ANNO 16 - N° CENTOSESSANTA - OTTOBRE 2020 - € 3 COVER STORY FONDAZIONE AIB: LORETTA FORELLI È LA NUOVA PRESIDENTE 1980/2020: QUARANT’ANNI DI CRONACA BRESCIANA 1000 MIGLIA 2020, ESPRESSIONE DELL’ITALIA CHE RIPARTE
BRESCIA MAGAZINE da 16 anni
IL CASTELLO DI PADERNELLO LAMBORGHINI URUS GRAPHITE CAPSULE I GIOVANI E IL FASCISMO ERWIN OLAF, LA 1^ MOSTRA ANTOLOGICA A BRESCIA
CMP BRESCIA
SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE EDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121 - TASSA PAGATA BG CPO
PREMIO SPECIALE MICHELIN CHEF DONNA 2020
Fotografia Sergio Nessi
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BCC Agrobresciano
Ph. Paolo Stroppa
Metti la mascherina Luigi. Mettila, gli anziani rischiano di più. “Appunto gli anziani, ma io non sono anziano”. Luigi Mariani è uno dei tanti amici che ci hanno lasciato le penne con il Covid. Il venerdì era passato a trovarmi per il solito caffè. Traballando sulle gambe, distrutte dalle gare in bicicletta in età giovanile, mi prendeva a braccetto e si andava verso il caffè dove voleva sempre offrire lui. Progettavamo qualcosa per festeggiare i suoi novant’anni che sarebbero dovuti arrivare. Li avrebbe compiuti il prossimo due novembre. Ol dè di morc…. soleva dire con l’aria di chi a tutto ha pensato nella vita fuorché di dover un giorno lasciare questa terra. L’estate scorsa si andava insieme in quel di Serina per portare al cimitero uno dei grandi del ciclismo. Quel Felice Gimondi che era stato un suo idolo tanto da seguirlo anche ai mondiali di Barcellona. La sua morte lo aveva scosso anche per come era avvenuta, improvvisa quanto inattesa. In vacanza, in Sicilia, mentre stava nuotando. Un infarto e il cuore del grande pedalatore è scoppiato. Spento per sempre. La strada era poco trafficata e, tra una chiacchiera e l’altra, dalla radio arriva una canzone di Vasco Rossi cantata magistralmente da Patty Pravo…. Mi stupisce, Luigi sembra conoscerla e finito il refrain, lo ripete… “portami al mare e dimmi che non vuoi morire…”. No non voleva morire e non sarebbe mai morto, se fosse dipeso da lui. Avrebbe continuato ad attraversare la vita con la fortuna di chi è nato con un cervello sveglio, la parlantina facile e l’occhietto azzurro e furbetto. Avrebbe continuato a fare il galante con le bariste e le commesse dei negozi, le cassiere in banca… Ecco la sua passione, insieme alle donne, erano le banche… Aveva costruito la sua fortuna con un’azienda dove costruiva cabine per i quadri elettrici delle centrali dell’Enel. Un business che lo portava nella capitale di frequente a contatto con politici e dirigenti degli enti pubblici da tener buoni per avere gli ordinativi. Molte pubbliche relazioni e in questo, il Luigi, era portato. Non avrebbe certo voluto lasciare così questo mondo, senza neppure abbracciare un’ultima volta l’adorata figlia e i tre nipotini a cui teneva tantissimo. L’ho visto per l’ultima volta dietro il vetro della finestra del suo studio. Dopo pochi giorni dalla scoperta del contagio, era dimagrito e il viso denunciava una sofferenza mal sopportata. Sembrava un passero sul davanzale. Addio amico. Ti ho avuto per poco ma sei stato capace di darmi tanto: la tua serenità, il tuo spirito combattivo e la tua voglia di vivere. Ricordandovi che dopo ogni notte risorge il sole, vi abbaccio tutti. (Vito Emilio Filì)
Luigi Mariani caduto per il Covid
AMANO E SOFFRONO COME NOI di Bruno Bozzetto
in questo numero
cover story Fondazione Aib: Loretta Forelli è la nuova presidente
BRESCIA www.qui.bs.it
autorizz. Tribunale di Bergamo n°18 del 22/04/2004
EDITA PERIODICI srl Via Bono 10 Bergamo
Liceo Internazionale per l’Impresa Guido Carli 1000 Miglia 2020, espressione dell’Italia che riparte
tel 035.270989 fax. 035.238634 www.editaperiodici.it Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it Responsabile redazione:
1980/2020: quarant’anni di cronaca bresciana PREMIO SPECIALE MICHELIN CHEF DONNA
Tommaso Revera redazione@qui.bg.it Responsabile grafica: Paolo Biava grafica@qui.bg.it Redazione eventi: Valentina Colleoni
Crida: cristina Parodi E daniela palazzi
redazione.chicera@qui.bg.it
svelate le dimore di via arena
Hanno collaborato in redazione: Lorenzo Boccardini, Bruno Bozzetto, Manuel Bonfanti, Valentina Colleoni, Maurizio Maggioni, Giorgio Paglia, Sabrina Scandali, Lisa Cesco
gigi sofisti e luca vitale
Bruno Vaerini: messaggio potente
castello di padernello
urus Graphite capsule
Fotografie di: Federico Buscarino, Sergio Nessi, Paolo Stroppa, Paolo Biava, Daniele Trapletti, Matteo Marioli Stampa: Euroteam Nuvolera Brescia
1980/2020 Quarant’anni di cronaca bresciana
1985 - SANDRO PERTINI AL TEATRO GRANDE DI BRESCIA 2019 MUORE NADIA TOFFA
Tito Alabiso, Umberto Favretto, Franco Lucini, Marco Ortogni, Gabriele Strada e Filippo Venezia sono i nomi dei fotografi i cui scatti hanno testimoniato gli ultimi quarant’anni della cronaca bresciana. Quattro decenni che Renato Corsini ha voluto raccogliere in un libro, Quarant’anni di cronaca bresciana appunto, compiendo un’operazione che nulla ha a che vedere con una memoria nostalgica di quello che è stato, ma che, al contrario, fissano sulla carta il cambiamento di una città e non solo. Sfogliando le pagine del volume e visitando l’installazione, aperta al Macof, si riescono a cogliere mutamenti, a volte sconvolgenti, che hanno fatto della nostra città e provincia quel che sono oggi. Un percorso, corredato dai testi di Laura Bergami, che può essere affrontato nelle due direzioni partendo dal 1980, con le medaglie d’oro del judoca Ezio Gamba o il ripensamento della circolazione nel centro storico di Brescia, o, invece, sfogliandone le pagine a ritroso dal 2020, con i drammatici fotogrammi che raccontano la pandemia nel nostro territorio.
A CURA DI RENATO CORSINI E LAURA BERGAMI. FOTOGRAFIE DI TITO ALABISO, UMBERTO FAVRETTO, FRANCO LUCINI, MARCO ORTOGNI, GABRIELE STRADA, FILIPPO VENEZIA
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“Difficile il lavoro del fotoreporter – ha scritto Renato Corsini nel suo testo introduttivo – quando con un singolo scatto ti viene richiesto di raccontare una realtà sociale, un evento quotidiano o straordinario, lasciandoti, tra l’altro, la sola alternativa dell’essere veloce a farlo”. Nessuna pretesa di artisticità, dunque, ma preziosi documenti, usciti dagli archivi privati dei fotografi per diventare, così uniti, patrimonio della brescianità. Tanti gli eventi, più o meno grandi, più o meno segnanti che avrebbero potuto essere inseriti e per i quali, scrive Laura Bergami: “Scegliere o scartare, è stato un consapevole arbitrio commesso in buona fede”. Non uno zibaldone, compilato una volta per tutte, piuttosto l’abbozzo di un lavoro che potrebbe suggerire e fare da viatico alla catalogazione e sistematizzazione di ciò che negli archivi dei giornali resta ancora da classificare e organizzare.
1980/2020 Quarant’anni di cronaca bresciana
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IN QUESTA PAGINA
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1: 2012 GREEN HILL, LIBERATI TUTTI I BEAGLE 2: 1988 CHIUDE LO ZOO DEL CASTELLO 3: 2009 SI POSA LA PRIMA PIETRA DELLA A35 BREBEMI 4: 2006 MEDAGLIA D’ORO PER VANESSA FERRARI AI MONDIALI DI GINNASTICA ARTISTICA. 5: 1998 LIBERATO GIUSEPPE SOFFIANTINI DOPO 237 GIORNI DI PRIGIONIA 6: 2009 IL PAPA BENEDETTO XVI IN VISITA A BRESCIA 7: 2016 LA PASSERELLA DI CHRISTO SUL LAGO D’ISEO 8: 2000 ROBERTO BAGGIO NUOVO GIOCATORE DEL BRESCIA 9: 1995 MUORE ARTURO BENEDETTI MICHELANGELI 10: 2001 ESPLODE IL CASO CAFFARO 11: 2003 POSATA LA PRIMA PIETRA DELLA METROPOLITANA
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FORELLI PIETRO
RAFFINAZIONE DI LEGHE CON BASE RAME
Fotografia Sergio Nessi
PROFILO AZIENDA
Forelli Pietro srl, fondata nel 1925 dall’omonima famiglia da cui è tutt’ora detenuta dalla quarta generazione, è una società specializzata nella raffinazione di leghe con base rame. Vengono realizzate oltre 200 differenti leghe che vanno dagli ottoni classici agli ottoni ad alta resistenza, bronzi all’alluminio e bronzi allo stagno fino alla produzione di leghe su richiesta del cliente. I campi di applicazione delle leghe vanno dal settore sanitario e termoidraulico, ai settori artistico, meccanico, nautico ed alimentare, utilizzando le tecniche di colata in terra, colata in conchiglia, pressofusione e colata in bassa pressione.
AZIENDA IN NUMERI
4 GENERAZIONI 1925 ANNO DI FONDAZIONE 200 LEGHE PRODOTTE 140 (TONS.) PRODUZIONE GIORNALIERA 7 IMPIANTI FUSORI
TECNOFOR: opera nel settore delle lavorazioni meccaniche fornendo particolari lavorati e componenti.
METALLURGICA SAN MARCO: produce semilavorati in ottone, profili estrusi e trafilati e barre rettangolari, quadre, esagonali e tonde.
METALLURGICA CIDNEO: nata nel 1950, è oggi leader nella produzione di profili estrusi speciali di ottone.
Liceo Internazionale per l’Impresa Guido Carli Fotografie Sergio Nessi
FORNIRE AGLI ALLIEVI LE PIÙ ALTE COMPETENZE PER LE MIGLIORI SCUOLE DEL MONDO: QUESTO L’OBIETTIVO DEL LICEO GUIDO CARLI CHE SI CARATTERIZZA PER L’INNOVAZIONE A LIVELLO SIA METODOLOGICO-DIDATTICO CHE ORGANIZZATIVO E GESTIONALE, CON L’AMBIZIONE DI RISPONDERE ALLE ESIGENZE DI UN CONTESTO CHE RICHIEDE LE MIGLIORI ECCELLENZE PER POTER COMPETERE, NEL CONTESTO LOCALE E GLOBALE
Fotografia ©JodyParisi
INTERVISTA ALLA DOTT.SSA CINZIA POLLIO, DIRETTORE FONDAZIONE A.I.B., E IL PROF. ANDREA BERNESCO, PRESIDE DEL LICEO INTERNAZIONALE PER L’IMPRESA GUIDO CARLI Il Liceo Guido Carli è stato fondato nel 2011 da Confindustria Brescia. E’ gestito dalla Fondazione A.I.B, presieduta da Loretta Forelli e diretta da Cinzia Pollio. Dal 2011 è scuola paritaria. Nel 2013 ha ottenuto l’autorizzazione del MIUR per l’attivazione di percorsi liceali quadriennali, è infatti una delle prime scuole secondarie superiori quadriennali al livello nazionale. Attualmente offre tre percorsi quadriennali: liceo scientifico, liceo classico (dalla seconda), liceo economico sociale (dalla seconda), e tre percorsi quinquennali: liceo economico sociale (già attivo), liceo scientifico – opzione scienze applicate e liceo classico (saranno attivati a partire dall’anno scolastico 2021/2022). Sono preside e vice-preside del Liceo rispettivamente i Professori Andrea Bernesco e Paolo Maugeri. E’ stata la prima scuola bresciana ad attivare la didattica on line nel momento del lock down per il Covid 19 a marzo di quest’anno e gli studenti non hanno perso una sola ora di lezione. E’ stata la prima scuola bresciana a riaprire in presenza il 1 settembre. Preferibilmente in presenza, se necessario a distanza, il Liceo Carli garantisce agli studenti una formazione eccellente caratterizzata da: Internazionalita: possibilità di acquisire il diploma americano, corsi preparatori di inglese, insegnamento in inglese di diverse materie curriculari (scienze, storia, filosofia, fisica), seconda lingua obbligatoria a scelta tra spagnolo, tedesco e francese, stage linguistici e accesso alle più importanti certificazioni linguistiche; Imprenditorialità e legame con il territorio e il contesto economico sociale: economia e diritto in tutti gli anni di corso e in tutti gli indirizzi, percorsi di qualità nell’ambito dell’alternanza scuola lavoro, progettualità con istituzioni e imprese del contesto economico, imprenditoriale, sociale;
Innovazione didattica: ricorso a metodologie didattiche sperimentali e innovative, didattica laboratoriale, iPad in dotazione personale ad ogni studente, LIM in tutte le classi, piattaforma di scambio on line; Centralità dello studente: docenti coach anche a distanza, servizio mensa e scuola aperta al pomeriggio con presenza di personale docente, orientamento in ingresso e in uscita, classi con un numero contenuto di studenti, attenzione alle soft skills, ricca proposta di attività di prevenzione e educazione alla salute e al benessere, attività culturali, sportello di ascolto psicologico, servizio psicopedagogico per studenti con problematiche specifiche. Strepitosa la sede del Carli, è come dovrebbero essere tutte le scuole: una struttura perfettamente attrezzata con: auditorium, laboratori di chimica e biologia e di fisica e robotica, biblioteca, aule con LIM, mensa con cucina interna, palestra, giardino e spazi sportivi e ricreativi esterni. La sede si trova a Brescia, via Stretta 175, accanto alla Metro Prealpino, è un edificio storico di pregio recentemente ristrutturato per coniugare funzionalità e estetica. Ma la forza principale del Liceo Carli sono i docenti: quelli del Carli sono selezionati per titoli, esperienze, capacità e passione, sono qualificati nelle discipline e vengono testati e formati nelle competenze didattiche. Tutti i docenti del Liceo Carli sono in possesso di master, dottorati di ricerca in Italia o all’estero, di significative esperienze lavorative e/o didattiche, di insegnamento universitario, anche all’estero. Molti sono madrelingua o in possesso di certificazioni idonee per l’insegnamento in lingua inglese, diversi hanno esperienze importanti nell’ambito del volontariato e dell’associazionismo sociale e sportivo. Vieni al Carli se vuoi vivere un percorso scolastico dove passione e merito sono premiati in un clima di benessere e di ascolto.
OPEN DAY SU APPUNTAMENTO, TELEFONANDO ALLO 030 221086, O SCRIVENDO ALLA MAIL SEGRETERIA@LICEOGUIDOCARLI.EU
1000 Miglia 2020, espressione dell’Italia che riparte CALA IL SIPARIO SULLA TRENTOTTESIMA 1000 MIGLIA, UN’EDIZIONE CHE VERRÀ RICORDATA COME QUELLA DELLA RIPARTENZA
38^ EDIZIONE DELLA 1000 MIGLIA
La 38^ edizione della 1000 Miglia ha preso il via alle ore 14 di giovedì 22 ottobre, dalla tradizionale rampa di Viale Venezia, dove è sfrecciata la prima delle auto storiche che si sono sfidate nell’edizione 2020 della gara più bella del mondo, che quest’anno ha omaggiato la sua città natale integrando nel logo l’effige della Vittoria Alata. È stata un’edizione decisamente speciale, a partire dalla collocazione nel calendario.
L’Amministratore Delegato di 1000 Miglia, Alberto Piantoni, illustrando le novità di questa inedita versione autunnale, ha sottolineato l’aspetto della sicurezza con l’applicazione rafforzata di procedure e tecnologia per la tutela sanitaria di tutte le persone che hanno lavorato, partecipato e assistito alla 1000 Miglia lungo tutto il suo percorso. “Quella 2020 è stata un’edizione veramente speciale”, ha infatti commentato Alberto Piantoni. “La collocazione della gara in pieno autunno ha fatto sì che i concorrenti, anche i veterani della Freccia Rossa, hanno potuto vedere le strade e le località d’Italia in una luce nuova, affrontando difficoltà inedite. Credo sia stata una grande esperienza per tutti. Tenendo sempre al centro la sicurezza, anche nella sua accezione allargata alla tutela sanitaria, a cui abbiamo dedicato tanta attenzione da divenire un punto di riferimento di primissimo piano nel mondo degli eventi su strada”. Non sono mancati i messaggi del Presidente di ACI Brescia, Aldo Bonomi, e del Presidente di 1000 Miglia srl, Franco Gussalli Beretta, che hanno espresso il desiderio che la 1000 Miglia 2020 rappresenti un sostegno per l’Italia e una spinta alla ripartenza.
38^ EDIZIONE DELLA 1000 MIGLIA
“L’Italia esprime una grande volontà di ripartire e la nostra 1000 Miglia può essere un potente attivatore di una nuova rinascita di luoghi e comunità attraverso tutta la lunghezza del suo percorso. Gli italiani meritano di tornare a godere della bellezza del nostro Paese e di valorizzare così un luogo unico e irripetibile”, ha commentato il cav. Aldo Bonomi. “1000 Miglia è sfida e competizione, ma nelle nostre radici è forte il senso di solidarietà. Verso la città di Brescia così come verso tutti quei luoghi e comunità colpiti dall’emergenza e che speriamo possano trarre giovamento da iniziative come la nostra”. “Attraverso la sfida tra le auto della 1000 Miglia” ha aggiunto Franco Gussalli Beretta “celebriamo la bellezza dell’Italia, l’emozione della competizione con tutto il suo portato di avventura e passione, la libertà ritrovata. Ci abbiamo creduto fino in fondo, in tutti questi difficili mesi, e devo ringraziare di cuore tutti coloro che, dentro e fuori la nostra organizzazione, hanno continuato a sostenerci permettendoci di portare a compimento un evento che resta unico al mondo”. Tra gli appuntamenti che hanno preceduto la partenza della 1000 Miglia 2020, mercoledì 21 ottobre si è svolta la seconda edizione del Green Talk, il convegno dedicato alla sostenibilità e all’auto elettrica (la nuova frontiera del settore automobilistico) organizzata in collaborazione con Fondazione Symbola.
38^ EDIZIONE DELLA 1000 MIGLIA
IL PERCORSO DELL’EDIZIONE 2020 Partenza da Brescia in direzione Lago di Garda passando poi per Mantova, Ferrara e Ravenna e concludendo la prima tappa a Cervia – Milano Marittima. Il giorno successivo la carovana ha proseguito verso sud toccando San Marino, Urbino (PU), Fabriano (AN), Macerata, Fermo, Ascoli Piceno e Amatrice (RI). Da Rieti, le auto d’epoca sono giunte a Roma dove hanno sfilato lungo la passerella di Via Veneto. Sabato 24, nella tappa più lunga, le vetture hanno toccato in successione Ronciglione (VT), Viterbo, Radicofani (SI) e Castiglione d’Orcia (SI), per sostare poi nella magnifica Piazza al Campo a Siena. Risalendo da Lucca e passando per Viareggio, hanno lasciato la Toscana attraverso il Passo della Cisa, per raggiungere Parma, Capitale Italiana della Cultura 2020, che ha accolto gli equipaggi per l’ultima notte di gara. La giornata conclusiva di domenica 25 ha visto i passaggi da Salsomaggiore Terme (PR), Castell’Arquato (PC), Lodi, Pandino, Treviglio e Bergamo, prima di raggiungere la pedana di arrivo di Viale Venezia a Brescia, dove tutto ebbe inizio 93 anni fa, con la prima Coppa delle 1000 Miglia.
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crida LA NUOVA AVVENTURA NELLA MODA DI CRISTINA PARODI AL FIANCO DI DANIELA PALAZZI Lorenzo Boccardini 100% Made in Bergamo, Crida è una realtà nuova che si è affacciata nel panorama della moda italiana con la volontà di vestire le donne che vogliono sentirsi eleganti ma senza rinunciare alla praticità. “Tutti i giorni per tutte le occasioni” potrebbe essere uno slogan adatto per questa startup che ha unito i songi comuni di due donne - amiche da sempre e con il medesimo gusto per il fashion - che sono state capaci di cominciare un’avventura ricca di sorprese e speranze. Cristina Parodi e Daniela Palazzi, braccio e mente di Crida, sono amiche da oltre vent’anni e nonostante il tempo riescono ancora a condividere la stessa sensibilità per lo stile che avevano fin da quando si sono conosciute. Entrambe donne impegnate che si dividono con successo tra lavoro e famiglia hanno scelto di lanciare Crida, brand che vuole essere un punto di riferimento per una moda sostenibile, elegante e sempre attuale. Per capire meglio che cos’è il progetto Crida, ne parliamo con Cristina Parodi. Come nasce il brand Crida? “Crida nasce non solo da un sogno comune ma anche da una passione che io e la mia socia Daniela Palazzi avevamo per la moda; abbiamo lo stesso gusto e lo stesso stile fin da quando ci frequentiamo. Dopo aver fatto altro nella vita, io ho lavorato tanti anni in televisione mentre Daniela, oltre ai suoi impegni come organizzatrice di eventi, doveva badare a 4 figli, a un certo punto ci siamo trovate entrambe con meno impegni e più libere. Così due anni fa ci siamo dette che quello doveva essere il momento giusto. Abbiamo pensato se non ora quando? E così è nata Crida! Abbiamo voluto fosse un brand che avesse alla base l’idea di creare una linea di abbigliamento riconoscibile per un capo, che è l’abito”. Immagino che all’inizio non sia stato semplice farsi spazio nel mondo della moda? E poi c’è stato il lockdown... “Certamente! In questa società siamo solo io e lei e abbiamo fatto tutto da sole e, a piccoli passi, siamo riuscite a realizzare la nostra prima capsule collection e a presentarla, devo dire con un tempismo veramente nefasto (la collezione Primavera/Estate 2020 è stata presentata alla Settimana della Moda di Milano a gennaio, ndr) ed è stato molto faticoso superare i limiti imposti poi dal lockdown: con la chiusura dei negozi le vendite si sono fermate. A quel punto noi, piccolissima start-up di donne, cosa potevamo fare? Da bergamasche abbiamo tirato fuori la tempra, non volevamo buttare via questo sogno, così ci siamo rimesse a lavorare e abbiamo fatto un’altra collezione che è arrivata sul mercato a settembre. La campagna vendita è andata bene e le richieste sono arrivate da tutta Italia”.
Chi è la donna Crida? “È una donna che vuole sentirsi femminile ma anche comoda. Abbiamo pensato ai nostri abiti di seta per essere indossati in ogni momento della giornata: per esempio al mattino con paio sneakers o dei mocassini stando comode affrontare gli impegni di lavoro o quelli famigliari. Tuttavia, abbiamo pensato che si potesse usarlo anche la sera con una scarpa o un accessorio e farlo così diventare un capo elegante. Sicuramente la donna Crida è una donna che ama essere femminile ed elegante allo stesso tempo, ma non si tratta di un’eleganza troppo appariscente... No, è qualcosa di più discreto ma che comunque rende la donna speciale”. Dentro questa startup c’è anche una sua amica. Ecco, come nasce un abito? “Io e Daniela (Palazzi stilista e designer, ndr) abbiamo lo stesso gusto, lo stesso stile e la stessa idea di eleganza. Fin da quando ci conosciamo tante volte ci capitava di uscire e di trovarci vestite uguali. Dietro Crida c’è un pensiero comune. Sì, molte volte l’idea nasce da lei perché Daniela è una designer mentre io ho una visione più precisa di cosa può indossare una donna. Come ho detto: di base l’idea può nascere da entrambe, poi lei disegna e successivamente ci confrontiamo e nel momento in cui l’abito comincia a essere realizzato come prototipo ed è sempre divertente vedere le modifiche insieme. Siamo così in sintonia che quando andiamo alla ricerca di tessuti, alla fine scegliamo lo stesso (ride, ndr).” Nella prossima collezione è presente un abito chiamato “Bergamo”. Un omaggio alla città? “Assolutamente! Il modello “Bergamo” è un omaggio alla città. La prima capsule è nata con gli abiti chiamati con i nomi delle città italiane. Poi c’è stato il lockdown e in quei mesi di fatica e di dolore abbiamo ripensato a quell’abito. Se all’inizio volevamo farlo in seta, dopo quei mesi ci siamo orientate verso un altro tessuto, più maschile come il fresco di lana. Alla fine è venuto fuori un vestito tosto - bergamasco doc - con ovviamente forme femminili. Inoltre, quella è un po’ la nostra idea delle donne bergamasche: donne tenaci che in questo periodo difficile si sono sobbarcate la fatica di badare alla famiglia e continuare il proprio lavoro.
MODELLO BERGAMO IL VESTITO CHE DANIELA PALAZZI E CRISTINA PARODI HANNO DEDICATO ALLA CITTÀ
Crida ha anche un risvolto umanitario: una percentuale delle vendite verrà devoluta a Cesvi Onlus che è sempre stata una parte del mio impegno, della mia passione. Lavoro con loro da tantissimo tempo come ambasciatrice in giro per il mondo poi, con la pandemia si è fermato tutto e con Cesvi abbiamo fatto un importante lavoro di raccolta fondi per sostenere gli ospedali, le case di riposo, gli anziani soli che vivevano soprattutto nelle valli e intorno a Bergamo. Quello per me è stato un periodo importante perché aver potuto dare un aiuto a chi ne aveva bisogno ha dato un senso a quell’immobilità, al fatto di stare a casa senza poter fare altro. Nello stesso tempo andavamo avanti con il progetto Crida e quindi ci è sembrato giusto essendo una realtà bergamasca, fatta da due donne che abitano qua, legarlo a una situazione di impegno sociale nei confronti di questa Ong che tanto ha fatto per questa città e che tanto continua a fare per tutto il mondo”. Lei vive a Bergamo da diversi anni, cosa le ha dato di più questa città rispetto ad altre? “Mi ha dato tanto: in primis mio marito (Giorgio Gori, ndr). Io sono nata e cresciuta ad Alessandria in Piemonte, poi ho studiato a Milano e ho vissuto a Roma per tanti anni. Per lavoro in seguito ho scelto Bergamo nel momento in cui mi sono innamorata di Giorgio, che è bergamasco ma allora viveva a Milano. Poi quando un giorno mi ha portata a visitare la città sono rimasta conquistata dalla DANIELA PALAZZI E CRISTINA PARODI sua bellezza. Dopodiché abbiamo scelto di vivere AMICHE DA SEMPRE OGGI INSIEME a Bergamo e di far nascere qui la nostra famiglia e NELLA NUOVA AVVENTURA NEL MONDO DELLA MODA non mi sono mai pentita di questa decisione nonostante, ci tengo a dirlo, abbia fatto per anni la pendolare tra Milano e Bergamo quando ancora non c’era l’autostrada a quattro corsie. Bergamo è una città a misura d’uomo, con una posizione invidiabile che non ha nessun’altra città! E poi è una città che ha tutto ciò che serve per vivere bene. Inoltre, mi è piaciuto lo spirito dei bergamaschi che poi sono molto simili agli alessandrini: gente che parla poco, ma persone che hanno dei valori che sento vicini a ciò che sono io”. Suo marito quando fa shopping ha dei negozi di riferimento? (Ride, ndr) “Quella che ama la moda e che va nei negozi in famiglia sono io. Giorgio come tanti uomini indaffarati che si vestono sempre nello stesso modo. non frequenta molti negozi. Lui ha le sue idee di base e i suoi modelli di abiti o di scarpe che regolarmente compra sempre uguali”. Un messaggio di speranza per il futuro? “Ovviamente questo è un momento incredibilmente difficile che ci preoccupa di nuovo, come questa primavera. La speranza è che tutti siano consapevoli del rischio che stiamo vivendo e che siano attenti a fare in modo che soprattutto le persone più a rischio siano protette. Sono convinta che se tutti insieme ci comportiamo in maniera corretta e responsabile riusciremo a superare questo secondo momento difficile e speriamo di arrivare al 2021 con anno più sereno di cui tutti abbiamo bisogno”.
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IL CUORE DELL’ELEGANZA MASCHILE V.E.F. - Fotografie Paolo Biava
GIGI SOFISTI E LUCA VITALE PER MANTENERE VIVO IL GUSTO DI ABITI CREATI A MANO CHE SOMIGLIANO A CHI LI INDOSSA, NE ESPRIMONO LA PERSONALITÀ E DURANO UNA VITA
Nei negozi che ha avuto ha vissuto da protagonista tutte le stagioni e i cambiamenti, del gusto e nello stile, del vestire l’uomo dagli anni sessanta in poi. Come dire, dai pantaloni lunghi e scampanati, a quelli corti con il calzino in vista… Chi lo conosce sa che prima o poi sarebbe arrivato all’essenza. Al cuore della sua mission professionale e personale. Fare degli uomini, degli esseri eleganti, capaci di trasmettere con l’abbigliamento il proprio carattere. E il cuore lo ha portato alla riscoperta del vestire maschile con classe. Nell’esplorazione tra le botteghe artigiane meno conosciute che ancora oggi creano con le mani, che siano scarpe, camicie o cappotti in cachemire. L’artigianato italiano, vero faro per tutto il mondo della grande moda.
NEL SUO AFFASCINANTE ATELIER, NELLE SALE NOBILI DI PALAZZO CAMOZZI, INSIEME ALLE FIRME PIÙ PRESTIGIOSE DELL’ABBIGLIAMENTO ARTIGIANALE ITALIANO, ANCHE UNA SARTORIA.
IL CUORE DELL’ELEGANZA MASCHILE
Tre anni fa ha preso in custodia un’ala del palazzo del Conte Camozzi e ha stabilito in quell’antica dimora il suo quartier generale, dove in questi anni ha coniugato la sua vita lavorativa organizzando incontri con pittori, musicisti, scrittori, registi, manager e poeti diventando un nuovo polo della vita culturale cittadina. “Le crisi si trasformano in opportunità - ci ha confidato Gigi Sofisti - per chi sa vedere ciò che ci accade intorno. Tutti, in questi momenti abbiamo tanto bisogno circondarci di cose belle e di concretezza. Ci siamo dovuti privare del bello della vita. Niente cinema, niente teatri, niente mostre, niente cene al ristorante, niente feste, niente concerti, niente parenti, niente amici, niente sport…. Niente di ciò che è piacevole ci è concesso e il nutrimento per l’anima scarseggia. Niente ballare, niente volare, niente vacanze ai tropici… Niente baci, niente abbracci… neppure le strette di mano ci sono concesse. Ecco che allora riemerge l’amore per ciò che ha importanza, davvero, per ciò che ci conforta e ci rassicura, per ciò che ogni giorno ci mettiamo sulla pelle, per coprirci certo, ma anche per sentirci bene e proiettare di noi l’immagine migliore”. Gigi Sofisti ha riscoperto il cuore del vestire l’uomo. Da qualche tempo il suo magico atelier nelle sale eleganti di palazzo Camozzi, vale la pena visitarlo, all’inizio di Borgo Palazzo ospita una vera bottega di sartoria dove Luca Vitale, diplomato dell’Accademia di sartoria di Brunello Cuccinelli, ha voluto condividere l’avventura con Gigi e da allora, con il suo baffo col ricciolo, adattissimo all’ambiente, prende misure e taglia abiti con attenzione ai dettaglio quasi maniacale. L’antica sapienza di fare di un vestito un abito perfetto scorre nelle migliaia di punti che richiede la confezione di un abito. “Certo - ci ha confidato Luca Vitale - prima c’è la scelta del tessuto e in base a questo si orienta il tipo di abito da realizzare. In seconda istanza, ma non certo meno importanti, vanno considerate le misure vitali di chi porterà il capo, da mettere in relazione sia con il tessuto scelto sia con i gusti e l’età del soggetto. Direi che il cliente va capito. Come dal barbiere dove chi esegue “il taglio”, deve capire come si vorrebbe poi vedere il cliente nello specchio… Ci vuole un po’ di psicologia ma, durante le tre prove, a cui chiediamo di prestarsi, il nostro cliente e occasionale modello, c’è sempre l’occasione per sapere con chi abbiamo a che fare e che cosa si aspetta da un abito realizzato su misura con le stoffe migliori. C’è chi ha dimestichezza con la sartoria e ha le idee chiare su come si vuole sentire dentro un abito e chi invece si accosta alla sartoria per la prima volta. Cerchiamo di puntare al massimo della qualità e dell’accuratezza, dando ancora spazio ad un’arte tipicamente italiana, seguendo tendenze e opinioni, adattandole sempre a chi con quel il mio vestito dovrà andarci in giro… Nella speranza anche si possa vantare svelando il nome di chi lo ha pensato, cucito, rifinito e adattato al proprietario. Luca Vitale sarto è umbro e la sua cadenza lo svela ma aggiunge qualcosa ad un personaggio che non potreste immaginare in vesti diverse. Non sarà difficile capire la differenza tra un abito cucito addosso a voi, al vostro fisico ma anche al vostro spirito, e uno “normale” creato pensando che le persone siano tutte uguali. Questo è il momento di circondarsi di sicurezze, di bellezza e di coccole. Di abiti fatti per essere “vostri”, sempre giusti per voi, anche quando tutti gli altri saranno irrimediabilmente scartati. Gigi Sofisti e Luca Vitale vi aspettano a Palazzo Camozzi in Via Borgo Palazzo 3 Bergamo - Tel. 338 7318821
CARLA CATALANO AMORE, TENACIA E SAVOIR-FAIRE PER UN ATELIER FUORI DAL COMUNE Lorenzo Boccardini - Fotografie Paolo Biava
GLI ANNI PASSANO MA NON È UNA QUESTIONE ANAGRAFICA: LA PROFESSIONALITÀ DI CARLA CATALANO MIGLIORA GIORNO DOPO GIORNO CON LA STESSA VELOCITÀ DEL PIÙ LUSSUOSO DEI TRENI Chiffon, seta, tweed e bouclé. . . sono queste le parole che descrivono al meglio il mondo “su misura” di Carla Catalano. Stilista ricercata che ha fatto di una passione un lavoro ricco di soddisfazioni e che non lascerebbe per nessuna ragione al mondo. Disegnare abiti è la sua vita e, come si è visto nello shooting sul numero di settembre, riesce a fondere elementi moderni con alcuni spiccatamente vintage. Come ti vedono le donne che sono passate, che passano e che passeranno nel tuo atelier? “Potrei scrivere un libro tante sono le cose da raccontare sulle mie clienti: ogni donna è un mondo a sé, ogni abito racconta un po’ di loro. Quelle passate hanno visto una stilista che doveva fare ancora tanta strada, perfezionarsi e imparare. Ringrazio quelle che, con i loro consigli, mi hanno aiutata a crescere. Credo sia molto importante in ambito lavorativo e umano poter far tesoro delle critiche sia positive che negative per migliorare sé stessi. Qual è la tua donna “tipo”? “Da me vengono donne o ragazze che vogliono una personalizzazione: un volant, un bottone piuttosto che un ricamo in più rispetto al capo che troverebbero in negozio. Molti pensano che la sarta abbia prezzi più accessibili ma tutto dipende dal tessuto e dal tipo di finiture. Il mio scopo è trovare il giusto compromesso che permetta a ogni donna di avere un abito che la renda speciale”. Come nasce un abito? “Un abito può avere come punto di partenza un colore, un’idea, una scarpa o un desiderio. Io ascolto, osservo, apro orecchie e cuore. Punto dopo punto ogni creazione prende forma racchiudendo in sé una storia, una confidenza o un messaggio. Sono anche dell’idea che un abito non finisca mai com’è nato. Credo che un capo debba potersi stringere, allargare o accorciare: è l’abito a seguire l’evoluzione della figura e a valorizzarla, non lei ad adeguarsi a esso”. Insomma tieni sempre in moto il cervello? “Assolutamente! In questo mestiere c’è sempre da imparare: la ricerca di nuovi macchinari e l’utilizzo di materiali sempre diversi si fondono con lo studio di antiche tecniche sartoriali. Chi viene da me trova linee moderne e asciutte ma anche punti realizzati con artigianalità che, ricordiamolo, non sono sempre sinonimo di perfezione”. Come è iniziata la passione per questo lavoro? “Fin da piccola amavo cucire e disegnare. Alle medie i miei genitori hanno capito che la mia vena artistica non mi faceva vivere troppo con i piedi per terra: “Sempre a disegnare, sempre con la testa fra le nuvole!” (ride, ndr). Così decisero di iscrivermi a una scuola di moda. Mi sono diplomata in sartoria e poi in stilista di moda. In seguito sono riuscita a creare un mio spazio personale dentro un ambiente molto complesso”. Come sono stati i primi tempi? “Accanto alla passione per la sartoria ho lavorato fino a qualche anno fa in una boutique di Bergamo. Ricordo che i primi tempi sono stati duri: mi sentivo molto combattuta, significava lasciare la città per stare 24h in un paese di provincia. Tuttavia, sentivo che il mio estro non era appagato così mi sono decisa. Sebbene la paura più grande fosse quella di restare tagliata fuori dal mondo, alla fine ho scoperto che è stato il mondo a venire da me”.
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2. 1/4. Tuta-pantalone in cady con bustino in pizzo. Maniche a ž, scollo a barca; lampo posteriore con microbottoni in tinta. 2/5. Abito in raso con gonna ampia, corta sul davanti; bustino separabile. Rouches applicate. 3. Chemisier in seta, collo alla coreana con polsi arricciati e bottoni gioiello. Stampa tigre. 4.
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CARLA CATALANO VIA UDINE - BONATE SOPRA (BG) CELL. 340 1430436 INSTAGRAM: @CARLAC.SARTORIA
BEAUTYboutique
Belli & Ribelli Via Piemonte, 105 Urgnano (Bg) - Tel. 035 896903 Facebook: @belliribelliabbigliamento Instagram: @bellieribelli
bellezza su misura Tommaso Revera - Fotografie Paolo Biava
NEL CUORE DI BERGAMO, IMMERSA IN UN CONTESTO DI ELEGANZA E TRANQUILLITÀ, LA SARTORIA DEL BENESSERE È UN’ESCLUSIVA OASI DI BELLEZZA, DOVE ALTA PROFESSIONALITÀ E SQUISITA ACCOGLIENZA SI SPOSANO CON PROPOSTE ESTETICHE D’ECCELLENZA
Alla Sartoria del Benessere la cura della pelle nasce da una preziosa alchimia di consulenza attenta e puntuale, esperienza professionale ad alto livello e interventi estetici esclusivi studiati per proteggere e mantenere la bellezza e la giovinezza di cute e tessuti, prevenire, contrastare e rallentare i processi di invecchiamento. E, non ultima, l’attenzione premurosa ad ogni dettaglio, l”accoglienza privilegiata dedicata alle proprie clienti, per offrire loro un”esperienza di bellezza e di benessere ineguagliabile. La combinazione di prodotti high performance, purissimi e biocompatibili, di metodi innovativi e strategie sofisticate, tecnologie intelligenti e piani di cura “personali” creati sull’unicità di ogni cliente e sulle esigenze specifiche della sua pelle, realizza una straordinaria sinergia estetica che po-
tenzia l”efficacia di ogni trattamento, con effetti visibili che si prolungano nel tempo. “Da sempre – racconta Manola Speciale, Direttrice tecnica della Sartoria del Benessere - il mio obiettivo è mettere al centro di ogni processo estetico, dalla definizione di un protocollo professionale alla scelta di un prodotto cosmetico, le esigenze della pelle di cui mi prenderò cura. E su queste cucire come un abito su misura ciò che la fa stare bene. Credo che non esista nulla al pari dell’inestimabile certezza che ciò che faremo indossare alla nostra pelle è adatto a lei e la renderà perfetta nella sua unicità. Perché se il tempo passa e la pelle muta, unici lo si è per sempre. A qualunque età. I programmi che proponiamo sono un”autentica celebrazione dell’”unicità di ogni donna”.
UN POSTO SPECIALE DOVE TROVARE UNA CONSULENZA ATTENTA E PERSONALIZZATA, PRODOTTI COSMETICI ALL”AVANGUARDIA, TRATTAMENTI E RITUALI CAPACI DI ESALTARE LA BELLEZZA DI OGNI DONNA E APPAGARE OGNI DESIDERIO DI BENESSERE. DOVE ABBANDONARSI A MANI SAPIENTI, LASCIARE SCORRERE I PENSIERI, RISTORARE IL CORPO E LA MENTE E CONCEDERSI UNA PAUSA DI RELAX E DI PIACERE RIGENERANTI
MANOLA SPECIALE BEAUTY CONSULTANT & WELLBEING COACH
NAZARENO FATUTTI SARA CAVAGNA - BEAUTY SPECIALIST
ADMINISTRATION&SALES MANAGER
ALLA ADAMYAN - MAKE-UP ARTIST
SARTORIA DEL BENESSERE EXPERIENCE
Innovazione e alta professionalità, accoglienza privilegiata e cura dedicata ad ogni dettaglio. Ogni trattamento e rituale si trasforma in un viaggio emozionante alla ricerca della perfezione, in un’esperienza di benessere globale che risveglia il corpo, tonifica la mente, abbraccia i sensi e appaga ogni desiderio di bellezza.
BEAUTY AT HOME
Per ottenere il massimo dei risultati, i percorsi di bellezza Luxury nascono in istituto ma proseguono la loro azione anche a casa, grazie all’utilizzo di specifici prodotti professionali di potenziamento che vengono forniti alla cliente step by step e modulati secondo l’evoluzione della sua pelle durante i trattamenti. L’approccio multifunzionale, tratto distintivo della Sartoria del Benessere, opera una preziosa azione integrata in cui la pelle, stimolata dai trattamenti professionali profondi in istituto, viene “ri-educata” ad autorigenerarsi in un processo no-stop che non si interrompe tra una seduta e l’altra ma mantiene vitali i processi di rinnovamento e riparazione attivati durante I trattamenti e prolunga nel tempo i suoi benefici.
LA NOVITÀ - SMART BEAUTY a casa tua
Quattro chiacchiere con Manola Speciale Founder di “Un posto speciale” e Direttrice tecnica della “Sartoria del Benessere”, Manola Speciale da oltre 30 anni si dedica all”arte della perfezione della pelle, sia con l”esperienza pratica sul campo che come formatrice, Beauty Consultant e Wellbeing Coach. Il suo obiettivo è da sempre accogliere con la massima qualità e professionalità le clienti più esigenti che si affidano a lei con fiducia. Per accompagnarle nel percorso UNICO che appartiene a ciascuna di loro. La guida la certezza che non si possa intervenire su un viso o un corpo senza possedere intuito, empatia e capacità di diagnosi. A cui si aggiungono abilità tecniche e conoscenza approfondita dei delicati meccanismi biologici che intervengono nell’evoluzione e nella rigenerazione di cute e tessuti, ma anche delle sostanze, naturali o chimiche, contenute nei prodotti cosmetici per stabilirne l”idoneità dell’azione, e delle tecnologie più innovative e performanti capaci di potenziare ogni intervento. Non è un caso, dunque, se la sua formazione professionale è eclettica e abbraccia numerosi campi di applicazione estetica, dallo studio delle morfologie alle tecniche di massaggio (riflessogeno connettivale, shatsu, digitopressione, gestaltico, bioenergetico, hot stone, zen-su, linfodrenaggio Vodder, kokjdo e face lifting), dalla fisioterapia estetica alla medicina cinese, dall”alimentazione al metodo Adamski. “La bellezza - ha proseguito Manola - non è solo una splendida utopia, è una sostanza immateriale che regna sovrana... sulla materia, e su ogni aspetto della vita, la influenza e la modella. È un cocktail misterioso in cui ogni ingrediente, ogni azione, gesto e persino ogni intenzione, contribuiscono alla perfezione del risultato. Così avviene anche nel nostro lavoro, nelle cure estetiche che nascono alla Sartoria del Benessere con l’ambizione di creare nuova bellezza e soprattutto di mantenere integre e vitali le strutture organiche deputate a farla durare il più a lungo possibile, ad esaltare la giovinezza delle cellule stimolando la chimica del corpo e i sistemi naturali di autorigenerazione”.
SARTORIA DEL BENESSERE Via Tasso, 109 (Parco Caprotti) Bergamo Tel. 035 210180
I lunghi mesi di lockdown, se hanno cambiato molte abitudini, hanno anche evidenziato che le donne non vogliono rinunciare a prendersi cura della propria bellezza. La Sartoria del Benessere ha continuato ad essere vicina alle proprie clienti, sia con la consulenza a distanza che con la consegna a domicilio dei prodotti più desiderati. Continuiamo a farlo anche ora proponendo delle soluzioni smart racchiuse in cofanetti personalizzati su esigenze e obiettivi specifici dedicate a tutte le donne che amano prendersi cura della propria bellezza a casa, concedendosi il piacere ineguagliabile di una cura professionale nel comfort del proprio spazio domestico. Con i nostri “Smart beauty at home” – spiega Manola Speciale – ogni donna potrà concedersi un’esperienza di benessere totale nel comfort della sua casa e godere in ogni momento del piacere di una cura professionale nei tempi e nei modi che preferisce. Con il plus della consegna a domicilio (in tutta Italia) e il privilegio di una consulenza personalizzata “a distanza” che saprà rispondere con puntualità e precisione ad ogni capriccio della sua pelle. Così si sentirà coccolata come da noi.
Un autentico rito di rinascita SdB REJUVENATION & RADIANCE LIFT SYSTEM - The ultimate antiaging Program.
In occasione delle iniziative dedicate al suo compleanno 2020, la Sartoria del Benessere ha lanciato un esclusivo programma intensivo dedicato a viso, collo, décolletè e mani, creato per restituire nuova giovinezza e vitalità a cute e tessuti. Un autentico rito di rinascita che step by step ti donerà una bellezza senza età, contorni tonici e rassodati e una pelle visibilmente più levigata, giovane e luminosa, realizzando uno straordinario lifting naturale. Il programma prevede cinque trattamenti personalizzati realizzati con i top di gamma della linea UpLifting Regeneration dedicata al ringiovanimento cutaneo: le Dynamic Masks, 8 gioielli cosmetici dalla formula esclusiva su brevetto americano, e i 15 Superfood, autentici “Codici di rinnovamento cellulare”, purissimi e superconcentrati, veicolati negli strati più profondi con la Transdermic Technology. L”azione combinata di formule super performanti, tecnologia transdermica e manipolazioni preziose interviene a livello multidimensionale per contrastare i segni del tempo e ripristinare l’architettura del viso. Migliora visibilmente la compattezza tissutale stimolando le reazioni metaboliche e promuovendo la rigenerazione cellulare e seduta dopo seduta rimodella i contorni del viso e rinnova completamente l’epidermide, assecondandone il ritmo biologico e la naturale evoluzione.
info@sartoria-del-benessere.com www.sartoriadelbenessere.care [sito web di prossima pubblicazione] Facebook: @sartoriadelbenessere
VIA ARENA
BERGAMO ALTA
Si entra dal portone antico e si scopre una storia che rivela un passato di incontri, relazioni, progetti e avventure. Sono Le Dimore di Via Arena, intervento dell’Immobiliare Percassi, tra cortili inaspettati, affacci incantati sull’arte e la cultura dove si annusano i profumi di giardini nascosti e si ammirano panorami sorprendenti da tetti che svelano una città affascinante, poetica. Misteriosa. Le Dimore di Via Arena abitano la storia di Bergamo Alta, permettono di vivere la sua emozione in spazi esclusivi, unici e di lusso, scoprendo il passato della città e sorprendendoci: sono diciassette nuove unità immobiliari, una diversa dall’altra, sorte su strati di storia ed emozione, abitazioni con tutti i servizi di comfort contemporaneo ma che mantengono l’allure dell’antico, grazie a un elaborato e meticoloso intervento di recupero e valorizzazione di un palazzo storico di Città Alta.
SVELATE LE DIMORE DI VIA ARENA
Abitare la Alcuni elementi de Le Dimore di Via Arena risalgono al 1200
storia Fotografie Paolo Stroppa
Il prestigioso progetto dell’ Immobiliare Percassi, in via Arena 2, interessa due immobili storici di Città Alta con vincolo monumentale, alle spalle di Piazza Vecchia, tra via Arena e via Mayr: a un minuto da piazza Vecchia, a 15 minuti a piedi dal centro di città bassa, a pochi minuti in auto dall’autostrada, dall’aeroporto e dalla stazione ferroviaria. Una posizione di assoluta privacy ed esclusività, ma con il vantaggio dell’immediatezza dei servizi necessari per un vivere moderno. L’intervento - realizzato da Impresa Percassi e curato dall’Architetto Maurizio Zambelli, Direttore dei lavori, e dall’Architetto e Progettista Barbara Radici - ha permesso il recupero e il restauro di due edifici le cui fondamenta risalgono addirittura al ‘1200 e la conseguente realizzazione di 17 unità abitative dai tagli peculiari e differenti con a disposizione 22 posti auto per un totale di circa 3 mila metri quadrati di superficie. Appartamenti con balconi, tagli di luce sorprendenti, cortili e affacci che mostrano cartoline di Città Alta e Città Bassa di grande intensità.
La luce è l’elemento vitale più evidente nella realizzazione de Le Dimore di Via Arena
SVELATE LE DIMORE DI VIA ARENA
Abitare la
storia
Ampie terrazze aprono scorci emozionanti
Nel corso dei lavori – iniziati nel 2016 e conclusi a fine 2019 - è stata posta grande attenzione alla salvaguardia degli elementi architettonici di pregio esistenti, quali affreschi, cassettoni lignei, oltre che ai ritrovamenti storici e archeologici che dimostrano la potenza di questa porzione di Bergamo e di un edificio che nel tempo ha narrato piÚ storie.
Da qui la scelta di pensare al recupero dell’edificio come un modo per riabitare la sua storia: abitare in Città Alta significa quindi abitare nella storia secolare della parte più antica della città, trasportando l’immobile nella contemporaneità, ma sempre valorizzandone gli aspetti peculiari, le tradizioni e rivisitando layout interni dinamici e moderni con i più alti livelli di comfort. Dalle autorimesse realizzate alla base delle fondamenta delle antiche mura romane ai balconi che si affacciano su giardini nascosti con una vista che spazia su Bergamo Bassa fino agli Appennini, dal comfort dell’ascensore al piano a un complesso e certificato sistema tecnologico e di domotica che garantisce il miglior abitare dal punto di vista energetico, di sicurezza e comfort.
SVELATE LE DIMORE DI VIA ARENA
Abitare la
storia Tutti aspetti, questi, che hanno caratterizzato la progettazione de Le Dimore di Via Arena ideata da Immobiliare Percassi, ulteriormente stimolata dai vincoli artistici, storici e culturali che valorizzano l’edificio dalla logistica complessa e dalla volontà di spingersi oltre perseguendo l’obiettivo della certificazione LEED. Abitare la storia, dunque, ma anche abitare nella storia, alla scoperta della città nella città, godendo del fascino antico, della qualità di un vivere moderno. E sempre esclusivo.
Per informazioni: Immobiliare Percassi Tel. 035 217390 info@immobiliarepercassi.it
www.ledimorediviaarena.it
500 milioni alle aziende con crediti verso la P.A.
Meno ritardi e piĂš liquiditĂ : un programma di acquisto dei crediti commerciali vantati dalle aziende nei confronti della Pubblica Amministrazione
*Messaggio pubblicitario con finalitĂ promozionali: per maggiori informazioni recarsi in Filiale o visitare il sito www.lavalsabbina.it
IL CASTELLO DI PADERNELLO CAPITALE ITALIANA
Fotografie Virginio Gilberti
PROSEGUE IL NOSTRO PERCORSO DI AVVICINAMENTO AL 2023 ANNO CHE VEDRÀ BERGAMO E BRESCIA CAPITALI ITALIANE DELLA CULTURA, ATTRAVERSO LA RISCOPERTA DELLE TANTE RICCHEZZE DEI DUE TERRITORI
t culura DELLA
C’era una volta, in un paese lontano lontano, un magnifico castello... È il Castello di Padernello nella bassa bresciana. Un maniero quattrocentesco, con ponte levatoio ancora funzionante, che emerge maestoso dall’acqua del suo fossato. Una misteriosa leggenda aleggia per le stanze del Castello: è la storia della Dama Bianca, un fantasma che ritorna ogni dieci anni la notte del 20 luglio seguendo la magia delle lucciole.
C’era una volta un castello, bellissimo e austero, intorno al quale nacque un borgo rurale… Correva l’anno 1391 nella bassa più bassa della Bassa bresciana. Siamo a Padernello nelle antiche terre gabianesei, ora Borgo San Giacomo. Dopo le prime fortificazioni il maniero, che fu della nobile casata dei Martinengo ramo dei Conti di Padernello o della Fabbrica fino al 1834, fu portato a compimento. Nel Settecento, secondo la moda dell’epoca, venne trasformato in villa signorile e assunse la forma che ammiriamo oggi, dal 1861 della famiglia Salvadego Molin Ugoni. Nel 1965 il Castello di Padernello fu abbandonato dell’ultimo suo abitante, il Conte Filippo Molin Ugoni Salvadego. Il Castello venne ricoperto di rovi, esposto al saccheggio e all’incuria umana, nonostante nel 1912 fosse stato definito di alto pregio architettonico e di interesse nazionale da parte del Ministero della pubblica istruzione. Tutti si dimenticarono del Castello, ad eccezione di un manipolo di visionari – gli Amici del Castello – che negli anni Ottanta restaurarono l’antica posteria – negozio di alimentari, ora divenuta un’osteria – l’Aquila Rossa, simbolo imperiale dei Martinengo, con l’intento di salvare il maniero e valorizzare il borgo di Padernello. Nel 2002 una grande nevicata fece crollare una parte del maniero, le antiche cucine. Saggezza popolare afferma che non tutto il male vien per nuocere e forse la natura voleva destare la coscienza collettiva. E fu così che da allora, grazie alla passione e alla buona volontà di donne e uomini, con un’audace operazione pubblico-privata, si riprese il filo per riannodare la storia di un territorio. Grazie a loro il Castello è nato a nuova vita.
IL CASTELLO DI PADERNELLO
Daniele Zambonelli DIRETTORE HOTEL BEST WESTERN CAPPELLO D’ORO Fotografia Sergio Nessi
CAPITALE ITALIANA
t culura DELLA
Tra le varie “istituzioni” che si riescono a trovare percorrendo le strade di Bergamo, ce n’è una che ha visto la crescita e lo sviluppo, alle volte un po’ frenetico, della città con uno sguardo attento ai cambiamenti di una società sempre diverse in fatto di mode e gusti, mantenendo però la stessa lucentezza dorata che da oltre un secolo risplende in Viale Papa Giovanni XXIII. Un punto di riferimento insieme ai Propilei. . . un bel duo storico! Così, in occasione della nomina di Bergamo e Brescia Capitali della Cultura nel 2023, questo storico hotel, un tempo punto di riferimento - con il suo ristorante rinomato - di una clientela tipicamente borghese, ha deciso di mettersi in gioco con l’intenzione di arrivare alla data stabilita carico di novità e con la voglia di accogliere una vasta clientela nazionale e internazionale e poter soddisfare, così, i loro desideri. Naturalmente come parte attiva della vita della Città Bassa, tutto lo staff dell’hotel Cappello d’Oro è in fibrillazione per questo evento tanto importante non solo per Bergamo ma per tutti. E se l’equipe scalpita, il direttore Daniele Zambonelli è ancora più eccitato. Quando lo raggiunto al telefono, in un momento di pausa tra una commissione e l’altra, riesco a parlargli di cosa sarà “Bergamo - Capitale della Cultura 2023” e come altre persone coinvolte è ben a conoscenza del fatto: “Assolutamente sì, ne siamo a conoscenza e ne siamo molto felici” mi racconta con lo spirito di chi ha voglia di creare qualcosa di grande. “È stata una grande notizia e ne siamo molto felici! Pensiamo sia un’eccellente opportunità a livello nazionale, ma non solo, per mostrare i lati migliori della nostra Città, da quelli più noti a quelli meno conosciuti ma altrettanto di livello”. Sempre sul tema della valorizzazione di Bergamo e delle sue bellezze artistiche, Zambonelli ha le idee chiare: “Penso che negli ultimi anni, e già in concomitanza della candidatura europea del 2019, siano stati fatti passi importanti nella valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e turistico di Bergamo». Nella sua voce si sente un pizzico di speranza. Si ferma un attimo e poi prosegue: «Speriamo che da qui al 2023 si continui su questa via dando rilievo ai nostri tesori e probabilmente investendo su un’importante campagna di comunicazione”. Il 2023 è ancora lontano ma la strada da percorrere si presenta lunga e, si spera di no come accade in montagna, tortuosa e piena di buche. Come è stato riportato da più persone, la rete di comunicazione non solo tra i vari enti che parteciperanno ma soprattutto tra le persone deve e dovrà essere molto capillare. L’impegno dell’amministrazione comunale è proprio quello di fare arrivare il messaggio di “Bergamo - Capitale della Cultura” alla gente come il giusto momento per risorgere dalle ceneri di un periodo disastroso per tutti. Perché se ognuno fa la sua parte con impegno e volontà, alla fine i risultati sapranno ripagare chiunque. “Da cittadini e da azienda attiva da lungo tempo in città - prosegue Zambonelli - siamo sicuri che Bergamo non tradirà le attese. Già gli ultimi anni sono stati la prova del potenziale della nostra località e questa occasione altro non farà che riprendere e dare nuova linfa a questo processo. Sotto certi aspetti, Bergamo ha tutte le potenzialità per competere a livello nazionale e se i tanti e importanti interventi di riqualificazione del tessuto urbano che sono stati fatti, mostreranno un territorio che sa coniugare una solida ed intatta parte storica ad un concetto di vita moderno e al passo coi tempi, allora mi sentirò ancora più orgoglioso di appartenere a questa città”. A livello organizzativo, Zambonelli sa perfettamente cosa fare. Da diversi anni sta pensando una proposta che possa piacere ai turisti non solo in questi ultimi anni, il 2020 lo vorrebbe togliere dal calendario ma questo non si può fare. Comunque sia, i progetti non mancano tant’è che: “Come albergo con più di un secolo di storia, anche in questa fase dovremo essere bravi a farci trovare pronti. Ci stiamo impegnando per integrare nella nostra offerta un pacchetto turistico completo. L’obiettivo è soddisfare al meglio la sempre più rilevante vocazione turistica della nostra location, sapendo allo stesso tempo soddisfare le esigenze della clientela business. Questo significa lavorare sul rinnovamento della nostra struttura per offrire un prodotto camera versatile e moderno a cui unire un livello di servizio turistico di alto livello. Un ruolo fondamentale in quest’ambito lo giocano i ragazzi del nostro staff, in prima linea per far vivere ai nostri clienti un’esperienza completa e di alto livello durante la loro permanenza in città e presso il nostro hotel”. (Lorenzo Boccardini)
CAPITALE ITALIANA
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Brescia e Bergamo saranno Capitali Italiane della Cultura nel 2023. Cosa ne pensa di questo prestigioso riconoscimento? “Si tratta di due città profondamente dedite alla cultura industriale e del lavoro, con storia e tradizioni affini, con un forte radicamento imprenditoriale, che hanno colto con grande favore questa importante opportunità”. Quali sono le iniziative secondo lei sulle quali bisognerebbe puntare per mostrarsi all’altezza agli occhi di cittadini e turisti? “Occorre fare riferimento ad eventi, dai quali possa emergere la radicata cultura di impresa e del lavoro ed un nuovo approccio alla sostenibilità, in tutte le sue diverse declinazioni”. Come immagina la nostra città nel 2023? “Una città con grande frequentazione turistica, nota per le sue bellezze naturali, storiche, culturali ma anche più sostenibile. Una città caratterizzata da un polo universitario sempre più in grado di proporre nuove conoscenze e competenze e dove l’approccio alla cultura non sia elitario ma un’opportunità da estendere a tutti”. Come la Camera di Commercio di Brescia, che da quasi un anno è chiamato a guidare, sfrutterà questa grande occasione di visibilità? “Affiancando tutti gli enti e collaborando con la Camera di Commercio di Bergamo sulle iniziative di attrattività del territorio. Un ruolo decisivo potrà svolgerlo Visit Brescia, struttura creata dalla Camera di Commercio di Brescia per promuovere la cultura e il territorio bresciano”. Quali sono i monumenti o i siti culturali che andrebbero maggiormente valorizzati in città e in provincia? “L’elenco sarebbe davvero lungo. Su tutti, citerei la Brescia romana e il Castello, per quanto riguarda la città. Per la provincia, il Vittoriale degli italiani, le Terme di Catullo, il Santuario della Madonna della Neve, il castello di Padernello, il Monastero di S. Pietro in Lamosa ed i siti archeologici della Valle Camonica”. Quali eventi/manifestazioni non dovrebbero mancare nel cartellone degli appuntamenti che verranno allestiti per far conoscere meglio lo spirito della Leonessa? “In attesa di definire un vero e proprio calendario, l’intenzione è comunque quella di utilizzare un importante spazio ricettivo quale il Brixiaforum (ex Fiera di Brescia) per riaffermare l’importanza di Brescia quale una delle capitali della manifattura italiana. Sarebbe importante organizzare un grande evento, volto a formulare indicazioni di politica industriale a Brescia ed all’Italia per i prossimi anni; un’occasione per tutti i settori, per raccontare i percorsi di sostenibilità da sviluppare nel prossimo futuro e divenendo attori partecipi di un progetto nazionale”. Una parola chiave su cui far leva per la Brescia dei prossimi anni? “‘Brescia futura’: ciò che abbiamo davanti non sarà uguale a quanto visto in precedenza. Occorre, da subito, impostare una nuova visione del futuro”. Per quale motivo crede che essere eletti Capitale Italiana della Cultura possa avere ripercussioni positive sulla nostra città? “Perché vi sarà un’importante valorizzazione in termini di immagine e un notevole ritorno economico per il grande afflusso di visitatori, anche qualificati, che diventano a loro volta ascoltati testimonials. Si tratta poi di una grande occasione per una complessiva crescita culturale di tutta la cittadinanza”. Cosa conosce di Bergamo e, nel caso, qual è il luogo che invidia maggiormente ai cugini orobici? “La “Città Alta”, nel suo complesso, è un vero gioiello da valorizzare sempre più a livello internazionale”. (Tommaso Revera)
roberto saccone PRESIDENTE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI BRESCIA Fotografia Sergio Nessi
Gianpaolo paci
TITOLARE DELLA GALLERIA PACI CONTEMPORARY DI BRESCIA
Brescia e Bergamo saranno Capitali Italiane della Cultura nel 2023. Cosa ne pensa di questo prestigioso riconoscimento? “Penso che questo prestigioso riconoscimento, meritato per la nostra città, sia solo che positivo. Affinché l’evento porti con sé il successo sperato, sarà fondamentale creare una collaborazione armonica tra Enti Pubblici e Privati in modo che entrambi possano esprimersi al meglio. Spero dunque che l’amministrazione della città volga lo sguardo e coinvolga tutti i promotori di cultura, comprese gallerie e fondazioni private, che da anni contribuiscono ad accrescere il valore della città”. Quali sono le iniziative secondo lei sulle quali bisognerebbe puntare per mostrarsi all’altezza agli occhi di cittadini e turisti? “Bisogna sempre puntare sulla qualità dei progetti, perciò mostre di livello e di natura curatoriale legate a diversi settori artistici che si possano intrecciare con la storia della città. Non vorrei essere ripetitivo, ma sottolineerei nuovamente come questi eventi possano essere iniziativa sia di pubblici che di privati purché di gran spessore e rilevanza”. Come immagina la nostra città nel 2023? “Brescia come tante altre città è stata duramente colpita da questo duro periodo, ma ha tanto da offrire ed uno spirito da “Leonessa” che la contraddistingue, perciò guardiamo positivamente al futuro!!!”. Come si organizzerà l’attività della sua galleria in vista di quell’anno? “Siamo sempre stati disponibili a collaborazioni con enti pubblici. Di conseguenza saremmo ben lieti di partecipare se la città di Brescia dovesse chiedercelo. In quel caso saremo disponibili a creare una mostra che possa unire le caratteristiche e i progetti della nostra galleria alla storia della città e al tema dell’evento”. Quali sono i monumenti o i siti culturali che andrebbero maggiormente valorizzati in città e in provincia? “La città di Brescia ha un patrimonio vastissimo e in alcuni settori ben valorizzato. Porrei solo un pò più di attenzione sulle realtà private e un unico appunto…peccato non ci sia un museo di arte moderna e contemporanea in una città come Brescia! Brescia ha un centro storico bellissimo ma poco conosciuto. Ci sono tantissime piazze, chiese, vicoli che trasudano di storia e bellezza...basta sceglierne qualcuna a caso!!!! Sarebbe già un inizio per farle riscoprire al grande pubblico…”. Quali tipologie di eventi/manifestazioni non dovrebbero mancare nel cartellone degli appuntamenti che verranno allestiti per far conoscere meglio lo spirito della Leonessa? “Quantità non vuol dire qualità, lo ripeto. Meglio meno mostre ma di caratura curatoriale di livello. Fondamentale è il ruolo del Museo Santa Giulia che dovrà essere capace di creare un evento unico e irripetibile, non per forza legato ad un nome famoso, ma geniale nella scelta del tema. Se il tutto funzionerà, questo Museo avrà un potere attrattivo nei confronti del pubblico che non potrà non ripercuotersi positivamente su tutte le altre iniziative”. Una parola chiave su cui far leva per la Brescia dei prossimi anni? “Una? Rilancio con due concetti… genialità e follia unite in una visione a 360 gradi! Parola d’ordine…intraprendenza!”. Per quale motivo crede che essere eletti Capitale Italiana della Cultura possa avere ripercussioni positive sulla nostra città? “Sarà sicuramente un’importante occasione per far conoscere il nome di questa bellissima città non solo ai turisti ma anche ai propri cittadini, riscoprendo angoli spesso sottovalutati ma dal valore inestimabile e alimentando lo spirito e l’iniziativa di tutte le realtà coinvolte, culturali e non…”. Cosa conosce di Bergamo e, nel caso, qual è il luogo che invidia maggiormente ai cugini orobici? “La Gamec di Bergamo, Brescia sicuramente non può non averla! È un luogo pazzesco e questa riflessione porta con sé un velo di sana invidia!”. (Tommaso Revera)
CAPITALE ITALIANA
t culura DELLA
CAPITALE ITALIANA
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Chediamo ad Andrea Bonacina, titolare dello Studio d’Arte San Tomaso, cosa conosce del progetto “Bergamo - Capitale della Cultura 2023” e cosa ne pensa... “Ho sentito parlare dell’evento e, come cittadino bergamasco, credo che, sia un’occasione davvero molto importante visto anche il periodo che abbiamo passato. Inoltre, penso anche che sia un buon motivo di rilancio non solo per la città ma anche per la provincia bergamasca così come per Brescia e il suo hinterland”. Pensa che un evento simile possa ridare a Bergamo una nuova veste di città culturale agli occhi dei turisti? “Il turismo in città c’è sempre stato grazie anche alla presenza dell’aeroporto e anche per altre attività che sono successivamente nate. La speranza è che questo evento porti un turismo più di qualità: un turismo dove chi viene a Bergamo abbia la voglia di conoscere di più le bellezze del territorio, magari scoprendo qualche gioiello nascosto nelle Valli piuttosto che nella zona dei laghi, invece di concentrarsi sui monumenti più noti. Dopotutto, il bello dell’Italia è che in qualunque paese si vada, è facile trovare luoghi o specialità particolari. Sono convinto che Bergamo non ha nulla da invidiare ad altre città, bisogna solo trovare il modo per valorizzare delle eccellenze che altri ci invidiano”. Come immagina Bergamo nel 2023? Quali cambiamenti vorrebbe suggerire all’amministrazione? “Impresa titanica! Tuttavia, negli ultimi tempi ho visto che il Comune si è dato molto da fare per il rifacimento della città, poi i gusti son gusti, però non si può negare che un restyling è stato fatto. Da qui al 2023 spero che venga valorizzata di più la zona di Via Broseta e di Via San Lazzaro così come sono stati realizzati dei progetti di modifiche per il centro di Bergamo, da Via XX Settembre a Via Zambonate. Una cosa che vorrei sottolineare è che gli stranieri. quando arrivano all’inizio di Via Broseta. si fermano e poi tornano indietro come se avessero la sensazione di entrare in un luogo diverso quando, invece, non è così dato che quartieri come Borso San Leonardo sono diventati la zona degli antiquari e delle gallerie d’arte”. Che possa quindi diventare il quartiere dell’arte? “Sì, dopotutto gli antiquari si concentrano qui ed è bello immaginare che queste vie possano diventare una “piccola Brera” di Bergamo”. Come gallerista pensa di organizzare qualcosa? “Sì, ci stavo giusto pensando. In realtà avrei già voluto organizzare qualcosa quest’anno per il venticinquesimo anniversario della mia attività ma per via del Covid ho dovuto posticipare. Mi piacerebbe comunque pianificare, avendo davanti un paio d’anni anche se poi il 2023 non è così lontano, qualcosa di molto particolare visto che il mio è sì un lavoro, ma soprattutto una passione. Avere la possibilità di andare a cercare e scoprire qualche opera e averla magari solo per una settimana, prima che torni in qualche collezione privata per chissà quanto tempo, è un’emozione particolare. Comunque sia, per il 2023 la voglia di fare c’è ed è questo quello che conta”.
Andrea bonacina
STUDIO D’ARTE SAN TOMMASO DI BERGAMO
Fotografia Sergio Nessi
A cura del Direttore Sanitario Doryan Medicina Estetica Dr. Gianluca Doria e il Dr. Jacopo Gallotti
MEDICINA E CHIRURGIA ESTETICA DORYAN MEDICINA ESTETICA PROPONE TRATTAMENTI DI MEDICINA E CHIRURGIA ESTETICA E DI CHIRURGIA PLASTICA ESTREMAMENTE INNOVATIVI ESEGUITI CON PRODOTTI DI ALTISSIMA QUALITÀ E STRUMENTAZIONI ALL’AVANGUARDIA Il miglioramento dell’aspetto fisico, dell’immagine e della bellezza è divenuto col passare degli anni ormai una pratica abituale, un’opportunità da cogliere sia per correggere eventuali inestetismi, sia per rallentare i segni dell’invecchiamento. Come ci ha spiegato il Dott. Jacopo Gallotti, chirurgo plastico, ricostruttivo ed estetico di Doryan Medicina Estetica, “non ci sono dubbi sul fatto che la medicina e la chirurgia estetica sono ormai ‘sdoganate’. Il ritocco non solo non è più nascosto ma anzi esibito e consigliato. Ciò che è importante sottolineare, però, è che decidere di sottoporsi ad un trattamento medico estetico o ad un intervento chirurgico è però una scelta seria. Di certo individuare un medico specialista è il primo passo importante da compiere, ancora più importante è la scelta di un professionista con il quale ci si possa ritrovare e sentire a proprio agio. Io e il Dr. Gianluca Doria, con il quale ho il piacere di collaborare, siamo convinti che una scelta coscienziosa non necessariamente debba essere grave o seriosa. Per quanto ci riguarda, infatti, cerchiamo di guidare i nostri pazienti alla scelta giusta in un’atmosfera fatta certamente di attenzione ai minimi dettagli ma, al tempo stesso, rilassata e informale. Siamo convinti che la capacità tecnica debba essere al
servizio dell’empatia che non si impara certo a scuola. Far tornare il sorriso e accrescere l’autostima dei nostri pazienti rappresenta la nostra mission: in questo modo la medicina estetica e la chirurgia plastica divengono non solo uno strumento per migliorare l’estetica del viso o del corpo ma un approccio ‘olistico’ capace di curare corpo e anima. Certo si potrebbe obiettare: ‘Ma come può un intervento al seno migliorare altro che non sia la coppa di un reggiseno?’. Si pensi al fatto che ormai degli interventi che eseguiamo, la maggior parte sono di natura correttiva: un seno troppo abbondante, per esempio, può favorire problematiche della colonna vertebrale. O ancora: alcune particolari condizioni, come le mammelle tuberose o, ancora peggio, gli esiti delle mastectomie post cancro, impediscono ad una donna di sentirsi tale. Le tecniche chirurgiche si sono evolute in maniera da richiedere approcci sempre meno invasivi con un recupero anche molto rapido. Per gli interventi al naso, ad esempio, non si usano più i tanto vituperati ‘tamponi’, così come in seguito ad una mastoplastica, dopo pochi giorni vengono rimosse le medicazioni. La maggior parte degli interventi viene poi effettuata in regime ambulatoriale o di day surgery”.
NELLE IMMAGINI QUI SOPRA VI PROPONIAMO ALCUNI PRIMA/DOPO INERENTI AD ALCUNI DEI PIÙ RICHIESTI INTERVENTI DI MEDICINA E CHIRURGIA ESTETICA/PLASTICA 1) Mastoplastica additiva 2) Mommy Makeover: addominoplastica e mastoplastica additiva 3) Blefaroplastica superiore e inferiore associata a trattamenti di medicina estetica (laser e botulino) 4) Rinoplastica chirurgica
In collaborazione con Doryan Medicina Estetica - Dott. Gianluca Doria Via Mazzini, 4 - Bergamo - Tel. 035 0039228 - www.doryanclinic.com - info@doryanclinic.com
GRANDI RESTAURI. BAGLIORI VENEZIANI Opere di Alessandro Varotari detto il Padovanino E Giulio Carpioni
Padovanino, Trittico di Sant’Andrea post pulitura
Per le opere d’arte il restauro è un intervento necessario, spesso vitale. Questo è il motivo principale che, da tempo, induce la Fondazione Creberg a sostenere un’articolata campagna di restauri, finalizzata alla salvaguardia di un patrimonio comune di valore identitario. Nel Palazzo Storico di Largo Porta Nuova è continuata l’ultradecennale iniziativa “Grandi Restauri” che ha permesso il recupero di numerosi dipinti di Chiese e Istituzioni del territorio nel pieno rispetto delle indicazioni delle competenti Soprintendenze. In 13 anni sono stati eseguiti interventi complessivi su 64 opere, per un totale 98 dipinti, nella Sala Consiliare della banca diventata laboratorio di restauro permanente, oltre ad iniziative svolte direttamente in loco che portano il numero delle opere restaurate a superare ampiamente il centinaio. L’obiettivo della Fondazione è una programmazione mirata che possa salvaguardare e mettere in sicurezza il maggior numero di opere possibile al fine di preservarle da deperimento e dall’oblio e, una volta restaurate, restituirle alle comunità di appartenenza diffondendo capillarmente la conoscenza del nostro rilevante patrimonio storico-artistico in un’attenta operazione culturale e sociale. Le campagne di restauro che si sono succedute in questi anni hanno visto i restauratori lavorare su opere di Lorenzo Lotto, Giovan Battista Moroni, Alessandro Bonvicino detto il Moretto, Alessandro Allori, Palma il Vecchio, Girolamo Romanino, Giandomenico
Padovanino, Trittico di Sant’Andrea, particolare 1
e Gianbattista Tiepolo, Giovan Paolo Cavagna, Andrea Previtali, Matthias Stomer, Antonio Campi, Palma il Giovane, Simone Peterzano e molti altri, ai quali ora si aggiungono quelle di Alessandro Varotari detto il Padovanino, Giulio Carpioni e Vittore Carpaccio. Ogni anno, in primavera e autunno, il pubblico che segue gli eventi della Fondazione è abituato a recarsi a Palazzo per visionare l’avanzamento dei lavori in Sala Consiliare o per ammirarne il completamento fruendo di visite guidate gratuite. Per questo autunno, il perdurare dell’emergenza sanitaria non consente tuttora l’accesso al pubblico nel Palazzo Storico; tuttavia la Fondazione Creberg non rinuncia a presentare le opere dal vivo proponendo una mostra diffusa sul territorio. I “Grandi Restauri” completati nell’ultimo semestre possono essere ammirati sul territorio dopo la loro restituzione al termine dei lavori di ripristino. Le opere di Alzano Lombardo (Padovanino), Bergamo/Santo Spirito (Carpioni) e Bergamo/ Sant’Andrea (Trittico Padovanino) sono visibili nelle Chiese di provenienza, ricollocate nei rispettivi altari, senza particolari modalità espositive. E’ stato altresì realizzato un filmato che illustra la Chiesa, il Trittico e i lavori di ripristino; il video è stato diffuso il 20 ottobre 2020 sul sito www.fondazionecreberg.it cliccando su apposito banner o visitando la sezione “Eventi Virtuali / Grandi Restauri”.
Padovanino, Trittico di Sant’Andrea (particolare e campione di pulitura)
Padovanino, GesĂš Cristo flagellato con S. Alessandro, S. Francesco, S. Antonio Abate e S. Giorgio (particolare)
Trittico di Sant’Andrea
OPERE DI ALESSANDRO VAROTARI DETTO IL PADOVANINO E GIULIO CARPIONI Dal 25 settembre 2020 è possibile ammirare l’esposizione diffusa delle opere restaurate dalla Fondazione in Chiese del territorio bergamasco. Dal 20 ottobre è online il docufilm dedicato ai restauri del “Trittico” di Padovanino della Chiesa di Sant’Andrea in Bergamo Alta. A cura di Angelo Piazzoli e don Giovanni Gusmini Fondazione Credito Bergamasco non rinuncia a presentare le opere dal vivo ideando mostre diffuse, che si aggiungono alle mostre online. I “Grandi Restauri” completati nel semestre possono essere ammirati nella Chiese di appartenenza dopo la loro restituzione al termine dei lavori di ripristino.
Padovanino, Gesù Cristo flagellato con S. Alessandro, S. Francesco, S. Antonio Abate e S. Giorgio, post pulitura
BRUNO VAERINI “Tu sei come una pietra preziosa che viene violentemente frantumata in mille schegge per poter essere ricostruita di un materiale più duraturo di quello della vita, cioè il materiale della poesia”. Così, in una lettera del 1971, Pier Paolo Pasolini scriveva a Maria Callas in cui sottolineava la magnificenza e la bravura della grande soprano in un periodo della sua vita piuttosto complicato. Arte, amore e passione per la musica che, sebbene l’infelicità fosse sempre dietro l’angolo, l’hanno resa un punto di riferimento per le generazioni future. E proprio queste parole di Pasolini si adattano bene per descrivere la figura creativa e anticonvenzionale di Bruno Vaerini.
IL TRITTICO DI OPERE DI PIERO DELLA FRANCESCA RIPRODOTTE SULLA FACCIATA DELLA CHIESA DI SAN GIOVANNI
messaggio potente Lorenzo Boccardini
Bruno Vaerini, bergamasco, è un artista a tutto tondo che ha fatto dell’amore per l’arte uno stile di vita che segue fin da quando ha inaugurato la sua prima mostra nel 1972 alla Galleria della Torre di Bergamo. “Profeta in patria” come ama definirsi è conosciuto a livello nazionale ed europeo grazie ad alcune mostre tenute in città come Colonia, Nancy, Milano e Roma. Accanto all’attività artistica esporta il suo “credo” di passione per la bellezza agli studenti delle principali università italiane e straniere tenendo sempre in alto il vero valore di ciò che si ha difronte. “Spesso - ci dice - abbiamo professori che parlano bene, che sono preparati ma quando lo studente esce dalla porta, beh, finisce tutto”. Sebbene il suo nome sia tra i più ricercati in campo artistico a livello internazionale, è a Bergamo che ha saputo maggiormente esprimere la sua sensibilità. La sua ultima creazione è un trittico composto da pannelli di alluminio grandi 14 metri quadri che riproducono in maniera perfetta l’Annunciazione, la Madonna con il Bambino e il Battesimo di Cristo di Piero della Francesca e sono esposte sulla parete estera della Chiesa di San Giovanni Bosco del Patronato San Vincenzo, in zona Malpensata.
Come nasce questo progetto? “Nasce in un modo incredibile: l’anno scorso prima di Natale don Davide Rota, direttore del Patronato San Vincenzo, conoscitore dell’arte e della sua storia, mi chiama e mi dice che vorrebbe fare qualcosa per celebrare la nascita di Gesù. Però lui non voleva la classica rappresentazione che tutti conosciamo. Così, mi ha dato carta bianca e io ho lasciato correre la fantasia. A un certo punto passando davanti alla facciata esterna della chiesa mi viene l’ispirazione. Avevo trovato il modo di esaudire i desideri di don Davide”. Quale messaggio voleva dare rappresentando tre opere di Piero della Francesca? “Questa è una domanda interessante! Con questo trittico volevo dare un segnale silenzioso ma forte. Un segnale discreto ma potente! Ci sono, nell’arte o nell’architettura, dei gesti molto forti con presenze che hanno della corposità, si vedano per esempio le opere di Francis Bacon, o le figure di Piero della Francesca - oltre al fatto che sia un’artista che amo – che riescono in ogni occasione a comunicare qualcosa. Il volto di Cristo, per esempio, nonostante sia ieratico e denso di devozione ha un’espressività fortissima”.
messaggio potente
BRUNO VAERINI
Com’è stato il processo di lavorazione di questa installazione? “Realizzare l’opera è stato difficilissimo! Sebbene i pannelli siano grandi non volevo restassero freddi. La stampa doveva essere come pastellata per evitare di farla scadere in una sorta di poster pubblicitario. Il mio obiettivo era di dare all’opera un’anima. Ho portato quest’opera sulla strada, non più in una chiesa o in un’accademia ma tra la gente. Portarle fuori ha un significato fortissimo!
Perché il fatto che un dipinto non sia dentro una cattedrale, ma stia all’esterno, significa dare alle persone che camminano per strada uno spunto di riflessione: loro passano e vedono l’opera, si fermano e riflettono su ciò che hanno davanti”. Per lei, un’opera deve necessariamente essere viva? “Assolutamente! Non mi piace quando un’opera è troppo accademica. A me interessa che un’opera parli. Quelle vere non sono solo delle forme immobili, ma celano dei messaggi potenti che però non tutti riescono a cogliere”. Che cos’è per lei la bellezza? “Ah. . . qualcosa di cui abbiamo tanto bisogno! Spesso penso che abbiamo dimenticato che cosa sia la bellezza, ma la bellezza è il cibo dell’anima. Non solo quella materica, carnale ma soprattutto quella dello spirito”. Bellezza, arte, design. C’è differenza tra un pittore, un artista o un architetto? “Io penso che noi designer, architetti, artisti siamo imprigionati in forme di qualsiasi tipo. La forma è un mezzo non è il fine dell’opera. Ed è questo il vero problema! Noi lavoriamo sull’elemento compositivo. L’arte non è fatta per l’artista. Noi siamo solo un mezzo. L’arte è fatta per la vita, per chi passa per la strada e guai se un’opera fosse fine a sé stessa non avrebbe senso. Sarebbe solo una forma vuota. È lì ma non parla ed ecco allora qual è il mio lavoro. . . parlare con l’anima”. Ho saputo che vuole realizzare un progetto a Mantova? “Sì, è vero! Ma questa è un’altra storia che deve essere ancora raccontata”.
Millepiedi DESIGNED BY STUDIO CATOIR
Millepiedi è ispirato dall’archetipo dello sgabello a tre gambe, un oggetto semplice ancorchè curioso e particolare. La ripetizione enfatizza, in maniera giocosa, la bellezza del materiale naturale e del lavoro artigianale richiesto per creare ed assemblare i vari elementi. La moltiplicazione delle gambe evoca spontaneamente l’immagine proprio del “millepiedi.” Il risultato finale è una panca versatile, intreccio di bellezza, eleganza e sopresa. “Bellezza, eleganza e sorpresa sono il cuore del nostro processo creativo. Inaspettate combinazioni di materiali e lavorazioni artigianali di alta qualità sono per noi essenziali.” Studio Catoir Lavorando con artigiani specializzati, Studio Catoir crea interni ed arredi personalizzati collaborando a stretto contatto con i propri clienti. Studio Catoir si dedica ad abitazioni private e boutique hotel, progettando spazi unici che rispecchiano la personalità e le richieste del cliente. Per le loro creazioni, utilizzano materiali e tecniche tradizionali reinterpretando storiche lavorazioni artigianali attraverso il design innovativo.
Panca con cinque sedili ed appoggi a terra intervallati, realizzata interamente in massello di frassino nella finitura ebanizzata a “poro aperto”. Disponibile in frassino tinto bianco, frassino tinto rosso e frassino tinto nero. Dimensioni: L.155 X P.35 X H.42 cm
Marito e moglie, Elisa e Michael si conoscono nel 1997 e fondano lo Studio Catoir nel 2006. Il loro approccio complementare è la chiave del loro processo creativo.
Kilometroverde è un innovativo progetto produttivo-logistico che si sviluppa tra i Comuni di Treviglio e Caravaggio in provincia di Bergamo. L’area, connessa direttamente all’autostrada A35 BreBeMi tramite l’uscita Caravaggio e a soli 3 km dalla linea ferroviaria Milano-Venezia, era originariamente destinata allo sviluppo dell’Interporto di Caravaggio. Rispetto a questo tipo di progettualità con un rilevante impatto di traffico e inquinamento e con poche ricadute occupazionali, la realizzazione di Kilometroverde rappresenta invece una svolta innovativa, insediando un catalizzatore territoriale, epicentro di flussi e di energie di scambio del contesto di riferimento, motore e volano di rilancio dell’economia locale, polo di concentrazione di nuovi posti di lavoro e di creazione di indotto economico. Un ambizioso progetto responsabile e sostenibile che ha come obiettivo anche quello di migliorare e compensare dal punto di vista infrastrutturale il territorio attraversato dalla BreBeMi. Kilometroverde è innanzitutto un progetto incentrato sul concetto di verde intelligente capace di assorbire ogni anno ben 13.848 tonnellate di anidride carbonica: un vero e proprio “bosco” logistico in grado di armonizzare l’inserimento degli edifici, rispettandone le geometrie e sulla base di un innovativo piano di architettura e di paesaggio.
KILOMETROVERDE, Treviglio e Caravaggio: SVILUPPO SOSTENIBILE E VERDE INTELLIGENTE
La dotazione del verde è ragguardevole ed è la ragione primaria del progetto: 265.000 mq di fascia di compensazione ambientale, 25.000 tra alberi e arbusti di cui 5.198 nuovi esemplari arborei scelti tra i più performanti per lo stoccaggio di CO2, 8 stanze verdi e 27.200 mq di bacini naturali di drenaggio nella quale coesisteranno in uno stesso ecosistema diverse specie animali e vegetali. Sono inoltre previsti 3 km di canali per il recupero dell’acqua piovana, una soluzione sostenibile di grande importanza per il risparmio idrico, secondo le più recenti tecniche di mantenimento dell’invarianza idraulica. Un reale chilometro lineare di verde lungo l’autostrada che si pone a compendio di una visione unitaria e organica di pianificazione del territorio, creando un parco industriale - logistico di rilevanza nazionale, nonché concept identitario di un progetto innovativo e fortemente eco-sostenibile.
Kilometroverde è progettato da The Blossom Avenue, studio di urbanistica e architettura specializzato nel design di complessi innovativi e di rigenerazione sostenibile del territorio, coadiuvato da SAP - Studio Architettura Paesaggio dell’Architetto Luigino Pirola, (Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana Architettura del Paesaggio fino al 2019 e docente al corso di Pianificazione e Gestione Paesaggistica all’Università degli Studi di Bergamo), riconosciuto per i progetti che affrontano la struttura e l’evoluzione dei paesaggi, evidenziandone le dinamiche, le vocazioni e gli impatti del nuovo. La sinergia tra queste due importanti realtà ha permesso di realizzare un progetto che agevola lo sviluppo della logistica green attraverso la valorizzazione di tecniche innovative di mobilità sostenibile. Il sito è infatti raggiungibile tramite mezzi pubblici grazie alla prossimità delle due stazioni ferroviarie di Vidalengo (la stazione è confinante) e Treviglio (a 3 km). Sarà realizzato un percorso ciclo-pedonale di 3 km che connetterà Caravaggio con Vidalengo. L’accessibilità veicolare al comparto avverrà attraverso un rapido collegamento di 1,3 km dal casello di Caravaggio che in questo modo esclude il passaggio dei mezzi pesanti dai centri abitati. Il progetto di elettrificazione della BreBeMi sarà supportato dall’installazione di 150 colonnine all’interno di Kilometroverde per la ricarica dei veicoli elettrici, mentre in fase più avanzata verranno istituite stazioni di rifornimento dei mezzi a idrogeno. Il progetto, secondo le linee guida Europee, si inserisce negli scenari di più alto livello di consolidamento del corridoio italiano Est-Ovest ed Europeo Lisbona-Kiev, di cui la BreBeMi costituisce una spina dorsale strategica. Luigino Pirola - SAP Studio Architettura Paesaggio
Kilometroverde interpreta e si inserisce nel sistema ambientale esistente e, più in generale, nel contesto paesaggistico locale, con l’obiettivo di dare continuità e migliorare gli elementi preesistenti tipici della campagna bergamasca anche grazie allo studio degli indicatori spaziali di ecologia del paesaggio: la grana delle tessere del mosaico paesaggistico, la matrice, gli apparati paesaggistici, la biopotenzialità territoriale, hanno infatti dato valori in miglioramento, grazie a tutte le opere a verde previste. Kilometroverde persegue l’ottenimento delle certificazioni ambientali dagli enti più autorevoli di competenza - LEED e BREEAM - massimizza la sostenibilità energetica degli edifici, riducendo al minimo i consumi, progetta un comportamento energetico virtuoso degli edifici. Verranno installati un numero di pannelli solari molto oltre il minimo previsto dalla legge per un totale di 150.000 mq che assicureranno una produzione di energia equivalente ai consumi degli edifici. I fabbricati saranno progettati secondo le più recenti tecniche di assemblaggio a secco, con fondazioni puntuali e poco profonde, con rivestimenti esterni in pannelli sandwich e strutture facilmente smontabili e riciclabili. Il tutto per dare un vestito leggero alla funzione produttiva logistica, temporanea grazie al suo delicato appoggio al suolo, e flessibilmente pronta ad eventuali riconversioni su lunghe prospettive. Gli edifici illuminati con moderne tecnologie a LED garantiscono il risparmio energetico riducendo a zero le emissioni in atmosfera.
Marco Facchinetti - The Blossom Avenue
KILOMETROVERDE
Evidenti sono le opportunità per l’economia locale attraverso la creazione di nuovi di posti di lavoro ad alta specializzazione (incremento diretto a favore dei dipendenti provenienti dal bacino primario) anche grazie al sostegno di ABF (Azienda Bergamasca Formazione) per proporre nuovi corsi di formazione per addetti alla logistica specializzata. A questo va aggiunto l’incremento indiretto, derivante dalle ricadute positive per le aziende locali che beneficeranno dell’indotto. Per le amministrazioni locali, il progetto prevede circa 24 milioni di euro di oneri di urbanizzazione: 18 milioni al Comune di Caravaggio e oltre 6 al Comune di Treviglio, che potranno essere impiegati per ogni funzione pubblica a vantaggio delle comunità locali. Integrando così la visione verde delle grandi superfici alberate, la visione blu degli specchi e dei corsi d’acqua, la visione leggera dello spazio costruito e la visione unitaria di lungo termine, ne nasce un progetto capace di rispettare le più volute linee di pianificazione del territorio. Si evita inoltre la dispersione di tanti edifici sul territorio, concentrando lo sviluppo in aree già destinate, e salvaguardando la compattezza residua del sistema agricolo, già troppe volte ritagliato dallo sviluppo del passato. Kilometroverde rappresenta un progetto innovativo nella sua concezione e viene ora presentato alle comunità locali offrendo una visione intelligente e sostenibile rispetto al passato.
fuochi di paglia di Giorgio Paglia www.fuochidipaglia.it IL MONDO CHE CAMBIA
La pandemia sta cambiando l’economia dei paesi e la psiche delle persone. I popoli, grazie ai potenti mezzi dei media odierni, sono spinti a valutare solo le conseguenze sanitarie del Covid19, ma i suoi risvolti sono molteplici e enormi. Nel frattempo stiamo imparando, in questo stato di emergenza, a sottostare come tante pecore a nuovi leggi e regolamenti che limitano ogni giorno la libertà personale. Ci vengono forniti dati massivi, senza una spiegazione puntuale, solo per terrorizzarci sempre di più. E più proviamo terrore e più diventiamo obbedienti. Ad esempio, ci è stato spiegato se il numero dei ricoveri nelle terapie intensive è riferito solo alla causa Covid, o anche ad altre patologie? Lo sapevate che per fare dei tamponi, dall’esito dubbio, l’Italia ha già speso oltre 1 miliardo di euro? Siamo stati informati che tutte le migliaia di miliardi di debito che gli Stati stanno accumulando ogni mese, saranno da restituire con gli interessi dalle generazioni future? E come? Ve l’hanno detto chiaramente che perderemo milioni di posti di lavoro e che migliaia di famiglie precipiteranno nella povertà assoluta e che le nuove generazioni sono senza fondi già adesso? Ho parlato recentemente con un medico il quale mi ha confermato che all’inizio della pandemia, non essendo nemmeno autorizzate le autopsie, i pazienti morivano per mancanze di cure specifiche e per la somministrazione di farmaci non efficaci (o addirittura controproducenti), che hanno causato soprattutto trombi, occlusioni arteriose, ischemie e ictus? Come mai non ci vengono date le percentuali esatte delle morti causate unicamente dal Covid? E come mai ci viene proposto un vaccino che non rispetta i normali tempi di sperimentazione? Che conseguenze non mediche ha un’applicazione (Immuni) che pedina in ogni momento almeno sette milioni di italiani? Perchè, con tutti i servizi segreti che lavorano sul pianeta, non viene detto chiaramente se questo è un virus naturale, o modificato in laboratorio e fatto circolare di proposito? E qual è oggi l’effettiva potenza della sua carica virale? Perchè nessuno chiede i danni alla Cina, da dove è partita la pandemia? Sappiate che chi scatena la paura nelle masse è in grado di controllare il mondo con qualsiasi mezzo il quale, grazie al terrorismo globale, diventa così lecito. Bene, esiste un nuovo inquietante brevetto, legato al Covid e presentato da Bill Gates. E’ il brevetto WO/2020/060606 (strano, proprio il numero dell’Apocalisse!) registrato da Microsoft il 26 marzo 2020. Andate a leggere su internet di cosa si tratta, ma vi posso anticipare che si parla di “sistema di criptovaluta che utilizza dati relativi all’attività corporea”. E capirete i collegamenti che ha con il Covid19, le sue conseguenze economiche e psichiche, e i potenti del mondo (Rockefeller Foundation inclusa). Ma pochi ne parlano e quasi nessuno sa che esiste. Perchè? Non si tratta di essere negazionisti per capire che questo virus distruggerà la società attuale a favore di pochi potentissimi. E per le loro occulte finalità, i 7 miliardi di abitanti del pianeta Terra sono persino troppi. Quindi apriamo bene gli occhi e non facciamoci lavare il cervello! Microchip, 5G, valute virtuali, psico virus e applicazioni varie permettendo. ALLA PROSSIMA E IN ALTO I CUORI. Anche su Twitter: @Fuochidipaglia
Automobili Lamborghini presenta la Urus Graphite Capsule, una collezione di nuovi colori e finiture per il Super SUV Lamborghini. I nuovi quattro colori opachi per l’esterno sono di tendenza, ma mai eccessivi, come il Bianco Monocerus, il Nero Noctis e le due tonalità di grigio Nimbus e Keres, che ritroviamo anche nei componenti inferiori frontali e posteriori della vettura, così come nelle soglie laterali. Tonalità brillanti e più vivaci come l’Arancio Leonis, l’Arancio Dryope, il Giallo Taurus e il Verde Scandal, valorizzano le linee distintive dello splitter frontale, degli inserti porta e dello spoiler posteriore della Urus, rendendola ancora più riconoscibile e accattivante. Anche i cerchi Taigete da 23”, in esclusiva per la Graphite Capsule, riprendono queste nuances brillanti, mentre nella parte posteriore il terminale di scarico sfoggia una finitura cromata nera dedicata. La Urus Graphite Capsule porta il potenziale di personalizzazione a un livello superiore, proponendo oltre 16 diverse combinazioni di colore per soddisfare anche le richieste dei clienti più esigenti.
Gli interni sono emblematici del carattere elegante e raffinato della Urus Graphite Capsule e offrono finiture in alluminio scuro anodizzato per il quadro strumenti e i pannelli delle porte, oltre che nuovi inserti in fibra di carbonio opaca. I colori brillanti dell’esterno ritrovano continuità negli interni della Urus Graphite Capsule, arricchendo la tappezzeria con il colore a contrasto nella finitura in pelle del tunnel centrale, negli inserti della seduta del sedile, nelle cuciture Q-Citura e nel logo Lamborghini ricamato sui poggiatesta. I sedili in Alcantara ventilati, recentemente introdotti con la Pearl Capsule, sono un optional esclusivo disponibile solo per la Urus Graphite Capsule. “La nuova Graphite Capsule conferma nuovamente l’inimitabile versatilità di Lamborghini Urus e la sua natura di Super SUV: i suoi colori e il suo stile si adattano a qualsiasi contesto e ambiente, dove le elevate prestazioni si combinano al lifestyle.” ha affermato Giovanni Perosino, Chief Commercial Officer di Automobili Lamborghini. “Il design di Lamborghini Urus, dal DNA tipico del nostro marchio, si presta ad un’infinità di potenziali personalizzazioni di colori e finiture. Con la Urus Graphite Capsule, l’ultima collezione dedicata alla personalizzazione, la nostra sempre crescente clientela potrà trasformare la propria Lamborghini in una vera affermazione di sé, del proprio carattere e stile di vita”.
Urus Graphite Capsule
LA URUS GRAPHITE CAPSULE È DISPONIBILE SUL MODEL YEAR 2021 DI URUS
Politicando di Maurizio Maggioni
il mondo non si è fermato mai un momento Jimmy Fontana cantava che il mondo non si è fermato mai un momento, che dopo la notte sempre il giorno verrà… Quanto è attuale questa canzone, molto bella, potrebbe essere presa come motivo conduttore di questa stagione: una stagione che fatica a passare, non a causa del virus e o delle pandemie, bensì per l’insipienza del genere umano, in generale, ma soprattutto dei suoi rappresentanti politici. Abbiamo una classe dirigente impreparata ed imbelle... dai burocrati ai politici, se ne salvano pochi, veramente pochi. Non riescono a vedere al di là della propria mascherina, (il naso è coperto per cui…). Non hanno capito la lezione e con loro molti miei colleghi medici si sono allineati e coperti alle assurde indicazioni governative: si indignano sui social, fanno la guerra dei “Mi piace” ma poi rimangono inattivi. Analizzando ciò che succede vediamo che il PIL italiano perde circa il 10%, quello europeo circa il 12% (e nessuno lo dice) quello mondiale non è dato di sapere, ma quello cinese fa più 14%. Che strano!. I nostri morti sono abbastanza alti nelle nazioni che non hanno voluto capire che cosa stesse succedendo, come la Francia, la “grandeur” impreparata, la Gran Bretagna, la perfida Albione che ama i greggi ed è anti UE, la Spagna di gitana memoria, mentre la Germania ha ben capito che, aver tenuto nascosto i dati e le informazioni iniziali, ha fatto male a tutti ed ora anche a se stessa; sia per il numero di contagi che aumentano esponenzialmente, sia per l’economia che non tira più. Senza gli acquirenti italiani la loro locomotiva si ferma, infatti gli inviti a salvarci sono molteplici, dal turismo consigliato ai nostri cibi da preferire. Invece in Cina abbiamo sempre gli stessi 3000 contagi, di morti non se ne parla e tutto fila liscio. Il Vaticano che ha il miglior servizio segreto del mondo tramite le proprie Nunziature non ci fornisce alcun dato. Nessuno parla più di OMS cinesofila e di dirigenti incapaci ancora in carica, ma i nostri governanti hanno perso 6 mesi a parlare di banchi con le rotelle, monopattini elettrici, tutor etc. etc. etc.. Tutti aiuti per le industrie, per creare pseudo occupazione, giustificare i redditi di cittadinanza inutili: i prestiti governativi garantiti dalle banche, che lucrano assai e i costi reali sono mediamente anche del 3%, per cui…
Nessuno ha proposto piani strategici seri. Incredibile ma vero!! A causa di queste gravi mancanze l’economia si fermerà di nuovo rallentando all’inverosimile, per cui arriverà una patrimoniale aggiuntiva alle altre già presenti, una rimozione dell’esenzione dall’IMU sulla prima casa e altre accise che già stanno arrivando nelle bollette energetiche. Era troppo semplice predisporre piani di organizzazione sanitaria che prevedessero il 30% in più di posti di rianimazione in ogni ospedale, squadre organizzate di sanitari per le visite domiciliari “a rischio”, ambulatori Covid ricettivi, piani di trasporto che indicassero orari e scaglioni specifici, secondo le professioni, dagli studenti ai lavoratori: predisporre convenzioni con i trasportatori che non hanno lavoro e potevano mettere i loro mezzi a disposizione, con i tassisti per i tragitti a corto raggio, orari programmati e scaglionati per le entrate delle scuole e la didattica a distanza già indicata sin dall’inizio dell’anno, i medici di famiglia riorganizzati territorialmente con orari di visita flessibili e con tutto ciò di cui necessitano per la loro professione. Troppo facile organizzarsi quando si ha tempo risorse e disponibilità; invece si vuole tenere il popolo sotto la pressione mediatica della paura per convincerlo che siamo alla fine del mondo. Gli italiani, i bergamaschi lo dimostrano ogni giorno e lo hanno appena dimostrato, sanno organizzarsi e difendersi da soli con i loro mezzi ed i loro risparmi: non hanno bisogno del MES o di altro, hanno solo bisogno di certezze ed indicazioni concrete. Non pensate ch’io sia impazzito, ma se la Cina produce e noi no dobbiamo chiederci perché, se noi abbiamo i conti correnti pieni e gli altri paesi no, dobbiamo solo capire perchè. Se l’Europa ci teme e vuole governarci ci sarà un motivo o no? Semplicemente noi risparmiamo, purtroppo compriamo cinese, le nostre industrie sono sane e garantiscono il lavoro ai loro dipendenti, abbiamo cambiato le nostre abitudini di vita e migliorato i rapporti familiari ed interpersonali, non viviamo nel terrore della morte e del futuro nefasto, siamo come al solito positivi, pragmatici, lavoratori e uomini liberi di forte carattere. “SOTTO LA CENERE IL FUOCO” L’OMS non ci tutela, il governo è allo sbando, i sindacati non esistono, la magistratura è dormiente, i sindaci fanno quello che possono e rischiano in prima persona, i singoli si organizzano e tutti lavorano di più e spendono di meno, cioè guadagnano e risparmiano. Il vero problema è che nessuno ha la sfera di cristallo per sapere cosa succederà, tutti hanno paura. Quelli al governo temono cosa potrebbe succedere, sapendo di essere colpevoli di non aver predisposto i corretti protocolli per arginare la seconda ondata, con loro i burocrati che non sanno scrivere leggi e DPCM (sembra una bestemmia) talvolta ridicoli. Gli unici sono i nostri infermieri, i volontari, i medici e paramedici che lavorano e non sono stati gratificati per ciò che hanno dato pochi mesi fa, anzi molti sono stati puniti per aver detto la verità. Molto probabilmente molti di loro si ammaleranno la prossima volta, non staranno più in trincea per essere chiamati eroi e poi dimenticati, ma grazie a Dio non vi sarà bisogno di un altro Piave. I nostri ricercatori avranno il Nobel, i funzionari delle ASL- ATS- Ospedali, lavorano alacremente senza risparmiarsi, ma se il governo, anzi i governi visto che ne abbiamo 20 oltre a quello centrale, non riescono a capire l’entità del problema ed i nostri parlamentari, di tutti i colori, pensano solo a se stessi, allora si metterà veramente male. Nel momento del bisogno la politica deve dare il meglio di se stessa, deve unire, ascoltare e non dividere, tanto nessuno impererà a lungo; deve avere il coraggio di scelte forti, speciali, libere da interessi personali ed ideologici. Il Popolo è quasi al limite della sopportazione, spera sempre che tutto passi in fretta, è disposto a soffrire ma vuole vedere la luce alla fine della galleria. Non approfittatene, politici d’ogni colore, per prendere sempre più potere: siate forti, unitevi e miglioratevi. I nostri scienziati sono i migliori. Fatevi fare un piano credibile per uscire da questo stallo, discutendone nelle sedi opportune, non in televisione. Tanto si sono resi visibili per supportare le loro evanescenti e contrapposte tesi pseudoscientifiche che… Non ci fregate con i bollettini di guerra, noi ascolteremo sempre Radio Londra sapendo che il mondo continuerà a girare. Buona salute a tutti.
I giovani e il FASCISMO
MUSSOLINI E QUELL’ITALIA CRESCIUTA COME BALILLA. A PALAZZO MARTINENGO A BRESCIA UNA MOSTRA CON FOTO INEDITE E OGGETTI RARI SUGLI ANNI IN CUI IL DUCE FORGIÒ UNA NUOVA NAZIONE
Brescia. Su... su... su.../ Se ci monti tu,/ questa Balilla qua/ come una freccia va..., versi di Luciano Ramo, musica di Vittorio Mascheroni, due vere icone musicali fra gli anni Venti e Trenta quando tutto in Italia parlava di fascismo - che la Fiat scritturò per la pubblicità dell’automobile Balilla... Eccone qui un esemplare, originale e rilucente, nel cortile interno di Palazzo Martinengo. Poco più avanti, prima dell’entrata, tre sagome di piccoli Balilla: fez in lana nera con fregio dorato, pantalone corto in lana grigioverde e saluto (che sembra un «Ciao, ciao») romano...
I giovani e il FASCISMO
E poi, dentro, lungo tutto il piano terra del palazzo, centinaia di pezzi originali, tutti provenienti da collezioni private, mai visti prima - tra fotografie di padri, nonni, parenti in orbace, libri e moschetti, e lettere di familiari sorprendentemente osannanti il Duce che ricostruiscono l’universo plasmato dal fascismo, vero esperimento collettivo di rivoluzione antropologica (straordinariamente copiato da dittatori di ben altra tempra, come Hitler e Stalin) volto a rigenerare il carattere di un popolo per fare degli «italiani nuovi». Oggi Balilla, domani soldati di un’Italia in guerra per l’edificazione di un Impero. Crescere, obbedire, divertirsi, e un domani combattere... «Noi siamo, come in Russia, per il senso collettivo della vita, e questo noi vogliamo rinforzare, a costo della vita individuale... Naturalmente questo stupisce gli stranieri!”.
I giovani e il FASCISMO “L’uomo già a sei anni viene tolto in un certo senso alla famiglia, e viene restituito allo Stato a sessant’anni”. Benito Mussolini, 1932. Brescia, 2020. Benvenuti alla grande mostra I giovani sotto il fascismo. Il progetto educativo di un dittatore, curato da Roberto Chiarini e Elena Pala (fino al 22 novembre): sei sale, un percorso che unisce allestimenti scenografici e rigore scientifico, una rilettura critica del Ventennio senza demonizzazioni o esaltazioni, un catalogo iconograficamente ricchissimo (con interventi, fra gli altri, di Emilio Gentile, Daria Gabuti, Marco Cuzzi, Emanuela Scarpellini, Giuseppe Parlato e Emanuele Cerutti), e centinaia di oggetti di vita quotidiana, provenienti in particolare dalle collezioni di Mario Valzelli, bresciano, e Franco Mesturini, di Mortara, quest’ultimo proprietario di un fondo di 44mila fotografie solo sulla gioventù negli anni del fascismo. Ed eccola qui quella gioventù, foto ricordo dopo foto ricordo, divisa dopo divisa, adunata dopo adunata: come crescere da Figlio della Lupa (tra i quattro e gli otto anni) a Balilla (dagli otto ai tredici), da Avanguardista (da quattordici a diciassette) a Giovane fascista (da diciassette a ventuno) fino a Militare. Ecco come si forgia un popolo che crede ciecamente al proprio Duce: immergendolo fin dalla nascita (qui c’è una partecipazione di Battesimo per il nuovo arrivato della famiglia Cerino, nome: Bruno Benito Vittorio, 2 febbraio 1942, con il disegno di un neonato, nudo, ma con fez e bandoliera) in un mondo fatto di oggetti fascisti, parole fasciste, gesti fascisti.
I giovani e il FASCISMO
Diventare tutti figli di Mussolini senza accorgersene...“Creare un ordine nuovo comportava creare un nuovo italiano - ci dice accompagnandoci fra le sale Roberto Chiarini, per anni docente di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano - e chi meglio dei giovani si offriva al dittatore come docile creta con cui forgiare un futuro soldato, votato a donare la vita alla causa del nazionalismo?”. “Sulla generazione dei nati nel Ventennio - fa eco Elena Pala, professore alla stessa Università, mentre sistema le ultime didascalie e chiude le bacheche - il regime riversò tutte le sue energie. I grandi erano già perduti, i piccoli erano ancora vergini, da formare. E così li immerse in un universo di simboli, riti, pratiche educative e ricreative che ne plagiarono la coscienza». Ordine e disciplina. E la mostra, ordinatamente, ricostruisce il percorso attraverso il quale Italia e fascismo costituirono un’identità perfetta, indissoluta, inalterabile. La sezione «La patria in camicia nera» apre le porte alla fabbrica del consenso del regime, che investiva ogni assetto della quotidianità: il marchio Balilla ovunque, bicchierini Balilla, lamette da barba Balilla, una pianola giocattolo che suona solo l’Inno Balilla, il calendario dell’Anno fascista, un set fascistissimo da scrivania, soldatini in orbace, medaglie e gagliardetti, e la radio Balilla costruita con materiale autarchici... E su una parete della seconda sala è stato riprodotto un affresco degli anni Trenta, recentemente restaurato, della chiesa di Bagnolo Mella, a pochi chilometri da Brescia, con il vescovo e tre Balilla che lo accompagnano. Ecco il significato di «Dio, Patria e famiglia». Poi «La Scuola»: con la ricostruzione di un’aula dell’epoca, con il pavimento originale, i banchi dell’asilo e delle elementari (nel legno è incisa la frase «Credere, obbedire, combattere»), il crocifisso, la foto del Re e quella di Mussolini (del resto «Bisogna che la scuola sia profondamente fascista in tutte le sue manifestazioni», Benito Mussolini, 1935), la lavagna e le cartine geografiche dell’Impero con tanto di bandierine per segnare le nuove conquiste. E se raccoglievi abbastanza punti con le caramelle Elah potevi vincere la mappa dell’Etiopia. «L’Italia fascista è un’immensa legione che marcia sotto i simboli del Littorio verso un più grande domani nessuno può fermarla, nessuno la fermerà». Lì, su una parete - ma quasi non te ne accorgi, così come non ti ricordi i trascorsi di certi intellettuali - c’è la fotocomposizione fatta da Bruno Munari per la Rivista illustrata del Popolo d’Italia della statua in marmo di Carrara Era fascista (ma detta da tutti Il Bigio) realizzata nel ‘32 dallo scultore Arturo Dazzi e collocata in piazza della Vittoria qui a Brescia (ma oggi è in un magazzino, per evitare proteste dell’Anpi).
I giovani e il FASCISMO
Le mostre, i libri, la ricerca scientifica servono proprio a questo: a contrastare i furori della cancel culture. Si prosegue nella lunga marcia del Fascismo. «Le colonie», «Il tempo libero» - e qui le foto sono spettacolari, nel loro spensierato consenso - e «Lo sport»: c’è persino la maglia del campione mondiale di ciclismo su pista del ‘34, Benedetto Pola, con la prima pagina della Gazzetta dello sport... Erano gli anni dei due Mondiali vinti dalla squadra degli Azzurri, delle avventure di Mandrache (ecco l’albo Il mago dello sport) e dei Littoriali. “L’atleta è l’espressione più sublime della vitalità di un popolo” recita l’Annuario dei Littoriali dello Sport del 1940. In una saletta di raccordo c’è anche un lungo video, di oltre un’ora, con i filmati dell’Istituto Luce su la “migliore” gioventù fascista. Si continua. Una sala è dedicata alla “Gioventù del Littorio” con baionette e manuali (in una teca un vero Moschetto, funzionante, con due proiettili), giberne e divise (una è di un signore che oggi ha 95 anni) e una riservata al “Cinema”. Mussolini intuì che per conquistare gli italiani occorreva non solo permeare i comportamenti, ma le coscienze. E per farlo, l’età giusta è quella della scuola, dello sport, dei divertimenti. Poi, la tragedia. Le ultime stanze sono dedicate, una, all’8 settembre, “La scelta”: entrando in una saletta puoi scegliere di leggere, da un lato, sopra un tricolore, le motivazioni di chi scelse le brigate partigiane, e dal lato opposto, sopra una bandiera nera, quelle di chi scelse la Repubblica sociale. Quando bastava un nulla per trascinarti da una parte o dall’altra... ecco il vero dramma di una generazione. E l’altra sala, prima dell’uscita, è riservata alle “Testimonianze”: ci sono soltanto due monitor dove passano - frutto di un lavoro di interviste lunghissimo, iniziato prima del lockdown - i racconti di un milite della X Mas e di una partigiana che incarnano, su fronti contrapposti, ma con intricati legami fra le due famiglie, la guerra “armata” dopo l’Armistizio.
La galleria Paci contemporary è lieta di annunciare l’apertura della prima mostra antologica ufficiale dedicata al celebre fotografo olandese di fama internazionale ERWIN OLAF. All’inaugurazione sarà presente anche l’artista. Fotografo d’eccellenza, tra i più apprezzati nella scena artistica contemporanea, l’olandese Erwin Olaf è da considerarsi uno tra i migliori interpreti della moderna fotografia di ritratto: è noto in tutto il mondo per uno stile fotografico dominato da atmosfere misteriose e contemplative. Famoso per le sue mise en scène e le sue composizioni teatrali, Olaf intreccia nei suoi scatti narrazioni complesse e drammatiche. Le sue opere colpiscono per la stranezza, la volontà di provocare, per il senso di solitudine e di irrequietezza: sono barlumi di verità, squarci nel muro che svelano l’imperfezione e la finzione di un mondo apparentemente perfetto.
ERWIN
OLAF
PACI CONTEMPORARY VIA BORGO PIETRO WUHRER 53, BRESCIA PARCHEGGIO SOTTERRANEO - ZONA ROSSA T. 030 2906352 / 348 7617028
ERWIN
OLAF
Erwin Olaf (nato a Hilversum, Paesi Bassi, 1959), uno dei più famosi fotografi contemporanei, è emerso sulla scena artistica internazionale con la serie Chessmen, che nel 1988 ha vinto il premio Young European Photographer of the Year. Iniziando la sua carriera artistica come fotoreporter documentando la vita notturna degli anni ’80, Olaf ha cercato e definito sempre più i suoi soggetti, spesso esplorati in serie di lavori in bianco e nero (Squares, Chessmen, Blacks) e a colori (Mind of Their Own, Rain Hope, Grief, Dusk, Dawn), inclusi i suoi ultimi lavori: Berlino, Shanghai e Palm Springs. Nella maggior parte delle opere di Olaf, l’immagine emana ambiguità e un senso di frustrazione nostalgica che si scontrano con la scrupolosa ricerca della perfezione nei dettagli della rappresentazione, confermando ancora una volta l’abilità artistica nel ricostruire il contesto e la scena fino al più piccolo dettaglio, con un’attenzione quasi cinematografica per il trucco, l’acconciatura, l’abbigliamento, i mobili e la luce ambientale. Le sue opere si trovano nelle più importanti collezioni del mondo, tra gli altri al museo Stedelijk di Amsterdam, al museo Ludwig di Colonia e al central Museum di Utrecht.
LA MOSTRA SARÀ VISITABILE FINO AL 27 FEBBRAIO 2021
Il percorso espositivo di questa mostra si propone come un viaggio nell’intera produzione dell’artista, una panoramica completa del suo lavoro, dagli esordi con “Chessmen”, la serie che lo ha reso famoso a livello internazionale consentendogli la vittoria al concorso Young European Photographer nel 1988, fino all’ultimo progetto “Palm Springs” (2018), tra i primi realizzati fuori dallo studio. Figure vestite con abiti anni ‘60 in paesaggi che all’epoca non potevano esistere sono un esempio della rottura del mondo perfetto, del resto “... ciascun essere umano porta con sé una rottura interiore, anche se indossa il miglior vestito della Domenica”. Classe 1959, Olaf ha fatto del bianco e nero il suo cavallo di battaglia, dando vita a serie entrate nella storia della fotografia, ben presto accompagnate anche da quelle a colori tra le quali “Paradise”, “Grief”, “Hope”, “Dawn”, “Dusk”, “Rain”, “Berlin”... Negli ultimi anni l’estetica adottata dall’artista è assimilabile a quella dei tableaux monumenaali, senza dimenticare le atmosfere oniriche e quasi sospese che caratterizzano da sempre la sua poetica.
Capa in color TORINO MUSEI REALI, SALE CHIABLESE FINO AL 31 GENNAIO 2021 La mostra Capa in color presenta, per la prima volta in Italia, gli scatti a colori di Robert Capa, fotografo di fama mondiale. La collezione è presentata da ICPInternational Center of Photography, grazie a ICP Exhibitions Committee e ai fondi pubblici del New York City Department of Cultural Affairs in partnership con il consiglio cittadino.
Robert Capa è internazionalmente noto come maestro della fotografia in bianco e nero, ma ha lavorato regolarmente con pellicole a colori fino alla morte, nel 1954. Sebbene alcune fotografie siano state pubblicate sui giornali dell’epoca, la maggior parte degli scatti a colori non erano ancora stati presentati in un’unica mostra. L’esposizione presenta oltre 150 immagini a colori, lettere personali e appunti dalle riviste su cui furono pubblicate.
L’esposizione è nata da un progetto di Cynthia Young, curatrice della collezione di Robert Capa al Centro internazionale di fotografia di New York, per presentare un aspetto sconosciuto della carriera del maestro. Rispetto a quanto è stato mostrato in precedenza, l’esposizione intende illustrare il particolare approccio dell’autore verso i nuovi mezzi fotografici e la sua straordinaria capacità di integrare il colore nei lavori da fotoreporter, realizzati tra gli anni ‘40 e ‘50 del Novecento. Nato a Budapest con il nome di Endre Ernő Friedmann e naturalizzato cittadino americano nel 1946, Capa fu considerato dal Picture Post come “il più grande fotografo di guerra”, con riferimento agli scatti realizzati durante la guerra civile spagnola. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Capa ha collaborato con molte riviste come Collier’s e Life, ciò che gli permise di acquisire una particolare sensibilità nel rappresentare la guerra e le devastazioni. Le sue famose immagini ben simboleggiano la brutalità dei conflitti e hanno contribuito a cambiare la percezione del pubblico verso la fotografia di guerra. Il 27 luglio 1938, trovandosi in Cina per documentare la guerra sino-giapponese in un reportage durato otto mesi, Capa scrisse a un amico della sua agenzia di New York: “Spediscimi immediatamente 12 rulli di Kodachrome con tutte le istruzioni su come usarli, filtri, etc… in breve, tutto ciò che dovrei sapere, perché ho un’idea per Life”. Sebbene di quel servizio siano sopravvissute soltanto fotografie in bianco e nero, ad eccezione di quattro immagini pubblicate sulla rivista Life il 17 ottobre 1938, la lettera esprime il chiaro interesse di Capa per i lavori con pellicole a colori, ben prima che venissero largamente impiegate da molti altri fotoreporter. Nel 1941, Capa fotografò a colori Ernest Hemingway nella sua casa a Sun Valley, in Idaho, e utilizzò pellicole a colori anche durante la traversata dell’Atlantico su una nave merci con un convoglio alleato, scatto pubblicato dal Saturday Evening Post. Della produzione di Robert Capa sono molto noti i reportage della Seconda Guerra Mondiale, in particolar modo dello sbarco in Normandia, pur avendo privilegiato maggiormente pellicole in bianco e nero. Le poche immagini a colori ritraggono soprattutto le truppe americane e il corpo francese a cammello in Tunisia, nel 1943. Dopo il secondo conflitto mondiale, l’attività di Capa si orientò esclusivamente verso l’uso di pellicole a colori, soprattutto per fotografie destinate alle riviste dell’epoca come Holiday e Ladies’Home Journal (USA), Illustrated (UK), Epoca (Italia). Quelle immagini, presentate ai lettori per la prima volta, avevano lo scopo di raccontare al pubblico americano ed europeo la vita quotidiana di persone comuni e di paesi lontani, in maniera radicalmente diversa rispetto ai reportage di guerra che avevano guidato i primi anni della carriera di Capa. L’abilità tecnica del maestro, abbinata alla capacità di raccontare le emozioni umane dimostrata nelle prime fotografie in bianco e nero, gli permise di muoversi con particolare abilità tra i diversi tipi di pellicola, impiegando il colore a completamento dei soggetti fotografati.
FOTOGRAFICA Festival di Fotografia Bergamo
CoviDiaries a project by parallelozero per la prima volta a bergamo
Piazza Vittorio Veneto e l’Ospedale Papa Giovanni XXIII ospiteranno dal 16 ottobre all’8 novembre, nell’ambito dell’edizione 2020 di Fotografica. Festival di Fotografia Bergamo promossa dall’Associazione FOTOGRAFICA in collaborazione con il Comune di Bergamo - una selezione di scatti dell’agenzia milanese Parallelozero. Scorci di vita quotidiana durante il lockdown e omaggio all’impegno del personale medico nella lotta al Covid19. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che le nostre vite sarebbero cambiate in un istante. La pandemia degli scorsi mesi, che ancora oggi affrontiamo con un misto di fatalismo, incredulità e desiderio di andare avanti, ha rimesso in discussione tutto. Ci ha fatto capire quanto tutto sia labile, quanto gli equilibri che avevamo creato fossero fragili. Si è fermato tutto, attimi di un’esistenza cristallizzata in un mondo che ha dovuto fermare il suo moto perpetuo per affrontare un “nemico invisibile” ma reale più che mai, che ci ha messi letteralmente in ginocchio. In questo scenario abbiamo trovato la forza di rialzarci, di lottare, di tenerci stretti quella vita che, seppur devastata, seppur a pezzi, rimane la cosa più preziosa. Abbiamo pianto, sorriso, cantato, dato alla luce nuove vite, non ci siamo sottratti ai nostri doveri e abbiamo condotto una battaglia feroce, che purtroppo ha portato con sé tante vittime. Per non dimenticare, per dare voce a tutto questo, l’agenzia milanese Parallelozero nei mesi di lockdown ha realizzato “CoviDiaries”, un progetto narrativo fatto di storie, fotografie e film che, come un diario, raccontano le nostre esistenze durante quel periodo difficilissimo. Fino all’8 novembre, in occasione di un’edizione speciale di Fotografica - promossa dall’Associazione FOTOGRAFICA in collaborazione con l’Amministrazione comunale - una selezione di quegli scatti sarà esposta a Bergamo, città italiana tra le più colpite dalla pandemia, in due location simbolo di questo 2020: Piazza Vittorio Veneto, cuore pulsante del capoluogo lombardo, e l’Ospedale Papa Giovanni XXIII, emblema nazionale della lotta al Covid-19. Un’edizione eccezionale rispetto alle due precedenti ma, come racconta Daniela Sonzogni, Presidente dell’Associazione FOTOGRAFICA: “Necessaria. Avevamo lavorato alla terza edizione con la consueta passione. Ma gli accadimenti di quest’anno ci hanno spinto a posticipare il tradizionale appuntamento biennale al 2021. Al contempo, ci sarebbe dispiaciuto non lasciare testimonianza dei momenti drammatici che abbiamo vissuto, soprattutto nella nostra provincia e che ci obbligano ad una profonda riflessione. Fotografica nasce per raccontare i grandi fatti di attualità. Non avremmo potuto esimerci dal testimoniare attraverso le immagini un evento così dirompente che ha influito sulle vite di tutti noi”.
Places © Daniele Zendroni
Gli oltre trenta scatti dislocati in Piazza Vittorio Veneto narreranno, in ordine cronologico, i giorni vissuti da persone comuni da inizio lockdown ai primi giorni di riapertura del paese, il 3 giugno. Dal 24 febbraio, giorno in cui Milano ha visto i provvedimenti inerenti la movida, passando per le messe in streaming, proseguendo per città come Roma o Venezia che cominciano a diventare deserte, le fabbriche che chiudono o convertono le loro produzioni, al collasso degli ospedali, fino alle lunghe giornate trascorse in casa, alle videochiamate, agli striscioni sui balconi, agli inni dalle finestre, ai corsi online, alla riscoperta di se stessi. Poi ci sono le nuove vite che vengono al mondo, il riappropriarsi una realtà che ha visto il susseguirsi delle stagioni da una stanza ed una natura che si è ripresa i propri spazi. Ci siamo tutti noi, che stiamo cercando di dare un senso a tutto questo. Un racconto che colpisce come un pugno nello stomaco perché è reale, perché ci appartiene, perché è vicino. Ci sono poi i sedici scatti che ritraggono i reparti di terapia intensiva, i ‘sopravvissuti’ e il personale medico bergamasco, immortalato durante le estenuanti giornate lavorative di quei giorni: una selezione che sarà ospitata sotto la grande pergola esterna all’ingresso principale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, un’installazione rinominata costellazione del Caduceo. Questo spazio diventerà infatti una grande volta celeste, nella quale le foto verranno disposte a creare la cosiddetta costellazione del medico: sei grandi stelle che formano una freccia. Un nastro dorato con affisse le immagini ne traccerà i punti cardine. Un omaggio al lavoro dei tanti operatori sanitari che, nonostante turni massacranti, giornate infinite e un virus che ancora oggi non desiste, non hanno mai smesso di impegnarsi nella lotta al Covid-19 e l’hanno affrontato con dedizione, sacrificio e grandissima responsabilità. Eroi contemporanei a cui dobbiamo tutti molto. Un album di immagini vere. Un diario che raccoglie i frame di un capitolo della nostra storia che non deve essere scordato. Le vite degli altri non ci sono mai sembrate tanto uguali alle nostre, mai come ora.
PREMIO SPECIALE MICHELIN CHEF DONNA 2020 Il 9 settembre scorso, nell’ambito della quinta edizione dell’Atelier des Grandes Dames, un network che ha lo scopo di celebrare il talento femminile nell’alta ristorazione voluto da Veuve Clicquot, Michelin assegna il premio Chef Donna 2020 a Marianna Vitale, Ristorante SUD, Quarto (NA), una stella Michelin dall’edizione 2012. Marianna Vitale è stata selezionata degli ispettori Michelin per la tenacia con cui ha costruito un progetto di ristorazione di qualità al di fuori dei circuiti turistici della sua regione. Con spirito d’avventura, rigore e leadership, Marianna ha creato un locale che rispecchia la sua personalità. Piatti “classici” del territorio e percorsi di gusto elaborati giornalmente si affiancano a nuove invenzioni, facendo del ristorante SUD una tra le realtà più interessanti del panorama gastronomico partenopeo e italiano. Marianna, classe 1980, intraprende studi accademici e si laurea con lode nel 2004. Si accorge presto però che la sua vera passione è quella per la cucina, il prodotto e la volontà di valorizzare il proprio territorio. A maggio 2009 nasce così SUD, che in soli tre anni conquista la stella Michelin e oggi si aggiudica il Premio Michelin Chef Donna 2020 by Veuve Cliquot. Marianna è una delle 43 chef italiane a capo di ristoranti stellati. In tutto il mondo sono 168. Il premio speciale Michelin Chef Donna 2020 by Veuve Clicquot si inserisce tra i premi assegnati da Michelin in occasione della presentazione della 65a edizione della Guida Michelin Italia, lo scorso novembre, quale riconoscimento di storie di italiani di successo che contribuiscono all’eccellenza del patrimonio culturale della nostra nazione: il premio MICHELIN Giovane Chef 2020, è stato assegnato a Davide Puleio, L’Alchimiam, Milano, Il premio MICHELIN Chef Mentor 2020, è stato assegnato a Gennaro Esposito,Torre del Saracinon,Vico Equense (NA), il premio MICHELIN Servizio di Sala 2020, è stato assegnato a Sara Orlando, Locanda di Ortam, Orta San Giulio (NO), Il premio MICHELIN Passion for Wine 2020, è stato assegnato a Rino Billia, Le Petit Restaurantm, Cogne (AO).
Marianna Vitale
il talento femminile della cucina italiana
QUALI SONO GLI EFFETTI DELLA STERILIZZAZIONE NEL CANE MASCHIO? Molti proprietari di cani sono assolutamente contrari alla castrazione dei maschi, la evitano anche per una forma di riguardo nei confronti del cane e per tutelare la sua sessualità. Spesso alla castrazione ne consegue una “evidente” mascolinità perduta e questo fatto a qualche padrone non piace. Qualche volta però, l’eccessiva carica ormonale che i testicoli forniscono al soggetto hanno un ruolo determinante nel comportamento canino. Spesso ai veterinari si chiedono consigli in merito alla castrazione del maschio un po’ prepotente e le risposte di solito riguardano solamente l‘aspetto comportamentale valutando tale operazione in modo soggettivo, analizzando il profilo caratteriale dell’individuo e le problematiche di gestione. Bisogna da subito specificare che la castrazione di un cane maturo non farà si che lui ritorni a dei comportamenti infantili, o addirittura effeminati, tanto meno cambierà il carattere del 4zampe in questione. Osservando l’atteggiamento di un soggetto adulto prima e dopo la castrazione, dopo l’intervento si noterà una minore territorialità espressa attraverso le urine e le defecazioni, una diminuzione dell’eccitabilità e la sua sessualità, oltre che un abbassamento della competizione intraspecifica. Di solito diminuisce l’attività esplorativa del soggetto, visiva ed olfattiva, perché meno “curioso” (di conseguenza lui diventa un po’ più ubbidiente).
NE VALE LA PENA? Anche il comportamento di protezione della casa a volte cala e dipende dalla razza del cane. I risultati di questo intervento in età matura sono abbastanza evidenti, ma non immediati, infatti delle volte il testosterone viene “smaltito” in qualche mese. Va specificato che l’intervento definitivo di castrazione, può essere sostituito da quello chimico che dura 6 mesi con gli ovvi vantaggi che ne derivano e se il proprietario si pente, può sospendere la prassi e il cane in un mese ritorna ad essere integro.Va anche ricordato: che una sterilizzazione (sia maschile che femminile), in molti soggetti comporta nel tempo comunque uno sconvolgimento nel sistema endocrino con ripercussioni sul peso, sulla minzione e sull’apparato scheletrico (osteoporosi). Qualche volta si rende necessario l’intervento in cani non ancora maturi sessualmente, ma con una carica “erotica” ben presente, con una territorialità spiccata, parecchia dominanza e competizione intraspecifica alle stelle. Dal punto di vista caratteriale si è di
? fronte ad un cucciolo molto competitivo, combattivo, possessivo e anche aggressivo, di conseguenza è bene smorzare un po’ questi atteggiamenti nel caso il proprietario non sappia gestire un cane dalla personalità molto forte e con predisposizione genetica alla “scalata gerarchica”. Ribadisco che le doti del carattere del soggetto non verranno modificate da tale intervento: lui rimarrà vivace (se nutrito in maniera corretta), docile, socievole e anche aggressivo se necessario, ma meno attento a “segnare” l’ambiente che lo circonda, non lotterà per una femmina in calore, non cercherà lo scontro fisico con un antagonista maschio, proprio perché non lo considererà un rivale. Ma saprà difendersi ancora se necessario, resterà geloso e possessivo delle sue proprietà, dei suoi giochi preferiti, del suo osso prelibato, della ciotola del cibo. Insomma, non avremo un cane più tonto oppure più “effeminato”, ma un soggetto più gestibile dal padrone, nel caso ci capiti un 4zampe di non semplicissima conduzione.
CAMILLA
perchè io valgo
incredibile che, anche in momenti difficili, la creatività non si fermi. Anzi... Guardate cosa abbiamo trovato in giro: La mascherina è diventata un oggetto espressivo, una nuova forma di comunicazione di sè e del propRio stato d’animo ma anche per farsi riconoscere!
Ti conosco mascherina
Ti conosco mascherina
BENEDETTA RINALDI PER LILT
ISTANTANEE
HUNTER OF EMO TIONS_PHOTOGRAPHER_ PAOLO BIAVA www.paolo-biava.com
Title_ (CERVEZA) Q U E E N Date_ 11.01.2020 Place_ Santa Marta - Colombia 23°49 07 S 45°22 03 W
HO VISTO COSE CHE VOI UMANI NON DOVRESTE NEMMENO IMMAGINARE.
Grazie per la concessione di questa pagina.
AIUTAMI A DIMENTICARLE.
ADOTTA A DISTANZA UN EX-COMBATTENTE. Forse non lo sai che in Italia i combattimenti tra cani sono un orrore che dilaga. E che le sue vittime aumentano, così come il denaro insanguinato delle scommesse nelle tasche della malavita che li organizza. Allevati nella violenza per la violenza, torturati nella mente e nel fisico, drogati e infine scatenati l’uno contro l’altro a sbranarsi, migliaia di cani muoiono così. Per uscire da quest’inferno hanno bisogno di quell’aiuto che ogni uomo gli deve e che l’Enpa ha per missione. Un aiuto fatto d’amore, ma anche di studio, ricerca e professionalità. Tutte cose indispensabili per ridare la vita a queste povere vittime e per consentirgli di trovare una vera famiglia con cui vivere serenamente, in totale sicurezza.
Ente Nazionale Protezione Animali www.enpa.it
Per farlo, abbiamo bisogno anche del tuo aiuto: sostieni a distanza uno di loro, il cane di cui sarai ufficialmente uno dei tutori e di cui conoscerai la storia. Puoi farlo con un contributo mensile di 20 Euro, se preferisci anche in un unico versamento per più mesi. Puoi scegliere, indicando la causale, il conto corrente postale (nr. 7482084 intestato a Banca Monte dei Paschi di Siena - Cassiere Pro Tempore Enpa), il bonifico bancario continuativo (IBAN IT39S0853046040000430101775) oppure di andare su www.enpa.it e cliccare “Adozioni a distanza”. Sarà fiscalmente deducibile e potrai interromperlo con la sola sospensione. Grazie, se ci aiuterai a dimostrare che per ogni criminale che trasforma i cani in belve ci sono persone che le fanno ritornare cani.