ANTEPRIMA VISUAL MERCHANDISING Modulo 1 TESTO A CURA DI: DOTT.SSA ALESSANDRA PETRARULO
INDICE La Semiotica del Marchio La vetrina e il Visual Merchandising L'ambiente di vendita Tipologie di Store Corner di vendita Punti essenziali del Visual Merchandising Classificazione Merceologica Organizzazione spaziale di Layout
La presentazione della merce I punti Focali Le attrezzature I Livelli Espositivi della merce La vetrina e lo spazio urbano Insegna e Vetrina Tipologie di Vetrine L'esempio di Aspesi
LA SEMIOTICA DEL MARCHIO. La marca rappresenta, come si vede dalla sua etimologia, dall’antico germanico “markian”, segno di confine, una marchiatura, un segno di appartenenza. Il marchio in americano si chiama “logo”. La marca è immateriale, vive esclusivamente attraverso i sistemi espressivi che le permettono di manifestarsi: un nome, un logo, una serie di colori e di segni grafici, l`adversing che le fornisce un contesto narrativo, il packaging che la identifica e la differenzia dai concorrenti, i luoghi di consumo, i punti vendita, che le permettono di declinare, modificare, arricchire il senso del o dei prodotti che essa rappresenta. All’interno del punto vendita, l’individuo si muove in un universo di segni, articolati tenendo conto delle logiche espositive che differenziano i tipi di negozi e le varie filosofie di marca. Riprendendo le osservazioni di Jean Marie Floch, si può dire che “la semiotica delucida a fondo l`aspetto figurativo della marca, mostrando come la scelta di forme, di stili e di modalità espositive definiscano la marca nella sua globalità, insomma ne inglobano quella filosofia aziendale che si vuole ottenere”.(1) La significazione, nel concetto di marca, si pone nella dialettica tra ricezione e produzione, che pone al centro le azioni degli attori sociali. I sistemi che concettualizzano il nuovo mercato della marca sono tre: il sistema di produzione, il sistema della comunicazione e quello di ricezione. “Ogni componente del marchio, quindi, è` dinamico e interagisce con gli altri due, costantemente, reagendo alle influenze reciproche.”(2)
La semiotica, quindi sposta l`attenzione sul marketing operativo, definendo questa parte brand immaging, che si forma sul luogo dedicato alla vendita attraverso il visual merchandising; in parole povere, la declinazione espositiva dei prodotti di una marca all`interno di una superficie dedicata alla vendita. Il punto vendita è, quindi, un luogo dedicato all’azione di vendere, ma non solo prodotti, si prefigge di mostrare e spandere anche idee. Questa nuova formula di vendita cattura l’immaginazione del consumatore, poi ne sublima i sensi e in fine ne prende il suo denaro. Il consumatore percepisce quindi che le merci vivono in sua funzione e scambia con gli oggetti rapporti ravvicinati; proprio per questo è importante il punto vendita, “quest’ultimo deve essere a misura del pubblico, che deve avere un rapporto autonomo con le merci, stabilendo con esse un regime di cooperazione interpretativa.”(3) Greimas postula che “il senso si produca per generazione, per arricchimento proggressivo. Questo percorso è scandibile in tre livelli: assiologico, narrativo e superficiale.”(4) il livello assiologico è quello dei cosidetti valori profondi, un nucleo costitutivo in termini di immaginario e di simbolismo. Qui vi si trovano i valori dell’identità stessa, quelli che attribuiscono alla marca senso e vita. il livello narrativo, di tipo intermedio, raccoglie quei valori che vengono organizzati secondo un determinato racconto, possono essere espliciti o strutturati, quindi attribuisce alla marca una forma narrabile ed esplicita. il livello discorsivo è il livello base in cui i valori di base e le strutture narrative vengono arricchite dalle figure del mondo: personaggi, oggetti e sentimenti. il livello discorsivo è importante dal punto di vista strategico, poiche prende forma dal contesto socio-culturale del pubblico, e così genera riconoscibilità e legame affettivo nei confronti della marca stessa, quindi un processo di immedesimazione con il prodotto che questa vende.
Volendo comprendere questo discorso in maniera più completa, si deve prendere in visione Umberto Eco, che con la teoria di cooperazione interpretative designa non solo il messaggio ma anche il profilo del suo destinatario, cioè ha bisogno di esso per poter funzionare attivamente, ovvero per produrre determinati significati. “l`identità di una marca quindi è il frutto di scambi di informazioni tra azienda e consumatore.” (5) La marca si comporta analogamente alla firma, quindi è un dispositivo semiotico che autentica un oggetto, legandolo a una determinata azienda, e riproponendo tutte quelle caratteristiche che la data azienda vuole esternare con i suoi prodotti. C’è differenza però tra la firma e la marca, poiché la firma ha un doppio sistema di garanzia della contiguità con il legittimo autore e dunque della sua responsabilità; d’altro canto la marca non è proponibile come un oggetto di una singola persona, poiché deriva da un progetto industriale, ma possiede come garanzia, quella dell’azienda produttrice. “La marca in definitiva, oggi, è una firma industriale, riproducibile per definizione.”(6) Come individua Toening, la marca è dotata delle seguenti funzioni principali: funzione di identificazione, cioè la marca identifica le caratteristiche principali del suo prodotto funzione di orientamento, aiuta il consumatore a orientarsi nell’acquisto tramite un’offerta strutturata funzione di garanzia, è un impegno pubblico da parte dell’azienda produttrice nei confronti del consumatore
funzione di personalizzazione, si pone come scelta personale dell’acquirente, nell’ambiente sociale in cui viene materializzata in confronto con altre concorrenti funzione ludica, corrisponde al piacere fruito dal consumatore nell’azione di acquisto.(7)
1 Floch, Semiotique, marketing et communication; Parigi, 1990. Trad. it. 1992, Semiotica, marketing e comunicazione. Dietro i segni le strategie, Milano, Angeli. 2 Isabella Pezzini, Pierluigi Cervelli, Scene del consumo, Maltemi. 3 Isabella Pezzini, Pierluigi Cervelli, Scene del consumo, Maltemi. 4Greimas 1976, Semiotique et sciences socials, Paris, Sevil; trad. it. 1991 Semiotica e scienze sociali, Torino, Centro Scientifico Editore 5 Eco, Trattato di semiotica generale, 1975 Milano Bompiani 6 U. Volli, la semiotica della pubblicità. P 84 7 U. Volli, la semiotica della pubblicità
LA VETRINA E IL VISUAL MERCHANDISING. Per entrare nel discorso della vetrina, ma soprattutto di come il Visual merchandising, sia la soluzione ottimale, che negli ultimi decenni ha dettato le leggi per un nuovo tipo di mercato, vorrei proporvi il brano introduttivo, che Bruno Munari, scrive per il libro “Vetrine negozi italiani”. All’interno di questo si possono ritrovare tutti quegli elementi che formano la nostra immagine odierna di vetrina e di negozio. “La vetrina opera al momento giusto, quando il probabile cliente ha in mente di acquistare qualcosa e sta per decidersi. Se l’esposizione lo convince egli entrerà e acquisterà, non c’è tempo di mezzo che possa distrarlo o fargli attenuare la suggestione ricevuta. Si tratta quindi di creare questa suggestione nel Massimo della sua intensità. Non bisogna sbagliare bersaglio, la merce deve essere bene esposta, possibilmente visibile da tutte le parti, davanti dietro, dentro e fuori, proprio come vorrebbe il cliente, deve essere pulita, fresco, non deve avere un aspetto vecchio o polveroso e soprattutto deve mostrare la convenienza dell’acquisto. Alla progettazione di un negozio o di una vetrina concorrono tutti i mezzi tecnici oggi esistenti. Primo fra tutti la luce … La merce esposta con ordine e chiarezza. Una volta si usava fare composizioni artistiche nelle vetrine … : un pavone fatto con le posate, un cigno fatto con la biancheria, un robot fatto con pentole di alluminio. Tutte cose divertenti ma non dicono al cliente se quella merce è buona o conveniente, dimostrano solo l’estro del vetrinista. In Italia la progettazione delle vetrine è affidata ad architetti e artisti di gusto molto moderno, perchè la vetrina deve essere sempre una sorpresa, una novità piacevole, che ambienti e presenti la merce mettendo in mostra tutti i punti di interesse di un oggetto.
Naturalmente ogni prodotto ha un pubblico e per ogni suo pubblico c’è la possibilità di usare dei richiami adatti: colori, forme, materie, illuminazione, quantità ecc. Per uomo o donna, per casa o per l’ufficio, per una macchina o per una cipria, per una vetrina di lusso o per una vetrina popolare. Una vetrina non può durare più di quindici giorni, deve essere facile da smontare, la seguente dovrà essere facile da montare, nel più breve tempo. La tendenza moderna è quella di adottare elementi modulari che possono essere combinati e variati il più possibile: un pannello e un supporto particolare che si adattino a qualunque tipo di vetrina. Con questo sistema le spese di allestimento vengono ridotte al minimo. La grafica delle scritte e dei numeri dei prezzi ha la sua importanza per la chiarezza e la leggibilità. … L’interno del negozio accogliente, ben illuminato, senza odori sgradevoli, arredato con materiali studiati in modo che mettano bene in risalto la merce, sia per contrasto che per affinità, facilita gli acquisti. La tendenza attuale è quella di fondere la vetrina e il negozio in un ambiente solo, per cui non ci sia un distacco tra i due elementi, qualcosa che il pubblico dovrà superare; se la vetrina e il negozio sono strettamente legati, quasi una cosa sola, sarà più facile, per un cliente, entrare.
Ci sono poi i problemi delle vetrine per i negozi in serie, tipo supermarket o negozi a prezzo fisso, negozi di una stessa merce in varie città. Questi dovrebbero avere uno stile, una linea comune, una fisionomia. … quindi elementi standardizzati, colori particolari, tipo di esposizione della merce standardizzato, elementi riconoscibili a prima vista. … il problema è di caratterizzare, in ogni caso, sia che si tratti di un negozio singolo o di una catena di negozi. Caratterizzare vuol dire stile, linea, fisionomia e questo si ottiene interpellando per la progettazione gli specialist del ramo.” Abbiamo ritrovato quindi le caratteristiche fondamentali. Chiarezza, coerenza, target, varietà, semplicità, caratterizzazione.
L’ AMBIENTE DI VENDITA. Il commercio, oggi giorno, presenta una determinata strategia di vendita, che non contempla più soltanto la spettacolarizzazione delle merci, ma cerca di dare, nei punti vendita, dialogo esperienziale tra il consumatore e i prodotti in vendita. Quindi si predilige il punto di vendita, PdV; questo risulterà complesso, studiato nel dettaglio e meno esteso se si tratterà di un concept store o di un negozio monomarca. La scelta delle aziende, che producono determinati prodotti, di affiancare alla struttura produttiva una struttura di vendita diretta, cela la necessità di proporrre meglio la propria immagine, convincendo della propria filosofia il consumatore, all’interno di un luogo forte di emozioni, quale il punto vendita. Il punto vendita quindi: rappresenta la marca e comunica con la clientela, attua strategie di marketing aziendale; queste strategie e riferimenti vengono rappresentati, analizzati e verificati in base agli obbiettivi che ogni marca riesce a supportare. Esistono diverse tipologie di un punto vendita: Flagship store corrisponde al format completo che caratterizza la marca, la rappresenta in pienezza; il suo spazio equivale ai valori e stili propri del marchio. Si dice “essere il negozio bandiera”, l’esempio da seguire. Per essere ottimale necessita di grandi spazi anche su più piani, ubicato in aree prestigiose o con un bacino di utenza esteso. Offre un livello multidirezionale di servizi e sperimentazione a livello di allestimento e produzione emotiva.
Questo tipo di PdV si divide in due categorie: FLAGSHIP BRAND STORE, dove ritroviamo l’evoluzione del negozio monomarca; THEMED FLAGSHIP BRAND STORE, negozio mono o multi brand con tematizzazione .
THEMED FLAGSHIP BRAND STORE di Stuart Weitzman a Roma
Flagship store Louis Vuitton Hong Kong e New York
Concept store: è un negozio mono o multi brand, dove lo sviluppo di gestione è medio alto e con favore di una strategia a support delle vendite di coinvolgimento emozionale del consumatore. Questa tipologia di PdV l’affronteremo meglio in seguito.
Eclaireur Parigi concept store
Ermes concept store
Store monomarca: come esplica il nome , comprende quella tipologia di negozio dove la marca è una sola e la cui insegna la propone su lato strada. Lo spazio è di solito tra i settanta e i centocinquanta metri quadrati. Rappresenta la migliore applicazione del concept del brand e soddisfa appieno le aspettattive di acquisto del cliente.
Store multimarca: sotto l’insegna di questo PdV si trovano diversi brand, il livello di concept può essere tematizzato in funzione della struttura merceologica che si vuole proporre; l’offerta è diversificata e può proporre un total look, per quanto riguarda i negozi di abbigliamento, non omologato e scelto in base al gusto del buyer, quindi del propietario del negozio.
Corner di vendita: questa denominazione viene data a quell’area dedicate alla marca all’interno di un multi brand. Lo spazio è piccolo, si tratta di quindici o trenta metri quadrati di superficie, l’accesso alle merci è diretto e spesso l’area viene delimitata dal concept aziendale della marca, che ne installa i propri layout di struttura. E’ la dichiarazione di identità del brand all’interno di un luogo dove sono preesistenti altre marche competitive.
Shop in shop: ha la valenza del corner, ma con differenze importanti. Presenta al suo interno una cassa, i livelli di sviluppo e gestione sono comunque inferiori rispetto a quelli di un negozio normale, sebbene i costi di controllo e coordinamento siano maggiori. E’ tematizzato come con le caratteristiche peculiari del concept di brand.
Missoni Rinascente Milano Duomo shop in shop
Department store: sono quei grandi spazi commerciali, divisi per reparti e settori, esempio lampante può essere La Rinascente. Factory outlet: è lo spazio dove vengono messe in vendita le rimanenze delle collezioni precedenti, spesso a disposizione del pubblico di massa, in città dedicate a questa tipologia di PdV. I prezzi sono scontati. In questi PdV il costo di controllo e coordinamento è basso, non c’è sviluppo e gestione, ma l’azienda cerca sempre di non perdere la comunicazione delle sue caratteristiche fondamentali.
FINE ANTEPRIMA CORSO