ANTEPRIMA TIME MANAGEMENT Modulo 1 TESTO A CURA DI: DOTT.SSA GIOVANNA DI PAOLO
IL TIME MANAGEMENT INDICE 1)
IL FENOMENO TEMPO
2)
IL PRINCIPIO DI PARETO
3)
PREROGATIVE DEL TEMPO
4)
FINALITA’ E OBIETTIVI
5)
LE SCELTE
6)
ESERCIZIO SULLA VALUTAZIONE DEL TEMPO
7)
ESERCIZIO SULLA GESTIONE DEL TEMPO
8)
IMPARARE A PIANIFICARE
9)
IL PENSIERO POSITIVO
10) LA GESTIONE PER OBIETTIVI 11) CONOSCERE SE STESSI
12) CONCETTO DEL PRIMA DURANTE E DOPO
13) I LIMITI DEL TEMPO COME RISORSA 14) LA DELEGA 15) SAPER DIRE DI NO 16) LA CAPACITA’ DI CONCENTRAZIONE 17) TECNICHE DI TIME MANAGEMENT 18) L’ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE 19) LA GESTIONE DELLO STRESS 20) LIFE MANAGEMENT
21) I LADRI DI TEMPO 22) IL MOMENTO GIUSTO 23) PREVENIRE GLI AVVENIMENTI 24) GESTIONE DEL TEMPO E COMUNICAZIONE 25) TRASFORMARE LE IDEE IN PIANI Obiettivi del corso: imparare a gestire meglio il proprio tempo
1. IL FENOMENO TEMPO Il tempo è la risorsa più democratica che esista, dal momento che tutti gli uomini hanno la stessa quantità di ore a disposizione durante la giornata. Eppure, l’esperienza ci insegna che ci sono alcune persone che ne hanno sempre troppo poco, e altre (ma sono la minoranza) che ne hanno a sufficienza per portare a termine tutti i loro progetti. Le contingenze attuali, i cambiamenti di stili di vita o di lavoro, difficoltà economiche che costringono a conciliare anche più di un'occupazione con la famiglia, distanze spesso considerevoli fra un posto e l'altro da raggiungere possono facilmente eccedere quelle che percepiamo essere le nostre personali capacità di gestione e organizzazione del tempo. Il tempo scorre, non può essere né fermato né controllato, è in qualche modo la vita stessa. Aspettarsi di poter letteralmente gestire il tempo è fuorviante giacché scorre a prescindere da noi, incontrollatamente e illimitatamente; ciò che possiamo controllare, limitare o riorganizzare sono le attività con cui lo occupiamo. Più che gestire il tempo, possiamo gestire noi stessi: l'efficienza non sta nel fare il più possibile, ma nel fare quello che più ci permette di raggiungere i nostri obiettivi prioritari. Tempo oggettivo e tempo soggettivo Siamo abituati a pensare al tempo in termini oggettivi, al tempo inteso come "Kronos", ovvero in senso oggettivo e misurabile; in quest’ottica il tempo sfugge dalle nostre mani prima ancora che possiamo riuscire ad afferrarlo; non esiste alcun momento presente perché ogni attimo, nel momento stesso in cui lo stiamo vivendo è già trascorso: possiamo solo o volgerci al passato o proiettarci verso il futuro.
Diversa è invece l’accezione del tempo come "Cairos", ovvero il tempo soggettivo, psicologico o narrativo entro il quale assegniamo significati e connessioni agli eventi del “qui e ora” secondo quelle che sono nostre aspettative e i nostri obiettivi (Stern, D., Il momento presente. In psicoterapia e nella vita quotidiana, Cortina, 2005). E’ entro questa risignificazione soggettiva del tempo che possiamo fermarci a riconsiderare la reale importanza dei nostri impegni secondo i nostri piccoli e grandi obiettivi di vita. La gestione del tempo (o time management) è l'atto od il processo di pianificare ed esercitare un controllo sul tempo utilizzato per specifiche attività, in particolare per aumentare l'efficacia, l'efficienza e la produttività. In realtà, il problema della mancanza di tempo è un falso problema: la vera questione è che spesso le persone non sanno gestire se stesse. Stephen Covey, in The seven habits of highly effective people, afferma che l’essenza di una gestione efficace del tempo e della vita consiste nell’organizzare e nell’eseguire in base a priorità bilanciate. Secondo Covey, le cause di una insoddisfacente gestione del tempo possono essere tre: 1)
l’incapacità di fissare priorità,
2)
l’incapacità di organizzarsi intorno alle proprie priorità,
3)
la mancanza dell’autodisciplina necessaria per eseguire tali priorità, attenendosi ad esse.
La maggior parte delle persone, sostiene Covey, ritiene che il loro difetto principale sia la mancanza di autodisciplina ma, a suo modo di vedere, le cose stanno diversamente, ed il problema fondamentale è che esse non hanno priorità profondamente radicate nel loro cuore e nella loro mente e, di conseguenza, non sanno definire con esattezza le attività da svolgere per portare a termine i propri progetti.
Le sette regole per avere successo secondo Stephen R. Covey: Regola 1 – Sii PROATTIVO (orientato all’azione)
Regola 2 – Comincia pensando alla fine Regola 3 – Dai precedenza alle PRIORITA’ (ciò che è più importante per te) Regola 4 – Pensa vincere/vincere Regola 5 – Prima cerca di capire … poi di farti capire Regola 6 – Sinergizza Regola 7 – “Affila la lama Stephen R. Covey ha illustrato uno schema di classificazione per le centinaia di approcci di gestione del tempo che ha esaminato: A.
Prima generazione: a livello di promemoria sulla base di sveglie, orologi con timer e con possibile applicazione del computer, può essere utilizzato per avvisare una persona quando un compito deve essere fatto.
B.
Seconda generazione: progettazione e preparazione tramite agenda, post-it, taccuino, calendario degli appuntamenti, ecc... include la definizione degli obiettivi.
C.
Terza generazione: la pianificazione, con priorità di controllo (usando un organizer personale, altri oggetti di carta, o il computer o sistemi PDA-based) attività su base giornaliera. Questo approccio implica il trascorrere del tempo nel chiarire i valori e le priorità.
D.
Quarta generazione: essere efficienti e proattivi utilizzando uno degli strumenti di cui sopra; obiettivi posti e ruoli come elemento di controllo del sistema per favorire l'importanza oltre l'urgenza.
Il messaggio fondamentale di Stephen Covey è basato soprattutto sullo sviluppo del potenziale umano e delle organizzazioni. Possiamo essere reattivi o proattivi: tentare di modificare ciò che per definizione non è modificabile, oppure concentrarci sull’unica realtà che davvero possiamo cambiare: le nostre immagini mentali e i nostri comportamenti (abitudini). Sono necessari allenamento e perseveranza. Possiamo crearci la scusa di “non avere tempo” per fare ciò che vorremmo e dovremmo, oppure organizzare il nostro tempo, pianificare, riconoscere le vere priorità, assumere il controllo. Possiamo trascorrere la vita a lamentarci delle beffe di un destino cinico e baro, oppure impadronircene e orientarlo. Anche Gray, autore del saggio Il comun denominatore del successo, dopo aver analizzato lo stile di vita di numerose persone di successo scoprì che ciò che le accomunava non era la capacità di lavorare tante ore o la fortuna o l’abilità nelle relazioni interpersonali, bensì la capacità di dare la precedenza alle priorità. Riuscivano in questo modo a svolgere attività magari non piacevoli ma necessarie, perché avevano ben chiaro lo scopo da raggiungere. Come si può immaginare, è estremamente difficile gestire attività che non sono ancora state identificate o pianificate. Ed è quello che, purtroppo, blocca la maggior parte di noi.
Anche tra le sette regole di Stephen Covey, la terza, “dare precedenza a ciò che è più importante”, ci dice, in pratica, che una buona capacità di time management è fondamentale per diventare una persona di successo. Facile a dirsi, ma nella pratica può essere molto più difficile. La gestione del tempo è il processo che porta a pianificare quanto dedicare a specifiche attività, per aumentare l’efficacia, l’efficienza e la produttività. Lo facciamo tutti, ogni giorno, quando decidiamo cosa fare prima e cosa, eventualmente tralasciare. Non è semplice, perché a volte si tende a dare più importanza a cose che ci portano lontano dai nostri obiettivi. La buona notizia è che saper gestire il tempo, al netto di una predisposizione personale che può indubbiamente agevolare, è una capacità che si può anche imparare e migliorare con una serie strumenti e tecniche Dal punto di vista dell’essere umano esistono diversi tipi di tempo: 1)
Tempo naturale: riguarda gli aspetti fisiologici dell’esistenza
2)
Tempo collettivo: è quello del calendario e dell’orologio, degli appuntamenti e della vita organizzata
3)
Tempo della mente: riguarda il modo in cui ciascuno di noi dà un senso al fluire degli anni e degli eventi, in base al carattere e alle esperienze. È indispensabile per la progettualità perché fornisce i punti di partenza e permette di ipotizzare quelli di arrivo.
Fino a ieri si era ritenuto che il trascorrere del tempo fosse esterno a noi e che venisse registrato dal nostro cervello come una sorta di replica immediata di quel che andava accadendo momento per momento. Pertanto ciò che consideriamo il presente è il frutto di una combinazione tra il passato conservato nella nostra memoria e il pronostico del futuro. Come ha sintetizzato Kierkegaard: “Si vive la vita protesi verso il futuro, ma la si comprende volgendosi verso il passato”.
2. Il PRINCIPIO DI PARETO Questo principio si basa su un concetto tanto semplice quanto reale: la grande parte dei risultati che otteniamo deriva da una minima parte di ciò che facciamo. Per essere ancora più precisi il principio dice che : “Il 20% delle cause, produce l’80% dei risultati” In altre parole l’80% dei risultati deriva dal 20% del lavoro.
Esattamente nel 1897, Pareto si trovava in Inghilterra, e studiando la distribuzione dei redditi e delle ricchezze arrivò alla conclusione che solo pochi individui possedevano la maggior parte della ricchezza, per la precisione, l’80% della ricchezza era e posseduta dal 20% delle persone. Da questa osservazione scoprì un modello regolare che era applicabile non solo alle ricchezze e al reddito ma a qualsiasi campo. Nonostante la veridicità della sua scoperta Pareto riuscì tuttavia ad entusiasmare solo pochi colleghi economisti e il suo principio finì sepolto sotto un fumoso linguaggio accademico e una quantità di formule algebriche. L’Idea di Pareto incominciò ad essere nota quando Joseph Moses Juran, il padre della moderna gestione della qualità, ridefinì il principio “la regola dei pochi elementi essenziali”. Nel suo volume del 1951 “Il manuale del controllo della qualità“, che ebbe grande diffusione in Giappone e poi in tutto l’Occidente, Juran contrappose “i pochi elementi essenziali” ai “molti ininfluenti”, mostrando come i difetti nella qualità potessero essere ampiamente eliminati, in modo veloce ed economico, focalizzandosi sulle poche cause principali.
Questo principio si diffuse ampiamente in Giappone che tra il 1957 e il 1989 crebbe più rapidamente di qualsiasi altra economia industriale. Negli Usa e in Europa, il principio di Pareto divenne nel corso degli anni ’60 ampiamente conosciuto come la “regola del 80/20” e si diffuse tantissimo. I successivi studi ed approfondimenti hanno verificato la veridicità empirica di questa legge in economia, nel business e nelle scienze interdisciplinari. Nel 1963 l’IBM scoprì che circa l’80% del tempo di funzionamento del computer veniva speso per eseguire meno del 20% del suo codice operativo. Gli ingegneri dell’IBM riscrissero il codice per rendere quel 20% più accessibile e facile da usare da parte degli utenti, conquistandosi così, la leadership del mercato. La cosa più interessante rimane comunque il fatto che il principio è applicabile praticamente a quasi tutti gli altri aspetti della nostra esistenza: dal lavoro, alle relazioni, al raggiungimento degli obbiettivi alla gestione del tempo. Questo principio quindi, oltre ad aiutare le imprese a ottenere maggiori risultati, può anche aiutare le persone a migliorare le proprie vite, diventare più efficaci e felici, rendersi conto di quanto solo poche persone o cose contino davvero. Circa l’80% dei risultati di successo che ottieni deriva dal 20% dei progetti che porti a termine e che l’80% del valore che ottieni dalle tue relazioni deriva in realtà da solo il 20% delle persone che conosci.
Il punto centrale è che il mondo non è descrivibile sulla base di un rapporto 50/50; sforzo e ricompensa non sono correlati in maniera lineare.
Il segreto è imparare ad individuare e concentrarsi su quei pochi elementi davvero funzionanti per ciascuno di noi, e lasciare perdere tutto ciò che è superficiale e inutile. Questa regola o legge è dunque un modo per fare il punto sulle tue abitudini, razionalizzare i comportamenti ed operare scelte in ottica di efficienza, personale e professionale. Applicando il principio 80/20 ti accorgerai quante sono le attività quotidiane che “non servono a nulla”, quante sono le ripetizioni, le abitudini, i comportamenti altamente dispersivi e improduttivi. Come può essere applicato questo principio? Fondamentalmente quello che devi fare è cambiare il tuo modo di pensare; non ragionare più in termini di “equilibrio” cioè con un rapporto 50/50, ma in termini di “squilibrio” 80/20. “Il lavoro migliore non è quello che ti costerà di più, ma quello che ti riuscirà meglio”. (Jean-Paul Sartre) Nel nostro lavoro siamo abituati a pensare che ogni aspetto sia importante, invece il segreto per cominciare ad operare cambiamenti sta proprio nella capacità di ragionare distinguendo le attività di qualità da quelle che non lo sono. Tutto sta nel “coraggio” di dire no a molte attività abitudinarie ma dispersive e poco produttive, nella capacità di rinnovarsi e convincersi che da poche azioni nuove e strategiche possano derivare molti e importanti nuovi risultati. Insomma, non è sempre e solo il duro lavoro a portare i risultati, ma anche un nuovo atteggiamento mentale. Ecco alcuni consigli pratici per applicare il principio 80/20 alla tua sfera professionale:
Concentrati su ciò che sai fare bene e accetta i tuoi limiti. Nel tuo lavoro non puoi occuparti personalmente di ogni aspetto, anche se fare tutto in prima persona ti fa sentire più sicuro. Per quanto tu possa sforzarti, non avrai mai sufficiente tempo e forza di volontà per fare tutto. Ognuno di noi è maggiormente predisposto a svolgere delle attività piuttosto che altre, concentrati su quelle cose che sai fare bene, che ti riescono senza eccessivo sforzo. Se c’è qualcosa che non ti riesce facilmente, e sai benissimo che ti richiederà tantissimo tempo e sforzi con risultati miseri, metti da parte l’orgoglio, chiedi aiuto e delega quell’attività. Accetta una buona volta di fidarti degli altri, affida dei compiti alle persone di cui hai fiducia.
Evita il sovraccarico di informazioni Siamo nell’era dell’informazione e scegliere le giuste fonti di informazione è essenziale per non essere travolti dalle informazioni stesse. Che senso ha leggere tutti i manuali che trovi, fare corsi di formazione che ripetono le stesse cose, continuare a ricercare informazioni e notizie sull’argomento a cui devi lavorare se il risultato è solo tanto tempo speso a leggere e studiare di tutto con pochi o nessun risultato tangibile. Scegli le tue fonti di informazione in maniera accurata e ignora il resto. Prima di leggere un manuale o frequentare l’ennesimo corso di aggiornamento chiediti: è davvero importante per il mio progetto? Posso trarne informazioni davvero utili?
80% di pianificazione e 20% di azione Anche se sei in ritardo con la consegna di quel report, anche se ti sembra di avere l’acqua alla gola e devi assolutamente finire quella relazione, qualsiasi sia il lavoro che hai di fronte, non passare mai all’azione se prima non hai pianificato tutto nel dettaglio. Il principio 80/20 è universale, e può essere applicato anche alla tua vita privata e alle relazioni con gli altri. Per esempio il 20% delle amicizie che hai ti da’ l’80% della soddisfazione; l’80% del valore delle nostre relazioni deriva dal 20% delle relazioni stesse. C’è una teoria secondo la quale siamo il risultato delle 5 persone a noi più vicine, le amicizie e le persone di cui ti circondi e con cui trascorri il tuo tempo sono più importanti di quello che credi. Lo stesso Abraham Maslow, padre fondatore della psicologia umanistica, nel corso dei suoi studi arrivò ad elaborare il concetto di autorealizzazione dell’uomo sano, cioè un processo di «continua realizzazione di potenzialità, capacità, talenti, come adempimento di una missione, come una totale conoscenza e accettazione dell’intrinseca natura della persona, come una tendenza sempre più forte verso l’unità, l’integrazione o la sinergia all’interno della persona». Nel suo volume “Motivazione e personalità” descrive gli individui autorealizzati come persone che hanno legami particolarmente profondi con un numero di persone relativamente piccolo. Il concetto è: meglio pochi amici ma buoni.
Legge
Rischi
Rimedi
La legge di Parkinson: il lavoro si dilata fino ad occupare la totalità del tempo disponibile La legge di Illich: oltre ad una certa soglia di lavoro l’efficacia personale tende a decrescere La legge di Murphy: ogni cosa prende più tempo di quanto non sia previsto La legge di Carlson: svolger un’attività in maniera continua prende meno tempo che farla più volte La legge di Fraisse: il tempo è una variabile soggettiva, ciò che ci piace passa velocemente, ciò che non ci piace diventa eterno. La legge di Pareto: il 20% delle attività produce l’80% dei nostri risultati
Utilizzare più tempo di quanto sia Valutare il tempo necessario. Fissarsi un tempo necessario: perdita di efficienza limite Confondere quantità e qualità di Rispettare i propri cicli di lavoro personale. lavoro Prendersi delle pause Non finire mai ciò che si è iniziato Incentivare interruzioni
eccessivamente
Analizzare l’utilizzo del proprio tempo (attività) rispetto ai risultati (obiettivi) le Privilegiare sequenze omogenee di lavoro. Proteggersi dalle sollecitazioni esteriori
Considerare come secondario ciò Analizzare le priorità delle attività che non ci piace e procrastinarlo indipendentemente dal piacere delle attività all’infinito Confondere l’importante con Identificare le attività ad alto rendimento. Delegare l’urgente
3. PREROGATIVE DEL TEMPO Il tempo sfugge ad ogni nostra possibilità di controllo oggettivo. 1)
Limitato: il limite è il primo luogo soggettivo. Ognuno di noi ha una certa quantità di tempo da vivere a disposizione: il fatto di ignorare quanto esso sia, non implica che possa essere sconfinato
2)
Incontrollabile: non esistono modi per influire sul trascorrere del tempo
FINE ANTEPRIMA CORSO