza prevede anche l’impresa di cimentarsi con la realizzazione fronte-retro di un’etichetta completa di peculiarità e parametri di imbottigliamento del vino assaggiato, in modo da tornare a casa con una bottiglia personale e unica. Appassionati di vini e di colture agricole biologiche ma anche semplici curiosi guidati dal desiderio di imparare qualcosa di più su un procedimento tanto affascinante non possono che apprezzare la full immersion di Eccellenze in rosso: il Marzemino di San Michele, proposta al prezzo di 20 euro a persona. Cosa unisce l’operosa provincia di Brescia e Leonardo DiCaprio? All’apparenza, niente. Ma, se si guarda con attenzione il fucile imbracciato dal personaggio interpretato dall’attore in “The Revenant”, si concluderà che quella raffinata e impeccabile opera di riproduzione non può che uscire dalla prestigiosa Davide Perdersoli & Figli di Gardone Val Trompia. Autentico tempio per i fan della rievocazione delle battaglie e per gli appassionati di storia militare, l’azienda ripercorre dal 1957 le epoche dell’umanità attraverso la realizzazione di modelli fedeli e di altissima qualità di armi storiche e sportive, lavorate manualmente e con il prezioso contributo di maestri incisori. La visita allo show room e la possibilità di toccare con mano le interpreti di antiche battaglie valgono il viaggio. Ma è l’abilità degli artigiani, la vera protagonista di un’esperienza sorprendente, che apre una finestra inconsueta sul mondo poco conosciuto della riproduzione di armi antiche. Dalla Valle Trompia a Hollywood: armi da Oscar è proposta al prezzo di 10 euro a persona. A Cigole, la cooperativa L’Antica Terra mira a preservare le biodiversità e le tradizioni del territorio, trasmettendo l’amore per il lavoro agricolo. Insieme alla erbe spontanee che crescono nella pianura bresciana, le spighe di monococco – antica varietà di cereale presente già nell’età del bronzo – sono la materia prima dell’arte di Elisa, operatrice olistica specializzata in cucina naturale e regno vegetale. È lei a dettare i tempi e i modi di un workshop incentrato sulla lavorazione del casoncello, tipico tortello di pasta fresca con farina di monococco, ripieno di erbe spontanee e grana padano. Seguendo le indicazioni di una maestra d’eccezione, si ottengono personalissimi casoncelli, che vengono poi degustati con birra artigianale, anch’essa prodotta con grano monococco, prima di andare alla scoperta di chicche come biscotti veg, tisane, salse, pasta secca di grani antichi, farine. Il costo per la partecipazione a Casoncelli di monococco alle erbe spontanee è di 20 euro a persona. Tornando ai vini, sarebbe criminale lambire il Lago di Garda senza ritagliarsi un momento per scoprire la realtà di un’azienda vinicola come quella dei Fratelli Girelli, autori di Orestilla, Lugana campione del mondo. Realizzata secondo i canoni della bioarchitettura e immersa tra vigne, rose e lavanda, la cantina è il simbolo di una filosofia che non teme la sperimentazione e l’apertura delle porte ad appassionati motivati ad apprezzare le peculiarità che il terroir di Montonale trasmette ai vini. Si comincia con una camminata tra le viti, per poi insinuarsi tra i tini d’acciaio, le botti in rovere e le anfore di ceramica dell’ambiente dedicato alla vinificazione, lasciandosi incantare dal racconto dei processi di produzione, nell’attesa della degustazione verticale guidata con vista sui vigneti: il programma comprende 3 annate di ogni etichetta, per un totale di 6 vini, con l’accompagnamento di croccanti grissini artigianali, salumi e formaggi tipici.
Brescia da fare La verticale di Lugana in degustazione, con i suoi racconti e i suoi segreti, è proposta al prezzo di 35 euro a persona. Quella delle reti a Monte Isola è una storia importante, legata all’arte della pesca, che alimenta l’economia di un territorio e spande le sue trame in giro per il mondo. Nate come strumento indispensabile per chi si guadagnava da vivere gettandole in mare, oggi sono utilizzate in eventi sportivi internazionali nell’ambito del tennis, del calcio o del basket. Veterana retaia, Daniela è la figura ideale per offrire una panoramica sull’unicità e sulfascino di un’arte antica che diventa anche oggetto di un piccolo laboratorio per testare l’abilità dei presenti con ago e filo. Andando con ordine, si inizia dalla visita al museo e si prosegue con la realizzazione di un manufatto di corda e rete, come tradizione comanda, senza tralasciare di dare un’occhiata all’attuale modello produttivo, tra innovazione e procedimenti tradizionali. In rete a Montisola è proposto al prezzo di 37 euro a persona. Gli appassionati d’arte e del recupero di capolavori messi a repentaglio dall’attacco del tempo e degli eventi non possono non entusiasmarsi entrando nello studio di Renato e di sua figlia Ivana a Brescia. Se non bastasse lo spettacolo delle loro mani e dei loro occhi alla ricerca della perfezione tra cornici, tele, affreschi e policromie lignee, La Tavolozza di Colore di Giotto e Michelangelo lascia nel cuore un’esperienza da provetti pittori impegnati a costruire un personale ventaglio cromatico. All’interno di un palazzo storico affrescato con opere di fine ‘500 e ‘700, le parole e i gesti di Ivana stendono un ponte tra l’oggi, il Rinascimento e le sue eclatanti anticipazioni, offrendo chiare istruzioni sulla macinazione delle terre naturali e colorate con pestello di marmo e acqua. A casa, il foglio disegnato col colore dei maestri e il kit del restauratore “Dipinto Celato” – compresi nel prezzo di 35 euro a persona – dimostrano che questo viaggio nel tempo non è stato solo un sogno. Per chiudere in bellezza – ma solo nell’ambito di uno tra i possibili itinerari del fare proposti da Visit Brescia – non si può che arrivare al caffè. Gli appassionati dell’argomento si scioglieranno come zucchero in un espresso, seguendo Fabio in un inedito viaggio sensoriale e culturale tra gli impianti di trasformazione dei chicchi della Torrefazione Agust di Brescia, provenienti dalle principali piantagioni del pianeta. In questo luogo ricco di aroma e fondato su una filosofia della sostenibilità e della naturalezza che consente solo la produzione di miscele in arrivo da agricoltura biologica, portare la tazzina alle labbra per un assaggio ragionato diventa un modo per comprendere tutti i dettagli di un processo che coinvolge una variegata geografia umana. Il mondo in una tazzina: amaro e sublime è proposto al prezzo di 15 euro a persona, comprensivo di una confezione delle migliori miscele Agust.
Due anni fa, in una freddissima mattina di dicembre, veniva inaugurata quella che resta una delle realizzazioni più significative della Dy Costruzioni Generali: il nuovo superstore Conad ad Iseo. Grazie ad un progetto architettonico ardito si è riusciti a fare in modo che quel ‘grande negozio’ non avesse l’aspetto triste e anonimo dei tanti commerce center a cui siamo abituati. Piuttosto, un elemento inserito nel contesto in modo ammirevole, più simile alla location di una galleria d’arte moderna che ad un supermercato. “Distinguersi, scegliere sempre il top della qualità in ogni elemento del progetto, non trascurare alcun particolare, avendo sempre presente che i nostri clienti in quei luoghi ci dovranno vivere o lavorare e noi scegliamo ogni giorno di mettere al servizio la nostra professionalità ed esperienza per rendere tutto ciò il più confortevole possibile. Il costante impegno quotidiano in questo lavoro è il nostro credo e il nostro vivere.”
V.E.Filì Fotografie Paolo Biava
daniel Pezzini, titolare di dy costruzioni generali ha inaugurato il 29 giugno la nuova sede di capriolo
Dy: nuova sede e nuovi orizzoNti
IL CAPANNONE DI UNA FILATURA DEGLI ANNI ‘50 DIVENTA LA BELLISSIMA NUOVA SEDE DI DY COSTRUZIONI. NUOVI UFFICI, NUOVO MAGAZZINO EDILE, LOGISTICO E PRODUTTIVO, MA SOPRATTUTTO UN AMPIO SHOW ROOM PER SCEGLIERE E CONFRONTARE, TRA LE MIGLIORI AZIENDE DEL MERCATO, PAVIMENTI E RIVESTIMENTI IN LEGNO, CERAMICA E PIETRE NATURALI O RICOSTRUITE CON UN ULTERIORE ESPOSIZIONE DEDICATA AI SERRAMENTI IN ALLUMINIO. DY COSTRUZIONI GENERALI DEDICANDOSI A PIENO AL PROPRIO LAVORO, CREA LA DIVISIONE DY SERRAMENTI DIVENTANDO FIN DA SUBITO PARTNER AREA PONZIO, AZIENDA LEADER NEL MONDO DEI PROFILATI IN ALLUMINIO, AD ALTISSIMA TECNOLOGIA E QUALITÀ, INCONTRANDO LE MASSIME PERFORMANCE TERMICHE ED ACUSTICHE CON DESIGN MINIMALI. ADESSO CON UNA PRODUZIONE INTERNA, DIRETTAMENTE NELLA NUOVA SEDE DI CAPRIOLO (BS) CON L’AUSILIO DEI MIGLIORI MACCHINARI E ATTREZZATURE
Dy Costruzioni Generali nasce con Daniel Pezzini il quale giovanissimo ha iniziato a lavorare come muratore facendo gli studi serali cercando la propria indipendenza molto presto. Una scelta che lo porterà molto lontano e, passo dopo passo, con grande coraggio e tanto impegno, in questi vent’anni si è guadagnato la fama di costruttore scrupoloso. Le sue realizzazioni hanno sempre un tocco di contemporaneità senza mai stravolgere il contesto nel quale vengono inserite. Si tratti di siti industriali o di residenze prestigiose, Dy costruzioni generali, che ho scoperto si debba dire Dai…, si distingue sempre per la ricercatezza dei progetti, per l’accurato studio pre-progettuale, per l’indiscutibile livello delle scelte dei materiali e della componentistica a 360° operando come general contractor, ma di fatto producendo e operando in proprio quasi nella totalità delle lavorazioni necessarie al cantiere, come nel caso di Conad e rendendosi responsabile unico del risultato finale. Dopo vent’anni Dy Costruzioni Generali si costruisce una nuova sede, ristrutturando in maniera davvero ammirevole il vecchio capannone di una filatura, abbandonato da tempo a poche centinaia di metri dalla precedente sede. “Oltre a dotare la struttura di un luogo più accogliente rispetto a prima - dice Daniel Pezzini - avevamo bisogno di spazi adeguati per sviluppare alcuni aspetti che mi attiravano da tempo come, ad esempio, realizzare in casa Serramenti in alluminio di altissima qualità, utilizzati per le nostre costruzioni con evidenti maggiori controlli su ogni processo produttivo, logistico e gestionale, apportando importanti vantaggi ai nostri clienti… Ci siamo legati a Ponzio Alluminium azienda al top nella produzione dei profilati in alluminio per la qualità del prodotto. Eseguiamo la progettazione di serramenti, finestre, facciate continue, alzanti scorrevoli e porte oppure persiane e molto altro ancora.
Il tutto con il nostro studio tecnico formato da specialisti di pluriennale esperienza, eseguendo ogni lavorazione internamente, offrendo la fornitura e la posa certificata e rimanendo fedeli alle richieste architettoniche e normative necessarie. La stessa Ponzio opera una severa selezione e un attento controllo sui materiale e sui processi produttivi con un centro ricerche e sviluppo interno di ultimissima generazione, effettuando centinaia di prove su ogni tipologia di prodotto e garantendo ogni passaggio. All’entrata della nuova sede, oltre alla reception, si trova lo showroom dove oltre ai suddetti serramenti vengono proposte varie soluzioni per le pavimentazioni e rivestimenti, con materiali innovativi e tecnologicamente avanzati con marchi come ITLAS Parquet, Gruppo Romani con Cercom, Serenissima e Cir, Marazzi e Casalgrande Padana. Grande ricerca ed esposizione degli ultimi ritrovati. In pratica Dy Costruzioni Generali ha voluto fortemente nella nuova sede dar spazio alle migliori aziende del mercato a servizio dei propri clienti. Sul retro degli uffici, una parte del grande capannone è adibita alla produzione dei serramenti e porte, un’altra dedicata alla carpenteria metallica che realizza internamente cancelli, parapetti, scale, sistemi di sicurezza, soppalchi, pensiline e ogni opera in ferro anche battuto e la restante parte a magazzino, viene utilizzata per lo stoccaggio dei materiali di cantiere e attrezzature con un ampio piazzale adibito al ricovero dei mezzi utilizzati per i trasporti aziendali, scavi, opere stradali e di demolizione. Infine, per completare la mappatura della nuova Dy Costruzioni Generali, oltre alle costruzioni, ai serramenti in alluminio, alla carpenteria metallica e alle pavimentazioni/rivestimenti, è nata anche Dy Real Estate che si occupa della vendita e della locazione di immobili civili, industriali e commerciali di proprietà.
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Ph. Paolo Biava - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bg.it
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All’entrata della nuova sede, oltre alla receptions, si trova lo show room dove oltre ai suddetti serramenti vengono proposte varie soluzioni per le pavimentazioni, con materiali innovativi e tecnologicamente avanzati. Sul retro, una parte del grande capannone è adibita a laboratorio per la produzione dei serramenti e l’altra a deposito dei vari materiali di cantiere e al ricovero dei mezzi utilizzati per i trasporti aziendali. Ma il network di divisioni Dy adesso comprende anche una completa officina di carpenteria metallica che realizza cancelli. parapetti, scale, sistemi di sicurezza, soppalchi, pensiline e ogni opera in ferro battuto. Infine, per completare la mappatura della nuova Dy, oltre alle costruzioni, ai serramenti, alla carpenteria e alle pavimentazioni, è nata anche Dy Real Estate che si occuperà della vendita e della locazione di immobili civili e industriali.
A Sarnico Dy Costruzioni propone ultimi spettacolari appartamenti lungolago Carlo Riva
© Dy Costruzioni Generali,Via Palazzolo 70, Capriolo (BS) Tel.030 8366027 E-mail: info@dycostruzioni.com
Me lo immagino sedicenne, con sotto il naso i primi accenni di quelli che diventeranno i baffi più famosi del Lago d’Iseo, farsi largo fra gli operai sulle corriere, dove ancora si fumava, che alla mattina presto li portavano a lavorare nelle grandi fabbriche dell’hinterland milanese. Battista, di cognome Marini, figlio di un bravo fotografo di quelli di una volta specializzato in matrimoni, venne avviato alla professione di ottico per decisione del padre, stanco di vedersi costretto a procurarsi continuamente occhiali speciali che doveva far arrivare dalla Germania per l’altro figlio Maurizio, il quale, fin da bambino, doveva combattere con un particolare problema che gli impediva una vista perfetta. Questo l’aneddoto e, se Maurizio non vedeva bene, ci aveva visto invece benissimo chi scelse quella strada per Battista. Infatti oggi, come testimoniano le immagini, la premiata Ottica Marini è arrivata al traguardo del 50° anno di vita. “Si partiva alla mattina - racconta un emozionato Battista nel discorso pronunciato in occasione della festa per il 50° anniversario - alle 5 e mezza, che voleva dire svegliarsi alle 4 e mezza. Lungo il tragitto mi addormentavo regolarmente e mi dovevano svegliare gli altri che facevano i pendolari con me, quando si arrivava in Piazza Castello. In quegli autobus, omaccioni con la schiscetta sotto braccio, fumavano le Alfa o le Nazionali e aspirare quel fumo mi stordiva non poco mentre quell’odore mi rimaneva addosso tutto il giorno. In Piazza Castello prendevo il tram da cui, ad un certo punto, scendevo per percorrere a piedi un viale lunghissimo in fondo alla quale sorgeva l’Istituto Ottico. Mi ricordo che nelle mattine d’inverno la nebbia era così fitta che, non vedendo a distanza di due metri, sembrava di non arrivare mai, come sospesi nel nulla”.
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Marini dagli occhiali al cocca hotel
Ricordi di un sedicenne che, dopo un diploma in meccanica, si avventura per le strade di Milano per farsi un avvenire, quando ancora gli ottici diplomati erano pochi. Sarà forse questa frequentazione metropolitana, per un tipo curioso e comunicativo come lui, a dargli quell’aria assai poco provinciale e un po’ aristocratica. Arriverà al diploma e, dopo un periodo di apprendistato presso un famoso ottico di Brescia, Battista aprirà il suo primo negozio, sempre con il fratello Maurizio che ne segue le orme come ottico. Il nuovo negozio andrà ad aggiungersi a quelli di fotografia che i fratelli Remo e Silvano avevano aperto ereditando la passione per la fotografia dal padre. Ottica Marini in breve diventa l’ottico di fiducia di tanta gente e il suo lavoro è apprezzato dagli oculisti che in lui trovano un interlocutore sempre preparato e disponibile anche alle sfide più difficili. Avrebbe anche potuto accontentarsi ma, sempre con Maurizio al suo fianco, e con il grande aiuto delle rispettive mogli, decide di dare corpo ad una visione quasi fantastica: realizzare un hotel di lusso sulle amate sponde del lago d’Iseo. Perché un ottico si butta in un’impresa difficile come quella di costruire da zero un hotel, con piscina, spa, ristorante, con la chicca di un reparto di massaggi thailandesi di gran classe?
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Una vera pazzia, un investimento importante in una situazione complicata da tanta burocrazia. Il fiuto per il business, in questi casi, non è sufficiente: serve passione per una impresa messa a disposizione di un territorio che si ama e che si vuol veder crescere nel segno della sostenibilità. Una fabbrica in meno per un hotel in più.Un’impresa che crea lavoro, alimenta un volano economicamente virtuoso per un turismo potenzialmente inesauribile. Dalla sua parte l’amico di sempre Carlo Riva, l’ingegnere che ha realizzato i motoscafi più belli del mondo e che ha sempre fatto il tifo perché si sviluppassero attività turistiche sul “suo” lago. Oggi, quella pazzia, è una splendida realtà, si chiama Cocca Hotel e riesce ad attirare sul lago d’Iseo una folta clientela di svizzeri, di tedeschi, di inglesi e anche di americani, vera novità degli ultimi tempi. Sarà stato l’effetto Christo, sarà che il lago d’Iseo è sempre più meta di attori e gente importante, il Cocca Hotel è proprio quello che ci voleva per poter offrire con continuità, ospitalità ad un turista di un certo livello a cui proporre, oltre alla bellezza del lago, anche una serie di servizi esclusivi per viverlo nel migliore dei modi.
Ph. Sergio Nessi - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bg.it
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Come la navigazione con gli esclusivi motoscafi di casa Riva, le cene a lume di candela a Montisola, o la spa con una grande piscina riscaldata, saune, bagni turchi, idromassaggio e il centro massaggi thailandesi, quelli veri, con esperte professioniste che sanno come rimetterti in sesto. Così, la sera del 2 luglio scorso, Battista e Maurizio Marini hanno voluto festeggiare nell’elegante sala del Cocca Hotel il loro mezzo secolo con i collaboratori e gli amici. Prelibatezze in tavola unite ai bei ricordi a cui hanno voluto partecipare anche l’ex Questore di Bergamo, Girolamo Fabiano, il Generale Gregorio Paissan, per anni comandante dei Carabinieri a Bergamo e Carmen Pugliese, Sostituto Procuratore della Repubblica di Bergamo la quale, ben lontana dall’immagine di inflessibile magistrato che le conosciamo, ha voluto ricordare le serate romantiche trascorse in questo posto con il suo amore dove sembra di essere lontanissimi da tutto pur restando a due passi dalla città.
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Manuel Bonfanti - Fotografie Paolo Biava
la fotografia nel sangue
Virgilio e Rocco Fidanza
Quando una fotografia ci narra qualcosa? V.F.: “Quando si ha qualcosa da raccontare e lo si sa raccontare passando dai concetti alle immagini. Molti possono avere cose da raccontare ma non tutti sanno trasporre i concetti nelle immagini, in quanto, quando si passa dalle parole alle forme plastiche, si scopre che le forme plastiche non sono il risultato di una sintassi costituita da tante particelle codificate come la scrittura, ma necessitano di costruzioni rappresentative che meno attingono alle convenzioni più sono potenti. Potremmo dire la stessa cosa della poesia se intesa come fuoriuscita dal linguaggio convenzionale” R.F.: “Quando mostra un fenomeno della realtà che non appare ad occhio nudo, ed il contenuto da oggettuale diventa proposizionale”. Cosa consigliereste a chi ancora non ritiene la fotografia un’arte? V.F.: “Direi che fondamentalmente ha ragione se intende per fotografia il medium, lo strumento. Ha invece discretamente torto se per fotografia intendiamo una specifica immagine, che al di là del medium utilizzato, ha uno spessore plastico e poetico. Dopo di che gli consiglierei di approfondire cosa intende dire con la parola arte, alla quale possiamo attribuire una serie di significati differenti tra loro. Ovvero il concetto di arte di Beuys non è quello di Mondrian”. R.F: “Dovrei innanzitutto consigliare qualcosa a me stesso. Probabilmente in questo momento storico, il non essere considerata un arte, non è il primo problema della fotografia”.
Chi sono gli scrittori che più vi stimolano per il vostro lavoro? V.F.: “Tutta la letteratura classica fino a metà novecento, perché poi faccio veramente fatica a trovare livelli significativi, per cui preferisco rileggere un buon libro piuttosto che leggere un libro modesto. Nella formazione culturale di ogni individuo dovrebbe poi trovare posto il prendersi cura delle proprie idee, visto che è proprio attraverso queste che produciamo mondo. Pertanto collocherei al di sopra di tutto una formazione filosofica, a prescindere dall’ambito in cui si intende operare. In quest’era in cui la tecnologia fa il mondo e tutto è frammentato e consegnato agli specialismi, diventa fondamentale non perdere la visione dell’insieme, del tutto. Dovremmo essere cioè consapevoli che ogni idea di mondo va valutata nella sua sostenibilità”. R.F.: “Alcuni drammaturghi come Harold Pinter e Tom Stoppard. La scrittura di Carver invece è già fotografica”. Come considerate la mutazione della fotografia dopo l’avvento di internet. Quali sono le principali trasformazioni che questo linguaggio ha subito? V.F.: “Non credo che esista un linguaggio tipico della fotografia o della pittura, ma come dicevo prima, esistono le forme plastiche delle immagini che nulla hanno a che vedere con le tecniche. Tuttalpiù potremmo parlare di linguaggi o stili che sono tipici di ogni autore. Esistono piuttosto immagini di ogni genere in cui riversiamo concetti significanti. Quindi se non esiste un linguaggio fotografico, dal mio punto di vista, non esiste mutazione dovuta all’avvento di internet, ma ciò non significa che la rete non abbia modificato il modo in cui produciamo e fruiamo delle immagini. Ma qui un approfondimento richiederebbe molto spazio e molto confronto. Basti però qui dire che a fronte di una diffusione illimitata di immagini, soprattutto tecnologiche, non corrisponde un innalzamento della cultura visiva, anzi, mai come ora, ci siamo trovati di fronte a una produzione così inconsapevole di immagini”. R.F.: “Come ogni mutazione non implicata dalla nostra volontà, terrificante. Non posso notare mutazioni di senso rispetto a ciò’ che accade in rete, ogni persona è una grande fan di se stessa e ritiene a mostrare quanto la sua vita sia meravigliosa. Per quanto riguarda la quantità di immagini a cui ci esponiamo su social e pagine web, dovremmo sempre ricordarci che stiamo alimentando un sistema commerciale che usa l’ immagine come cavallo di Troia per entrare nelle nostre teste”.
VIRGILIO NASCE A BERGAMO NEL 1953, È DOCENTE DI FOTOGRAFIA ALLA LABA, FOTOGRAFO PROFESSIONISTA, “LA FOTOGRAFIA E LE FOTOGRAFIE “È IL SUO ULTIMO LIBRO, EDITO DA LUBRINA BRAMANI EDITORE. ROCCO FIDANZA, NATO A SERIATE NEL 1989. VIVE A BERGAMO, LAVORA PRESSO LAIO STUDIO, AGENZIA DI CONTENUTI DIGITALI FONDATA NEL 2001
Virgilio e Rocco Fidanza. la fotografia nel sangue
Quando presentate delle mostre, oltre allo scatto, anche i materiali, le misure delle immagini, i supporti, li considerate parte della comunicazione? V.F.: “Per quanto mi riguarda sì, in quanto ogni singolo aspetto, orientato dall’idea che lo sostiene e lo orienta, deve fondersi con l’altro e costituire l’insieme unico dell’opera o del progetto”. R.F.: “La stampa, il supporto, il contesto espositivo, persino i rumori d’ambiente. Tutti elementi che il fruitore respira”. La fotografia in b/n è stata la memoria storica del 900. È stata con noi a scuola sui libri di storia, nello studio, nelle riflessioni meditative. È definitivamente finito quel ruolo? V.F.:”Dovremmo interrogarci, se ancora e per davvero, intendiamo continuare a credere alle immagini tecnologiche abbastanza ciecamente come abbiamo fatto sin ora, tanto da assegnare loro un ruolo così importante come quello della memoria. Indubbiamente la fotografia insieme ad altri mezzi, come pittura e poesia, concorre a fornire elementi utili nella ri-
costruzione storica. Ma come non chiederci se le immagini tecnologiche rappresentino veramente una sorta di fonte oggettiva, e se è proprio in virtù di questa attribuzione che continuiamo a collocarle, sul piano documentale, al di sopra di ogni altro strumento. La mia memoria storica non passa assolutamente attraverso l’immagine tecnologica, ma è segnata e arricchita, dai probabili ultimi bagliori, di quell’umanesimo che si è dispiegato in tutti i mezzi espressivi fino agli anni sessanta del secolo scorso”. R.F.: “Il colore è stato vincolato dalla possibilità tecnologica. Come il sonoro nel cinema. Oggi possiamo scattare a colori e scegliere come trattare l’ immagine per renderla più’ efficace”. Le tempistiche del rullino sono sepolte in favore del touch screen di uno smartphone? V.F.: “Magari fosse solo una questione di rullino. Tutte le tempistiche di vita sono state travolte dallo sviluppo tecnologico, ed è per questo che ritengo che non si possa parlare di progresso, ma di riduzione dell’umano”.
Ora tutto ciò che è virtuale è a portata di mano, siamo connessi in rete, ma sconnessi dal mondo reale e dalla nostra stessa natura. Siamo cioè passati dal servirci della tecnica ad essere asserviti ad essa. Oggi come allora è necessario sviluppare pensiero e produrre senso. R.F.: Di uno smartphone no. Pero’ di una macchina digitale volentieri. Se ci sentiamo tutti fotografi o tutti registi con i nostri pollici veloci, mi chiedo .. chi siete voi, chi vi sentite essere? V.F.: Professionalmente mi definirei un operatore culturale dell’immagine tecnologica. Umanamente però non mi identifico nella sola funzione professionale, ma nella relazione più ampia con la vita, ovvero la relazione diretta con il mondo. R.F.: Innanzitutto sono pagato per scrivere storie, posizionare luci, scattare. In qualche modo la mia professione mi identifica socialmente. Chiaramente per qualcun altro è più semplice credere di essere un fotografo o un regista o un chirurgo plastico. Rocco vuoi raccontarci della tua personale “140km/h” che hai tenuto nella sede del Parco dei Colli e dei progetti futuri?. R.F.: È stato un lavoro impulsivo, un urlo di fronte alla catastrofe dell’ uomo. Lo sviluppo dell’ esposizione è nato dalla collaborazione con Francesco Chiaro e Catherine Borra che si sono occupati anche di una pubblicazione interessante, “ come vediamo quel che ci è ignoto” ha affinato e reso la mostra un esperienza potente, grafica e fondata su concetti psicologici che descrivono l’ uomo moderno. A breve presenterò’ un lavoro immersivo ed interattivo di persistenza retinica e di vibrazione sonora, posso solo dire che parlerà della memoria.
Ardesio DiVino
Fotografie Francesco Bellini e Silverio Lubrini
TUTTO PRONTO PER LA XV EDIZIONE DELLA RASSEGNA ENOGASTRONOMICA IN PROGRAMMA IL PRIMO WEEKEND DI AGOSTO: SI PARTE CON LA CENA DIVINA FISSATA VENERDÌ 2 PER POI PROSEGUIRE SABATO 3 E DOMENICA 4 AGOSTO Si appresta a spegnere ben 15 candeline la rassegna enogastronomica Ardesio DiVino in programma ad Ardesio, in Valle Seriana (BG), il primo week-end di Agosto. Le corti, le vie e le piazze del caratteristico centro storico del comune seriano accoglieranno una settantina di selezionati produttori tra vignaioli ed artigiani del gusto che proporranno in assaggio e in vendita vini e prodotti tipici provenienti da tutta la penisola e anche dall’estero. La rassegna, che ogni anno registra la presenza di migliaia di appassionati e addetti al settore, è organizzata dalla Pro Loco Ardesio con il sostegno dell’amministrazione e la collaborazione di Paolo Tegoni/Gourmet Events & Consulting e del suo team, con Main Partner Banca di Credito Cooperativo Bergamo e Valli.
Quindici edizioni caratterizzate da una costante e continua attenzione per la qualità dei produttori e degli eventi proposti: la manifestazione favorisce l’incontro e il dialogo tra offerta e domanda tra chi con passione e dedizione produce vino ma anche formaggi, salumi, zafferano, caffè, miele, sidro, birra e molto altro.Tante le novità che caratterizzeranno l’edizione 2019 a partire dai veri protagonisti, i produttori, con l’arrivo di nuovi viticoltori: tra questi un produttore francese di champagne, vignaioli dalla Franciacorta e dall’Abruzzo e la riconferma di uno storico produttore dalla Slovenia.I vignaioli presenti alla 15esima edizione di Ardesio DiVino provengono da tredici regioni italiane (Lombardia, Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Umbria, Puglia, Calabria, Sicilia) oltre a Francia e Slovenia. Saranno circa una settantina i produttori tra viticoltori e artigiani del gusto. Anche quest’anno la manifestazione sarà anticipata il venerdì sera dalla “Cena DiVina” (evento su prenotazione e con posti limitati - per informazioni info@ardesiodivino.it), la cena gourmet che si svolgerà presso il ristorante Albergo Ardesio Da Giorgio e che vedrà cimentarsi in cucina uno chef d’eccezione, l’ardesiano Alberto Zanoletti, mentre sommelier della serata sarà il professor Paolo Tegoni (Docente presso Master Comet - Università di Parma). Tema della cena “Benvenuti al Sud: viaggio nei sapori di Matera”.
Tanti gli appuntamenti proposti dalla Pro Loco per la quindicesima edizione della kermesse: oltre alle degustazioni presso gli stand dei produttori, infatti, sono in programma le cene all’aperto, sabato pomeriggio la degustazione d’autore proposta dal Seminario Permanente Luigi Veronelli “Ottima Scelta! Alla ricerca della qualità dei vini quotidiani” (iscrizione obbligatoria info@ardesiodivino.it e nei giorni dell’evento alla cassa della manifestazione) e domenica mattina lo showcooking in piazza dedicato alle paste fresche con lo chef Alberto Zanoletti, già Bocuse d’Or Italia, e il raviolificio Poker dell’ardesiana Rosi Carissimi. Per i più piccini l’area bimbi al parco giochi con laboratori, palestra di arrampicata, truccabimbi e molto altro e poi spazio anche alle visite guidate gratuite alle bellezze storico artistiche di Ardesio, alla mostra Ardesio DiVino nel Mondo e ai concerti che accompagneranno i visitatori durante l’evento. Ricco il programma musicale: sabato pomeriggio si esibiranno i “Mirela” e gli “Izzy and the catastrophics” mentre la sera grande concerto in piazza con i “Tribal Sound”; domenica mattina l’atteso concerto del maestro della cornamusa irlandese Massimo Giuntini (è stato anche componente dei Modena City Ramblers) e nel pomeriggio “The Loud Lovers” e “The Meneguinnes”.
DEGUSTAZIONI, CONCERTI, CENE NEL BORGO, MOSTRE, ARTE TRA LE CORTI: WINE & FOOD PER PALATI ESIGENTI DURANTE UNA DUE GIORNI RICCA DI INIZIATIVE
La manifestazione si svolgerà anche in caso di maltempo con possibili variazioni di programma
SCOPRI ARDESIO SU: WWW.VIVIARDESIO.IT
ARDESIO DIVINO MOSTRA MERCATO ENOGASTRONOMICA 3 E 4 AGOSTO 2019 APERTURA STAND: SABATO 10.30 - 13.30 E 16.00 - 21.00 DOMENICA 10.30 - 20.00 WWW.ARDESIODIVINO.IT INFO@ARDESIODIVINO.IT PAGINA FACEBOOK “ARDESIO DIVINO”
RavioliďŹ cio dal 1958
Rosa
CEO originaria di Ardesio
via Spallanzani 28 - Albano S. Alessandro (BG) tel. +39 035 581454 - info@raviolificiopoker.it
Giuliano
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Bergamaschi DOC.
Alberto
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Marketing Manager originaria di Pedrengo
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Area Manager originario di Seriate
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La squadra vincente di Tecnocasa Alla base di un grande successo non possono certo mancare professionalità, impegno e determinazione. Tre fattori ben conosciuti da tutti coloro che oggi fanno parte del noto gruppo Tecnocasa. Una realtà fondata ben 40 anni fa ed oggi sviluppata capillarmente in ogni dove grazie ad una fitta rete di franchising, guidati da una sola vision: soddisfare le esigenze dei tanti clienti che ogni giorno sono alla ricerca della casa dei loro sogni.Tra di essi tantissimi i giovani che in questo team fresco ed affiatato trovano i giusti interlocutori. Proprio 400 di questi professionisti provenienti dalle province di Brescia, Bergamo, Cremona e Sondrio si sono ritrovati la sera del 9 luglio scorso nel cuore della Franciacorta, presso il suggestivo Relais Franciacorta, per vivere una serata unica. Aperitivo, cena e buffet hanno fatto da contorno ad un evento che, ogni tre mesi, consente ai vari professionisti di Tecnocasa di ritrovarsi, per scambiare consigli e suggerimenti lavorativi. Molto importanti ed estremamente sentite anche la premiazioni che hanno visto la consegna di alcuni significativi riconoscimenti a tutti i migliori agenti del secondo trimestre dell’anno, tra i quali le agenzie di Rezzato, Gavardo e Molinetto di Mazzano che si sono contraddistinte nell’area Bresciana e gli uffici di Sarnico, Presezzo e Gorle per la provincia di Bergamo. A consegnare i premi il Presidente Tecnocasa Franchising SpA, Antonio Pasca, il Team Manager, Marco Anzini, e i Consulenti d’Area, Carlo Assandri, Emanuele Leggieri e Claudio Dancielli.
Ph. Sergio Nessi - Puoi vedere tutte le immagini dell’evento su www.qui.bg.it
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the power of design
armando milani
Perchè parliamo di lui
Sul numero del dicembre 2018 abbiamo pubblicato un poster di Armando Milani a corredo di un editoriale sulla pace e abbiamo dimenticato di citarne l’autore. Per rimediare a questa mancanza abbiamo deciso di pubblicare un servizio su di lui, sui suoi lavori entrati nella storia del design e alcuni spezzoni di una intervista di Daniel Salvi Armando Milani è nato a Milano dove ha studiato graphic design sotto Albe Steiner alla Scuola Umanitaria. Nel 1965 ha vinto il premio per il logo “RAI Radiotelefortuna”. Nel 1970 ha aperto il suo studio a Milano, lavorando anche per Giulio Confalonieri e Antonio Boggeri. Nel 1977 dopo aver lasciato lo studio nelle mani del fratello Maurizio, si trasferisce a New York. Aprirà uno studio negli Stati Uniti dopo aver lavorato due anni con Massimo Vignelli. Nel 1983 ha insegnato graphic design alla Cooper Union di New York e diventa membro dell’AGI (Alliance Graphique Internationale) di cui dal 2017 è presidente per l’Italia. Ha partecipato in qualità di esperto di Corporate Identity a conferenze e seminari a livello internazionale.
ARMANDO MILANI, ESPONENTE DI SPICCO DELLA GRAFICA ITALIANA E GLOBALE, CONTRIBUISCE DA DECENNI A RENDERE RICONOSCIUTO E PREMIATO IL DESIGN “MADE IN ITALY”, ATTRAVERSO I SUOI CELEBRI LAVORI DI LOGO E POSTER DESIGN, I NUMEROSI WORKSHOP TENUTI NELLE UNIVERSITÀ DI TUTTO IL MONDO E, PIÙ RECENTEMENTE, NEL RUOLO DI PRESIDENTE DI AGI ITALY (ALLIANCE GRAPHIQUE INTERNATIONALE), ATTIVA DA SEMPRE NELL’IDENTIFICARE E VALORIZZARE I GRANDI MAESTRI NOSTRANI E LE LORO CREAZIONI LA SUA FILOSOFIA: DALL'OCCHIO AL CUORE Confucio disse che non parole e non leggi governano il mondo, ma segno e simboli. Il designer dovrebbe essere l'interprete di questa realtà. Progettando un logo o un poster, sono sempre alla ricerca di sintesi con l'equilibrio tra forma e contenuto. Perché se la forma prevale la soluzione può essere attraente solo esteticamente, ma se i concorsi prevalgono, l'immagine può essere molto noiosa. Il design deve essere appropriato, sinteticamente corretto, emotivo e memorabile. Ho sempre rifiutato soluzioni alla moda e alla moda alla ricerca di questi valori. Grandi designer come Paul Rand e Massimo Vignelli con i quali ho collaborato a New York, sono stati il mio punto di riferimento. Entrambi credono nel design senza tempo, in cui concept e design sono preziosi per sempre, anche se realizzati in diversi periodi storici. Il designer può usare metafore, connessioni, sorprese inaspettate, surrealismo o sottile ironia, lo scopo è di rifiutare la banalità e la volgarità, cercando di incuriosire, eccitare e informare lo spettatore. Dopo 30 anni di progettazione di loghi, identità aziendali, segnaletica, libri e opuscoli, ho sentito l'esigenza etica di dedicare parte del mio tempo a denunciare alcuni dei più grandi problemi dell'umanità che minacciano il nostro futuro e il futuro dei nostri bambini, come la guerra, la carestia, droghe e inquinamento. Non abbiamo il potere dei politici ma con il nostro contributo, possiamo promuovere il dialogo e la riflessione su questi temi. Credo in un design meno sofisticato ma in soluzioni di grande impatto, perché voglio parlare direttamente a una vasta maggioranza delle persone del mondo.
Alcuni dei suoi lavori sono in mostra alla Biblioteque Nazionale de France a Parigi. Nel 1995 ha ricevuto, direttamente dalle mani del sindaco di New York Rudolf Giuliani, un premio per il suo poster “New York City Capital of the World”. Nel 1996 ha pubblicato il libro “A double Life of 80 AGI designers” sulla creatività e il sense of humor. Nel 2000 ha vinto un premio in Italia con il poster per “Promosedia International Chairs Show”. Nel 2001 ha aperto in Provenza il “Le Moulin des Trois Arcs”, un centro di formazione e centro conferenze sul graphic design e la sua storia. Nel 2004 ha disegnato un poster sul tema della pace, contro la guerra, per le Nazioni Unite. Il poster è stato diffuso in tutto il mondo. Nel 2006 ha disegnato un poster per la Bibliotheca Alexandrina in Egitto e la serie di poster e cartoline “Human Design Collection”. Nel 2010 ha disegnato il libro “Fifty Poetry of Lawrence Ferlinghetti, Fifty Images of Armando Milani”. Nel 2015 ha disegnato il libro ‘”No Words Posters” di 100 designers internazionali e nel 2017 due libri di suoi “100 Posters” e “100 Logos”.
La lunga carriera di Milani è assimilabile ad un’avventura, divisasi fra vecchio e nuovo continente e costellata di importanti riconoscimenti e incontri con le più grandi personalità della storia del design italiano - Albe Steiner, Massimo Vignelli e Bob Noorda, per esempio – e della scena americana, fra cui i leggendari Paul Rand e Milton Glaser, che gli hanno più volte dimostrato la propria stima, l’amico Ivan Chermayeff e Paula Scher. Un’intervista a una tale personalità non è stata dunque solo l’opportunità per celebrarne tutti i successi, i momenti salienti, di grande ispirazione, e passare in rassegna i suoi lavori più famosi, ma anche per toccare temi molto attuali, come ripercorrere l’evoluzione che la percezione della grafica e dei graphic designers ha avuto all’interno della società e vagliare tutte le prospettive – arrivando a vere e proprie frasi piene di saggezza - che i giovani hanno, immettendosi oggi all’interno di questo business.
Per iniziare, direi di ripercorrere i suoi primi passi nel mondo del design: quali sono stati i momenti che hanno dato inizio alla tua brillante carriera? “A farla breve, incominciò all’Umanitaria nel 1960, con Albe Steiner: studiai con lui e devo dire che imparai da lui più l’etica del design, che non a impaginare un libro o disegnare un marchio. Secondo i suoi insegnamenti, la grafica e il design devono essere rivolti a tutti e non solo a un’élite di persone privilegiate: questo mi segnò molto. Vinsi in seguito un concorso molto importante nel ’65, per disegnare il marchio di Radio Tele Fortuna. Parteciparono 9000 designer studenti e la giuria era composta da Bruno Munari e Albe Steiner; furono proprio loro due a premiarmi: è stata una tappa importantissima della mia carriera, che mi ha dato la carica per il mio futuro. Lavorai con Giulio Confalonieri, che era un grande grafico degli anni ’60 – ’80, un maestro delle immagini bruciati e in bianco e nero, con grandi caratteri e di grande contrasto. Poi iniziai l’avventura con il grande Antonio Boggeri nel ‘67, che dopo aver visto dei miei lavori pubblicati su “Pubblicità in Italia”,mi chiamò e mi chiese: «Vuoi venire a lavorare con me?» E io: «Figurati!» Dopo tre minuti ero già lì (ah ah)! Ed incominciò una consulenza, una collaborazione con lui che durò quasi tre anni, che si è poi trasformata in una grande amicizia. Poi ho aperto il mio studio nel ’70, qui a Milano…”. Quali sono stati i primi passi di questo tuo primo studio milanese? Quali sono stati i tuoi primi lavori? “Ho sempre avuto, sin da quando studiavo con Albe Steiner, una grande passione per il design del marchio: perciò incominciai proprio con i marchi – il marchio di TeleFortuna fu uno dei miei primi – e poi, da lì, una volta che ti fai pubblicare, la gente inizia a riconoscerti come il designer del marchio. Questo fu uno dei primi, per esempio: “AM” non sta per Armando Milani, ma per “Auditorium Midy”; cominciai proprio con le case farmaceutiche: la Roche, dove ho lavorato per due anni, Farmitalia, la Midy; poi ho lavorato molto per l’industria dell’arredamento, con DePadova – di cui ho fatto il marchio con Tom Gonda – e poi Cassina.Questo è un altro marchio molto importante, di Antonio Mantegazza, molto diffuso perché era stampato sulle cartine del telefono, da loro prodotte. Il marchio della Costa dei Ciclopi, in Sardegna, era molto efficace per il fatto che suddividendolo si poteva ottenere questo pattern, utile per le applicazioni su tende, moquette ecc”. Questo marchio dei Ciclopi è ancora utilizzato, ho visto! “Davvero? Ah! Bisogna che mi faccia pagare, non lo sapevo neanche! (ah ah). La mia grande fortuna – ma mi diedi anche molto da fare – è che all’ufficio grafico della Roche si creavano dei bellissimi progetti, chiedendo ai grandi designer: venivano e ci presentavano i loro stupendi lavori. Tipi come: Confalonieri, Boggeri con Aldo Calabresi (grandissimo grafico svizzero)… ed è stata una grande fortuna quella di essere a contatto con i più grandi grafici”. Quali furono i principali insegnamenti che hai tratto da loro? “Da loro cercavo di carpire come una spugna; per esempio, Aldo Calabresi mi diceva: «Vedi Armando, la bravura consiste nel sapere qual è l’idea più adatta e appropriata e scartare le altre: sennò ti perdi!» Io ho avuto tanti studenti, anche molto bravi, che hanno tante idee e che dicono: «Facciamo qui, facciamo lì, andiamo dall’altra parte…».Ti perdi! Se hai scoperto una soluzione giusta e appropriata, devi focalizzarti su quella e poi, nel caso, fai delle modifiche: questa è una delle cose che mi hanno più colpito. “Insieme a ciò, mi colpì anche l’attenzione verso la forma e il contenuto dell’idea: lo diceva anche Paul Rand, che ho avuto la fortuna di conoscere negli Stati Uniti: quando disegni un marchio o un progetto, devi trovare sempre un equilibrio fra la forma e il contenuto, perché se l’idea è basata solo sulla forma, sarà molto bella ma non avrà significato; se è basata solo sul contenuto ha un significato ma è noiosa; è lì che sta la capacità del designer: quella di trovare equilibrio fra questi due elementi. Questo lo diceva anche Boggeri: i bravi hanno sempre delle basi che alla fine devono sempre coincidere, coerentemente al cambiamento dei tempi storici e delle loro esigenze”.
Poi hai fatto l’incontro che ti ha portato a New York… “Nel ’77 c’è stato il grande salto dall’altra parte dell’oceano: conobbi Massimo Vignelli qui a Milano, che vide i miei lavori e mi disse: «Tu sei molto bravo, cosa fai qui in campagna?» Non ho dormito per sei mesi, poi mi sono deciso. Fortunatamente avevo mio fratello Maurizio che lavorava già con me e gli domandai se se la sentisse di portare andare avanti lo studio a Milano (era giovanissimo, aveva 21 anni) e avevo chiesto a Vignelli la possibilità di tornare in Italia ogni paio di mesi. L’idea era quella di stare solo per due anni – anzi meno, un anno – per fare tutta l’immagine coordinata della Lancia; poi è saltata fuori la CIGA. Sai, sono lavori enormi con manuali grandi così: allora mi chiese di rimanere un altro anno; dopodiché mi sono sposato (ah ah) e mi sono preso un enorme loft a Midtown, che poi in seguito ho venduto a Ornette Coleman, il celebre sassofonista. È stata un’esperienza eccezionale! E poi Vignelli era un personaggio incredibile: bravissimo designer, con una cultura immensa, razionalista e minimalista”. Cosa ti ha spinto a New York? E cosa via da Milano? “Beh, io ero già abbastanza arrivato: avevo 36 anni e avevo bisogno di nuovi stimoli. Ho avuto la possibilità a New York di conoscere tutti i più grandi: Ivan Chermayeff (designer bravissimo, morto poco tempo fa, mio grande amico), Henry Wolf, Rudy de Harak, Milton Glaser; sai sono conoscenze che ti arricchiscono… E poi è una città dove ogni sera puoi andare a vederti una mostra, o andare a un museo, o all’AIGA, e capire anche come lavorano là, in un altro mondo. I grandi del Bauhaus se ne sono scappati tutti dalla Germania e hanno fondato scuole di grafica a New York o Chicago; c’è stata dunque una fusione fra la genialità anglosassone delle agenzie americane con il rigore di questi geni del Bauhaus, o svizzeri, e da lì è nato un nuovo modo di esprimersi. Paul Rand ne è stato un esempio: i suoi primi lavori sono per me troppo illustrativi; poi dagli anni ’60 e ’70 ha effettuato questa fusione con il design europeo”. Hai preso molto anche dagli altri designer americani? “C’è stato molto da imparare: loro hanno un senso dell’humor anglosassone diverso dal nostro. C’era poi per esempio Chermayeff, che a me piaceva moltissimo: non sono un’illustratore, ma mi piacciono molto espressioni come quelle di utilizzo del collage”.
… E questo, invece, è un marchio molto importante. Paul Rand, quando gli mostrai i miei lavori, mi disse che era il suo preferito; sembra semplice, ma ha la particolarità di far leggere “Uomo Moda” in tutti i modi. Uno studente obiettò una volta: «Ma è facile! Che fortuna!» A momenti lo ammazzavo (ah ah)! Ma come puoi dire una cosa del genere? Io per arrivare qui ci ho lavorato un mese! Di solito disegno trenta o quaranta marchi, prima di arrivare a una soluzione.
“Il Vignelli diceva che “good design is timeless”: quando un’idea è giusta, è forte; immagini come queste saranno sempre attuali, anche fra cinquant’anni. Io amo le immagini senza parole. Non si può sempre, è chiaro, ma se ci si riesce, sono felice: qui, infatti, anche se non metti il titolo, capisci che si tratta di gente che contesta. Come in questo lavoro, il mio preferito di Albe Steiner: lui ha scritto Pace ma non ce n’è bisogno! Lo vedi: l’elmetto e la rosa che esce dall’elmetto parlano da soli. O come nel mio poster contro il fumo, che non ha bisogno di parole. “Questo manifesto è molto famoso; faceva parte di un gruppo di ventiquattro poster di designer internazionali per la promozione diNapoli. L’hanno usato ancora, a distanza di vent’anni, per una campagna sui giornali a favore della pulizia nella città.
Quale potrebbe essere il ruolo che il design dovrebbe avere nella comunicazione politica o che dovrebbe tornare ad avere? “Albe Steiner è stato un esempio di come si possa fare una buona grafica per la politica. Io inoltre mi ricordo Michele Spera che faceva dei bei manifesti per il partito socialista: si vedevano cose interessanti. Non so perché poi non abbiano continuato ad avvalersi del lavoro di bravi grafici. Ci sono tantissimi giovani grafici che farebbero dei lavori quasi gratis per loro, pur di mettere il loro nome; c’è proprio questa ignoranza in assoluto: escono delle immagini veramente banali. Parlando di giovani grafici: spesso si dice che i giovani siano anche più coraggiosi, anche nella sperimentazione: ma in che modo un designer giovane potrebbe essere coraggioso oggi e utilizzare la grafica in modo coraggioso? Bella domanda: usarla in modo coraggioso è un po’ fare quello che sto facendo io con i miei poster. E poi, per farsi conoscere, bisognerebbe proporre progetti grafici di pubblica utilità a qualche associazione, oppure partecipare a un po’ di concorsi, sennò come fai? Secondo me ha sempre importanza: se riesci a vincere un concorso e a farti un nome, riesci così a trovarti anche committenti. Se non parti da lì, cosa fai? Puoi lavorare, trovi dei clienti per cui poi ti devi dare da fare. Oggigiorno non so, effettivamente, come facciano i giovani a trovare i clienti. L’idea è di fare delle cose quasi gratis, anche se non lo trovo molto giusto, ma iniziare a fare delle cose che portino a darti dell’esposizione: in base a quello poi firmi e, se sei bravo, pubblichi i tuoi lavori, la gente li vede e inizia a conoscerti; è una spinta continua, io ne so qualcosa: sono partito a New York, a Los Angeles per andare a fare pubblicità a me stesso”.
“Ti racconto la storia di questo manifesto: io l’avevo fatto per Natale, come augurio per i miei clienti: funzionava infatti anche in Italiano con le parole “guerra” e “pace”. Me lo pubblicarono sul Corriere della Sera e incominciò a diffondersi. “Chermayeff mi suggerì: «This Idea belongs to the world»; allora, presa la carica, lo mandai alle Nazioni Unite, che l’accettarono subito” Poi, in America, a un meeting di designer in cui c’erano, fra gli altri, anche Chermayeff, Henry Wolf, Emanuel Estrada e Lance Wyman, quando tutti mostrarono i propri lavori davanti a un pubblico di cinquecento persone, a un certo punto io proiettai proprio questo poster: si alzarono tutti in piedi – in cinquecento, mi vengono ancora i brividi – per battermi le mani per un minuto (sai, era il periodo anche della guerra in Iraq)”.
LA MIA REGOLA 18 Tommaso Revera - Fotografie Paolo Biava
A TU PER TU CON PAOLO MAZZOLENI, IL DIRETTORE DI GARA LOMBARDO CON PIÙ PRESENZE IN SERIE A NELLA STORIA DEL CALCIO ITALIANO, L’UNICO CON OLTRE 200 GARE…
A 45 anni in pensione per sopraggiunti limiti d’età. In un paese dove la maggior parte degli anziani non molla la poltrona, fa un certo effetto apprendere delle rigidissime normative AIA, Associazione Italiana Arbitri, che obbligano i direttori di gara a dismettere l’attività al 45° anno d’età. Ma tant’è. Poche settimane dopo l’annuncio del suo avvenuto ‘pensionamento’, abbiamo incontrato Paolo Mazzoleni per un bilancio della sua brillante carriera professionale e per saperne di più circa il libro da poco presentato, ‘La mia regola 18’. Partiamo dal tuo libro, ‘La mia regola 18’, Storia di un arbitro, di un padre, di un uomo felice’, che hai presentato di recente e in cui hai scelto di raccontare il tuo vissuto tutto d’un fiato: 28 anni di calcio e oltre 200 partite di serie A. Come è nata questa idea? “Era tutto molto programmato. Era un sogno pur non avendo mai avuto l’ambizione di scrivere un libro sin da quando ero un ragazzino. Sono sempre stato uno che scriveva molto: mi piaceva prender nota delle mie emozioni e dei miei stati d’animo. Il pensiero era quello di farci un diario ma nulla di più.
È stata una cosa che ha stupito molto anche Giorgio Burreddu e Alessandra Giardini, i due scrittori che hanno collaborato con me alla stesura del libro, perché avevo veramente una mole di annotazioni davvero importante. Poi, complice anche alcune vicissitudini personali, mi son detto: perché non raccogliere tutti questi scritti e condensarli in un libro/racconto della mia vita correlata allo sport da presentare a fine carriera? E così è nato ‘La mia regola 18’, un qualcosa di lontano dalle consuete biografie sportive che ho sempre odiato e considerato delle vere e proprie autoconsacrazioni”. Svestiti i panni di direttore di gara hai già chiarito che non andrai a commentare i rigori in tv: ti attende un futuro nel gruppo ‘VAR pro’? “Mi piacerebbe rimanere nell’ambiente perché ne faccio parte dal 1990, quasi trent’anni di vita, e perché sento di poter andar ancora molto anche sotto altre vesti. La fine della mia carriera di direttore di gara, tra l’altro, è coincisa con l’avvio del progetto VAR, un progetto a mio avviso vincente che ha rivoluzionato fortunatamente in positivo il calcio”.
CONOSCIAMO PIÙ DA VICINO PAOLO MAZZOLENI CHE, SVESTITI I PANNI DEL DIRETTORE DI GARA, SI APPRESTA A VIVERE UNA NUOVA ESPERIENZA PROFESSIONALE: FARÀ PARTE DEL GRUPPO ‘VAR PRO’ (ISTITUITO DALL’AIA) INSIEME A BANTI, NASCA E DI PAOLO
Ora che non arbitrerai più puoi dircelo: qual è la squadra per cui simpatizzi? “La mia fede l’ho sempre esternata ed è una cosa che mi ha sempre aiutato: sono malato di pallacanestro e dal 2000 sono abbonato alla Fortitudo Bologna, una squadra che mi stregò quando ancora ero ragazzino e che tutt’oggi amo. A livello calcistico, essendo bergamasco, sono contentissimo della stagione dell’Atalanta ma, nonostante mio padre era solito portarmi sempre allo stadio e avessi avuto per un breve periodo della mia vita Glenn Stromberg come idolo, non ho mai avuto una vera fede calcistica per cui non ho mai dovuto né mascherare, né fingere”. DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA Il giocatore che, per modi di porsi, educazione e rispetto DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA altrui, ricordi con maggior affetto? DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA “Javier Zanetti è un giocatore che ho sempre stimato e preso DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA ad esempio. Un leader silenzioso, molto rispettoso e di grande DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA educazione. A lui sono particolarmente legato dal momento DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA DIDASCALIA che arbitrai DIDASCALIA la sua partita d’addio al calcio aDIDASCALIA San Siro. Ricordo DIDASCALIA DIDASCALIA DI-che in DASCALIA DIDASCALIA
quella circostanza, quando dal campo salutai mio figlio di tre mesi sugli spalti con mia moglie, mi disse di farli scendere a bordo campo. Un ricordo che porto nel cuore perché, anche in quel piccolo particolare, dimostrò la sua grandissima sensibilità”. C’è un’offesa in particolare che non sopportavi ricevere dal pubblico e dagli addetti ai lavori? “È difficile dire che alle offese ci fai l’abitudine ma in realtà un po’ è così. In Italia, non certo da oggi, è una questione di carattere culturale: nell’arbitro si vede sempre la malafede. La dietrologia si spreca. Da questo punto di vista anche il nostro silenzio ‘forzato’ non ci ha mai aiutato: più che essere risentito per un offesa in particolare ho il rimorso di non aver mai potuto spiegare un errore perché siamo umani e sbagliamo tantissimo anche noi. Questo, ad uno sportivo ‘equilibrato’, avrebbe dato per lo meno una chiave di lettura diversa di un certo episodio, spegnendo sul nascere le polemiche e gli strascichi che ne sarebbero conseguiti”.
Avessi la macchina del tempo: su quale episodio dubbio torneresti indietro per cambiare la decisione presa? “Nessuno in particolare. Gli errori sono piccole cicatrici necessarie. Riguardandoli capisci quanto è importante l’esperienza, quanto il lavoro e il sacrificio possano farti crescere umanamente e professionalmente. Senza gli errori non sarei diventato l’arbitro che sono diventato. Parlando ai direttori di gara più giovani ricordo sempre che gli errori, purtroppo, a volte possono essere dei compagni di viaggio dell’arbitro: bisogna farne tesoro allo scopo di migliorarsi”. Capitolo VAR: meglio o peggio rispetto a prima? Dove bisogna migliorare? “Bisogna sicuramente migliorare nella tempistica e nell’attuazione delle decisioni. Originariamente era stato redatto un protocollo da seguire che, nel corso della stagione, è stata di volta in volta integrato e ampliato. Come tutte le novità, andava sperimentato. È chiaro che parliamo di un ruolo diverso ma che richiede comunque molta esperienza: se in mezzo al campo ci sei stato, davanti magari ad 80.000 spettatori, capisci il motivo per cui l’arbitro possa aver preso una determinata decisione”. Nel libro hai parlato anche del difficile momento in cui ti hanno diagnosticato un tumore. Come hai avuto la forza di continuare nonostante le cure? “È stata una scelta personale quella di condividere a posteriori questo particolare momento della mia vita. Un momento brutto, difficile e molto sofferto che sia io che mia moglie, come fosse una decisione da prendere sul campo, abbiamo deciso in pochi secondi (e senza neppure probabilmente parlarne) dovesse essere una cosa vissuta da noi due e da nessun altro. Da sempre preferisco essere rispettato che compatito: una massima che mi ha sempre accompagnato. Mia moglie mi ha dato forza e incoraggiato anche nel momento in cui avrei voluto mollare tutto: insieme, grazie soprattutto al suo supporto, ho deciso di continuare o di provare a continuare come se nulla stesse accadendo”. Quando e come lo hai scoperto? Il malore accusato durante la gara di coppa Italia tra Milan e Juventus dell’8 febbraio 2012 è stata la prima avvisaglia? “Sì. Avevo arbitrato domenica a Firenze e mercoledì ero a San Siro per dirigere quella partita. In seguito, durante una normale visita di controllo, visto che con mia moglie stavamo cercando di avere un bambino, mi diagnosticarono la malattia che non mi impedì, comunque, di scendere in campo. Ed anzi è quell’episodio che mi ha indotto a scrivere il libro. Da un momento particolarmente duro come può essere la malattia, mi sono
rialzato passando dalla guarigione alla nascita di nostro figlio Riccardo”. Sfoggi la bellezza di 45 tatuaggi: a quale sei più legato e quale, se c’è n’è uno, hai mai pensato di cancellare? “Sono 45 come i miei anni. Di cancellare mai nessuno perché i miei 45 tatuaggi, lo dico sempre a chi mi conosce, sono il riassunto del libro scritto sulle mie braccia. Ogni tatuaggio ha un significato particolare. Chiaramente quello che ho fatto in ricordo di mio padre e quello dedicato alla nascita di mio figlio Riccardo hanno una valenza molto profonda. C’è anche quello impresso nel 2005 quando la mia Fortitudo vinse il suo secondo scudetto. Una tradizione, quella del tattoo ogni anno, che porterò sicuramente avanti”. Che mi dici della stagione dell’Atalanta e del Brescia tornato in Serie A? “Mi auguro che venga vissuto come avviene nel basket durante il derby di Bologna: grande campanilismo, grandi sfottò e coreografie suggestive ma tutto nei limiti della correttezza. Dal 2000 seguo la Fortitudo e non ricordo alcun incidente post derby. Sfottò e rivalità ok ma che resti tutto nell’ambito sportivo”. Con la nuova stagione gli arbitri avranno modo di spiegare alla stampa e a milioni di tifosi le decisioni prese nel corso di una gara: che ne pensi di questa novità voluta da Marcello Nicchi, numero uno dell’Aia, e Gabriele Gravina, Presidente FIGC? “A dir la verità questo è un po’ il mio cruccio: ho iniziato nel ’90 e già allora si parlava di questa eventualità. Il fatto di chiudere la mia carriera professionale senza mai aver sentito un direttore di gara spiegare le scelte adottate durante una certa partita, mi fa un po’ rabbia e mi rattrista. In futuro mi auguro che con l’approccio e le modalità giuste gli arbitri possano parlare e spiegare le decisioni prese: farebbe bene alla categoria e a tutto il movimento calcistico”. Qualora tuo figlio Riccardo volesse ripercorrere le tue orme, cosa gli suggeriresti? “Sarei felicissimo e ne sarei orgoglioso ma farò quello che mio padre ha sempre fatto con me: non ostacolerò nessuna delle sue scelte. Con mia moglie, anche se è ancora piccolo, lo stiamo avvicinando al mondo dello sport e stiamo assecondando quelle che sono le sue preferenze senza condizionarlo. Lo sport, oltre a far bene, lo terrà lontano dalle distrazioni del mondo d’oggi. Se un domani farà l’arbitro, ne sarò felice; se diventerà un giocatore di basket, ne sarò felicissimo ma, in ogni caso, sarò pronto a far qualsiasi cosa purché lui sia felice”.
MARIO MANGIAROTTI
l’ultimo moschettiere
MARIO MANGIAROTTI ERA NATO A RENATE, IN PIENA BRIANZA, IL 12 LUGLIO 1920 ED È STATO UNO SCHERMIDORE E DIRIGENTE SPORTIVO, VINCITORE DI UNA MEDAGLIA D’ARGENTO AI CAMPIONATI MONDIALI DI SCHERMA DEL 1951 A STOCCOLMA. ERA FIGLIO DELL’OLIMPIONICO DI SCHERMA GIUSEPPE MANGIAROTTI E FRATELLO DI DARIO ED EDOARDO A LORO VOLTA CAMPIONI NELLO STESSO SPORT ABBANDONATA L’ATTIVITÀ AGONISTICA, HA INTRAPRESO LA CARRIERA MEDICA, SPECIALIZZANDOSI IN CARDIOLOGIA. È STATO PRESIDENTE DEL CONI E DEL PANATHLON DI BERGAMO
Fine anni ‘20 Edoardo Mario e Dario Mangiarotti bambini
Si è spento il 9 giugno scorso a Bergamo all’età di 98 anni Mario Mangiarotti, l’ultimo rimasto in vita di una dinastia che ha regalato all’Italia importanti affermazioni nella Scherma forse un po’ troppo dimenticate. Il padre Giuseppe Mangiarotti, campione con la spada tra i più forti ai suoi tempi e grande insegnate fu un vero caposcuola ed arriverà ad ottenere ottanta medaglie dai suoi allievi tra campionati del mondo e Olimpiadi. Con i suoi tre figli compie il suo capolavoro. Infatti, Edoardo avuto nel 1919, Dario nel 1915 e Mario nel 1920 diventeranno tutti campioni nella Spada. Edo sarà una stella di prima grandezza della scherma mondiale talentuoso, freddo e determinato a contendersi il palmares proprio con il fratello Dario, certo più estroso, funambolico, con uno stile ineguagliabile. Mario, ultimo figlio, è tra i tre fratelli il meno talentuoso con la spada in mano anche se questo non gli impedirà di essere sempre nel giro della Nazionale e di vincere una medaglia d’argento alle Olimpiadi. Frequenta il Liceo Classico al milanese Berchet e studia pianoforte al Conservatorio, poi diventa medico e cardiologo di valore. Entra nel giro della nazionale di spada nel 1938, partecipa alle Olimpiadi Universitarie, oro a squadre a Vienna nel1939, e arriva secondo agli assoluti nel 1940. In quell’anno si segnala come uno dei più promettenti giovani sciabolatori europei. Poi arriva la guerra, c’è tempo per dare gli esami di medicina e per trovare l’amore in Eugenia Gavazzeni, che ai tempi era nella squadra nazionale di fioretto.
Parteciperanno insieme alle Universiadi di Parigi nel 1947 dove Mario vincerà l’oro a squadre con il fratello Edo e il bronzo individuale di spada. inizia a lavorare come medico a Bergamo mentre si specializza in Cardiologia a Pavia ma non dimentica di tirare di spada due volte la settimana a Milano. Vince per tre anni il Challange Le Coutre a Losanna, il più prestigioso trofeo europeo per club (1947, 1948, 1949). Nel 1951 Mario è Campione d’Italia a Squadre con Dario ed Edoardo e terzo nell’individuale dietro a loro, per la prima volta non riserva ma titolare ai Mondiali di Stoccolma, dove conquista l’argento a squadre di spada. Continuerà poi a tirare di scherma, per qualche anno, anche per i colori della Società del Giardino. Dal 1947 al 1980 è stato Presidente Internazionale di Giuria alle tre armi. A Bergamo Mario Mangiarotti è stato un pioniere della Cardiologia e della medicina sportiva, lavorando prima alle Cliniche Gavazzeni e poi alla Casa di Cura S. Francesco (Medicina e Cardiologia), scegliendo dalla metà degli anni ‘60 la libera professione. Come dirigente sportivo è stato per più mandati Presidente del Panathlon International e Presidente Provinciale del Coni per 25 anni.
il ricordo di Mario Mangiarotti nelle parole di Luigi Mariani vicepresidente di Panathlon Bergamo
Luigi Mariani e Mario Mangiarotti
Dario, Mario, Edo, Rosetta e Giuseppe Mangiarotti
“Ciao Mario, lasci un vuoto enorme. È davvero difficile immaginare il tuo Panathlon, senza la tua presenza, senza la tua guida. Ci viene ancora la pelle d’oca nel ricordare l’orgoglio con cui ripercorrevi le grandi gesta della tua famiglia, di tuo padre e dei tuoi fratelli: la grande dinastia dei Mangiarotti, che ha fatto grande la scherma italiana nel mondo. Hai avuto il grandissimo merito di guidare e unire lo sport bergamasco. Grandissimo presidente del CONI per tanti lustri. Pioniere nella medicina dello sport. Guida impareggiabile per l’esaltazione dei valori, fair play, rispetto delle regole e dell’avversario, spirito di sacrificio, integrazione. Quanto hai insegnato ai giovani! Quanti illuminati consigli, col cuore e con l’umiltà! Te lo promettiamo: ci impegneremo senza sosta e senza risparmio di energie a tenere vivi i tuoi insegnamenti, a portare con fierezza lo stendardo del Panathlon, in questo club che noi tanto amiamo e che davvero ci hai insegnto così bene ad amare.
I pugni dei Mangiarotti
Decalogo dello Schermidore Aldo Cerchiari ed Edoardo Mangiarotti Ricordati che sei il rappresentante del più nobile di tutti gli sport. Esso affratella nello stesso ideale gli schermidori di tutto il mondo Pratica il tuo sport con disinteresse ed assoluta lealtà Sulla pedana e fuori comportati da gentiluomo, da sportivo e uomo sociale Non discutere di scherma se prima non hai imparato la scherma ed i suoi regolamenti Impara a perdere con onore e vincere con dignità Rispetta in ogni occasione il tuo avversario, chiunque esso sia, ma cerca di superarlo in combattimento con tutte le tue energie Ricordati che fino all’ultima stoccata il tuo avversario non ha ancora vinto Accetta serenamente una sconfitta piuttosto di approfittare di una vittoria ottenuta con l’inganno Non salire sulla pedana con armi difettose o con la bianca divisa in disordine Onora, difendi e rispetta il tuo nome, il prestigio del tuo maestro, i colori della tua società, la bandiera del tuo Paese
di Giancarlo Toràn  Scrive così di loro il padre Giuseppe nelle sue memorie: “Per formare il carattere combattivo volli che, sin da piccoli, i miei tre figli, oltre che la scherma, imparassero anche la boxe. Essi, per accontentarmi, lo fecero con evidente entusiasmo e lodevole successo tanto che, a soli dieci anni, dovettero calzare i guantoni ed esibirsi in pubblico nelle grandi serate di gala che io sovente organizzavo, e più di una volta ebbero l’onore di avere sul quadrato, come arbitro ufficiale, l’allora campione d’Europa del pesi massimi, Erminio Spalla, che si divertiva immensamente a vedere come si picchiassero vicendevolmente di gusto. Alla fine dei dieci round, quando uno dei due veniva proclamato vincitore, l’altro, sistematicamente, versava amarissime lacrime, protestando per l’ingiusto verdetto”. Nella foto la prima manifestazione pugilistica documentata risale al 1927, quando Edoardo aveva otto anni, e Mario solo sette. Ben prima, quindi, dell’età dichiarata dal padre/maestro. I due piccoli pugili in posa, con Erminio Spalla, serissimi, mentre attendono l’inizio del match insieme ad un folto pubblico, con molti schermidori: principi e campioni della spada e il colosso della boxe tra i due minuscoli atleti. Una serata memorabile per lo sport, quale difficilmente potrà ripetersi, si è svolta sabato sera, 10 settembre, nella rotonda del Kursaal a Varese. Per la felice iniziativa del sig. Lonati del Palace Grand Hotel e del celebre maestro di scherma Cav. Giuseppe Mangiarotti, è stato possibile riunire in una brillantissima partita d’armi una numerosissima accolta delle più rinomate lame d’Italia: nomi illustri come il maestro Cav. Colombetti, il Cav. Visconti, il Cav. Weysi, i tenenti Damiani e Scognamiglio, la signora Rosetta Mangiarotti e dilettanti esimi come il campione italiano di spada 1927 sig. Riccardi, il campione italiano di spada 1925 sig. Minoli, il campione italiano di fioretto 1925 sig. Guaragna, gli olimpionici Comm. Olivier, Cav. Urbani e sig. Mantegazza, il campione lombardo di sciabola 1927 sig. Pazzi ed altri non meno eminenti. Davanti ad un pubblico elegantissimo, gli assalti si seguirono con magnifico stile e con foga incalzante suscitando un vero entusiasmo. Ma il “clou” della serata fu un “match” di boxe disputato tra due minuscoli atleti, i bambini del maestro Cav. Mangiarotti e arbitrato niente di meno che da Erminio Spalla. È facile immaginare i graziosi e divertentissimi episodi di questo “match”, tanto più che i due piccoli pugili si sono battuti con un accanimento tale da richiedere il vigile e continuo intervento del colosso arbitro.
Bianchi allarga la famiglia Infinito con l’inserimento del modello Infinito XE, perfetta per le granfondo e per i ciclisti molto esigenti in fatto di prestazioni ed estetica. MACCHINA DA ENDURANCE Infinito è la bici Endurance ideale. La sua geometria è stata ottimizzata nel World Tour, nelle Classiche di un giorno, garantendo massima performance con minimo stress sulle lunghe distanze. È inoltre il modello ideale per le granfondo. Per lunghe giornate in sella, il telaio e la forcella full carbon creano una bici tanto piacevole da pedalare quanto da ammirare. Disponibile nelle misure 47, 50, 53, 55, 57, 59 e 61cm e con un peso di soli 1.100 grammi per il telaio e di 420 grammi per la forcella. Infinito XE è prodotta esclusivamente con freni a disco, con attacco Flat Mount per le pinze. Gli assi passanti da 12x100mm all’anteriore e da 12x142mm al posteriore riducono lo stress al telaio causato dalle frenate. La compatibilità con pneumatici di larghezza fino a 32mm permettono a Infinito XE di portati ancora più lontano. Le linee pulite dell’intero telaio sono garantite dal passaggio cavi interno anche per l’idraulica dei freni. Il reggisella custom in alluminio è stato sviluppato per rendere il look ancora più filante. L’attacco manubrio in alluminio disegnato da Bianchi e i distanziali personalizzati conferiscono una migliore connessione con il tubo sterzo conico (1 1/8”-1.5”), migliorando la stabilità alle alte velocità e in fase di frenata.
sempre
più
infinito
Attacco manubrio e distanziali dedicati per una perfetta connessione al tubo sterzo del telaio. Reggisella dal look integrato in alluminio. Lunghezza fodero orizzontale: 415mm (47/57cm), 420mm (59/61cm) Serie sterzo 1.1/8” to 1.5” Guida interna per passaggio cavi idraulici. Compatibilità per cambio meccanico ed elettronico. Perno passante Flat mount 12x100mm – 12x142mm
LAMBORGHINI PRESENTA UN NUOVO CONCEPT, LA HURACÁN STERRATO, PENSATA PER ESALTARE LA GUIDA OFF-ROAD. SI TRATTA DI UNA VETTURA INEDITA, CAPACE DI ESPLORARE NUOVI TERRITORI GRAZIE ALLA SINERGIA TRA LA POTENZA DELLA HURACÁN V10 E LA VERSATILITÀ DEL SUPER SUV URUS, ADATTO A OGNI TIPO DI TERRENO
Huracán Sterrato
La Sterrato è stata progettata sulla base della Huracán EVO, con la quale condivide lo stesso motore aspirato da 5,2 litri con 640 CV di potenza, e l’LDVI (Lamborghini Dinamica Veicolo Integrata). Si tratta di un sistema dotato di logica predittiva, concepito come una sofisticata unità di elaborazione centrale che controlla ogni aspetto del comportamento della vettura, integrando perfettamente sistemi dinamici e assetto per anticipare azioni ed esigenze del conducente, traducendole in una dinamica di guida perfetta. Il sistema LDVI della Sterrato è calibrato per dare il meglio in qualsiasi situazione off-road, comprese le superfici con scarsa aderenza, e per sfruttare al massimo trazione e accelerazione. E’ quindi capace di esaltare la trazione posteriore, generando una coppia maggiore e favorendo la stabilità in condizioni di sovrasterzo. Gli esterni della Sterrato richiamano in maniera evidente le sue caratteristiche off-road, combinate con la sua tipica indole da vera supersportiva. L’altezza da terra è stata incrementata di 47 mm, l’angolo di attacco migliorato dell’1% e quello di uscita del 6,5%. La carreggiata è stata aumentata di 30 mm per entrambi gli assi, che a loro volta montano ruote da 20” con pneumatici con spalla maggiorata all’interno di ampi passaruota con prese d’aria integrate, tutte caratteristiche che contribuiscono all’imponenza della Sterrato e rendono evidenti le sue capacità. Gli pneumatici più larghi con fianchi maggiorati sono stati sviluppati appositamente per migliorare l’aderenza e l’assorbimento delle asperità: i blocchi spalla aperti, ampi e irregolari, favoriscono l’autopulizia delle ruote, garantendo allo stesso tempo un’aderenza eccellente fuori strada, corredata da trazione e abilità di frenata migliorate e un’incredibile resistenza al danneggiamento. Il sottoscocca della Sterrato non poteva essere privo di rinforzi e protezioni per la carrozzeria, tra i quali spicca una paratia che agisce da diffusore. Il telaio anteriore integra rinforzi in alluminio protetti da una paratia anch’essa in alluminio, e lo stesso materiale è utilizzato per i rinforzi delle minigonne. La speciale carrozzeria in materiale composito presenta ovviamente degli elementi di protezione per il motore e le prese d’aria, nonché parafanghi realizzati con materiali ibridi composti da fibra di carbonio e resina elastomerica. L’impianto di illuminazione a LED presenta una barra a LED sul tetto e luci sempre a LED per il paraurti, dotate di illuminazione ad ampio raggio. Gli speciali interni della Sterrato ne sottolineano il carattere off-road, ma allo stesso tempo sportivo. Dispongono di un roll bar leggerissimo in titanio, cinture di sicurezza a quattro punti, sedili sportivi a doppio guscio in carbonio e pannelli fondo in alluminio. “La Huracán Sterrato non è altro che la rappresentazione dell’essenza pionieristica di Lamborghini.
HURACÁN STERRATO: UNA LAMBO COSÌ NON L’AVETE MAI VISTA. E FORSE NON LA VEDRETE MAI. PER ORA È UNA CONCEPT E LA SUA PRODUZIONE NON È ANCORA STATA DELIBERATA. METTE INSIEME ACQUA E OLIO: UNA SPORTIVA SENZA COMPROMESSI E UNA SUV.
Nella sua combinazione di caratteristiche da supersportiva e capacità off-road, la Sterrato dimostra la versatilità della Huracán e crea un nuovo punto di riferimento in termini di emozioni di guida e prestazioni”, ha affermato Maurizio Reggiani, Chief Technical Officer di Automobili Lamborghini.“I nostri team di design e R&D non smettono mai di esplorare nuovi orizzonti, proprio come vuole il DNA di Lamborghini, sfidando ciò che apparentemente sembra impossibile, ma sempre nel rispetto della nostra tradizione.” Già negli anni ‘70 Lamborghini aveva testato con la Jarama e l’Urraco le potenzialità di un’unione tra prestazioni supersportive e off-road. Bob Wallace, test driver di Lamborghini, aveva modificato i due modelli per creare delle auto sportive dalle elevate prestazioni in grado di solcare le dune del deserto: nacque così la Jarama Rally nel 1973 e l’Urraco Rally nel 1974.
Fotografie Paolo Ratto, Erik Castello, Federico Bernini - Visual Crew
LA QUARTA EDIZIONE DELLA SETTIMANA DI SFILATE SOTTO LA MOLE Con 11 sessioni di sfilate, oltre 70 stilisti emergenti che si sono alternati in passerella per presentare le proprie capsule collection e più di 5mila ospiti si è conclusa la quarta edizione della Torino Fashion Week, che ha portato sul palco dell’ex Borsa Valori delegazioni internazionali da Cina, Sudafrica e Medio Oriente, ma anche da Belgio, Olanda, Stati Uniti, Israele, Regno Unito e ovviamente da tutta l’Italia e Torino. Protagonisti dell’ultimo défilé, il poliedrico artista e designer Hussain Harba, con la sua collezione di borse di lusso raffinate e grintose, ispirate all’universo femminile e indossate per l’occasione dalla showgirl Elena Barolo e dall’ex top model Bali Lawal, e il seducente street style di Orgvsm, che richiama disegni tribali, graffiti, rose stilizzate e maxi-scritte su felpe, retro zip jeans, giacche e crop-top.
Proprio a questo innovativo brand creato dal giovane tatuatore torinese Edwin Basha è andato il Premio Torino Fashion Week 2019, consegnato dal team TMODA, che dal 2016 organizza la lunga settimana di sfilate sotto la Mole. Vogue Talents ha riconosciuto una special mention a tre designer che sono Hussain Harba, Ashram e Alvada Creations e che avranno l’opportunità di essere intervistati dalla redazione di Vogue.it. In una serata ricca di sorprese, i migliori fashion designer sono stati premiati dai partner che hanno sostenuto l’edizione 2019. Gli spettacolari copricapi ispirati al genio di Leonardo da Vinci di Giuseppe Fata, il fascino mediorientale delle creazioni di Chantique dal Brunei, le borse-gioiello customizzate di Hussain Harba, lo stile senza tempo degli abiti di Atelier Beaumont e le innovative borse tailor-made di Re-New Bags sono stati selezionati da Rinascente, che dal prossimo autunno darà la possibilità a questi brand di esporre le proprie collezioni nello store di Torino in via Lagrange. E ancora, Banca di Cherasco ha premiato tre eccellenze del territorio piemontese: la magia degli abiti da sposa e da cerimonia della boutique torinese Adelyur Fashion, i gioielli unici - collane, orecchini, braccialetti e sets - in ceramica interamente realizzati a mano da Scialabà e l’Atelier Beaumont di Paola Benedetta Cerruti. L’avanguardia stilistica ha, invece, guidato la scelta di Lexus Torino Sud, che ha consegnato il proprio riconoscimento all’estro di Lorenzo Ferrarotto, una delle giovani promesse più interessanti della scena emergente, alla collezione prêt-à-porter che lega moda, architettura e design di Aurora Leopardi e alla perfetta combinazione di eleganza e praticità dei capi urban-style creati da Hao Weimin per il brand David Sylvia. La moda modesta di Francesca Iman Cocconi di Luya Moda è stata infine premiata dall’Islamic Fashion & Design Council, mentre l’agenzia per lo sviluppo delle piccole imprese del Sudafrica SEDA (Small Enterprise Development Agency) ha conferito il proprio riconoscimento a Royal Wardrobe Designs, Tumalone e Carlos Fritz, che hanno presentato le proprie collezioni nelle sessioni di martedì. «Ad ogni edizione è sempre più alta la qualità delle capsule collection degli stilisti che portiamo sul palco della Torino Fashion Week - commenta il fondatore e CEO Claudio Azzolini -. Il grande interesse del pubblico e degli operatori di settore è la conferma che questo evento, grazie alla collaborazione con enti locali e stranieri, sta diventando una vetrina mondiale per la moda emergente e per tutti quei talenti che sanno portare avanti con coraggio idee nuove, dirompenti e sperimentali». Bilancio più che positivo anche per l’anima “business” della kermesse, Torino Fashion Match, realizzato grazie alla collaborazione con Unioncamere Piemonte nell’ambito della rete Enterprise Europe Network: agli oltre 630 incontri B2B, che si sono svolti a Palazzo della Luce, hanno partecipato 222 aziende da 30 Paesi del mondo. «Siamo molto soddisfatti - spiega Federica Leonetti, responsabile del Textile & Fashion Sector Group di Enterprise Europe Network -: abbiamo offerto a stilisti, aziende, società di e-commerce, università, rappresentanti della Commissione europea e buyer provenienti da Germania, Olanda e Norvegia la possibilità di partecipare a meeting di profilo internazionale in mattinata, di confrontarsi nel pomeriggio con workshop e case study e poi di partecipare alle sfilate serali. Sono stati tre giorni di attività intense che hanno portato a centinaia di contatti avviati, che speriamo si traducano in partnership durature”.
16R Firenze_ WINTER 03 Fotografie Francesco Bellini e Silverio Lubrini
16R Firenze presenta la nuova Collezione WINTER 03 che indentifica il numero cronologico delle singole stagioni. La designer toscana, Romina Caponi, solitamente non ama pensare a una stagione precisa ma a una collezione rivolta a una donna contemporanea in continuo viaggio non solo nello spazio ma anche nelle stagioni. Nella nuova collezione l’unica fonte di comunicazione è il filo che gioca con cambi di colori e trasparenze, creando un incrocio di righe e giochi di punti maglia in varie misure e dimensioni. La contrapposizione e gli opposti rappresentano la fonte di risorsa e di stile, da sempre elementi di focus della collezione. YIN (nero) e YANG (bianco) sono le energie d’ispirazione che creano un susseguirsi di stati, come il giorno che si tramuta in notte e la notte in giorno.
16R Firenze si rivolge così ad una donna contemporanea e cosmopolita, che ama mixare colori e forme giocando con la stagionalità e i pesi dei capi. Le lavorazioni riprendono intrecci antichi che riscoprono la manualità di tempi passati con filati in viscose lurex, cashmere, lana e mohair esclusivamente prodotti in Italia, con lavorazioni fatte sia a mano che a macchina. La Design Romina Caponi propone nella sua collezione la ricerca “della bellezza degli opposti“, con l’elemento chiave “del Nodo e dell’Intreccio” che diventa il messaggio dell’unione, della bellezza e della forza.
Living
in a BOX
DESIGN E FUMETTI
Fino al 20 ottobre 2019, Vitra Schaudepot Pow! Scoppio! Ka-boom! Con la mostra “Living in a Box: Design and Comics” al Vitra Schaudepot, il Vitra Design Museum sta dando un nuovo sguardo alla sua collezione esplorando il mondo dei fumetti e il loro rapporto con il design. I mobili iconici sono protagonisti di fumetti come “Le avventure di Tintin”, “Peanuts” e “Diabolik”, mentre allo stesso tempo innumerevoli designer si sono ispirati ai fumetti per creare pezzi diventati famosi. La mostra affronta entrambe queste tendenze nel primo studio del museo sul medium dei fumetti. Attraverso il mondo illustrato del fumetto e della graphic novel, gli oggetti della collezione del museo saltano fuori dalla pagina e prendono vita. I fumetti raccontano una storia nel corso di più pannelli, usando una combinazione di immagini e, il più delle volte, di testo. Per attirare l’attenzione del lettore, i disegnatori di fumetti devono utilizzare l’uso di codici sottili - tra cui il design - per evocare rapidamente e chiaramente un’atmosfera, uno stato sociale o uno stato mentale.
Quando un personaggio di fumetti elegantemente vestito poggia i piedi sul pouf della sua personale “Eames Lounge Chair” (1943-1956), assumiamo immediatamente che è un tipo moderno; e quando un altro critica la cosiddetta “Butterfly Chair” (1938) del Grupo Austral come scomoda, sappiamo che non lo è. Il design è apparso continuamente nei fumetti, perché il design è parte della nostra vita quotidiana, che gli artisti comici hanno sempre rispecchiato. La svolta reale del mezzo comico è probabilmente arrivata con l’ascesa dei fumetti sui giornali americani all’inizio del XX secolo. Stampati su spread a colori a tutta pagina, i fumetti della domenica, come lo stilisticamente innovativo “Little Nemo in Slumberland” di Winsor McCay (1905-1924), sulle avventure oniriche del personaggio principale, hanno raggiunto milioni di lettori ogni settimana.
Living
in a BOX
La cultura dell’alta e bassa cultura era codificata visivamente e satirizzata con l’aiuto del design, e gli artisti comici in Europa cominciarono persino a fare riferimenti diretti agli oggetti di design modernista esistenti nel loro lavoro. Ad esempio, il belga Georges Remi, conosciuto con il suo pseudonimo di Hergé, è salito alla ribalta mondiale con il suo fumetto “Le avventure di Tintin”, che è stato poi tradotto in oltre 70 lingue. Nel quinto volume del fumetto del 1934, Hergé dipinse la sedia “MR-10” di Mies van der Rohe del 1927, un oggetto che come il suo stile di disegno ridotto in modo formale “ligne claire” - pretendeva di ridurre il materiale e la forma per funzionare. Il design e i fumetti dell’epoca condividevano inoltre una definizione simile della modernità: quella che si sforzava di essere internazionale, accessibile e prodotta in serie.
amici miei
ho ucciso
un uomo
VENTICINQUE ANNI FA QUANDO ERA GUARDIA GIURATA, IL SUO FURGONE PORTAVALORI VIENE ASSALTATO DA SPIETATI RAPINATORI. UN SUO COLLEGA MUORE SUBITO E LUI, BENCHÉ GRAVEMENTE FERITO, RIESCE A SPARARE E UCCIDERE UNO DEI MALVIVENTI E A METTERE IN FUGA GLI ALTRI
Lo chiamerò Mario e lo conosco per caso qualche giorno fa, anche se poi mi ricorderò di lui quando mi racconterà la sua storia. Una storiaccia di nera che aveva occupato le pagine dei giornali per settimane. Siamo negli anni Novanta e lui a quei tempi era molto giovane, prestava servizio come guardia giurata per la Fidelitas. Siamo arrivati a parlarne per via di un conoscente comune di cui, in quell’occasione, si tessevano le lodi. Si parlava di quell’animaccia di Claudio Ferrara e dei suoi meriti come uomo e come Carabiniere... “Per me fu come un padre - mi confida Mario - soprattutto quando mi capitò la rapina al furgone portavalori, in cui ho ucciso uno dei banditi”. Comincia così a rivedere un film che chissà quante volte gli sarà toccato raccontare... Come? Hai ucciso uno dei banditi? Adesso forse inizio a ricordare... “Ogni sera si faceva il giro dei vari supermercati e si caricavano sacchi pieni di soldi in contanti che poi trasferivamo alla centrale con i furgoni blindati dove milioni e milioni in banconote di ogni taglio, monete comprese, venivano contate e confezionate in mazzette pronte il mattino dopo per essere rimesse in circolazione tramite gli sportelli bancari dove le consegnavamo su richiesta. Non pensavo davvero che fare quel lavoro potesse riservarmi un desino così…”. Si vede che la cosa lo segna ancora oggi ma sembra aver voglia di parlarne e volentieri lo ascolto. “Quella mattina non avrei dovuto essere in servizio ma mi hanno chiamato per sostituire un collega che si era ammalato. Arrivati all’Esselunga di Binasco, non appena scesi dal furgone e aperta la cassaforte a muro del supermercato, siamo stai letteralmente falciati. Così, senza nessun preavviso. Il mio collega si accascia e muore per il colpo di kalashnikov che gli ha attraversato il torace da parte a parte. Io mi becco una raffica che mi stende a terra. Chiamo il mio collega che non risponde. Posso solo muovere il braccio destro ma riesco ad impugnare la pistola e a fare fuoco su uno dei tre banditi che muore. Colpito alla testa con un colpo che gli ho sparato da terra. Io vengo soccorso e, per le ferite di otto proiettili sparati con una mitraglietta d’assalto, ne avrò per tre mesi. Uno mi è rimasto incastrato in una gamba e i medici hanno preferito lasciarlo dov’è nonostante mi avrebbe in seguito procurato un’infezione a causa della quale stavo per morire...”. Fa una pausa. Beve un sorso d’acqua. Ti pesa ancora? “Il fisico lo hanno rattoppato... Non sai cosa è successo dopo. I proiettili con cui avevo caricato la pistola, regolarmente comprati in armeria, erano di un tipo con i quali è vietato sparare alle persone per i loro effetti devastanti. Una volta entrati si aprono e distruggono tutto ciò che incontrano sul loro cammino. A causa dell’irregolarità delle munizioni che avevo utilizzato per sparare al bandito, il processo è stato un vero massacro, per tutta una serie di accuse di cui sono stato fatto segno avendo, secondo i PM, sparato per uccidere. In tutta coscienza so che, se non avessi sparato io per primo, lui avrebbe ucciso anche me come il mio sfortunato collega e non sarei qui a raccontarlo. In quel momento non potevo fare altro. Erano bestie scatenate e non mi avrebbero risparmiato. Forse, se non avessero sparato per primi così a sangue freddo e ucciso al primo colpo il mio collega, ci saremmo arresi e avremmo consegnato il denaro…. E quell’uomo non sarebbe andato al creatore per mano mia. Sono passati 25 anni, uno l’hanno acciuffato quasi subito e l’altro, quasi per caso, una settimana fa. Aveva aperto una pizzeria in Versilia. L’occhio gli si fa un po’ lucido. È chiaro, azzurro, trasparente e mi guarda per cercare una risposta o forse un altro giudizio... Che altro potevi fare, caro Mario? Certo, adesso andare davanti a San Pietro non sarà facile con un fardello così sulle spalle però, incrociando il tuo sguardo, so che la pena tu l’hai già ampiamente scontata. Una disgraziata rapina finita nel sangue come tante altre in quegli anni e come tante finite ad intasare le aule dei Tribunali dove trovate di sicuro la Legge ma non sempre la Giustizia. (V.E.F.)
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