Qui Brescia n.ro 176

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ANNO 18 - N° CENTOSETTANTASEI - MAGGIO 2022 - € 5

BRESCIA

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SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE - EDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121 - TASSA PAGATA BG CPO

MAGAZINE

In copertina:

Martino De Rosa e Dario Cecchini annunciano l’apertura di ‘Quintale’ IN QUESTO NUMERO: Beatrice Saottini e la 1000 Miglia: oltre la corsa, un brand Luigi Cantamessa, l’uomo del treno blu Gabriella Morgillo: finalmente libera Giovanni Signer: si può sempre fare meglio Polizia Locale 149° anniversario Patrizio Podini, Mister MD GSD Foundation: nuova campagna 5x1000 Festival Pianistico di Brescia e Bergamo BGBS2023 Asphalt Art


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INVECE L’ALTRA VOLTA? L’Onorevole leghista Daniele Belotti, con la sua riconosciuta ironia, nell’intervista pubblicata su queste pagine il mese scorso, ha criticato decisamente il logo scelto per l’immagine di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, che noi abbiamo invece abbiamo apprezzato, fino ad adottarne il tratto simbolico in alcuni dei nostri reportage alla scoperta dei tesori delle due città che negli ultimi mesi proponiamo su entrambe le edizioni, bresciana e bergamasca. “Se lo vedesse Fantozzi - ha precisato - potrebbe definirlo come la corazzata Potëmkin. Per 50 mila euro si poteva fare molto, molto di più”. Ovvio che ognuno possa esprimersi in merito come meglio crede. Non dimentichiamo però quello che accadde quando, nel novembre 2011, fu l’amministrazione orobica a candidarsi, quasi certa di vincere a mani basse, per diventare Capitale Europea della Cultura nel 2019. In quegli anni, il buon Belotti, sedeva nel Consiglio Comunale della sua città, nei banchi della Lega, partito che aveva appoggiato il sindaco della destra il quale vedeva nella partecipazione al bando un modo per dare una rimpinguata alle casse comunali e avere qualche risorsa da spendere per la città. Venne preparato un corposo programma e vennero spesi molti quattrini pubblici anche per convincere l’opinione pubblica della grande opportunità da cogliere perché avrebbe sicuramente dato slancio all’economia del territorio. Affissioni, sagome alte tre metri, gadget e depliant… un’inutile campagna in piena regola, ancor prima del concorso vero e proprio con un logo orribile, declinato anche nella creazione di gadget, se non inquietanti, quantomeno ridicoli come il portachiavi della foto. Provate a metterlo sottosopra e sembra un pistola. Il pistola, invece, è chi non si è accorto che quell’occasione, rivelatasi poi una vera disfatta per l’amministrazione, avrebbe coinciso con l’inizio del declino del centrodestra di Bergamo, che avrebbe portato alla cocente sconfitta alle comunali, vinte per due volte consecutive da Giorgio Gori. Dov’era Belotti quando il Comune di Bergamo venne bocciato già al primo turno anche a causa di quell’incredibile logo che evocava un’arma? Ricordo che erano anni in cui con le armi era meglio non scherzare, per via dei trecentomila fucili con cui Bossi minacciava la secessione da Roma e il triste periodo del terrorismo che ci eravamo da poco messi alle spalle.Vinse Matera che, appena in tempo sull’avvento della pandemia, è riuscita a mostrare al mondo la sua immensa bellezza. Sarà mica che l’onorevole si è indignato solo perché l’agenzia prescelta per il logo presentato a concorso è bresciana e non bergamasca lasciando trapelare, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, quel miope provincialismo a cui ci ha abituati la Lega? (V.E.FIlì)

IL CURIOSO LOGO SCELTO PER LA COMPETIZIONE A CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019 CHE SEMBRAVA UNA PISTOLA... FINÌ MALISSIMO.


Daniela Busetti

qui Bergamo compie trent’anni

Polaroid e ricordi Avevo conosciuto da poco Bruno Bozzetto che ancora non si firmava BR1. Capitò che, su uno dei primi numeri, lo avevamo intervistato e grazie alla sua disponibilità riuscimmo a convincerlo a realizzare una vignetta per ogni numero

izia

atr Corrado e P 18° anno di qui Brescia

di qui Bergamo. Come dirvi che, quando Bruno ci confermò la sua intenzione di collaborare stabilmente alla rivista, il cuore mi batteva a mille e non mi sembrava vero? Qualche tempo dopo, quasi casualmente in un bar, mi venne sotto gli occhi una fanzine realizzata dagli universitari di Bergamo e, tra le altre cose interessanti, notai che i disegni che illustravano gli articoli erano realizzati da una mano davvero particolare che svelava un reale talento. Contattai l’autore dei disegni, che si chiamava Corrado Colleoni, al quale affidammo l’ultima pagina della rivista che prese il nome di “L’ultima del Colleoni”. Realizzava a mano libera con la china scenette esilaranti e pungenti su cartoncino in formato A3 che consegnava in redazione trafelato e sempre all’ultimo momento, in ritardo ogni mese. Ma ogni mese era un piacere scoprire quello che Corrado si era inventato per noi. Col passare dei mesi i due disegnatori, Bozzetto che firmava la prima pagina e Corrado che chiudeva la rivista, iniziarono a studiarsi a vicenda e, quando Corrado mi chiese di conoscere Bruno, organizzai l’incontro. Fu amore a prima vista, BR1, con un occhio clinico e allenato riconobbe nel giovanissimo Corrado un talento straordinario e lo prese a lavorare nel suo studio. Oggi dopo quasi trent’anni Corrado Colleoni è il direttore artistico dello Studio Bozzetto per il quale in questi anni ha creato personaggi e storie sia per il mondo dell’entertainment, sia per il commerciale, meritandosi premi e riconoscimenti internazionali. Lo ricordo Corrado, con i suoi berretti al contrario, il suo sguardo profondo, la sua sensibilità. Aver favorito il loro incontro rivelatosi così virtuoso è una delle piccole soddisfazioni di questi trent’anni dedicati a qui Bergamo. P.s. Incontro ancora Corrado per le vie del centro e Bruno ci viene a trovare in ufficio e ogni volta è una festa. (P. Venerucci)

Abbiamo da poco festeggiato il trentennale di qui Bergamo e il calendario ci ricorda che, giusto in questi giorni, qui Brescia compie 18 anni ed entra così nell’età matura. Auguri a qui Brescia e grazie a chi ha contribuito a rendere possibile questo progetto editoriale


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BEATRICE SAOTTINI 4


Oltre la corsa, un brand BEATRICE SAOTTINI TORNA SU QUESTE PAGINE NELLA NUOVA VESTE DI PRESIDENTE DI 1000 MIGLIA. CI PARLA DELLA GARA DI QUEST’ANNO E DI QUELLA SPECIALE IN PREPARAZIONE PER IL 2023, ANNO DI BG-BS CAPITALE DELLA CULTURA Tommaso Revera Foto Matteo Marioli

Beatrice Saottini dedica gran parte della propria vita professionale alla gestione dell’azienda di famiglia,

storico marchio bresciano nel set-

tore automobilistico, collabora con

numerose associazioni sul territorio e, parallelamente, spinta dalla passione per le diverse espressioni musicali,

contribuisce alla fondazione di Omnia Orchestra prima e della Fondazione del Teatro Grande poi. Insignita di

numerosi premi e riconoscimenti come

il Premio Donne Leader e l’Onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al Merito

della Repubblica Italiana in qualità di Donna e Imprenditrice, nel novembre

del 2021 è stata nominata al timone di

1000 Miglia Srl, la società interamente partecipata dall’Automobile Club di

Brescia chiamata a organizzare tutti gli

eventi sotto l’egida della Freccia Rossa e a promuoverne il marchio in Italia e all’estero.

Beatrice Saottini succede a Franco

Gussalli Beretta, oggi al comando di Confindustria Brescia: nel Consiglio

di Amministrazione di 1000 Miglia Srl

sono stati confermati Alberto Piantoni,

anche in qualità di Amministratore Delegato della società in house, Maurizio Arrivabene, Matteo Marzotto e Alice Mangiavini.

Per lei da sempre sensibile al fascino dei motori ma anche alle iniziative di una certa caratura artistico/culturali proposte sul territorio, immagino rappresenti una bella sfida questa nuova avventura, no? “Indubbiamente è un impegno, un’avventura, che mi appresto a vivere con piacere ed entusiasmo. Tratto un argomento affine alle automobili ma declinato in ambito culturale, sociale, d’immagine che certamente sono da sempre gli aspetti che più mi piacciono e più mi sono piaciuti del mio lavoro”. Ha nostalgia dei tempi in Saottini Auto? “Nostalgia direi di no. Una persona attraversa diverse fasi della propria vita: l’importante è che le viva tutte con passione, che viva soprattutto il presente con partecipazione trasporto, e con voglia di fare la differenza o lasciare un proprio segno”. Questo incarico oltre a darle grandi stimoli rappresenta anche una sfida avvincente: l’anno prossimo Brescia e Bergamo si apprestano a vivere un’esperienza unica come Capitale della Cultura italiana. È vero che state scaldando i motori per l’edizione 2022 ma, conoscendo la vostra programmazione, sicuramente ci avrete già fatto un pensiero al prossimo anno… “1000 Miglia è, in termini di corsa e di marchio, assolutamente inclusivo, è un elemento che contraddistingue e ha le proprie radici a Brescia per cui è ovvio che sarà sicuramente parte integrante di tutto ciò verrà predisposto in vista del prossimo anno. Una piccola preview l’avremo quest’anno quando, nel corso dell’ultima giornata di gara, lungo la Roma-Parma-Brescia, i due Sindaci di Brescia e Bergamo, Emilio Del Bono e Giorgio Gori, percorreranno le due tappe di gara che da Roma giungeranno prima a Parma e poi a Brescia per l’arrivo finale”. Avete già individuato le date per l’edizione 2023? “Organizzare una 1000 Miglia è un’attività complessa e articolata di cui mi sono resa conto appieno proprio in questi mesi... 1000 Miglia è già al lavoro per l’edizione 2023 anche se il periodo di riferimento è ancora in fase di approvazione”. Quest’anno dopo il lockdown e la paura si respira un’aria diversa. Percepisce anche lei un entusiasmo diverso che sta accompagnando l’edizione che ci apprestiamo a vivere nelle prossime settimane? “In questa edizione 2022, in termini di iscritti e partecipanti, possiamo affermare di essere finalmente tornati alle edizioni pre Covid. Quest’anno tornerà anche il Trofeo Roberto Gaburri, per due anni rinviato per ovvie ragioni. Torniamo quindi a contare su tutta la partecipazione e tutto l’afflato e l’appoggio delle edizioni antecedenti al virus”. 5


Ci sono novità particolari per il programma di questa 40^ edizione? “Torniamo al percorso in senso orario tradizionale: la carovana partirà da Brescia in direzione Cervia per poi spostarsi a Roma e ritornare nella città della Leonessa passando da Parma, Monza e Bergamo. È previsto anche il Tributo Ferrari, che precederà la partenza della 1000 Miglia 2022, e la 1000 Miglia Green, giunta ormai alla 4^ edizione, un’iniziativa che non solo porta avanti quel concetto di innovazione e sviluppo che è parte fondante del significato di questa manifestazione ma che rappresenta anche il tema evolutivo intrinseco alla 1000 Miglia stessa”.

BEATRICE SAOTTINI

Cosa rappresenta il Green Talk in programma il prossimo 8 giugno? “Un dibattito a più voci, un laboratorio di sperimentazione e di rappresentazione di tutto il mondo dell’automotive con particolare riferimento alle infrastrutture e al mondo dell’industria coinvolta in questo processo. Un’iniziativa volta a costruire un percorso che vede Istituzioni, Università e Imprese accomunate dalla necessità di agire prontamente e in maniera significativa nel settore della mobilità alternativa”. È un momento difficile per il comparto automotive: che idea si è fatta a questo riguardo? “Posso darle solo un parere personale non suffragato da nessun dato statistico. È evidente stia attraversando una fase delicata dettata sia dalla mancanza di componenti produttivi, sia dal costo della materia prima. Tante criticità che investono molteplici aspetti”.

Oltre la corsa, un brand

Emilio Del Bono, Sindaco di Brescia, e Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo, prenderanno parte alla 1000 Miglia 2022 6

In termini di partecipazione, l’interesse della 1000 Miglia è sempre stato trasversale: in termini di equipaggi iscritti, c’è una nazione più rappresentata di altre? “In prima fila ci sono Germania e Olanda, da sempre rapite dal fascino della Freccia Rossa. Il significato oggi di 1000 Miglia, però, non è più solo legato alle sue radici e all’origine fenomenica di questa manifestazione, ma rappresenta un brand di caratura mondiale che rappresenta il patrimonio (culturale, estetico e industriale) dell’italianità e degli italiani nel quale convergono tutti i significati che erano propri di questa manifestazione per cui l’interesse che suscita riecheggia dall’Europa agli Stati Uniti, dall’Asia agli Emirati Arabi. Non è un caso, dunque, l’ideazione del progetto ‘L’Italia della 1000 Miglia’, quest’anno alla seconda edizione, che mette a fuoco e valorizza tutte le eccellenze e le unicità del Made in Italy”. Per il ruolo prestigioso che le hanno conferito, immagino non sia facile fare proclami. Ma, durante il suo mandato, come pensa di accrescere il valore di un brand come 1000 Miglia che ha già raggiunto livelli così importanti? “Per esperienza i conti si fanno sempre alla fine e mai all’inizio e per questo non amo fare proclami. Metto a disposizione di 1000 Miglia la mia passione, la mia familiarità per le automobili, la mia attitudine e la mia capacità di analisi e vedere oltre che ho maturato durante il mio percorso professionale nel settore dell’automotive”.


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I giardini di rose più belli dove vivere l’incanto della fioritura fra Maggio e Giugno

Andar “di rosa in rosa” in Emilia-Romagna. Fra Maggio e Giugno scocca il momento magico per scoprire i giardini di rose più sontuosi lungo la Via Emilia. Fra gli indirizzi segreti ci sono i roseti di castelli millenari come Gropparello e Grazzano Visconti sulle colline di Piacenza, Modena è il regno del Museo della Rosa Antica di Serramazzoni, a Bologna si può visitare il giardino di Palazzo Varignana, ci sono poi dimore storiche che custodiscono rose preziose come Villa La Babina a Imola (Bo) e Palazzo Fantini a Tredozio (Fc). Faenza (Ra) a Maggio riempie di colori il giardino di rose dell’Istituto Persolino.

Foto Gianfranco Pinto Ostuni

La prima pietra del Santo Sepolcro

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Il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale ha annunciato l’avvio del restauro del pavimento della Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Il sollevamento della prima pietra del pavimento da parte del Patriarca greco ortodosso, del Custode di Terra Santa e del Patriarca Armeno ha dato l’avvio al progetto.


Santarcangelo Festival. ‘Can you feel your own voice’ dall’8 al 17 Luglio

Torna Santarcangelo Festival, la più longeva manifestazione italiana dedicata alle arti performative contemporanee, con la sua 52esima edizione dal titolo ‘Can you feel your own voice’. Alla guida della rassegna multidisciplinare diffusa nel borgo medievale di Santarcangelo di Romagna, da quest’anno c’è Tomasz Kireńczuk, drammaturgo, critico teatrale e curatore polacco, che condurrà il triennio 2022-2024 all’insegna dell’impegno sociale e politico, coinvolgendo molte compagnie internazionali per la prima volta in Italia. Info: www.santarcangelofestival.com

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INGEGNERE E FIN DA BAMBINO, AFFASCINATO DAI TRENI, OGGI PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE FERROVIE DELLO STATO

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LUIGI CANTAMESSA L’UOMO DEL TRENO

BLU

NELL’INTERVISTA PARLA DEL FUTURO DELLA LINEA PALAZZOLO-PARATICO, OGGI COMPLETAMENTE RIMODERNATA


A MAGGIO SONO RIPRESE LE CORSE DEL TRENO BLU CHE PARTENDO DA MILANO, BRESCIA O BERGAMO ARRIVA SULLE SPONDE DEL LAGO D’ISEO

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LUIGI CANTAMESSA L’UOMO DEL TRENO

BLU

Luigi Cantamessa

è nato a Trescore Balneario (BG) il 17 marzo del 1977. Si è laureato a pieni voti in Ingegneria civile, indirizzo trasporti, presso il Politecnico di Milano nel 2002. Nel 2003 consegue il master in Economia e Management dei Trasporti, della Logistica e delle Infrastrutture presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi di Milano. Nello stesso anno entra nel Gruppo Ferrovie dello Stato assunto nella società Trenitalia. Dapprima si occupa di treni regionali e dei flussi pendolari in Piemonte, a Torino, poi a Milano, operando in ogni ambito dalla manutenzione, all’esercizio, al Commerciale del Trasporto regionale del Nord Italia. Dal 2009 viene chiamato a Roma per lavorare nella Direzione Centrale Relazioni Esterne della FS e poi alla Direzione Centrale Strategie e Pianificazione di FS. Incaricato dall’allora Amministratore Delegato Mauro Moretti di perimetrare e studiare gli ambiti di una nuova Fondazione per preservare il patrimonio storico e industriale delle Ferrovie italiane, il 2 luglio del 2013 viene nominato primo direttore della neonata Fondazione FS e direttore generale nel 2016. Nel 2014 presenta il progetto Binari senza tempo che, tra il 2014 ed il 2018, ha consentito la riapertura di oltre 600 km di linee ferroviarie storiche, abbandonate o chiuse, riattivandole per iniziative con treni storici e turistici, e facendo viaggiare 100.000 turisti nel solo 2019, a fronte degli 8.000 dell’anno 2014. Sempre sotto la sua gestione la Fondazione FS ha completamente restaurato e rilanciato il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa inaugurato dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella il 31 marzo del 2017. Al contempo, nel 2019, è stato avviato il cantiere per il restauro del Museo Ferroviario di Trieste Campo Marzio. Altri ruoli: Componente del comitato consultivo del Consiglio di Presidenza di Federturismo; Consigliere di amministrazione del Parco Archeologico dei Campi Flegrei; Componente del Comitato permanente di promozione del turismo in Italia del MiBACT. Onorificenze: Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana dal 13 gennaio 2017; Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana dal 2 giugno 2019.

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Dopo due anni di impedimenti dovuti al Covid l’attività della Fondazione riprende con i vari itinerari turistici. Ci sono novità di rilievo sulla programmazione, in generale sulle tratte da voi gestite, e in particolare del Sebino Express? “In questi quasi dieci anni di vita la Fondazione FS si è dedicata al recupero e riqualificazione dei beni storici ed in questo caso in particolare, parlando di treni, abbiamo constatato che il turista di oggi è alla ricerca di nuovi modelli di mobilità sostenibile, integrata, lenta e in grado di valorizzare le eccellenze di nicchia della nostra bell’Italia. Decidere di regalarsi un viaggio, percorrendo una delle 11 linee ferroviarie riaperte a scopo turistico, consente al visitatore di immergersi nel territorio da differenti punti di vista. A bordo possono ammirare il paesaggio affacciandosi ai finestrini, completamente apribili come un tempo, mentre dalle stazioni, restaurate e ritornate al loro splendore iniziale, partono percorsi ciclabili e cammini che consentono di raggiungere le meraviglie dei nostri borghi italiani e ritrovare i tradizionali prodotti e sapori enogastronomici di ciascuno. Insomma un nuovo modo di intendere il turismo dunque colto e raffinato. Per la Ferrovia del Sebino sono previsti, grazie al PNRR, degli investimenti importanti, ed in particolare il progetto di riportare i treni fino allo scalo lacustre. Entro la fine del 2023 sarà inoltre completato l’allestimento di una grande pensilina coperta in stile, per il ricovero dei rotabili turistici in servizio sulla linea, non lontano dal maxi plastico che riproduce sistema chiatte-ferrovia. Insomma treno reale vicino a quello in scala…”. In questi anni abbiamo assistito a notevoli investimenti per la manutenzione della linea. Sono previsti ulteriori sviluppi secondo lei per un servizio ferroviario giornaliero tra Palazzolo e Paratico? “Grazie agli interventi posti in essere da RFI, su input della Fondazione FS, la linea è oggi pienamente operativa per il transito dei treni storici e turisti. Con un ulteriore upgrading tecnologico, qualora la Regione Lombardia come committente di servizi, lo ritenesse strategico, non vi sarebbero, a mio avviso, particolari criticità per un servizio commerciale ordinario”.


Anno 1900: l’orario dei treni che collegavano stabilmente Palazzolo con Paratico, in tutto otto corse lungo la giornata. A destra, la carrozza scoperta simile a quella che dovrebbe essere messa in attività dalla prossima estate

Come rispondono gli altri enti, le due province, i comuni interessati, l’azienda per la navigazione del Lago, sono sensibili alle vostre proposte? “Fino ad oggi e durante tutto il periodo dello sviluppo del progetto abbiamo sempre lavorato e condiviso - con le istituzioni interessate e gli enti direttamente coinvolti - gli obiettivi, le modalità, gli impegni previsti e le ricadute dirette e indirette in termini di sviluppo locale. Con l’amministrazione comunale del Comune di Paratico in particolare vi è piena collaborazione e unità di intenti per costruire insieme nuove opportunità di sviluppo economico e turistico. La vera sfida sulla collaborazione sarà testata al momento in cui il servizio turistico avrà stabilità ogni weekend. Vero scopo ultimo del nostro lavoro”. Si era parlato di nuove carrozze a due piani con il piano superiore aperto… C’è qualcosa di vero? “Stiamo realizzando delle vetture panoramiche, non a due piani, completamente aperte, molto simili a quelle gialle utilizzate in Svizzera sulla ferrovia retica con l’obiettivo di consentire ai turisti di poter godere pienamente dei panorami offerti dal nostro territorio. Grazie agli scorci panoramici che abbiamo realizzato lungo linea tra Palazzolo e Paratico, togliendo vegetazione infestante incurata da decenni, in particolare nel tratto che corre quasi parallelo al fiume Oglio, garantiremo un’esperienza di viaggio di alto livello ai nostri viaggiatori. Proprio come avviene nella vicina Svizzera e in tanti altri paesi europei”.

La linea ferroviaria costruita alla fine dell’Ottocento per collegare la zona sud del Lago d’iseo con l’importante direttrice del traffico Milano-Venezia fu dettata soprattutto dell’esigenza di servire alcuni importanti insediamenti industriali che erano collocati sulle sponde del Sebino. In particolare un cementificio ed una fonderia che, tramite alcune potenti chiatte, trasferivano sui vagoni le loro merci fino al porto di Paratico, dove dalle chiatte venivano riposizionati sui binari ed avviati al loro destino. Insieme alle merci viaggiavano gli operai diretti alle stesse fabbriche o in direzione opposta quelli che raggiungevano l’area milanese.

Si è scritto di fondi provenienti dal PNRR per lo sviluppo di infrastrutture green. La Palazzolo-Paratico potrebbe diventare in futuro una linea metropolitana con vetture elettriche? “L’elettrificazione della linea non rientra tra i nostri piani. A parer mio, con la tecnologia che avanza, batterie, idrogeno ed altre modalità, non solo sarebbe uno spreco di denaro ma rovinerebbe il landscape del paesaggio dell’Oglio”. L’abbiamo vista spesso alla guida delle vecchie locomotive… Com’è iniziata questa sua passione? “La passione per i treni e le ferrovie l’ho avuta sin da quando da bambino, mi facevo portare da mio padre a vedere i treni nelle stazioni di Chiuduno o Montello Gorlago sulla linea Bergamo-Brescia. Un’infanzia passata a sognare locomotive, carrozze, incroci misteriosi su lucenti binari, ad ammirare le manovre dei convogli sugli scambi delle stazioni, a sbirciare i movimenti e i comandi dei ferrovieri nelle loro divise autorevoli, sognando di diventare, un giorno, uno di loro. Una passione coltivata poi nel corso della giovinezza leggendo avidamente tutto quello che era possibile trovare sui vecchi treni, sulle locomotive, sul mestiere dei ferrovieri. Poi gli studi al Politecnico di Milano indirizzati proprio verso l’ingegneria ferroviaria, poi un Master alla SDA Bocconi sulla gestione dei trasporti infine l’ingresso nelle FS. Qui tra le molte abilitazioni necessarie a svolgere il mestiere di ingegnere ferroviario, ho avuto la grande opportunità di poter acquisire - sono stato l’ultimo giovane ingegnere a farlo - l’abilitazione alla “condotta del vapore”. Impegnandomi nella condotta delle locomotive a carbone e elettriche che le FS organizzavano per eventi e celebrazioni. Posso solo dire che dal 2003, anno del mio ingresso in Trenitalia, il mio sogno di bambino è diventato realtà”. (V.E.Filì)

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FINALMENTE

LIBERA

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GABRIELLA MORGILLO ECLETTICA E CREATIVA, GABRIELLA MORGILLO CI PARLA DI LEI, DELLA SUA VITA, DEI SUOI LIBRI E DEL FILM ‘FINALMENTE LIBERA’ TRATTO DA SUO PRIMO ROMANZO Tommaso Revera

Scrittrice, modella, marketing manager e life coach. Di certo sei una persona che ama coltivare diverse passioni e sperimentarsi in diversi contesti, non è così? “Sono da sempre una persona che “assaggia” la vita a morsi e la assapora. Ho sempre pensato che siamo vivi per portare avanti i nostri scopi e questi scopi si raggiungono solo quando si perseguono obiettivi e coltivano passioni che ci rappresentano a pieno, anche quando questo può voler dire fare sacrifici, imparare ad avere pazienza, tenacia e fiducia. Poi nel tempo ci si rende conto che alcune passioni svettano su altre, e ci portano esattamente dove dobbiamo essere per star bene. E allora non puoi far altro che continuare a coltivarle mettendo sempre il cuore in ciò che fai”.

Gabriella Morgillo con Giuseppe Di Giorgio regista del film ‘Finalmente libera’ (tratto dal suo primo romanzo) di cui è anche sceneggiatrice

Cosa ti ha spinta a scrivere ‘Libera’, il tuo primo romanzo edito da Apollo Edizioni? “Quando scrissi Libera ero una studentessa universitaria, piena di sogni come oggi ma con meno sicurezza in me stessa. Scrissi Libera fondamentalmente per tener fede a una promessa a me stessa che feci quando ero bambina: “da grande scriverò un romanzo” e così feci. Ho sempre amato scrivere e appena trovai la giusta ispirazione decisi di raccontare tramite l’inchiostro le emozioni travolgenti che attraversano i giovani nella fase di passaggio da adolescenti a giovani adulti. Emozioni che all’epoca della stesura traboccavano anche nella mia vita e di cui sentii l’esigenza di raccontare”. Che effetto ti ha fatto sapere che la tua opera prima, il tuo primo romanzo generazionale, è diventato un film intitolato ‘Finalmente Libera’? “Il film “Finalmente Libera” nasce da un lungo percorso tortuoso e non privo di ostacoli che perseguo dal lontano 2015. Accompagnarlo in ogni sua fase di realizzazione mi ha permesso di vivere a pieno questa esperienza e di apprezzarne il valore. Ci credevo così tanto che la vivevo con estrema naturalezza, quasi come fosse una cosa normale e da tutti. Quando però ti ritrovi circondata da persone appassionate, professionali che contribuiscono a realizzare il tuo sogno, e soprattutto quando vedi il tuo sogno arrivare sul grande schermo insieme ad altri colossal di importazione estera e Hollywoodiana, beh, allora li inizi a chiederti “Ma è tutto vero? Sono arrivata fin qui?” e capisci che forse così “normale” non è. L’emozione più forte? Vedere il tuo nome che compare scritto sul grande schermo ad inizio proiezione e il pubblico che applaude. Perché li capisci che sei riuscita davvero a realizzare qualcosa di speciale”.

In attesa dell’uscita nelle sale prevista per giugno, ci racconti la trama di questo film prodotto da Upgrade Film Production e diretto dal regista Giuseppe Di Giorgio? ”La trama ruota intorno a un gruppo di giovani che si ritrova per la prima volta a vivere situazioni nuove, fuori dalla solita routine schematica. In particolar modo è Roberta, la protagonista, ad impersonare il delicato cambiamento che tutti i giovani devono affrontare ad un certo punto della loro vita: diventare adulti prendendo coscienza delle proprie debolezze e virtù e imparando ad amare se stessi per poter poi amare gli altri. Roberta, bloccata nelle sue insicurezze, parte con un gruppo di coetanei per una vacanza improvvisata e dovrà imparare a gestire situazioni e paure che la tengono imprigionata in una visione miope della realtà e che le impediscono di vivere a pieno la propria vita. Si tratta infatti di un viaggio interiore più che fisico”. 15 15


Con la scrittura, poi, ci hai preso gusto, nel 2016 hai presentato ‘Tieniti per mano’, un vademecum per trovare equilibrio e benessere nella vita di tutti i giorni. Ravvisavi un’esigenza personale quando l’hai scritto? “Ho scritto Tieniti per mano subito dopo aver attraversato una fase di crescita interiore molto profonda, ma decisi di scriverlo per condividere ciò che avevo capito più che per rafforzare i miei pensieri. Diciamo che ho semplicemente messo nero su bianco quelli che ritengo siano i cardini di una vita serena ed equilibrata e che penso possano esser utili a tutti. Infine hai scritto e pubblicato un’opera prima in Italia, la prima light novel interamente italiana dal titolo “The legend of the Light Knights- i cavalieri della Luce”. Sappiamo che questo libro ti ha portato nelle più importanti manifestazioni del Comics del panorama Italiano e non solo e che a distanza di alcuni anni dalla pubblicazione resta ancora tra i fantasy più richiesti”. Qual è il segreto di questa storia? “Il segreto? È come al solito creder sempre in ciò che sentiamo dentro. Quando scrissi i cavalieri della Luce sapevo perfettamente di rischiare molto: l’ambizione di pubblicare un genere che in Italia non era mai stato pubblicato mi avrebbe creato non pochi problemi. E così difatti è stato. Ho ricevuto tante porte chiuse in faccia, fino a che non ho incontrato chi ha creduto in loro portandoli fin dove sono ora: distribuiti dalla Panini, da Starshop e da distributori di grosso calibro sono arrivati ovunque, dal Cartoomics, al Lucca Comics and Games, diventando pionieri per altre light novel italiane. La light novel è un romanzo fantasy accompagnato da alcune tavole manga che rappresentano le scene che si stanno leggendo e i loro personaggi. Ciò crea un forte legame reale e condiviso da tutti con ciascuno dei protagonisti. Poi la storia è entusiasmante, un misto tra fantasy e misticismo, sempre accompagnata da un forte messaggio di speranza”.

Sei alle prese con un quarto libro? Ci puoi dare qualche anticipazione? “Sì, sto lavorando ormai da due anni proprio al sequel della mia light novel, e spero di potervi svelare presto di più di questo ambizioso progetto”. Non smettere mai di cercare ciò che ci fa stare bene e non lasciarsi mai condizionare da ciò che limita la nostra vera essenza: è questa la tua filosofia di vita? “Direi di si. La vita è un’occasione meravigliosa e preziosa che ci è stata donata e quale può essere il modo migliore per renderle onore e manifestar gratitudine se non amando ciò che si è e facendo ciò che si ama? Rispettare gli altri e noi stessi credo sia il primo passo verso la vera pienezza dell’essere, un sentiero in salita, ma con una vista mozzafiato sulla felicità”. 16

GABRIELLA MORGILLO

FINALMENTE

LIBERA


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Un ricco palinsesto di visite tematiche per conoscere, esplorare e riscoprire Brescia e i suoi mille volti. Guide turistiche abilitate ti condurranno alla scoperta dell’incredibile patrimonio della nostra città. Che tu sia un turista o un local, lasciati accompagnare e…sorprendere! BIGLIETTI €5 adulti | €3 under 12

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SI PUÒ

SEMPRE FARE

MEGLIO Tommaso Revera ph. Matteo Marioli

I dati attestano una situazione in linea con quella degli anni precedenti: Brescia è una

città sicura. Da attenzionare alcuni fenomeni del post pandemia, in particolare tra i più giovani, segno però più di inciviltà che di criminalità. Di questo e molto altro ne abbiamo parlato con Giovanni Signer, Questore di Brescia dall’Ottobre 2020.

Un breve riassunto della sua vita “Conseguita la laurea in Giurisprudenza, sono entrato nelle fila della Polizia di Stato nel 1988, superando il concorso di vice commissionario in prova (ai tempi si chiamava così). Concluso il corso di formazione, nel luglio del 1989 sono stato trasferito a Torino e all’inizio del 1990 ho anche maturato un’esperienza nel Nucleo Antisequestri in Calabria. Alla fine dell’estate di quello stesso anno, da Torino, sono stato trasferito alla Questura di Catania, dove ho continuato la mia esperienza nelle Volanti. Dopo poco più di un anno, sono stato trasferito in un Commissariato di pubblica sicurezza distaccato, quello di Acireale, un ufficio come quello ritratto nelle fiction del Com­missario Montalbano, dove ero il vice, il ruolo di Mimì Augello, occupandomi di polizia giudiziaria e cimentandomi così con le prime esperienze nel contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa, che mi hanno consentito, nel 1996, di essere chiamato alla Squadra Mobile di Catania, dove venni assegnato alla “omicidi”. Dalla fine del 1999 al marzo del 2001 ho diretto la Squadra Mobile di Enna, per essere nuovamente trasferito alla Squadra Mobile di Catania dove mi occupai di antiracket, antiusura e criminalità economica. Successivamente, dopo essere stato il responsabile della Sezione Criminalità Organizzata, nel 2004 sono stato promosso Primo Dirigente della Polizia di Stato e, superato il corso di formazione, mi è stato assegnato l’incarico di dirigere il X Reparto Mobile di Catania, struttura che con la sua corposa dotazione di personale assicura i rinforzi alle questure nei servizi di ordine pubblico. Un incarico, però, du­rato poco, perché nel giugno del 2006 sono stato chiamato a dirigere la Squadra Mobile di Catania, fino al settembre del 2012, quando sono stato nominato Vicario del Questore di Catania. Nel 2015 sono stato promosso dirigente superiore della Polizia di Stato. In seguito ad una brevissima esperienza al Ministero, ho avuto la mia prima nomina a Questore, a Savona. Dal marzo 2017 Questore a Caltanissetta e dal 20 ottobre del 2020 Questore della provincia di Brescia. Funzioni che, per la classe riconosciuta alla Questura di Brescia, è valsa la nomina a dirigente generale di p.s. .”. Come si trova nella nostra città? “Benissimo. Chiaramente è un contesto diverso da quello in cui ho vissuto e lavorato ma apprezzo molto la concretezza e la schiettezza dei bresciani. A dispetto dei luoghi comuni, poi, ho sempre trovato persone accoglienti e disponibili, per niente fredde o distaccate”. 34 18

A TU PER TU CON GIOVANNI SIGNER, QUESTORE DI BRESCIA, E DAL GIUGNO DELL’ANNO SCORSO PROMOSSO ALLA MASSIMA QUALIFICA DIRIGENZIALE DELLA POLIZIA DI STATO


GIOVANNI SIGNER 19


Vista la tanta esperienza professionale maturata, c’è un episodio che ricorda più di altri e rivendica con un certo orgoglio? “Ce ne sono diversi ma, mi creda, preferisco non indicarli perché sono sempre risultati di staff e mai traguardi esclusivamente personali. Posso dirle che al Sud ho vissuto esperienze difficili, soprattutto agli inizi, anche perché probabilmente non eravamo ancora ben attrezzati, ma vuoi per la giovane età, vuoi per l’inesauribile disponibilità messa al servizio di questo lavoro, insieme a diversi colleghi abbiamo con­seguito risultati che hanno saputo dare efficaci e concrete risposte a situazioni gravissime. La soddisfazione più grande forse rimane la cattura dei responsabili di quei fatti di sangue commessi ai danni di vittime assolutamente estranee, rimaste ferite solo perché si sono trovate in mezzo ad una sparatoria, bersagli incolpevoli di criminali senza alcuno scrupolo”.

SI PUÒ

SEMPRE FARE

MEGLIO

In gioventù avrebbe mai pensato di intraprendere una carriera professionale di questo tipo? “No, la mia idea iniziale era entrare nell’Avvocatura dello Stato. Mi sono laureato in Giu­risprudenza e poi abilitato all’esercizio della professione legale quando ero già in Polizia. Ammetto che la passione vera per la mia carriera l’ho scoperta con il lavoro, per la consapevolezza di poter essere risolutivo nell’im­mediato in favore della gente che aveva problemi incombenti e gravi”. Oltre al grande senso di responsabilità che que­sta professione conferisce, quali sono stati i sa­crifici compiuti per arrivare a ricoprire l’incarico che riveste oggi? “Ce ne sono stati diversi. Quando si è negli uffici ope­rativi, per esempio, devi assicurare una disponibilità personale che non ha limiti. Non ricordo le volte che sono entrato in ufficio e sono uscito il giorno dopo. E non si contano le notti consecutive trascorse quando ero nella squadra omicidi. Sacrifici propri e anche di chi ti sta vicino, perché ci sono momenti in cui il lavoro ti assorbe totalmente. Poi, una volta divenuto Questore, chiaramente la disponibilità agli spostamenti che ti vincolano a girare in lungo e in largo l’Italia allon­tanandoti da casa, affetti e amici”. In piena pandemia immagino che l’impossibilità di raggiungere gli affetti abbia pesato più del so­lito, sbaglio? “Sicuramente il lockdown è stato durissimo. Il Que­store, essendo autorità di sicurezza pubblica locale e provinciale, come altri appartenenti alle Forze dell’ordine, ha l’obbligo di risiedere nella città in cui è chiamato a svolgere questo incarico e durante quelle settimane la nostalgia degli affetti si è fatta sentire più di altre volte, così come il peso di non essere ancora una volta vicino ai tuoi cari in un momento così difficile…”. Brescia è la terza città d’Italia più accogliente nei confronti dei migranti. Cosa ne pensa? “Ha un tessuto economico che ha certamente favorito questo fenomeno ma indubbiamente è una città non solo accogliente ma anche molto ben organizzata e con servizi efficienti”. 20

GIOVANNI SIGNER


“La mia idea iniziale era entrare nell’avvocatura dello Stato. Poi, però, la passione è arrivata con il lavoro e soprattutto l’idea di essere risolutivo nell’immediato mi ha fat­to propendere per questo percorso professionale”

Ovunque lei vada immagino che le richieste dei cittadini si­ano per certi versi sempre quelle. Che bisogni ravvisa nei bresciani? “Brescia è una città che gode di un alto standard di sicurezza e i bresciani, giustamente, pretendono che così rimanga. Però, come accade spesso in questi casi, si tende con maggior facilità a confondere il decoro urbano con la sicurezza. Inoltre, rispetto ad altri contesti in cui ho lavorato, percepisco un po’ più di intolleranza verso i giovani. Per esempio, dopo il lockdown della primavera del 2021, mi è arrivato un esposto che lamentava disturbi della quiete pubblica per una partitella di basket giocata alle 10 di sera da alcuni ragazzi in un campo vicino alla propria abitazione... C’è una grandissima attenzione per il proprio diritto a manifestare. Credo sia una grande qualità di carattere quella di tenere ad esprimere sempre il proprio pensiero ma, in alcuni casi, francamente, mi sono sembrate incomprensibili le ostinate prese di posizione, come quella di opporsi a traferire di 100 metri il luogo della manifestazione preannunciata, nonostante sia stato fatto presente la necessità di contemperare questa richiesta con il rispetto dei diritti di altri sullo stesso spazio pubblico”. Nel post pandemia ha notato dei fenomeni da attenzionare tra i più giovani? “A Brescia si è verificato quanto avvenuto in tutta Italia: dopo mesi di chiusure forzate, i ragazzi avevano legittimamente voglia di uscire e divertirsi. A questa tendenza, anche qui, si sono associati altri fenome­ni che hanno dato luogo a comportamenti illegali e violenti, a volte opera di giovani che si frequentano ed aggregano in ragione della propria provenienza, dell’appartenenza ad una periferia o ad un piccolo centro. Un disagio tra i più giovani sicuramente serpeggia ma da qui ad indicare questo fenomeno con l’accezione di ‘baby gang’, credo sia inappropriato. Sia perché quello delle bande giovanili è un fenomeno particolarmente strutturato e dove l’identità di gruppo è marcatissima, sia perché appone, pericolosamente, un sigillo a chi ancora non ne ha ”. Le infiltrazioni mafiose nelle aziende del nord è un fenomeno ormai acclarato. Quali sono le armi messe in campo contro la criminalità organizzata? “La provincia di Brescia è certamente tra le più ricche ed è ine­vitabile che richiami l’interesse delle principali organizzazioni mafiose. Ma, rispetto al meridione, dove il fenomeno è radicato e persiste, c’è una significativa differenza legata all’assenza di un generale assoggettamento ambientale e alla ridotta capacità di intimidazione rispetto al tessuto sociale nel suo complesso. Qui ritengo esposti al pericolo di infiltrazione i settori imprenditoriali che possono più facilmente subire il controllo attraverso l’impegno diretto di soggetti contigui o organici alle cosche e in ragione della professionalità che possono vantare: penso alla ristorazione, all’edilizia e solo per citarne alcuni. Inoltre, è sicuramente esposto l’imprenditore che ha avuto un rapporto di vicinanza con la criminalità organizzata: chi si rivolge ad una cosca o ad una n’drina per ottenere la restituzione di un mezzo rubato, per chiedere un prestito o per farsi aiutare in una situazione conflittuale, inevitabilmente subirà poi il tentativo di assoggettamento di queste organizzazioni. È sempre l’opacità di rapporti pregressi ciò che ha esposto al Nord imprenditori al rischio di infiltrazioni”. Il nostro ordinamento prevede norme giuridiche e strutture investigative ben adeguate al contrasto alla criminalità organizzata, da tempo riconosciute a livello internazionale. Nella lotta bisogna sempre partire da una considerazione, che il primo obiettivo è colpire l’arricchimento illecito, con ogni mezzo previsto, perché è la ragione economica quella che muove le iniziative di questa criminalità, per assicurarsi agiatezza, potenza e proselitismo”. C’è un reato più diffuso di altri nella nostra provincia che magari l’ha stupita per qualche motivo particolare? “Nessuno in modo particolare, tranne, com’è noto, quelli legati alle frodi commesse attraverso false fatturazioni e operazioni inesistenti, sicuramente favoriti dal ricco tessuto imprenditoriale”. Come vanno le cose allo stadio? Da qualche anno sembra­no essersi calmati un po’ gli animi… È l’effetto delle misure adottate come per esempio il Daspo? “Al momento, sì”. A livello professionale di strada ne ha percorsa tanta: ha an­cora un sogno nel cassetto? “Spero sempre di far bene e di dare visibile concretezza al nostro impegno. Ricevere da parte di un cittadino un semplice grazie, proprio come è avvenuto qualche sera fa, perché magari nel quartiere dove abita abbiamo dato attenzione ad un problema che aveva segnalato, rimane una bella gratificazione”. 21


149° ANNIVERSARIO PER LA POLIZIA LOCALE DI BRESCIA

“La pace nasce dalla coerenza, dalla legalità, dal rispetto dell’altro, dal far propria la speranza e le esigenze degli altri. La pace nasce dalla fatica di dire no quando è necessario”. Con queste parole, citando il Presidente Mattarella, ha concluso il suo discorso Roberto Novelli, Comandante della Polizia locale di Brescia, in occasione della festa per il 149° anno dalla fondazione, che ogno anni è anche il momento per i riconoscimenti ad agenti che si sono distinti nell’azione di aiuto alla cittadinanza o di contrasto alle attività illegali. Quelli che seguono sono solo alcuni dei numeri relativi all’attività dellla Polizia Locale di Brescia e si riferiscono “solo” all’anno 2021 quando tutti, chi più chi meno siamo stati impediti a svolgere una vita “normale” causa pandemia. Ma, guardando i numeri sciorinati dal Comando di via Donegani, durante la recente Giornata dedicata alla Polizia Locale verrebbe da chiedersi se non siano davvero tantissimi gli interventi della Locale per contrastare comportamenti scorretti dei cittadini. Sono state effettuate ben 1.283 rimozioni forzate, cento in media ogni mese mentre 80.670 sono le multe “erogate” per divieto di sosta o soste intralcianti che da sole dovrebbero portare un incasso di oltre 2 milioni di euro al Comune. Purtroppo invece sono stati rimossi soltanto 75 volte veicoli su posti assegnati ai disabili ma sappiamo che questo vizio è molto più diffuso. Le infrazioni rilevate per eccesso di velocità sono state 7.116 e 879 per mancato uso delle cinture di sicurezza (poche) e solo 858 per uso del telefono alla guida. Veicoli non revisionati 365, non assicurati 346, per guida senza patente 75 e 271 per guida in stato di ebrezza o sotto effetto di stupefacenti. Stupefacente come il numero dei transiti non autorizzati nelle Ztl ben 41.442 e delle sanzioni comminate dagli ausiliari del traffico: 41.449. Da segnalare i 1010 incidenti in cui sono intervenute le pattuglie della Polizia, con 643 feriti e 7 decessi.

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CHANGES di Angelo Cisotto - Commercialista e revisore legale dei conti

TRA LE COSE CHE STANNO CAMBIANDO RAPIDAMENTE, L’APPROCCIO ALLA PROFESSIONE ECONOMICO-GIURIDICA RIVESTE UN RUOLO DA PROTAGONISTA

Gli elementi caratterizzanti di questo cambiamento sono molteplici ed è interessante esaminarli. Anzi a tutto esiste una nuova percezione della Professione in sé. Prendo spunto dalle riflessioni di alcuni pensatori illustri. Carlo Gagliardi, per esempio, sostiene che il patto tacito tra Avvocati e Società, che si fondava sul presupposto che ai primi era demandata e riservata la conoscenza giuridica - anche a vantaggio della società civile - e che a ciò corrispondeva, in cambio, il riconoscimento di un particolare ed elevato status sociale, si sia modificato perché oggi la conoscenza è molto più largamente diffusa e facilmente accessibile. Per affrontare questa nuova dimensione, quindi, Gagliardi suggerisce un “testa-coda” teso a invertire la direzione: basta proteggere il proprio “fortino” di unici portatori del sapere giuridico, ma essere sempre più chiari e aperti e collaborativi nei confronti del cliente. Ciò che serve è essere portatori di soluzioni, non di problemi. Basta anche temere la tecnologia, bisogna, piuttosto farsene un alleato. La tecnologia sa fare - e sempre più saprà farlo - alcune cose meglio di un essere umano. Impossibile contrastare questa marea, molto meglio imparare a fare bene quello che la tecnologia non sa fare e non saprà fare mai. Federico Faggin, su questo aspetto, da tempo afferma che puntando sul tratto distintivo degli esseri umani, quello che Lui definisce “consapevolezza”, potremo sfruttare la tecnologia “cavalcando” la marea. La risposta che questi pensatori danno ai dubbi dei Professionisti - non solo degli Avvocati, ma di tutti i Professionisti dell’area economico-giuridica - è chiara: al cliente non serve ciò che può trovare facilmente per suo conto e a basso costo, ma la capacità di affrontare le difficoltà che oggi caratterizzano il mondo degli affari che è sempre più complesso e sempre più lo sarà. Al di là dell’elevato livello di preparazione - che bisogna dare per scontato - servono flessibilità, un grado di multidisciplinarietà assoluto, capacità di innovazione e di presenza sul mercato globale. Oltre all’eccellenza professionale, quindi, sono indispensabili Team e Rete internazionale. Oltre a queste valutazioni, molto interessanti, ve ne sono altre, probabilmente meno “elevate”, ma ugualmente importanti e assai concrete. Esaminiamole assieme. Per svolgere le professioni tecnico-giuridiche è oramai necessaria una dimensione non piccola, ma media. Servono investimenti per la realizzazione di una sede comoda e attraente sia per il personale che per la clientela, ma anche attrezzata adeguatamente. Oltre che nell’hardware e nel software, oggi si deve investire molto in formazione e bisogna sempre più velocemente dotarsi di Banche Dati costose, ma indispensabili per svolgere alcune particolari - ma anche ormai frequenti - attività professionali. È solo l’inizio, perché - come abbiamo di già visto - la tecnologia non smette di evolvere e sarà sempre più necessario investire in questa direzione. 24


Oltre a questo, è sempre più indispensabile dotarsi di personale specializzato e, anch’esso, in grado di evolversi acquisendo sempre nuove competenze. Non da ultimo, anche il “carico” di burocrazia, ormai quasi fuori controllo nonostante le rassicurazioni di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi 30 anni, impone dimensioni sufficienti a giustificare l’investimento necessario per sopportarlo Servono, infine, professionalità specialistiche e - quindi - figure professionali diversificate. Ma non è tutto, perché oggi il Cliente chiede anche una garanzia di continuità e, perciò, serve anche un ricambio generazionale “fisiologico”.

Chi pensa positivo vede l’invisibile, tocca l’intangibile e ottiene l’impossibile. (W. Churchill)

Queste dimensioni e alcune di queste caratteristiche sono tipiche di una piccola azienda e, perciò, richiedono anche una organizzazione tipicamente aziendale che molti Studi Professionali ancora non hanno raggiunto. Per raggiungere una caratura dimensionale sufficiente e per poter garantire una capacità consulenziale completa, una strada rapida e sicura - anche se, ben inteso, non priva di difficoltà - che permette sia di salvare le individualità preziose dei singoli professionisti che di affrontare la complessità attuale e futura, è rappresentata dall’aggregazione. Questo aspetto è molto ben noto da tempo e ha spinto il legislatore a introdurre all’interno di quelle tipiche del nostro ordinamento, la STP, Società fra Professionisti. Purtroppo, però, il Diritto Tributario attualmente collide con la possibilità di trasferire lo Studio Professionale in una Società Professionale e questo costituisce un freno all’espansione delle dimensioni degli Studi Professionali. È un peccato, perché oggi è indispensabile offrire consulenza interdisciplinare in quanto le interconnessioni fra aspetti economici, finanziari, tributari, giuslavoristici e giuridici in genere sono presenti sempre e qualunque sia il campo in cui si svolge una operazione di contenuto economico. Servono, perciò, Studi integrati e l’introduzione dell’istituto della “Composizione negoziata per la soluzione della crisi”, ha confermato questa necessità quasi sancendola a livello normativo. Qualche mese or sono ho parlato, durante una intervista rilasciata a questa bella testata, di due progetti che avremmo realizzato tra la fine del 2021 e il 2022. Il primo era la nascita di ErgonYoung, una realtà professionale che realizza molti degli obiettivi di cui abbiamo parlato. Abbiamo una sede bella e moderna, accogliente e ben dotata e altrettanto si può dire della sede di Lumezzane. Ci siano dotati di personale altamente qualificato e destiniamo molte risorse economiche e umane alla formazione interna ed esterna. Abbiamo realizzato le condizioni per affrontare il presente e il futuro senza soluzione di continuità conservando, anche migliorandola, la capacità di rispondere alle richieste della nostra clientela con efficacia e tempestività. Il secondo progetto, in corso, dovrà garantire - attraverso la generazione di una rete fra Studi anche di differente natura professionale - sia la sinergia adatta a superare il vincolo dimensionale relativamente agli investimenti che si prospetteranno in numero e misura sempre più elevata, sia la generazione di una consulenza tecnico-giuridica globale. Nello specifico desideriamo anche creare una struttura comune per la gestione della normativa privacy e antiriciclaggio e per la generazione di un vero e proprio “vivaio” per le nuove generazioni di professionisti e collaboratori. Il viaggio verso il futuro, che abbiamo appena ora iniziato, ci ha cambiato e ci cambierà, ma in meglio. Non è una scelta comoda, richiede molto impegno e grande attenzione e, naturalmente, espone a qualche rischio, ma ignorare i mutamenti dell’ambiente in cui viviamo costituisce una rinuncia a comprendere e a interpretare il nostro tempo ed è il presupposto per l’isolamento intellettuale e professionale. 25


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QUINTALE DARIO CECCHINI E MARTINO DE ROSA ANNUNCIANO L’APERTURA DI ‘QUINTALE’ A ERBUSCO IN FRANCIACORTA

Dario Cecchini, ‘il macellaio più famoso del mondo’ secondo

il New York Times, e Martino de Rosa, fondatore della società atCarmen, dopo l’apertura franciacortina di Cecchini Panini avvenuta lo scorso settembre, raddoppiano, e inaugurano il ristorante Quintale. Sarà un ritorno alla cucina di famiglia, semplice e popolare, “vuol dire trovare l’eccellenza nella semplicità”, afferma Cecchini.

“Per me è un viaggio di famiglia - racconta Martino De Rosa, marito di Carmen Moretti - io e Dario siamo amici da più di vent’anni. Fu lui a cucinare all’Andana quando nel 2003 annunciammo la collaborazione con Ducasse”

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Una questione di territorio: da Quintale, dove i concetti guida restano naturalità, materia prima eccezionale e menu essenziale, si intende valorizzare l’identità di un fuoriclasse internazionale come Dario Cecchini, senza imitare il locale di Panzano in Chianti. Con il desiderio ultimo di far sì che la Franciacorta, oltre che per i vini, diventi una imperdibile meta golosa anche per la carne. E con presa di coscienza, come intende Cecchini, “dare un senso al mangiar carne”, vuol dire senza sprechi e quindi in mondo sostenibile. Il menu seguirà la filosofia di Dario che da sempre ama valorizzare anche i tagli ‘meno nobili’. 28


QUINTALE Come insegna la tradizione contadina, non ci saranno parti non utilizzate, ogni taglio è prezioso, ‘dal naso alla coda’. “Il filetto non si troverà, proprio come nella casa madre di Panzano, serviremo altre parti: l’etrusco, la bavetta, il musetto, la pancia, la fiorentina - conferma il macellaio - l’approvvigionamento sarà in parte dall’allevamento dell’Andana, e in parte dalla Spagna”. Ne è certo de Rosa, “Andare da Quintale non è come mangiare in una steakhouse, ma nella cucina di un macellaio. Per i vini ho pensato a una carta che comprenda in maniera esaustiva sia i Franciacorta che i grandi rossi di Toscana, per suggellare i nostri due territori anche nel calice”. A Erbusco, in un cascinale del XV secolo, i muri sono rimasti antichi. Come le volte che scandiscono le tre salette con mattoni a vista e l’antico camino. C’è una cella frigorifera a tutta altezza con le mezzene appese e un tavolone social nella sala principale. è stata ricavata chiudendo a vetrata il vecchio porticato dal soffitto di travi in legno con vista sul giardino di casa, e una finestra sulla cucina, sulla brace, sulla carne. Il cocktail bar è in stile newyorkese. La ‘materia prima’, grezza e naturale, ritorna anche nelle scelte dell’arredo - i tavoli di marmo e di legno, i colori rosso e nero sono un richiamo al colore della carne, della brace. “È l’archetipo della bottega - spiega Cecchini - la celebrazione del sacrificio animale come un gesto pieno di valore e di ‘buon senso’: usare tutto l’animale vuol dire non sprecare, vuole dare un significato nuovo al saper mangiar carne”.

VITTORIO DE ROSA, RITRATTO IN QUESTA FOTO, HA PENSATO ALLA GRAFICA E ALL’INTERIOR MENTRE LA SORELLA MATILDE HA INVENTATO IL NOME “QUINTALE”

atCarmen è una management e investment company specializzata nella gestione e nello sviluppo di progetti imprenditoriali nei settori dell’Hospitality, Food&Wine, Leisure e Lifestyle di alta gamma. atCarmen è la naturale evoluzione un percorso consolidato. Nasce dall’esperienza e dal successo di Martino de Rosa e Carmen Moretti che in oltra 28 anni di carriera hanno affermato a livello nazionale e internazionale due tra i più riconosciuti brand dell’ospitalità, L’Albereta in Franciacorta e L’Andana in Maremma Toscana. Dario Cecchini, macellaio da otto generazioni, di padre in figlio. O meglio, come direbbe lui, ‘un macellaio da oltre 200 anni’. Un uomo, ma soprattutto un figlio dell’infinita cultura italiana, cultura che ogni giorno trasmette alla sua clientela con aforismi – il suo motto è ‘Viva la ciccia’. La piattaforma Netflix gli ha dedicato una puntata della sesta serie di Chef ’s Table.

ERBUSCO (BS) Via Camillo Benso Conte di Cavour, 7


“CASTELLI, FANTASMI, LEGGENDE” ALLA ROCCA DI LONATO DEL GARDA

GLI OTISI NELLA CASA DEL PODESTÀ

Nuovo capitolo e nuova tappa per “Castelli, Fantasmi, Leggende”, la serie di fotografie oniriche di gran- FINO AL 5 GIUGNO di dimensioni con cui il fotografo Salvatore Attanasio dà forma - mediante un’elaborazione al computer LE FOTOGRAFIE in postproduzione - a personaggi storici o a protagonisti di leggende popolari ambientandoli nei manieri del Bresciano dove hanno abitato o nella realtà o nella fantasia delle leggende: è la quattrocentesca Roc- ONIRICHE DI ca Visconteo Veneta di Lonato del Garda ad ospitare nel Salone della Casa del Capitano fino al 5 giugno SALVATORE la mostra Gli Otisi nella Casa del Podestà (visitabile tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00). ATTANASIO

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Una narrazione fantasiosa in 15 immagini inedite, in grande formato e in rigoroso bianconero, retroilluminate, che raccontano la “Storia degli Otisi”, concepita nel XIX secolo da due esponenti di rilievo del milieu culturale bresciano fin de siècle (il medico dottor Carlo Tagliaferri e il conte Teodoro Lechi), giunta fino a noi in un prezioso manoscritto realizzato da Fra Doretto da Calvisano (pseudonimo del conte Teodoro Lechi). Non una storia reale, ma un’invenzione, che testimonia la propensione, tipica della cultura tra Ottocento e Novecento, di evocare il passato rivivendolo a tutti i costi, anche attraverso una proposta giocosa, divertita e dal sapore teatrale. Il manoscritto descrive dodici antenati Tagliaferri, la cui


“La mostra di Salvatore Attanasio rende omaggio alla cultura bresciana tardo ottocentesca, una cultura fortemente radicata al tema della rievocazione storica – spiega Stefano Lusardi, conservatore dei beni storici della Fondazione Ugo Da Como- Basterebbe ricordare le favolose ed elaborate architetture di revival concepite dal maggiore architetto della seconda metà del XIX secolo, Antonio Tagliaferri fratello di Carlo e zio di Giovanni. Di questo mondo, la Fondazione voluta da Ugo Da Como a Lonato è una testimonianza imprescindibile e per questa ragione abbiamo voluto rievocare gli Otisi all’interno degli ambienti della casa museo del Podestà, interamente restaurata da Antonio Tagliaferri tra il 1907 e il 1909.” Ad accrescere il fascino della mostra, l’allestimento inconsueto e spettacolare. Le fotografie, stampate in fineart, sono presentate in cornici retroilluminate a led in ambiente oscurato. L’effetto è di assoluto impatto, anche considerando la narrazione evocata dai soggetti rappresentati. In collaborazione con la sezione di sezione di Brescia dell'Unione Ciechi e Ipovedenti, le immagini sono corredate di una breve descrizione in alfabeto Braille, per consentire ai visitatori non vedenti di immaginarle. Fondazione Ugo Da Como Via Rocca, 2 - Lonato del Garda (Brescia) Tel. 030 9130060 - www.roccadilonato.it

precisa identità è restituita da altrettanti ritratti en travesti, autentici tableaux vivants all’interno dei quali, nei diversi costumi dei diversi momenti storici, compare il medesimo personaggio, ovvero Carlo Tagliaferri che impersonifica i suoi avi, fotografato dal figlio ing. Giovanni. Quindi 15 immagini che, anziché narrare una leggenda come nelle altre mostre del ciclo “Castelli, Fantasmi, Leggende”, vogliono rendere omaggio alla fantasia di coloro che hanno concepito questo capolavoro di cultura, ironia, creatività. A fare da sfondo ai personaggi leggendari della stirpe degli Otisi, sono le stanze della storica dimora del senatore Ugo Da Como a Lonato, la Casa del Podestà, dove si aggirano le velate presenze del poeta Folco, del procuratore Otisello, dell’alchimista Dosso e altre effimere e suggestive figure.

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2 POLITICANDO di Maurizio Maggioni

SI VIS PACEM, PARA BELLUM Dai latini dobbiamo imparare tutto, proprio tutto.

Dall’igienico saluto romano, come ha scritto Feltri, per arrivare alle frasi granitiche che non danno via di scampo interpretativo. Infatti, nella società moderna, il latino è andato in disuso perché siamo diventati fluidi dal linguaggio al sesso, ma mai come adesso il motto - Si vis pacem, para bellum - è attuale e reale. Da sempre ci siamo armati per dimostrare che, se attaccati, avremmo saputo rispondere a dovere, si pensi a tal proposito alla Svizzera, armata sino ai denti, addirittura con aerei F35, che però rimane neutrale... Certo che oggi il gioco che facevamo da ragazzi all’oratorio di chi era più maschio o faceva la pipì più lontano, vale veramente poco. Mi riferisco a questa farsa di guerra che è scoppiata nell’est della nostra povera Europa, in terra Ucraina. Un paese a noi caro perchè già nell’800 i Bersaglieri, al comando del Generale Lamarmora, andarono a combattere a fianco degli inglesi per contare qualcosa di più in Europa. Poi ci tornammo durante la prima Guerra Mondiale ma, soprattutto, la attraversammo nella seconda, sia durante l’avanzata, sia quando avvenne la ritirata dell’Armir in Russia. Molte furono le unioni tra i nostri militari e le donne ucraine dal primo dopoguerra in poi. Arriviamo sino agli anni 2000 da cui inizia un vero e proprio esodo verso l’Italia delle loro donne, come collaboratrici domestiche, badanti e non solo. Ricordiamo le adozioni di bambini orfani e o abbandonati. Sono bianchi, cristiani, lavoratori della terra e li abbiamo poi conosciuti dopo la disgrazia nucleare di Chernobyl (quando erano ancora russi). Insomma, perché non dovremmo essere dalla loro parte avendo così tanti legami con quel popolo? Certamente noi tutti stiamo con il popolo ucraino, da quando una pubblicità che ci parlava dell’Ucraina indipendente dalla Russia, un astronauta ricadendo sulla terra era stupito che tutto fosse cambiato. I cambiamenti si accettano e tante volte si subiscono, dobbiamo sempre stare dalla parte dell’oppresso, se esso lo è veramente.

Questa strana guerra ci ha preso di sorpresa: begli imbecilli che siamo! Da oltre un decennio, sapevamo bene che prima o poi qualcosa sarebbe successo, ma abbiamo fatto gli struzzi, come sempre, per convenienza. La Merkel si era fatta garante che non sarebbe successo nulla. Aveva strappato il consenso alla costruzione del gasdotto Nord agli americani e Donald Trump, pur storcendo il naso, aveva accettato il fatto che l’Ucraina sarebbe stata sotto l’influenza europea. D’altronde il figlio di Biden in quel Paese faceva affari da molto tempo con i compari del partito democratico. A tutti andava bene che in quella zona vi fosse una nazione cuscinetto che consentisse a tutti di fare affari... Non si poteva certo pensare di cedere dei territori ai russi, anche se popolati da russofoni etc. etc.... Pertanto, mantenere lo status quo, andava bene a tutti. D’altronde gli ucraini non avevano i requisiti per entrare in Europa e della NATO nemmeno se ne parlava, perché ai russi era stato garantito che già l’allargamento di quest’ultima alla Polonia e alla Romania, era stato un azzardo. Ma, ai polacchi, dopo i diversi olocausti subiti negli ultimi 150 anni, non si poteva negare uno scudo antirusso. Insomma, tutti d’accordo. Infatti, l’acqua scivolava calma sotto i ponti, poi di colpo…. Non sono uno storico né un cultore della materia delle guerre e della loro genesi, sono solo un osservatore disincantato che ha ben visto che con l’arrivo di Biden alla presidenza USA tutto sarebbe cambiato. Con i repubblicani nel quinquennio precedente, non vi era stata nessuna guerra, se non commerciale. Ora si maschera con guerra vera, la competizione commerciale che imporrà nuovi equilibri in tutto il mondo. Comunisti veri contro vecchi comunisti, battaglioni di identica matrice ideologica nazionalista che si contrappongono con un’azione militare alla Stalingrado, che si dichiarano avversari da denazificare e sono più nazisti delle SS di un tempo. La cosa più sgradevole, però, è la stampa, sia essa internazionale che nostrana. Sono stato amico, sino al suo ultimo giorno di vita, e lo sarò sempre, di Livio Caputo, grande giornalista. Era intimo di Oriana Fallaci, avendola aiutata all’inizio della sua carriera, era amico di potenti uomini della terra e già lo scorso anno diceva che ormai la politica non esisteva più, che tutto era in mano alle multinazionali ed ai parvenue della politica, a tutti i livelli. Si lamentava dei giornalisti che non sapevano più scrivere e che, invece che riportare i fatti, raccontavano la loro storia di parte.


POLITICANDO Noi italiani non riusciamo più a votare liberamente e la disgrazia dei risultati dell’ultima tornata per l’elezione del silente Mattarella, è li da vedere, sotto gli occhi di tutti. Draghi non riesce a governare, l’Europa Unita non esiste e questa in fondo è la causa primaria di questa belligeranza. Un governo europeo serio avrebbe dovuto e potuto intervenire prima, porsi con mediatore e dialogare con i Paesi in questione, non prendere la parte di uno per poi rimangiarsi quasi tutto. La diplomazia non esiste più e con Giggino agli Esteri, in giro per il mondo a comprare gas, cosa possiamo mai pensare di fare? Ma non solo da noi, anche Emmanuel Macron a capo dell’Unione sino al prossimo giugno, cosa ha ottenuto? Nulla, solo altre morti inutili, che pesaranno sul al tavolo delle trattative. I Russi ci faranno vedere di che pasta sono fatti, soprattutto quando vinceranno le cause internazionali per i sequestri dei loro beni; l’Ucraina ci presenterà il conto con i suoi profughi e le richieste di denaro per la ricostruzione, cederà certamente parte dei suoi territori e non sarà più in grado di controllare le armi che abbiamo loro fornito, che andranno in mano ai terroristi o ai mafiosi di quelle terre.

Erdogan avrà sempre più potere, mentre il ritiro del battaglione mercenario Wagner dai territori siriani ed islamici in genere, farà rivitalizzare il terrorismo. La Russia non andrà più a fare il lavoro sporco dove gli americani scappano e lasciano campo libero, l’Egitto ci fornirà gas alla faccia del caso Regeni e così via. Siamo proprio i soliti fessacchiottti, da Giletti in poi: non ho mai riso così tanto guardando 3 minuti a sera le televisioni e dando un’occhiata ai social. Una vergogna assoluta. È vero che siamo il paese del bengodi, ma la stampa, ormai, non si sa più che cosa sia diventata: basti vedere a che posto siamo nella classifica mondiale: 58esimi, dopo i paesi del “famigerato” terzo mondo. Chi ci perde, come sempre, sono i popoli, ucraini e russi, che soffrono, muoiono, fuggono cercando il meglio. Quel meglio che è stato il distruttore dei loro diritti e che non è riuscito a garantir loro la libertà ed il benessere, anzi… Impariamo gente. È sempre il denaro a far scoppiare le guerre e, come per le letali armi chimiche e biologiche di Saddam nel ‘90 / ‘92, oggi siamo ancora qui a parlare di... “aria fritta”. Sperando che tutto finisca presto e che finalmente si possa andare a votare per sceglierci gente più preparata a governare, restiamo in campana perchè la Cina è sempre più vicina a mettere la mani sul mondo e, tra i due litiganti, il terzo gode.

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LA STORIA

Chissà a cosa starà pensando da lassù Giuseppe Meli, per tutti Gino: vedere la sua creatura azienda-

le, Ottica Rolin, tagliare il traguardo dei 60 anni, per di più grazie alla lungimiranza e all’intraprendenza imprenditoriale tramandata ai suoi figli Ivan e Giovanni, lo starà certamente riempiendo di orgoglio. Sono già trascorsi ben 12 lustri, infatti, da quando Giuseppe diede vita al negozio di articoli per la fotografia a Villa d’Almè: un’attività professionale che, negli anni, è stata capace di evolversi e cambiar pelle diventando il punto di riferimento nel mondo dell’ottica che tutti i bergamaschi oggi conoscono e apprezzano. Certo la strada è stata lunga e tortuosa ma la passione, la professionalità e il grande spirito di sacrificio mostrati giorno dopo giorno hanno prodotto i frutti sperati dapprima con l’apertura di un secondo punto vendita a Curno, all’interno del centro commerciale e, in seguito, con l’inaugurazione di un terzo negozio nel ‘salotto buono’ della città di Bergamo, precisamente in Via XX Settembre - Passaggio Bruni. Dal 2005 al timone dell’azienda è rimasto Ivan che, sulle orme del padre, porta avanti l’attività con orgoglio e competenza, guidando uno staff di giovani professionisti composto da ottici optometristi e consulenti del benessere visivo. Una squadra molto affiatata, appassionata e volenterosa che lavora inseguendo un’unica missione: la soddisfazione del cliente. Formazione costante, strumentazione all’avanguardia e un’accurata selezione di prodotti tra i migliori brand hanno ulteriormente contribuito al salto di qualità compiuto da Ottica Rolin che oggi, non a caso, vanta consolidate sinergie professionali con tutte le più importanti realtà internazionali del settore come Essilor.

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OTTICA ROLIN, DA 60 ANNI OPTOMETRISTI PER PASSIONE INTERVISTA A IVAN MELI, TITOLARE OTTICA ROLIN Spegnere 60 candeline non è certo una ricorrenza banale: con Ivan Meli, artefice insieme alla sua squadra di questo straordinario traguardo, ripercorriamo le tappe principali che hanno proiettato Ottica Rolin nel gotha dell’ottica bergamasca.

Piacere di conoscerti Ivan e congratulazioni per questo importante anniversario. Quali sono i tre punti di forza che hanno permesso a Ottica Rolin di arrivare a celebrare questo prestigioso anniversario? “Ciò che ha maggiormente favorito la nostra crescita professionale è stata la passione che da sempre coltiviamo per questo lavoro e la soddisfazione nel prenderci cura del benessere visivo dei nostri clienti. Una responsabilità di cui ci siamo fatti interpreti sin dal primo giorno e alla quale abbiamo sempre risposto con professionalità, dedizione e con un eccellente lavoro di squadra. Coordinare un team così coeso ed affiatato è estremamente appagante e ci stimola a migliorarci giorno dopo giorno. La nostra naturale inclinazione per l’innovazione, poi, è un altro aspetto che ci ha permesso non solo di stare al passo dei tempi ma, in molti casi, addirittura di anticiparli”. Qual è stata la sfida più grande che Ottica Rolin ha dovuto affrontare in questi anni? “La ristrutturazione del Centro Ottico di Curno è stata sicuramente una sfida importante ed ambiziosa: un lavoro che ho seguito minuziosamente, passo passo, per giungere ad un layout di negozio in linea alle nostre aspettative. Ci abbiamo investito molte risorse ed energie, lavorando anche a stretto contatto con architetti, arredatori e maestranze per valutare ogni singolo aspetto: un lavoro di ricerca continua che, però, ha portato ad un risultato finale davvero straordinario. Un ‘salotto’ pensato in primis per i clienti, per metterli il più possibile a loro agio e per presentare loro nel migliore dei modi la selezionata offerta di montature presenti in negozio, ma anche un’operazione d’immagine di Ottica Rolin, coerente alla nostra naturale inclinazione per lo sviluppo, la tecnologia e l’innovazione.

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Un nuovo layout architettonico che sancisce l’avvio di nuova fase imprenditoriale e che, nei prossimi anni, interesserà anche i Centri Ottici di Villa d’Almè e di Bergamo. Lo strenuo impegno profuso, le ore di sonno mancate e la tensione che mi hanno accompagnato durante i mesi della ristrutturazione sono stati ampiamente ripagati: quando insegui un sogno e ce l’hai ben chiaro in mente, trovi sempre delle risorse per portarlo a compimento”. C’è un aneddoto in particolare che ricordi con grande soddisfazione? “Ce ne sono molti. Da padre posso dire che quello che mi è rimasto maggiormente impresso è l’approdo in azienda di mia figlia Roberta nel 2014. È stata una soddisfazione incredibile alla quale poi se n’è aggiunta un’altra: l’ingresso in squadra nel 2018 di Matteo, grande appassionato del mondo dell’ottica, che da lì a qualche mese è diventato anche suo compagno di vita. Il loro ingresso in azienda ha portato una ventata di freschezza ed entusiasmo che mi ha ulteriormente stimolato nell’affrontare le sfide degli ultimi anni. Condividere con mia moglie Bruna, Matteo e infine Roberta, alla quale un domani passerò il testimone, l’entusiasmo e la passione che da sempre mi accompagnano nel mio lavoro, è estremamente appagante”. Da imprenditore che, è proprio il caso di dirlo, ‘ci ha visto lungo’, cosa consiglieresti ad un giovane che intende intraprendere il tuo stesso percorso professionale? “Ad un imprenditore credo non debba mai mancare il sogno. Chiunque desideri intraprendere un’attività imprenditoriale, deve ambire a qualcosa e far di tutto per poterla realizzare con determinazione e perseveranza. Qualsiasi idea, del resto, nasce da un sogno: perché prenda forma occorrono passione, tenacia, ambizione e tanto spirito di sacrificio. Solo così, costruendo tassello dopo tassello, può diventare tangibile. È un viaggio lungo, spesso non facile, in cui la motivazione aiuta a non smarrirti. Come ricordava Adriano Olivetti, uno degli imprenditori più illuminati del secolo scorso, “Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande”. Quali sono i valori che incarnano lo spirito Rolin? “Se siamo riusciti a toglierci delle soddisfazioni così importanti in questi anni, lo dobbiamo certamente ad alcuni valori, umani e professionali, che da sempre ci contraddistinguono: passione, lealtà e una spiccata propensione al lavoro di squadra sapientemente coniugate a lungimiranza, intraprendenza ed ambizione. Una ricetta vincente che ci ha guidato non solo verso l’innovazione ma anche verso la costante ricerca di cura in tutte le sue accezioni, dalla cura dei dettagli alla cura del cliente e del suo benessere visivo”. 38

CHE COSA RAPPRESENTA PER TE OTTICA ROLIN?

LA PAROLA AI COLLABORATORI...

IL SUO TEAM Lo staff è alla base del successo di Ottica Rolin. Vantare all’interno del proprio organico risorse umane che lavorano per l’azienda da 25 o 15 anni, d’altra parte, testimonia non solo un grande affiatamento ma anche una condivisione di valori certamente non così usuale. Ognuno riveste un ruolo specifico e, ogni giorno, mette a disposizione la propria professionalità. Trasformare la diversità in complementarità è stata sicuramente la freccia in più nell’arco di Ivan, capace negli anni di plasmare una squadra a sua immagine e somiglianza. Non è un caso, quindi, se il claim scelto per le magliette celebrative del 60° anniversario - ‘Un team di successo batte con un solo cuore’ - avvalora questa tesi…

Bruna Responsabile del Centro Ottico di Bergamo “Dal 2008 faccio parte del team di Ottica Rolin e da subito mi sono dovuta confrontare con un gruppo professionalmente preparato. Lavorare con loro mi ha aiutata a crescere come consulente alle vendite e, grazie alla disponibilità di materiali e tecnologie sempre all’avanguardia, ho ricevuto e continuo a ricevere stimoli che vanno sempre in una sola direzione: ricercare nella condivisione e nel confronto la soluzione migliore da offrire ai nostri clienti”.


Roberta Ottico-Optometrista “Per me Ottica Rolin è un fiore all’occhiello, è una realtà davvero ben strutturata che ogni giorno si impegna nel migliorare per offrire un servizio e dei prodotti senza eguali. Penso che questo aspetto sia legato alla visione e all’approccio di Ivan che è l’esempio costante di come, nel lavoro così come nella vita, non ci si debba mai sentire arrivati e che, solo attraverso il lavoro di squadra, si possano vincere le grandi sfide”.

Mary Consulente del benessere visivo e Responsabile acquisti “Sono in Ottica Rolin da ‘un quarto di secolo’ ma mi sembra ieri! In tutto questo tempo l’ho vista crescere, cambiare e trasformarsi e con lei sono cresciuta anch’io. È difficile spiegare il legame che ci lega: per me Ottica Rolin è tutta la mia vita”.

Matteo Responsabile dei Centri Ottici di Curno e Villa d’Almè “Ottica Rolin è casa, è dove la passione incontro gli affetti! Professionalità e disponibilità sono per tutti noi una solida base. Mi piace definirci ‘alternativi’ perché non abbiamo inventato l’Ottica… l’abbiamo resa solo più divertente”.

Simone Ottico-Optometrista, Responsabile settore professionale “Buon compleanno Ottica Rolin! È da 15 anni che faccio parte di questa realtà e ne vado molto orgoglioso. La parte che più mi piace di questo lavoro è instaurare relazioni umane di valore con clienti e con tutti i miei colleghi. Non si tratta solamente di ‘vendere un articolo’ ma con discrezione ascoltare, capire i nostri clienti per trovare e consigliare la soluzione più adatta. Quando ci riusciamo, lo chiamo ‘effetto wow’. Ecco perché ci riteniamo ‘consulenti del benessere visivo’! Nessun giorno è uguale all’altro: fidatevi di me, qui non ci si annoia mai”.

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Luca Ottico-Optometrista “Preparazione, determinazione, professionalità, entusiasmo sono gli aspetti che caratterizzano Ottica Rolin e tutto il suo team, di cui faccio parte da poco tempo perché sono l’ultima new entry. Ottica Rolin ha contribuito alla mia crescita professionale ma anche ad essere più sicuro di me stesso, in ogni ambito della mia vita. E questa per me è già una grande vittoria”.

Silvia Ottico-Optometrista, Responsabile nell’ambito Rieducazione visiva “Ottica Rolin è un team fatto di persone uniche ma dotate di caratteristiche differenti, che si integrano perfettamente tra loro. La nostra ambizione è quella di soddisfare la nostra clientela e grazie ai nostri servizi creare un rapporto che duri nel tempo. Per me l’aspetto più stimolante del nostro lavoro è il costante aggiornamento volto ad acquisire competenze per migliorare la qualità della vita e della vista di chi si affida a noi”. Laura Responsabile Amministrativa “Sono in Ottica Rolin da soli 2 anni ed anche se il mio ruolo si svolge in ufficio, dietro le quinte, ritengo che il lavoro di squadra sia un po’ come far parte di una grande orchestra.Tutto funziona grazie alla collaborazione di ognuno di noi ed è sicuramente fondamentale il sostegno e la fiducia di Ivan, il nostro grande direttore d’orchestra”.

Demetrio Ottico-Optometrista “Ottica Rolin non è solo un centro ottico d’eccellenza ma è anche e soprattutto un centro di consulenza della visione dove ogni cliente, anche quello più esigente, trova la soluzione ideale in cui si riconosce e attraverso cui riesce a vedere meglio il mondo che lo circonda. È una realtà consolidata che funziona alla perfezione perché ognuno di noi ha i propri punti di forza e, insieme, riusciamo a creare delle sinergie e a conseguire il risultato migliore. Sempre”. 40

Elena Ottico-Optometrista “Ottica Rolin è per me un luogo di crescita personale e professionale. È il luogo dove noi, ottici-optometristi, facciamo ciò che amiamo con mezzi e strumenti all’avanguardia. Non c’è cosa più bella quando capisci che la tua soddisfazione professionale incontra la soddisfazione del cliente”.


“Per me, non è solo l’esperienza lavorativa più stimolante e appagante che potessi desiderare… Ottica Rolin è anche e soprattutto motivo d’orgoglio quotidiano perché significa onorare, costantemente, mio padre, la figura più importante della mia vita. Tutto questo è stato e continua ad essere possibile grazie anche al contributo del mio team fatto di persone curiose, attente ai dettagli, preparate e professionali che in questi anni mi hanno supportato e, diciamolo, anche un po’ sopportato come si fa nelle grandi famiglie. Insomma se dovessi descriverla con due parole, per me Ottica Rolin è famiglia, è casa”.

Nella foto a sinistra, Simone di Ottica Rolin in azione durante l’utilizzo del Myopia Expert 700, uno strumento Essilor.

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DOVE CI PORTA IL PENSIERO UNICO Due gravi episodi stanno segnando profon-

damente l’ultimo biennio: il Covid e la guerra in Ucraina. Sono stati eventi così traumatici da modificare prepotentemente le nostre vite almeno per una generazione intera. Tutti e due i fenomeni hanno fatto perno sulla psicologia, in particolare toccando la più grande paura ancestrale dell’uomo, quella di morire. Un terrore capace di renderci facilmente modificabili pur di sopravvivere. La pandemia ci ha fin da subito spaventati, sia somaticamente che mentalmente, poi ci ha isolati dal mondo e infine ci ha pure incattiviti nell’anima. Purtroppo è una conseguenza scontata, perché i problemi economici, causati dalle continue chiusure delle attività, hanno duramente minato la fiducia nel futuro e hanno evidenziato un malsano egoismo che ovviamente è partito dalle stesse percezioni negative del nostro sistema nervoso. I condizionamenti esterni sono stati così forti da modificare in poco tempo anche il pensiero comune e con esso un metodo di giudizio estremistico. In tal modo, c’è chi crede cecamente nell’efficacia del vaccino e chi si professa assolutamente No Vax. In una assurda fuga dalla realtà, si è arrivati al fanatismo senza mezze misure, per cui o sei schierato dalla parte giusta, quella del sistema dominante, o vieni tacciato di complottismo sovversivo. Nel secondo caso vieni totalmente emarginato con limitazioni sempre più dure e con ammende insostenibili. Il diritto di critica viene così abiurato in nome di una logica unilaterale e tendenziosa. All’interno di una società malata e modificata, dove non esiste più la moderazione, il diritto di critica, la via di mezzo e il seme del dubbio, si è inserito l’evento bellico europeo più grave dopo la decennale guerra di Yugoslavia del 1991. Alla fine di febbraio la Russia ha invaso l’Ucraina e la gente si è subito schierata in due fazioni: dalla parte di Putin i guerrafondai, a favore di Zelensky i pacifisti. I poteri forti occidentali hanno ovviamente sostenuto all’unisono le tesi ucraine, il paese che comunque è stato aggredito, senza però valutare le conseguenze economiche, e non, che ricadranno su tutti noi europei.

Oggi se qualcuno osa criticare e sollevare delle perplessità sulle cause di ciò che è accaduto e sulle varie motivazioni, viene immediatamente tacciato di nazifascismo e messo a tacere con tanto di emarginazione pubblica. In una vigliacca democratura ormai instaurata da tempo, la mente della gente, già piegata dalla pandemia, ora è costretta viaggiare su un unico binario che non ammette scambi di sorta. Ma dove è finito il pluralismo delle idee da cui inizia la sana costruzione del dialogo in una vera democrazia? Forse il motivo risiede nel fatto che essere accondiscendenti e ottusi è meno faticoso che porsi in continuazione dei dubbi e volersi informare correttamente per scoprire dove stia la realtà. Infatti giudicare esclusivamente sulla spinta emotiva non necessita di una osservazione attenta e così il pensiero diventa superficiale, facile, unico e massivo. Gli effetti sono tragici, perché come il vaccino non ha risolto il problema di un’infezione che prosegue ancora oggi senza soluzione di continuità, così il main stream del potere sta manipolando le masse a suo piacimento. E allora l’Italia, che “ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie” secondo quanto cita l’art. 11 della Costituzione, invia poderosi armamenti all’Ucraina, delegando i discorsi di pace alla voce dei cannoni e alle urla dei missili.

Contestualmente il Parlamento viene esautorato da ogni decisione sulla guerra e viene superato a priori dalle decisioni unilaterali della NATO, mentre il Governo italiano si ritrova ad essere un ubbidiente vassallo degli americani e degli inglesi. E allora, grazie ad una poderosa macchina di propaganda, l’attuale tendenza umana a conformarsi nell’appiattimento delle idee è diventata davvero terrificante. Ma c’è una via d’uscita? Sì, anche se faticosa e dispendiosa. E’ semplicemente il coraggio di pensare liberamente e di informarsi in modo distaccato dalle narrazioni divisive che vengono propinate come verità universali. Costi quelli che costi. Alla prossima e in alto i cuori leggeri. Anche su Twitter: @Fuochidipaglia 43




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LA CONSEGNA DELLE BORSE DI STUDIO DELLA FONDAZIONE ARMR

IL GIORNO PIÙ BELLO

Daniela Guadalupi (temporaneamente infortunata) al centro della foto tra ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Mario Negri

Quale

sia il nobile scopo della Fondazione per la ricerca sulle malattie rare, attiva sia a Bergamo sia a Brescia e con delegazioni in molte altre città, i nostri lettori lo conoscono bene, avendone più volte parlato da queste pagine. Il lavoro dei suoi volontari, spronati e motivati da Daniela Guadalupi, Presiedente della Fondazione, nel trovare fondi per consentire ogni anno di attivare le borse di studio per un drappello di giovani ricercatori del Mario Negri, si concretizza nel giorno più significativo: quello della consegna delle borse di studio. Così, dopo i saluti della Presidente e i suoi ringraziamenti alle realtà che sostengono la Fondazione e in questo modo la ricerca, sono sfilate nella sala del foyer del Teatro Donizetti i destinatari, le ricercatrici e i ricercatori del Mario Negri, raccontando brevi aneddoti di vita o parlando degli studi in corso, dei progressi nelle sperimentazioni e, ovviamante, ringraziando la generosità di chi sostiene la Fondazione che permette loro di proseguire nel percorso di ricerca.

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Le sette borse di studio sono state assegnate a: LUCIA LIGUORI, offerta da Valtellina spa; ROBERTA GIAMPIETRO offerta da Fondazione Comunità Bergamasca; SONIA FIORI offerta da Confartigianato e Conad; MARCO VARINELLI offerta da ANA Gruppo Alpini Bergamo; GIULIA VILLA offerta da Vitali spa In ricordo di Ernestina Colombo Vitali; MICHELE PRIOLI E MIRANDA SOARES offerta dalla delegazione Armr Orobie e dalla Delegazione Armr di Noto; MARISA NARDIELLO offerta da Fondazione UBI Banca Popolare Bergamo.

Foto Sergio Nessi - La gallery completa su: www.qui.bg.it

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Mister

MD

PATRIZIO PODINI, CLASSE 1939: MAI DORMRE SUGLI ALLORI INAUGURATO A CORTENUOVA UN MODERNISSIMO CENTRO DI DISTRIBUZIONE COMPLETAMENTE ROBOTIZZATO

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Inaugurato alla presenza dei vertici aziendali e delle istituzioni il nuovo polo logistico MD di Cortenuova che, esteso su una superficie netta di 182mila mq di cui 112mila mq coperti destinati alla movimentazione delle merci, è il più grande in Italia nel canale discount. Un investimento da circa 100 milioni di euro che consente di servire 250 negozi dell’insegna nel Nord-Ovest del Paese e in Lombardia. Collocato in posizione strategica, allo snodo dei principali collegamenti autostradali, garantisce a ciascun negozio 2,5 rifornimenti di generi vari e 5 di fresco per settimana.

Bruno Vespa ospite speciale dell’inaugurazione dell’impianto di Cortenuova

La storia di MD S.p.A., a 28 anni dalla sua nascita, continua ad essere fortemente caratterizzata dal suo fondatore, Patrizio Podini. Nato a Bolzano nel 1939 da una famiglia di origini lodigiane che in Alto Adige gestiva un’attività all’ingrosso di formaggi e alimentari, Podini entra presto nell’azienda di famiglia dopo un periodo di studi a Vienna. A metà degli anni Settanta la sua prima esperienza imprenditoriale autonoma lo vede acquistare una catena di supermercati a Bolzano, sperimentando, tra i primi in Italia, il format del discount, creato e diffuso con successo in Germania già dopo il secondo conflitto mondiale. Una formula ancora poco conosciuta in Italia. Gli anni dal 1982 al 1991 lo vedono operare nel Gruppo Selex fino a diventarne presidente per l’Italia e vice presidente della centrale acquisti europea. Nello stesso periodo sviluppa in Campania la rete dei supermercati a insegna A&O e Famila. Sono gli anni in cui intuisce le potenzialità offerte dal Meridione d'Italia allo sviluppo della formula discount che cominciava solo allora a diffondersi nel Nord del Paese. All'epoca, infatti, il discount organizzato con principi industriali e corrette economie di scala al Sud non esisteva. Nel 1994, insieme ad una cordata di imprenditori campani facente capo al gruppo Mida, Podini rileva i primi negozi da mettere in rete e “inventa” il discount nel Meridione, fondando quella che allora si chiamava Lillo S.p.A. e lanciando il marchio insegna MD Discount. Il quartier generale della società viene stabilito in Campania, prima presso il centro direzionale di Napoli e poi, dal ’95 in poi, a Gricignano d’Aversa, in provincia di Caserta, dove si inaugura il primo Ce.Di., un grande deposito per la movimentazione delle merci. In pochi anni, la rete di negozi con l’insegna MD Discount, concentrata nelle regioni del Centro-Sud, registra un deciso incremento. La ricetta dell’epoca è esplicitamente minimalista, creata intorno a due componenti basici: assortimento limitato e prodotti “private label”. Così facendo, MD riesce a destinare tutte le sue risorse alla politica del prezzo contenuto, per essere in grado di offrire prodotti di qualità a prezzi costantemente più bassi rispetto a quelli praticati dalla concorrenza. Nel 1997, i soci meridionali escono dalla Lillo S.p.A, Podini ne diventa amministratore unico e con la famiglia prende il controllo totale del capitale. Nel 1998 l’azienda può contare su 77 negozi, con una metratura media inferiore ai 500 mq, e ricavi per 220 miliardi di lire, ma in appena quattro anni vengono inaugurati oltre 100 punti vendita in tutto il Sud Italia. E, partendo proprio dal Sud, Podini, costruisce con caparbietà quello che il Gruppo rappresenta attualmente. Nel frattempo il mercato, come è normale che sia, subisce mutamenti fisiologici e MD ne anticipa spesso i passaggi significativi, confermando costantemente la sua capacità di evolvere per interpretare le nuove esigenze ed abitudini di consumo degli italiani. Si realizzano giganteschi passi avanti nel miglioramento dell'efficienza e dell’esperienza d’acquisto attraverso alcuni capisaldi come l’ampliamento della gamma dei prodotti, perlopiù a marchio privato, ma che includono alcune referenze di marca, l’apertura al fresco che diventa il “biglietto da visita” dei nuovi punti vendita, i servizi da banco eccellenti, con un’offerta ampia e curatissima, l’efficientamento della logistica, organizzata intorno a una rete di sette centri distributivi che coprono capillarmente tutto il territorio nazionale, movimentando milioni di colli ogni anno. Infine, la messa a punto di nuovi format accoglienti e funzionali con superfici che superano ampiamente i 1.000 mq. Nel 2000 viene inauguratala formula franchising. Nel 2005 prende il via il no food, un settore che l’azienda considera strategico. Nel 2013 c’è un passaggio decisivo: l'acquisizione dei 320 negozi della catena LD market del gruppo Lombardini, tutti collocati al Nord e in Sardegna. Con questa acquisizione, un investimento da 150 milioni di euro, il Gruppo di Podini diventa uno dei leader nazionali della distribuzione organizzata a formula discount, il secondo player italiano, con una quota di mercato del 15%. Nel 2016 ad affiancarlo in qualità di vicepresidenti entrano in azienda i figli Maria Luisa e Marco Podini e nel 2021 fanno il loro ingresso nel Consiglio d’amministrazione anche due nipoti.

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FIDUCIA e IMPEGNO

SONO LE PAROLE CHIAVE DELLA NUOVA CAMPAGNA 5 PER MILLE DI GSD FOUNDATION

È on-air la nuova campagna 5 per mille di GSD Foundation. Destinare il 5 per mille a GSD Foundation è, oggi come non mai, un atto di fiducia. Una fiducia che la Fondazione si è guadagnata sul campo, grazie ai progetti rivolti all’umanizzazione delle cure, alle iniziative di sensibilizzazione e informazione e all’attività di ricerca scientifica che la caratterizzano fin dalla sua creazione. “La vostra fiducia, il nostro impegno”. Un impegno importante, quello assunto dalla GSD Foundation, che tutela la salute di quasi 5 milioni di pazienti, sostiene il lavoro di oltre 300 medici e ricercatori e, infine, trasforma la ricerca nelle cure migliori. Destinare il 5 per mille alla Fondazione del Gruppo San Donato significa consentire la concreta realizzazione di iniziative a sostegno dei pazienti e delle loro famiglie, nonché di progetti di ricerca nel campo delle scienze biomediche, per trovare soluzioni cliniche sempre più efficaci per coloro che ogni giorno lottano contro la malattia e, infine, di attività per promuovere uno stile di vita sano e di diffusione di una cultura della prevenzione. Per garantire la salute di tutti, la Fondazione è impegnata in progetti specifici: •EAT Educational: programma multidisciplinare rivolto agli studenti e ai docenti, delle scuole di ogni ordine e grado, nonché alle aziende - come strumento di Responsabilità Sociale d’Impresa - per porre l’attenzione sul tema dell’alimentazione sostenibile - per il corpo e per l’ambiente - attraverso iniziative di prevenzione focalizzate su patologie correlate alla nutrizione e di educazione alimentare finalizzate all’adozione di un corretto stile di vita;

GILDA GASTALDI, •COR: PRESIDENTE DI progetto di prevenzione e sensibilizzazione che opera nell’ambito GSD FOUNDATION delle malattie cardiovascolari, attraverso la promozione e il soste-

gno della ricerca scientifica e l’organizzazione di eventi informativi. Nell’ambito del progetto COR, la Fondazione sostiene l’impegno dell’IRCCS Policlinico San Donato per migliorare il trattamento chirurgico delle cardiopatie congenite complesse nei bambini cardiopatici, attraverso l’utilizzo della stampa 3D.


EDITA PERIODICI srl Via Bono, 10 - Bergamo Tel. 035 270989 www.editaperiodici.it •LABORATORIO UMANIZZAZIONE: progetto di umanizzazione delle cure, in collaborazione con l’Università Vita-Salute San Raffaele, volto a costruire un laboratorio – inteso come luogo, anche virtuale, di scambio e di crescita – in cui elaborare iniziative legate alla tematica, con un approccio integrato che includa elementi strutturali, organizzativo-gestionali, relazionali, di ricerca e studio.

BERGAMO

MAGAZINE

Aut. Tribunale di Bergamo n°3 del 22/01/1992

BRESCIA

MAGAZINE Aut. Tribunale di Brescia n°18 del 22/04/2004

edizione cartacea distribuita nelle edicole e per abbonamento postale versione digitale sfogliabile su:

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Direttore responsabile: Vito Emilio Filì segreteria@editaperiodici.it Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it Devolvere il 5 per mille a GSD Foundation è una scelta libera e anonima dall’altissimo valore sociale, che ogni contribuente può effettuare senza alcun costo aggiuntivo e con una modalità di devoluzione molto semplice: per ogni indicazione visitate la pagina https://gsdfoundation.it/5x1000/ “Niente come il momento storico che stiamo vivendo ci motiva a difendere ancora di più il valore della vita umana. Il nemico contro il quale dobbiamo combattere è prima di tutto quello dell’indifferenza, promuovendo, invece, la solidarietà come un valore irrinunciabile. Per questo chiediamo ai donatori di rinnovare la loro fiducia nella Fondazione, sostenendo il nostro impegno negli ambiti della ricerca e della cura. Un piccolo gesto – come una semplice firma per il 5 per mille – è, in realtà, un segnale concreto e importantissimo per un presente e un futuro in salute” – spiega Gilda Gastaldi, presidente di GSD Foundation. GSD Foundation Nata nel 1995, GSD Foundation è un’organizzazione non profit che ha il fine di promuovere la ricerca scientifica nel campo delle scienze biomediche e, in particolare, nelle malattie cardiovascolari. Prevenzione, umanizzazione delle cure e sostegno alla ricerca, sono i tre principali obiettivi sui quali GSD Foundation concentra la propria attività, impegnandosi nella realizzazione di specifici progetti d’avanguardia, nell’applicazione clinica di metodiche diagnostiche e terapeutiche innovative, nella promozione di attività di sensibilizzazione e diffusione della cultura della salute.

Responsabile redazione: Tommaso Revera redazione@qui.bg.it redazione@qui.bs.it Redazione eventi: Valentina Colleoni redazione.chicera@qui.bg.it Fotografie di: Federico Buscarino Sergio Nessi Paolo Stroppa Elisabetta Del Medico Matteo Marioli Hanno collaborato: Pietro Ferrara Maurizio Maggioni Giuseppe Mazzoleni Benito Melchionna Francisco Malenchini Giorgio Paglia Valentina Visciglio Stampa: Euroteam Nuvolera (Bs)

Informazioni 035.270989 Stampato con inchiostri a base vegetale.


FESTIVAL PIANISTICO INTERNAZIONALE BRESCIA BERGAMO 2022

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DANIELA GUADALUPI PRESIDENTE DEL FESTIVAL

Il 59°Festival è iniziato nel migliore dei modi con due eccezionali concerti di Martha Argerich e Arcadi Volodos nel ricordo del maestro Agostino Orizio, nostro fondatore, di cui il 15 maggio abbiamo festeggiato il 100esimo anniversario della nascita. Il tema di Novecento Suite è stato magistralmente introdotto dalla nostra Filarmonica con un concerto straordinario che ha visto, sotto la direzione di Pier Carlo Orizio, i pianisti Alessandro Taverna e Alexander Romanovsky esibirsi in tre concerti per pianoforte e orchestra, una rarità. Non potevamo chiedere un ritorno migliore al Donizetti, finalmente a piena capienza, insieme a tutti i nostri abbonati e sostenitori. In questa prima parte del Festival abbiamo già avuto modo di approfondire il tema del Novecento con le conferenze in collaborazione con le Università e le introduzioni all’ascolto, strumenti preziosi per comprendere meglio la musica che ascoltiamo a teatro. Ottimo anche l’avvio di Festival e dintorni: la risposta della provincia bergamasca è sempre calorosa per questi momenti, quasi ormai una tradizione, in cui portiamo i grandi interpreti nelle sale dell’hinterland. L’attesa adesso è per i prossimi artisti: Hélène Grimaud, l’Orchestra della Toscana e il giovane Josef Mossali!

PIER CARLO ORIZIO DIRETTORE ARTISTICO DEL FESTIVAL

NOVECENTO

SUITE il titolo scelto, rispecchia la pluralità di voci che affollano la prima metà del secolo scorso, soprattutto nel periodo compreso tra la fine della Prima Guerra Mondiale e l’inizio della Seconda. Il programma diventa un viaggio musicale che avrà per protagonisti Ravel, Rachmaninov, Debussy, Gershwin senza dimenticare Bartók, Stravinskij e molti altri.

“Un ventennio di straordinaria freschezza musicale nel quale sembra che la musica reagisca alle macerie e alle ferite lasciate dalla Grande Guerra con particolare vitalità, attingendo a piene mani dal jazz, dalla musica da ballo più in voga in quel periodo e, curiosamente, dal passato - spiega il direttore artistico Pier Carlo Orizio - ascolteremo brani celebri, quali il Concerto in sol di Ravel e la conosciuta Rapsodia in blue di Gershwin ma anche brani per la prima volta proposti al Festival come il brillante e ironico concerto di Britten”. Il concerto inaugurale, che si è tenuto a Bergamo il 28 aprile e a Brescia il 29, ha attinto a piene mani dal tema novecentesco con un programma che ha compreso ben 3 concerti per pianoforte e orchestra.

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FESTIVAL PIANISTICO INTERNAZIONALE BRESCIA BERGAMO 2022


Due i pianisti, entrambi molto cari al Festival, che si sono alternati sul palco diretti da Pier Carlo Orizio con la Filarmonica del Festival. Alessandro Taverna è stato il solista del Concerto di Britten, mentre ad Alexander Romanovsky è stato a affidata la Rapsodia su un tema di Paganini op.43 di Rachmaninov. Dulcis in fundo il Concerto per due pianoforti di Poulenc, che manca al Festival da 20 anni. Grande attesa per i prossimi concerti

Foto Sergio Nessi - La gallery completa su: www.qui.bg.it

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ANISH KAPOOR È IL PRIMO ARTISTA BRITANNICO A PRESENTARE UNA STRAORDINARIA MOSTRA ALLE GALLERIE DELL' ACCADEMIA DI VENEZIA. LE OPERE SARANNO ESPOSTE ANCHE ALL’INTERNO DELLO STORICO PALAZZO MANFRIN ACQUISTATO DI RECENTE DALL'ARTISTA

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KAPOOR

IN VENICE


Internazionalmente

riconosciuto, Anish Kapoor è il primo artista britannico a essere celebrato dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia e da Palazzo Manfrin con una straordinaria mostra, in concomitanza con la 59esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, dal 20 aprile al 9 ottobre 2022. Il curatore è lo storico dell’arte Taco Dibbits, direttore del Rijksmuseum di Amsterdam. La mostra, che comprende 60 opere, ha un carattere retrospettivo, presentando i momenti chiave della carriera dell'artista accanto ad un nuovo corpo di lavori inediti. Per la prima volta sono esposte le nuove opere, fortemente innovative, create utilizzando la nanotecnologia del carbonio, così come i recenti dipinti e le sculture che testimoniano la vitalità e la spinta visionaria dell’attuale produzione artistica di Kapoor. Questa interazione tra scienza e arte ha creato opere che si collocano all'interno del secolare linguaggio della pittura che, insieme a installazioni come Shooting into the Corner (2008-2009) e ai nuovi dipinti, entrano in un complesso dialogo con la collezione storica delle Gallerie dell'Accademia. Forse, più esplicitamente che mai, questa mostra guarda a un linguaggio interiore che è sempre stato centrale nella pratica di Kapoor. In Pregnant White Within Me (2022) l'architettura delle Gallerie si dilata, suggerendo una ridefinizione dei confini tra corpo, edificio ed essere. Lungo tutta la mostra le opere di Kapoor assorbono ed estendono lo spazio all'interno e intorno a loro in regni inquietanti, trasformando le sale delle Gallerie dell'Accademia in luoghi magici - andando oltre l'esposizione di oggetti.

La duplice mostra continua con Mount Moriah at the Gate of the Ghetto (2022) che capovolge il mondo all'ingresso di Palazzo Manfrin, cui appartenevano originariamente alcuni dei più celebri dipinti oggi conservati all’interno della collezione permanente delle Gallerie dell’Accademia. Questa massa pendente conduce i visitatori, attraverso le sale del palazzo in corso di restauro, lungo un percorso che propone opere eseguite nel corso dell’intera carriera dell'artista: dal trittico dipinto Internal Objects in Three Parts (20132015) a opere come White Sand, Red Millet, Many Flowers (1982). Una serie di opere specchianti invertono e distorcono lo spettatore. Cielo, inferno, terra e mare sono evocati ad esempio in Turning Water Into Mirror, Blood into Sky (2003) e Destierro (2017), un’epica azione di sovvertimento. L'installazione centrale Symphony for a Beloved Sun(2013) sommerge l’edificio storico nel colore primordiale e nelle questioni della vita e della morte. Palazzo Manfrin fu acquistato nel 1788 dal conte Girolamo Manfrin, ricco commerciante di tabacco, il quale aveva trasformato il primo piano dell'edificio in una galleria d'arte divenuta, velocemente, una delle maggiori attrazioni turistiche di Venezia, visitata, tra gli altri, da Antonio Canova, Lord Byron, John Ruskin ed Edouard Manet. Quando, intorno alla metà dell’Ottocento, dopo la morte di Manfrin le opere della collezione furono vendute, il patrimonio delle Gallerie dell'Accademia si arricchì di ventuno dipinti tra i quali La Tempesta e La Vecchia di Giorgione, oltre a opere di Andrea Mantegna, Hans Memling, Nicolò di Pietro, Girolamo Savoldo e Moretto. Il settecentesco Palazzo Manfrin, rimasto vuoto per diversi anni, è stato recentemente acquistato dalla Anish Kapoor Foundation. Il Palazzo è oggetto di un radicale progetto di restauro guidato dall’architetto Giulia Foscari / UNA studio, sviluppato in collaborazione con FWR associati. Anish Kapoor ha affermato:“È un grande onore essere invitato a confrontarmi con le collezioni delle Gallerie dell'Accademia di Venezia; forse una delle più belle collezioni di pittura classica di tutto il mondo. Tutta l'arte deve sempre confrontarsi con ciò che è accaduto prima. Le Gallerie dell'Accademia rappresentano una sfida meravigliosa e stupefacente. Sento un profondo legame con Venezia, è l'architettura e la sua vocazione per l’arte contemporanea”.

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BIG BANG

by Gabriele Maquignaz

Al Castello degli Angeli, nel principato di Marianna, accadono cose incredibili e, se questa ve la siete persa, beh ve la raccontiamo noi. Una serata di aprile, ancora non del tutto primaverile, ha visto l’esibizione di un artista già molto conosciuto per le sue performace. Gabriele Maquignaz, oltre che scultore e pittore, da qualche tempo crea le sue opere, sparando - avete capito bene - con una carabina su grandi tele sulle quali ha posizionato secondo una logica creativa, alcune bombolette di colore che colpite dai proiettili esplodono, spruzzando sulla tela i loro colori. Il proiettile non si ferma oltrepassa la tela, compiendo un percorso spazio temporale, parole dell’artista, in grado di aprire una porta verso l’aldià. Davanti ai tanti increduli ospiti della serata, Maquignaz ha compiuto il suo gesto sparando, in un’area predisposta, su alcune tele, esposte poi all’interno del Castello. Una di esse è stata donata dall’artista all’Associazione Rotelle nel cuore e alla sua conduttrice Veronica che ha anche ricevuto per la sua attività il sostegno dei Cavalieri di Malta, che hanno organizzato la serata per far conoscere la struttura che accoglie cani diventati disabili per vecchiaia o incidenti.

La serata è stata organizzata dal grande DJ Max Mantovani, giunto espressamente dal Principato di Monaco su richiesta dell’artista per assisterlo durante le sue performance. Nel corso della serata sono stati consegnati dai Cavalieri di Malta S.O.S.J (Commenda di Bergamo) dei riconoscimenti all’Artista Marquignaz, al DJ Max Mantovani e alla padrona di casa, Marianna, per la sempre e costante vicinanza all’Ordine nel sostegno benefico .

NELLA SEQUENZA DI IMMAGINI GABRIELE MAQUIGNAZ PRENDE LA MIRA ED ESPLODE DEI COLPI SULLE LATTINE DI 60 COLORE FISSATE ALLA TELA, LE QUALI ESPLODONO REALIZZANDO COSÌ SEMPRE NUOVE IMMAGINI.


61 Foto Sergio Nessi - La gallery completa su: www.qui.bg.it


2023 CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA

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CAPITALE ITALIANA DI ASPHALT ART Non richiede investimenti ingenti, in fase di realizzazione coinvolgerebbe tante persone e nei quartieri diventerebbe motivo di richiamo. Una volta realizzati, i disegni verrebbero donati alle città per farsi belle ma anche per far capire quanto i loro abitanti ci tengano...

Trenton NJ Brittainy Newman - George Bates

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Amsterdam Durham NC Justin Holmes

CAPITALE ITALIANA DI ASPHALT ART

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Lancaster PA Christopher Leaman, Fern Dannis and Peter Barber

PERCHÈ NO?

Si

possono realizzare scenografie fantastiche e migliorare l’aspetto delle nostre città in maniera rivoluzionaria. Coinvolge un po’ tutti ma certamente artisti, studenti, giovani e no che possono mettere mano ai colori e dare una bella rinfrescata alla città con tanta e tanta fantasia. E, dato che siamo alla vigilia della Capitale della Cultura, perchè non preparare la città, certamente in modo consono e con una “regia” unica, all’arrivo dei turisti, che speriamo siano tantissimi, con delle decorazioni molto vivaci come quelle che troverete nelle pagine seguenti? Passaggi pedonali che diventano non solo molto più visibili ma un invito alla passeggiata, a lasciarsi prendere dalla genialità e dall’impegno di tante persone, molte persone davvero coinvolte.

James Brosher - Cory Robinson - Shamira Wilson

Norfolk, Mensah Bey, Elisa Summiel, Matt Eich

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Reno NV David Calvert - Brad Carney

Bogota, ph. Bogota-district-mobility

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CAPITALE ITALIANA DI ASPHALT ART

Glasgow, Robert Perry - Bus Bloomberg Glasgow


Asheville artist sound mind creative, ph. justin mit-pzxa

Greater London Authority YinkaIlori

Richmond VA Matt Eich, Chris Visions

Troy NY Jamie Watts, Jade Warrick

Un messaggio solo per la mente, senza impegno, senza motivazione se non quella di abbellire i tanti grigissimi quartieri che circondano il centro. E se arrampicarsi sulle case per dipingere i murales è cosa da temerari, dipingere l’asfalto, i muretti, i cassonetti, i marciapiedi... è decisamente meno pericoloso. Parliamo di suolo pubblico quindi, una volta ottenuta la necessaria autorizzazione da parte del Comune e organizzato il necessario spazio con transenne ecc. si potrebbero coinvolgere i comitati dei quartieri per i pittori volontari e non credo che non si troverà qualche colorificio disposto come sponsor a fornire il materiale necessario. Chiediamo, a chi desidera appoggiare questa iniziativa, di inviarci le immagini dei luoghi che potrebbero trarre vantaggio nell’essere decorati a: segreteria@editaperiodici.it

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FINALE NAZIONALE RAGGIUNTA PER I RAGAZZI DELLA SCUOLA D’ARTE ANDREA FANTONI CHE, SOTTO LA GUIDA DELLA PROF. ANNA BULLA, HANNO GUADAGNATO UN POSTO NELLA PRESTIGIOSA RASSEGNA INTERNAZIONALE ‘JUNK KOUTURE’

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Fantoni

Ispirare la creatività degli adolescenti e aumentare la loro consapevolezza verso la sostenibilità, attraverso la creazione di design straordinari con materiali ordinari e trascurati: questa la mission del contest Junk Kouture. Un progetto mondiale al quale la Scuola d’Arte Andrea Fantoni ha partecipato con le classi IA, IB e II A del Liceo Artistico e con la 5F del Centro di Formazione professionale per lo shooting fotografico. Poche ore fa è giunta la comunicazione ufficiale: su un totale di 40 abiti selezionati per la finale in tutta Italia ben 11 sono stati scelti tra quelli dei ragazzi del Liceo Fantoni (su un totale di 12 presentati dalla scuola). Appuntamento il 23 maggio a Milano, presso Talent Garden, per gli esiti del concorso italiano e l’ulteriore selezione di una decina di abiti che si contenderanno la vittoria internazionale (data e luogo ancora da definire).


i n o t n a F

JUNK KOUTURE MADE IN FANTONI Educare le nuove generazioni ad una nuova visione, meno consumistica e più sostenibile, significa portare l’attenzione anche verso materiali poco nobili, inconsueti, utili per realizzare abiti che siano sorprendenti e dei veri pezzi unici.Sono stati tre mesi di duro lavoro per le classi IA, IB e IIA del Liceo Artistico della Fantoni, coordinate dalla Prof.ssa Anna Bulla. Abiti realizzati con sacchi della spazzatura, filo per reti, scarti. 69


Fantoni “Come passo iniziale – ci ha spiegato la professoressa Anna Bulla – i ragazzi sono stati invitati a riflettere su questo contest al cui centro sta l’attività di riciclo. Hanno svolto ricerche sui social e nel web cercando informazioni sui materiali che più inquinano e quelli, tra gli inquinanti, che hanno più visibilità”. Da questi elementi, si è fatta poi un’analisi dei materiali selezionati e delle loro caratteristiche, quale ad esempio la plasticità. “Dalla materia si è passati alla fase teorica con la produzione dei veri e propri bozzetti degli abiti”. Ne è risultata una vera collezione moda composta da 20 abiti: “È stato un lavoro molto intenso, tanto impegnativo per ragazzi di I e II, eppure la qualità raggiunta ha dato molta soddisfazione così come la notizia che il lavoro sia stato selezionato a livello nazionale. Siamo molto emozionati per questo”. LO SHOOTING FOTOGRAFICO Ogni maison valorizza i propri prodotti attraverso sapienti scatti; così anche per la collezione Junk Kouture Made in Fantoni. Gli studenti del V anno indirizzo Fotografico del CFP hanno studiato gli abiti della collezione e pensato a come fotografarli, ipotizzando pose, luci e punti di vista adatti ad ogni vestito. Con il coordinamento dei professori Lorenzo Manzoni e Alessandro Villa, hanno realizzato uno shooting fotografico professionale in grado di esaltare ogni abito, e utile alla partecipazione al concorso finale. IL CONTEST Junk Kouture”, iniziato 10 anni fa come un piccolo concorso di moda indipendente per le scuole medie e superiori, nel nord-ovest dell’Irlanda, ha coinvolto fino ad oggi oltre 350.000 studenti, divenendo il più grande evento di educazione per la eco sostenibilità per i giovani di tutto il mondo. Il team di Junk Kouture, infatti, sta organizzando contest in Francia, Italia, Stati Uniti, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti. A inizio settembre 2021 è stata lanciata la prima edizione del progetto Junk Kouture in Italia, in concomitanza con la riapertura delle scuole. L’idea di Troy Armor, l’imprenditore irlandese fondatore di Junk Kouture, era di creare una piattaforma dove i giovani creativi potessero esprimere il proprio talento, progettano abiti da indossare nati dalla spazzatura di tutti i giorni. 70 70


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PROGETTARE IL PRESENTE, SCEGLIERE IL FUTURO BRERA DESIGN WEEK 2022

6-12 GIUGNO

Partire dal presente per dare forma a un’idea di futuro che possa creare un nuovo equilibrio tra uomo e natura. Dopo due anni caratterizzati dalla pandemia e oggi dall’incertezza geopolitica, l’edizione 2022 di Brera Design Week in scena dal 6 al 12 giugno raccoglie le sfide della contemporaneità e promuove il tema “Tra Spazio e Tempo " proposto da Fuorisalone.it, declinandolo in “Progettare il presente, scegliere il futuro”. Raccogliere e interpretare le necessità del presente è il punto di partenza per affrontare le sfide di domani. Da queste necessità prende forma l’edizione 2022 della manifestazione, tra mostre, installazioni, novità di prodotto svelate nelle vie e negli showroom della città. Il design è uno strumento utile per far fronte alla criticità di oggi, per dare forma a idee e soluzioni creative che possano portare valore nelle nostre vite. Partendo da queste premesse, durante l’edizione di giugno si parlerà di benessere e miglioramento della qualità di vita, di innovazione dei prodotti, di ricerca e sviluppo di nuovi materiali, passando per lo sviluppo digitale, tra esperienza online e retail, ma anche di NFT, sempre più rilevanti anche nel mondo del progetto. Tutto questo in uno scenario di mercato in continua evoluzione, che cerca di essere sempre più sostenibile per affrontare le sfide del domani, intercettando i cambiamenti in modo puntale. Il desiderio di tornare a vivere in presenza la Design Week è diffuso: Brera Design Week 2022 ospiterà oltre 160 eventi con proposte firmate da designer di fama internazionale. A questi si aggiungono le proposte espositive proposte in location temporanee, che per una settimana animeranno lo storico distretto di Brera presentando alla community del design idee innovative e a basso impatto ambientale. Il progetto è a firma di Studiolabo, agenzia e studio creativo formato da un team di professionisti specializzati in design della comunicazione, dal digital marketing al concept e graphic design, dalla progettazione web al design strategico. Main sponsor dell’edizione 2022 sono Porsche, che presenta l’evento “The Art of Dreams” Attraverso l’opera dell'artista floreale Ruby Barber negli spazi di Palazzo Clerici e Valcucine, con il progetto “Sustainability beyond Space and Time” che prevede una serie di appuntamenti per affermare il costante impegno dell’azienda nell’ambito di una produzione sostenibile. Rado, si riconferma official timekeeper della Design Week, scandisce il tempo del design e degli eventi, sponsorizzando la piattaforma Fuorisalone.it e Brera Design District. 72



FESTIVAL DANZA ESTATE 34^ EDIZIONE Paesaggi Invisibili

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Bergamo 16 giugno - 1 luglio 2022

Con il sostegno di MiC Ministero della Cultura e del Comune di Bergamo. Il Comune di Bergamo sostiene le attività di valorizzazione della danza contemporanea con il contributo di Fondazione ASM

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Lo storico Festival continua a raccontare i linguaggi della danza contemporanea con un nuovo programma ricco di proposte italiane e internazionali, grandi nomi e artisti emergenti, appuntamenti per tutte le età e iniziative che coinvolgono il pubblico nella creazione di una comunità della danza: prende il via la 34^ edizione di FDE Festival Danza Estate con i suoi PAESAGGI INVISIBILI, luoghi e processi nascosti da scoprire ed esplorare.


17 titoli 17 nomi di artisti e compagnie nazionali e internazionali 5 prime nazionali 2 coproduzioni FDE

Silvia Gribaudi, Abbondanza/Bertoni, Nicola Galli, Jacopo Jenna, Opera Bianco, Ofir Yudilevitch, Aakash Odedra, Komoco/Sofia Nappi, Aina Alegre, Alessandro Sciarroni, Qui e Ora, Ginevra Panzetti/Enrico Ticconi, Camilla Monga con Emanuele Maniscalco, Adriano Bolognino, Tommaso Serratore, Michela Priuli, Collettivo Vitamina gli artisti protagonisti in questa edizione.

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Promuovere la danza contemporanea attraverso proposte artistiche di qualità rendendo partecipe il pubblico è il primo obiettivo che accompagna ogni edizione di FDE Festival Danza Estate, lo storico festival di danza contemporanea nella città di Bergamo che giunge quest’anno alla sua 34^ edizione, in un clima di rinnovamento e rafforzamento costante della propria identità artistica e del suo posizionamento nel panorama nazionale dei festival italiani di settore. Un progetto che si porta dietro trentaquattro anni di esperienza e riflessioni e che oggi più che mai si concentra sull’importanza della cultura e dello spettacolo dal vivo come strumenti per creare e ricreare una comunità e contribuire al benessere individuale. Il tutto raccontato attraverso PAESAGGI INVISIBILI, la cornice narrativa di questa edizione di FDE che considera il paesaggio come spazio che accoglie la comunità, orizzonte che si trasforma, territorio da scoprire attraverso la danza per aprire lo sguardo in modo nuovo ed esplorare ciò che resta nascosto e invisibile, come è il processo creativo che sta dietro a un lavoro artistico. “In questa 34^ edizione di FDE Festival Danza Estate invitiamo i nostri spettatori e le nostre spettatrici a un training speciale: allenare lo sguardo a scoprire ciò che resta nascosto, i Paesaggi invisibili. I paesaggi che vogliamo raccontare sono gli spazi che accolgono le comunità, territori da scoprire, ma a volte anche luoghi insidiosi che affrontano e propongono sfide, che racchiudono segreti e immaginari nei quali convivono i corpi, i gesti e le transizioni della danza. Sono paesaggi che vogliamo condividere con il nostro pubblico sensibilizzandolo al processo creativo e invitandolo a farne parte, che mettono al centro il ruolo della danza e dello spettacolo dal vivo come strumenti di arricchimento individuale e di rafforzamento del senso di comunità. La ricerca delle proposte più interessanti della danza italiana, con qualche esplorazione fuori confine, è affiancata a partire da quest’anno da un maggiore sforzo nel proporre un festival che risponda alle necessità e ai temi attuali, come l’accessibilità e la sostenibilità ambientale. Un festival che non smette di indagare il suo ruolo sul territorio locale e nazionale e che esplora in diversi modi il rapporto con la contemporaneità” - ha dichiarato Flavia Vecchiarelli, Direttrice artistica FDE. “Il Comune di Bergamo sostiene Festival Danza Estate, realtà storica che, edizione dopo edizione, riconferma la qualità artistica delle sue proposte, cresce e si rinnova attivando nuove relazioni con operatori culturali, istituzioni e spazi della città, nonché intessendo una rete nazionale e internazionale con prestigiose compagnie di danza contemporanea. Il Festival svolge un importante ruolo di sensibilizzazione verso la cultura dello spettacolo dal vivo, sottolineandone il valore sociale, e coinvolge un ampio pubblico in attività multidisciplinari ed inclusive” - ha affermato Nadia Ghisalberti, Assessore alla Cultura del Comune di Bergamo. 77


David Le Breton La vita a piedi Una pratica della felicità Sebbene le nostre società sembrino privilegiare l’esercizio sportivo in luoghi chiusi, la pratica del camminare ha raggiunto un successo planetario. Per un camminatore, questa passione incarna significati multipli: la voglia di spezzare uno stile di vita routinario, di riempire le ore di scoperte, di sospendere le seccature quotidiane. Intraprendere un cammino risponde a un desiderio di rinnovamento, di avventura, di incontro e sollecita sempre tre dimensioni del tempo: prima lo si sogna, poi lo si fa, infine lo si ricorda e lo si racconta. Anche dopo averlo percorso, un cammino si prolunga nella memoria e nelle narrazioni che di esso si offrono, vive in noi e viene condiviso con gli altri. In questo libro intelligente e stimolante, l’autore svela il piacere e il significato del camminare, esaltandone le virtù terapeutiche per contrastare la fatica di vivere in un mondo sempre più tecnologico.

Arnaldo Benini

La fisica del cambiamento climatico Perché facciamo quel che facciamo? Che cosa determina il comportamento? Le neuroscienze cognitive dimostrano che la volontà è dovuta esclusivamente a meccanismi nervosi. A scelta avvenuta, essi informano i centri dell’autocoscienza nei lobi prefrontali. La decisione è presa col concorso di meccanismi nervosi cognitivi ed emotivi. Ogni esperienza, grazie alla plasticità cerebrale, modifica struttura e funzionamento del cervello e quindi condiziona volontà, riflessioni e comportamenti futuri. Si è convinti d’essere liberi di scegliere e la convinzione illusoria che la volontà sia libera è un evento nervoso costante, frutto della selezione evolutiva che ha dato all’uomo il senso della responsabilità, senza il quale la specie umana si sarebbe verosimilmente autodistrutta. Con una breve disamina storica dei dilemmi filosofici del libero arbitrio, il libro è un’introduzione divulgativa agli studi sui meccanismi nervosi della volontà e sull’illusione benefica che essa

sia libera.

Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali Io volevo ucciderla Per una criminologia dell’incontro Perché dare voce a chi agisce la violenza? Che cosa si intende conoscere? Può il reo, con la sua parola, accedere alla verità personale del suo gesto? Per altro verso: di che cosa parlano due criminologi quando, in carcere, incontrano una persona che ha commesso un omicidio efferato? Con quale metodologia costruiscono la loro conversazione? La violenza vive di una doppia vita, quella rilevata nell’obiettività dei tassi di omicidio e quella che scorre nell’esperienza individuale di rei e vittime. In questo libro gli autori avvicinano una storia di vita violenta a partire da un approccio interazionista radicale. La voce narrante è quella di una donna omicida che, in dialogo con i due criminologi, ci guida nel flusso dei ricordi della sua infanzia, dei legami familiari, degli incontri, per dare un possibile senso al suo gesto estremo. I tre interlocutori inaugurano così un vero e proprio spazio dialogico, una scena intima e, insieme, sociale, nella quale prende forma la cosmologia violenta dell’autrice del crimine.

Daniel J.Siegel Meditazione Mindfulness - Un programma in 21 giorni

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Questa guida dal taglio pratico alla “ruota della consapevolezza”, la rivoluzionaria tecnica di meditazione mindfulness ideata dall’autore, accompagna il lettore passo dopo passo in un viaggio lungo ventuno giorni alla scoperta di cosa significa realmente essere presenti e consapevoli nella vita quotidiana. In un mondo sempre più frenetico come quello di oggi può essere difficile trovare il tempo per riprendere fiato, recuperare il proprio equilibrio interiore e soltanto… essere. Grazie alle istruzioni dettagliate e ai numerosi esercizi pratici, il lettore potrà fortificare la propria mente imparando a focalizzare l’attenzione, ad avere una consapevolezza aperta e a sviluppare uno stato mentale positivo: sono questi i tre pilastri della pratica meditativa della mindfulness che, in base ai risultati della ricerca scientifica, favoriscono il raggiungimento di un livello più elevato di benessere fisico e mentale.


2 Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare. (Winston Churchill)

LUPUS IN FABULA

Benito Melchionna Procuratore emerito della Repubblica

L’IDENTITÀ UMANA NEL TEMPO NUOVO 1.- Long Covid e guerra di Ucraina

2.- Le promesse disattese della globalizzazione

SARS-CoV2, la pandemia (dal greco pan, tutto, e -démos, popolo) che dal febbraio 2020 ha messo sotto stress l’intero mondo, e la crudelissima guerra scatenata il 24.02.2022 dalla Russia ai danni dell’Ucraina, hanno d’improvviso sconvolto la vita sulla terra nel vortice di imprevedibili emergenze. Il Long (persistente) Covid19, che finora ha registrato (?) 500 milioni di contagi e oltre 6 milioni di morti, dopo più di due anni non sembra voler ancora archiviare i suoi preoccupanti scampoli di trasmissibilità. Il morbo ha tra l’altro messo alle corde la piena affidabilità degli infettivologi da talk show, della già sperimentata malasanità e addirittura di alcuni sistemi democratici fondati sullo Stato di diritto. A quest’ultimo riguardo, anche noi abbiamo sofferto l’invadenza di troppo Stato a causa di controverse misure restrittive spesso illiberali: lockdown duro, test diagnostici molecolari e antigenici, obbligo di ripetute vaccinazioni, uso generalizzato di mascherine protettive, green pass per ogni dove, lavoro e didattica a distanza…Stiamo inoltre già facendo le spese dei pesanti contraccolpi dell’orribile ondata di distruzione umana e materiale provocata dalla guerra in atto ai confini d’Europa. I relativi devastanti effetti sono del resto già ben visibili in mezzo mondo. Ciò sia sul piano inclinato di una caotica geopolitica sempre più in fibrillazione e da più parti soggetta a spinte e derive autoritarie; sia in un quadro macroeconomico prostrato da incipiente carestia di risorse essenziali e da una più diffusa povertà (anche assoluta), a tutto vantaggio di pochi faccendieri senza scrupoli. Un mondo al quale perciò si potrebbe adattare il detto di Sant’Agostino (354-430 d.C.): “se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?” Peraltro, la pandemia che ci gira attorno e la guerra alle porte di casa hanno trasformato l’atavica paura della morte da individuale a collettiva (vedi minaccia di olocausto nucleare). Una paura che quindi, a maggior ragione nel tempo nuovo, abita gli antri oscuri di una umanità ormai sradicata dalla memoria del passato e orfana di saldi modelli culturali; una umanità priva persino del conforto di un qualche rapporto con l’invisibile e il soprannaturale, essendo ormai negletta la poesia e considerato l’ateismo come una sorta di ideologia funzionale al dilagante consumismo.

Negli ultimi anni i cosiddetti paesi emergenti – sebbene segnati da conflitti e da forti tensioni sociali – apparivano in spedito cammino verso le “magnifiche sorti e progressive” promesse dalla globalizzazione tecnologica e dei mercati. In realtà, l’indefinito destino di crescita, prefigurato sin dalla prima rivoluzione industriale, era già stato visto con sospetto dalla profetica poesia di Giacomo Leopardi (1798-1837). È forse poi utile richiamare la visione eretica di Pier Paolo Pasolini (1922-1975), che aveva colto tutte le contraddizioni del boom economico del nostro secondo dopoguerra. E aveva perciò messo in luce i gravi effetti corruttivi del consumismo irresponsabile, che stava velocemente travolgendo la morale, il linguaggio e la solidarietà che per secoli avevano sostenuto i valori propri del mondo contadino. La pandemia, la crisi climatica e la guerra hanno ora messo sotto shock le lusinghe della globalizzazione, che sta lasciando alla… “canna del gas” la transizione ecologica nel suo vitale bisogno di energia pulita. Per questo il tempo nuovo che si muove all’orizzonte dovrà anzitutto ripensare il celebrato mito della crescita infinita. Infatti, lo sfrenato sviluppo meccanico e materiale, disgiunto dal progresso della cultura civica, dal culto della legalità e dalle esigenze dello spirito, di fatto non porta ad alcuna crescita; dato che, anzi, esso tende per definizione ad accelerare il consumo di tutte le risorse dell’ambiente, provocando effetti devastanti sui complessi equilibri della pace sociale e della stessa vita sul pianeta.

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AMBIENTE ED ECONOMIA SOSTENIBILE IN COSTITUZIONE

3.- L’identità umana tra selfie e opinionismo disinformato È generalmente condivisa l’idea che la transizione tecnologica, grazie alla realtà aumentata via web e all’intelligenza artificiale che corre in direzione del post-umano, dà a chiunque nuove straordinarie opportunità di accesso a tutte le grandi potenzialità del genio umano. Gli antropologi assicurano però che neppure la dittatura degli apparati tecnologici (robot, microchip...) sarà mai in grado di governare da dentro le misteriose sfide della condizione umana globale; considerato che, anche se tutto intorno cambia velocemente, il concetto di umanità rimane comunque immutato nel tempo. Intanto, le piattaforme internet continuano a contaminare e a ridisegnare un po’ tutte le tradizionali identità individuali, di genere, etniche e territoriali, dando voce alla crisi identitaria della nostra società liquida, poco coesa, narcisista e individualista. Viene così rappresentato un mondo basato sul mito della visibilità e dell’apparire al motto “selfie, ergo sum” (autoritratto fotografico, quindi sono); con buona pace del glorioso “cogito, ergo sum” (penso/dubito, quindi sono) del filosofo francese Cartesio (1596-1650). Per questo motivo il popolo dei social, chattando in un contesto di identità dimezzate, prive di ideali, di fatto non riesce a creare relazioni di qualità, idonee a soddisfare il naturale bisogno di comunicare per potersi riconoscere in un progetto comune. Anche la corretta informazione appare inquinata al soldo dei forti apparati di potere che - come pure avvertono i pessimisti da “cospirazione” - orientano un incosciente opinionismo disinformato. In ogni caso, le reti e le connessioni di comunicazione consentono oggi - nel bene e nel male - di chiamare a raccolta inedite identità di appartenenza (cittadinanza, nazionalismi e populismi compresi). Si possono al riguardo citare gli esempi positivi registrati nelle prime fasi della pandemia e dell’aggressione russa in Ucraina, il cui popolo - con l’uso patriottico delle tecnologie più avanzate - ha opposto agli invasori una coraggiosa imprevista resistenza.

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