ANNO 29 - N° CENTOSESSANTACINQUE - APRILE 2021 - € 3
SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE - EDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121 - TASSA PAGATA BG CPO
BRESCIA MAGAZINE
CMP BERGAMO
Daniela Guadalupi, nuovo Presidente del Festival Pianistico di Brescia e Bergamo Alla scoperta della Santissima di Gussago La ciclovia culturale tra Bergamo e Brescia Franco Bettoni: il presente di Brebemi Benedetta Fratus: Virginia per tutte Di nuovo la vela sul Lago di Garda Alula - Journey through time Dad: dimenticati a distanza La collezione Morbidelli Tornano i Gentleman Rider 100 anni di Gran Premi Lamborghini Countach La frana di Tavernola Morire di Caffaro
COVER STORY UN FAMILY OFFICE PER CATERINA CORNAGO E MASSIMO MERAVIGLIA
The New Maserati Ghibli Hybrid. Performance Charged
Ghibli Hybrid. Consumo di carburante in ciclo misto min – max (l/100km) 8.1 – 9.4; emissioni di CO2 in ciclo misto min – max (g/km) 183 – 213. I valori indicativi relativi al consumo di carburante e all’emissione di CO2 sono rilevati dal costruttore in base alla normativa vigente e aggiornati alla data del 02/2021. I valori più aggiornati sono disponibili presso le Concessionarie Ufficiali Maserati e sul sito Maserati in quanto gli stessi sono indicati a fini comparativi e potrebbero non riflettere i valori effettivi.
Riannodare, riallacciare, ricostruire, risorgere, ritrovarsi, ri-bellarsi. Verrà finalmente un tempo in cui la paura di noi stessi lascerà il posto ad una ritrovata fiducia reciproca, quella che il virus, con la paura di infettarci a vicenda, ha cancellato. Tutti i fili spezzati dalle nuove abitudini sociali devono essere riannodati. Torneremo a guardarci in faccia, a stringerci le mani, a baciarci. Ma anche ad addossarci gli uni agli altri negli stadi, nei cinema e nelle chiese. Torneremo a sudarci addosso l’uno con l’altro dentro discoteche create per quello, in palestre dove socializziamo con il corpo. Torneremo ad accalcarci dentro bus e metropolitane dove, quando si è in tanti, si sta in piedi addossati gli uni agli altri. Torneremo a sentire odori e profumi, a cenare nei ristorantini con i tavolini vicini vicini e i camerieri sorridenti. Torneremo a provare vestiti e scarpe e profumi nei negozi cercando di conoscere le commesse. Torneremo a guardare in viso chi non vediamo da oltre un anno, se non dagli occhi: il panettiere, l’edicolante, il farmacista, i vicini di casa…
© 5111_Camilla Glorioso
Dovremo con pazienza ricucire relazioni, ricostruire abitudini pur avendone adottate di nuove. Dovremo assolutamente credere in un futuro migliore. Come dopo le tante devastanti traversie che i popoli si sono trovati nel corso della storia ad affrontare, anche questa volta l’Europa ne uscirà ricostruendosi migliore di prima, con quella spinta che ha caratterizzato l’avanzare della sua civiltà e del suo benessere fino ad oggi. (V.E.Filì)
Ci mancano così tanto quegli assembramenti? Chissà se quest’anno di privazioni ci insegnerà a gustare meglio e in modo non invasivo il creato che ci circonda
EDITA PERIODICI srl Via Bono, 10 - Bergamo Tel. 035 270989 - Fax 035 238634 www.editaperiodici.it
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qui Brescia - www.qui.bs.it Autorizz. Tribunale di Brescia n°18 del 22/04/2004 Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it Responsabile redazione: Tommaso Revera redazione@qui.bg.it Redazione eventi: Valentina Colleoni redazione.chicera@qui.bg.it Hanno collaborato: Lorenzo Boccardini, Glauco Boniforti, Bruno Bozzetto, Manuel Bonfanti, Valentina Colleoni, Maurizio Maggioni, Giuseppe Mazzoleni, Benito Melchionna, Giorgio Paglia, Camilla Peverelli Fotografie di: Federico Buscarino, Sergio Nessi, Paolo Stroppa, Paolo Biava Stampa: Euroteam - Nuvolera (Bs)
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Pag. 6 - Un Family Office per Caterina Cornago e Massimo Meraviglia
pag. 10 - Nasce Metallurgica Group
pag. 12 - Nuova filiale BCC in Piazza Duomo
pag. 16 - Daniela Guadalupi alla guida del Festival
pag. 20 - Giulio Della Vite: Ri-bellarsi
pag. 21 - La Santissima di Gussago pag. 26 - La ciclovia culturale
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pag. 28 - Benito Melchionna pag. 32 - CESVI c’è... Ancora pag. 33 - Fuochi di Paglia
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pag. 34 - D.A.D.: dimenticati a distanza pag. 36 - Mai più senza Musei pag. 42 - Valerio Bailo Modesti pag. 44 - Benedetta Fratus pag. 46 - Matteo Defendini pag. 48 - Alessando Rimini
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pag. 50 - Federico Faruffini pag. 53 - A la mode de Gruau pag. 54- Brindisi di Primavera pag. 56 - Franco Bettoni e la Brebemi oggi
pag. 58 - È il momento di cambiare pag. 64 - Cento Anni di Moto Guzzi pag. 66 - 100 anni di Gran Premi pag. 72 - Si RiVela sul Garda pag. 76 - Morire di Caffaro
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pag. 79 - ESA, dalla parte delle donne
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UN FAMILY OFFICE PER
CATERINA CORNAGO E
MASSIMO MERAVIGLIA Caterina Cornago
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Massimo Meraviglia
Dott.ssa Cornago, come riassumerebbe la sua carriera professionale e quali sono state le tappe più significative?
Dott. Meraviglia, ci descriva il suo know how professionale
“Nel 1987 inizia il mio percorso in ambito finanziario, come addetto alla clientela retail e Asset Manager, in un primario gruppo italiano. Questo fino al 2001, anno nel quale ho intrapreso una nuova esperienza partecipando alla nascita della Divisione Private di un altro grande gruppo italiano, anch’esso quotato sul listino milanese, all’interno del quale ho fatto sicuramente l’esperienza più significativa dal punto di vista formativo e professionale. Dopo anni passati a cercare di interpretare i mercati ed i loro movimenti, ho iniziato ad occuparmi di Private Banking valorizzando il tratto relazionale che non avevo ancora espresso fino a quel momento ma che fa parte di me e che mi avrebbe portato a ricoprire il ruolo che più mi appartiene “diventando” il lavoro che amo e che mi definisce come una seconda pelle. Sono un Private Banker da pochi mesi prima che l’11 settembre 2001 cambiasse per sempre il mondo, trovandomi così a gestire il panico scatenato da quell’evento con clienti preoccupati non solo dei loro patrimoni ma anche del loro futuro e di quello dei loro figli. Ciò ha contribuito in modo determinante ad accrescere in me la consapevolezza che gestire patrimoni era ben più che relazionarsi con i clienti attraverso un risultato a fine anno. Significava rassicurarli con una costante presenza, anche e soprattutto nei momenti di crisi dei mercati che, nel corso di questo ventennio, si sono verificati con regolarità quasi matematica. Il vissuto da Asset Manager mi ha insegnato il valore della diversificazione e, quando nel 2012 sono passata ad un primario Gruppo Internazionale che in Italia opera principalmente nel Private Banking, ho ulteriormente rafforzato questa convinzione che mi ha sempre tenuta lontana dalle logiche monobrand che a volte le banche tentano di imporre ai loro consulenti per ovvi motivi patrimoniali. Spesso però questo “ingessa” i portafogli fino ad arrivare ad estremi rischiosi per i clienti e per i loro patrimoni. Il passaggio in Azimut a fine 2019 è stato quasi naturale: tornavo a far base nella mia meravigliosa Bergamo, pur essendo sempre operativa anche a Brescia e a Milano, ma soprattutto ci tornavo con Massimo perchè formare un Team era il nostro sogno che è diventato realtà!”.
“Ho lavorato nel settore delle assicurazioni dal 1997 fino al 2001, quando la normativa ha consentito alle compagnie assicurative di poter offrire servizi a contenuto finanziario. Dal 2001 sono approdato ad un primario gruppo bancario italiano partendo dal segmento retail per passare a quello Private, fino al 2006, anno in cui ho incontrato Caterina che all’epoca era responsabile della filiale private di Bergamo di una realtà che intendeva porsi come link tra il Private ed il Corporate all’interno di uno dei principali gruppi bancari italiani. Quella è stata un’esperienza impor tante soprattutto dal punto di vista formativo e lì ho valorizzato la mia “anima corporate” così da assumere nel 2011 il ruolo di Responsabile Sviluppo Private-Corporate per la Lombardia, attività in cross selling fra Corporate e Private banking con operazioni tipiche dell’Investment Bank. Nel 2014 ho avuto l’occasione di entrare in un’importante banca Internazionale dove ho ritrovato Caterina e dove ho potuto ulteriormente crescere su tutte le tematiche legate alle attività straordinarie di clienti Privati ed Istituzionali. Impegnato su tutto il territorio nazionale ed anche in ambito internazionale, ho creato un network di professionisti italiani ed esteri di elevato standing per poter soddisfare le esigenze della clientela soprattutto nelle fasi straordinarie della vita aziendale, dai passaggi di Governance (MBO, passaggi generazionali), al reperimento di risorse finanziarie per la crescita (sia attraverso equity che debito), fino all’affiancamento dei clienti in operazioni di M&A (fusioni, acquisizioni e cessioni societarie). Ho sempre amato lavorare in Team e l’occasione di farlo davvero è arrivata con Azimut a fine 2019 di nuovo con Caterina, di nuovo fianco a fianco, raccogliendo una nuova sfida qualche mese prima che il Covid-19 si abbattesse sui mercati sulle aziende e sulle vite di noi tutti “.
Come vi definireste a livello professionale? “Siamo un team di professionisti innamorati di ciò che facciamo, con predisposizioni diverse e complementari fra loro, alla continua ricerca delle soluzioni migliori per i nostri clienti siano essi privati o aziende”. Essere consulenti oggi, con tutte le complessità che emergono dal mercato, cosa rappresenta per Voi, nei confronti della clientela private e delle aziende? “Il consulente oggi non deve ricercare solo la miglior performance o il miglior momento in cui investire, ma deve poter offrire ai propri clienti più soluzioni ad uno stesso problema, sia esso di gestione o protezione del proprio risparmio, di riassetto societario, di passaggio generazionale, di consulenza fiscale o perfino di Art Advisory. È importante poter presentare ai clienti diverse alternative e diversi partners che possano soddisfare le loro aspettative, ma per poterlo fare al meglio bisogna essere liberi da conflitti d’interesse e poter scegliere la soluzione più adatta, e questo in Italia lo offre solo Azimut”.
Il Gruppo Azimut è la più grande realtà finanziaria indipendente nel mercato italiano, operante dal 1989, quotata dal 2004 alla Borsa di Milano, orgogliosa della sua piena autonomia da gruppi bancari, assicurativi e industriali, che gli permette di offrire soluzioni di gestione del risparmio e consulenza efficaci sviluppate su competenze specifiche.
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UN FAMILY OFFICE PER
CATERINA CORNAGO E
MASSIMO MERAVIGLIA
Avete deciso di lasciare insieme le precedenti esperienze per approdare in Azimut, una realtà indipendente del mercato italiano ed internazionale. Per quale motivo? Cosa Vi ha attratto fin da subito?
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“Azimut è una multinazionale italiana indipendente del risparmio gestito che conta 70 miliardi di euro di patrimoni in gestione, presente in 17 paesi e con una rete capillare, Azimut Capital Management, su tutto il territorio italiano. In Azimut lavorano molti professionisti della consulenza e il valore del singolo è sempre riconosciuto. I numeri sono quelli di un grande gruppo ma la sensazione provata fin da subito è stata di essere “in famiglia”. Ad esempio, con Fabio Mangilli e Gianfranco Gaudino, manager in staff a Bergamo e Brescia per la parte di area guidata dal managing director di Azimut Capital Management Riccardo Maffiuletti, abbiamo dialogato e ci siamo confrontati a lungo. Prima ancora di entrare a far parte del Gruppo, abbiamo percepito i reali vantaggi che i nostri clienti, con noi in Azimut, avrebbero avuto, come l’accesso a più partners bancari, sia italiani, sia internazionali, ed un’ampia offerta di servizi e prodotti che prima avevamo visto solo sulla carta. Abbiamo inoltre scelto Azimut perché ha al suo interno anche due anime indispensabili per servire la nostra clientela, quella dei servizi di Wealth Management e quella rivolta al mondo Corporate e delle imprese, che può contare anche su una piattaforma di soluzioni di investimento dedicata, come Azimut Libera Impresa”. Come avete affrontato il periodo di emergenza Covid19 con i clienti? “Con i nostri clienti abbiamo un rapporto fiduciario instaurato nel tempo e con loro avevamo già affrontato le crisi economiche e finanziarie degli ultimi vent’anni. Purtroppo dopo pochi mesi dal nostro arrivo in Azimut abbiamo affrontato anche la tempesta Covid19 che si è abbattuta sui mercati, potendo riallocare il patrimonio liquido mese dopo mese, avvalendoci di un Team di gestori globale e di professionisti dell’Asset Management che in un anno così difficile sono stati determinanti. Il Global Team di gestione di Azimut è un asset strategico e fondamentale: sempre connesso, 7 giorni su 7, 24 ore su 24, è presente in 17 paesi, nei quali risiedono stabilmente più di 100 tra gestori e analisti, i quali vivono in prima persona i mercati locali, avendone così la piena sensibilità dei punti di forza e debolezza.
Poter contare su colleghi che presidiano e monitorano costantemente i mercati finanziari, ricevere aggiornamenti tempestivi e beneficiare delle opportunità che si presentano, è un plus importante e ancora di più lo è stato in un anno come quello appena trascorso dominato da incertezze e varianti imponderabili”. Cosa significa oggi investire? “Il mantra che ripetiamo da anni ai nostri clienti esistenti e potenziali è: diversificazione. Strumenti diversi e poca concentrazione sul singolo strumento sono la chiave della diversificazione che tutela chi costruisce i portafogli ma, soprattutto, i clienti nei momenti di volatilità come quelli che abbiamo vissuto e che inevitabilmente continueremo a vivere in un mondo a tassi zero-negativi. Investire significa “dare tempo” al risparmio di creare valore, e noi aiutiamo i clienti a identificare al meglio i loro bisogni al fine di “classificarli” e “codificarli” nel tempo. Gli investimenti in asset che rappresentano l’economia reale sono uno dei criteri che rivoluzionerà sempre più il modo di costruire una pianificazione di valore e l’offerta di Azimut, anche su questo tipo di investimenti, è all’avanguardia essendo stati i primi a rendere accessibili questi investimenti agli investitori privati italiani abbassandone sensibilmente la soglia d’ingresso”. Cosa chiedono oggi i clienti imprenditori? “Molte imprese e molti settori che il virus ha messo sotto pressione, vivono un momento delicato ed è imprescindibile per la maggior parte degli imprenditori poter affrontare i mercati attuali con partnes che sappiano aiutarli non solo finanziariamente ma, anche e soprattutto, managerialmente. Gli imprenditori italiani, come ad esempio quelli lombardi, sono coraggiosi e non temono di esplorare nuovi orizzonti ma, l’apertura dell’azienda a nuovi capitali, spesso passa attraverso acquisizioni e il vecchio Fondo di Private Equity, così come veniva interpretato dieci anni fa, adesso non è più attuale. Serve ora un approccio molto più strategico ed in questo ci sentiamo di poter accompagnare gli imprenditori nel valutare gli attori più adatti alle loro necessità, grazie anche alle competenze presenti direttamente in Azimut o attraverso partner di alto livello sia italiani sia internazionali. Il nostro Team ingloba le due anime del Wealth Management, quella Private e quella Corporate, che nella maggior parte delle realtà finanziarie in Italia spesso non comunicano fra di loro, ma qui non è così e soprattutto... finalmente... abbiamo trovato il ‘nostro’ Family Office!”.
SIAMO UN TEAM DI PROFESSIONISTI INNAMORATI DEL NOSTRO LAVORO, CON PREDISPOSIZIONI DIVERSE E COMPLEMENTARI FRA LORO, ALLA CONTINUA RICERCA DELLE SOLUZIONI MIGLIORI PER I NOSTRI CLIENTI SIANO ESSI PRIVATI O AZIENDE.
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CATERINA CORNAGO E MASSIMO MERAVIGLIA
Investire significa “dare tempo” al risparmio di creare valore AZIMUT CAPITAL MANAGEMENT SGR SPA Via Antonio Gramsci 10, Brescia Tel 030.294753 www.azimut.it
INDUSTRIA:
NASCE
METALLURGICA GROUP METALLURGICA SAN MARCO E CIDNEO METALLURGICA, STORICHE AZIENDE BRESCIANE GUIDATE DALLE FAMIGLIE GAMBARINI E FORELLI, DANNO VITA ALLA NUOVA HOLDING
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“Metallurgica San Marco e Cidneo Metallurgica danno vita a una nuova grande realtà: la Holding Metallurgica Group. Le due aziende hanno alle spalle una governance solida e condivisa e tutti gli investimenti in ambito produttivo e tecnologico, le scelte commerciali e le politiche export sono sempre state fatte con una visione molto unitaria. Oggi questa visione unitaria diviene anche strutturale: la grande competitività dei mercati e le sfide importanti che ci attendono nel futuro richiedono un soggetto ancora più forte industrialmente, che coniughi le capacità tecniche e tecnologiche di entrambe, e patrimonialmente, per essere in grado di affrontare gli investimenti necessari ad essere non solo al passo coi tempi, ma ad anticiparli. Con l’obiettivo di crescere e aprirsi a nuove esperienze industriali”. Con queste parole Marco Gambarini, Presidente di MSM, ha annunciato la nascita della nuova Holding Metallurgica Group che racchiude le realtà di Metallurgica San Marco e Cidneo Metallurgica, le due storiche aziende bresciane nel settore dell’ottone. La Cidneo Metallurgica nasce a metà degli Anni ‘50 e, sotto la guida delle famiglie Gambarini e Forelli, si specializza nella produzione di profili speciali personalizzabili sulle più diverse esigenze di lavorazione e applicazione, in particolare nel campo della moda e dell’edilizia. Metallurgica San Marco viene invece fondata nel 1972: la necessità è quella di realizzare sempre profili estrusi, ma di taglia più grossa e trafilati speciali con un livello di standardizzazione più ampio, per soddisfare i settori della meccanica e della termo-idraulica. Nasce quindi il sito di Ponte San Marco. Oggi, con oltre 100 dipendenti e un fatturato di quasi 200 milioni di euro, MSM si è spostata sulle produzioni massive di barra da stampaggio e per torneria.
Giacomo Coglio e Marco Gambarini MSM - ha spiegato Giacomo Coglio, Membro del CDA in rappresentanza del Gruppo Forelli - ha avuto uno sviluppo importante in questi anni e le analisi in termini di economicità e crescita hanno portato alla decisione di creare il Gruppo, con l’obiettivo di dare maggiore remunerazione alle produzioni in corso, razionalizzare i costi e accorpare delle fasi comuni”. Benché alle spalle ci siano infatti materiali con caratteristiche metallurgiche e meccaniche diverse, il mondo nel quale si sono mosse le due aziende è quello della famiglia degli ottoni. Verrà quindi ottimizzato il processo produttivo, accorpando alcuni reparti della filiera produttiva, riducendo costi e impatto ambientale, della sezione meccanica e dell’assistenza tecnica; verranno poi creati un unico ufficio acquisti e un unico ufficio vendite mantenendo le competenze diverse. “La nascita di Metallurgica Group darà valore aggiunto ad entrambe le aziende - ha continuato Coglio.
La produzione di Cidneo è di nicchia, quindi un’azienda come la San Marco, che produce continuità di volumi, permetterà di rendere profittevoli anche gli speciali che, se isolati, a volte non hanno le quantità necessarie a coprire i costi fissi industriali. Dall’altra parte la Cidneo è molto forte sull’export, che rappresenta l’80% del fatturato, e questo farà da volano per MSM nella ricerca di nuove aree di mercato”. Coniugare le due anime aziendali, la dinamicità di San Marco e la specializzazione di Cidneo, permetterà inoltre di ampliare la produzione delle leghe speciali: insieme, le due aziende avranno a disposizione un numero di impianti tali da poter creare due Business Unit, consolidando da un lato la produzione standard, e dall’altro implementando la gamma di leghe green a basso contenuto di piombo, che stanno assumendo un ruolo sempre più decisivo sia sul mercato della termo-idraulica che in quello della moda. I prodotti prevedono linee di produzione separate e in quest’ottica la Metallurgica Group ha acquisito gli immobili dell’ex Imar che diverranno il nuovo polo di sviluppo produttivo aziendale.
L’obiettivo è ottimizzare i costi, crescere e aprirsi a nuove esperienze industriali
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“Si tratta di un progetto davvero ambizioso – ha spiegato Gambarini. Per questo ci stiamo muovendo attraverso step e obiettivi chiari. Stiamo mappando questa fase di affiancamento delle due realtà, creando comitati di lavoro interni e affidandoci a consulenti esterni per le valutazioni degli aspetti tecnici e logistici. Unire i sistemi gestionali, implementare i metodi di management, unificare le certificazioni che viaggiano sui siti produttivi sono solo alcuni dei passi che stiamo facendo per arrivare a una unione consolidata a tutti gli effetti. Un passaggio importante e delicato perché implica una riorganizzazione interna e una nuova visione globale aziendale. Un percorso nuovo, decisivo e doveroso a livello di crescita, per avere un ruolo sempre più strategico sui diversi mercati”.
www.metallurgicagroup.it
BCC AGROBRESCIANO IMMINENTE L’APERTURA DI UNA NUOVA FILIALE IN PIAZZA DUOMO. BCC AGROBRESCIANO, ANIMATA DAL CONVINCIMENTO CHE IL MERCATO ABBIA BISOGNO DI UN SETTORE BANCARIO SOLIDO E CONCORRENZIALE, CARATTERIZZATO DA UNA PLURALITÀ DI INTERMEDIARI BANCARI, CHE SI DIFFERENZIANO PER DIMENSIONE E TIPOLOGIA, E QUINDI ANCHE
DELLE BANCHE LOCALI, ANNUNCIA L’IMMINENTE APERTURA DELLA NUOVA FILIALE IN PIAZZA DUOMO A BRESCIA
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Osvaldo Scalvenzi, Presidente del Consiglio di Amministrazione di BCC Agrobresciano
NEL CUORE DELLA CITTÀ
La volontà è garantire una presenza solida e affidabile alla propria Città e ai cittadini rimasti “orfani” dello storico Istituto di
Credito Ordinario coinvolto nella recente aggregazione, aspirando a diventare sempre più una Banca di riferimen-to per il territorio, grazie ai requisiti di storicità, solidità e attenzione continua riservata alla propria provincia. Anche nell’ultimo anno infatti, nonostante le difficoltà e i cambiamenti repentini imposti, in termini economici e sociali, dall’emergenza pandemica internazionale, BCC Agrobresciano ha saputo reagire, dimostrando capacità di adattamento e di riorganizzazione, per continuare a garantire l’abituale livello di servizio a Soci e Clienti, al fine di rendere agevole e immediatamente operativo l’acces- so alle misure governative a sostegno delle famiglie e dell’economia. Ne sono prova: le più di 1.200 sospensioni dei pagamenti dei mutui per un importo pari a quasi 159 milioni di euro; le nuove erogazioni per più di 67 milioni di euro; il plafond di 10 milioni di euro, stanziato dalla Banca in corso d’anno per i finanziamenti agevolati a sostegno delle imprese e delle famiglie colpite dall’emergenza Covid, e successivamente incrementato a 20 milioni, al fine di ricomprendere il finanziamento delle imprese per l’anticipo CIG; infine, il plafond di 20 milioni di euro a favore di privati per finanziamenti in tema di Eco e Sisma bonus previsti dal Decreto “Rilancio”.
BCC Agrobresciano, inoltre, è in grado di gestire le richieste di acquisto dei crediti d’imposta derivanti dal ricorso a questi bonus da parte dei propri clienti, allo scopo sia di facilitare l’accesso a queste opportunità sia di rivitalizzare l’attività di professionisti e imprese, operanti nei settori edilizio ed energetico; sia ancora di agevolare il perseguimento di scelte virtuose destinate a produrre effetti positivi sotto il profilo ambientale, della sicurezza degli edifici e della bellezza e decoro del nostro territorio; obiettivi da sempre al centro della mission delle Banche di Credito Cooperativo. Da ben 124 anni BCC Agrobresciano opera, infatti, sul territorio animata dall’obiettivo primario di supportare e valorizzare le comunità locali; un impegno che nel tempo è sempre stato rispettato, attraverso un adattamento continuo alle nuove esigenze e condizioni di mercato, e che ha avuto un riscontro tangibile anche presso la base sociale, che si è costantemente incrementata. Oggi annovera infatti 6.350 membri, dei quali ben 961 sono di Brescia. Negli anni il sostegno della Banca alla Città è stato infatti fortemente sentito e partecipato, ed è avvenuto principalmente mediante la sponsorizzazione di iniziative legate al sociale, alla cultura e all’arte, in sinergia con importanti istituzioni come il Comune di Brescia, la Confartigianato Imprese e l’Università di Brescia. Il Presidente del Consiglio di Amministrazione di BCC Agrobresciano, Osvaldo Scalvenzi dichiara: “Con grande senso di responsabilità e di fiducia annunciamo l’apertura di una nuova filiale nel cuore della Città, certi che solo una presenza capillare sul territorio, dal centro alla periferia fino ai suoi Comuni, possa garantire vicinanza e sostegno ai Bresciani, soprattutto in un momento storico tanto delicato e complesso. Da sempre abbiamo a cuore Brescia e ci adoperiamo per essere una Banca al servizio dei suoi cittadini, sia privati sia imprese, non solo mediante l’erogazione di servizi bancari e interventi finanziari adeguati, ma anche mediante il sostegno e la sponsorizzazione di molteplici iniziative sociali, culturali e artistiche, divenendo noi stessi portavoce del valore della nostra città e dei suoi cittadini. Librixia, il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, il progetto universitario C-Lab, il progetto ABIBOOK e le iniziative organizzate con CAST Alimenti, sono solo alcuni esempi. Così come i contributi al Dormitorio San Vincenzo, al progetto “Le Vie del Cuore” per l’acquisto di defibrillatori da posi-zionare nel centro storico, alla Fondazione Spedali Civili di Brescia, agli oratori e alle parrocchie etc.... La scelta stessa di celebrare i 120 anni di BCC AgroBresciano organizzando l’Assemblea dei Soci al Teatro Grande (anziché nella storica sede di Ghedi), per ricordare con la Città l’anniversario della Strage di Piazza della Loggia, è stato un atto di vicinanza e sostegno della memoria storica, molto partecipato da tutti noi”. Il Direttore di BCC Agrobresciano, Giuliano Pellegrini dichiara: “Sono partico-larmente soddisfatto dei risultati raggiunti dalla Banca nel 2020, un anno complesso e assolutamente straordinario per tutti, che ha richiesto grandi sforzi ma che ha anche favorito sinergie evolutive importanti per una Banca che vuole esse-re solido riferimento per il suo territorio. Lodevole lo spirito di vicinanza che ha animato il lavoro di tutti i dipendenti aziendali, in coerenza con l’ispirazione mutua-listica e comunitaria che ci contraddistingue. Reputo che BCC Agrobresciano abbia infatti dato prova della capacità di garantire sostegno concreto e tempestivo ai cittadini e agli imprenditori colpiti dalle difficoltà dell’emergenza pandemica. Su queste basi solide aspiriamo ad essere sempre più la Banca del territorio e della Città di Brescia e ci prepariamo ad aprire la nuova Filiale in Piazza Duomo”. Forte dei propri risultati e dei nuovi obiettivi, BCC Agrobresciano sceglie dunque di proporsi anche sulla piazza di Brescia come una valida alternativa, me-ritevole di apprezzamento e fiducia, con la speranza di far sempre di più breccia nel cuore dei bresciani.
Anche in termini economici BCC Agrobresciano si conferma una Banca solida e affidabile; i primi dati che riassumono l’esercizio 2020 indicano, oltre alla crescita degli impieghi, in aumento del 2,3% rispetto al 2019, anche una sensibile crescita sul fronte della raccolta che, al 31/12/20, è pari a 1.126 milioni di euro, segnando un +8,4%. Sul fronte reddituale si evidenzia un utile netto di circa 4,5 milioni di euro, sostanzialmente in linea con l’utile dell’esercizio precedente. Gli indicatori di rischio riflettono gli effetti positivi del percorso virtuoso da tempo av-viato: la solidità patrimoniale di BCC Agrobresciano risulta ulteriormente rafforzata dalle coperture effettuate nel 2020 sui crediti deteriorati, incrementate al 62,51% a fine 2020. Il credito anomalo netto è pari al 3,31%. I fondi propri corrispondono a 85,2 milioni di euro e il Total Capital Ratio è pari al 19,37 in crescita del 10,24% rispetto al 2019.
Giuliano Pellegrini, Direttore di BCC Agrobresciano
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2 POLITICANDO di Maurizio Maggioni
In questa primavera, che si dimostra proprio come ai
tempi della mia giovinezza, con sole, temporali, alcuni momenti di freddo accompagnati da nevicate che ci permettono di vivere una vita più sana all’aria aperta, visto anche il momento contingente che viviamo, passeggiando per la mia città semideserta, penso, guardo e osservo ciò che mi circonda. Debbo dire che il mondo è proprio bello e che noi uomini siamo capaci sì di migliorarlo in molte cose, ma soprattutto lo assediamo con mille situazioni che poi non riusciamo a controllare come vorremmo. Tutto questo mi porta a riflettere sulla vita, sulla nostra esistenza, sui cambiamenti. Leggo che Papa Francesco riprende il concetto di proprietà privata ed esterna che esso non è un dogma, che cristianamente la si deve condividere se ci si sente cristiani; concetto lodevole, ma già lo condividiamo con lo Stato che grazie ai nostri contributi in tasse dirette ed indirette usa il gettito fiscale per i meno abbienti. Lo vediamo ora con il reddito di cittadinanza e con gli interventi per la povertà e la pandemia: cosa dovremmo dare di più? Leggo della paura di una signora sarda per le divise dei militari, ma che dabbenaggine! Se non vi fossero stati i militari in Sardegna, già dal Regno di Piemonte e Sardegna, il suo popolo sarebbe rimasto alle origini dei tempi. L’esercito ha costruito la sua regione, ha dato da mangiare ad intere generazioni e le ha formate, ha combattuto il banditismo e il brigantaggio del Gennargentu e l’anonima sequestri di vicina memoria. Un Alpino può fare paura? Non penso, se poi stende un piano logistico che è lì nel cassetto e che tutti potevano usare, ma la stupidità umana è tale che dei mentecatti non lo hanno usato, dai politici insipienti ed incapaci ai burocrati senza cervello, ma soprattutto senza palle che non hanno decretato lo stato emergenziale pur dovendolo fare per poi facilitare tutto ed evitare morti inutili. Vedasi le inchieste in corso, i piani pandemici inattuati e non aggiornati, ma vogliamo capire che dobbiamo diventare grandi e responsabili? In questo periodo frequento un carissimo amico, giornalista di vecchia data, amico di Montanelli, Cervi, De Bortoli, De Felice, Feltri, Kissinger, degli Agnelli, della mitica Oriana Fallaci, che conosce bene il territorio bergamasco e lombardo avendolo rappresentato in Senato, conoscitore e uomo del mondo, riflettiamo insieme sulla vita sul sistema che ci circonda, sul senso di fare politica, la vera polis.
Ebbene ci accorgiamo che nessuno vuole più sapere e capire la verità, che i giornalisti danno notizie senza riflessioni aggiuntive, se non per interesse specifico, che molti sono prezzolati e non conoscono nemmeno la lingua italiana ed il bon ton delle loro presentazioni in tivù e in videoconferenza, sbiascicano, sono mal vestisti, spettinati e con denti che nemmeno un … si terrebbe la bocca così (deviazione professionale? Probabile ma mia mamma diceva sempre: di una persona guarda le scarpe e la bocca, capirai con chi hai a che fare). Infatti nessuno parla della manovra in atto nella Magistratura di insabbiare il caso Palamara, con un libro scritto da Sallusti che in tempi passati avrebbe portato o all’incriminazione degli autori per falso e vilipendio della stessa Magistratura, oppure alla gambizzazione dei corrotti, oggi il silenzio degli agnelli è assoluto. È corretto tutto cio’? Un’altra cosa su cui riflettiamo è la manovra Letta PD. Perché è tornato da Parigi? Per rivincita? Per vendetta? Oppure per un disegno specifico di riadeguamento della politica dopo la disastrosa fase dei 5 stelle e di Conte? Fantastichiamo che il Colle abbia capito tutti gli errori commessi, che i salotti dell’intellighenzia abbiano deciso che era ora di finirla e perciò sfruttando il momento pandemico grazie all’altruismo di Renzi, che ringrazio sentitamente, fatto fuori Conte e Grillo in un sol colpo, via Zingaretti che non ne poteva più ed era altamente incapace di gestire il ruolo che gli competeva, Letta era persona ideale per dialogare con Salvini, Meloni, ma soprattutto le varie anime del PD. Fatto il Governo di unità nazionale, data alla destra il mandato dell’opposizione costruttiva, pronti a sfruttare la faccia di Draghi per farsi dare i soldi dalla UE, ecco che bisogna guardare al futuro immediato: la nomina di un nuovo Presidente della Repubblica, le elezioni future nazionali con le nuove regole, gli assetti finanziari, ma soprattutto il difficile passaggio governo e post Mattarella. Letta al colle e Draghi a finire il suo lavoro sino al 2023? O viceversa? Arrovelliamoci un po’….. In molti, tanti, sarebbero contenti, dal Papa a Prodi, da D’Alema alle banche e alla finanza. Meno il centrodestra, non mi sbaglio. A Berlusconi e Letta zio invece sì. Facciamo un po’ di conto e capiremo tutto. Sì è proprio così e con questo mio amico, guardando lo sfondo delle montagne dal balcone della sua casa di Milano, che si stagliano in profondità con tutti i grattacieli nuovi della Milan l’è una gran Milan, ci chiediamo: ce la faremo ad uscire da questo caos? Sì è la risposta, ce la faremo perché noi italiani siamo i migliori ed abbiamo messo a nudo il re, l’Europa é morta e deve rinascere come l’araba fenice, da ciò che sta combinando con i vaccini, per le figuracce fatte in Turchia, perché abbiamo ancora Speranza e Di Maio nel governo, ma siccome noi impariamo dai nostri errori, perdoniamo, ma non dimentichiamo mai, sicuramente appena ce ne daranno possibilità cambieremo pagina, ma già adesso stiamo facendo capire chi siamo: gente tosta, caparbia e capace che chiede solo agli incapaci di lasciare il loro posto a coloro che potrebbero fare di meglio, tutti burocrati protetti da un potere inesistente perché ormai la digitalizzazione e l’informatizzazione non permette più aree grigie o scure. Lo dimostra cosa sia successo in Lombardia, all’OMS, in tutto e per tutto: per fortuna esiste il volontariato e la gente per bene che gratuitamente si presta ai progetti migliori per tutelare il territorio, volontari a cui va il nostro pensiero, il nostro grazie, il nostro amore.
DUE CITTÀ, UN FESTIVAL E UNA NUOVA PRESIDENTE
DANIELA GUADALUPI NOMINATA PRESIDENTE DEL FESTIVAL PIANISTICO INTERNAZIONALE DI BRESCIA E BERGAMO Il Festival Pianistico Internazionale di Bergamo e Brescia arrivato alla 58^ edizione, oltre ad essere una delle manifestazioni del genere più prestigiose al mondo, è anche una delle rare istituzioni che da sempre vedono le due città lombarde collaborare, interagire, confrontarsi e che in vista del 2023, anno in cui Bergamo e Brescia saranno Capitale italiana della Cultura, costituisce una vera testa di ponte da prendere ad esempio per il programma delle iniziative previste. Il Festival sarà senz’altro una delle attrattive di maggiore spicco, a maggior ragione, visto il suo 60° compleanno che cade proprio nel 2023. Per arrivare al meglio delle sue possibilità, Andrea Gibellini, il Presidente che ne ha retto le sorti in questi ultimi 22 anni, vista anche l’eta avanzata, ha pensato di lasciare il posto ad un’energica nuova figura e, non senza un serrato corteggiamento, ha convinto Daniela Guadalupi a farsi carico del suo ufficio.
GIOVANNI RIZZARDI, VICEPRESIDENTE DEL FESTIVAL
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Il Festival arriverà al 60° nel 2023, anno in cui Bergamo e Brescia saranno Capitale della Cultura. Come si inserisce in questo il Festival Pianistico, unico Ente culturale ad unire da sempre le due città? “Non so se Agostino Orozio fosse preveggente ma quando ha inventato il festival ha avuto questa intuizione di unire le due città e oggi è un po’ l’unico collante esistente. Infatti non ci sono molte relazioni su cui costruire per il 2023, mentre il Festival è un’istituzione che esiste da tempo è può portare grandi risultati. Daniela Guadalupi sa che ho accettato l’icarico in un’ottica di innovazione nel senso che i 60 anni del Festival per una serie di ragioni fanno dire che il modello attuale ha bisogno di un restauro, iniziando da quella che chiamerei destagionalizzazione. Il Festival è sempre stato legato ad un particolare periodo dell’anno ma oggi, essendo un brand conosciuto in tutta Europa non dovrebbe farsi sentire solo nei due mesi in cui si svolge, ma sempre. Credo che il nuovo presidente ed il nuovo consiglio saranno capaci di portare innovazione. Dobbiamo superare il modello standard, evento-teatro-concerti, anche per reclutare nuovi utenti. Se si proseguirà nello stesso modo c’è il rischio che gli amanti della musica classica diventino come il Panda... Guardando l’anagrafica di chi ci segue vedo tanti capelli bianchi e i giovano sono rari. Si rischia di avere una bellissima manifestazione ma per pochi eletti. Dobbiamo perseguire una manifestazione capace di attrarre anche chi ha ancora un timore reverenziale per la musica “colta” chi spesso la considera al di sopra della propria portata. Dobbiamo sforzarci di proporre un modello che porti all’allargamento della base sociale su cui la musica classica può contare. Si possono introdurre innovazioni, per far uscire sempre più il Festival dal Teatro andare nei paesi, nelle scuole... anche nelle aziende. Senza perdere l’obiettivo principale. Dovremmo frequentare di più i social ed essere sempre di più visibili ed appetibili. Con il nuovo presidente abbiamo già parlato di questi aspetti e abbiamo condiviso che, anche per poter lasciare un segno della sua presidenza, si deve pensare a qualcosa di diverso. Non una rivoluzione ma una revisione delle modalità affinché la musica classica possa raggiungere sempre più persone. Un festival come il nostro ha bisogno di essere conosciuto e diffuso.
DANIELA GUADALUPI
E IL MANSIONARIO DEL PRESIDENTE Conosciamo Daniela Guadalupi per il suo entusiasmo a capo della Fondazione ARMR, ne abbiamo conosciuto la verve imprenditoriale ma ancora non sapevamo che… “Ho iniziato a seguire il Festival 52 anni fa. Ancora mi ricordo come si andava vestite, le feste dopo i concerti e Bindo Missiroli che veniva a casa mia. Amo da sempre la musica classica perché ha la capacità di emozionarmi. Seguo da anni il consiglio del Festival ma non avrei pensato di dover subentrare ad Andrea Gibellini. Ci ho pensato bene e alla fine ho accettato sentendomi comunque molto onorata. È uno dei Festival di maggior rilievo a livello mondiale. È una grossa opportunità in questo momento, verso il 2023 e dopo il 2023. In quell’anno ricorreranno i 60 anni del Festival per cui, oltre a celebrare la Capitale della Cultura, taglieremo il traguardo della sessantesima edizione. Una pietra fondamentale nel panorama culturale dei due territori e sentiamo la grande responsabilità di essere l’unico ente culturale che da 58 anni unisce le due città”.
Le due anime del Festival sono l’Associazione Gasparo da Salò con gli eredi del Fondatore del Festival, Agostino Orizio per la parte bresciana, e l’Associazione Amici del Festival Pianistico per Bergamo. Essendo, fin dall’inizio, la direzione artistica affidata al Maestro bresciano Agostino Orizio per contrappeso la presidenza dell’Ente è riservata per tradizione ad un bergamasco. Tutti ricordano la presidenza di Filippo Siebaneck. Dopo di lui Andrea Gibellini e adesso Daniela Guadalupi, “Amo la musica - ha proseguito Daniela Guadalupi - pur non essendo un’esperta di quel mondo ma per le scelte artistiche c’è Piercarlo Orizio che come Direttore Artistico ha proseguito sulle orme del padre”. In cosa consiste il suo “mansionario” come Presidente del Festival? “Ritengo sia raccogliere le idee di tutti i 24 consiglieri. Abbiamo un consiglio molto importante perché le persone che lo compongono e che stimo molto, raccolgono a loro volta le voci di un bacino di portatori di diverse istanze che unite racchiudono i valori di Bergamo e di Brescia, che sono molto simili. Al primo posto il valore del lavoro. È il più forte e direi di più: per noi il lavoro è una cultura e coltiviamo la cultura del lavoro che, insieme alla dottrina sociale della chiesa e alla finanza delle banche cattoliche nate tra Bergamo e Brescia, hanno generato un reale benessere diffuso più che in altri territori. Sono convinta che l’Ente Festival incarni valori così importanti che ho assunto il mio ruolo in punta di piedi con grande attenzione e grande volontà di ascolto verso tutti consiglieri. Trovo questo molto importante perché ognuno di noi ha sensibilità differenti. Ho al mio fianco un consigliere delegato, il dott. Silvio Galli, che dall’82 lavora per il Festival e ne è il custode e la memoria storica. Si ricorda tutti i concerti, tutti gli artisti, ha lavorato con papà Orizio, ha lavorato con Filippo Siebaneck è un figlio di quei tempi.
In alto a sinistra Agostino Orizio, fondatore del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, e in questa foto il figlio Piercarlo che ne ha preso il posto come Direttore Artistico
DUE CITTÀ, UN FESTIVAL E UNA NUOVA PRESIDENTE
DANIELA GUADALUPI Da sempre lo ricordo sulla porta del teatro che salutava dopo i concerti. A Brescia mi sono presentata di persona, nell’intervallo tra le due zone rosse prima di Natale, per incontrare i tre fratelli Orizio, il mio vice presidente bresciano, il Dott. Giovanni Rizzardi, e Laura Nocivelli che conoscevo anche prima, come i consiglieri di Bergamo Roberto Vavassori, Marco Anzovino, Matteo Zanetti e Laura Calissoni Colnaghi. Credo che lavorando tutti insieme si possa andare avanti nella tradizione innovando perché la musica, come ben ci insegna il grande Maestro Piero Rattalino, nostro consulente scientifico, si interpreta in maniera sempre diversa. Come del resto ci ha insegnato la docuserie che siamo riusciti a realizzare durante il lockdown quando siamo stati uno dei pochissimi Enti Festival che hanno fatto produzione durante la chiusura. Una docuserie bellissima rivolta ai giovani ed intitolata “Le note sbagliate”. Perché è vero che partiamo dalla tradizione forte di un Arturo Benedetti Michelangeli, ma adesso - Rattalino ci insegna - forse è più importante che un artista ci metta l’anima piuttosto di eseguire la nota perfetta. A volte dall’imperfezione si comunica la perfezione del sentire. Cercherò la collaborazione di tutti quelli che sono gli Enti preposti per camminare insieme, quindi a Bergamo il Sindaco Giorgio Gori, l’Assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti e la Fondazione del Teatro Donizetti nelle persone del Dott. Giorgio Berta e del Dott. Massimo Boffelli. A Brescia il primo cittadino Emilio Del Bono e la vicesindaco Laura Castelletti che risopre anche il ruolo di Assessore alla Cultura, nonché il presidente della Fondazione Teatro Grande, il notaio Franco Bossoni e il Sovrintendente Umberto Angelini, con cui ci siamo visti in zoom. A Bergamo abbiamo anche il grande Francesco Micheli e sicuramente per il 2023 troveremo una collaborazione perché solo uniti si riesce a fare qualcosa di importante per tutti. Ma ci sono anche i due Conservatori che vantano entrambi una grandissima storia. A Brescia prenderò contatti con il Presidente, Giammatteo Rizzonelli, e con il Direttore, Alberto Baldrighi. A Bergamo con il nuovo Presidente del Conservatorio Michele Guadalupi e con il Direttore, Gianpiero Fanchini, con i quali abbiamo da tempo un’intensa collaborazione. Infatti, il Festival ha sempre cercato, e io vorrei continuare sempre di più, a condividere questo alto esempio di cultura tra Brescia
e Bergamo portando avanti i giovani che studiano nei nostri conservatori e che, grazie anche alla sensibilità dei sindaci più illuminati, promuoviamo nei concerti che tengono nei vari comuni e nelle scuole. Personalmente trovo che nel sistema scolastico italiano ci sia una grande carenza: quella dell’educazione musicale, a partire dall’asilo. Non abbiamo il senso dell’educazione alla cultura musicale. Dovremmo, come Festival Pianistico, d’accordo con i Teatri, con le Fondazioni, con gli Assessorati alla Cultura promuovere sempre più l’educazione all’ascolto della musica. E questo sarà uno dei compiti che mi prefiggo per allargare la platea dei fruitori della bellezza della musica… Ma - ha concluso Daniela Guadalupi - vorrei andare oltre e portare la grande musica anche nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro”.
DA OLTRE CINQUANT’ANNI IL MEGLIO DEL PIANISMO INTERNAZIONALE Il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo è una delle maggiori manifestazioni mondiali dedicate specificamente al pianoforte, inteso sia come strumento solista che come prestigioso interlocutore di grandi orchestre. Nato nel 1964 per iniziativa del M° Agostino Orizio, il Festival misura il polso del pianismo internazionale ospitando, da cinquant’anni, le orchestre e i solisti più famosi nelle splendide cornici del Teatro Grande di Brescia e del Teatro Donizetti di Bergamo. Al Festival sono apparsi non solo i più grandi pianisti, da Arturo Benedetti Michelangeli, protagonista delle prime cinque edizioni, a Magaloff, da Richter ad Arrau, Pollini, Ashkenazy, Radu Lupu, Zimerman, Brendel, Martha Argerich, Evgenij Kissin, Grigory Sokolov, ma anche strumentisti, cantanti e direttori del calibro di Mstislav Rostropovich, Mischa Maisky, Uto Ughi, Luciano Pavarotti, Riccardo Muti, Claudio Abbado, Gergiev, Giulini, Sawallisch, Solti, Maazel, Chung. Tra le orchestre spiccano i Berliner Philharmoniker, i Wiener Philharmoniker, la Chicago Symphony Orchestra, la London Symphony, l’Orchestra di Philadelphia, la Filarmonica d’Israele, la Filarmonica di San Pietroburgo, la National de France, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma, la Filarmonica della Scala. Una delle caratteristiche che distinguono il Festival da altre manifestazioni similari è la sua fisionomia a tema, con un filo conduttore che, di volta in volta, mette a fuoco un autore, un ambiente culturale, un periodo storico particolare. Tra le edizioni di maggior successo del Festival le integrali pianistiche di Schumann, l’opera omnia di Debussy, Chopin e Brahms e le monografie dedicate a Beethoven e Mozart. Nel 1986 il Festival ha ricevuto il Premio Abbiati della Critica musicale italiana e la Medaglia Liszt del Ministero della Cultura Ungherese. Socio fondatore di Italiafestival, è posto sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e nel 1992 ha ottenuto l’Alto Patronato del Presidente del Parlamento Europeo.
Dal 2007 il Festival ha intrapreso una nuova strada che unisce musica contemporanea e grande repertorio classico come è accaduto per esempio nella 44° edizione che accostava le figure di Beethoven e Arvo Pärt, in quella del 2008 focalizzata su Chopin e Bernstein e nel 2009 con la partecipazione di Tan Dun nell’ambito della 46ª edizione dedicata alla Cina. L’edizione 2012 verrà ricordata negli annali per il prologo d’eccezione che ha visto protagonisti a Brescia Riccardo Muti (ritornato a Bergamo e Brescia anche due anni dopo nel 2015) e la Chicago Symphony Orchestra. Nel 2013 il Festival ha festeggiato cinquant’anni di storia con un’edizione celebrativa che ha avuto fra i punti più alti la presenza del compositore e direttore polacco Krzysztof Penderecki e quella della London Symphony Orchestra guidata da Antonio Pappano. “Rachmaninov e la Russia”. Questo il titolo della 51ª edizione inaugurata da Gustavo Dudamel, e che si è sviluppata con lo stimolante confronto fra grandi artisti quali Grigory Sokolov, Mikhail Pletnev e Lilya Zilberstein, e giovani stelle emergenti come Daniil Trifonov, Yulianna Avdeeva, Alexander Romanovsky, Lukas Geniušas, Michail Lifits e gli italiani Federico Colli, Giuseppe Andaloro e Beatrice Rana. Tra le orchestre hanno spiccato le presenze della Filarmonica della Scala con Daniele Gatti e della Filarmonica di san Pietroburgo con il grande direttore russo Yuri Temirkanov. Grande novità del 2014 il debutto della Filarmonica del Festival, la compagine “in residenza” formata da talentuosi musicisti che, a dispetto della giovane età, hanno già maturato importanti esperienze professionali. Nel Festival 2017 dedicato a Beethoven, c’è stato tra l’altro l’atteso ritorno di Martha Argerich, presenza straordinaria ripetuta nell’edizione 2018. L’edizione del 2019 “Musica velata – Schumann e Brahms” ha visto la presenza di importanti orchestre quali la Budapest Festival e la Royal Philharmonic nonché l’Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala diretti da Riccardo Chailly per il concerto in onore della Canonizzazione di San Paolo VI tenutosi a Brescia e trasmesso in diretta dalla RAI. Nel 2020 a causa del COVID 19 il Festival ha dovuto giocoforza spostarsi di periodo e di sede. Ciò nonostante è riuscito a proporre un’edizione straordinaria dal titolo, Vite parallele – Beethoven e Schubert, che ha avuto una particolare risonanza e che ha avuto un seguito particolarmente felice con la produzione della docuserie con l’omonimo titolo curata dal Maestro Piero Rattalino e trasmessa nel mese di marzo 2021 su RAI 5.
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RITAGLI
GRANDE APPREZZAMENTO PER LA PIÙ RECENTE FATICA LETTERARIA DI DON GIULIO DELLAVITE DI CUI VI PROPONIAMO UNA PILLOLA TRATTA DALLE PREFAZIONE
Mi hanno promesso mari e monti e mi sono trovato in mano un atlante da sfogliare. È questa una sensazione che ho già provato in diverse esperienze di vita che sognavo e credevo belle e poi si sono rivelate inquinate e inquinanti. Chi è stato? Persone di cui mi ero fidato e a cui mi ero affidato, sia nella sfera delle relazioni sia in quella lavorativa. Tutti loro erano convinti di aver tenuto fede alla promessa, perché mari e monti comunque c’erano, ma soltanto disegnati. Io no! Ho visto la mia pia illusione svanire, lasciandomi picchiare la testa contro una realtà diversa da quella che avevo sognato, diversa da quella per la quale il mio cuore aveva palpitato, da quella che le mie mani avevano plasmato e verso la quale i miei piedi avevano camminato, spesso in salita. Mi rendevo allora conto che mi restavano solo due possibilità: il mal di pancia frutto del mio rodermi dentro rassegnato oppure la decisione di trasformare una situazione paralizzante in voglia, bisogno, esigenza, opportunità di ribellarmi per rimettere insieme i pezzi. La storia insegna che ogni ribellione è il desiderio ardito di detronizzare i tiranni che opprimono.
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Ri-bellarsi, per me, è avere voglia di «tornare al bello». L’obiezione è scontata: l’etimologia corretta è “fare di nuovo guerra”, perché bellum in latino non ha lo stesso significato che ha per noi. Al di là del gioco di parole, voglio reagire al dilagante potere della mediocrità, che incanta con logiche che non posso fare mie.Voglio combattere ciò che fa sembrare brutto quello che non lo è, ingrigendolo e appiattendolo; ciò che preferisce maschere invece che volti; ciò che cerca divertimenti urlati e dimentica il sussurro emozionante del sorridere; ciò che ama la vetrina e dimentica il magazzino; ciò che desidera il prurito del profitto e non conosce il sapore del lavoro. Mi ribello, dunque sono. Facile a dirsi, difficile a farsi. Serve molto coraggio per affrontare tutte le parti che compongono la nostra esistenza. A volte è una vera e propria battaglia, tra le più ardite: lo dimostra la storia di Attila, il guerriero simbolo dei combattenti di tutta la storia, «il flagello di Dio». «Dove passa Attila non cresce più l’erba» si diceva del celeberrimo re degli Unni, l’avversario più irriducibile dell’Impero romano, capace di abbattere chiunque e radere al suolo qualsiasi ostacolo intralciasse il suo cammino.
Come morì Attila? Di indigestione. Alla fine, il suo vero nemico, quello più feroce, è stato lui stesso. Basterebbe chiedere a un gruppo di persone: “Chi vuole cambiamenti?”. Tutti alzerebbero la mano subito. Se invece si domandasse: “Chi vuole cambiare?”. Quanti sarebbero in grado di esporsi? Quanti tentennerebbero? Quanti invece infilerebbero le mani in tasca e abbasserebbero lo sguardo? Per essere di nuovo belli, “ri-belli” appunto, sono convinto che sia necessaria una ”ecologia umana integrale”: un’ecologia della testa, della pancia, delle mani, dei piedi. Siamo inquinati dentro. L’intuizione è stata di papa Benedetto XVI che, nella lettera enciclica Caritas in veritate, ha formulato il concetto secondo il quale non è possibile un’ecologia senza un’adeguata antropologia, rielaborato poi da papa Francesco nella Laudato sì, laddove pone in un rapporto stretto degrado ambientale e degrado umano. Il “tornare al bello” si declina allora in ecologia della bellezza, come ecologia sociale ed economica, ecologia della vita quotidiana, ecologia morale, culturale, ecologia degli stili di relazione, ecologia del galateo. L’ecologia umana integrale parte quindi da se stessi e riguarda le stanze del proprio quotidiano.
LA SANTISSIMA Camilla Peverelli
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LO STORICO E RINOMATO COMPLESSO MONUMENTALE “LA SANTISSIMA DI GUSSAGO” SI STAGLIA DOMINANDO LA VALLE CIRCOSTANTE, CARATTERIZZANDO IL PAESAGGIO DI UNA DELLE ZONE PIÙ BELLE E RINOMATE DEL BRESCIANO: LA FRANCIACORTA. SI ERGE SUL COLLE BARBISONE, DENOMINATO ANCHE “COLLE ROSA” IN VIRTÙ DEI ROSACEI COLORI CHE PRESENTA LA PIETRA CALCAREA SU CUI FU COSTRUITO.
La struttura ha origini antiche, probabilmente antichissime. Infatti, si suppone che la sua fondazione risalga al periodo romanico ma sono tangibili gli interventi a cui è stata sottoposta nel corso dei vari secoli. Nel 1460 venne emanata da Papa Pio II un’indulgenza nota come la “pro loco Trinitatis Gussagi’’ con la quale si asseverava “una giurisdizione laica, civica, sorta al di fuori dei poteri monastici e fondata sotto richiesta della popolazione necessitante un luogo di culto per poter sempre più avvicinarsi a Dio attraverso la preghiera”. Nel Maggio del 1479, la Santissima fu affidata, da papa Sisto IV, ai frati Domenicani, i quali la utilizzarono come luogo di rifugio al riparo dall’avvento della famigerata peste e sottoposero il complesso, tra il XVI e XVII, secolo a varie e distinte opere d’ampliamento. Furono proprio questi ultimi i talentuosi fondatori del convento, dei locali circostanti e delle strutture necessarie alla coltivazione della vite e alla raccolta di erbe medicinali, dando vita ad un vero e proprio mirabile esempio di insediamento monastico.
La chiesa fu oggetto di molteplici modifiche: sulla facciata romanica venne annesso un portico con colonne in pietra, all’interno furono inseriti contrafforti sui quali si ergono volte a crociere, sfarzosamente affrescate come le pareti interne che delimitano la chiesa. Per oltre tre secoli il convento fu luogo di elevazione e devozione dello spirito e grande presenza religiosa. In seguito, nel 1823 divenne proprietà dell’illustre miniaturista Gian Battista Gigola, che ne fece un vero e proprio circolo culturale, salotto dell’aristocrazia ottocentesca, accogliendo celebri artisti oltre ai più noti letterati dell’epoca. Il restauro dell’edificio fu affidato nel 1830 al famoso architetto Rodolfo Vantini e fu proprio quest’ultimo a conferire alla Santissima l’aspetto neogotico che tutt’ora la contraddistingue. Alla sua morte Gigola donò l’intera proprietà all’Ateneo di Brescia, lasciando però l’usufrutto alla vedova Aurelia Bertera, che sposò poi il pittore Angelo Inganni con il quale vi soggiornò fino alla data della sua morte. Siamo nel 1857 quando il blasonato Paolo Richidei acquistò la Santissima e svariate tenute appartenenti a Gigola, concedendo a quest’ultimo di abitarvi con la moglie Amanzia Guérillot. Alla morte di Inganni, a beneficiare di questa struttura fu il nipote dell’ormai defunto Richidei ed infine, per voler di quest’ultimo, fu donato all’ospedale e alla casa di riposo da lui istituiti. Il 24 Novembre 2010 la Santissima, simbolo di questo territorio diventa proprietà dell’intera comunità gussaghese.
LA SANTISSIMA
Amanzia Guérillot Inganni, nata il 20 aprile 1828 da Nicolò Guérillot, primo contabile di Napoleone a Milano, fu una pittrice italiana di origine francese, allieva, amante e, successivamente, moglie del pittore bresciano Angelo Inganni.L'incontro col futuro marito avvenne a Milano nel 1842, e fu proprio lui a insegnarle i primi rudimenti della pittura in cambio di alcune lezioni di francese per la nipote del pittore.La tomba di Amanzia Guerillot nel cimitero di Boffalora sopra Ticino. Seconda moglie di Inganni, dopo Aurelia Bertera, visse con il pittore marito presso la Santissima sul colle Barbisone nella località franciacortina di Gussago, in provincia di Brescia. Condusse una vita tranquilla nell'ex convento domenicano di proprietà del mecenate bresciano Paolo Richiedei per poi trasferirsi, rimasta vedova per la seconda volta, presso la nipote Alessandrina a Boffalora sopra Ticino ove trascorse gli ultimi anni di vita e dove morì nel 1905, venendo sepolta nel cimitero locale.
Concludendo l’intrigante racconto storico non si può non mettere in luce un’importante figura femminile evidenziandone la ricca vita artistica di nota pittrice ed ambiguo personaggio che si presenta sotto le vesti di Amanzia Guérillot, moglie di Angelo Inganni, la quale si rivelerà però di importanza fondamentale per quanto riguarda la rappresentazione pittorica del Taglietto, nota zona collinare con l’ammaliante vista che raffigura La Santissima in tutta la sua smagliante forma, riportandola come oggetto principale del dipinto. La pittrice italiana dalle origini francesi, allieva ed amante di Inganni nacque il 20 Aprile del 1828 da Nicolò Guérillot conosciuto anche per aver ricoperto il ruolo di primo contabile di Napoleone. Quest’ultimo incise parecchio nella vita artistica della figlia sostenendola ed incoraggiandola, nonché primo a far tesoro delle grandi potenzialità che, fin dalla tenera età la fanciulla andava sviluppando e, sentendosi un maestro inadeguato di fronte agli immensi progressi che la piccola compiva, decise di affidarla nelle mani di un prestigioso insegnante. L’incontro col futuro marito avvenne a Milano nel 1842, e fu proprio lui ad insegnarle i primi rudimenti della pittura in cambio di alcune lezioni di francese per la nipote del pittore, Amanzia assorbe il gusto assai romantico e la moda vittoriana, ed è propensa alla realizzazione delle decorazioni di ornamenti quali specchi, ventagli, scatole, portagioie e curiose sagome di legno. Nel 1847 Amanzia prese parte all’Esposizione di Brera con “una Veduta del Palazzo di Giustizia di Milano”, ed “Il battello a vapore a Lariano sul Lago di Como” e il suo nome è solito comparire assiduamente nei cataloghi delle mostre di Brera, e con modesto successo. Per quanto riguarda le sue opere artistiche, possono presentarsi in maniera distinta e variegata, dalla rappresentazione di nitidi ritratti tipici dell’epoca, animali dai colori decisi, alla raffigurazione di alcune vedute tipiche milanesi dalla rara armonia che lasciano spazio all’incisiva influenza data dal marito. Rilevante stile spesso utilizzato dalla giovane sono i modelli Biedermeier fondati nei paesi ove la lingua tedesca prevaleva in seguito alla Restaurazione, sviluppati però prevalentemente in chiave femminile, possiamo definirla quasi una pittrice all’avanguardia. Limitato è però il numero dei dipinti conosciuti da lei realizzati e ciò chi porta a pensare che possano esser situati in case private, o non giustamente riconosciuti tanto da permetterne la circolazione sul mercato dell’antiquariato.
LA SANTISSIMA
Un’esperienza temporale e sensoriale. Questa riconciliante passeggiata verso il convento è un’avventura alquanto meditativa che con modesta semplicità è in grado di fondere in un unico e genuino percorso l’artistico paesaggio del paese di Gussago, ricco di monumenti e di storia ad un fiabesco bosco verdeggiante accompagnato da un sentiero a tratti misterioso e suggestivo che porta, una volta terminato, a distese immense contraddistinte da lunghi vigneti. Giunti in quest’ultima rilassante zona si viene subito risvegliati dal dolce profumo da cui si è circondati, quello della più totale quiete che, oltre a teletrasportarti all’interno di un quadro naturalistico ottocentesco, ti indirizza con armonia e leggerezza alla destinazione, dalla quale si gode di una magnifica vista: da un lato la pianura e gli appennini fungono da cornice all’intera vallata, dall’altro il monte Guglielmo ed il Monte Rosa che tendono a dominare con imponenza quello squarcio di paesaggio. Il nostro sguardo viene catturato da panorami unici e differenti, dove il tempo sembra essersi fermato lasciando a tutti noi la possibilità di ammirare ed essere a sua volta ammaliati da tale scenario. Distogliendo lo sguardo dal panorama la nostra attenzione viene catturata dal semplice ma maestoso complesso monumentale, pietra miliare del paese di Gussago. Dopo un periodo di totale abbandono questo luogo magico dalla natura rigogliosa è stato riscoperto dalla comunità gussaghese e dalle innumerevoli associazioni che hanno incentivato la riqualificazione del Parco della Santissima, ripristinando i terrazzamenti con i suoi muri di contenimento a secco e non ultimo reimpiantando i vigneti che conferiscono al territorio un aspetto magico che trasferisce ai visitatori un senso di quiete impareggiabile.
Dagli anni novanta si è dato il via all’organizzazione delle prime visite guidate. Nel 2003 è stato inaugurato il Periplo della Santissima, ossia un percorso ciclo-pedonale che compie un giro completo della collina e che permette a chi lo intraprende di poter godere visivamente la magnificenza di questo territorio potendo apprezzare la natura variegata tipica della Franciacorta. Attualmente questo sito di straordinaria importanza storico artistica sarà oggetto di un’importante opera di riqualificazione, nel totale rispetto di ciò che il susseguirsi di varie epoche storiche ci ha lasciato. Il progetto prevede dunque in una prima fase il consolidamento strutturale del manufatto stesso, la finalità di quest’ultimo sarà infatti quella di rendere la chiesa fruibile al pubblico per dar la possibilità di partecipare a concerti, convegni e mostre con lo scopo di valorizzare il territorio gussaghese e franciacortino, prevedendo inoltre il recupero degli affreschi, rinomato patrimonio dell’intero complesso. Da non dimenticare il ruolo che ricopre la Santissima in virtù dei suoi tesori all’interno del FAI, posizionandosi al sesto posto tra i monumenti prediletti della Lombardia e al terzo tra quelli delle province di Brescia nella classifica 2021.
LA CICLOVIA
CULTURALE Tommaso Revera
IL 24 FEBBRAIO SCORSO È STATO PRESENTATO UFFICIALMENTE IL PROGETTO DELLA CICLOVIA CULTURALE CHE UNIRÀ BRESCIA E BERGAMO, LE DUE CAPITALI ITALIANE DELLA CULTURA 2023. SI TRATTA DEL PRIMO PROGETTO CONCRETO CHE LE DUE CITTÀ CAPOLUOGO STANNO FACENDO INSIEME DA QUANDO HANNO RICEVUTO QUESTO PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO.
Christian Novak, Architetto, Responsabile scientifico del progetto e Dottore di ricerca in Pianificazione e Politiche pubbliche per il territorio del Politecnico di Milano.
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Un percorso di circa 75 chilometri che permetterà di fare un’esperienza di immersione nel paesaggio culturale di Brescia e Bergamo, due città che possono vantare siti patrimonio Unesco (il Complesso di San Salvatore / Santa Giulia e l’area archeologica del Capitolium a Brescia, le mura venete a Bergamo), oltre a castelli, monasteri, ville, borghi, sistemi museali, parchi e riserve naturali, agriturismi, paesaggi enogastronomici e patrimoni immateriali (tradizioni, sagre, artigianato). Un itinerario che metterà ancor più in luce la bellezza di queste due province ricche di cultura, fascino, storia, tradizioni e natura. Un progetto ambizioso che sta coinvolgendo non solo le rispettive amministrazioni comunali e provinciali ma anche i 27 Comuni attraversati dalla ciclovia, oltre a consorzi, enti, distretti turistici, comunità montane e associazioni del territorio. Il tracciato della Ciclovia della Cultura si estenderà per circa 75 km a cui si aggiungeranno 11 anelli ciclabili per un totale di ulteriori 70 km nelle zone di particolare interesse. Partendo da Bergamo ci si collegherà subito con la ciclovia del Parco del Serio, per poi passare dai borghi storici di Brusaporto, Costa di Mezzate e Montello. Il tratto tra Gorlago e Chiuduno verrà invece percorso distanziandosi dalla trafficata strada provinciale, mentre tra Grumello del Monte e Castelli Calepio sarà possibile percorrere due giri ad anello. Il lago d’Iseo verrà raggiunto passando da Sarnico e Paratico, seguendo il percorso della ciclovia della Rosta. La Riserva Naturale delle Torbiere sarà assoluta protagonista del primo tratto bresciano della ciclovia, che poi si addentrerà in Franciacorta passando dai borghi storici di Provaglio d’Iseo, Borgonato e tra i castelli di Passirano, Bornato e Paderno Franciacorta. Successivamente la ciclovia esplorerà gli affascinanti vigneti tra Gussago e Cellatica per poi addentrarsi nella città di Brescia passando a nord del quartiere del Carmine. Questa, ideata e presentata da Christian Novak e Mariasilvia Agresta del consorzio Poliedra del Politecnico di Milano, è solamente una prima ipotesi di percorso che però è già stata verificata da ben cinque sopralluoghi sul campo.
“Essendo le due ciclovie provinciali (la Bergamo-Sarnico e la Paratico-Brescia) già sostanzialmente attive, i comuni hanno già realizzato diversi tratti ciclabili ma spesso questi non hanno la qualità adatta per un percorso cicloturistico di livello internazionale, perché molto minimali e deteriorati nel tempo - ha spiegato Christian Novak, Architetto, Responsabile scientifico del progetto e Dottore di ricerca in Pianificazione e Politiche pubbliche per il territorio del Politecnico di Milano. La cosa più importante che questo progetto farà è un’opera di manutenzione straordinaria molto diffusa sui tratti ciclabili esistenti. La stima è che ci saranno circa 10-20 km di piste nuove da realizzare, ma bisogna soprattutto usare i tracciati già presenti e riqualificarli”. Altri itinerari cicloturistici sinergici saranno la Ciclovia AIDA Alta Italia Da Attraversare, la Ciclovia Musica nel Vento, la Ciclovia Val Brembana, la Ciclovia della Val Seriana, la Ciclovia della Val Cavallina, la Ciclovia Monaco Milano, la Ciclovia dei Castelli Bergamaschi, la Ciclovia del Mella al fine di creare una sinergia che sarà di giovamento per tutta la rete ciclabile europea.
COSA NE PENSANO I DUE SINDACI EMILIO DEL BONO, SINDACO DI BRESCIA “Questa ciclovia è una grande occasione per mettere in moto teste, intelligenze e risorse, è uno dei pezzi di questo puzzle che andremo a costruire verso il 2023 – ha dichiarato il primo cittadino di Brescia, Emilio Del Bono. I nostri sono territori che hanno bisogno di progettare, di pensare al futuro e di farlo insieme e questa buona progettualità porterà ad azioni concrete. La ciclovia culturale ha sia un valore simbolico nel mettere insieme e far dialogare le nostre due comunità, sia un fatto pratico nel ricucire finalmente queste reti di ciclabilità che esistono ma sono costantemente interrotte e hanno bisogno di una sartoria molto attenta. La figura della bicicletta rende molto bene l’idea delle due città di Brescia e Bergamo, due ruote che dovranno viaggiare insieme e avranno bisogno di forti connessioni tra le due ruote, queste connessioni sono i nostri territori provinciali, la nostra rete istituzionale e i tanti operatori”.
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“Si farà un utilizzo più coerente dei centri storici attraversati (che saranno ben 27, ndr) – ha proseguito l’Arch. Novak. Ci piacerebbe infatti realizzare alcuni chilometri di pavimentazione in pietra nei centri storici minori, dotandoli di un fondo con un grip adatto per un utilizzo in bici in totale sicurezza”. Il percorso della ciclovia culturale interesserà un totale di circa 800 beni di interesse storico-culturale, 3 parchi regionali (Colli di Bergamo, Serio e Oglio nord), 3 parchi di interesse sovracomunale e la riserva naturale delle Torbiere del Sebino, oltre che le bellissime colline della Franciacorta e gli incantevoli paesaggi del lago d’Iseo. Un patrimonio da valorizzare e rendere maggiormente visibile anche per mezzo di una segnaletica stradale ed una cartellonistica informativa, che rendano il progetto iconico e riconoscibile.
GIORGIO GORI, SINDACO DI BERGAMO “Sarà un percorso sicuro e adatto a tutti, ai ciclisti più esperti e a quelli meno edotti, adulti e bambini, persone fragili e non, un progetto in cui vale la pena cimentarsi – ha commentato il primo cittadino di Bergamo. Un progetto che immaginiamo a due step, il primo da completare sicuramente entro il 2023 e che prevede l’itinerario culturale che recupera l’esistente. L’altro è il progetto completo, che prevede la realizzazione di alcune infrastrutture, ponti ciclopedonali sui fiumi, ma anche la riqualificazione del fondo di questa ciclovia, cose che ovviamente dipendono da quante risorse riusciremo ad aggregare”.
BENITO MELCHIONNA Procuratore emerito della Repubblica
È IL MOMENTO
UNA TRASGRESSIVA DOPO LA “SCOSSA” COVID DI RISCOSSA PROGETTARE
IL FUTURO
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La virtù della fortezza si vede nelle necessità. Era questa la frase d’obbligo con la quale, in tanti meriggi del 2015, accoglievo nel mio studio di Bergamo sei promettenti studenti liceali, chiamati a collaborare attivamente con me alla stesura del mio Saggio “Elogio della trasgressione”. Oggi ho pensato di ripescare quella lontana esperienza “irriverente”, apprezzata nei circuiti culturali fuori dal coro, per verificare sul campo in che modo i miei giovani co-autori vivono il tempo di Covid-19. Tutti loro mi confermano che sanno affrontare in modo reattivo e consapevole l’attuale difficile passaggio della storia umana, incrociando con determinazione le ansie, le emozioni, le paure, i sogni e i progetti di rinascita. Una bella testimonianza che suggerisce anche a noi come dovremmo cercare di sottrarci con intelligenza alla morsa del “nulla” della pandemia, e tentare di reagire con coraggio (cioè col cuore) alle avversità che segnano la condizione umana. A proposito di riscossa e di rinascita, credo perciò che non sia qui azzardata l’idea di chiamare in soccorso la forza della trasgressione positiva quale vero motore della storia, nella versione analizzata ed “elogiata” nel citato Saggio. Infatti, pur essendo noto che nel linguaggio comune e nell’opinione corrente trasgredire significa violare le regole della morale e del diritto, forse - nei tormentati momenti che stiamo vivendo - potrebbe essere utile approfondire il verbo tras-gredire da un non scontato approccio alternativo. Partendo cioè dalla sua più pregnante e stimolante accezione etimologica di andare (senza fanatismi) “oltre” le convenzioni futili e ipocrite, oltre i luoghi comuni e gli stereotipi di moda per accedere ai “gradini” più alti della coscienza. Insomma, studiare da presso, con la virtù della fortezza e con la “cura” della curiosità, la continua evoluzione delle mappe cognitive nel loro rapporto con la realtà in trasformazione. Così che, mettendo a frutto un sapere visionario, da tale prospettiva fosse reso possibile cogliere tutte le complesse sfaccettature e le sfumature dell’esistenza, aprendosi nel contempo al mondo creativo dell’arte e delle emozioni più profonde. Ecco perché i veri innovatori - lungi dall’essere anarchici - sono attenti alle sollecitazioni del tempo interiore per indagare il circoscritto perimetro e insieme l’infinito orizzonte etico della libertà. Un valore primario che si misura appunto mettendo in relazione il circuito del libero arbitrio di ciascuno con le necessità imposte dall’esterno, al fine di far coincidere - per quanto possibile - bene individuale e bene collettivo. Perciò, anche se la visione aperta ai cambiamenti è spesso riprovata e giudicata persino eversiva dalla mentalità ingessata nella conservazione, di fatto tale visione rifugge da ogni forma di violenza e da qualsiasi azione/omissione illecita o immorale. Dunque, a ben vedere, questa concezione fondata sulla forza della testimonianza, e che si muove tra Socrate, il Vangelo e i diritti umani, potrebbe ora dar vita a un “nuovo inizio”. Adattando la riscossa agli imprevedibili scenari e agli stili di vita (smart working, ecc) che si imporrano dopo la lunga tragica scossa di Covid-19. Qualcuno definisce questo psicodramma collettivo come una sorta di psico-info-demia, ossia la paura indotta nel popolo da una cattiva informazione. Sta di fatto che quest’ultima grave emergenza planetaria ha messo a nudo e ha accelerato le tante crisi (antropologica, ecologica, economica ed educativa) che da tempo assediano la nostra civiltà malata, che sembra avviata a un inarrestabile declino. Quindi all’improvviso l’homo creator si è riscoperto smarrito nel mondo virtuale della realtà…aumentata da lui stesso concepita. Forse, preso dalle lusinghe di un
improbabile nuovo Eden, egli è ricaduto nel peccato originale della superbia, sentendosi ricco di risorse tecnologiche e tuttavia svuotato dalla mancanza di ogni idea di spiritualità e di soprannaturale. Pertanto, un po’ tutti ci riveliamo fragili e impotenti di fronte alla imperscrutabile morte diffusa da SARS-CoV-2, sfiduciati nei confronti dei miracoli della scienza e del teatrino della politica. Il brusco risveglio dall’illusione di una crescita indefinita sollecita dunque un vigoroso colpo d’ala per ricodificare le nostre abituali categorie mentali e comportamentali. Ma anzitutto, per riprenderci dalla pandemia e contrastare l’attuale decadenza, in specie dell’Occidente, l’unica alternativa efficace (non solo declamata) consiste nell’andare oltre l’attuale modello di sviluppo. Come può infatti essere sostenibile all’infinito un sistema iniquo posto a solo vantaggio di pochi, e predatore dei complessivi ecosistemi naturali e culturali, magari anche a dispetto della annunciata transizione ecologica? In realtà, come dimostra la parabola dei grandi imperi del passato, e come osservava P.P. Pasolini nei suoi “scritti corsari” già sul finire degli anni ’60 del novecento, non può avere futuro una organizzazione sociale infiacchita dalla corruzione dei costumi, ossessionata dalla produttività e inquinata dalla spietata logica del mercato. Una legge che governa anche il nuovo ordine (?) mondiale attraverso sovrastrutture mirate allo sviluppo senza progresso, stante la separazione della cultura dalla natura, dell’eco-logia dalla eco-nomia.Per una così impegnativa svolta, da tempo gli spiriti eletti (utopisti) invocano una sorta di nuovo rinascimento che, anche nell’era post-globale, riconosca la centralità della persona, conciliando l’utilità con l’onestà, come ammoniva Cicerone. Serve dunque una forte dose di coraggio trasgressivo per: - ripensare e riscrivere il catalogo degli ideali che diedero anima alla contestazione giovanile del 1968. Un movimento a suo modo rivoluzionario che, oltre a picconare giustamente gli imperanti autoritarismi di retaggio patriarcale, portò poi al progressivo affievolirsi del sostanziale principio di autorità (e quindi di autorevolezza, di gerarchia, di meritocrazia e di … ordine sociale); - superare le fatue liturgie dell’apparire e bandire il costume quotidiano improntato alla malacreanza e al menefreghismo. Concordando invece che solo nell’etica della responsabilità consapevole, svincolata dai lacci di tante oscure dipendenze, risiede la qualità della vita e l’aspirazione alla felicità; - aggiornare il principio della legalità formale, sbandierato e poco praticato in specie da farisei e moralisti, per uniformarlo al valore universale della giustizia (virtù cardinale assieme alla prudenza, alla fortezza e alla temperanza); - insegnare alle nuove generazioni che la conoscenza critica, stimolata dalla fame di curiosità, è necessaria per evadere dalla prigione dell’ignoranza. Poiché il sapere dà sapore alla vita, apre alla bellezza e a territori mentali sconosciuti, genera i valori a base della scelta tra bene e male e crea innovazioni in sintonia con il futuro. Insomma, indirizzare i giovani verso una conoscenza in grado di valorizzare e armonizzare i tanti noi che convivono nell’io, di andare oltre la simil-cultura di certo ciarpame televisivo, oltre il politicamente corretto, oltre la schiavitù della informazione -comunicazione superficiale usa-egetta …
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A cura del Direttore Sanitario Doryan Medicina Estetica Dr. Gianluca Doria
Terapia di induzione del collagene IL DR. GIANLUCA DORIA, DIRETTORE DI DORYAN MEDICINA ESTETICA, CI RACCONTA LE CARATTERISTICHE DEL DERMAPEN4™, UN’APPARECCHIATURA RIVOLUZIONARIA E TECNOLOGICAMENTE MOLTO AVANZATA GRAZIE ALLA QUALE TRATTARE AMBULATORIAMENTE UNA VARIETÀ DI INESTETISMI CUTANEI A LIVELLO DEL VISO E DEL CORPO
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È entrato ufficialmente a far parte delle sofisticate apparecchiature di cui il centro Doryan Medicina Estetica dispone: stiamo parlando del Dermapen4™, un dispositivo grazie al quale effettuare una tecnica di biostimolazione meccanica che sfrutta le capacità rigenerative dell’organismo per conseguire, in sicurezza e senza dolore, risultati estetici comparabili a quelli raggiungibili tramite il ricorso al laser. Dr. Doria cosa si intende per microneedling? “È una metodica di biostimolazione meccanica anti-aging utile a ringiovanire il proprio aspetto e correggere alcuni dei più frequenti inestetismi cutanei”. Come funziona il Dermapen4™? “Il tratto distintivo di questo rivoluzionario dispositivo è la capacità di sfruttare delle tip dotate di 16 microaghi che, mediante un’oscillazione verticale, creano in pochi secondi milioni di micro perforazioni sulla cute stimolando i processi naturali di rigenerazione”. Per quali trattamenti è indicati questa nuova tecnologia? “È l’ideale per i trattamenti finalizzati al ringiovanimento del viso (aging e photoaging cutaneo: rughe, qualità della pelle, tono, colore) così come per trattare efficacemente cicatrici (atrofiche da acne e ipertrofiche), smagliature (bianche e scure), rosacea, acne vulgaris, cheloidi, pigmentazioni e discromie ed alopecia androgenetica”. Questo nuovo dispositivo è utilizzabile su tutte le parti del corpo? “Non producendo calore, è indicato anche per le zone più delicate del viso: dal contorno occhi alle labbra, dai lobi delle orecchie alle mani sino al decolletè. Con la sua profondità di azione regolabile da 0.5 a 3 mm, Dermapen4™ stimola la rigenerazione profonda dei tessuti con una ripresa praticamente immediata. È un trattamento semplice, veloce ed efficace che non necessita di anestesia locale”.
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CESVI C’È... SEMPRE PIÙ CONTINUA L’IMPEGNO DI CESVI A BERGAMO. CONSEGNATI OGGI OLTRE 1.4 MILIONE DI NUOVI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE PER L’OSPEDALE PAPA GIOVANNI XXIII. PROSEGUONO I PROGETTI IN SUPPORTO DELLA POPOLAZIONE OVER 65
Sono stati consegnati il 7 aprile scorso oltre 1.4 milione di dispositivi di protezione individuale all’Ospedale Papa Giovanni XXIII per far fronte all’emergenza coronavirus ancora in corso e che sta nuovamente mettendo a dura prova il Paese. Fondazione Cesvi è intervenuta a Bergamo, sin dall’inizio dell’emergenza - in collaborazione con partner istituzionali, realtà locali e grandi aziende - per contrastare le problematiche e gli effetti della pandemia dal punto di vista sanitario, sociale ed economico. Grazie alle competenze maturate in 35 anni di interventi nella gestione di crisi ed emergenze, all’estero e in Italia, è scesa in campo con diversi progetti in sostegno del sistema sanitario, delle categorie più fragili e delle micro e piccole imprese di Bergamo. In particolare, Fondazione Cesvi si è attivata per supportare l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e l’Ospedale da Campo degli Alpini, l’Azienda per la Tutela della Salute della Provincia di Bergamo e la comunità, donando circa 2.4 milioni di dispositivi di protezione individuale, un cardio help, una TAC mobile, oltre 500 ventilatori polmonari, 37 letti per degenza sub-intensiva e 3 ecografi (questi ultimi in prossima consegna). Inoltre, in collaborazione con l’Azienda per la Tutela della Salute della Provincia di Bergamo (ATS), ha consegnato oltre 500 mascherine certificate in tessuto, con schermo trasparente per lettura labiale, a 137 persone tra studenti non udenti e insegnanti di 14 enti e istituti specializzati del territorio. «È passato ormai oltre un anno dall’inizio dell’emergenza che ha sconvolto il mondo e ha colpito duramente il nostro Paese e il territorio di Bergamo. Nonostante i grandi sforzi messi in atto a tutti i livelli il Covid-19 non è ancora sconfitto e l’emergenza sanitaria è ancora in atto. In tutto questo periodo siamo rimasti accanto alla città di Bergamo e all’Ospedale Papa Giovanni XXIII, struttura d’eccellenza in prima linea nella lotta al virus, attraverso l’acquisto di dispositivi di protezione per il personale sanitario e materiali medici per la cura dei pazienti - sottolinea Gloria Zavatta Presidente di Fondazione Cesvi - Non è il momento di abbassare la guardia e noi di Cesvi continuiamo il nostro impegno anche a sostegno delle categorie più fragili, come gli over 65, che hanno ancora bisogno di sostegno a domicilio e protezione». Fondazione Cesvi, in quest’anno di pandemia, è stata vicina agli anziani di Bergamo e Milano, attivando due progetti con i quali tutt’ora fornisce interventi legati alle prime necessità (consegna di spesa, distribuzione di medicinali a domicilio, accompagnamento per visite), supporto psicologico e aiuto tecnologico per prevenire situazioni di emarginazione e isolamento. Sono già stati aiutati più di 2.500 over 65 bisognosi a Bergamo e Milano grazie a più di 19.000 servizi erogati sulle due città. A Bergamo, Cesvi, parallelamente agli interventi legati alle prime necessità (disponibili contattando il numero unico di “Bergamo Aiuta” 342 0099675 - attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00, dalle 14.00 alle 17.00) ha attivato, insieme al Comune di Bergamo e Samsung Electronics Italia, il progetto “Volontari digitali per Bergamo Aiuta” per fornire supporto tecnologico agli anziani affinché possano rimanere in contatto, attraverso smartphone e computer, con il mondo esterno. Per usufruire del servizio basta chiamare il Numero Verde, fornito da Professional Link, 800 694 926 (attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18). La Fondazione si è attivata anche a sostegno della ripresa economica di Bergamo con il programma “Rinascimento Bergamo”, promosso da Comune di Bergamo e Intesa Sanpaolo, che ha sostenuto oltre 4.000 microimprese del territorio grazie all’assegnazione di oltre 10 milioni di euro di contributi a fondo perduto, per coprire le spese che le piccole imprese commerciali e artigianali hanno dovuto sostenere durante il lockdown e accompagnando parte di esse nella riprogettazione delle attività per adattarsi al nuovo contesto post Covid-19. Fondazione Cesvi, in questo difficile anno, è stata al fianco anche di una delle categorie professionali più colpite da questa emergenza: i lavoratori della musica e dello spettacolo. Con l’iniziativa Scena Unita, in collaborazione con Music Innovation Hub, La Musica Che Gira e grazie al contributo di più di 150 nomi di spettacolo e musica, sono stati aiutati finora più di 2.000 lavoratori del mondo della musica e dello spettacolo. Con l’iniziativa Insieme Per La Musica, insieme al Trio Medusa e Elio e Le Storie Tese, sono stati sostenuti 46 gruppi musicali.
Gloria Zavatta, Presidente di Fondazione Cesvi
Per sostenere le attività di Cesvi legate all’emergenza coronavirus è possibile fare una donazione online sul sito di Cesvi o attraverso bonifico sul conto corrente IT92R0311111299000000000095, donare online su www.cesvi.org oppure chiamare il numero verde 800 036 036 per donazioni telefoniche.
Ph.Giovanni Diffidenti
2 FUOCHI DI PAGLIA di Giorgio Paglia www.fuochidipaglia.it
LA DERIVA DEMOCRATICA
IL SOFFIO DEL TEMPO
Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina, lo aveva det- Perché, in conclusione, un conto sono dei miseri ristori e to fin da subito, lo avevano sostenuto molti scienziati, anche la un altro sono dei veri risarcimenti per i danni subiti dalle dubbiosa virologa Ilaria Capua lo ha fatto capire nelle settimane chiusure imposte. Tra l’altro, l’Italia è sempre stata esagescorse e mi ero permesso di scriverlo pure io (ultimo degli ultiratamente riconoscente con i suoi ipotetici salvatori della mi), proprio su queste colonne nel 2019: il Covid probabilmente patria. è stato modificato in un laboratorio cinese e da lì si è propagato A Monti fu assicurato un immeritato posto come senatore in gran parte del pianeta. Se ciò è vero, significa che dovremo a vita e a Draghi potrebbero essersi spalancate le porte delimparare a convivere con questa pandemia ancora per parecla prossima presidenza della Repubblica. Però non serve eschio tempo. I governi di mezzo mondo si sono subito concentrati sere un genio per comprendere la vera situazione. Sarebbe sulla priorità sanitaria di salvare la pelle ai propri cittadini, ma sufficiente che coloro che dall’alto prendono le decisioni, con poco sistema e molta improvvisazione. Così i popoli si sono ministro Speranza (nomen omen) incluso, si tagliassero lo visti privare della libertà, hanno assistito al crollo del lavoro e stipendio almeno per un semestre, per provare sulla prosi sono dovuti affidare agli scarsi aiuti di Stato. Poi sono arrivapria pelle cosa significhi il terrore di non arrivare a fine ti i vaccini ed è stato subito caos. Nessuna mese. Invece si è voluta tirare troppo la coordinazione europea, pochissimi risconcorda della paura e adesso i rischi di una tri medici e un’approssimazione assoluta possibile instabilità sociale sono altissimi. LA PAROLA SIGNIFICA nella programmazione. Insomma abbiamo La gente ha finalmente capito che è mePOTERE AL POPOLO assistito impassibili al buio della ragione e glio rischiare di prendere il Covid, piutal travisamento di tutti i dati matematici e INFATTI DERIVA DAI TERMINI tosto che morire di fame. E quando c’è scientifici. In realtà, dopo un anno di duri DÉMOS (POPOLO) E KRATOS un emergenza, solo i codardi ragionano lockdown, il virus ha continuato a mietere (POTERE) RISALENTI con le gambe. Adesso è chiaro che per le sue vittime e a contagiare impunemente oltre un anno la politica ha appalesato ALL’ANTICA GRECIA le persone. Ma qualcosa economicamente e troppe mancate promesse, troppi copsicologicamente è cambiato. Solo in Italia prifuoco, troppe parole spese a vanvera, un milione di persone non ha più un lavoro e, se continua così, troppe certezze disilluse, troppe bugie, troppi soldi sprecamolte altre centinaia di migliaia finiranno a breve sul lastrico. Nelti, troppo pochi vaccini disponibili. Governanti presuntuosi le altre nazioni gli aiuti economici statali sono stati consistenti e che hanno persino voluto mettere un generale dell’esercito rapidi, mentre da noi hanno prevalso la complicatezza della bucome commissario straordinario all’emergenza, quasi fosrocrazia e la vergogna delle elemosine. Così senza libertà, senza se una specie di dichiarazione di guerra. In pratica hanno lavoro e senza soldi gli italiani sono sprofondati in una crisi infipersino deluso chi, con lo stipendio garantito, si rifiutava nita. La notizia è di questi giorni: le piazze si stanno riempiendo di prendere atto di una quotidianità senza futuro. Ma tutti di gente esasperata che protesta duramente. Anche questo era i nodi, prima o poi, vengono al pettine. Così ora siamo di stato ampiamente annunciato, pure dai servizi segreti, ma una pofronte ad una pericolosa deriva democratica, dove la genlitica incapace di prevedere ha fatto finta di niente, sperando di te esasperata e ingabbiata è disposta ad intraprendere una campare alla giornata e confidando su un’informazione globale guerra tra poveri, tra categorie sociali già vessate, che alla compiacente. Abbiamo avuto un’infinita pazienza con il novellino fine non avrà né vinti né vincitori. E l’ultimo sfogo, speriaConte, per poi affidarci in ginocchio al superman Draghi, ma i mo non violento, sarà verso quei politici che hanno preso risultati non sono cambiati di molto. Stiamo assistendo alla solita in giro il popolo durante questo lungo periodo. Purtroppo solfa, con azioni inconcludenti, improvvisate e di poca sostanza. sarà l’ennesima mera illusione di una nazione che da decenQuindi possiamo concludere che non servivano dei governissimi ni sta navigando pericolosamente sull’orlo del baratro. Alla con a capo dei soloni altolocati, provenienti dai salotti bene delle prossima e in alto i cuori. banche europee. Anche su Twitter: @Fuochidipaglia
DEMOCRAZIA
D.A.D.:
DIMENTICATI A DISTANZA
Didattica a distanza: quali le conseguenze? Glauco Boniforti
Venerdì 26 marzo 2021.
I rumori della manifestazione contro la “didattica a distanza” rompono il silenzio delle strade di una città in lockdown. A più di un anno dall’inizio dell’incubo la città è ancora semi deserta, a eccezione del luogo di ritrovo per la manifestazione contro la “Dad”. Didattica a distanza, questo il significato della sigla. Ma se ce lo avessero detto un anno fa non avremmo saputo comprendere il significato di questo nuovo (ormai non più tanto nuovo) termine. Ecco come la crisi cambia il linguaggio, senza che noi ce ne accorgiamo. Oltre a creare neologismi, ciò che la pandemia ha risvegliato sono le coscienze civili, che di fronte alle ingiustizie si sono accese. L’ingiustizia di cui parlo è quella evocata da chi sostava in piazza e ascoltava i bambini, le vittime principali, che esprimevano al microfono lo smarrimento, la voglia di tornare tra i banchi, la frustrazione di non poter vedere i propri compagni. I bambini erano i protagonisti, ma in realtà erano presenti tutti alla manifestazione: madri, padri, nonni, insegnanti, e anche gli studenti più grandi, liceali o universitari. Sentire un’intera folla che applaude alle voci dei bambini, a volte decise, a volte timide, fa un certo effetto. Perché quando sono i bambini a evidenziare un malessere diffuso, allora si ha la conferma che quel malessere rappresenta un probema serio. Ognuno prende parola e dice la sua . I temi toccano la politica, le scelte del governo, la disparità. I disegni dei bimbi fanno da sfondo a uno scenario di sincera vogli di cambiamento. La didattica a distanza condannata dalla piazza, che dura ormai da un anno, ha provocato accese discussioni nell’opinione pubblica, nate dalla consapevolezza di vivere in un Paese che non è riuscito a trovare una soluzione seria e funzionale per il sistema scolastico. Il boom di contagi del marzo scorso ha infatti lasciato a casa studenti e insegnanti, che si sono dovuti attrezzare e svolgere le lezioni da remoto. Una soluzione trovata nella fretta e nella confusione di un emergenza, certo, ma è la soluzione adottata ancora oggi, dopo un anno, un tempo fin troppo lungo per permettere a un governo di non trovare una soluzione.
I problemi causati dalla Dad non sono secondari rispetto agli altri temi. I motivi per cui la didattica a distanza non funziona sono molti, ma riassumibili in una questione di principio: la scuola è democratica. Le disparità dei tenori di vita dei bambini, chi figlio di ricchi e chi di meno abbienti, sono sempre state in quache modo colmate dalla scuola pubblica. Non tutti gli studenti vanno a scuola con gli stessi mezzi: c’è chi arriva con il bus, chi a piedi, chi accompagnato dai genitori in auto, chi dall’autista privato. Ma, una volta entrati, tra i corridoi, le classi e i banchi, tutti gli studenti sono uguali. La scuola non è un luogo fisico, è un luogo che va oltre la fisicità della sua struttura. La scuola è, anzitutto, scuola di democrazia, e in quanto tale, deve essere uguale per tutti. Date queste premesse, la Dad si rivela un fallimento anche solo intesa come concetto. Non tutti gli studenti hanno a casa spazi adeguati per studiare e per seguire lezioni, disparità che verrebbe colmata solo con la riapertura in sicurezza degli istituti. Aumento delle assenze, difficoltà a garantire assistenza educativa agli studenti con disabilità, difficoltà nell’organizzazione complessiva del lavoro e delle attività didattiche sono solo alcuni temi che fanno da cornice ad un problema che deve essere risolto in tempi brevi. Le radici della questione, però, sono ancora più profonde. Il fulcro di questa vicenda sta in una vera e propria incomprensione: nessuno ha ancora ben chiaro che la Dad devia la scuola dal suo vero fine: la socialità. La società mette a disposizione dell’individuo la scuola, che è il primo mezzo per imparare a vivere in società. Senza questa, difficilmente i giovani saprebbero inserirsi nella società vera e propria, semplicemente perché prima di ogni grande passo ci vuole un grande esercizio. La didattica a distanza annulla l’esercizio della socialità e, quando ci riesce, si riduce all’apprendimento, che è certamente una delle funzioni della scuola, ma sicuramente non l’unica.
Tommaso (nome di fantasia) è uno studente che frequenta il terzo anno di un liceo bergamasco. Ci ha aiutati a formare un quadro generale rispondendo ad alcune domande. Come sta andando la Dad? “All’inizio l’avevamo presa tutti bene. Qualche settimana di lockdown, non c’era da preoccuparsi. Il fatto è che pensavamo fosse una soluzione momentanea, ma poi i mesi passavano e la voglia di tornare a scuola cominciava ad essere un tema centrale… Figurati che i primi giorni siamo stati noi studenti a dover chiedere ai prof. di organizzarsi per fare le lezioni online, altrimenti non avremmo avuto neanche quello”. Quali sono i principali problemi? “Io non ho una casa piccolissima, ma è comunque difficile trovare un proprio spazio. Ho due fratelli e anche loro seguono le lezioni da casa. Dopo cinque ore davanti al computer ho mal di testa, non è molto stimolante seguire le lezioni”. A casa ti distrai facilmente? “Molto. Figurati, a casa oltre che al computer ho una Playstation, il cellulare, l’Ipad, le distrazioni sono tante. Io mi distraggo facilmente, ma perlomeno a scuola riesco a seguire una lezione dall’inizio alla fine. Lì come ti distrai? A casa mi rilasso, ma credo che il livello di maturità alla mia età dovrebbe essere tale da capire che anche se a scuola siamo “sotto osservazione”, è per il nostro bene. Ora invece sta tutto a noi, e quelli che avevano maggiormente bisogno dell’aiuto di compagni e insegnanti, adesso sono soli”. Per le verifiche e le interrogazioni come fate? “Quando siamo interrogati molti copiano. Chiunque ha un telefono tra le mani, ora si copia molto più di prima. E questo vale per le interrogazioni, quando c’è una verifica ti lacio solo immaginare…il livello di studio complessivo è calato, e questo lo percepisco nella maggior parte dei miei compagni. Certo poi c’è anche a chi sta bene questa situazione, ma in generale si vorrebbe a tornare in presenza il prima possibile”. Secondo te quali saranno le conseguenze? “Non lo so, sicuramente la Dad non durerà per sempre, ma per adesso non stiamo di certo creando un terreno fertile per il nostro futuro. alcuni non hanno neanche un pc con cui collegarsi da casa. Loro cosa dovrebbero dire? Io posso anche accettare questa situazione per un perido prolungato, ma io faccio parte di chi grandi problemi non ne ha. Vorrei tornare a scuola non per un mio capriccio ma perché sarebe giusto per tutti”. Parole che fanno riflettere. In questi mesi le città italiane, colorate di rosso, arancione, giallo, sono state soggette a molti cambiamenti radicali, tra cui i cancelli scolastici chiusi. In un Paese che dovrebbe dare la priorità al’istruzione, secondo molti la questione è grave. È un Paese che cerca di uscire da un anno tragico, un anno che ha visto disastri economici, sanitari, politici. Ma la richiesta degli studenti di tornare a scuola, nonostante tutto, rimane un reclamo legittimo, che non deve essere scambiato per un capriccio. Nei giorni scorsi, oltre che manifestare, studenti e genitori hanno appeso zaini e cartelli ai cancelli di alcuni istituti della città. Una protesta silenziosa, come le strade della pandemia, promossa da chi vuole uscire da questa situazione.
La grafica ideata dal Museo delle Storie di Bergamo per il periodo di chiusura dei musei di tutto il Paese. Nelle pagine che seguono alcuni tra le principali Gallerie dedicate all’Arte Contemporanea che non vedono l’ora di poter di nuovo accogliere il pubblico. In questa pagina pubblichiamo l’appello di Adele Maresca Compagna (foto sotto), Presidente del Comitato Italiano dell’ICOM (Consiglio Internazionale dei Musei)
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Egregio Presidente del Consiglio, egregi Ministri, Siamo consapevoli che dovrà passare un po’ di tempo prima che il pubblico internazionale torni a visitare i nostri musei, creando un indotto benefico per l’economia nazionale e locale. Ma è questo che motiva la loro chiusura mentre in molte zone d’Italia è di nuovo possibile frequentare negozi e centri commerciali, bar e ristoranti? Si ritiene forse che il “consumo” di cultura non sia altrettanto necessario per il benessere delle persone e la ripresa produttiva? Concedere ai cittadini la possibilità di uscire di casa e spostarsi a piedi, in automobile o con i mezzi pubblici per fare shopping, passeggiare nei parchi e nelle strade delle nostre città significa certamente un ritorno alla vita, ma non comprendiamo perché lungo il percorso essi non possano entrare a visitare in tutta sicurezza anche un monumento o un museo. Questione di priorità? Ma i musei non sono (per decreto) servizi pubblici essenziali, indispensabili alla promozione culturale e alla crescita umana e civile? Adele Maresca Compagna, Presidente La decisione del secondo lockdown per i luoghi della cultura e dello spettacolo è stata del Comitato Italiano dell’ICOM (Consiglio particolarmente dura da accettare. Dopo un periodo di grande impegno e di notevoli sforzi Internazionale dei Musei) dal novembre organizzativi e finanziari per assicurare la massima sicurezza al personale e ai visitatori (rigo2019, dopo essere stata vicepresidente rosamente contingentati), essa è caduta come una doccia fredda a spegnere la speranza di (2013-2019), rappresenta l’associazione una ripresa che sembrava possibile. E le misure, pur meritorie, del governo per compensare all’interno della Commissione Ministeriale in parte i mancati introiti, e dare un sollievo alle imprese che operano per l’organizzazione di per l’attivazione del Sistema Museale mostre ed eventi, non sono valse a restituire la fiducia agli operatori del settore. Nazionale (DM 9 agosto 2018). I professionisti museali durante la pandemia hanno saputo rimettersi in gioco con abneResponsabile del settore Ricerche e gazione e creatività interrogandosi sulla loro attuale missione e sugli strumenti disponibili, Pubblicazioni dell’Ufficio Ricerche del MiBACT dal 1982 al 2014, caporedatto- seguendo corsi di formazione e sperimentando nuove tecnologie, promuovendo soluzioni re del “Notiziario” del Ministero, ha curato alternative per avvicinare tutti i cittadini al patrimonio culturale. Con sempre maggiore intene diretto studi e indagini sulla tutela e sità essi sono oggi orientati all’ascolto dei diversi pubblici, attenti a intercettare e accogliere le gestione dei beni culturali e dei musei e sfide di un mondo in rapida trasformazione. Anche per questo sta cambiando la percezione pubblicato in qualità di curatore e / o co- delle comunità nei confronti di queste istituzioni delle quali si comprende ancor più profonautore, numerosi volumi tra cui: Patrimonio damente il ruolo positivo in questo periodo di tristezza e di incertezza per il futuro. culturale e mercato europeo. Normativa I musei oggi sono luoghi sicuri al servizio della società dove tutti i cittadini possono avvicinarsi sull’esportazione verso paesi UE, Roma al piacere della conoscenza trovando conforto alle difficoltà del presente e nutrire, attraverso 1990, Gestione e valorizzazione dei l’arte e la scienza, il pensiero, l’immaginazione e la creatività. beni culturali nella legislazione regionale, Roma 1998; Strumenti di valutazione per ICOM Italia comprende che il perdurare di una situazione critica sotto il profilo sanitario induca alla cautela, ma invita il governo a non sottovalutare il contributo importante che i i musei italiani. Esperienze a confronto, musei, e più in generale la cultura, possono fornire al benessere e alla qualità della vita degli Roma 2005; Musei di qualità. Sistemi di accreditamento dei musei europei, Roma individui e delle collettività. Apriamo i musei, ora più che mai! Adele Maresca Compagna, Presidente ICOM Italia 2008; Musei, pubblico, territorio. Verifica standard nei musei statali, Roma 2008; Carta d’identità del museo: il regolamento, NELLE PROSSIME PAGINE VI PRESENTIAMO ALCUNI DEI MUSEI D’ARTE CONTEMPORANEA CHE ADERISCONO ALL’AMACI (ASSOCIAZIONE MUSEI D’ARTE Roma 2009. CONTEMPORANEA ITALIANI) - DI CUI LORENZO GIUSTI, ATTUALE DIRETTORE DELLA GAMEC, È PRESIDENTE - CHE SI UNICONO ALL’APPELLO PER RIAPRIRE AL PIÙ PRESTO LE GALLERIE D’ARTE E I MUSEI.
Ph. Lorenzo Palmieri
Ph. Giulio Boem
GAMeC
GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI BERGAMO
La Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo è stata inaugurata nel 1991. Modello virtuoso di gestione condivisa pubblico-privato, il museo si trova di fronte all’edificio neoclassico che ospita l’Accademia Carrara, negli spazi un tempo occupati dal quattrocentesco Monastero delle Dimesse e delle Servite, il cui restauro è stato affidato alla fine degli anni Novanta allo Studio Gregotti Associati International.
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La programmazione diversificata l’ha resa negli anni uno spazio poliedrico in grado di coinvolgere pubblici diversi con attività mirate. Con i suoi 1500 metri quadrati di spazi espositivi, è un luogo che accoglie l’arte contemporanea in tutte le sue forme: mostre temporanee personali e collettive di artisti internazionali, progetti inediti di emergenti e un ricco calendario di attività collaterali pensate per diverse tipologie di pubblico sono il punto di forza della politica culturale della Galleria, che si pone come luogo dinamico di confronto, approfondimento e integrazione culturale, in continua evoluzione. La GAMeC sviluppa, ricevendo donazioni e promuovendo acquisizioni, la propria Collezione, che annovera capolavori di autori moderni come Wassilij Kandinskij, Albert Marquet, Auguste Rodin; di maestri del Novecento quali Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Alberto Burri, Giorgio de Chirico, Jean Fautrier, Lucio Fontana, Hans Hartung, Giacomo Manzù, Giorgio Morandi, Mario Sironi, e di artisti contemporanei internazionali come Cory Arcangel, Gabriele Basilico, Maurizio Cattelan, Enzo Cucchi, Latifa Echakhch, Pino Pascali, Sislej Xhafa. Il patrimonio della Galleria è infine arricchito dalla Raccolta di medaglie contemporanee donate da Vittorio Lorioli, dal Fondo e dall’Archivio Nino Zucchelli e dalla Raccolta Fotografica Lanfranco Colombo. La GAMeC è inoltre promotrice e fondatrice di AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani e collabora attivamente con musei e centri d’arte contemporanea nazionali e internazionali.
Lorenzo Giusti, Responsabile della GAMeC
CA’ PESARO VENEZIA
Elisabetta Barisoni, Responsabile di Ca’ Pesaro La Galleria ha sede nel magnifico palazzo di Ca’ Pesaro, che viene costruito nella seconda metà del XVII secolo per volontà della della nobile e ricchissima famiglia Pesaro. Il progetto è del più importante architetto del barocco veneziano, Baldassarre Longhena, lo stesso che ha progettato la Chiesa della Salute e Ca’ Rezzonico. I lavori iniziano nel 1659 a partire dal piano terra; la prestigiosa facciata sul Canal Grande raggiunge il secondo piano già nel 1679, ma, alla morte di Longhena nel 1682, il palazzo è ancora incompiuto. La famiglia Pesaro ne affidano il completamento a Gian Antonio Gaspari che lo porta a termine entro il 1710, rispettando sostanzialmente il progetto originario. Nel realizzare Ca’ Pesaro, Longhena si ispira alla classicità di uno dei maestri del Rinascimento italiano a Venezia Jacopo Sansovino. Longhena costruisce un’architettura sontuosa ma armonica. Un esempio è la grandiosa facciata sul Canal Grande: sopra uno zoccolo fatto di teste e busti di leone e di mostri, si colloca una decorazione a bugnato a punte di diamante.
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Due file di finestre si affiancano a due portali gemelli al centro, sormontati da mascheroni e statue. Di grande maestosità è anche l’ampio androne al piano terra, che da un lato si affaccia sul Canal Grande e dall’altro sul cortile interno, di accesso al Museo, intorno alla monumentale vera da pozzo qui collocata. I soffitti del palazzo sono riccamente decorati con pitture a fresco e a olio, realizzati da artisti come Bambini, Pittoni, Crosato, Trevisani, Brusaferro; tra questi anche il soffitto di Giambattista Tiepolo con Zefiro e Flora, trasportato al Museo di Ca’ Rezzonico nel 1935. I Pesaro avevano collezioni d’arte di grande qualità. Il patrimonio risulta disperso entro il 1830, anno di morte dell’ultimo dei Pesaro. Il palazzo passa alla famiglia Gradenigo, poi ai Padri armeni Mechitaristi, che lo utilizzano come collegio. Acquistato infine dalla famiglia Bevilacqua, diventa proprietà della Duchessa Felicita Bevilacqua La Masa, che nel 1898 lo dona alla Città di Venezia.
Ph. Margherita Villani
CENTRO PECCI PER L’ARTE CONTEMPORANEA PRATO
Cristiana Perrella, Responsabile del Centro Pecci Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato è la prima istituzione italiana progettata da zero con l’obiettivo di presentare, collezionare, documentare e supportare le ricerche artistiche di arti visive e performative, cinema, musica, architettura, design, moda e letteratura. Tutte espressioni del contemporaneo che avvicinano le persone ai grandi temi della vita e della nostra società.Dall’apertura nel 1988 a oggi abbiamo prodotto e ospitato più di duecentocinquanta tra mostre e progetti espositivi, organizzato eventi speciali e
promosso iniziative didattiche per studenti e adulti. Abbiamo anche raccolto nella nostra collezione oltre mille opere che mappano le tendenze artistiche dagli anni Sessanta in poi. Il complesso che ci ospita, progettato dall’architetto razionalista Italo Gamberini e ampliato nel 2016 da Maurice Nio, è una città nella città: al suo interno ci sono 3.000 mq di sale espositive, un archivio, i 60.000 volumi della biblioteca specializzata CID/Arti Visive, l’auditorium-cinema, un bookshop, un ristorante, un bistrot e un teatro all’aperto.
Emma Zanella, Responsabile del MAGA
M.A.G.A. CIVICA GALLERIA D’ARTE MODERNA DI GALLARATE La storia del Museo, istituito nel 1966 con il nome di Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate, coincide con quella della sua collezione che è nata e si è ampliata in seguito alle acquisizioni del Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate a partire dalla sua prima edizione nel 1950. Il Premio, infatti, viene fondato in funzione della creazione di un museo e di un patrimonio in costante aggiornamento che sia di proprietà della città. Il Museo oggi conserva più di 5.000 opere tra dipinti, sculture, installazioni, libri d’artista, fotografie, oggetti di design e opere di grafica che offrono ai visitatori un ricco e articolato panorama dei principali orientamenti artistici dalla metà del Novecento ai giorni nostri, con aperture sulle ricerche contemporanee internazionali. Nel dicembre del 2009, il Comune di Gallarate costituisce la Fondazione “Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Silvio Za-
nella” che ha come soci fondatori il Comune stesso e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Regione Lombardia, partenr istituzionale Provincia di Varese. Il compito della Fondazione è quello di gestire le attività del museo: la conservazione e valorizzazione delle opere della collezione, l’organizzazione di mostre ed eventi culturali e le attività creative e formative per le scuole e il pubblico adulto. A seguito di questa svolta istituzionale, nel marzo del 2010, il Museo acquisisce il nome MAGA - Museo d’Arte Gallarate e inaugura la nuova e più prestigiosa sede museale in via De Magri che per i suoi ampi spazi favorisce una proposta culturale varia e aperta per offrire un supporto conoscitivo al patrimonio del Museo e per rendere il pubblico partecipe e attento alle tematiche evidenziate, denunciate ed espresse dall’arte dei nostri giorni.
Francesca Rossi, Responsabile della G.A.M.
G.A.M. GALLERIA ARTE MODERNA DI VERONA
Il nuovo corso della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti ha una propria missione specifica nella restituzione alla città e al suo pubblico internazionale di un patrimonio culturale, storico, architettonico e artistico unico. In tal senso è particolarmente significativa la scelta di un luogo cruciale di Verona, il complesso architettonico di Palazzo della Ragione, che concentra i maggiori segni visivi del centro cittadino, la Torre dei Lamberti e la Scala della Ragione, e che dopo varie campagne di restauro è oggi nuovamente percorribile. Sintesi del percorso civico, giuridico e artistico che ha accompagnato la città nella sua evoluzione storica fino al presente, il Palazzo con la Galleria d’Arte Moderna rimanda anche alle specifiche peculiarità del modello di collezionismo tipicamente veronese, incarnato da Achille Forti e dal suo senso di responsabilità civile. Questo nuovo patrimonio così unito, grazie alla straordinarietà delle opere e a un programma mirato di didattica, di formazione e di comunicazione, permette alle nuove generazioni, alla cittadinanza e al pubblico internazionale, di ricostruire la storia visiva degli ultimi due secoli della città in questa sorprendente cornice architettonica.
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Merano Arte è una piattaforma internazionale impegnata nel campo dell’ar-
te e dell’architettura contemporanee. Nata come associazione nel 1996, dal 2001 ha sede sotto i portici di Merano, presso l’edificio storico della Cassa di Risparmio, appositamente restaurato, e negli anni è riuscita a creare una fitta rete che ha messo in contatto importanti artisti, architetti, curatori, critici e istituzioni. Dal dicembre del 2004 è membro di AMACI, l’associazione dei musei d’arte contemporanea italiani. Dopo la chiusura per l’emergenza sanitaria in corso, dal 19 maggio ha riaperto i battenti con la mostra Risentimento di tredici artisti contemporanei internazionali che ha coinciso con la ridefinizione del nuovo ingresso dell’edificio. L’artista Riccardo Previdi ha infatti progettato l’intervento sull’arco dei portici, riprendendo la tradizionale pratica di decorazione architettonica per mezzo di scritte che ha particolare diffusione in Alto Adige. La ripetizione senza interruzioni del termine “Kunsthaus”, nel rigoroso carattere tipografico Helvetica Neue Bold, restituisce allo spazio espositivo il termine con cui da sempre viene chiamato dagli abitanti di Merano, indipendentemente dal loro gruppo linguistico di appartenenza. Un intervento che si è accompagnato alla riprogettazione, sempre di Riccardo Previdi, dell’atrio, con un nuovo sistema di vetrine che accompagna il visitatore verso lo shop.
MACRO
Ph. Giovanna Silva
MUSEO ARTE CONTEMPORANEA DI ROMA
Martina Oberprantacher, Responsabile di Kunst
ll MACRO si trova nel quartiere romano Salario-Nomentano e occupa parte del complesso che la Società Birra Peroni impiegò per le sue attività di produzione. L’area posta tra via Reggio Emilia, via Nizza e via Cagliari viene acquistata dalla Società Birra Peroni il 24 novembre 1911 e l’anno successivo - su progetto dell’architetto Gustavo Giovannoni - si inizia la costruzione degli edifici, oggi occupati dal MACRO, destinati a stalle e magazzini. Il complesso rappresenta un raro esempio in città di archeologia industriale. Nel 1971 la Società Birra Peroni cessa la produzione all’interno di questo stabilimento, i cui manufatti vengono abbandonati. Tra il 1978 ed il 1982 è varato un piano di recupero del complesso con il quale si prevede che la Società Birra Peroni ceda gratuitamente al Comune una parte del complesso i cui immobili verranno destinati a servizi di quartiere. Nel 1984 il Comune di Roma prende possesso degli edifici e nel 1989 li assegna come sede della Galleria Comunale D’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Nel 1996 iniziano i lavori di ristrutturazione del complesso e nel 1999 il sito inaugura come Galleria Comunale D’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Con questi lavori si compie il recupero del fronte principale su via Reggio Emilia, si realizza il consolidamento delle strutture portanti e il rifacimento delle coperture, vengono ridefinite le bucature sui fronti interni, con una completa ridefinizione della distribuzione. In seguito ai lavori di recupero sia le superfici espositive che i depositi delle collezioni si rivelarono insufficienti. Nel 2000 il Comune di Roma indice un concorso internazionale di progettazione per rispondere a tali necessità e alla volontà di ridefinire l’immagine e il funzionamento dell’intero complesso, con nuovi spazi rispondenti all’eterogeneità della produzione artistica contemporanea, nell’ambito di un sistema di relazioni e connessioni con gli spazi già esistenti nonché con lo spazio urbano circostante. Nel 2001 l’architetto francese Odile Decq riceve l’incarico per la realizzazione dell’ampliamento del museo, i cui lavori sono avviati nel 2004. Nel 2002 il museo assume il nome di MACRO — Museo di Arte Contemporanea di Roma. Nel 2010 il museo riapre al pubblico.
Ph. Andreas Marini
Ph-Davide Perbellini
KUNST MERANO
MUSEO DEL NOVECENTO MILANO
Anna Maria Montaldo, Responsabile del Museo del Novecento di Milano
Il Museo del Novecento, all’interno del Palazzo dell’Arengario in piazza del Duomo a Milano, ospita una collezione di oltre quattromila
opere di arte italiana del XX secolo. Inaugurato al pubblico il 6 dicembre 2010, nasce con l’intento di diffondere la conoscenza dell’arte del Novecento e di consentire una migliore e più ampia visione delle collezioni che Milano ha ereditato nel tempo. Accanto all’attività espositiva, il museo è impegnato nell’opera di conservazione, studio e promozione del patrimonio culturale e artistico italiano del XX secolo con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico ampio e trasversale. Proiettato verso la città, il museo si snoda intorno a più fulcri. La Collezione Permanente che si sviluppa in un percorso cronologico, con un alternarsi di sale collettive e monografiche. La grande rampa a spirale all’interno della struttura che introduce alla visita con il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Il bookshop e il ristorante come luoghi di incontro. Il Neon di Lucio Fontana come abbraccio finale alla città. Riflesso diretto del vivace fermento culturale di Milano, la Raccolta Civica di opere si è formata negli anni grazie alla generosità e alla passione dei milanesi per il collezionismo. Dalla nascita del museo, artisti, collezionisti e mecenati partecipano attivamente nella crescita del patrimonio, ampliandolo fino alle espressioni del contemporaneo.
MAXXI POLO MUSEALE PER L’ARTE CONTEMPORANEA ROMA
Bartolomeo Pietromarchi, Responsabile di Maxxi Roma
La storia del MAXXI inizia nell’autunno del 1997 quando l’allora Ministero per i beni culturali ottiene dal Ministero della Difesa la cessione di un’ampia area nel quartiere Flaminio di Roma, occupata da officine e padiglioni della ex Caserma Montello, in disuso da tempo, con il fine di creare un nuovo polo museale nazionale dedicato alle arti contemporanee per la cui progettazione, nel 1998, viene bandito un concorso internazionale di idee in due fasi. Il bando di concorso prevedeva un piano funzionale complesso, con la presenza di vari poli museali: un museo per l’architettura e uno per le arti del XXI secolo, uno spazio per le produzioni sperimentali, la biblioteca, l’auditorium, spazi per eventi dal vivo e infine spazi didattici. Scelto tra 273 candidature provenienti da tutto il mondo, a vincere è il progetto dell’architetto anglo-irachena Zaha Hadid.
La proposta di Zaha Hadid convince la giuria per la sua capacità di integrarsi nel tessuto urbano e per la soluzione architettonica innovativa, capace di interpretare le potenzialità della nuova istituzione e di dotarla di una straordinaria sequenza di spazi pubblici. Nel 1999 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali dà inizio ai primi lavori di restauro di alcuni edifici della ex Caserma Montello di cui si prevedeva il mantenimento nel progetto di Zaha Hadid, al fine di creare uno spazio espositivo temporaneo e sperimentare così la programmazione culturale della futura istituzione nel corso dei quattro anni necessari alla sua completa realizzazione. Il 20 marzo 2003, con la cerimonia della “posa della prima pietra”, si dà avvio ufficiale ai lavori di realizzazione. Per l’occasione la nascente istituzione prende la sua attuale e definitiva denominazione: MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo.
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VALERIO BAILO MODESTI
CREATIVITÀ A 360° Designer, video maker, scultore. Queste sue creazioni venute alla luce durante il periodo di prigionia da pandemia sono piccole e delicate sculture in grado di mostrarsi continuamente differenti ruotandoci intorno o facendole ruotare sul proprio asse. Geometrie lucide e sinuose, a volte sensuali, nessuno spigolo, nè asperita, invogliano ad accarezzarle, ricordano espressioni umane tra le pieghe dell’esistenza in un gioco continuo di vuoti e pieni, di protuberanze e di voragini aperte. Alla vita, bisogna saper girare intorno e saperla osservare da ogni punto di vista. Valerio Bailo Modesti vive e lavora tra l’Italia e la Gran Bretagna dove si occupa di grafica per l’industria musicale inglese. SE VUOI VEDERE COSA FA, LO TROVI IN RETE.
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VIRGINIA PER TUTTE OPERA/AZIONE DA
UNA STANZA TUTTA PER SÉ DI VIRGINIA WOOLF Un progetto di Patrizia Benedetta Fratus, a cura di Ilaria Bignotti con Laura Bergami, Project manager Vera Canevazzi, in collaborazione con Moira Ottelli e Roberta Leviani del Centro Antiviolenza “Butterfly”.
Il nuovo progetto di Patrizia Benedetta Fratus, Vir-
giniaPerTutte, è una call to action che vuole coinvolgere tutte le donne, di ogni nazionalità e lingua, nella realizzazione di una grande installazione, in scala ambientale, formata dalla ricamatura o trascrizione in colore rosso su tessuti bianchi del saggio “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf, scrittrice, saggista e attivista britannica (1882-1941). A tutte le persone che vorranno aderire, Patrizia Benedetta Fratus consegnerà un versetto del libro in lingua italiana, chiedendo di tradurlo nella propria lingua madre se diversa o di cercare una donna di un’altra cultura e lingua per tradurla insieme e di scriverne la traduzione, assieme a quella italiana, con filo rosso o pennarello rosso, su due tessuti bianchi delle dimensioni di 30x40 cm circa: i due tessuti, cuciti assieme, diventeranno delle bandiere che mostreranno, su ciascun lato, una versione possibile del testo. Il risultato finale sarà un’opera d’arte collettiva ambientale, formata da migliaia di bandiere bianche vergate di rosso, che corrisponderanno a migliaia di possibili traduzioni del libro, da proporre a pubbliche istituzioni, centri di ricerca culturale e
sociale, in primo luogo per valorizzare le città di Brescia e Bergamo, dato che l’artista è bergamasca ed ha lavorato attivamente anche a Brescia, nell’anno in cui saranno Capitali della Cultura, il 2023. Come è noto, Una stanza tutta per sé è un saggio che ripercorre la vicenda umana e letteraria dell’autrice Virginia Woolf, volto a rivendicare, per il genere femminile, il diritto e la possibilità di far parte del mondo culturale che all’epoca era di esclusivo appannaggio maschile; partendo da questa centrale volontà il saggio prova a scardinare e decostruire lo stesso linguaggio maschile e patriarcale sia in ambito letterario che, più ampiamente, sociale e politico, liberando la donna da secoli di silenzio e sudditanza. Tali temi, al centro dell’intera ricerca di Patrizia Benedetta Fratus, caratterizzano anche il progetto VirginiaPerTutte: l’intento è infatti quello di rendere evidente la mancanza di traduzioni e la necessità di tale fruibilità dell’intero testo; e al contempo di dimostrare come l’antica pratica della tessitura sia un elemento cruciale per la tessitura di una rete sociale, forte e consapevole di donne di qualsiasi geografia e cultura.
Patrizia Benedetta Fratus nasce a Palosco nel 1960 da contadini urbanizzati e, dopo le scuole dell’obbligo, accede direttamente al mondo del lavoro. A 23 anni torna a studiare e dopo alcune esperienze nell’alta moda, si diploma nel 1999 all’Istituto Marangoni di Milano. Lavora nella sartoria del Teatro alla Scala per due anni. Nel 2004 debutta come artista a Parigi nella galleria Edgar le Machand d’art. Nel 2005 è a Bergamo con un’istallazione per Celluloidee. Espone in gallerie a Brescia, Milano, Londra e Parigi.Vince il premio Nocivelli e ArteCairo nel 2009. Realizza la prima “Cometumivuoi”, una bambola nata dalle continue sollecitazioni della cronaca di femminicidio. Inizia un percorso di studio di storia dell’arte con Salvatore Falci. Dal 2012 lavora a progetti di arte relazionale e ambientale collaborando anche con case di accoglienza e scuole. Nel 2015 realizza l’opera d’arte relazionale “VivaVittoria” a Brescia. Il suo lavoro intende l’arte come strumento di sperimentazione intellettuale ed empirica di consapevolezza, autosufficienza e autodeterminazione, strumenti necessari per l’emancipazione umana. Per maggiori informazioni, scrivere a patrizia@patriziafratus.com e accedere alla pagina: Facebook: virginiapertutte Instagram: virginiapertutte Sito web in costruzione
40 YOUNG EUROPEAN ARCHITECTS WITH NEW VISIONS
GIOVANI ARCHITETTI
CRESCONO MATTEO DEFENDINI, GIOVANE ARCHITETTO BRESCIANO, PREMIATO TRA I 40 MIGLIORI ARCHITETTI E DESIGNERS EUROPEI UNDER 40
Promosso dall’European Centre for Architecture Art Design and Urban Studies e dal Chicago Athenaeum: Museum of Architecture and Design, l’ambizioso premio mira a supportare una nuova generazione di talenti che, grazie ai loro progetti, pensieri e teorie, sta influenzando e influenzerà lo sviluppo futuro dei nostri territori, del nostro ambiente e delle nostre città, europee ed internazionali. Trent’anni appena compiuti ma con un’importante esperienza formativa e professionale alle spalle, Defendini è il più giovane dei vincitori del premio annuale, selezionato con il progetto “Sunflower School Complex”, un campus scolastico in Tanzania formato da una scuola, un dormitorio e alcuni alloggi per i professori. “È stato un lavoro non facile da sviluppare racconta il giovane architetto - sia per le difficili condizioni geografiche e climatiche del sito nel quale si ubica, sia per la scarsità dei materiali da costruzione locali; problemi peró che abbiamo convertito in strumenti per dar vita ad un progetto ben integrato nella realtà locale e allo stesso tempo avveniristico di un modo sostenibile di costruire contemporaneo”. Emblema dell’intero campus scolastico è la scuola per 350 bambini, immersa in un vasto campo di girasoli.
“Il fiore è stato per me una fonte di ispirazione non solo a livello simbolico, in quanto la sua caratteristica di volgersi sempre verso il sole è anche allegoria di nuova vita, ma anche formale e funzionale.” - continua Defendini. A livello planimetrico, gli ambienti sono organizzati in 24 cupole (i “petali”) disposte radialmente intorno a un portico (“corolla esterna”) e al patio centrale (“corolla interna”). Strutture autoportanti realizzate col materiale locale, la terra, compattata in mattoni e cotta, le cupole perimetrali presentano tre dimensioni distinte per rispondere in maniera ottimale al clima locale. Le 9 cupole più grandi, che si trovano a Est e ospitano le classi dei bambini dai 7 ai 12 anni, sono poste a contatto tra loro per bloccare il forte vento e la sabbia provenienti da oriente. A Nord e a Sud, le 8 mediane relative agli spazi sociali e amministrativi sono illuminate uniformemente tutto l’anno grazie alla traiettoria del sole tipica della zona equatoriale. A Ovest quelle più piccole, per la scuola dell’infanzia, sono separate tra loro onde permettere un contatto visivo con la natura circostante e l’imbocco dell’aria fresca di ponente. L’intersezione delle 24 cupole del porticato, invece, è stata studiata al fine di convogliare e raccogliere l’acqua pluviale verso una cisterna sotterranea, posta in corrispondenza di un pozzo centrale.
IL BRESCIANO MATTEO DEFENDINI, ORIGINARIO DI DELLO, È STATO INSIGNITO DELL’AMBIZIOSO PREMIO “EUROPE 40 UNDER 40”, RIENTRANDO TRA I 40 MIGLIORI ARCHITETTI E DESIGNERS EUROPEI UNDER 40, CON IL PROGETTO “SUNFLOWER SCHOOL COMPLEX”, UN CAMPUS SCOLASTICO PROGETTATO PER LA TANZANIA
“Anche se bellezza e funzionalità spaziale sono sempre i fini del nostro processo progettuale, operiamo sempre rispettando l’ambiente culturale e naturale nel quale ogni nostro progetto è integrato, prendendoci cura dei bisogni dei suoi utenti, del clima regionale, dei materiali, tecnologie e tradizioni locali. Per questo, come già dissi nel 2014 durante il XXV Congresso Internazionale di Architettura a Durban in Sud Africa, credo che l’Architettura non riguardi solo il costruito... innanzitutto, riguarda le persone e il loro spazio di vita”. Questo è l’assunto alla base dell’operato dell’architetto Defendini e del suo studio, Defendini Architects, composto da un team multidisciplinare operante su scala globale con il supporto di una rete di professionisti e aziende locali. Grazie alla sua esperienza formativa e professionale con grandi team e clienti internazionali con i quali ha lavorato in diversi Paesi del mondo, Defendini ha sviluppato un modo di pensare e fare Architettura che fornisce sempre soluzioni creative e innovative per ogni tipo e scala di progetto che è chiamato a realizzare: hotel, ristoranti, negozi, uffici, centri sportivi e didattici, edifici residenziali, scuole. Il catalogo dei vincitori intitolato “The Next New Talented Generation of European Architects and Designers for 2020” sarà pubblicato a maggio mentre la cerimonia di premiazione e la mostra dei vincitori intitolata “40 Young European Architects with New Visions” si terranno a novembre ad Atene.
TRIENNALE MILANO PER IL GIORNO DELLA MEMORIA
ALESSANDRO RIMINI ARCHITETTO
TRADITO E DEPORTATO In occasione del Giorno della Memoria,
Triennale Milano ha dedicato la sua programmazione digitale alla figura dell’architetto Alessandro Rimini (Palermo, 1898 – Genova, 1976) e con questo omaggio ha annunciato che attribuirà un diploma alla memoria di Alessandro Rimini che verrà consegnato dal Presidente Stefano Boeri a Liliana Rimini, figlia dell’architetto. “In occasione della Giornata della Memoria - ha detto Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano - la città rende omaggio ad Alessandro Rimini, firma dell’architettura italiana e progettista di importanti infrastrutture per la cultura, la sanità e il terziario, attraverso una serie di iniziative e approfondimenti sui canali digital e sul sito dell’istituzione. Questo è il primo passo verso una cerimonia che quest’anno, in data ancora da definire, vedrà Triennale consegnare a Liliana Rimini un diploma alla memoria del padre, con l’intervento di docenti e studiosi. Le opere di Rimini sono state portate a termine nonostante i vili attacchi perpetrati dal regime nazifascista in conseguenza dell’attuazione delle leggi razziali. Questo riconoscimento da parte di Triennale è solo un piccolo gesto, ma doveroso, verso uno dei protagonisti, purtroppo non abbastanza ricordato, della migliore architettura italiana della prima metà del Novecento”.
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Nato in una famiglia ebrea veneziana, nel 1921 Alessandro Rimini si diploma Professore di disegno architettonico all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Rimini ha già vissuto l’esperienza della guerra, della prigionia dopo Caporetto, della fuga a piedi dal campo di Munster, in Westfalia. Nel 1925 è a Milano, dove progetta nel 1927 il cinema Colosseo, in viale Montenero, dalla solenne monumentalità, fasto decorativo e comfort dell’ambiente. Proprio dell’architettura cinematografica, Rimini sarà un protagonista: già due anni dopo interviene sul cinema Impero di via Vitruvio. Dopo una parentesi napoletana per dirigere la costruzione dell’Ospedale Cardarelli, il ritorno a Milano coincide con il suo edificio più celebrato: la Torre Snia, in piazza San Babila (1935-1937), che con il suo stile asciutto rappresenta la svolta verso il moderno. Alta quasi 60 metri, 15 piani, la torre rappresenta il primo grattacielo della città. All’apice del successo Rimini viene bloccato dalle leggi razziali: anche se continua a lavorare, in quanto ebreo non gli è più permesso firmare i suoi stessi progetti. Sono collaboratori “ariani” a farlo, e la paternità delle sue opere viene misconosciuta o addirittura negata: accade con il cinema teatro Massimo di corso San Gottardo (oggi Auditorium Giuseppe Verdi), con il teatro Smeraldo (oggi sede di Eataly) e con il cinema Metro Astra di corso Vittorio Emanuele
(oggi negozio Zara), di cui resta il l’atrio circolare con il lampadario in vetro di Murano, il doppio scalone e i mosaici Déco. Il 15 marzo 1944, mentre in incognito esamina i danni provocati da una bomba incendiaria al Colosseo, le SS lo catturano su delazione di un collega. Dopo la detenzione a San Vittore, viene mandato nel campo di concentramento di Fossoli per poi essere caricato su treno destinato ad Auschwitz. Alla stazione di Verona fugge fingendosi un poliziotto, raggiunge la famiglia nascosta poco lontano e, fino al termine del conflitto, si celerà sotto il nome di Guido Lara, pittore. Nel dopoguerra Rimini ritorna a Milano e si dedica nuovamente alla professione.Tra i lavori più importanti, in piazza San Babila, l’isolato di Palazzo Donini, progettato con Ponti, Fornaroli, Soncini e De Min, i cinema Rivoli, Ariston e Corso, la sede della Metro Goldwin Mayer in via Soperga. Nel 1956 rinuncia all’architettura: si sposta a Rapallo dedicandosi fino all’ultimo al disegno, alla pittura, al restauro e all’antiquariato. Triennale Milano Viale Alemagna 6 - Milano T. +39 02 724341 www.triennale.org
FEDERICO FARUFFINI
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IO GUARDO ANCORA IL CIELO Più di sessanta opere, tra dipinti a olio, acquerelli, disegni, incisioni, fotografie originali, lettere e materiali d’epoca, provenienti da importanti collezioni private di tutta Italia 27 marzo – 30 maggio 2021 Villa Borromeo d’Adda, Arcore (MB) Una mostra promossa e sostenuta da Comune di Arcore, a cura di Simona Bartolena con la collaborazione di Anna Finocchi. Coordinamento, organizzazione e realizzazione Ponte 43con il supporto di heart – pulsazioni culturali
Meno nota e frequentata di quella francese, l’arte italiana dell’Ottocento italiano è spesso ingiustamente
trascurata. La scena artistica italiana del XIX secolo, invece, rivela aspetti di straordinario interesse e personalità affascinanti, degne di essere raccontate anche a un pubblico di non addetti ai lavori. Tra gli artisti della seconda metà dell’Ottocento spiccano personaggi la cui ricerca ha cambiato le sorti della pittura italiana, giocando ruoli di rilievo anche nella scena internazionale. Uno di questi è senza dubbio Federico Faruffini.
Federico Faruffini è uno degli artisti più straordinari dell’Ottocento italiano, genio irregolare e tormentato, figura chiave nel superamento dei canoni romantici e accademici che ancora ingombravano la scena artistica lombarda alla metà del XIX secolo. Protagonista di una vicenda personale drammatica, che ben testimonia l’inquietudine esistenziale della generazione postromantica, Faruffini era nato a Sesto San Giovanni nel 1833. Formatosi a Pavia, dove la figura di Giacomo Trecourt garantisce un’apertura verso il nuovo che a Milano, a causa dell’incombente presenza della lezione di Hayez, stentava ad affermarsi.
IO GUARDO ANCORA IL CIELO
Personalità ribelle e difficile, dall’indole instabile Faruffini, vive un’esistenza fatta di incertezze, ripensamenti, improvvisi cambi di rotta, fino al suicidio, avvenuto nel 1869, a 36 anni, dopo aver tentato inutilmente di trovare una cura ai propri tormenti abbandonando la pittura per aprire uno studio da fotografo e dopo aver cercato la sua strada tra Parigi, Milano, Roma e Perugia. Le sue opere, spesso innovative e a tratti sorprendenti, trovano scarsa accoglienza in Italia, mentre raccolgono notevoli successi a Parigi. Eternamente diviso tra il desiderio di ottenere il plauso della critica e la voglia di sperimentare e uscire dai canoni imposti dall’insegnamento accademico, Faruffini è costantemente in cerca di sé stesso, mai soddisfatto, sempre pronto a rimettersi in discussione. Lo straordinario talento di Faruffini nel rinnovare generi pittorici anche ben consolidati negli ambienti ufficiali – su tutti quello di storia – ne fa uno dei principali precursori della stagione scapigliata, anche grazie alla vicinanza con l’amico e compagno di studi Tranquillo Cremona. Ma la sua ricerca costituisce un importante momento di passaggio verso la modernità anche per molti altri artisti delle generazioni successive. La mostra racconta – in un percorso coinvolgente, dalla narrazione profondamente “emozionale” – la personalità e la ricerca di Faruffini attraverso un’ampia serie di capolavori corredati da un ricco apparato di schizzi, lettere, ricordi personali che restituiscono la complessità e l’originalità di questa figura tanto complessa e sfaccettata.
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Più di sessanta opere, tra dipinti a olio, acquerelli, disegni, incisioni e fotografie originali, accompagnate da numerose lettere e documentazione d’epoca, provenienti da importanti collezioni private di tutta Italia, formeranno un percorso narrativo che, con un occhio di riguardo alla didattica, saprà coinvolgere anche un pubblico di non esperti. La mostra sarà corredata da un catalogo che racconterà in modo esaustivo la ricerca e la figura dell’artista, oltre che testimoniare le opere presenti in mostra.
LA MOSTRA RIAPRIRÀ AL PUBBLICO CON IL RITORNO ALLA ZONA GIALLA
In occasione dell’esposizione l’artista Enrica Borghi realizzerà un’installazione in omaggio a Federico Faruffini, dedicata all’opera La Toeletta antica. Il lavoro sarà esposto al primo piano di Villa Borromeo d’Adda, con altri lavori della Borghi, per tutta la durata della mostra, in un dialogo suggestivo tra passato e presente.
À LA MODE DE GRUAU UNA RETROSPETTIVA DEDICATA AL CELEBRE ARTISTA. SHOWROOM AMINI VIA BORGOGNA 7 - MILANO
53 Si è svolta presso lo showroom Amini di Milano una retrospettiva dedicata al celebre ar tista che ha raccontato un René Gruau inedito, presentando una nuova collezione di tappeti nata dai disegni tratti dall’archivio storico Fede Cheti. A un anno dal debutto di Parigi delle collezioni di tappeti Amini Icons dedicate a René Gruau la mostra di Milano ha visto protagoniste alcune tra le grafiche più iconiche del poliedrico ar tista italo-francese. Illustratore, scenografo e costumista autodidatta, Gruau rappresenta una delle figure più affascinanti del panorama della moda del Ventesimo secolo. La sua carriera inizia con la collaborazione con diverse riviste di moda francesi e giornali tra cui Le Figaro, Marie Claire, Vogue e Harper’s Bazaar. Qui nasce il suo tratto distintivo che lo por ta a essere oggetto di attenzione delle più impor tanti maison di moda francesi con cui collaborerà per molti anni. Grazie al legame con Christian Dior prima e con Chanel, Yves Saint-Laurent, Givenchy, Cristóbal Balenciaga e Christian Lacroix poi, l’ar tista consolida il suo segno unico di creatività originale e innovativa, diventando espressione stilistica di un’epoca. Queste atmosfere ancora oggi attuali, legate al mondo della moda, delle ar ti e della comunicazione, sono state oggetto della selezione Amini da cui nascono tre tappeti figurativi: Cap, Man e Woman che raccontano un tratto tipico dell’estetica degli inizi del Novecento, con tono ironico e leggerezza di spirito. Come in un frame cinematografico, le tre figure sembrano dialogare attraverso un passaggio veloce di sguardi, diver titi, educati. La produzione artistica e quella pubblicitaria di Gruau sono l’espressione di vere e proprie strategie comunicative dell’epoca: i primissimi piani dei soggetti, le inquadrature e lo sviluppo del disegno su linee diagonali, sono espedienti per catturare l’attenzione dell’osservatore e guidarne lo sguardo, per animare così la rappresentazione. All’interno della mostra À la mode de Gruau, una selezione di disegni, scritti e fotografie dell’epoca hanno completato l’omaggio alla creatività incisiva e iconica dell’ar tista.
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BRINDISI ALLA PRIMAVERA
IL SALUTO PRIMAVERILE DI GABRIELLE BRINTEGER, DIRETTRICE EXPORT DI DAMPIERRE CHAMPAGNE
Dopo un lungo periodo di piogge, l’inverno qui da noi è iniziato solo a fine gennaio, abbiamo vissuto due settimane mol-
to fredde con temperature molto sotto lo zero e con la neve. Il lato positivo è che il terreno ha potuto acquisire un po’ di porosità dopo la pioggia molto forte così respirerà meglio e i microrganismi saranno più attivi. La potatura è terminata e le maestranze stanno legando le viti, approfittando del clima soleggiato ma abbastanza freddo delle ultime settimane. Ora gli uccelli sono tornati e cinguettano dappertutto, mentre i narcisi e i ciliegi stanno fiorendo: la primavera è arrivata!
Occasione buona per farci raccontare come nasce la tradizione di legare il tappo delle bottiglie con uno spago di canapa naturale. “Il conte Audoin de Dampierre - ci dice Gabrielle Brinteger - ha ripescato questa antica tradizione a metà degli anni Ottanta e ne ha fatto la nostra firma. Alla fine del XVII e inizio del XVIII secolo, Reims era una città ricca con un gran numero di società commerciali, che vendevano principalmente lino e stoffe di lana in tutta Europa. Quei commercianti furono i primi ad investire nel vino “nuovo” con le bollicine ma dovevano valutare ogni anno il rischio per la perdita che avrebbero subito a causa della rottura delle bottiglie durante la fermentazione e per la fuoriuscita dei tappi durante la conservazione nelle cantine e durante il trasporto. Le bottiglie a quel tempo venivano imballate in casse di legno piene di paglia. Il trasporto era assicurato da carri trainati da cavalli fino a raggiungere il porto più vicino per poi proseguire poi sulle navi. Le strade a quei tempi erano sentieri di campagna piene di buche e si può facilmente immaginare l’incubo rappresentato dalla spedizione, per non parlare dei conflitti e delle guerre che le spedizioni incontravano in diverse regioni d’Europa. Il Regio Editto dell’8 marzo 1735 menzionava ufficialmente la speciale bottiglia di champagne con un contenuto di 0,93 litri. Questa misura determinava le metà, i quarti, le bottiglie “doppie” e quelle più grandi. Questo editto stabiliva anche che il tappo doveva essere fissato con uno spago di canapa a 3 fili strettamente attorcigliato e legato trasversalmente sul sughero. La legatura del tappo che avveniva ovviamante a mano, bottiglia dopo bottiglia, con specialisti annodatori è stata abbandonata a favore della gabbietta in filo di ferro che viene apposta a macchina”.
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La Gault & Millau Champagne Guide 2021 ha assegnato l’annata 2004 della nostra Prestige Cuvée con 17,5 / 20 punti. La Cuvée des Ambassadeurs Blanc de Blancs extra-brut e la Cuvée des Ambassadeurs Rosé 1er Cru hanno ottenuto 15/20 punti. La Guida Hachette 2021 ha premiato la Family Reserve 2012 con 1 stella!
LAVIA DI FUGA
NATA TRA CRITICHE E MILLE DIFFICOLTÀ, LA A35 È DESTINATA A DIVENTARE UN ASSET STRATEGICO PER LA LOMBARDIA DEL FUTURO
Lorenzo Boccardini
Nata come “via di fuga” per tutti quei lavoratori che ogni mattina partono da Bergamo o da Brescia per raggiungere Milano e che, inevitabilmente, si trovano imbottigliati in una delle quattro corsie della A4, la BreBeMi rappresenta quel sogno nel cassetto che avrebbe dovuto salvare la psiche degli automobilisti-pendolari. Conosciuta anche come autostrada A35, questo lembo di asfalto che mette in collegamento Brescia con Milano toccando alcuni comuni della Bassa bergamasca - uno su tutti Treviglio - ha avuto una gestazione che parte dagli anni Novanta quando, per trovare una soluzione all’immane flusso di autoveicoli, si decise di portare le corsie della A4 da tre a quattro. Ma questa soluzione non impedì ai circa 100 -140.000 veicoli di compiere il loro tragitto giornaliero. Per cui, nei primi anni Duemila si diede avvio al progetto BreBeMi: dal 2001 al 2009 si è svolto l’iter autorizzativo e il 22 luglio dello stesso anno partirono i lavori che terminarono nel 2014 con tanto di taglio del nastro rosso. Ovviamente, come spesso accade i costi del progetto sono lievitati passando da 800 milioni a quasi 2,4 miliardi di euro e, sempre com’è routine, non è venuta a mancare quella pioggia di critiche che hanno etichettato la BreBeMi come una strada inutile e poco percorsa. Ça va sans dire. A distanza di qualche anno dal taglio del nastro, ritroviamo Francesco Bettoni, Presidente Brebemi S.p.A.
Molti sono stati i ritrovamenti archeologici durante i lavori di costruzione della BreBeMI che hanno attraversato una terra ricca di storia e di tradizioni, ancora davvero poco conosciuta ed apprezzata
Presidente, ritiene ancora valide le motivazioni che la spinsero a realizzare la A35? “Il progetto BreBeMi nasce nella seconda metà degli anni ‘90 a causa della caotica situazione della Autostrada A4 per l’eccessivo traffico che la intasava e il ritardo, da parte della società concessionaria di allora, di realizzare il più volte promesso ampliamento e l’efficientamento dell’arteria. Questo fattore causava ritardi incredibili per i viaggiatori e livelli di incidentalità fra i più alti d’Europa. Non ero certo l’unico a cercare una soluzione a quella criticità per il nostro territorio: bisognava costruire una nuova strada. Nei panni di Presidente della Camera di Commercio di Brescia, mi impegnai a trovare soluzioni alternative alla A4 riuscendo via via ad ottenere il consenso e l’appoggio delle Camere di Commercio di Bergamo e di Milano e poi di Banca Intesa e Regione Lombardia. Successivamente molti altri soggetti pubblici e privati si convinsero della validità dell’impresa. Una infrastruttura che oltre a snellire il traffico verso Milano, sarebbe stata utile molto utile allo sviluppo del territtorio che attraversa. Questo era valido allora e rimane tutt’ora sostenibile. Non è certo in una decina d’anni che si misurano i vantaggi che porta un’arteria di traffico di questa portata”. Dopo l’inaugurazione del 2014, la Brebemi è stata criticata da gruppi politici e ambientalisti per scelte “discordanti” rispetto a quelle iniziali. Come risponde a queste critiche? “Il progetto Brebemi è sempre stato chiarissimo e si è fatto tutto ciò che era stato previsto e approvato da Regione Lombardia, Governo Nazionale, dalla Corte dei Conti e dal CIPE. Dall’inizio della progettazione ad oggi, Brebemi non ha mai avuto problemi di qualsiasi natura: ambientale, legale, fiscale o altro. Dico solo che la stragrande maggioranza di polemiche e di pubblicità negativa sono derivate da scelte fatte appositamente per contrastare prima il sorgere dell’autostrada e dopo la sua attività. Rimane il fatto che il traffico in A35 dall’inaugurazione fino a prima della pandemia, quindi in 5 anni, è aumentato del 174% nonostante la carenza di molte importanti opere (le quali dovevano essere realizzate non da Brebemi ma da altre Società) che avrebbero dovuto entrare in funzione insieme a Brebemi e che invece sono ancora da terminare: Corda Molle, Cassanese, Autostrada della Valtrompia. L’interconnessione con la A4, aperta a fine 2017, invece è stata da noi realizzata nel tempo record di meno di un anno dopo aver ottenuto l’autorizzazione con due anni di ritardo”. Che giudizio dà alla Brebemi oggi a distanza di 7 anni? “Non ritengo opportuno che sia il sottoscritto a dare un giudizio su una realizzazione che mi ha visto protagonista in prima persona sin dalle sue origini. La testimonianza però di quello che è stato realizzato e quello che è stato fatto è sotto gli occhi di tutti: la trasformazione di un’area pressoché dimenticata, in un territorio moderno, efficiente, internazionalizzato, di piena occupazione, con circa 30 grandi investimenti produttivi ed altri che ancora verranno costruiti, con un miglioramento della qualità della vita, dell’ambiente e un salto di qualità a livello di immagine e di visibilità incredibile, con ricadute positive economiche, sociali, culturali ed ambientali fra le più straordinarie nel nostro Paese. Tutto questo ha inoltre fatto sì che un grande gruppo mondiale come Aleatica/IFM decidesse di diventarne l’azionista assoluto sostituendo Intesa Sanpaolo, alla quale va riconosciuto l’importante merito di aver sempre sostenuto e appoggiato la A35 Brebemi”.
Francesco Bettoni è nato a Visano, il 23 agosto 1948 e si è laureato in Scienze Sociali con specializzazione in Sociologia Rurale nel 1972. Una passione, quella per la campagna e l’agricoltura, che lo accompagnerà fino ai giorni nostri.
Nel 1982 diventa presidente dell’Unione Agricoltori di Brescia, di cui dal 2012 è presidente onorario. Nominato presidente della Camera di commercio nel 1992, è rimasto alla presidenza dell’ente fino al 2014 (il suo posto è stato preso da Giuseppe Ambrosi), occupandosi soprattutto di internazionalizzazione e di infrastrutture, dando un contributo significativo ai progetti dell’aeroporto di Montichiari, della Fiera di Brescia e della stazione sciistica in Alta Valcamonica. In questo periodo Bettoni è stato nel board di decine di società con capitali pubblici, circostanza su cui non sono mancate le polemiche. Oggi Bettoni è presidente di Brebemi, un progetto nato nel 1990 e concretizzato nel 1999 quando le Camere di Commercio, le Province e le Associazioni Industriali di Brescia, Bergamo, Cremona e Milano, insieme a Banca Intesa e ora Banca Intesa Sanpaolo, hanno costituito Brebemi S.p.A.
È TEMPO DI CAMBIARE
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GRAZIE AI CONSIGLI DI PIERO GENNARI, MARKETING MANAGER CONSUMER DI GOODYEAR ITALIA,VI OFFRIAMO QUALCHE DRITTA PER IL CAMBIO GOMME IN VISTA DELLA STAGIONE ESTIVA
Il 15 aprile decade l’obbligo per tutti gli autoveicoli di circolare
con gomme invernali. Gli automobilisti quindi, in deroga a quanto stabilito dal decreto ministeriale n. 1049 del 2014, hanno un mese di tempo, fino al 15 maggio, per adeguarsi alla normativa e passare al treno gomme estivo, rivolgendosi al proprio gommista di fiducia per la sostituzione. Non si tratta di un mero obbligo di legge: cambiare gli pneumatici è importante per l’efficienza della propria vettura ma soprattutto per la sicurezza. A cosa deve pensare un automobilista durante il cambio gomme? “La prima cosa che un automobilista deve sapere è che il cambio gomme con l’alternarsi delle stagioni non solo è consigliato ma, in alcuni territori come per esempio Bergamo e Brescia, lo si deve fare dal momento che è un obbligo di legge. Il cambio degli pneumatici invernali con quelli estivi è consentito nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 15 maggio.Tutti coloro, quindi, che sono equipaggiati con pneumatici invernali (che hanno un codice di velocità più basso rispetto a quanto indicato nel libretto di circolazione), per essere in regola con la normativa, dovranno provvedere al cambio montando gomme estive o all season con codice di velocità in linea a quello indicato dal libretto di circolazione”. Quali sono i prodotti disponibili sul mercato e come è bene orientarsi tra gomme estive e all season? “Esistono molteplici fattori che possono essere più o meno idonei all’utilizzo di una gomma estiva o di una quattro stagioni: dal modello della propria vettura alle proprie abitudini di guida, dal territorio in cui si risiede ai chilometri normalmente percorsi da un automobilista. Di certo a coloro che vivono in zone montane o alpine, si recano spesso in montagna durante l’anno o percorrono tanti chilometri, consiglio di utilizzare il doppio treno, la scelta migliore d’estate e la migliore d’inverno. Il quattro stagioni è ideale per chi fa meno chilometri, per coloro che utilizzano l’auto in contesti prevalentemente urbani o per chi dispone di una vettura meno prestazionale: è un ottimo compromesso ma, per quanto siano delle gomme altamente performanti, comunque, proprio per come sono concepite, non arriveranno mai a garantire il 100% delle performance in entrambe le stagioni. In ogni caso è opportuno seguire i consigli del proprio rivenditore per non compiere una scelta sbagliata”.
GOODYEAR EFFICIENTGRIP PERFORMANCE 2
Quali sono le ultime novità in termini di prodotto proposte da Goodyear? “Abbiamo importanti novità lanciate lo scorso anno perché, nonostante la pandemia che ha sconvolto il mondo, non abbiamo mai smesso di innovare e investire lanciando due prodotti strategici, uno nel segmento estivo ed uno in quello all season. Nel primo caso mi riferisco all’EfficientGrip Performance 2, uno pneumatico erede di una gomma storica Goodyear lanciata nel 2012 che performava già molto bene vantando già ai tempi un Rating elevato sia per quanto riguarda la frenata sul bagnato, sia per la resistenza al rotolamento. Oggi abbiamo lanciato una nuova versione, denominata appunto Performance 2, grazie alla quale abbiamo ulteriormente migliorato queste caratteristiche e consacrandolo di fatto come un prodotto altamente performante non solo nel nome ma anche nelle caratteristiche.
DAL 15 APRILE SCADE L’OBBLIGO PER QUELLE INVERNALI: DUE LE NUOVE PROPOSTE GOODYEAR PER L’AVVICENDAMENTO DEGLI PNEUMATICI INVERNALI
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È TEMPO DI CAMBIARE
GOODYEAR VECTOR 4SEASONS Un altro aspetto distintivo di questo pneumatico è la resa chilometrica, un aspetto su cui i consumatori puntano molto, fino al 50% maggiore rispetto al suo predecessore grazie all’elevata elasticità e flessibilità del battistrada che contribuisce a ridurre l’usura del pneumatico causata da fondi stradali accidentati. L’alternativa quattro stagioni - anche se vista la crescita a doppia cifra sul mercato di alternativa non si tratta più - è la terza generazione del Vector 4Seasons che abbiamo lanciato sempre nel 2020, uno pneumatico particolarmente indicato per il basso impatto ambientale, per l’ottima trazione su neve e ghiaccio e per le prestazioni eccellenti in tutte le stagioni (su asciutto, bagnato ma anche in caso di neve) grazie alla tecnologia Weather Reactive di Goodyear”.
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Quali sono le attività, soprattutto in ottica primi equipaggiamenti, su cui si sta concentrando Goodyear in questo momento? “Essere scelti da una casa automobilistica è sicuramente un’ulteriore garanzia di qualità per i nostri prodotti per cui stiamo lavorando sempre di più in questa direzione. Dovendo rispettare normative sempre più stringenti, infatti, le case automobilistiche chiedono degli pneumatici ad altissime prestazioni in modo da garantire non solo una minor resistenza al rotolamento ma anche un ridotto consumo di carburante ed una conseguente riduzione delle emissioni di CO2 per la salvaguardia dell’ambiente. Come primo equipaggiamento, ci stiamo focalizzando proprio in quest’ambito per mettere a disposizione delle case automobilistiche pneumatici che permettano di performare al meglio rispetto alle vicissitudini dell’oggi. Le auto elettriche per esempio - un segmento di mercato in forte espansione per cui Goodyear vanta un numero importantissimo di primi equipaggiamenti - sono veicoli che necessitano di gomme a bassissima resistenza al rotolamento non solo per percorrere più chilometri ma anche e soprattutto per consumare meno”. Negli ultimi anni come siete riusciti a fronteggiare gli pneumatici ultra low cost provenienti dal mercato asiatico? “Scegliere degli pneumatici più convenienti, inizialmente, può sembrare vantaggioso ma rischia poi di trasformarsi in un maggior costo. Gomme di minor qualità non consentono, infatti, di avere una resa chilometrica più elevata perché tendono a consumarsi prima, oltre a presentare una resistenza al rotolamento mediamente più elevata con conseguente calo delle performance e maggiori consumi di carburante. Investire qualcosa in più in fase di acquisto, invece, potrebbe voler dire risparmiare anche tanti soldi nel medio periodo. Prima di qualunque acquisto, quindi, è bene documentarsi per essere sicuri di fare la scelta giusta”. Questa situazione sanitaria, per certi versi, ha permesso di riscoprire il mercato di prossimità, non è così? “Certamente. Storicamente siamo sempre stati molto legati al territorio e per questo motivo ogni attività cerchiamo di declinarla al meglio anche in ambito locale. Per coprire al meglio il mercato, disponiamo di alcuni referenti di zona che seguono i nostri rivenditori di zona (tra cui i membri della nostra rete SuperService con oltre 300 negozi in tutto il Paese) e, per restare vicini ai nostri clienti, realizziamo specifici progetti di comunicazione e marketing a livello territoriale con un occhio di riguardo per il digital come dimostra il nostro portale ‘www.letuegomme.it’ grazie al quale un utente, rispondendo a tre semplicissime domande, può essere supportato nell’acquisto del prodotto più indicato”. Le nostre province rappresentano un’area strategica per il vostro mercato? “Brescia e Bergamo sono due aree assolutamente strategiche, due zone ad alto potenziale considerato non solo l’importante parco auto circolante ma anche la presenza di molteplici ed interessanti realtà produttive”.
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LAMBORGHINI COUNTACH: PRESE IL NOME DAL DIALETTO PIEMONTESE
Nata da un’idea di Bertone e disegnata da Marcello Gandini, quest’opera d’arte prende il nome da un’esclamazione in dialetto piemontese, «cuntàcc!», che esprimendo meraviglia, in senso proprio il “contagio” è traducibile con l’espressione «accidenti!». Questa interiezione sarebbe stata pronunciata da un addetto alla sicurezza della Carrozzeria Bertone, quando nel cuore della notte accompagnò l’Ing. Stanzani (in più che evidente ritardo), a vedere il prototipo della vettura che era ormai pronto. Per arrivare al disegno di questo capolavoro, Gandini riprese alcune soluzioni stilistiche, che aveva già adottato per l’Alfa Romeo Carabo, e arrivò a un disegno a cuneo - ravvisabile in altre opere del genio italiano come la Lancia Stratos. L’elemento caratterizzante della Lamborghini Countach è dato dalle cerniere delle portiere, che attaccate ai montanti anteriori le fanno aprire ruotando verso l’alto. Nel progetto originario questa vettura avrebbe dovuto montare il celebre motore V12 Lamborghini con una cilindrata di 4971 cc. Poi, per via dei costi, si optò per il V12 con cilindrata da 3929 cc, già montato sulla Miura in posizione longitudinale posteriore (da cui la sigla LP400). La concorrente naturale della Lamborghini Countach era la Ferrari Testarossa. La creazione del Drake spinse la Casa di Ferruccio a migliorare le capacità prestazionali del suo modello, a partire dal motore V12 migliorato con la cilindrata aumentata a 5167 cc e, cosa più importante, dotato di quattro valvole per ciascun cilindro. Per via di queste modifiche sostanziali il modello fu rinominato come Lamborghini Countach LP5000 Quattrovalvole. Ecosì da un’esclamazione dialettale è venuto fuori un capolavoro senza tempo, che tutto il mondo riconosce come autenticamente italico perfino il cinema d’Oltreoceano.
CON IL 2021 SI APRE L’ANNO DEL CENTENARIO DI MOTO GUZZI. PER FESTEGGIARE I CENTO ANNI DELL’AQUILA VIENE SVELATA UNA SPECIALE LIVREA CELEBRATIVA DEL CENTENARIO, PRODOTTA IN EDIZIONE ESCLUSIVA SOLO NEL 2021 E ISPIRATA ALLA MITICA OTTO CILINDRI, DISPONIBILE SU TUTTI I MODELLI
MOTO GUZZI
SPECIALEDITION
100 ANNI
100 ANNI DI STORIA Era esattamente il 15 marzo 1921 quando venne costituita la “Società Anonima Moto Guzzi”, avente per oggetto “La fabbricazione e la vendita di motociclette e ogni altra attività attinente o collegata all’industria metalmeccanica”. E proprio in quel momento, in memoria di un compagno d’armi dei fondatori, si scelse l’aquila ad ali spiegate come simbolo della nuova Società. Da allora l’aquila è il simbolo, ben presto noto in tutto il mondo, della Moto Guzzi. Inizia così dalla sede operativa di Mandello del Lario – nello stesso stabilimento in cui tuttora vengono prodotte le Moto Guzzi – un’impresa industriale che ha segnato la storia del motociclismo mondiale, attraverso moto che sono entrate nell’immaginario collettivo, come la GT 500 Norge (1928) portata al Circolo Polare Artico da Giuseppe Guzzi, fratello del fondatore Carlo, l’Airone 250 (1939), il Galletto (1950) che contribuì alla motorizzazione di massa nel dopo guerra. In quegli anni venne inaugurata la galleria del vento – la prima al mondo in campo motociclistico, tuttora visitabile nello stabilimento di Mandello – voluta da un affiatato team in cui lavorano tecnici straordinari come Umberto Todero, Enrico Cantoni e un progettista che ben presto entrerà nel mito: il milanese Giulio Cesare Carcano, padre dell’incredibile Otto Cilindri da 285 km/ora (nel 1955) e dei prototipi che tra il 1935 e 1957 si sono aggiudicati ben 15 titoli mondiali velocità e 11 Tourist Trophy. Negli anni ’60, dopo le motoleggere Stornello e Dingo, Moto Guzzi dette vita al motore bicilindrico a V di 90° da 700cc con trasmissione finale a cardano, destinato a diventare il simbolo stesso della Casa di Mandello attraverso modelli mitici come la V7 Special, V7 Sport, California e Le Mans. Su questa architettura il propulsore viene costantemente evoluto fino a motorizzare, supportato dalla più avanzata dotazione di controlli elettronici, le più apprezzate Moto Guzzi contemporanee come la gamma V7,V9 nelle versioni Roamer e Bobber e la grande viaggiatrice V85 TT, primo esempio al mondo di classic enduro.
Un secolo di storia, cento anni di splendide motociclette, di vittorie, di avventure, di personaggi leggendari che hanno costruito il mito del Marchio dell’Aquila. In un’occasione così speciale Moto Guzzi produrrà una serie limitata dei suoi modelli in una speciale Livrea Centenario, che sarà disponibile su V7,V9 e V85 TT solo nel corso del 2021. Una colorazione esclusiva, elegante e affascinante, evocativa di una storia unica e che trae origine dall’estetica di moto leggendarie, che hanno segnato la storia del motociclismo, prima tra tutte la Otto Cilindri del 1955. Una idea folle e visionaria, una moto straordinaria nata per competere nella classe 500 Campionato del Mondo, un progetto così ardito da essere decenni avanti a tutta la produzione motociclistica mondiale. Questa pietra miliare della storia della moto si presentava in un abbinamento di colori elegantissimo nella sua essenza puramente racing, unendo il metallo satinato del serbatoio col verde della carena e il cuoio della sella. Cromie che caratterizzarono anche la 350 Bialbero, una delle moto più vincenti della storia, imbattibile dominatrice della classe 350 nel Motomondiale, con lo strabiliante record di 9 titoli iridati consecutivi (5 Piloti e 4 Costruttori) dal 1953 al 1957. Il verde è stato anche il primo colore “indossato” da una Moto Guzzi con la Normale, il primo modello, e probabilmente il più iconico dei colori dell’Aquila. Il Centro Stile l’ha reinterpretato in chiave moderna con una finitura opaca e associato a colori metallici che esprimono la solidità e l’autenticità del marchio lariano. I colori della carrozzeria sono abbinati ad una sella rivestita con un materiale di colore naturale, come quello della pelle, per sottolineare la cura del dettaglio tipicamente italiana. Altri particolari distintivi sono l’aquila in una finitura dorata e il logo dedicato che celebra anche graficamente i 100 anni di Moto Guzzi.
CENTO ANNI
DI GRANPREMI CENTENARIO DEL GRAN PREMIO D’ITALIA SUL CIRCUITO INTERNAZIONALE DI BRESCIA-MONTICHIARI
A SETTEMBRE L’EVENTO CELEBRATIVO CON AUTO, MOTO E AEREI STORICI Il Gran Premio d’Italia compie 100 anni dalla sua prima edi-
zione disputata nel 1921 sul circuito di Brescia-Montichiari. ASI, Automotoclub Storico Italiano, presenta il grande evento del centenario, che coincide con la tradizionale rievocazione storica del Circuito Internazionale Brescia-Montichiari organizzata dall’Historic Racing Club Fascia d’Oro. L’evento si svolgerà dal 16 al 19 settembre sulle stesse strade che ripercorrono quell’antico tracciato, teatro del primo “Gran Premio d’Italia” disputato il 4 settembre 1921. Si trattò di una manifestazione davvero epocale poiché, oltre alle competizioni delle automobili, si svolsero anche lo spettacolare Gran Premio per gli aeroplani ed il Gran Premio delle Nazioni per le motociclette. Per celebrare al meglio il centenario del primo Gran Premio d’Italia, ASI e HRC - con il patrocinio della FIVA, Federazione Internazionale Vehicules Anciens e con la collaborazione del Comune di Montichiari - hanno sviluppato un progetto grazie al quale auto, moto e aeroplani storici faranno rivivere le emozioni dei pionieri. La manifestazione, infatti, prevede la partecipazione di auto e moto, sportive e da competizione, costruite dalle origini fino al 1939 ma anche di biplani e altri aerei storici che si esibiranno nei cieli di Brescia grazie al contributo dell’Historical Aircraft Group. Non mancheranno, inoltre, momenti culturali come conferenze a tema e approfondimenti storici.
IL CIRCUITO DI BRESCIA
Nel settembre del 1899 Brescia ospitò la sua prima corsa automobilistica, il passaggio della Verona-Brescia-Mantova-Verona.Venne predisposto un tracciato di forma triangolare con il suo apice in località Fascia d’Oro (tra Brescia e Montichiari), dove venne realizzata l’attrattiva principale di tutta l’opera: una curva parabolica lunga oltre 500 metri. In quei primi anni si disputò anche la Coppa Florio, antesignana della celeberrima Targa Florio, e nel 1920 si decise di creare un autodromo permanente: lo stesso che un anno più tardi ospitò il Primo Gran Premio d’Italia.
CENTO ANNI
DI GRANPREMI
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IL PRIMO GRAN PREMIO D’ITALIA NEL 1921
Le più prestigiose Case automobilistiche dell’epoca si diedero appuntamento a Brescia schierando i piloti più forti del momento: l’Isotta Fraschini con Alfieri Maserati, l’Alfa Romeo con Enzo Ferrari, la Fiat con Pietro Bordino (autore del giro più veloce ad oltre 150 km/h di media!), la OM con Ferdinando Minoia, la Mercedes con Giulio Masetti, solo per citarne alcuni. A vincere, però, fu la francese Ballot, che si impose con due vetture al 1° e 2° posto, affidate a Jules Goux e Jean Chassagne: il vincitore del Gran Premio completò i 30 giri in 3 ore 35 minuti e 9 secondi a 144 km/h di media, coprendo oltre 500 chilometri. Sul terzo gradino del podio salì invece Louis Wagner con la Fiat.Tra le curiosità, si segnala la partecipazione di Maria Antonietta Avanzo, unica donna al via a bordo dell’Alfa 20/30 ES.
SFIDE SU DUE RUOTE
Il grande evento del 1921 vide protagoniste anche le motociclette, che disputarono l’appassionante Gran Premio delle Nazioni. Sul Circuito Internazionale di Brescia-Montichiari si sfidarono i più intrepidi centauri dell’epoca, come Gentile Minazio, Damiano Rogai, Piero Maggi e Badino Mai. Tra le case motociclistiche si registrò la partecipazione di Della Ferrera, AJS, Maffeis e persino dell’americana Harley-Davidson, che si impose con la sua squadra ufficiale.
IL BATTESIMO DELLA BUGATTI “BRESCIA” Oltre al Gran Premio d’Italia per vetture da competizione di grossa cilindrata, nel 1921 si disputarono anche il Gran Premio Gentlemen (vinto da Masetti su Mercedes), ed il Gran Premio Vetturette, dove ai primi quattro posti si imposero le piccole Bugatti Tipo 13 con Ernst Frederich, Michele Baccoli, Pierre De Vizcaya e Piero Marco. In seguito a tale trionfo, Ettore Bugatti ribattezzò questo modello “Brescia”, soprannome riconosciuto e utilizzato ancora oggi dagli appassionati di tutto il mondo.
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Bugatti Tipo 13 ribattezzata “Brescia” da Ettore Bugatti per via dello strepitoso successo riportato al primo Gran Premio d’Italia
LO SPETTACOLO DEL CIELO
Nell’istante in cui scattò il Gran Premio d’Italia per automobili, alle 8.00 del mattino del 4 settembre 1921, dal vicino aeroporto di Ghedi si alzarono in volo anche gli aeroplani per la propria competizione, affrontando lo stesso tracciato delle auto ma in cielo ed in senso contrario. Fu così che i motori, cento anni fa, dominarono la scena di quello che si può definire un colossale “automotoaerodromo” unico nel suo genere, che l’Automotoclub Storico Italiano e l’Historic Racing Club Fascia d’Oro faranno rivivere evidenziandone i risvolti storici, sociali e culturali.
TRIUMPH E THE DISTINGUISHED GENTLEMAN’S RIDE PRONTE PER IL 10° ANNIVERSARIO DOMENICA 23 MAGGIO 2021
Triumph
Motorcycles ha l’onore di appoggiare una causa così importante da 8 anni a questa parte, e ciò ha consentito a oltre 300.000 motociclisti amanti delle due ruote classiche e dell’eleganza di condividere una passione comune, accrescendo allo stesso tempo la consapevolezza sulla necessità di sostenere la ricerca medica contro il cancro alla prostata e in favore della salute mentale maschile.
APPUNTAMENTO DA SUPPORTARE E FESTEGGIARE PER PIÙ DI UN MOTIVO: TRIUMPH MOTORCYCLES E THE DISTINGUISHED GENTLEMAN’S RIDE SARANNO INSIEME PER L’8° ANNO CONSECUTIVO PER SOSTENERE LA RICERCA SCIENTIFICA E LA TUTELA DELLA SALUTE MASCHILE, NEL PIÙ TIPICO STILE VINTAGE. L’EVENTO DI QUEST’ANNO RAPPRESENTA IL 10° ANNIVERSARIO DALLA NASCITA DELLA DGR, CHE NEGLI ANNI HA RACCOLTO A LIVELLO GLOBALE OLTRE 27.450.000 $.
I raduni: In considerazione dell’eterogeneo livello di restrizioni anti-COVID attualmente presenti a livello internazionale, il format originario di The Distinguished Gentleman’s Ride dovrà necessariamente variare, in quanto è evidente che la tutela della salute di tutti i partecipanti sarà un obiettivo fondamentale.
Attraverso gli hashtags #DGR2021 e #ForTheRide, Triumph supporter anche a livello social le diverse Ride in giro per il mondo e coinvolgerà influencer e brand ambassador. Paul Stroud, Chief Commercial Officer di Triumph: “Siamo orgogliosi di essere il principale partner di Distinguished Gentlemen’s Ride per l’8° anno consecutivo, ed è stupendo avvicinarci alla celebrazione del 10° Anniversario della manifestazione. La collaborazione tra noi e la DGR si è rivelato incredibilmente prezioso per aumentare la visibilità e il sostegno alla ricerca medica contro il cancro alla prostata e in supporto alla salute mentale maschile: due temi importanti per ogni uomo, non solo per gli appassionati delle nostre moto. Come ci aspettavamo, il valore di questa partnership cresce e si evolve di anno in anno.”
A titolo di omaggio al 10° anniversario della DGR, una speciale Triumph Thruxton RS “one off ” verrà svelata prima dell’evento, e data in premio al vincitore del Gentlefolk Competition 2021. Per prendere parte alla competizione e giocarsi la vittoria finale, sarà necessario registrarsi sul sito www. gentlemansride.com dove sono disponibili tutte le informazioni dettagliate. DGR: The Distinguished Gentleman’s Ride è nata a Sydney, Australia nel 2012 da un’idea di Mark Hawwa. Ispirato da una fotografia raffigurant un elegante motociclista in sella alla propria motocicletta vintage, Mark decide di creare una manifestazione a tema utile a combattere alcuni comuni stereotipi che dipingono negativamente i raduni motociclistici, anche e soprattutto attraverso la meccanica della raccolta fondi per finalità importanti come la ricerca scientifica in campo medico. Da allora, un numero sempre crescent di motociclisti si è simbolicamente unito a livello globale, attraverso moltissimi Paesi. Ad oggi, possiamo contare oltre 300.000 motociclisti e ben oltre 27 milioni di dollari di raccolta fondi. Quest’anno si punta a contribuire al superamento della soglia dei 30 milioni grazie al richiamo di un’edizione speciale sotto diversi punti di vista.
La gamma Triumph Modern Classic rappresenta l’essenza stessa della DGR: motociclette eleganti, iconiche, carismatiche, per motociclisti consapevoli.
Laddove non sarà possibile o consigliabile prevede un raduno “Covid-safe”, si confermerà ad esempio il format “Ride Solo Together” utilizzato a settembre 2020. Ulteriori informazioni saranno disponibili su www.gentlemansride.com. The Distinguished Gentleman’s Ride incoraggia fin da ora tutti i partecipanti ad osservare meticolosamente le norme in vigore in termini di distanziamento sociale e circolazione sul territorio. Triumph anche in questa occasione donerà 4 motociclette della famiglia Modern Classic ai 3 migliori “fundrasers” a livello globale e al vincitore della Gentlefolk Competition. Una di queste moto sarà una spettacolare Thruxton RS realizzata per l’occasione e celebrativa del 10° Anniversario.
Mark Hawwa, Fondatore & Direttore diThe Distinguished Gentleman’s Ride: “Difficile credere a dove siamo arrivati in soli 10 anni, ripensando al piccolo gruppo di eleganti uomini e donne che montando in sella alle proprie moto classiche hanno dato vita alla prima Distinguished Gentleman’s Ride. Abbiamo stabilito connessioni preziose e incontrato persone meravigliose in questi anni: e questo certamente si può dire per Triumph Motorcycles. Siamo insieme dal 2014, e sono orgoglioso di constatare quanti appassionati ci hanno seguito a livello globale, indossando i propri abiti migliori e contribuendo alla raccolta fondi tramite una semplice cavalcata in moto. L’obiettivo è superare la somma complessiva di 30 milioni di dollari, tramite un grande evento globale che dimostri la nostra passione ma anche l’assoluto senso di responsabilità nel far fronte alle restrizioni anti-COVID che troveremo nei vari Paesi del mondo. Lo faremo tutti insieme.” Info: www.gentlemansride.com
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SI RI VELA
SUL GARDA
SI PARTE AD APRILE CON I TEST DEL TRIMARANO “MARINA MILITARE NASTRO ROSA TOUR” E IL TROFEO ROBERTO BIANCHI Date che vanno. E vengono. A questo punto si dovrebbe partire nel week end “lungo” del 23-25 aprile quando ci sarà il Test dei trimarani Diam 24. Saranno le barche Inshore (regate costiere in ogni tappa) del Marina Militare Nastro Rosa Tour, giro di tutta la penisola che, si presenterà con questa anteprima lacustre. Sempre nelle stesse date si consumerà la classica d’apertura di Gargnano del Trofeo Bianchi per i monotipi, Orc, in abbinata con l’ultima manche della Winter Cup 2020-21. Dopo questo intenso week end, per maggio è in calendario il 15-16 la tappa del Circuito Ufo 22; il 22-23 maggio la Gentlemen Cup, sempre per i monotipi Dolphin, Asso, Protagonist, etc. Ad inizio giugno ci sarà il “Meeting 1001 Vela” riservato alle carene costruite con materiali Ecocompatibili, allestite dalle Università di Italia, Germania e Svizzera. A metà giugno ci saranno gli One Design del Dolphin che assegneranno il loro tricolore Open. Gli scafi firmati da Ettore Santarelli andranno a sfidare “Baraimbo 2”, detentore dello scudetto nazionale. Al via si annunciano quasi 25 carene, comprese quelle che arriveranno da Germania e Svizzera. La barca gardesano-sebina, disegno di Santarelli, prime costruzioni alla Maxi Dolphin in Franciacorta, le colline a sud del lago d’Iseo, rappresentano uno dei simboli del Made in Brescia in ambito nautico.
L’Italiano è fissato nelle date del 11 – 13 giugno, tra Bogliaco, Gargnano e il Prato di Tignale. Dal 26 – 27 giugno verrà collocato il Meeting Giovanile Centrale del latte di Brescia per il doppio Rs Feva, che si doveva correre nella settimana di Pasqua. Il medio Garda passa alla metà luglio (15-27 luglio) con il “Campionato Europeo Laser Master 2021” (Over 35 in su), che salvo sorprese, sarà la regata più affollata nel calendario della “West Coast” del lago di Garda, quella lombarda. Ad agosto (13-27 agosto) toccherà alle barche volanti del Persico69F. La flotta dei “Foil”, le barche alate made in Bergamo, Brescia e Verona grazie a Persico, Avant Garde e One Sails, saranno nelle acque dell’alto lago con le due regate della Revolution Cup (Youth Under 25 e Open), manifestazione che lo scorso anno ha goduto di patrocinio e contributo di Regione Lombardia. Si correrà da Gargnano fino a Limone, località che ospiterà la base logistica. La macchina organizzativa curata dal Circolo di Gargnano, dalla Flotta del Persico69F, e la collaborazione del Comune di Limone. Le sfide agostane proseguiranno con il Trofeo Gorla, la mezza Centomiglia, in programma il 29 agosto, la “71°Centomiglia” del 4-5 settembre, il giro del lago con le varie versioni che tanto successo hanno avuto lo scorso anno: la “Cento Foil”, per le barche volanti (Moth, Waszp, Persico69F), la “Centox2” (equipaggi di due persone), la “Cento People” con i progetti di vela terapia e del sociale. Il Club di Gargnano ha lanciato sui Social l’head line:”#GARDA, il lago più bello del Mondo”, accompagnato da un video con alcune appassionanti immagini della vela e delle rive lacustri. Tutti gli Eventi del Cv Gargnano si correranno sotto l’egida della Federazione Italiana Vela e XIV Zona Federvela; la collaborazione di #Visit Brescia, Consorzio lago di Garda Lombardia, Confcooperative Brescia.
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DA NON PEREDERE DAL 10 AL 13 MAGGIO
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Dal 2005, per anni mi sono occupato di tematiche ambientali e di politica locale, essendo stato, prima, cofondatore e coordinatore del Comitato Salute e Ambiente di Ospitaletto e, successivamente, cofondatore e coreferente dell’Associazione “CivicaMente – Cittadini di Ospitaletto”. Da metà del 2017 ho scelto di “appendere le scarpe al chiodo”, come si suole dire, deluso profondamente dall’insipienza dei decisori politici, ma anche dall’indifferenza generalizzata di gran parte dei miei concittadini. Da allora non mi occupo più attivamente delle tematiche politico-ambientali, ma ciò non significa che non abbia continuato ad interessarmene. Nelle ultime settimane, con il sequestro da parte della Magistratura degli stabilimenti Caffaro di Brescia, le questioni PCB e del SIN Caffaro sono tornate alla ribalta dell’attenzione mediatica e giornalistica; spero lo siano diventate altrettanto nell’opinione pubblica. Prima del “botto” avvertitosi con il sequestro, e anche in questi giorni, alla ribalta locale è apparsa la questione delle discariche Vallosa, in territorio di Passirano a ridosso del Casello autostradale di Ospitaletto, e delle discariche della Pianera e del Pianerino, nel Comune di Castegnato, tutte facenti parte del SIN Caffaro, in quanto lì vennero per anni, se non per decenni, interrati abusivamente fanghi, peci ed altri materiali di scarto delle lavorazioni degli Stabilimenti Caffaro, contenenti enormi quantità di PCB e PCT, nonché metalli pesanti. Pur inserite nel sito di interesse nazionale Caffaro, di fatto, le tre discariche sono “figlie di un Dio minore”, rispetto al grande problema dell’area nella città di Brescia, sia in termini di attenzioni, sia in termini di risorse economiche destinate o destinabili alla loro bonifica e/o messa in sicurezza. Che il PCB della Caffaro fosse fuori dall’uscio delle case dei cittadini di Ospitaletto, Castegnato e Passirano, lo scrissi già nell’aprile del 2008 dalle pagine del blog del Comitato Salute e Ambiente di Ospitaletto1, invitando i Sindaci dei tre Comuni ad agire e, finché si era ancora in tempo, a costituirsi in giudizio contro la Caffaro S.p.A. per i danni provocati. Ripresi nuovamente l’argomento, dal sito dell’Associazione “Civicamente - Cittadini di Ospitaletto, nel 20132, sottolineando come i cittadini dei tre comuni avessero il diritto di sapere cosa avessero fatto i loro amministratori per tutelare la salute pubblica, messa a repentaglio dal PCB stoccato alla Vallosa, alla Pianera e al Pianerino.
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SONO PASSATI 40 ANNI DALLE PRIME DENUNCE MA ANCORA NULLA DI DEFINITIVO SI È FATTO PER RISOLVERE IL PROBLEMA: UNA VERA BOMBA CHIMICA CHE MINACCIA LA NOSTRA SALUTE. LETTERA DI DENUNCIA DI DANIELE PIGOLI
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Da parte di Legambiente Circolo della Franciacorta sono state sollevate moltissime obiezioni su tale scelta e sono anche stati presentati esposti e diffide a vario livello; anche da parte di esponenti delle opposizioni di centro-destra e destra nei Consigli comunali di Ospitaletto Castegnato e Passirano, sono state presentate interrogazioni ai rispettivi Sindaci che, riprendendo sostanzialmente le obiezioni avanzate da Legambiente, chiedevano di riconsiderare una scelta ritenuta inutile e sbagliata, dando anche modo alla cittadinanza di essere informata chiaramente sugli interventi in progettazione. Pochi giorni fa, ho letto la risposta congiunta dei tre Sindaci alle interrogazioni delle opposizioni, a fronte della quale sono rimasto allibito e ho quindi deciso di intervenire con queste righe, interrompendo temporaneamente il mio “ritiro a vita privata”. In prima battuta, mi verrebbe da invitare i tre Sindaci a farsi un bel bagno. Non certo in acqua, data anche la stagione invernale, no di certo. Un bel “bagno di umiltà”, questo sì, farebbe loro un gran bene!
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Ma tanto nel 2008, quanto nel 2013, dalle Amministrazioni comunali di Ospitaletto, Castegnato e Passirano si percepì solo un fragoroso silenzio. Di recente, a Castegnato è stato portato a termine il “capping” dell’area della Pianera, ovvero si è messo un cappello di cemento sulla discarica, che avrebbe lo scopo di evitare che l’acqua piovana possa dilavare i materiali contaminati da PCB lì interrati, portandone gli inquinanti nelle falde acquifere. A quanto è dato sapere, del materiale presente nella discarica Pianerino ancora non è nemmeno stata eseguita la caratterizzazione. Ora, analogo intervento di “capping”, con il medesimo obiettivo postosi per la Pianera, sarebbe in progetto per la discarica Vallosa di Passirano, con una spesa stimata in circa 3 milioni di euro, non essendo al momento reperibili risorse per almeno 60-70 milioni che sarebbero necessarie per una bonifica radicale.
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Di fronte a riflessioni e considerazioni su un tema così importante, qual è la tutela della salute dei propri concittadini (siano esse originate da istanze proprie o facendo proprie istanze ambientali da altri già avanzate), come si può essere così arroganti da bollare queste interrogazioni delle opposizioni consiliari come “polemica fine a sé stessa”? Basta che un’idea, una proposta o una riflessione venga dalla parte politica avversa perché sia sbagliata o sia solo sterile polemica?
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Mi pare stolida e, ripeto, arrogante la minimizzazione da parte dei Sindaci dei documenti presentati dalle opposizioni. La quantità e lo stato dei rifiuti industriali presenti nelle discariche in questione rendono i siti interessati delle vere e proprie “bombe chimiche”, ormai innescate da quasi mezzo secolo pronte ad esplodere da un momento all’altro, senza che nel frattempo siano rimaste comunque dormienti, con il loro carico di tonnellate e tonnellate di fanghi, peci ed altri materiali di scarto delle lavorazioni degli Stabilimenti Caffaro, contenenti enormi quantità di PCB e PCT, nonché metalli pesanti, altamente cancerogeni. Non solo Vallosa, ma anche Pianera e Pianerino sono da considerare allo stesso modo, anche se qualcuno afferma che per le due discariche di Castegnato la situazione è diversa. Una nota interna all’Amministrazione comunale di Brescia, senza data, ma presumibilmente del 1976, citata da Marino Ruzzenenti in una sua nota del 2 agosto 2001 che anticipava la pubblicazione del volume “Un secolo di cloro… e PCB. Storia delle industrie Caffaro di Brescia” (Jaca Book, ottobre 2001), riportava infatti notizie particolarmente circostanziate sui rifiuti solidi prodotti dalla Caffaro, i quali: 3 “Dossier inquinamento. La discarica di fanghi industriali di Passirano.”, supplemento a “Medicina democratica”, n. 17, gennaio-febbraio 1980; “a mezzo Ditta Sgarzerla vengono depositati nelle Cave di: 1. Travagliato: Cloruro ferrico, prodotto degradabile; Q.li 320 al mese salamoia, possibilità o certezza della presenza di Mercurio; Perborato di sodio, ossia polvere calcarea e silicea; Clorato di sodio, scarto che può incendiarsi per sfregamento o percussione con altri corpi; 2. Castegnato: Peci di Fenclor (PCB): 70 q.li mese; Peci di Cloresil PCT): 50 q.li mese. Nota: Rifiuto Peci (se ne descriveva la pericolosità allora sconosciuta).
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l è solo quanto si sa di queste sostanze. Resta da dire il fatto che le sostanze scaricate dalla CQuesto
Caffaro non sono ben identificate riguardo alla composizione e alla natura di tutti i componenti (…) Pertanto allo stato attuale nulla vieta di considerare questa sostanza estremamente pericolosa riguardo al rischio di mutazioni indotte sugli organismi che ne vengono a contatto”. (D. Pigoli)
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ph. Edita realizzata dalla passerella di Christo
GRECIA: ASPETTIAMO CHE TUTTO QUELLO CHE VUOI
VENGA GIÙ TUTTO?
78 LA FRANA DI TAVERNOLA E LO TSUNAMI SULLE SPONDE DEL LAGO Vito Emilio Filì Che sia uno scempio lo vede chiunque, ed è la riprova che mai e poi mai si dovrebbe concedere ad un’impresa, sia essa privata o pubblica, in nome di qualunque motivazione economica, di distruggere il paesaggio, specie se trattasi di uno dei più bei paesaggi di tutto il nord Italia. Prima la montagna è stata miniera, quindi trivellata nelle viscere, poi trasformata in cava di pietra per alimentare il sottostante cementificio. Un pugno in un occhio ed è imperdonabile chi nel tempo ha voluto e consentito tutto ciò. Adesso, la montagna che sta su per miracolo, ha deciso di scendere giu e forse ricoprire con le sue rovine anche il cementificio. Una specie di riequlibrio, la sutura di una ferita inferta dall’uomo e dalle sue macchine per scavare risorse utili alle sue necessità. La frana trascina con sè la superbia dell’essere umano, la sua ignoranza e la sua incoscenza. Con molta franchezza studiosi e scienziati si sono premurati di mettere in allarme sulle possibilli conseguenze di un cedimento della grande massa e dei sommovimenti che potrebbe causare alla superficie del lago, una volta che vi fosse rovinosamente finita dentro ad una velocità notevole... Qualcuno ha parlato di un’onda che potrebbe arrivare ai sei metri di altezza, con una potenza indescrivibile capace di travolgere le sponde fronteggianti di Montisola e quelle di Iseo in seguito. Per non parlare delle tonnellate di materiali altamente inquinanti adesso stoccati all’interno del Cementificio e che si riverserebbero nel lago con conseguenze disastrose peril suo ecosistema. Una catastrofe annunciata. Si tratta solo di capire quando ma, per quanto si possano fare previsioni e immaginare possibili scenari, esiste una causale che è imprescrutabile. Pare infatti che il movimento della frana che minaccia il lago sia iniziato a seguito di una piccola scossa sismica, non forte da mettere in allarme la gente, ma sufficiente a smuovere una massa già in equilibrio precario. I terremoti come si sa non possono essere previsti e quindi nessuno può dire che la prossima scossa non diventi quella definitiva. Come dormiranno le tante persone che, abitando sulle rive del Sebino, temono un’accelerazione del fenomeno? A questo punto bisognerà che le autorità preposte mettano a punto un progetto credibile per mettere in sicurezza il pendio e fare in modo che la discesa della frana venga pilotata e gestita per non creare conseguenze. Anche sul fronte del turismo, già colpito duramente dalla pandemia, il prolungarsi dello stato di allarme, nonchè la chiusura della pittoresca strada che risale la sponda del lago da Sarnico a Lovere, contribuisce a rendere fosche le previsioni per il futuro. La Regione Lombardia ha stanziato recentemente fondi extra destinati all’Autorià di bacino del Lago d’Iseo per la sistemazione di porti e imbarcaderi ma pensiamo che, se risorse ci sono, siano da dirottare in via preferenziale alla messa in sicurezza della sponda bergamasca del Sebino e togliere la minaccia che ora pende sulla gente rivierasca.
DALLA PARTE DELLE DONNE, SEMPRE ESA è un’associazione nata dalle donne per le donne: dal 2007, anno di fondazione, promuove la cura della salute femminile con un particolare focus sulla prevenzione del tumore al seno, una malattia che, ogni anno, colpisce tantissime donne in tutto il mondo. La diagnosi di tumore al seno cambia la vita di una donna nel giro di due minuti: si entra in ospedale da persona sana e si esce come persona malata, come paziente. Con la diagnosi subentra un forte senso di impotenza, cambia la visione del presente e del futuro e, spesso, mutano anche gli equilibri familiari perché, si dice, quando si ammala una donna si ammala anche la sua famiglia. Grazie ai progetti che attua grazie alle donazioni e alle raccolte fondi, ESA offre sostegno non solo alle donne che stanno affrontando le terapie oncologiche e il lungo percorso verso la guarigione, ma anche alle famiglie e agli istituti di cura. Attraverso le campagne di prevenzione, ESA offre controlli senologici gratuiti presso i centri convenzionati (Spedali Civili di Brescia, Fondazione Poliambulanza, Istituto Clinico Sant’Anna): solo nel 2020 ben 185 donne hanno potuto sottoporsi gratuitamente a una ecografia e/o una mammografia grazie al “Progetto Familiarità”, di cui si parlerà più approfonditamente nei prossimi numeri del magazine. Nel corso degli anni, inoltre, grazie alla generosità di chi ha preso a cuore la sua mission, ESA ha donato ai principali ospedali e cliniche bresciane numerosi macchinari di alta diagnostica di ultima generazione, strumenti che permettono ai medici di diagnosticare più facilmente un tumore e di lavorare in maggior sicurezza: si tratta di ecografi, sonde, cappe per la preparazione dei farmici chemioterapici e di DigniCap, caschetti refrigeranti da utilizzare durante la chemioterapia per prevenire la perdita dei capelli e l’alopecia. Un’altra importante area di attività di ESA è l’assistenza alle donne malate di cancro al senso. Le volontarie presenti nella Breast Unit degli Spedali Civili di Brescia accolgono le pazienti e sono al loro fianco per tutta la durata del ricovero o delle terapie, una presenza discreta ma fondamentale, apprezzata anche dal personale medico e infermieristico del reparto. Infine, la Breast Unit ospita numerosi progetti di ESA volti a preservare la femminilità delle donne anche durante un percorso faticoso, come quello delle terapie oncologiche: si tratta di servizi che spaziano dalla consulenza nutrizionistica allo yoga, dalla cabina di estetica oncologica ai corsi di trucco.
ESA Educazione alla Salute Attiva Sede operativa “Il Ronchettino” Via del Medolo 2, 25123 Brescia Tel e fax 030 3385027 info@esa-salutedonna.org www.esa-salutedonna.org
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FONDAZIONE A.R.M.R. AIUTI PER LA RICERCA SULLE MALATTIE RARE
Dona il tuo 5×1000 a Fondazione A.R.M.R. CODICE FISCALE 02 452 340 165 Amica? Amico? …. Dammi una mano!! Dammi il 5 …. per mille Insieme alla “Ricerca” uniti per vincere! Sentiamo parlare spesso del 5 per mille, ma non tutti comprendiamo appieno il significato tanto meno l’importanza che ha per il sostegno alle no-profit come quello per la Fondazione A.R.M.R. Onlus
Ma che cos’è il 5 per mille? Il 5 per mille è una misura fiscale che consente ai contribuenti di destinare una quota dell’IRPEF (pari, appunto, al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche) a enti che si occupano di attività di interesse sociale, come associazioni di volontariato e di promozione sociale, onlus, etc. che svolgono prevalentemente attività socialmente utili, enti di ricerca scientifica e sanitaria. Il 5 per mille è stato introdotto in modalità sperimentale con la Legge Finanziaria del 2006 per sostenere, attraverso la destinazione di una quota di IRPEF, le organizzazioni non lucrative, le attività di ricerca scientifica e sanitaria e le attività socialmente utili svolte dai Comuni. Non è una donazione, ma non comporta neppure oneri aggiuntivi (in pratica non costa nulla) in quanto il contribuente è comunque tenuto a pagare l’IRPEF.
Ing. Giuseppe Mazzoleni, Fondazione ARMR
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Quindi il contribuente la paga comunque e il poter decidere a chi destinare è molto utile. Istituito nel 2006 in forma sperimentale, il 5 per mille è diventato un mezzo di sostentamento indispensabile per gli enti non profit; grazie ad esso, i cittadini, con le loro preferenze, permettono uno sviluppo armonico e responsabile del cosiddetto terzo settore, anche in virtù del fatto che le associazioni sono tenute a dimostrare come hanno impiegato le risorse ricevute. La Fondazione A.R.M.R. Onlus per lo sviluppo di attività di ricerca dedicate, per l’acquisto di apparecchiature elettroniche e materiale da laboratorio, nell’ultimo triennio ha donato € 720.000,00. Le recenti gravi ripercussioni causate dalla pandemia da “COVID-19” dovrebbero farci riflettere sulla importantissima necessità di investire nella “Ricerca” ora più che mai. Con il contributo del 5 per mille, lo scorso anno, sono state sviluppate importanti attività presso il Centro Ricerche Cliniche dell’Istituto Mario Negri a Ranica (Bg) e nel laboratorio di biologia cellulare e medicina rigenerativa dipartimento di medicina molecolare presso MD Anderson Cancer Center a Huston (Texax USA). Ora vorremmo continuare a fa crescere le attività di ricerca anche con il tuo contributo del 5 per mille e questo è uno splendido modo di contribuire alle attività della Fondazione A.R.M.R. Onlus e che non costa nulla. La normativa consente a tutti i contribuenti (persone fisiche) di destinare già dalla dichiarazione dei redditi, una parte delle imposte anche a favore della Fondazione A.R.M.R. ONLUS.Il contribuente, in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, può apporre la propria firma a fianco dell’opzione prescelta e riportare il codice fiscale 02 452 340 165 della Fondazione A.R.M.R. Onlus. Carissimi Amiche e Amici chiediamo anche a voi di partecipare alla creazione di un futuro migliore devolvendo il 5 per mille nella vostra dichiarazione dei redditi Coinvolgi anche i tuoi amici per donare il 5X1000 alla Fondazione A.R.M.R. Tutto ciò è semplicissimo! In sintesi ecco come fare: 1. Compilare la scheda CUD, il modello 730 o il modello Unico 2. Firmare nel riquadro indicato come “Sostegno del volontariato” 3. Indicare il codice fiscale della Fondazione A.R.M.R. Onlus 02 452 340 165 Dopo aver contribuito al 5 per mille, se vorrai restare informato su tutte le attività svolte dalla Fondazione A.R.M.R. Onlus, manda la tua mail all’indirizzo segreteriapresidenza@armr.it e ti terremo sempre aggiornato. Così facendo riceverai, oltre ad una lettera di ringraziamento, tutti gli aggiornamenti e riuscirai a comprendere meglio anche le molteplici attività di ricerca svolte con il sostegno della Fondazione A.R.M.R. Onlus; inoltre potrai sempre partecipare attivamente anche ai tantissimi e piacevoli incontri culturali e di divertimento che verranno organizzati.
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