Who's the albertina girl? Vol.1

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Who’s the Albertina Girl? Anno Anno Accademico Accademico 2014/2015 2014/2015


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Who’s the Albertina Girl? Un progetto del corso del Triennio di Tecniche Grafiche Speciali del Prof. Stefano W. Pasquini Anno Accademico 2014/2015

L’inizio della digitalizzazione fotografica Fotografia: la realtà di ieri e oggi Dalla Polaroid ad Instagram World’s Art Connection Immagini ... o modelli? Provocare Quattro ragazzi che parlano Era Instagram Tecnologia Detournament Affammare il pianeta per i propri interessi Up patriots to arms Art on the Ground Un elefante rosa si aggira per il web Incomplete Sogno o son desto? Z. Z. theory Uomo Vs Natura C’era una volta Decorazione Museo nazionale del cinema Manuale di volo #Codici Immorali Costumi per le donne in antica Cina L’artista: dal maestro di bottega all’artista del digitale Design Grafica ed estetica del pregiudizio Metamedia Tecnologia: Tecnica e Scienza Quando l’arte incontra la musica Tecniche grafiche surrealiste Terry Richardson Silence

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indice

Impostazione grafica a cura degli studenti Layout Simone Giraudo Cover & Random artwork Stefano W. Pasquini

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LA FOTOGRAFIA DI IERI E DI OGGI

Autori L’INIZIO DELLA DIGITALIZZAZIONE FOTOGRAFICA Marco Alessandrini Rafael Kersch Andrea Cundari Riccardo Fossat Mirko Ligori

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ella seconda metà del 900 la fotografia ha subito un cambiamento notevole, portandoci dall’analogico al digitale. I cambiamenti sociali e culturali, e le esigenze di questi ultimi hanno indotto questo mutamento. Il mondo, non solo fotografico, diventa digitale a una velocità incredibile, sia per quanto riguarda il campo professionistico che quello amatoriale. Lo scopo rimane la pura e semplice riproduzione della realtà pre esitente, ma nessuno si sarebbe mai immaginato un cambiamento di tale portata nel decennio tra il 1984 e il 1994. Dall’invenzione della memoria digitale, la fotografia acquista un valore diverso rispetto agli anni precedenti. Non è più limitata all’utilizzo esclusivamente professionale ma, con il passare del tempo diventa accessibile a tutti; questo grazie alle avanguardie tecnologiche degli ultimi decenni come l’autofocus, la stampa rapida e l’invenzione della memoria flash che andrà a sostituire il rullino. Queste innovazioni abbattono i costi e tempi della stampa e semplificano il processo della fotografia, la quale, sempre più facile da realizzare, acquista un importanza sempre maggiore nella quotidianità dell’uomo comune, riconoscendo sempre meno la figura del fotografo professionista.


Per mantenere la figura del fotografo professionista, negli anni tra il 1986 e il 1989, vengono creati i prodottti per la memorizzazione e l’editing che permettano di modificare gli scatti in modalità digitale, inizia cosi l’era della postproduzione. Grazie all’ampio target raggiunto con le nuove tecnologie le aziende come la Canon la Nikon e la Kodak produssero nuovi apparecchi con funzioni innovative, come la prima reflex automatica subacquea la “Nikon RS” presentata dalla medesima casa produttrice nel 1992. Al fine di soddisfare tutte le possibili richieste della clientela, si creò una produzione ad ampio raggio che incluse le fotocamere compatte oltre alle reflex. Iniziò la rivalità tra i due più grandi marchi della fotografia Canon e Nikon, essi tra il 1997 e il 1998 produssero le due migliori fotocamere compatte del tempo: la Powershoot 600 della Canon e la Coolpix 100

della Nikon. Grazie alla grande concorrenza e la corsa al mercato digitale si ottenne una progressiva diminuzione dei prezzi, che comportò un ulteriore aumento del target raggiunto. All’alba del 2000 la casa finlandese Nokia lanciò il primo cellulare con la fotocamera integrata: il Nokia 7650. Di pari passo la Nikon e la Canon presentarono le prime reflex entry level con prezzi contenuti come la EOS 300D e la D70. Nel 2007 la Nikon presentò la D90, la prima reflex digitale al mondo in grado di realizzare video di livello professionale, la seguì a ruota la Canon che nello stesso anno presentò la 5D Mark II aprendo così l’era delle reflex digitali moderne che tutt’ora vengono usate dai fotografi e videomaker professionisti.

CURIOSITÀ Prima fotocamera digitale

Nel 1981, nel mondo della fotografia ci fu una delle più grandi svolte della storia, il fondatore della Sony, Akio Morita, presentò la Mavica, una reflex che utilizzava un floppy come memoria principale.

I primi autofocus

La Pentax: prestigiosa azienda giapponese produttrice di strumenti ottici, nello stesso anno inventò la prima fotocamera con un meccanismo di messa a fuoco automatica “autofocus”.

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CON L’EVOLVERSI DELLA TECNOLOGIA... Nei primi anni del 2000 ci fu un boom nel campo della telefonia mobile: la Blackbarry progettò il primo telefono con un browser mobile in grado di connettersi ad internet; questo dispositivo è chiamato UMTS ed è, in parole povere, l’antenato della attuale “connessione dati”. Successivamente nel 2007 la apple lanciò sul mercato l’ I-Phone: primo telefono ad utilizzare il moderno touch screen, destinato a diventare uno dei telefoni più famosi e venduti al mondo, da ciò iniziò un progresso sempre più veloce e con una concorrenza sempre più forte la quale portò una delle più grandi marche di telefoni, la Nokia,

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a sviluppare una partnership con l’azienda Carl Zeiss: produttrice di materali ottici, tecnologici ed elettronici;


Una fotografia è sempre una interpretazione della realtà. È soprattutto «ideologia», non pura tecnica. È l’interpretazione della realtà in un certo modo.

questo evento rivoluzionò la qualità dei materiali per la realizzazione degli obbiettivi delle fotocamere dei telefoni cellulari, cambiandoli per sempre. Da li a breve, nell’arco di poco meno di un decennio nacque android: il sistema operativo figlio della HTC, venne lanciato per la prima volta sul mercato il Samsung galaxy e nacque il primo Lumia, ideato dalla nokia , che adottò inoltre il sistema Windows come sistema

operativo dei propri telefoni. Questo periodo di innovazioni tecnologiche nel campo dei telefoni cellulari ha portato ad avere, nel 2015, un telefono che può navigare su internet, scattare foto, girare video ad alta risoluzione, modificare gli scatti realizzati e pubblicare i risultati su qualsiasi social network. Inoltre grazie alle migliaia di applicazioni dedicate alla fotografia,

alcune delle quali anche scaricabili gratuitamente, si possono applicare agli scatti un infinita di filtri e variazioni. Ciò che colpisce tuttavia resta l’oggetto della fotografia, non si fotografano più solo paesaggi straordinari o eventi importanti, ma cose quotidiane, come il piatto di pasta che si sta per mangiare, o la maglietta appena acquistata. Per non parlare poi della foto al proprio cagnolino o della propria faccia

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si sta facendo. Ora, a parte il fatto che si possa mettere o no un “chissenefrega” scritto a lettere cubitali sopra tutto ciò, viene da chiedersi perchè una persona debba fare tutto questo, perchè rendere pubblico ogni momento, privato e non della sua vita. Potrebbe essere un costante bisogno di attenzione, di distinguersi o di farsi notare, rendendo partecipi gli altri e creando una sorta di illusione che faccia credere all’autore e forse anche a chi guarda la foto, di essere insieme e partecipi di un evento, qualunque esso sia; questo desiderio di attenzione potrebbe anche essere causato da una sensazione di solitudine forse creata dal telefono stesso, che cambia il modo di relazionarsi con le altre persone, che ormai comunicano e organizzano il loro tempo quasi esclusivamente tramite il proprio smartphone anzichè relazionarsi con altri individui parlando faccia a faccia e quindi isolandosi. Ovviamente è uno strumento molto utile e comodo, soprattutto se non possiamo comunicare direttamente con la parte interessata ma, tolto questo vi è una tendenza ad isolarsi completamente dal proprio contesto per finire risucchiati dentro quel piccolo schermo.

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Comunicare attraverso il web pone un filtro tra noi e i nostri interlocutori il quale ci da la possibilità di decidere come apparire, se vogliamo espreimere veramente noi stessi senza paure o se preferiamo far finta di essere qualcun altro. Potrebbe essere la repulsione o paura di relazionarsi, esporsi davvero con qualcuno il motivo, la scintilla che ci spinge ad usare un filtro per comunicare, paura di essere visti per ciò che si è veramente o, più semplicemente, paura di non piacere per come realmente si è, la fobia di essere giudicati in maniera negativa dalla massa, sempre piu affamata di critiche e sempre più pronta a disprezzare che ad accettare i cambiamenti e le differenze che ci caratterizzano. Ma in una società dove si deve apparire ed essere popolari, l’anonimato ha assunto un significato strano, quasi estraneo, non riusciamo a pensare ad un momento senza il telefono, la mail, la chat, la possibilità di far vedere cosa siamo in realtà, di mostrare le nostre vere emozioni anche se non sono perfette, messe a fuoco nella maniera giusta

L’avvento di internet Nel 1991 ad opera di Tim Berners-Lee ha origine il World Wide Web che permette agli utenti di usufruire di uno sterminato insieme di

Adobe lancia photoshop Nel 1986, la Adobe System Incorporated crea il primo programma esclusivamente dedicato alla post-produzione: Adobe Photoshop

Il primo selfie della storia

Il primo selfie è di Robert Cornelius del 1839. Coney, agenzia di comunicazione internazionale, ha stilato un nuovo rapporto “Lo Stato dei Selfie”, un fenomeno sempre più in ascesa che viene indagato sotto diverso punti di vista. Oggi i selfie a livello globale sono 93 milioni ogni giorno e il termine “selfie” è menzionato ben 154 milioni di volte sui socialmedia.


o con il nostro effetto preferito, ci spaventa al punto da renderci dipendenti da questa tecnologia. Oggi scattiamo 2000 fotografie al giorno, poi le archiviamo tutte dentro una hard disk e l’idea di stamparle è ormai superata.Le mettiamo subito in rete condividendo i nostri ricordi con un gran numero di persone. Abbiamo perso quel sorriso che avevamo nello sfogliarle, toccarle, commentarle rivivendo l’istante, il momento in cui è stata scattata. Dobbiamo tenerci stretti i nostri ricordi, esserne i custodi e non lasciare che il tempo e la tecnologia possano rubarceli.

Sondaggio

Un sondaggio effettuato su 778 infuencers online ci dimostra che più del 50% ha risposto che si compiace nel vedere i propri selfie scorrere nei feed sui social media e più dell’85% dice di scattare almeno un selfie a settimana, scegliendo Facebook come piattaforma ideale, Instagram è al secondo posto. L’82% di questi influencers dice di scattare selfie per mostrare qualcosa

La prima fotografia

Fu realizzata nel 1826 o 1827 dal francese Joseph Nicéphore Niepce

Ed eccoci qua, questo è il nostro “bellissimo” selfie. Qui Quo Quarantena.

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La realtĂ diieri e oggi

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Ma questo è un bene o un male?

Come riconoscere quindi un?fotografo 15


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Dalla ad


Le origini della POLAROID

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u un capriccio di una bambina che diede via all’origine di un mito: La Polaroid. Jennifer Land figlia di Edwin Herbert Land si lamentava del fatto che non era possibile vedere immediatamente la foto che le era stata scattata. Quel giorno Edwin concepisce la macchina fotografica istantanea. Era il dicembre del 1943, quando la piccola Jennifer “illuminò” il padre, passarono pochi anni e già nel 1947, all’età di 37 anni, Edwin Herbert Land scattò la prima istantanea, che ritraeva la sua figura e dava origine al mito della macchina fotografica Polaroid. Edwin H. Land non era nuovo a questi tipi di studi, nel 1936 lasciò l’università di Harvard per approfondire gli studi sulla polarizzazione della luce.

Solo due anni più tardi depositò il brevetto del primo polarizzatore sintetico. Nel 1932 Land si stabilì nei laboratori di Boston dove, con l’aiuto del suo professore di Harvard George Wheelwrigt II continuò i suoi studi sulla polarizzazione. Nel 1937 nasce così la “Polaroid Corporation”. La Polaroid Corporation si occupava della produzione di occhiali, maschere da sci, occhialini 3D e occhiali scuri e adattatori per la Marina Militare e l’Esercito. Poi, la svolta, nel novembre del 1948 la prima fotocamera Polaroid Land venne venduta per 89,95 dollari; il modello 95 della Polaroid Land camera divenne il prototipo di tutte le fotocamere istantanee prodotte successivamente. Da quel momento iniziò il mito della polaroid come lo cono-

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DALLA POLAROID A INSTAGRAM

sciamo ora, la macchina fotografica ebbe subito un grande successo tra i fotografi professionisti, i quali furono conquistati dalla grande innovazione che questo apparecchio portava. Nel giro di venti anni la Polaroid raggiunse il suo apice: erano state vendute tre milioni di macchine fotografiche. Ma Edwin Land non si fermò nemmeno di fronte a questi sorprendenti risultati, inventò quindi quella che forse è divenuta la più intramontabile tra le macchine fotografiche istantanee, la “Polaroid 100 Land”. Questa fotocamera portò svariate innovazioni nel mondo della fotografia e nel mondo artistico in generale: introduceva il primo rullino di forma quadrata, e scattava immagini anche modificabili:

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con graffi, tagli ed esposizioni al calore ed alla luce, dando la possibilità a chiunque di personalizzare ogni singolo scatto. Con l’arrivo dell’era digitale il vecchio modo di fare fotografie è dunque cambiato, segnando la fine dell’enorme successo della Polaroid. Nei primi mesi del 2010, tuttavia, un gruppo di tecnici, ingegneri e chimici, appassionati di questa macchina fotografica, ha deciso di acquistare un’ex fabbrica appartenuta proprio all’azienda di Land, ed ha acquistato i macchinari necessari per la produzione della pellicola, mantenendo così in vita il mito della Polaroid, e con l’innovativa pellicola dalle moderne prestazioni, promette di mantenere in vita il mito delle istantanee.


DALLA POLAROID A INSTAGRAM

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POLAROID, che cos’è

a che cos’è una polaroid? E come funziona? Questo nuovo strumento fotografico era ben più di una semplice macchina fotografica, perchè al suo interno non si doveva inserire la pellicola che tutti avevano utilizzato fin ad allora ma una speciale carta fotosensibile. Questa speciale carta va inserita in un apposito slot posto sotto la camera. Essendo una macchinetta analogica funzionava a batterie che venivano appunto fornite con ogni pacchetto di pellicole così da avere la nostra polaroid sempre pronta all’uso. Anche se creata molti anni fa questa macchinetta ci permetteva già alcune piccole modifiche come lo zoom, aumentare o diminuire la luminosità dello scatto e in alcuni modelli prodotti si può anche evitare di utilizzare il flash. Vediamo ora in particolare come usare questa semplici ma utili funzioni, lo zoom ad esempio è una caratteristica solo di alcuni modelli, quelli più costosi di solito, l’utilizzo è semplice: sulla sinistra della no-

stra polaroid abbiamo una levetta dall’utilizzo semplice e intuivo che ci permette appunto lo zoom in e lo zoom out; per l’aumento o diminuzione della luminosità invece dovremmo utilizzare un’altra levetta posta sotto il flash, se le condizioni di luce son ottimali non dobbiamo muovere la levetta, mentre se riteniamo che l’immagine sia troppo buia dobbiamo muoverla verso destra per avere più luce invece ovviamente verso sinistra. Ora dopo aver scattato occorre sapere ancora qualche piccola cosa, ovvero alcuni consigli per evitare che nel caso si desideri usare una polaroid è utile sapere; le pellicole con la nostra immagine impressa usciranno da sopra lo sportellino dove le abbiamo inserite e dovranno svilupparsi, se prima avevamo bisogno di una camera oscura ora ci basta attendere qualche minuto, posare la nostra foto in posto non troppo illuminato e lasciarli riposare. Dopo aver lasciato passare qualche istante ecco che la magia è compiuta e abbiamo la nostra fotografia

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Arte istantanea

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a Polaroid in principio era una scatola misteriosa che dava alla luce ricordi a getto continuo, che è risultata rivoluzionaria nei tempi in cui fu messa sul mercato in quanto si presentava semplice, sempre pronta all’uso, leggera ed economica; caratteristiche importanti che le hanno permesso di essere scelta da tutti per ritratti di famiglia e opere d’arte. Notevole importanza ha avuto soprattutto in campo artistico, in quanto numerosi sono gli artisti che si sono affidati alle sue foto dal formato quadrato e i suoi colori innaturali per la produzione delle proprie opere. Tra questi troviamo artisti del secolo scorso e di quello presente, come per esempio l’icona indiscussa della Pop Art, Andy Warhol, che schiavo della sua Polaroid Big Shot ha fotografato decine di persone celebri stando a un palmo dai loro volti truccati e mascherati come fossero personaggi del teatro giapponese Kabuki; nel suo repertorio di istantanee troviamo anche un gran

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numero di autoscatti che descrivono a pieno il suo personaggio e che oggi sono stimate 10mila dollari circa.A seguire troviamo il fotografo tedesco Helmut Newton che si serviva della Polaroid per studiare le luci e la composizione e ne era così tanto affezionato che nel 1996 ha pubblicato un libro dal nome “Pola Woman”. All’ Helmut Newton Foundation di Berlino sono esposte più di 300 istantanee che ritraggono non solo scatti di moda ma anche nudi, infatti il fotografo tedesco è famoso per i suoi soggetti a sfondo erotico.

A servirsi di quella che è una delle più grandi invenzioni sono stati, inoltre, fotografi come Robert Frank (considerato uno dei personaggi che più ha influenzato la storia della fotografia), Walker Evans, Robert Mapplethorpe e anche registi del calibro di Woody Allen e


Francis Ford Coppola. Nel campo artistico delle Polaroid sono presenti strani mosaici prodotti dal milanese Maurizio Galimberti, considerato uno dei più influenti fotografi del territorio nazionale e internazionale; esso possiede infatti uno stile tutto suo che lo ha portato ad immortalare personaggi celebri a livello mondiale. Il modenese Franco Vaccai nell’arte concettuale delle sue «esposizioni in tempo reale» riservò particolare importanza all’uso della Polaroid. E ancora possiamo continuare a parlare dei lavori del pittore Pietro Manai che negli anni ’60-80 si dedicò alla fotografia, o anche quelli del paesaggista che dal ’79 all’83 si dedicò alla Polaroid, ovve-

ro Luigi Ghirri. E poi Beppe Bolchi, William Masetti, Joe Oppedisano, Fulvio Fulchiati, Vincenzo Castella e perfino Franco Fontana, che predilige il piccolo formato. Impossibile citare tutti gli artisti che hanno reso ricca la storia della Polaroid con le proprie opere, chiudiamo con Nino Migliori, probabilmente il più radicale. Quest’ultimo infatti svolgendo instancabilmente esperimenti è stato in grado di ampliare i codici della fotografia producendo successivamente interventi come graffiature, bruciature, pennellate, inserimenti di materiali, gesti ai quali attribuì nomi insoliti come «polarigrammi», «cellogrammi», «lucifragie», trasformando così le sue foto in pittura dai risultati incomparabili.

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DALLA POLAROID A INSTAGRAM

Verso il futuro, #INSTAGRAM

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er omaggiare le Polaroid nasce intorno all’ottobre del 2010,#Instagram, riscontrando un grande successo a livello mondiale. Questo applicativo venne creato per permettere ai suoi utenti, e quindi utilizzatori, di scattare fotografie e condividerle subito dopo attraverso i vari social network ed anche attraverso lo stesso #Instagram. Si presenta come un applicativo molto semplice ed intuitivo da utilizzare, basta infatti scattare una foto dopo aver scelto chi o cosa sarà il soggetto del nostro obbiettivo e condividerla con gli amici. Tutti gli utenti hanno anche la possibilità di attuare dei ritocchi minimi alle foto da loro appena scattate, utilizzando dei filtri messi a disposizione dallo stesso programma, andando così a dare quel pizzico in più di creatività e originalità ai propri scatti. Prima di tutto ciò però, come in ogni altro social network al mondo, ogni utente deve spendere alcuni

momenti del suo tempo per la creazione di un profilo. Questo profilo servirà all’utilizzatore finale per accedere ai propri contenuti ma soprattutto a fornire informazioni riguardo se stesso con altri utenti, i quali potranno a loro volta visualizzare questi contenuti e sapere così chi si nasconda dietro alla pubblicazione di questi ultimi. Le fotografie realizzate attraverso #Instagram potranno essere così condivise anche su altri social network, dando così la possibilità all’utente di generar maggior visibilità sui contenuti da lui pubblicati.Uno dei punti di forza sono gli #hashtag, che permettono di categorizzare le fotografie appena scattate attraverso argomento e renderle così facilmente ritrovabili, tra molte altre, attraverso l’uso di una parola chiave. Oltre agli #ashtag, #Instagram,

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DALLA POLAROID A INSTAGRAM

ha deciso di introdurre anche i così detti “tag”, che consentono ai vari utenti di “taggare” altre persone all’interno della foto condivisa, etichettandola con i nomi delle persone fotografate. Le fotografie non sono però l’unica cosa che può esser condivisa attraverso questo social, infatti è anche possibile, per gli utenti, effettuare la registrazione di brevi video sui quali, di nuovo, possono essere applicati diversi filtri per migliorarne l’aspetto e la personalizzazione. Attraverso queste sue funzionalità, Instragram, è riuscito a raccogliere intorno a se una grande quantità di appassionati di fotografia e social media che hanno portato alla creazione di vere e proprie community dedite a questa applicazione. La nascita di queste community ha avuto come conseguenza la creazione di raduni in tutto il mondo, dove i vari utenti hanno avuto la possibilità di conoscersi tra loro e di creare dei contest riguardanti l’applicazione, dando così vita a veri e propri movimenti dei così detti “Instagramers”. Attraverso una semplice ricerca effettuata attraverso #Instagram, tutti gli utenti, hanno così la possibilità di partecipare ed unirsi a diversi eventi creati da altri utenti o di creare addirittura il proprio. Tutto questo successo dovuto all’utilizzo dell’applicativo, ha portato ad un crescente interesse nei suoi confronti da parte di molti e diversi brand che hanno subito colto l’occasione per utilizzarlo come mezzo di vero e proprio marketing. di #Instagram sono così state sfruttate da tutte quelle aziende produttrici di prodotti con un forte impatto visivo,

che attraverso i loro profili, appositamente creati, pubblicano immagini rappresentanti lo stile che appartiene a quel determinato brand ed ai suoi consumatori. Proprio per queste sue enormi potenzialità, #Instagram, è diventata l’applicazione perfetta per il fashion brand. Di #Instagram sono così state sfruttate da tutte quelle aziende produttrici di prodotti con un forte impatto visivo, che attraverso i loro profili, appositamente creati, pubblicano immagini rappresentanti lo stile

che appartiene a quel determinato brand ed ai suoi consumatori. Proprio per queste sue enormi potenzialità, #Instagram, è diventata l’applicazione perfetta per il fashion brand. Infatti, soprattutto il target femminile, sembra adorare fotografarsi e diffondere i propri scatti attraverso questo social per poter mostrare il proprio look, fino ad aver portato all’origine dell’ormai famoso movimento dei “selfie”, ovvero gli autoscatti effettuati dai diversi utenti che immortalano loro stessi di fronte ad uno specchio o in situazione del tutto particolari.

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DALLA POLAROID A INSTAGRAM

Molte di queste, infatti, hanno alla loro base sempre lo scatto di una fotografia ma permettono funzionalità diverse con finalità diverse come conseguenza: ad esempio alcune permettono di far sapere ai proprio contatti il luogo e le condizioni atmosferiche in cui è stata scattata la fotografia, altre consentono la creazione di cartoline o addirittura di poster, mentre altre ancora vengono utilizzate persino per la creazione di magneti per il frigo di casa. #Instagram si è insomma posto all’interno del mondo dei social come una delle maggiori rivoluzioni e dei maggiori successi degli ultimi anni, attirando verso di sé una enorme quantità di utenti appartenenti al mondo del web e non solo, riuscendo così a dar man forte ai classici social network e ad indirizzare sempre di più il mondo della fotografia verso la condivi

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sione e verso il mondo della rete. La popolarità ed il successo di #Instagram hanno contribuito alla nascita di molte e nuove applicazioni, che si rifanno allo stesso #Instagram nello stile e nella tipologia di funzionamento.


DALLA POLAROID A INSTAGRAM

La nascita di SOCIALMATIC

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’azienda Polaroid attualmente per restare al passo con lo sviluppo della tecnologia ha creato la fotocamera Socialmatic, annunciata durante il CES tenutosi a Las Vegas lo scorso anno; riuscendo a portare sul mercato un prodotto che sembra essere in grado di far concorrenza all’utilizzo del classico ed ormai affermato smartphone. Questo loro prodotto si pone infatti gli stessi obbiettivi: ovvero offrire al consumatore la possibilità di realizzare e condividere in rete una enorme quantità di fotografie. Prima di tutto questo però, la Polaroid ha permesso alle masse di poter scattare immagini a prezzi accessibili, cercando anche di permetterne la stampa ad un costo inferiore rispetto alle fotocamere normali. Ora, questo marchio che sembrava ormai quasi finito nel dimenticatoio, sembra star cercando di tornare alla ribalta, senza esser solo più un’immagine sbiadita di un passato lontano, ma essendo anche diventata una vera e propria icona del vintage; tanto che il social chiamato Instagram, di cui abbiamo parlato precedentemente, ha deciso di far uso di un logo che richiama molto quello della famosa Polaroid, creando così un vero e proprio rimando al passato. Il riscatto della Polaroid sembra possibile proprio grazie alla Socialmatic, una fotocamera digitale che si propone di portare i valori del brand americano proprio nel

bel mezzo della rivoluzione dei Social. La Socialmatic si presenta come un oggetto molto particolare che possiede delle capacità del tutto moderne, ma che allo stesso tempo adotta un look che sembra guardare indietro al passato. Questa fotocamera ha a disposizione un sensore da 14 Mpix con tanto di flash LED di corredo ed un obbiettivo ad ottica fissa. Non poteva poi mancare una camera posteriore dedicata agli autoscatti, ormai in grande voga nel mondo social. La fotocamera dà la possibilità di vedere gli scatti appena realizzati attraverso un monitor posteriore, che sembra ormai esser presente su qualsiasi dispositivo di fotografia digitale. particolare che possiede delle capacità del tutto moderne, ma che allo stesso tempo adotta un look che sembra guardare indietro al passato. Questa fotocamera ha a disposizione un sensore da 14 Mpix con tanto di flash LED di corredo ed un obbiettivo ad ottica fissa. Non poteva poi mancare una camera posteriore dedicata agli autoscatti, ormai in grande voga nel mondo social. La fotocamera dà la possibilità di vedere gli scatti appena realizzati attraverso un monitor posteriore, che sembra ormai esser presente su qualsiasi dispositivo di fotografia digitale.La parte più social di questa fotocamera è invece dovuta alla presenza di sistemi come il GPS, il Wi-Fi

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DALLA POLAROID A INSTAGRAM

dedicata agli autoscatti, ormai in grande voga nel mondo social. La fotocamera dà la possibilità di vedere gli scatti appena realizzati attraverso un monitor posteriore, che sembra ormai esser presente su qualsiasi dispositivo di fotografia digitale. La parte più social di questa fotocamera è invece dovuta alla presenza di sistemi come il GPS, il Wi-Fi ed il Bluetooth, che permettono di fornire tag geografici alle fotografie e di condividerle in rete all’istante. Una delle cose che attira di più L’attenzio-

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ne è la presenza di un secondo display posto nella parte frontale della fotocamera. Questo piccolo schermo, oltre che fornire informazioni riguardanti i processi in corso, serve per poter condividere attraverso il famoso QR code, i propri scatti con altri possessori della fotocamera Socialmatic. Oltre a questo, il piccolo monitor, assume una terza ed ultima funzione, che sembra anche essere la più strana tra le tante, ovvero quella di esprimere lo stato emotivo della fotocamera stessa. Durante l’utilizzo


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infatti, quest’ultima avrà uno stato emotivo differente a seconda della quantità di immagini da noi scattate: ovvero, se verranno scattate molte foto verrà visualizzata una faccina sorridente, a simboleggiare uno stato emotivo elevato della macchina, se invece la macchina foto dovesse venir messa da parte per un po’ e quindi non venir utilizzata, essa ci mostrerà una faccina triste, quasi come se si sentisse dimenticata dal suo possessore. Oltre ciò, sembra che lo stato emotivo della macchina fotografica possa esser influenzato anche dalle condizioni meteo, invitandoci ad uscire per realizzare qualche nuova fotografia durante le giornate di bel tempo, o di restar a casa e riporre nella custodia la macchina nelle giornate più brutte e piovose. Una delle caratteristiche fondamentali della macchina è la stampa istantanea, di cui Polaroid è ormai diventata sinonimo. La fotocamera dà infatti la possibilità di stampare nell’immediato e toccare con mano le foto appena realizzate e di poterle così condividerle nel mondo fisico, non solo in quello virtuale dei social. La parte migliore è che la stampa non avviene tramite l’impiego di neanche una piccola goccia di inchiostro, ma tramite una tecnologia chiamata Zero Ink. Tutto ciò è reso possibile da una particolare carta per la stampa formata da ben tre strati di polimeri, contenenti ognuno uno dei tre colori primari. Una volta riscaldati dal meccanismo di stampa della Socialmatic, questi fogli mantengono il colore, permettendo così la realizzazione della stampa. Un modo molto pratico e soprattutto economico per poter stampare le foto appena fatte col dispositivo, che potranno anche

Andrisani Elena Bernaudo Paolo

Medail Enrico Timitilli Letizia

esser ritoccate attraverso una delle tante App disponibili sull’OS Android, di cui la Socialmatic è dotata. Accanto a tutto questo la Polaroid si è proposta di affiancare un photo network, che permetterà ai possessori di Socialmatic e non, di condividere in rete ed editare le proprie fotografie.

Questo photo network è tutt’ora ancora in fase di sviluppo e sarà, appunto, una piattaforma di condivisione virtuale dei propri scatti, proprio come l’ormai già affermato Instagram, acquisendo il proprio nome dalla fotocamera che ha contribuito alla sua creazione: Socialmatic. Insomma è interessante poter notare come la Polaroid riesca tutt’oggi ad affermarsi attraverso il suo brand, soprattutto riuscendo ad attirare l’attenzione di chi non ha avuto la possibilità di vivere in prima persona i suoi anni d’oro; e sembra proprio che attraverso la Socialmatic possa offrire un’esperienza moderna ma anche con quel qualcosa che ricorda molto il passato, il vintage, rappresentando così nel migliore dei modi quello che è stato il passaggio dal mondo fisico a quello virtuale della fotografia.

Todaro Damiano

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WORLD’S ART CONNECTION “Essere e apparire, vita reale e vita virtuale, realtà e finzione, il tutto a portata di mano, con un semplice click! In un mondo dove ormai conta più apparire, e non essere realmente, ci si rapporta alla tecnologia anche con questo scopo, e tramite essa ci si costruisce una realtà alternativa, un alter ego, una maschera. Come avviene tutto ciò? In che modo e con quali mezzi può una persona riuscire a fare tutto questo?”

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Anche questa è arte?

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“…Eppure, non c’è altra realtà fuori di questa, se non cioè nella forma momentanea che riusciamo a dare a noi stessi, agli altri, alle cose. La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi non per me; la realtà che voi avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà se non nella forma che riesco a darmi. E come? Ma costruendomi appunto…” (Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila, 1926)

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Nel 1926 non esisteva, ovviamente, il Web, internet era una realtà probabilmente inconcepibile in quegli anni, e perciò Pirandello si riferisce a ben altro tipo di rapporto, ovvero un rapporto di tipo fisico, visivo, reale, tra le persone. Noi che viviamo nell’ era di Internet e nell’ era dei social network, abbiamo a nostra disposizione anche un altro tipo di contatto, ovvero il contatto via Web, un rapporto non fisico, fasullo e irreale. Noi tutti ne siamo protagonisti, quasi tutti i ragazzi (e non) d’oggi hanno a disposizione in casa un computer e una connessione internet, altrettanti hanno a disposizione uno Smartphone, con cui è possibile avere, oltre le classiche funzioni di un telefono cellulare, anche una connessione Web. Altro aspetto da sottolineare è la nascita dei social network, tra i più conosciuti e più utilizzati in questo determinato periodo, sono sicuramente: Facebook, Twitter, Instagram. Se si dovesse cercare un elemento comune a tutti e tre questi social, lo si individuerebbe sicuramente nell’uso a volte anche eccessivo delle immagini, in particolare nella pubblicazione di foto. Qual è il collegamento con Luigi Pirandello? Tornando all’estratto citato, egli scrive chiaramente che la realtà che ha una persona per gli altri è data dalla forma che questi altri danno a questa determinata persona, ma questa realtà sarà valida solo per gli altri, e non per la persona. Più semplicemente, ognuno di noi ha la sua visione del mondo e di tutto ciò che lo circonda, conseguentemente ognuno di noi avrà una sua visione di realtà e ognuno di noi giudicherà a modo suo e secondo la propria visione, persone, cose, situazioni, avvenimenti, emozioni. Quando conosciamo una persona, ci parliamo, la guardiamo, la tocchiamo,

ognuno di noi, anche tra se e se, darà una forma, creerà una realtà di questa persona; ma è chiaro che questa realtà sarà valida solamente per noi, perché non possiamo avere la presunzione di conoscerla a fondo, in tutto e per tutto. In parole povere, “Ognuno vede a modo suo” o “Ognuno vede ciò che vuole”. Pirandello non fa altro che ricordare, che siamo noi stessi a crearci la nostra personale realtà, ciò che siamo veramente è la forma che noi stessi riusciamo a darci, e non quella che ci danno gli altri, siamo noi stessi che ci costruiamo. Il web ha dato la possibilità a ciascuno di noi, di comunicare, scambiare idee, progetti, notizie, informazioni, foto, immagini, video, musica con chiunque, in privato tramite chat o tramite una email, o in pubblico tramite un sito o un blog, attraverso un semplice “click”. I social network in particolare, sono diventati in questo ultimo periodo i padroni del web, quasi tutti li conosciamo e quasi tutti li utilizziamo quotidianamente. Probabilmente il più utilizzato tra tutti i social network è Facebook, social che permette la creazione di un profilo personale, e di comunicare con altre persone vicine a noi (amici e familiari) ma anche con persone che abitano dall’altra parte del pianeta, come per esempio un amico o un parente che vive in Australia. La funzione principale di Facebook era questa, la comunicazione. Ma questo social, non permette solamente la comunicazione tra due o più persone, vicine o lontane che siano, offre tante altre funzioni, come per esempio la possibilità di pubblicare delle foto, dei video, dei file musicali, dei link, e semplicemente un testo.

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Nato nel 2004, ha quindi undici anni, e mai come adesso viene usato nella maniera più sbagliata. È qui che ci si ricollega al pensiero espresso da Luigi Pirandello, è qui che analizzando ciò che Facebook è diventato, si possono riscontrare tutti i suoi aspetti negativi, ma attenzione, siamo noi stessi che li abbiamo resi negativi. Facebook non è altro che una realtà alternativa a quella che noi tutti viviamo, è un mondo a parte, dove ognuno di noi può essere o cercare di apparire qualcun altro o qualcosa che in realtà non è. Tante persone usano questo social network proprio per questo motivo, apparire, mostrarsi agli altri, e a causa di questo tutte le home di un qualsiasi utente Facebook pullulano di foto. Foto che ritraggono il proprio viso, il proprio corpo, il posto in cui si è, la propria casa, il proprio animale domestico, insomma tutto ciò che serve per la creazione di un’idea, di un immagine, di una FORMA, agli occhi degli altri. Tramite le foto, Facebook esercita un potere enorme per le persone, da, una ulteriore possibilità di mostrare se stessi, e fin qui non vi è nulla di negativo, è il modo con cui le persone sfruttano questa possibilità che risulta negativo, infatti non ci si mostra come se stessi, ma come si vorrebbe essere, come in fin dei conti, non si è. La convinzione che si crea ( ovviamente non in tutte le persone ) è ciò che rende Facebook dannoso e negativo, è la convinzione che ci porta a credere di essere sempre e realmente così come ci ritrae la foto, belli e perfetti, la convinzione e talvolta anche la volontà che una persona, vedendo la nostra foto, ci giudichi in una certa maniera, in questo caso positiva, e ci reputi in un certo modo solamente grazie ad essa. Noi stessi quindi, ci creiamo come una

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sorta di maschera, perché in fin dei conti, sappiamo perfettamente di non essere sempre perfetti, ma attraverso quella particolare fotografia crediamo di esserlo. Creiamo un realtà alternativa, che per natura è sicuramente una realtà ideale, ovvero una realtà positiva, dove cerchiamo di farci notare per quello che in certi casi non siamo nemmeno, e su questo Facebook da una mano a tutti coloro che hanno questa intenzione. In questo gioco tra essere e apparire, o meglio in questo gioco di far credere di essere ciò che non si è, svolge un ruolo fondamentale una delle caratteristiche più diffuse nel mondo dei social network e in particolare nel mondo della fotografia, la modifica. Se una foto, scattata da uno smartphone, o da una macchina fotografica, non ci dovesse sembrare all’ altezza per il nostro alter ego, e non si ha voglia di scattarne delle altre, esiste sempre la modifica. Tutti i dispositivi offrono la possibilità di modificare una foto, basta fare l’ esempio di un qualsiasi smartphone che dopo lo scatto, ti indica e quasi ti invita alla sezione “modifica”, “correggi”, “aggiungi”. Attraverso queste funzioni ognuno di noi può con un semplice “tap” sullo schermo, modificare una foto, da una semplice correzione degli occhi rossi, ad una correzione automatica, da una semplice modifica della dimensione all’inserimento di un testo o di altre immagini, per poi arrivare alla modifica preferita dai più, l’inserimento di un filtro alla nostra foto.


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Kalokagathòs, «bello e buono» Il filtro ottico, in ambito fotografico e cinematografico, non è altro che un accessorio che si monta sulla macchina da presa o su una fotocamera che permette la modifica della foto o delle riprese, alterando le condizioni dell’obbiettivo. Detto in parole povere il filtro ottico permette di modificare i colori e le luci della foto permettendo quindi di ottenerne una con dei colori diversi e alterati rispetto all’originale e rispetto alla realtà. Nella maggior parte degli smartphone la fotocamera ha già dei filtri predefiniti, in modo tale da poter scattare una foto, e immediatamente inserirne uno per modificarla, basti pensare al classico effetto bianco e nero. Se ciò non bastasse è possibile scaricare tantissime applicazioni dedicate proprio alla fotografia, in cui è possibile sia inserire dei nuovi filtri, scegliendoli da una lunga lista, sia alterare i colori manualmente. Tutto ciò, ovviamente, è possibile condividerlo sui social network, anche direttamente dall’applicazione su cui si sono apportate le modifiche, e inoltre sia su Facebook, sia su Instagram è possibile attuare delle modifiche mentre si vuole caricare una foto, lo conferma il fatto che, quando si scatta una foto e la si vuole condividere su uno di questi social network, nella finestra che si apre quando clicchiamo sulla foto da condividere e l’applicazione ci porta sul social, e possibile prima di condividerla definitivamente, scegliere uno dei tanti filtri offerti da esso e infine postare la foto sul nostro profilo. Per le persone più bisognose di “effetti fotografici” esistono programmi professionali dedicati proprio alla modifica. Il più famoso è senza ombra di dubbio, Adobe Photoshop, il re del foto ritocco. Ciò che rende famoso questo software, e estremamente utile, è la possibilità di effettuare ritocchi di qualità professionale,

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di avere a propria disposizione numerosi filtri e strumenti che emulano le tecniche utilizzate negli studi fotografici. Di conseguenza con questa possibilità in più, l’utente Facebook o Instagram ha davanti a se un mondo spaventosamente vasto per quanto riguarda la modifica foto, e sono sempre più le persone che lo utilizzano anche in maniera esagerata. Con questo articolo, non si vuole certo demonizzare questo particolare aspetto appartenente al mondo della fotografia, si vuole solo riflettere su come le persone utilizzino questi strumenti tecnologici, come si diceva prima, per apparire sul Web. Tante infatti, sono le foto modificate presenti sui social network, le vediamo tutti, dalle foto che mostrano un paesaggio, un posto, un oggetto, ai ormai famosissimi “Selfie”. Il selfie non è altro che un autoscatto, si prende lo smartphone e si scatta una foto inquadrando se stessi, in particolare il viso. La moda dei selfie è scoppiata nell’ultimo periodo, tempo fa erano solamente delle normali foto scattate a se stessi, ora è diventato quasi un obbligo per i vari utenti, immortalarsi in qualsiasi istante, non si sa bene se per mettersi in mostra o per far notare cosa si stia facendo, in ogni caso può essere accostato all’esempio della “bella foto” fatto prima. Anche se il selfie è un gesto che si fa da soli, magari anche per immortalare un particolare bel momento, si ha subito l’esigenza di condividerlo con tutti, in modo che tutti vedano. Dietro questa moda, sembra che ci sia la necessità di ognuno di mettersi in mostra, tutto ciò contornato dalla necessità di ricevere un “mi piace” dalle altre persone.


ESSERE O APPARIRE?

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NO DESTINATION

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SCATTA IL LIKE Presente in tutti i social network, anche La si ha, perché è la foto stessa che ce se in modi diversi, ha comunque la stes- ne da l’opportunità! sa funzione in ciascuno di essi, quella di Tutto ciò non è poi così negativo, chi di comunicare un interesse, di dire che quel noi non ha mai pubblicato una foto con determinato elemento, canzone o foto ci delle modifiche, magari anche solamenpiace, appunto. Su Facebook il mi piace te con l’aggiunta di un filtro, o semplicelo si trova sotto forma di pollice in su, su mente una classica foto in bianco e nero, Instagram invece è rappresentato da un tutto ciò non può essere criticato. cuoricino, su Twitter, invece è rappresen- La critica la si può fare alle persone però, tato da una stellina che ha però la funzio- a tutte coloro che usano e sfruttano la ne di inserire quel determinato elemento tecnologia per immergersi nel mondo tra i nostri preferiti, in alternativa è pos- virtuale e fasullo, che approfittano della sibile retwittare un post, facendo notare tecnologia e la usano come mezzo per così il nostro interesse nei suoi confronti. costruirsi una realtà parallela in cui ci si Seppure in forme diverse, il mi piace è mostra per quel che si vorrebbe essere onnipresente, ed è il protagonista indi- e in realtà non si è. Il fatto più negativo è scusso dei social. probabilmente la necessità di avere sul Questa realtà dei social network è come proprio profilo, una determinata foto che una sorta di società fondata sul nulla e dimostri ciò che siamo o non siamo, più sulla finzione, tutti noi sappiamo che la semplicemente, un ragazzo simpatico e vita che si crea al loro interno è una vita divertente, considerato così da tutte le fasulla, ed è purtroppo basata sulla con- persone che lo conoscono, dovrebbe mai vinzione di credere vero quello che in re- aver bisogno di dimostrare con una foto altà si sa non essere tale. che lo ritrae in un atteggiamento scherPerché tante persone sono chiuse in zoso, magari facendo una faccia buffa, di questo mondo finto e basato sulla fin- essere realmente così come già è? No, zione? Se nella realtà, per giudicare in assolutamente no! Eppure di immagini maniera razionale una determinata per- che cercano di dimostrare qualcosa, il sona, va conosciuta, nella vita virtuale web ne è pieno, che si tratti di Facebook, non è esattamente così. o che si tratti di Instagram, il risultato non Sul web, e in particolare sui social cambia, al centro dell’attenzione vi deve network, è più semplice esprimere dei essere sempre un qualcuno. giudizi verso un soggetto che non conosciamo, innanzitutto si guardano le foto pubblicate, e attraverso quelle lo si giudica e si ha la presunzione di identificarlo in un certo modo, il tutto grazie alle foto, appunto. È qui che ci si ricollega al discorso iniziale che ha analizzato la funzione delle immagini sui social, ed è qui che il discorso va un attimo approfondito. È inevitabile sottolineare, che giudicare una persona dalla sua foto del profilo è sbagliato, quasi disumano, come si può avere la presunzione di poter fare un’ azione del genere?

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TRA VITA REALE E VITA VIRTUALE

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può ndi, si za di un i u q , en ciò Detto are la pres azione di rm re confe volto alla c e di a part no d z , z i e l l i t o u ea altà id no il m una re nti, che usa e una te om vari u ale quasi c no tu che so ella e , do vir a s d da ca iudizi secon essati ai g sto che a er to più int ul Web piut . Si può s le gente lla vita rea to tipo di e s n quelli ire che que aschera” d “m i quind i crea una ui vivere s c utente ropria, con con cui si p e vera e parallela, do dif o m a t i n v in u nte. una strare e è realme o m ò pu om e da c t n e r e f

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E che c’è d

i male?


sottovalute n e m ta izio, ve assolu a un giud it Non si de rc e s e e mo re ch tare il pote maschera che ci sia n la ork, u se tramite social netw o tr s o n e ci l u e ci reputa costruiti s n o rs e p ti po d dei comba e m certo grup o c io esemp mpre giudica ad uelli che lottano se eq o ciò tenti, com ai, e in tutt m o n o d n rre é mai e non si a ivo, perch it s o p l e d anche ci vedono na colpa, u e n e rc hé o fa altà? Perc dovremm re a ll e n siamo rci? se non lo smaschera i a m o m dovrem

Di ma l sche e, c’è che ra, po q trebb uesta ma ment e e sostit ben fatta essere ta luire c che p iò ch realm otreb e be e così nte, e po siamo ben f trebb atta c e non a he qu essere v ando essa remo più ,p b no di otrebbe isogno di risult fficile are p to sostit er uirla. glierla vi a per fipoi

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Il nostro intento sarà quindi solamente immortaliamo un elemento e lo rendiamo quello di rafforzare questa maschera, e ai giorni d’oggi lo si riesce a fare soprattutto sul Web e quindi sfruttando a pieno tutte le possibilità offerteci da esso e dalla tecnologia in generale. Ma tutto questo è colpa della tecnologia? Assolutamente no, la colpa è solo delle persone, la tecnologia ci apre un mondo molto vasto pieno di varie sfumature e di varie possibilità differenti, è come se ci spalancasse un porta verso una via che poi si divide in tante altre strade, li siamo solo noi che decidiamo quale prendere. Perciò è inutile contestare la tecnologia e il suo mondo, come è inutile lamentarsi dei social network e dire a più riprese che sono solo strumenti negativi, essi sono solamente strumenti, siamo noi che attraverso il nostro uso li rendiamo positivi o no, dipende tutto da ciascuno di noi. Tutto ciò può essere testimoniato dalla fotografia, essa nasce grazie ad uno sviluppo tecnologico, è essa stessa tecnologia, eppure non è concepibile definirla come negativa. La fotografia è arte, punto. È vero che ai giorni d’oggi tutti ne abusano, molti si credono fotografi professionisti semplicemente acquistando una macchina fotografica o addirittura uno smartphone, è vero che sui social la fotografia viene usata spesso in maniera negativa, come abbiamo spiegato prima, ma siamo noi appunto ad usarla in questa maniera, non è essa che ci spinge ad utilizzarla così. Ma tutto ciò non toglie che la vera e autentica fotografia rimane arte, anche una bella foto scattata da uno smartphone e successivamente modificata appartiene al mondo dell’arte, tutto sta nel capire e nel comprendere l’intento con cui si fotografa. Fotografare non significa solamente scattare una foto, ha un significato più ampio, un ruolo molto più importante, con una foto noi

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tale per l’eternità, che esso sia un posto, una persona, un animale, una pianta, un avvenimento particolare, è questa che può essere definita “Arte”. Non è arte, la maggior parte dei selfie scattati da uno smartphone, anche se apparentemente possano sembrare delle bellissime foto, con delle luci particolari, degli effetti ottici, e qualsiasi altra cosa si voglia inserire, se sono fotografie scattate senza senso e senza significato, senza nessun intento creativo, non dovrebbero essere considerate arte. Ecco un’altra particolarità della fotografia, la creatività, che si tratti di una foto che presenta delle modifiche o che si tratti semplicemente di uno scatto, essa gioca un ruolo fondamentale, infatti il fotografo, con il suo sguardo riesce a notare qualcosa che altri non riescono a vedere o che vedono semplicemente in un una maniera differente, magari non interessante per loro. Ognuno vede la realtà che si costruisce, e possiamo dire che il fotografo se ne costruisce una tutta sua anche grazie alla sua creatività. È anche per questo motivo che non tutti ci possiamo definire fotografi, tutti siamo in grado di scattare delle foto, è vero, eppure ciò non ci rende tali, non basta avere una macchina fotografica ottima e scattare delle foto altrettanto ottime ( sotto il punto di vista della risoluzione ), bisogna ricercare in ciò la propria tecnica personale, il proprio modo di fotografare, la propria inquadratura, dobbiamo far nostra una foto.


“A cosa serve una grande profondità di campo se non c’è un’adeguata profondità di sentimento?” (Eugene Smith) La fotografia è anche allenamento, ricerca, evoluzione, attraverso essa noi possiamo rendere gli altri partecipi della nostra realtà; perché è questo l’aspetto più interessante e coinvolgente di essa! In che modo ultimamente si tende a minimizzare tutti questi elementi e renderli quasi secondari? Beh! In tantissimi modi, quello che risalta per primo è sicuramente quello utilizzato nei social network, ed è in fin dei conti questo il fulcro di tutta la riflessione. Sottolineando nuovamente che non si vuole in alcun modo mettere in cattiva luce il loro mondo, e non lo si vuole assolutamente demonizzare, si può affermare però, che, l’uso improprio che si fa della fotografia, soprattutto nei social, ha fatto si che essa sia diventata uno strumento di “svago”, uno strumento che serve solo a questo, pubblicare, pubblicare e ancora pubblicare sul proprio profilo.

Purtroppo sono tante le persone, che al giorno d’oggi, vedono solo questo nella fotografia, la si minimizza al suo livello più basso, anzi le si attribuisce un aspetto che non è in alcun modo facente parte di essa; lo sviluppo tecnologico è stato tale da rendere possibile a tutti entrarci in contatto, questo è stato un aiuto! Un aiuto che la tecnologia ci ha dato, perché sdegnarlo? Perché, visto che ci è stata offerta una mano, e visto che certe volte capita di approfittarsene e di prendersi tutto il braccio, in questo caso molti si sono presi nemmeno mezzo dito? Il vero e proprio perché non ci è dato saperlo.

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Sarà la superficialità che caratterizza una parte del genere umano, la mancanza di creatività, di tempo, di voglia che fa parte della nostra società, in ogni caso, tutti ci dobbiamo rendere conto della vera natura di un cosa, in questo particolar caso della fotografia, per poterla conoscere ed in questo caso utilizzare al meglio, minimizzandola le faremo un torto, e non possiamo farlo, valorizzandola invece le faremo un piacere, che farà di essa uno strumento più ottimale, gradevole, amabile, soddisfacente e soprattutto artistico.

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Stefano W. Pasquini

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Immagini...

L

a fotografia analogica ha subito molti cambiamenti durante la sua storia, riguardanti sia gli strumenti che i supporti. Le prime sperimentazioni avvennero su lastre litografiche trattate con sostanze chimiche reagenti alla luce. Questi processi, che in origine richiedevano molto tempo, andarono perfezionandosi negli anni grazie all’introduzione sia di macchine più maneggevoli, sia di materiali fotosensibili più sofisticati. Di questi il più importante è senza dubbio il rullo di pellicola in celluloide, usato ancora oggi. Questa è composta da diversi strati ed è sensibile agli

agenti esterni; sottoponendola infatti ad un’ esposizione controllata di luce viene a crearsi un’ immagine sulla stessa. Successivamente per rendere resistente alla luce la pellicola è necessario svilupparla. Lo sviluppo analogico avviene in camere oscure e richiede alcuni passaggi fondamentali come l’agitazione del tank, bagni in diverse soluzioni e infine l’ asciugatura in un ambiente privo di polvere.

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Tale processo richiede pazienza, precisione e comporta una certa spesa. Il numero di scatti a disposizione è limitato, in genere un massimo di 36 scatti per rullino, quindi circoscrive l' utilizzo della fotografia a momenti che valgano la pena essere ricordati. Prima di scattare è necessario impostare i valori correttamente e selezionare il punto di vista migliore; ma nonostante le dovute precauzioni il risultato finale può non soddisfare le aspettative, talvolta rischiando di compromettere o perdere il ricordo materiale del momento.

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Una volta sviluppate e stampate, le foto vengono raccolte in appositi album, contenitori in grado di rievocare momenti passati che resisteranno nel tempo. Sono oggetti talmente preziosi che in molti casi vengono custoditi in luoghi protetti dalla luce o dall' aria. In quelle raccolte di foto viene racchiusa un'intera esistenza , una sfera privata con cui nessuno può venire a contatto. In alcuni casi coinvolgere persone a noi care, nella visione di questi al-

bum, può far vivere loro le stesse emozioni di quel momento, quindi la condivisione diventa mezzo di un ulteriore ricordo. La foto analogica ha mantenuto comunque (nel suo periodo d’oro) una barriera tra il privato e il pubblico, tra il mondo quotidiano e quello dello spettacolo e proprio per via della sua materialità e dei suoi limiti nella condivisione ha stabilito un confine netto tra anonimato e popolarità.

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La gente comune non aveva la possibilità di apparire in canali mediatici con un’alta portata di pubblico, se qualcuno aveva il desiderio di immedesimarsi in una star doveva affidarsi a un fotografo o, nel caso non potesse farlo, limitarsi a farsi ritrarre da un amico o con un autoscatto. Ma al di là della questione puramente realizzativa ciò che creava una distanza incolmabile tra star e popolo era il metodo di diffusione dell’immagine, che nel primo caso si poggiava su una potenza espansiva elevata (affidata ai principali media) mentre nel secondo era pressochè inesistente.

Nell'era dell' analogico la popolarità di un individuo era misurabile principalmente dalle apparizioni su riviste e televisione, i divi erano ritratti in pose artistiche, immortalati da fotografi professionisti. Spesso si trattava di pubblicità o interviste e di conseguenza vi era una ricerca compositiva dell'immagine volta a dare un senso di importanza al soggetto. Certo, esistevano anche casi in cui le star apparivano in scene di quotidianità, come nel caso delle riviste scandalistiche, ma si può dire che nella maggior parte dei casi questo era un campo ancora poco esplorato, se non in particolari casi dove la si voleva mettere in evidenza per determinati motivi, ma anche in tal caso è presumibile che tale atmosfera fosse solo simulata.

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...o modelli?

Con l’avvento dell’era digitale si è as-

sistito ad un notevole incremento dei supporti che permettono di realizzare fotografie. Questi, grazie alla loro tecnologia, rendono visibile istantaneamente su uno schermo il risultato dei nostri scatti, annullando il mistero che pervadeva la fotografia analogica fino al momento dello sviluppo. Inoltre, il numero illimitato di scatti a disposizione porta ad un’assidua ricerca di perfezione dell’immagine. Il digitale ha consentito la creazione di diversi formati, che ben si adattano alle varie destinazioni (ad esempio JPG per il web; TIFF per la stampa). Un’ ulteriore novità è l’introduzione di

una nuova unità di misura: il pixel, legato al concetto di risoluzione. Il digitale non richiede più le competenze manuali dell’analogico, ma un’approfondita conoscenza del computer e di tutti gli elementi che lo riguardano. Lo sviluppo della tecnologia ha provocato un desiderio insaziabile che si è riversato nella produzione di apparecchi sempre più diversificati. Uno di questi, lo Smartphone, ha eliminato il contrasto fotografico, poiché sintetizza la luce nello stesso modo in tutti i punti, con il risultato di appiattire la resa, devitalizzare la foto e renderla così perfetta da essere irreale.

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L'innovazione tecnologica offre la possibilità di poter esprimere passioni, frammenti di vita, sentimenti verso qualcuno o qualcosa. In conclusione, noi stessi. Tuttavia ci troviamo combattuti tra la necessità di esprimerci liberamente distinguendoci dagli altri e la necessità umana di accettazione. Queste due tendenze si manifestano tramite l’esasperazione dell’Io e la continua ricerca di approvazione. Nel frattempo va smarrendosi sempre di più la distinzione tra soggetto originale e soggetto banale: “Nonostante io tenti di essere originale ricado nella banalità”.

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Viviamo nel pieno di una rivoluzione digitale e per questo motivo non abbiamo la piena coscienza per renderci conto degli effetti di questa nella società. L’esponenziale diffusione del desiderio di condividere fotografie si è svilupato soprattutto nella nostra società, anche grazie alla nascita dei social network, tra cui Instagram, creato da Kevin Systrom e Mike Krieger a San Francisco. Sembra scontato descrivere questa “popolarissima” piattaforma usata da più di 300 milioni di utenti a partire dall’ottobre 2010, ma si rivela interessante l’analisi di alcuni aspetti di tale fenomeno. Si può notare l’incremento dell’attività creativa da parte di sempre più utenti nel tempo libero, dovuto alla maggiore accessibilità (in primis economica) dei mezzi e al potenziamento della condivisione grazie alla rete. Tutte le immagini che riguardano un particolare momento della nostra vita, possono essere manipolate da altri utenti e ciò comporta uno sgretolamento del confine tra ambito privato e pubblico. La velocità, la semplicità e lo stile ispirato alle polaroid che caratterizzano Instagram permettono a chiunque di realizzare foto graficamente piacevoli con l’utilizzo impostato di venti filtri, rendendo la produzione fotografica un semplicissimo processo meccanico, annullando di conseguenza l’aspetto creativo dell’editing che diventa ripetitivo e poco stimolante.

INSTAGRAM PERMETTE DI REALIZZARE FOTO PIACEVOLI CON L’UTILIZZO DI VENTI FILTRI. L’EDITING DIVENTA POCO STIMOLANTE.

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Il social network fornisce inoltre la possibilità di espandere la propria immagine a più persone. Non è strettamente necessario sperare di sfondare nel mondo dello spettacolo per sentirsi dei divi, si può raggiungere una considerevole fama (seppure probabilmente fatua) anche attraverso un profilo in rete, attraverso la logica del "like" e della condivisione. Questo fattore influisce considerevolmente anche sulle situazioni in cui le foto vengono scattate e sulla loro composizione estetica; vengono così ad avere un discreto seguito foto -spesso e volentieri a bassa risoluzione- di ragazzine in contesti domestici o comunque quotidiani, talvolta in pose provocanti riconducibili ad un'emulazione delle icone contemporanee o del passato. Le stesse celebrità si ritraggono in tali contesti e godendo già di notevole successo offrono ai fans un'immagine di loro del tutto inedita, lontana da quella data dalle riviste e anzi molto più simile a quella che i fans hanno di loro stessi, avvicinando di fatto il mondo dello spettacolo a quello "reale" fino a farli quasi mischiare: le “star” sono umani e quindi tutti gli umani possono sentirsi “star”.

LE “STAR” SONO UMANI. TUTTI GLI UMANI POSSONO SENTIRSI “STAR”.


La fotografia,in quanto rappresentazione autentica della realtà, ha ottenuto successo e diffusione sostituendosi alla pittura, che nel frattempo aveva liberato dalle sue convenzioni. Infine, rendendosi digitale ha rimpiazzato sé stessa. Essa non ha più la sola finalità di essere mezzo di testimonianza della realtà, ma ha assunto la capacità di rappresentarne una fittizia. Ora cosa potrà rappresentare la verità? Quale strumento sostituirà la fotografia?

Ciammariconi Alessia Fantastico Melania Raheli Luisa Scala Sebastiano Zanetta Mario

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Marco Mattalia 82


In questo articolo troverete il pensiero di quattro ragazzi che cercano di dare delle definizioni a determinati fenomeni appertenenti al modo dell’arte.

Quattro ragazzi che parlano

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Secondo Sharon .

Fin da quando si è bambini ci viene insegnato che l’arte o il fare arte, è qualcosa di innato, un dono riservato a pochi e che può essere migliorato e portato ad alti livelli con l’acquisizione della tecnica. Questo, a mio avviso, è vero fino a un certo punto e la dimostrazione la si ha nella produzione artistica contemporanea che va dalla metà del ‘900 fino ai giorni nostri. Nell’arte contemporanea esistono vari esempi in cui il saper tenere una matita in mano non è sempre necessario, non perché gli artisti contemporanei non ne siano capaci, ma perché l’innovazione tecnologica ci ha donato nuovi mezzi di riproduzione di immagini e suoni, dando la possibilità di creare arte con mezzi e materiali alternativi e che nonostante i molteplici pareri contrastanti, fanno di questa produzione artistica una forma d’arte a tutti gli effetti. Il Contemporaneo è la rappresentazione della società moderna di allora e di oggi, e ci mette in chiaro come il gusto artistico sia cambiato con lo sviluppo industriale, l’instaurazione del modello della fabbrica la produzione a catena di montaggio. Un esempio che secondo me rappresenta al meglio quello che penso del contemporaneo è l’arte di Warhol. La serialità, l’isolamento e il mettere in evidenza fatti e oggetti dell’ordinario, la semplicità, il trasgredire e il voler suscitare forti emozioni e stupore stanno al centro di questo genere. Quante volte ad una mostra d’arte contemporanea non ci è venuto spontaneo pensare “si va be, ma questo lo potevo fare pure io!” oppure “che cosa mi dovrebbe trasmettere un’opera di questo genere?”. A mio parere, il bello de far spazio alla libertà d’espressione priva di canoni stereotipati di bellezza. Con l’avvento delle rete gli artisti di oggi hanno

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la possibilità di poter far conoscere la loro arte utilizzando i diversi social o, pagando una quota ragionevole, hanno la possibilità di crearsi una galleria virtuale dove possono esporre le proprie opere, facendo a meno così di passare tramite le gallerie e, con molta fortuna, farsi notare da potenziali acquirenti e società. Ciò non toglie comunque che per come la società di oggi si fondata su un modello dove il denaro regola l’intero sistema economico, è fondamentale per chi decide di vivere con l’arte, quello di cercare di farsi un nome, ed entrare nei circuiti artistici, facendosi largo tra le mille difficoltà.A volte già il fatto stesso di fare l’artista come lavoro è una difficoltà. Il far soldi nella maniere più semplice e rapida possibile, molto spesso non crea interesse nel investire in questo campo, di conseguenza l’artista ha bisogno di una persona di una certa fama che dica che la sua è Arte con la A maiuscola, e che quindi merita di un certo riguardo. Il passo immediatamente successivo è poi quello di dare un valore monetario più che culturale alla sue opere, e quindi affidandosi alle gallerie a cui viene dato l’incarico di esporre la “merce” in vendita, e di darne un prezzo che sia appetibile per l’eventuale acquirente. Ma al di là di tutto, il contemporaneo, come l’arte classica, il Barocco, l’Impressionismo e tutte le altre correnti e generi artistici, ha lasciato nella storia un profondo Da strumento magico per la buona riuscita della caccia, a mezzo per l’indottrinamento dei popoli analfabeti alla religione politeista, come quella greca e romana, e cattolica, che


influenzò buona parte della produzione artistica fino del ‘600 circa, seguita poi della ripresa dei modelli classici e all’instaurazione dell’idea di Bello come arte pura, pulita e priva di ogni difetto. Con l’avvento del periodo illuministico, il tema del divino viene sostituito con quello dell’uomo, che viene messo al centro della produzione artistica dove i temi affrontati sono l’esaltazione della sua sfera emotiva. In seguito allo sviluppo altre divennero le priorità e le sperimentazionizioni artistiche ci porteranno ad avere correnti come ad esempio l’Impressionismo,

il post Impressionismo, il Cubismo, le Avanguardie, gli inizi della sperimentazione fotografica, etc. , fino a quando con l’inizio e la fine dei due conflitti mondiali, l’uomo e la natura vengono messi da parte e gli stereotipi e i simboli della società moderna diventano i temi centrali dell’opera artistica. Opera artistica che non solo sembra farsi beffa degli stereotipi ma diventa un vero e proprio strumento.

GLORY MARIA

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Secondo Flavio. Il periodo che va dal 1989 ad oggi, ovvero dalla caduta del muro di Berlino, e dei successivi due anni, gli anni in cui l’unione sovietica è collassata in se stessa abbiano, (già da subito) stravolto il mondo sotto il profilo geografico e politico naturalmente, causando dei cambiamenti epocali in tutto ciò che riguarda la società attuale. La mancanza di due blocchi contrapposti, la fine della guerra fredda, il termine della tensione fra Usa e Urss, hanno come allentato le frizioni fra le nazioni, “equalizzandole” tutte quante, mettendole in una posizione di non belligeranza e collaborazione fittizia che logicamente non ha portato alcun beneficio concreto, bensì ad una globalizzazione indotta, che ha sacrificato le caratteristiche, le forme più tradizionali e caratterizzanti dei paesi, facendo, a nazioni e a popolazioni perdere la propria (o in parte o totalmente) identità, storica e politica. Anche l’arte ovviamente ha risentito di questo cambiamento immane, di questa globalizzazione che l’ha estremizzata e condotta su sentieri inesplorati non per mancanza di fantasia, ma per assenza di bisogno di concepire un arte il più delle volte fine a se stessa e fruibile da un numero sempre meno elevato di persone che hanno le qualità per apprezzarla. Mi spiegherò meglio nelle righe che seguono: Non voglio asserire che l’arte dagli anni ’90 in poi sia roba per pochi e di scarso valore o interesse, ma mai era successo, come prima di allora l’arte , quella considerata come tale, diventasse ironica, giocosa, kitsch o trash, sfidando l’estetica, il buon gusto e la critica. Ergo, con questi presupposti, significa che abbiamo a che fare con “qualcosa” di mai visto prima, di una situazione artistica contemporanea molto difficile da trattare, difficile, a volte

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anche solo da inquadrare. Io credo che il contemporaneo sia arte in quanto rappresenta, nel bene e nel male ( e nel bello e nel brutto…) la società del presente, dire che non sia arte sarebbe come dire per esempio “il 2004 non esiste” come non esiste, è un anno, è passato è esistito, negare l’arte di oggi o di domani sarebbe fare revisionismo storico, il che è un azione troppo facile rispetto all’analisi concreta dei fatti. Semplicemente, come già detto diventa più difficile oggi inquadrare cosa sia arte e cosa no, ma per il semplice fatto che oggi grazie alla comunicazione di massa, e grazie a tutti i canali tramite cui si possono far pervenire immagini e dati. È abbastanza a malincuore che constato tuttavia, che oggi per tirar su guadagno dalla produzione artistica bisogna farsi una pubblicità elevata tramite social network e simili per poter aver qualche chance di entrare in gallerie e mostrare la propria produzione, sembra quasi che l’artista moderno sia una prostituta che cerca di agghindarsi al fine di rimorchiare un facoltoso cliente che la scelga per più di una sola notte “d’amore”… detto ciò rimane fondamentale secondo me il rimanere coerenti con se stessi, ovvero il cercare di produrre qualcosa che piaccia in primis a te stesso, e poi di conseguenza qualcosa che venga apprezzato dagli altri, poiché qui sta sostanzialmente il fulcro della produzione artistica, l’arte che cos’è? È il frutto del pensiero umano, di idee, sogni, concretizzati su carta, tela, marmo, plastica e tutto quello che si vuole, partire dal presupposto “farò qualcosa che piaccia agli altri e far si che essi me lo comprino (anche se a me non piace)” trovo che sia assolutamente sbagliato ,


e noto con disappunto che molti artisti moderni cercano, per essere inseriti nel circuito dell’arte di farsi strada facendo cose che sembrano andare per moda, più che per bellezza intrinseca e fascino che emanano. Il valore di un opera d’arte è strettamente collegato con il suo valore culturale secondo me, la cultura del tempo in cui è stata creata ci dice molto su di essa, l’occhio con cui ci rivolgiamo a guardare un dato periodo storico si deve sforzare abbastanza di comprendere le dinamiche e le condizioni politiche, sociali, culturali di quel momento, e l’opera d’arte funge da faro nella notte in questa ricerca, riesce per certi versi a sopravvivere al suo stesso autore, a chi l’ha pensata ,poiché si sa, l’arte trascende il tempo, quindi rimanendo coi piedi per terra l’opera d’arte ci aiuta sia per un certo verso ad estraniarci dal momento storico suo proprio, uscendo fuori dalle barriere del tempo e pure invece a considerare che per quanto ci possa sembrare eterna è in realtà il frutto di lavoro e studio, e ispirazione di qualcuno vissuto realmente come noi, solo in un’altra epoca, vicina o remota essa sia. Quello che l’arte contemporanea ci può oggi insegnare è che si può davvero fare arte con qualsiasi cosa. Oggi vi è un apertura mentale maggiore rispetto al passato, l’arte può davvero esser fatta con qualsiasi cosa si trova , basta far si che abbia un contenuto che non sia solo quello intrinseco del materiale di cui è composta, uno degli esempi più mirabili è il nostro Maurizio Cattelan, che a mio dire è riuscito meglio di chiunque altro sul panorama artistico contemporaneo , grazie ad opere che sfiorano l’assurdo, tipo “stadium 1991”o “Him” del 2001, opere che con la loro assurdità hanno però creato un solco, un solco che è diventato una strada , una

strada che ha ispirato decine e decine di artisti, e si sa , quando si diventa fonti d’ispirazione e si entra nell’immaginario collettivo , a quel punto si fa la storia. L’evoluzione dell’uomo, il continuo cambiamento della storia , tutto ciò che accade nel mondo può esser rappresentato nei periodi storici dell’arte, come ad esempio il rinascimento, il barocco, il neoclassicismo, il realismo e l’astrattismo, come si evolve la specie umana si evolve la sua arte, gli artisti del ‘700 con alle spalle secoli e secoli di storia ma non ancora la tecnologia per inventare la tecnica fotografica arrivarono a produrre opere che cercavano di imitare la realtà in maniera magistrale, ritratti di persone, di nobili di paesaggi che ambivano ad essere delle vere e proprie fotografie, inventata la fotografia ecco che passa subito di moda il riprodurre la realtà con estrema precisione , e ci si avvia verso una pittura più d’impressione , ed ecco nato l’impressionismo, con le sue tecniche , i suoi stili, le sue ambizioni. Ci rimane un dubbio: cosa è che cambia davvero nella storia? Cambia l’uomo e i mezzi rimangono i medesimi oppure sono i mezzi che cambiano e l’uomo rimane sempre lo stesso? La sua condizione di essere mortale chiaramente non è mutata nel corso dei millenni, l’uomo è sempre lo stesso ma la sua vita è cambiata, e fortemente, cambia di generazione in generazione e diventa sempre più arduo riuscire a definire le “epoche” che viviamo, non si fa in tempo a definirne una che già, all’apparenza o meno è terminata.

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THE ECONOMY WAS WON (?)

AN IMPOSING SPECTACLE

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AN IMPOSING SPECTACLE

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Secondo Maria. Presupponendo che l’arte può essere colta in qualsiasi aspetto della nostra vita, il contemporaneo è l’arte che ingloba la società d’oggi, in quanto tenta in particolar modo di coinvolgere proprio noi che siamo i fruitori di un’arte non più rivolta al gusto estetico e alla continua ricerca di espressione interiore, ma più diretta ad attirare l’attenzione di chi la osserva da un punto di vista strettamente funzionale. E’ per questo che considero l’arte contemporanea un modo di far emergere più l’artista in sé che non il soggetto dell’opera vera e propria. Un artista che tenta di farsi riconoscere in maniera più efficace possibile tramite le tecniche più impensabili e che vuole catturare lo sguardo di chi si trova di fronte alle proprie creazioni , con elementi quasi minimali, che rimandino nell’immediato al pensiero dell’artista e che non considerano solo più tele e colori, ma anche materiali e oggetti di qualsiasi genere. Si pensi anche alle numerose performance e alle installazioni che tentano di coinvolgere il fruitore in maniera totale, rendendolo partecipe di un’arte che ormai non si basa solo più sull’osservazione e la contemplazione di un quadro dipinto da mani sapienti quali erano quelle dei più grandi maestri del passato, ma che circondano l’osservatore a 360° facendolo diventare parte dell’opera e dell’esibizione anche se effimera. Ed ecco che l’arte diventa d’impatto regalando esperienze fuori dall’ordinario e facendo parlare di sé. Sì può quindi considerare l’arte non solo più profeta di sensazioni ed emozioni intrinseche che l’artista tenta di esprimere a tutti i suoi contemporanei, ma anche una forma di pubblicità in quanto è importante il farsi riconoscere per

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poter proseguire una carriera proficua che ai giorni d’oggi è uno degli aspetti più ricercati . Ormai la padronanza di tecniche pittoriche e accademiche non sono più necessarie perchè si può “fare arte” con qualsiasi cosa, dal più piccolo oggetto quotidiano alla stanza di un edificio ben riconoscibile. Quindi penso sia quasi fondamentale riuscire a far parte di un circuito artistico guidato da galleristi e sponsor perché l’arte di oggi riscontra grandissimi ostacoli finanziari e di concorrenza che nella maggior parte dei casi è quasi impossibile per un artista singolo riuscire ad abbattere da solo. Insomma, un po’ come i musicisti e le band che vogliono girare il mondo devono sicuramente avere contratto con grosse case discografiche. È qui che diventano ben visibili i valori di quest’arte che tenta di fare pubblicità di sé stessa: l’economia gira sotto ogni aspetto, facendo diventar una vetrina di mercato anche quello che si considerava uno dei pochi modi di espressione più profondo. Quanti sono ormai i mercanti d’arte che cercano di arricchirsi con l’aiuto di giovani promesse che a loro volta sono alla ricerca di chi possa farli emergere dalla concorrenza? È anche vero che “artista” è considerato oggi un mestiere anche se più autodidatta di altri e non solo più una passione, quindi un modo di poter guadagnare grazie a ciò che una volta si pensava essere una dote che pochi riuscissero a padroneggiare ma che oggi sembra alla portata di tutti. Ma non è comunque da sottovalutare che l’arte ha lasciato un segno in ogni epoca. In particolar modo, l’arte contemporanea è lo specchio della nostra società, fa intendere quelle che sono diventate le nostre necessità e ci rende partecipi di intense emozioni, siamo noi stessi che ora


diamo significato ad una qualsiasi opera in quanto non è sempre immediato ciò che l’artista vorrebbe esprimere o farci capire. Quante volte ci siamo fermati davanti ad una creazione di arte contemporanea pensando “cosa significa?” o “cosa dovrebbe trasmettermi?”. Ed ecco che l’arte diventa soggettiva facendoci riflettere e rendendoci in qualche modo artisti di una libera interpretazione. Siamo quindi noi gli artefici di un nuovo modo di pensare, di una nuova corrente alla quale cerchiamo di dare un significato basandoci su ciò che oggi ci circonda, su tutti i particolari di quella che è diventata la nostra società . L’arte rimane in ogni caso una critica alla contemporaneità, a ciò che di più scandaloso avviene durante la vita di tutti i giorni e quindi un espressione di pensiero quasi elegante che si discosta dagli eventi che trasformano l’individualità dell’uomo in un soggetto appartenente ad una massa conforme agli ideali che si rifanno in gran parte al consumismo odierno. Partendo da una linea temporale immaginaria, si può notare come l’arte abbia avuto inizio attraverso tecniche rudimentali quali l’incisione, facendo della pietra un foglio da disegno che mostrava ciò di cui vivevano essenzialmente i primi esseri umani del tempo senza alcune pretese né scopi precisi. Tutto ciò si è trasformato nella continua ricerca della spiritualità e dunque all’avvicinamento alle divinità, di rendere loro grazia e di far di questo una specie di propaganda per la religione, la quale era diventata fonda-

mentale per l’esistenza dell’uomo. Tutto girava intorno ad essa, e attraverso l’arte e l’architettura gli uomini sfoggiavano opere che raffigurassero o rappresentassero Dio e i suoi profeti , rendendo così l’arte un mezzo di comunicazione e di insegnamento per i credenti. Ma non esisteva sicuramente solo la religione: gli uomini sono creatori di sé stessi ed è da questo principio che l’arte cominciò ad assumere vesti diverse, facendosi strumento di finissima interpretazione di ciò che faceva parte dell’umanità, dell’animo e del corpo. L’uomo, il contesto urbano, i sentimenti più impetuosi divennero soggetti di molteplici correnti artistiche che reinterpretarono in maniera completamente diversa tra di loro e attraverso le tecniche più raffinate di rappresentazione tutto quello che faceva parte della vita. Non era sicuramente solo il fattore economico che muoveva questi grandi artisti, ma era un modo di far luce agli eventi attraverso l’utilizzo dei media e degli spazi espositivi che ormai contano in maniera predominante per poter superare efficacemente la concorrenza e quindi prevalere sugli altri. Siamo quindi contemporanei di un’arte rivolta all’era del consumismo che pian piano si sta appropriando di ogni aspetto che fa parte della nostra vita. L’arte continuerà quindi ad esistere o sarà destinata ad estinguersi un giorno non molto lontano?

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CONSUMERISM

più significativi e ai sentimenti più forti che riguardavano e colpivano l’uomo e la sua interiorità. Purtroppo il mercato si è appropriato di questa materia umanistica, facendola diventare una forma di economia

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AMORE MORTALE

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Secondo Simone. Ancora oggi c’è chi pensa che determinate forme artistiche non si possano considerare arte perchè oltrepassano le metodologie classiche utilizzate da gli artisti o perchè nella loro fruibilità visiva, nel caso delle arti visive, lasciano un vuoto tecnico per dare spazio ad altri valori. Per avere una visione limpida di questo fenomeno prendiamo come esempio ciò che è stato fatto da Marcel Duchamp con il ready-made. Il ready made si propone banalmente come un oggetto comune che provviene da una produzione in serie alla quale tolta la sua funzione originale viene data la funzione di opera d’arte, contestato da i tempi della sua creazione fino ad oggi esso rappresenta il primo gradino di una scala che ci ha portati a considerare nuove varianti dell’oggetto d’arte come le installazioni o le performance, non che a considerare nuovi approcci all’arte stessa. Arrivati a questo punto nasce spontaneo chiedersi, perchè la fontana di Duchamp o le performance della Abramovich o le installazioni di Burri possono essere considerate opere d’arte? Certo è che se alla domanda “perchè hai deciso di inventare il ready made?” Duchamp rispondesse “così, perchè mi andava” tutto il suo discorso artistico crollerebbe all’istante senza lasciare ombra di dubbio, ma così non è. per capire meglio i perchè di Duchamp dobbiamo volgere lo sguardo al passato dell’artista e al percorso che lo ha portato a concepire un oggetto d’arte del tutto nuovo. nel 1912 Duchamp realizza “Il nudo che scende le scale” opera che oltre a rispettare gli stili pittorici moderni affronta in maniera fine le tematiche del mondo dell’arte, sempre nello stesso anno la tela

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viene rifiutata alla mostra del Salon des’ Indipendance a Parigi. L’anno dopo l’opera verrà spedita a New York per essere messa in mostra durante l’Armory show, è in quel momento che per la prima volta il nudo di Duchamp non solo viene considerato opera d’arte a tutti gli effetti ma ancor più importante fu l’opera che tra tutte fece più scalpore. Questa successione di eventi evvidenzia il fatto che un opera d’arte è tale solo se considerata tale da chi la guarda, perciò l’unica cosa che può dare il valore di opera d’arte ad un oggetto è è il giudizio delle persone o meglio ancora nel caso di duchamp e anche nel nostro il giudizio di una ristretta cerchia di persone che decide cos’è valido e cosa no. Duchamp, come noi, si accorge di questa piccola falla nel sistema, così escogita la sua prossima mossa e nel 1915 parte per New York . é qui che grazie alla notorietà regalatagli dal nudo che scende le scale prende contatto con diverse figure importanti nei circuiti artistici statunitensi e conosce il dietro le quinte dell’arte. Facendo parte di ristrette cerchie di persone che decidono cos’è valido e cosa no incomincia a conoscere e a capire le regole del gioco facendole sempre più sue, è così che nel 1917 Duchamp partorisce la sua idea più geniale, il Ready-made. E quale oggetto poteva essere più adatto al suo battesimo se non un cesso? Ma analizziamo ancora una volta i fatti, è probabile che durante la sua esperienza operatoriale Duchamp si accorge che in realtà ciò che influenza il giudizio di una società nei confronti di un elaborato artistico non è


una legge fisica naturale bensi un sistema di regole stabilite da persone che le modificano in base a ciò che più conviene. Capisce che nel mercato dell’arte moderna non è importante l’opera e non è importante l’artista bensi è importante il parere di chi ha il comando, così escogita un modo per utilizzare le regole del gioco a suo favore portando all’interno del contesto artistico un oggetto che di per se non ha valore se non quello funzionale, un valore che viene immediatamente perso nel momento in cui Duchamp decide di esporlo come un opera d’arte, così un semplicissimo orinatoio diventa la Fontana di R. Mutt datata 1917. Ma la verità sta dietro l’opera materiale, la vera opera di duchamp non è l’oggetto in se ma il concetto che esso rappresenta. Oggi il mondo è un enorme mercato dove tutto è mercificato se si vuole vivere all’interno della comunità si è costretti a cedere parte del proprio tempo per racimolare soldi , quindi a meno che un’individuo non scelga l’auto emarginazione ha bisogno di far parte di un sistema che compra e vende qualsiasi cosa. Vi siete mai chiesti se è eticamente giusto far parte di un circuito artistico privilegiato? D’altronde è di questo che si tratta, a parer mio la domanda giusta da porci non è se sia giusto o no, ma sarebbe meglio chiedersi, cosa voglio dalla vita? Cosa voglio dall’arte? Come tutti sappiamo ci sono artisti che hanno amato e amano l’arte a tal punto da morire per essa eppure non hanno notorietà ne richezza o la ricevono da morti quando ormai la loro vita terrena si è esaurita. Questo fatto fa pensare, molti di noi danno per scontato che chi vuole essere un’artista farebbe di tutto pur di farsi riconoscere

da gli altri come tale, ma non è così. Tutto dipende da cosa si vuole dalla vita e quanto si è disposti a dare pur di avere, ci sono persone che danno la vita per l’arte e altre che danno l’arte per la vita, e ognuna di queste persone consapevole o no decide ciò che più gli aggrada. Quindi per chi ha fame di fama è indubbiamente fondamentale far parte di un circuito artistico internazionale che gli possa offrire visibilità, copertura economica e la certezza di essere considerato artista dalla società, mentre, per chi preferisce tenere l’arte come un amante segreta in maniera che nessuno possa manipolarla, sfruttarne gli effetti o rifiutarla, sarebbe meglio scegliere un’alternativa che non preveda circuiti internazionali ma al massimo mostre collettive tra amici e niente più, riducendo il suo status da passione a hobby perchè ricordiamoci di una cosa, chi non fa soldi con l’arte deve comunque farli in qualche maniera a meno che non sia ricco già di suo (fortuna per pochi) ha bisogno di un lavoro per poter vivere e mantenersi. Il sistema contemporaneo dell’arte si basa sulla mercificazione dell’oggetto, come tale, oggi qualsiasi opera d’arte oltre ad avere un valore pseudo culturale si presenta con un valore aggiunto, quello economico. che si parli di artisti conosciuti in tutto il mondo o di artisti di scarsa fama l’opera d’arte si presenta comunque come un oggetto di mercato, quindi credo che sia ovvio per tutti che il valore di un opera non sia dettato dal prezzo che ha affisso sul cartellino o sul prezzo dato dalle quotazioni dell’autore, bisogna comunque dire che più è alto il prezzo e teori-

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camente(in linea di massima) più sono gli Quando osserviamo un opera è logiocchi che possono posare lo sguardo su co che noi in base alla nostra sensibilità tale opera, se consideriamo che il valore anche non volendo cogliamo determinati culturale di un opera è legato oltre che al aspetti di essa tralasciandone altretanti, suo contenuto anche alla sua visibilità non questo accade perchè nella nostra visioci rimane che legarlo anche al suo valore ne delle cose siamo atratti da determinati elementi e meno da altri, altre volte con economico. amarezza ci pare di non poter cogliere immaginate un opera con un contenuto filosofale che però giace all’interno di una alcun aspetto e presi dallo sconforto ce la prendiamo con noi stessi o con l’opera scatola insieme al gatto di Schredinger, nessuno saprebbe cosa dice o cosa rap- che abbiamo davanti, in altri casi ancor più presenta perciò fino a quel momento il suo pensiamo di aver colto degli aspetti che in realtà non vogliono esistere per volontà valore culturale starebbe a zero. Per capire il discorso è utile considerare dell’autore. anche quelli “artisti che lo fanno solo per Quindi l’arte contemporanea è in grado di insegnarci qualcosa anche se non vuole, soldi” e a quelle opere nella quale non risiede nessuna valenza culturale, almeno ma questo accade solo se noi siamo disposti a imparare da essa e avendo come inzialmente, perchè se ci pensiamo bene anche queste con il input un opera o una mostra o il percorso loro non contenuto mostrano un lato cultu- artistico di qualcuno noi dobbiamo essere rale della società di oggi, di conseguenza in grado di cogliere l’insegnamento che sta. assumono anch’ esse un valore aggiunto, La storia ci insegna che l’arte come ogni cosa creata dall’uomo nasce libera come che nel loro caso è quello culturale. stimolo interiore o esigenza. Perciò io credo che il valore culturale e Grazie all’apertura a nuove esperienze e quello economico facciano parte dello nuove forme oggi l’arte visiva si presenta stesso organismo ossia un valore unico somma dei medesi- nei modi più stravaganti e meno convenzionali, oggi l’arte è veicolo di messaggi mi. Ritorniamo un attimo a riflettere sul valore sociali, emozioni,estetica, filosofie, culture, storie, insomma rappreculturale di un opera e chiediamoci , senta l’umanità e la sua omogenea diversima l’arte contemporanea è in grado di tà in tutte le sue sfarcettature. insegnarci qualcosa?

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Sharon Tricerri Flavio Sonetti Maria Ricciardi Simone Mameli

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随 着 科 技 的 不 断发展,人 类正在进入以 电脑和网络为基 础的新时代,改变 了人类的生活方式,拓 展了人们交往的范围和空 间,然而,人类在享受它带 来的众多便利时,也出现了这 个时代的弊端。 由此可见,技术的进步,在给人们 带来方便的同时, 也在给人们带来麻 烦。其中,最大的麻烦,就是因为技术提 高了生产力,而使得一部分人失去了工作。 原来需要十 个工人的事,现在只要一个工人, 再配以一台机器就能轻松地完成了,那么,九个工 人是否要因此而失业呢?原来只有专业的雕刻师傅能 够做的事,现在,依靠电脑 技术,普通人就能完成了, 那么,不但雕刻师傅会失业,而且,对这个岗位的竞争也会 加剧。 在现代,人们通过科技的发展,证明了迷信思想是不可取的,要 通过自己的双手创造自己的生活。在古代,许多人得了重病,大夫 也无能为力,只能眼睁睁地看着病人痛苦地死去.可现在,通过科技的 发展,大部分疑难杂症已能成功治愈,人们不用为生病而烦恼。……以上 所举的例子,只是科技发展为人类造福事例的冰山一角。科技发展得如此迅 速是古代人想都不敢想的。为什么电视上、报纸上,几乎天天说要提倡科技发 展,因为千年的飞天梦是怎样圆的?是科技的发达;通迅的便捷是什么造成的?是科 技的发达;身患重病的人为什厶能重新过上幸福的生活?是科技的发达!

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过去,我想保护自己的秘密很简单,只要我不说,只要我把 记录秘密的纸张藏好 就可以了.但是现在这些传统的办法已经不行了,现在人们可以通过黑客技术,获 取我们电脑手机里的东西.甚至我们所安装的软件本身就带有收集用户数据的功 能,我们无法知晓,就算知道了也没有能力办法,我们私密的东西也有可能被发到 网络上。我对一切感到无比的愤怒!为什么就这么想知道别人的秘密?有人可能会 说,这些秘密可能会与他们有关,有可能会侵犯他们的权利,但这只是有可能,并 没有确定,当真相大白之时,发现与自己无关,他们又会说:哦,还好与自己无 关。但是,当一个人的秘密大白于天下时,那个人是怎样的心情呢? 愤怒,如同自己被火焰燃烧一般的,可以感觉到每一滴血染都在蒸发。 尴尬,如同吃完饭却没有钱付账,对着服务员不知所措。 怨恨,如同午夜的冤魂一般注视着这一切,却无能为力。 而这一切的一切仅仅是为了满足那个可能性和人们渴望知晓秘密的欲望。 但他们也不在乎别人的想法,他们可以肆无忌惮的侵犯别人隐私,只要他们想,他 们就可以做。他们就是一群小丑,只要火焰没有还烧到他们的房子,他们就不会担 心,害人者终将害己. 我对此感到深深的无奈,我无法阻止这一切,除非我隔绝一切现代产品,但这是不 可能的。

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过去, 我们当面交流, 我们用嘴巴说出话语, 我们用眼睛看着对方的脸, 用耳朵听着对方从嘴里说出的话, 维系人与人之间的纽带是血缘友情和共同的兴趣。 虽然我们在交流, 却被冰冷的屏幕阻挡, 却感觉我们之间的距离越来越远, 却感觉我们所有的情绪以及被固有的字符锁定。 而现在, 人们被金钱所束缚, 人们被名为金钱的绳子胡乱的绑在一起, 绳子越收越紧,我们身的体越来越近, 但是我们的心灵却越来越远。

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科技的发展,使得我们拥有多种工 具帮助我们完成工作,而人类所要 的只是动动手指头操纵这个机器而 已,从此过上轻松高效的幸福生 活。但这幸福的代价是我们开始变 得懒惰,机械可以完成的为什么要 用人力呢?我们开着汽车出行在冰 冷的柏油马路上,虽然高效,却忘 记了漫步在公园里的安逸与悠闲。 我们开始拒绝思考,因为使 用机械是最便捷的方 式,我们忘却了当冥 思苦想最后得出答 案时的喜悦。我 们变得更加贪 婪,因为机械 可以为我们达 成一切,所有 我们有权力要 求更多,然而 我们忘却了在我 们降生时所特有 的纯洁与宁静。 当机械彻底取代人类 工作之时,就是人类彻 底被机械所取代之时。劳动 产生价值,而不工作的人类还有价 值吗?一个不用工作的社会,这是 一个乌托邦,一个即梦幻又绝望的 乌托邦。 这一切的一切如同被一个巨大无比 的漩涡吞噬,一切的一切都在这漩 涡中被绞碎,结合,重组,最后诞 生了什么?一个无比畸形的怪物!

?一个拥有无比强壮身躯,心灵却 残缺不全的怪物. 尴尬,如同吃完饭却没有钱付账, 对着服务员不知所措。 怨恨,如同午夜的冤魂一般注视着 这一切,却无能为力,如果用眼睛 可以杀人,那么传播者早已被杀死 无数次。 而这一切的一切仅仅是为了满足那 个可能性和人们渴望知晓秘 密的欲望。 但他们也不在乎别 人的想法,他们可 以肆无忌惮的侵 犯别人隐私, 只要他们想, 他们就可以 做。他们就是 一群小丑,只 要火焰没有还 烧到他们的房 子,他们就不会 担心,害人者终将 害己. 我对此感到深深的无 奈,我无法阻止这一切,除非 我隔绝一切现代产品,但这是不可 能的。一切的一切如同被一个巨大 无比的漩涡,一切的一切都在这漩 涡中被绞碎,结合,重组,最后诞 生了什么?一个无比畸形的怪物! ?一个拥有无比强壮身躯,心灵却 残缺不全的怪物.结语:这是一个最 好的时代也是一个最坏的时代。

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Lang Da Jing Zhu Cong 10 Wei Zhang Tang Jia Yu

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τεχνολογία TECNOLOGIA : tecno- (dal greco “arte, abilità”) e da -logia ( dal greco “discorso”)

“I CANI SCIOLTI” Nel corso del 900 sono comparsi e si sono sviluppati degli strumenti così potenti da essere stati in grado di cambiare radicalmente la società. Si tratta dei mezzi di comunicazione di massa e delle nuove tecnologie, le quali hanno sconvolto non solo i rapporti tra individui e individuo ma anche quelli tra individuo e gruppi sociali. Come scrive Mc Luhan, la rete è “il sistema nervoso delle società contemporanee”. Innanzitutto è mutata la concezione e la percezione stessa di tempo e spazio. Grazie alla rete si può essere connessi in tempo reale con luoghi fisicamente lontani da noi, ma pur risparmiando in questo modo, si perde gran parte delle proprie giornate davanti a degli schermi. Si può considerare come sia aumentata notevolmente la comunicazione, portando però all’attenzione il problema del controllo delle informazioni, e come contemporaneamente sia diminuito l’incontro. La proliferazione dei social network e il loro abuso ha portato al privilegiamento della vita virtuale a scapito di quella reale.L’incontro tra gli individui si svolge ora sulle piazze virtuali e gli individui stessi si nascondono dietro le proprie maschere. Internet è il luogo del libero scambio di idee e della circolazione delle notizie. Tutto ciò non è tuttavia vincolato da leggi e se da una parte questo è positivo per lo sviluppo della creatività o la libertà di espressione, dall’altra aiuta a far proliferare anche gli aspetti negativi come l’eccesso di informazioni spesso errate, il facile commercio in nero, i vari plagi ecc...

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Già l’invenzione della stampa segnò l’inizio di una nuova epoca nella quale la conoscenza avrebbe potuto raggiungere un sempre più vasto pubblico. Ancora oggi il quotidiano rimane, dopo la televisione e il computer, il principale canale di comunicazione pur essendosi trasferito in rete. Un altro mezzo importante è il telefono cellulare, il vantaggio più grande é senza dubbio il fatto di avere a portata di mano innumerevoli funzionalità prima reperibili con diverse apparecchiature elettroniche. Ne é un esempio il localizzatore satellitare o GPS. Ormai i telefonini sono in grado di fornire indicazioni stradali e informazioni precise sui punti di interesse che ci circondano in modo efficace e veloce. Non é più indispensabile un computer. Ciò comporta non solo la possibilità di rimanere sempre aggiornati ma anche, per esempio, di saltare lunghe code: le prenotazioni online di biglietti, vestiti, libri, elettrodomestici e chi più ne ha più ne metta, sono parte della mentalità comune. Anche la fotocamera e la videocamera hanno raggiunto un ottimo livello di sviluppo sui cellulari tanto da competere,in quanto a qualità,con le vecchie attrezzature.

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Qui si può aggiungere il fatto che non si ha solo a disposizione le foto e i video ma che si possono anche modificare e abbellire, processo che prima era più lungo dovendo avvalersi di computer e programmi specifici. Vi é inoltre la comodità di poter ascoltare e registrare i propri brani musicali e le proprie note vocali senza dover utilizzare un mp3 e un registratore. Vi sono poi, sui telefoni cellulari più nuovi, le funzionalità dei programmi di scrittura e elaborazione quali word, excel, office... e la possibilità di condividere i file creati con un clic. E, ancora, l’accesso diretto alla posta elettronica e ai vari account personali. Vi sono, poi, giochi che intrattengono grandi e piccini i quali rendono i telefoni comode console. Insomma vi é una vasta scelta di app le quali permettono di personalizzare e ampliare le funzionalità di base dei cellulari secondo le proprie esigenze e i propri interessi in modo da accedere in qualsiasi momento,velocemente e comodamente alle informazioni di cui si necessita.

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Il problema principale è l’abuso che se ne fa ai giorni nostri. Esso ha irrimediabilmente stravolto le relazioni interpersonali e ha intaccato anche il linguaggio. Basti pensare a come la complessità umane con tutte le proprie infinite sfumature, si debba esprimere nei 140 caratteri degli sms o più banalmente, alle “ch” che troppo spesso si trasformano in “k” anche nell’ ambito scolastico. E’ vero che scrivere e-mail o sms è comodo e veloce, anche in termini di velocità di risposta, ma è davvero un beneficio comunicare in modo così impersonale? Era un atto diverso scrivere una lettera, le parole andavano soppesate, la calligrafia trasmetteva più di uno schermo digitale, l’attesa di risposta poteva durare mesi e non era così infinitamente breve come negli sms. Lo stesso vale per le videochiamate. Come si può sostituire la fisicità di un incontro con una webcam? Ovviamente questo è positivo e utile sel’incontro non può avvenire per notevole lontananza.

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Gran parte del nostro sapere passa attraverso la televisione. A causa di questo mezzo abbiamo perso la nostra capacità critica. Infatti essa non fa altro che darci un’ idea del mondo reale, attraverso telegiornali, documentari ecc..., e offrirci un modello comportamentale da seguire, grazie ai reality e alla pubblicità. Il problema è che l’uomo assimila queste informazioni senza rielaborarle. I suoi sensi vengono bombardati dalle immagini pubblicitarie e non e dai suoni. Davanti a se si prospettano finte infinite possibilità, senza però poter scegliere.


La tecnologia si fonda infatti sulla soddisfazione dei bisogni indotti che essa stessa crea. In altre parole,i mass media ci spingono a credere di dover avere piu’ cose di quelle che necessitiamo e carica quelle stesse cose di marchi, per spingerci a crederle sostanzialmente diverse e poterne distruggere e creare sempre di nuove. I loghi creano a loro volta status e appartenenza sociale. Questo è il principio alla base della nuova era tecnologica: il principiodel consumismo. C’è da dire quindi che le nuove tecnologie hanno apportato notevoli miglioramenti alla vita umana, in termini lavorativi, velocizzando i tempi e riducendo la fatica; in termini sanitari, grazie alle nuove scoperte mediche e l’ impiego di macchinari più sofisticati e meno invasivi; in termini scientifici, in biologia, in astronomia e in tanti altri campi.

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Di sicuro abbiamo più risposte e più strumenti ma abbiamo perso di vista i fini e non conosciamo le domande. L’uso consapevole delle nuove scoperte porterà sicuramente a ulteriori evoluzioni ma non bisognerebbe abusarne. E’ necessario tenere sempre presenti l’etica e la morale e non dimenticare che l’era tecnologica ha ampliato l’insicurezza e le paure negli individui che vivono in un mondo virtuale sempre più isolati gli uni dagli altri.

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Nicolò Sena Jessica Bruno Giorgia Moretta


A RAVACHOL

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DEL DETOURNEMENT COME DISPOSITIVO SITUAZIONISTA PER LA SOVVERSIONE DELL’ESISTENTE NELL’ARTE E NEL QUOTIDIANO 118


⁄GRAS∙SO⁄ Trad. Lombardo. Origine; Lat. tardo grassum, class. crassus ∙sec. XIV. 2. aggettivo – Abbondante, lauto ed eccezionalmente redditizio.

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MONGOLOID NON ESISTE. E’ UN TUMORE SCOPPIATO IN SENO ALL’AVVENIRE. CANCRENA E’ L’AVVENIRE!


GALLERIE, MUSEI E INFINE LATRINE Le idee rivoluzionarie si consumano sui conti correnti e nei loculi domestici dei feticisti della merce. I musei mummificano l’ebrezza disorganizzata e proiettano lo spettacolo della non-vita, della falsa rivoluzione. Se per pisciare in una latrina a pagamento ci guardiamo bene dallo sperperare l’elemosina che scaviamo dalle nostre tasche, ci auguriamo allora che l’arte della merce si esaurisca solitaria in un anfratto melmoso e predisposto di una fessura per le carte di credito. Siamo sicuri almeno che presto ci dimenticheremo di tutto questo.

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NON È SUFFICIENTE BRUCIARE I M USEI. BISOGNA ANCHE SACCHEGGIA RLI. [ I S ] Per giungere a una definizione affinata dei metodi di rovesciamento dell’immaginario legati al détournement bisogna edificare intorno ai suoi contenuti quell’assunto interconnesso alla deriva che vide coinvolti fin dai primi anni ‘50 la gioventù lettrista e che, dopo aver rigettato l’avanguardismo riformista del fondatore del Movimento lettrista Isidore Isou, si scisse inizialmente nell’Internazionale Lettrista per poi fondersi nel 1957 ad altri movimenti artistici e dare vita all’Internazionale Situazionista. Questi individuarono nella deriva un approccio casuale e randagio a quel tipo di organizzazione urbanistica atta alla riproduzione delle logiche del capitale. In altri termini la reinterpretazione o il ribaltamento degli spazi e del tempo strutturati mediante la conformazione geografica delle città e dei quartieri, che ripercuoteva i suoi effetti nella repressione quotidiana di qualsiasi forma passionale di liberazione dalla società dominante, doveva confluire in quella catarsi esplorativa e disorganizzata in grado di generare un nuovo tipo di vita o, per dirla con le parole di Anselm Jappe: «La deriva fa parte di un’attitudine sovversiva permanente che, tra le altre cose, vuole uscire dall’arte così come da ogni altra forma di alienazione della società borghese».

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SI POTREBBE ANCORA RICONOSCERE QUALCHE VALORE LETTERARIO A QUESTO ARTICOLO SE QUESTO RITMO SI MANTENESSE; MA NON SI MANTERRA’.

LO SPETTACOLO E’ FINITO Nel film di Guy Debord La Société du Spectacle il testo originale viene riportato su una schermata nera: «Onpourrait reconnaître encore quelque valeur cinématographique à ce filmsi ce rythme se maintenait; et il ne se maintiendra pas.»


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ESSI SPIANO Carpenter non crede negli insetti che si mangiano la veritĂ .


Nell’esperienza della deriva vi fu la capacità di radicalizzare il pensiero rivoluzionario portandolo oltre quelle concezioni ormai decomposte proprie del Surrealismo e del Dadaismo che, seppur in prima istanza seppero tracciare le linee generali di una rivoluzione informale in campo artistico e sociale, «non riuscirono a realizzare la benché minima delle ambizioni preannunciate al di là delle discipline estetiche». Sarà lo stesso Debord nel 1955, attraverso il bollettino d’informazione lettrista Potlatch, a liquidare le due avanguardie come movimenti rappresentativi di un’urgenza legata a un momento – ma solo di quel momento – che andava necessariamente superato: «Le misere dispute rinfocolate attorno a una pittura o a una musica che si vorrebbero sperimentali, il burlesco rispetto per tutti gli orientalismi d’esportazione, la stessa riesumazione di “tradizionali” numeralistiche sono lo sbocco dell’integrale abdicazione di questa avanguardia dell’intelligenza borghese che, fino al decennio scorso, aveva lavorato concretamente alla rovina delle sovrastrutture ideologiche della società circostante e al loro superamento». Seguirà la stessa linea di pensiero Asger Jorn, pittore danese nonché fondatore e tra i maggiori esponenti del gruppo CO.B.RA, criticando aspramente la forte impronta idealista di Breton e degli altri surrealisti: «I surrealisti di Breton vogliono esternarsi. Cosa vogliono esternare? Il pensiero puro. Cioè il solo mondo metafisico, la riflessione. […] Il mondo metafisico non è in grado di superare il mondo materiale che lo pro-

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duce. […] perché il pensiero sia dialettico, il suo oggetto, la sua “cosa” non può cessare di essere legata alla vita quotidiana.» In nuce, nacque l’esigenza di riunificare l’arte alla politica laddove il mancato rinnovamento in campo artistico come il congelamento di qualsiasi politica rivoluzionaria, avevano irrigidito qualunque pulsione vitale riducendo l’espressione dell’individuo alla semplice spettacolarizzazione o alla peggio nel ruolo passivo di osservatore contemplativo: «[...] l’arte rivoluzionaria scontò le sue contraddizioni. Non si poteva, o non si voleva sbarazzarsi della cultura borghese nella sua totalità. I contenuti e i metodi potevano diventare processi di trasformazione del mondo, ma, finché l’arte rimaneva imprigionata nello spettacolo sociale, le sue trasformazioni rimanevano del tutto immaginarie. Invece di entrare direttamente nel conflitto sociale contro la realtà che criticava, si finì con lo spostare l’intero problema in una sfera astratta e inoffensiva dove funzionava oggettivamente come forza che consolidava tutto ciò che voleva distruggere. La rivolta contro la realtà divenne l’evasione dalla realtà.» La carica distruttrice dei situazionisti, che

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incarnava quel mantra di Duchamp in cui «l’arte sarà viva quando l’ultimo artista sarà morto», estese i presupposti della “rinascita” a una prospettiva di arte popolare in cui far decadere il ruolo dell’artista e insieme a esso i formalismi imposti dal retaggio delle culture precedenti, per l’instaurazione di una libera e incondizionata espressività. Per la realizzazione di ciò si fece leva sulla rivendicazione e riappropriazione di tutto quell’indistinto mondo che concerneva i vari aspetti dell’esistenza, sia che essi fossero legati all’ambito culturale o alla comunicazione di massa, sia che essi investissero un qualsiasi altro aspetto del quotidiano. Attraverso il cinema si decretò la morte del cinema, un’opposizione contraria alle regole che si erano instaurate nel microcosmo artistico di riferimento condusse all’esasperazione della parola per ricreare una sintesi nera che non si collocava solo all’interno della cornice dello schermo ma che inesorabilmente ammantava, in un’antidialettica comune e profonda come la notte, l’intera sala cinematografica.

IMBRATTA I MURI CON NERBO Devi fare Arghhhh!

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Come un’infezione la musica di John Cage fece ascoltare il silenzio mentre Yves Klein (criticato da Debord perché non introdusse nessuna innovazione rispetto a Malevic) trasse ispirazione per i suoi monocromi blu. Ma la prospettiva situazionista, troppo lontana dal volersi affermare come estetica “altra”, non era disposta a cedere alle lusinghe del mondo dell’arte ma piuttosto sentiva proprie azioni come quelle in cui «[…] alcuni studenti rivoluzionari di Caracas sferrarono un attacco armato a una mostra di arte francese e portarono via cinque quadri che successivamente offrirono di restituire in cambio del rilascio dei prigionieri. […] Durante l’insurrezione di Dresda del 1849 Bakunin propose, senza successo, che i ribelli prendessero i quadri nei musei e li mettessero sulle barricate per vedere se questo potesse dissuadere le truppe all’attacco del continuate il fuoco. Possiamo dunque vedere come questa schermaglia si possa collegare con uno dei mo-

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SLOT FASCISM Tristezza industriale

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menti più alti di ribellione rivoluzionaria nell’ultimo secolo.» In tal senso «non può esistere un’arte situazionista ma eventualmente un uso situazionista dell’arte». Ovvero, il superamento dell’arte può passare solo attraverso l’appropriazione di tutto ciò che il mondo capitalista ci mette a disposizione e con gli stessi strumenti, che tale sistema utilizza per creare una certa coscienza intrisa di mistificazioni, si può ribaltare l’asfissiante pressione dei contenuti che vi sono in essi per dare forma «a un metodo di propaganda che testimonia l’usura e la perdita d’importanza» della cultura egemone. In questo panorama disordinato e capovolto si inserisce il détournement situazionista, il cui termine sta a indicare quella forma di plagio adottata dal pioniere Lautréamont nelle sue Poésies e poi attualizzata da Debord attraverso la pratica

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A HERO OR A PAWN? Il calcio è l’oppio dei popoli


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della decontestualizzazione che «comportò il cambiamento del contesto comunicativo dell’opera.» A riguardo Debord nel suo libro La Société du Spectacle scriverà: «Il détournement è il contrario della citazione, dell’autorità teorica sempre falsificata per il solo fatto che è divenuta citazione; frammento strappato dal suo contesto, dal suo movimento e infine dalla sua epoca, come riferimento globale, e dall’opzione precisa che essa era all’interno di tale riferimento, esattamente riconosciuto o erroneo. Il détournement è il linguaggio fluido dell’antideologia.» In ambito visivo così come nella grafica e nell’arte in generale le tecniche del collage e del ready-made, anch’esse generatrici di un nuovo significato all’interno dell’opera preesistente, differiscono dal détournement «nel fatto che mentre il punto di arrivo dei primi è un opera che ha un

ZIO PIO Il “perchè” ha rovinato il mondo

valore autonomo ancora artistico, il punto di arrivo del secondo è un prodotto che, pur potendosi valere di mezzi artistici e addirittura di opere d'arte, si rivela immediatamente come la negazione dell'arte, soprattutto per il carattere di comunicazione immediata che contiene.» Da una forma di banalizzazione del quotidiano attraverso la museificazione di oggetti superflui, il cui scopo era la messa in discussione di determinati principi legati a una certa cultura elitaria, si giunse all'assimilazione, da parte dei situazionisti, di quella porzione di cultura popolare in cui convergeranno la pubblicità e la grafica di tutti i giorni. In quest'ultima, la pratica “détournante” trovò terreno fertile a partire dalla letteratura d'intrattenimento, di cui la fumettistica rappresentava un adeguato campo sperimentativo.

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FALLO E BASTA Correttezza polica

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Ai fumetti vennero rinnovati i contenuti e associate analisi politiche sottraendoli così dal loro contesto originario, come avvenne per Le prolétariat comme sujet et comme représentation in cui «una bella donna lussuosamente vestita istruisce il suo interlocutore, eroe dai capelli corti e dal mento spigoloso, sulla condizione del proletariato, sull’ideologia della classe borghese e sulle richieste della rivoluzione. Alla fine dell’episodio, il virile fustacchione ha imparato qualcosa sulla società di classe, sullo spettacolo del non-vivere e sull’essenza del progetto rivoluzionario.»

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misère en milieu étudiant, utilizzando un fondo di 5000 franchi provenienti dell’organizzazione studentesca AFGES. A differenza dei prolissi proclami di cui erano permeati i manifesti politici i situazionisti adottarono un atteggiamento di derisione tout court nei confronti dell’ambiente studentesco, raggiungendo quello scopo primario di deriva attraverso la ricodificazione, non solo dell’emanazione simbolica mediante le immagini preesistenti, ma anche lacerando quell’involucro di docilità in cui il linguaggio si presentava come meccanismo normatore e «il cui potere si fondava

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IL DETOURNEMENT E’ IL LINGUAGGIO FLUIDO DELL’ANTI-IDEOLOGIA La grafica, o per meglio definirla il medium di riferimento per il superamento informale dello stesso, in questo senso acquisì un valore compenetrato nelle dinamiche di ribaltamento dell’esistente e raggiunse il suo picco nel paradigma de Le retour de la Colonne Durruti, fumetto di quattro pagine dell’autore Andrè Bertrand. Distribuito nell’Università di Strasburgo nel 1966, durante le proteste studentesche e in occasione dell’apertura dell’anno accademico, questo pubblico atto di sovversione attraverso il détournement fu pubblicato illegalmente insieme a un altro opuscolo di critica radicale De la

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sul fatto di essere accettato senza discussioni.» Consciamente o inconsciamente le avanguardie moderne e molte controculture vennero esse stesse “détournante” dallo spettacolo della merce; Neo-Dada fu la manifestazione latente del carattere alienato di un’arte che teatralizzava il proprio disgusto per la vita contemporanea e che si autocompiaceva nell’aver generato un prestesto ideologico che giustificasse la necessità di «subordinare l’economia ai fini dell’estetica.» La messa in scena della rivolta, che trovava la sua massima espressione nell’happening, oltre ad avere l’effetto di un conato respinto nell’esofago,


AFFAMARE IL PIANETA PER I PROPRI INTERESSI

ESPOSIZIONE ESPOSIZIONEUNIVERSALE UNIVERSALE Il Ilgrande grandeevento eventodel delMagna MagnaMagna Magna

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CONS 132


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CONSOMMÉ DE POISSON

riproduceva se stessa nella logica del surrogato cosicché qualsiasi forma di espressione, «dal momento che non rispondeva più a nessun bisogno reale, potesse giustificarsi soltanto in termini puramente estetici.» Le logiche situazioniste, che si incendieranno solo dopo le occupazioni operaie nelle città di Nantes e Lione e che in seguito videro in Debord l’anima della rivolta del Maggio francese, subirono il revisionismo New Age della controcultura neoista dalla quale presero piede in seguito gli scenari del collettivo Luther Blissett, poi Wu Ming in Italia. Ma questa è un’altra storia; il Re è nudo! E ciò che ne seguì fu «smascherato quarant’anni prima che nascesse.»

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SUME 133


[NOTE]

1 LA DÉRIVE: SUPERAMENTO DELL’ARTE O OPERA D’ARTE? ANSELM JAPPE - 2 ROVESCIARE IL MONDO. STORIA DELL’INTERNAZIONALE SITUAZIONISTA. DI JEAN FRANÇOIS MARTOS - 3 POTLATCH, N. 16, GENNAIO 1955 - 4 IL NOME DERIVA DALLE INIZIALE DELLE CITTÀ DI APPARTENENZA DEI COMPONENTI DEL GRUPPO: COPENAGHEN, BRUXELLES, AMSTERDAM. - 5 ROVESCIARE IL MONDO. STORIA DELL’INTERNAZIONALE SITUAZIONISTA. DI JEAN FRANÇOIS MARTOS - 6 LA RIVOLUZIONE DELL’ARTE MODERNA E L’ARTE MODERNA DELLA RIVOLUZIONE. NAUTILUS - 7 […] DAVANTI LE SCHERMATE BIANCHE E NERE DI DEBORD NON POTEVANO NON ESSERCI IL QUADRATO NERO ED IL BIANCO SU BIANCO DEL SUPREMATISTA KAZIMIR MALEVIC, COME PUNTUALIZZA IN UN SUO TESTO POLEMICO NEI CONFRONTI DEI MONOCHROMES DI YVES KLEIN (IL QUALE AVEVA ASSISTITO ALLA PRIMA PROIEZIONE “TUMULTUOSA” DI HURLEMENTS IN UNA SALA PARIGINA), DERIVATI DA HURLEMENTS E “PIATTAMENTE” RIPROPOSTI NELLA LORO ESSENZA LINGUISTICA, SENZA ALCUN APPORTO INVENTIVO RISPETTO A «CE QU’AVAIT FAIT MALÉVITCH QUARANTE ANS AUPARAVANT». GUY DEBORD. DAL SUPERAMENTO DELL’ARTE ALLA REALIZZAZIONE DELLA FILOSOFIA. A CURA DI ANTONIO GASBARRINI - 8 SITUAZIONIST INTERNAZIONAL: LA RIVOLUZIONE DELL’ARTE MODERNA E L’ARTE MODERNA DELLA RIVOLUZIONE. NAUTILUS - 9 I SITUAZIONISTI. IL MOVIMENTO CHE HA PROFETIZZATO LA «SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO». MARIO PERNIOLA - 10 DERIVE VERSO LA LIBERTÀ. HTTP://BODOSPROJECT.BLOGSPOT.IT/2011/05/DETOURNEMENT.HTML - 11 POLITICS / POETICS. A CURA DI TERESA MACRÌ - 12 LA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO, TESI 208. GUY DEBORD - 13 - I SITUAZIONISTI. IL MOVIMENTO CHE HA PROFETIZZATO LA «SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO». MARIO PERNIOLA - 14 DA BIBLIOTECA MULTIMEDIALE MARXISTA. HTTP://WWW.BIBLIOTECAMARXISTA.ORG/AUTONOME%20GRUPPE/TECNICHE%20ED%20EFFETTI.HTM - 15 DEL TESTO PRESENTE NELL’IMPAGINATO ORIGINALE È STATO CORRETTO IL NOME DEL RIVOLUZIONARIO ANARCHICO BUENAVENTURA DURRUTI, CHE ERRONEAMENTE RECA UN REFUSO NEL COGNOME. - 16 DELLA MISERIA DELL’AMBIENTE STUDENTESCO CONSIDERATA NEI SUOI ASPETTI ECONOMICO, POLITICO, PSICOLOGICO, SESSUALE E SPECIALMENTE INTELLETTUALE E DI ALCUNI MEZZI PER PORVI RIMEDIO. KHAYATI MUSTAPHA - 17 ACRONIMO DI ASSOCIATION FÉDÉRATIVE GÉNÉRALE DES ÉTUDIANTES DE STRASBOURG. - 18 L’AVANGUARDIA INAUDITA. KLEMENS GRUBER - 19 LA LIBERTÀ, LA FELICITÀ...E ANCHE L’ECONOMIA. JOHN KENNETH GALBRAITH - 20 SITUAZIONIST INTERNAZIONAL: LA RIVOLUZIONE DELL’ARTE MODERNA E L’ARTE MODERNA DELLA RIVOLUZIONE. NAUTILUS - 21 PER APPROFONDIRE: “ALLE ORIGINI DI WU MING...IL REVISIONISMO ANTI-SITUAZIONISTA”. HTTP://MONDOSENZAGALERE.BLOGSPOT.IT/2008/11/ALLE-ORIGINI-DI-WU-MING-IL-REVISIONISMO.HTML

E quando mi avrai letto, getta questo libro, ed esci. Vorrei ch’esso ti avesse dato il desiderio di uscire, uscire da un luogo qualunque, dalla tua città, dalla tua famiglia, dalla tua stanza, dal tuo pensiero.”

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ANDRÉ GIDE


[3ND]

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CONTENUTI EXTRA

Francesco Cataldi Sonny Partipilo Alessandro Todesco 136


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I cortei e le manifestazioni di piazza non riescono più a comunicare le tematiche per le quali vengono istituite: esprimono un malcontento generico che non è sufficiente a costituire un dibattito ed è quindi lontano dalla soluzione di qualsiasi problematica. Qualunque protesta che segue un copione consolidato, quasi fosse una routine, è del tutto inefficace. La mostra non autorizzata nasce da questa riflessione e dalla necessità quindi di reinventare una protesta non violenta. La protesta non si deve mai manifestare in un unico modo; ognuno deve attuarla utilizzando i mezzi e le possibilità che ha. In piazza ai cortei ci siamo sempre andati, ma questo come cittadini, come Guerrilla Spam, abbiamo fatto quello che ci spetta, ovvero una protesta non autorizzata di attacchinaggio.

Media e sociale network spingono le persone nell’individualismo e nella solitudine. Oggi sono quindi utili tutte quelle attività che contrastano questa tendenza creando aggregazione, condivisione di ideali e interessi in luoghi fisici, reali, qualunque essi siano. Eventi come questi, di attacchinaggio di poster, diciamo, se ne sono fatti tanti negli anni ‘90. Tutti si ricordano gli “Illegal Poster Art” di Sten & Lex, o le varie open call che pullulavano un po’ ovunque, e le centinaia di mostre di stickers. Oggi queste cose hanno un senso diverso, una natura più debole, si dice proprio “sono cose anni ‘90”, tuttavia è bene ricordare che da anni non si facevano più eventi grossi, con molti artisti, di matrice non autorizzata, in una scena, quella della “street art”, che abbonda invece di festival, eventi e rassegne ufficiali. Potremmo dire quindi che eventi come questo sono necessari, oggi, alla collettività, per dimostrare che è possibile esprimere un pensiero in modo libero in un luogo pubblico, anche senza avere un permesso, e alla scena della così detta “street art”, per ricordare “da dove tutti veniamo” e interrogarsi su “cosa tutti stiamo facendo”.

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una fiera sull’alimentazione in Italia dovrebbe essere un evento importante proprio per i motivi di cui sopra. Inoltre un incontro tra culture con un rilievo internazionale come quello di Expo potrebbe essere un ottimo modo per rilanciare l’economia del paese. Gli intenti erano tutti nobili, sono le modalità mafiose che hanno caratterizzato questa edizione 2015 che invece ritengo inaccettabili. Al movimento NoExpo accuso di non esser stato in grado di comunicare con chiarezza in cosa consistevano queste modalità che anche loro contestavano. Le logiche di assegnazione degli appalti per la costruzione delle infrastrutture e il conseguente riciclo di soldi provenienti dai mercati illegali, l’accettazione di due multinazionali americane come sponsor ufficiali e la scelta del 1 Maggio come data per l’inaugurazione: Questi sono i principali punti che andrebbero contestati, dai quali poi derivano a grappolo tutta una serie di scandali. Per dirne solo alcuni: Il mancato completamento dei lavori delle infrastrutture, dei servizi e dell’immagine coordinata di Expo e la mancata assegnazione di posti di lavoro in numero sufficiente a impedire che ciò accadesse. il padiglione Israeliano che presenta negli spazi della fiera gli espropri delle terre al popolo palestinese con bombardamenti e carri armati come un intervento di riqualificazione agraria. Gli slogan pubblicitari di McDonald usciti su un edizione speciale del corriere della sera dell’1 Maggio che dicevano, in inglese, rivolgendosi quindi ad una clientela estera: “siamo orgogliosi di rappresentare l’Italia”. Gli scontri meritano una riflessione a parte: una rivoluzione si può attuare solo nel momento in cui le forze rivoluzionarie superano di gran lunga il potere del regime che

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vogliono spodestare. John Reed intitola la sua cronaca della presa del palazzo d’inverno come “le dieci giornate che sconvolsero il mondo”. Era Lenin stesso che diceva, se dura più di dieci giorni una rivoluzione si trasforma inevitabilmente in una guerra civile. Il palazzo dello zar non venne preso in modo violento, fu una sollevazione popolare tale che le guardie dovettero arrendersi subito, non ci furono spargimenti di sangue. Venti ragazzini che bruciano due macchine e spaccano qualche vetrina raggiungono il solo risultato di inabissare l’informazione. Creano un tale danno ai movimenti di contestazione che non è assurdo ipotizzare che le loro azioni siano pilotate dalle stesse forze dell’ordine. ”Corruptio optimi pessima”; ciò che era ottimo, una volta corrotto, diventa pessimo. Questo è ciò che è accaduto all’Expo di Milano, con la significativa aggravante che, di partenza, l’evento non era ottimo. Tanti (anzi troppi) fondi gestiti male, tematiche superficiali e buoniste, cementificazioni massicce, sponsor come McDonald e CocaCola. Vogliamo continuare? Dispiace, ma non basta stupire gli occhi e i palati con due padiglioni colorati un po’ kitsch, o con specialità culinarie di paesi lontani. Con 1,3 miliardi poteva essere fatto di più e anzi “tutt’altro”. Mentre in Nepal non c’è acqua e cibo qui si mangiano dolcetti e pasticcini; magari prima di pensare alla “sana alimentazione” si poteva pensare a chi l’alimentazione non ce l’ha proprio. Il corteo dei NoExpo era una risposta scontata e condivisibile, gli scontri prevedibili; ci sono sempre individui scellerati che invece di boicottare intelligentemente un evento discutibile preferiscono dar fuoco a quattro macchine. Sarebbe interessante adesso che la stampa, invece di fare titoloni sensazionalistici con fuoco e fiamme, parlasse in modo critico dell’evento analizzando pregi e difetti.

Prima è nata l’idea dell’installazione abusiva come gesto di protesta, con vari esempi precedenti come “ la prima non mostra non autorizzata di Spam” (Firenze, 2012 se ricordo bene). La partecipazione aperta è diventata in questo caso una conseguenza necessaria per dare all’operazione una valenza più democratica.

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Abbiamo iniziato il progetto invitando una trentina di nostri amici artisti, poi abbiamo pensato che l’open call fosse essenziale, in modo da rendere la partecipazione libera a tutti. Hanno risposto in tantissimi, più di 130 partecipanti, con un totale di più di 350 opere di varie dimensioni, e ovviamente non abbiamo applicato selezioni, attaccando tutto quello che è arrivato. All’interno di UP PATRIOTS TO ARMS puoi trovare, uno di fianco all’altro, disegni di artisti affermati come di ragazzetti che hanno risposto alla nostra “chiamata alle armi”; questa è la forza dell’evento.

Abbiamo scelto il fallo come tematica della mostra perché oltre ad essere un simbolo inequivocabile, perché esprime subito un dissenso e una contrarietà d’intenti è anche una forma che risulta estremamente semplice da disegnare per chiunque ed è questo che ha permesso una partecipazione davvero aperta a tutti, non solo agli artisti. “ Alle armi patrioti!” cantava venti anni fa Battiato. Insieme al nostro amico Hogre abbiamo accolto il suo invito e lo abbiamo esteso a tutti con questo evento non autorizzato che trasforma il “fallo” nella nostra arma più diretta. “Dovendo strutturare un evento parallelo a Expo 2015, abbiamo deliberato che il membro maschile è l’unico soggetto accostabile alle logiche mafiose che hanno caratterizzato l’organizzazione e la costituzione di un evento davvero scandaloso” abbiamo scritto con Hogre nell’invito aperto a tutti. Mentre il corpo della donna è stato mercificato e abusato dai media e dalla società, il membro maschile è ancora tabù, oggetto scandaloso e scomodo. Noi non avevamo gli 1,3 miliari di Expo, ma di sicuro avevamo molta fantasia, e quindi disegnare “cazzi” è stata un ottima idea per affrontare in modo divertente e leggero una protesta più seria contro la gestione e realizzazione di Expo.

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L’obbiettivo è reagire alla depressione in cui ci spinge la politica nazionale creando un alternativa non violenta di protesta. La censura che non è tardata ad arrivare, come il riscontro mediatico ottenuto, dimostrano l’efficacia dell’azione anche al di fuori del nostro divertimento personale.

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L’idea era di fare una “chiamata alle armi” aperta a tutti, di far disegnare peni a gente che non lo avrebbe mai fatto, di fare una critica dura in modo leggero, di mettere su un evento gratuito, fruibile da tutti, demenziale ma concreto, vario e divertente, di poter dare l’opportunità a tutti di interpretare a modo loro la questione. Non abbiamo imposto limitazioni, solo l’invito a produrre qualcosa, a interpretare un evento (o un contro-evento?) in tanti modi possibili.


Nel contesto qualunque forma verticale diventava riconducibile al soggetto scandaloso: un uomo dritto in piedi con l’indice poggiato sulle labbra ad indicare il silenzio dell’omertà, nasi come membri maschili, ragazzini africani con la fronte esageratamente allungata verso l’alto... L’insulto eleva l’avversario, gli da importanza. Per questo i migliori manifesti risultavano essere quelli degli autori che hanno usato una metafora per affrontare la tematica fallica. Un aneddoto sulla nottata è la peripezia per trovare dell’acqua nel parco della Martesana per fare la colla; dopo una bella ricerca l’unica fontanella presente in tutta la zona era per giunta mezza rotta e pisciolava acqua con il contagocce. Abbiamo così riempito un secchio in quasi mezzora; in tutto ne dovevamo riempire altri quattro, avremmo iniziato all’alba ad attachinare. Poi ci abbiamo pensato, il canale che scorreva di fianco a noi ci tentava troppo, e quindi giù a riempire secchi nel naviglio! sarà stata un po’ sporca, ma almeno l’acqua è arrivata subito! Una riflessione più seria è stata invece la conferma dell’apprezzamento del pubblico, contrapposta all’ignoranza di certa stampa, come il giornale Libero, che grazie a una deputata di Forza Italia ha fatto coprire tutte le opere dal comune di Milano. Non è che non ci aspettassimo un atto di censura e rimozione, quando si lavora in strada in modo non autorizzato, si sa che già un ora dopo l’intervento può sparire tutto, ma quello che è sorprendente è l’aver notato un quasi plebiscitario apprezzamento da parte di famiglie, anziani e bambini che sono passate di li nei giorni seguenti, contrapposto allo sdegno e alla censura dei politici e poi del comune. Se i vecchietti facevano foto e ridevano, e la deputata di Forza Italia gridava allo scandalo, è evidente che una certa frattura e discrepanza tra la popolazione e le istituzioni esiste.

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“La loro iniziativa, il Primo Maggio, era passata quasi inosservata, vista l’attenzione massima sull’inaugurazione di Expo e sulle devastazioni dei No Expo in coda alla MayDay Parade. Ma nel giro di pochi giorni sui social network hanno iniziato a girare le foto del sottopasso al Parco della Martesana ricoperto dai manifesti e dai disegni dissacranti di 130 artisti chiamati dal collettivo fiorentino Guerrilla Spam e dal writer Hogre per contestare Expo. Così, sabato, gli operatori del nucleo intervento rapido del Comune, su indicazione dell’assessorato ai Lavori pubblici, si sono presentati al parco con rulli e vernice bianca, ricoprendo interamente i muri su cui campeggiavano disegni fallici (con i colori e lo stile del logo Expo o, comunque, con slogan critici verso la manifestazione). Un intervento fatto, spiegano in Comune, sia perché i manifesti erano abusivi, sia per il soggetto ripetuto ovunque sui muri, che avrebbe portato i frequentatori del parco a protestare e a chiedere che fossero eliminati. La mostra abusiva era stata d’altronde presentata come “scandalosa, autogestita e non autorizzata”. I creativi per mostrare il dissenso avevano utilizzato gli strumenti del subvertising, ovvero quell’insieme di pratiche sovversive e parodistiche che utilizzano il linguaggio delle pubblicità commerciali per fare sentire la propria voce. “Up patriots To arms” - “Alle armi patrioti” 20 anni dopo l’appello di Battiato - era il nome scelto dal collettivo, che ora ironizza pubblicando i muri ripuliti e annunciando su Fb la “Nuova esposizione alla Martesana di Milano” .” Oriana Liso e Stefania Parmeggiani La Repubblica di Milano, 11 Maggio 2015

Raffaele Pola Pietro Chiappero Francesca Bocchetto Davide Nicastro 154


A r t o n t h e

Ground

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egli ultimi decenni, con più vigore che mai, la nostra società si è dimostrata in costante evoluzione, almeno dal punto di vista tecnologico. Chiunque abbia a disposizione un qualsiasi strumento capace di connettersi ad una rete internet, ha a disposizione un’infinita fonte di informazioni, dalla quale sgorgano spunti riguardanti qualunque argomento o interesse. Insomma, tutti hanno la possibilità di arrivare ovunque, di appropriarsi di qualunque tipo di conoscenza e di soddisfare ogni tipo di dubbio o desiderio di colmare le proprie lacune rispetto a qualche ambito. Eppure qualcosa in questo meccanismo apparentemente efficace tende a non funzionare. In campo artistico ad esempio, sempre più sovente si assiste ad una dilagante epidemia di pigrizia e disinteresse. La nostra condizione di eccessiva comodità ci consente di osservare tele, sculture e perfino performance proposte dai grandi nomi dell’arte nell’ intimità delle nostre quattro mura. Di questo sfrenato ricorso alla tecnologia quale sostituto della partecipazione a mostre o eventi di carattere artistico, soffre soprattutto la fascia giovanile, cresciuta e allevata dal network. Le nuove generazioni sono propense ad appagare il loro interesse in maniera immediata ma spesso superficiale o incompleta, senza assaporare appieno l’emozione di confrontarsi direttamete con un’opera o un manufatto artistico.

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n altro aspetto che crea distacco tra i giovani e la realtà dell’arte contemporanea è quello di natura economica. Questo tipo di espressione artistica infatti trova la propria legittimazione all’interno di strutture museali o di rinomate gallerie che ne attestano la valenza artistica. Questo fenomeno definito “museificazione” permette ad un semplice oggetto di uso comune di acquistare prezzi esponenziali solo perchè esposto in un luogo dove ciò che viene inserito in una teca di vetro subisce in qualche modo un processo di sacralizzazione e diventa insindacabilmente frutto del genio artistico di chi l’ha prodotto. Il punto chiave è riuscire ad entrare nel circuito, una volta all’interno il proprio nome acquisisce prestigio come è giusto che sia, anche se a lungo andare si rischia di vedere esposte in galleria opere dal discutibile valore artistico, accanto alle quali una piccola targa sorregge cifre a quattro zeri. Per molti giovani questo processo di commercializzazione feroce è uno dei motivi di dimuzione dell’apprezzamento dell’arte contemporanea. Soprattutto chi magari non è appassionato di questa espressione artistica trova difficile comprendere il significato di ciò che si trova davanti agli occhi. Il movimento d’arte contemporanea pare avvilupparsi sempre più su se stesso senza mostrare un fine che vada oltre alla mera propria esistenza. Sempre meno è spinto dalla volontà di comunicare realmente qualcosa, ma anzi rende criptato il concetto che l’ha generato, mostrandosi sfuggente per alcuni, banale e senza senso per altri. Tende ad emergere con maggior vigore la voglia di un artista di affermare il proprio nome piuttosto che una propria abilità o una sua idea. Si ha spesso l’impressione che questo tipo di arte sia prodotto e destinato alla fruizione di un ristretto gruppo “d’élite” in grado di capirla ed apprezzarla. Il primo impatto di un giovane con una mostra-mercato, come ad esempio Artissima nel panorama italiano, è spesso particolare. Si vede circondato da padiglioni contenenti quadri così spogli da sembrare incompiuti, installazioni dai vivaci colori che tuttavia non trasmettono nulla se non un vago iniziale stupore che non viene infine soddisfatto da un chiarimento di chi l’ha prodotta. A volte sembra quasi che non sia il pensiero giovanile a rigettare l’arte contemporanea, ma l’arte contemporanea a rifiutare parte del pubblico che la contempla, rendendosi inaccessibile e di difficile comprensione. E’ frequente ascoltare la voce di un ragazzo pronunciare la frase :”Ma cos’è? Io l’avrei fatto meglio!”, proprio perchè non ha ben chiaro ciò che ha di fronte. Sono tanti i dibattiti che continuano a nascere per trovare un metro di valutazione che delinei cosa sia reputabile effettivamente arte, e cosa invece tenti di agganciarsi al marchio di qualche galleria di prestigio per puro riscontro economico.


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olto dipende anche da ciò che il moderno senso comune intende per arte. Mentre nell’antichità tutto l’operato artistico si sviluppava sulla base di precisi canoni proprorzionali e regole che ne decretavano la buona riuscita e la reale importanza, oggi qualunque parametro è stato sovvertito e non esiste un punto cardine comune, che si possa considerare una base solida su cui costruire un’idea di arte. Ai nostri giorni l’importante è esprimersi. L’arte da molti viene definita come “espressione”. Il vero problema è che molti producono freneticamente, senza avere però nulla da dire. A nessuno può essere vietato di esprimere il proprio modo di percepire un qualcosa, e da qui nasce il problema che chiunque può considerarsi ed essere considerato “artista”, seppur incompreso. Tutto porta a pensare che l’arte contemporanea non sia un’arte per tutti.

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L’opposto,

è l’arte underground. Questa tipologia di arte si estende in molti campi, da quello musicale a quello cinematografico, passando per l’ambito figurativo e quello ideologico. Il termine “underground” viene utilizzato per la prima volta da Duchamp, che affermò agli albori degli anni ‘60, che l’arte dovesse diventare “sotterranea”, per operare una resistenza efficace contro la società di massa e i principi da essa partoriti. E’ un modo di presentare una propria presa di coscienza relativa ad una problematica attuale ed è anche per questo che si distingue da molte delle opere di arte contemporanea presenti nelle sale dei musei a pagamento. L’arte underground insieme al valore tecnico con cui è prodotta mostra a chi la osserva il proprio modo di vedere e la propria posizione su argomenti critici di cui si parla spesso troppo poco o in maniera inconsistente. Può essere forse l’unico modo di fare arte realmente accessibile a tutti: il frutto dell’elaborazione delle idee dell’artista, plasmato senza vincoli e restrizioni.

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n ramo importante di questa arte è quello denominato “graffitismo”, che si staglia in netto contrasto con l’inesorabile commercializzazione dell’arte. I giovani si stanno avvicinando a questo tipo di espressione perchè la avvertono come più vicina a se stessi, e inoltre poichè è nuovamente il messaggio, spesso provocatorio, ad essere protagonista e non il soggetto che la produce. Si presenta come una forma artistica più “pura”, non influenzata dal lato che cerca il riscontro economico, non impaurita dal pensiero di non piacere o di essere sgomberata perchè illegale. Nasce per suscitare emozioni e per far riflettere tutti, indipendentemente dal ceto sociale a cui si appartiene, dalla divisa che si indossa o dai soldi che ci risuonano in tasca. E’ inoltre un modo per riqualificare in maniera artistica luoghi e strutture lasciate morire sotto il peso dell’indifferenza e dell’abbandono. Giorno dopo giorno, interi fabbricati in disuso sbiadiscono senza che nessuno tenti di fare qualcosa per valorizzarli e riadibirli a qualche nuova funzione. Gli street artist, con i loro spray e le loro idee, trasformano i vecchi pilastri arrugginiti e le pareti scrostate in nuovi ed innovativi supporti per veicolare i propri messaggi. Il distacco che si è instaurato tra giovani e arte sembrava estendersi in maniera irreparabile, come se un crepaccio invisibile facesse prendere loro le distanze gli uni dagli altri. E’ proprio con l’avvento e l’affermazione dell’ arte underground che questa lacerazione sta scomparendo, come se essa fosse un vero e proprio collante. Non è più obbligatorio raggiungere un museo per entrare a contatto con l’arte, ma basta osservare gli spazi sottostanti ponti dimenticati e facciate scolorite per accorgersi che qualcuno sta tentando di comunicarci qualcosa, e lo sta facendo senza chiederci nulla in cambio, se non un pò di tempo e di attenzione. Ogni arte parla, ed è per questo che sono necessari degli interlocutori. Nel caso dell’arte presente per strada, il fruitore non deve essere per forza un intenditore, e per questo non si deve sentire a disagio o incompetente. E’ un’arte che si rivolge a tutti con la stessa intensità, portando ad un riapproccio progressivo della società, ed in particolare dei più giovani, con emozioni e gusto artistico.

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n fondo l’arte non è questo? Suscitare sensazioni profonde ed aprire a tutti nuovi orizzonti di cui fino ad un istante prima ignoravamo l’ esistenza.

Michela Concetti Giulia Gangemi Antonella de Nicola Giulia Sisca Valentina Salasco Beatrice Longhin

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intro

Abbiamo scelto di intervistare Fijodor perchè abbiamo avuto il fortunato piacere di conoscerlo personalmente e subito ne siamo rimasti affascinati dalla bravura e dalla sua semplicità e umiltà. Il suo stile immediato ci appare di facile lettura, ma è carico di messaggi profondi. Spesso ci è capitato di incontrare le tracce del suo passaggio per la città di Torino e abbiamo partecipato ad eventi da lui organizzati, o dall’associazione “il Cerchio e le Gocce” di cui fa parte. Suo segno distintivo, un elefantino rosa, simboleggia la fantasia e contemporaneamente gioca su quegli aspetti dello stato di alterazione, che ti portano a scoprire aspetti di te che non sapevi di avere, e in ultimo la rivalsa nello scoprire i nostri limiti e renderli punti di forza. Nasce così il nostro progetto, un invito a cena si trasforma in un’informale intervista sulla sua vita e la sua arte.

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PARTIAMO DALLE O-RIGINI

QUANDO HAI INIZIATO A DIPINGERE? Il mio primo graffito, brutto, risale alla seconda media: era il 1990, forse 1991. Avevo 11 anni. I miei genitori volevano cambiare la carta da parati che ricopriva la parete della mia piccola cameretta, era nera e rossa perchè mio padre tifava per il Milan. Per me quindi molto poco estetica. Così iniziai a disegnarci sotto, immaginandomi “qualcos’altro” dietro. Poi ricordo che a scuola avevo un tavolo quadrato, di colore azzurro chiaro, e io l’avevo disegnato tutto, come se fosse una grande onda con tanti surfisti che si azzardavano nelle più strane acrobazie. Erano brutti. Ma le bidelle erano dispiaciute a cancellarli. Così, quando lo pulivano, io ricominciavo da capo un altro piccolo “dipinto”.

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POI L’ADOLESCENZA... E GLI SRAY!

RACCONTACI DELLE TUE PRIME ESPERIENZE NEL MONDO DEI GRAFFITI. La prima prova con gli sray fu uno shock! Il risultato fu disastroso e demoralizzante. Avevo utilizzato degli spray a buon mercato, erano “delle funde” del negozio di ferramenta del padre di un mio compagno di scuola. Nel 1995, con alcuni amici, nacque la prima CREW di presi a far parte: la “MDL”, matti da legare. In questi anni sono anche stato fermato dalla polizia per essermi fatto beccare a dipingere un camion senza autorizzazione, e dovetti passare una domenica, con i miei genitori, a pulirlo. Mi vietarono di continuare con i graffiti. Non andò poi come volevano loro; diciamo che iniziai a dover escogitare in modo più accurato le mie uscite notturne per dipingere! Nel 1997 invece entro a far parte della mia vera e propria “CREW storica”. L’ “ADC”, amici del cazzo. All’epoca formata da: Me, Korn79, Sushi, Odio, Mattia e Opiemme. Una CREW da una storia molto triste, per la perdita di un suo componente; ma dall’altro anche fortunata, in quanto abbiamo avuto dei buoni risultati nel corso degli anni in campi artistici e anche differenti.

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E POI?

COME HAI CAPITO CHE I GRAFFITI SAREBBERO DIVENTATI IL TUO LAVORO?

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QUALI METODI HAI USATO PER “PUBBLICIZZARE” I TUOI LAVORI PER RENDERLI FACILMENTE VISIBILE AL PUBBLICO? Iniziai quando collaboravo con l’Associazione, ma soprattutto con Opiemme. Non so bene nemmeno io come sono andate le cose. Semplicemente i miei lavori piacevano alla gente. Crescendo, continuai a collaborare con Korn79 nella realizzazione di interventi di “Arte Urbana”. Col passare del tempo mi rendo conto di ‘essermi creato’ una professione che prima non c’era. Ad oggi siamo arrivati a finanziare i nostri progetti attraverso il CROWFUNDING. L’ultimo intervento, a Borgata Tesso (quartiere storico della V circoscrizione di Torino, situato nell’area nord della città), è stato realizzato su due facciate di un palazzo solo grazie adautofinanziamenti.differenti.

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破碎,残缺,亦是一种令人窒息的美。 Broken , incomplete ,it‘s also a kind of breathtaking beauty.

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Catalog 序:残缺之美 preface:Incomplete beauty

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艺术作品:残缺 Artwork: Incomplete --------Xiang Yehui

6 艺术作品:阳光女孩 Artwork:The sunshine girl -------Guo Liuyang

8 艺术作品:残屋 Artwork:The house incomplete --------Lyu Tianrong

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艺术作品:笼中的女孩 Artwork:The caged girl -------Jiang Ziyue

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艺术作品:残缺的脸 Artwork:The face is incomplete --------Zhu Ning

7 艺术作品:瓶中的残疾女孩 Artwork:The disabled girl in the bottle ---------Lin Nanxiang

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序 Preface 残缺之美 Incomplete beauty 数年前,当断了臂的维纳斯在残垣断壁中重见天日时, 她的巨大的美的震撼便折服与倾倒了众多人的心。人们知 道她是美的,却不知道她美在何处,人们知道她是缺少双 臂的,却认为她是完美的。这似乎有些不可思议,但事实 的确如此。数年后,当世界在欣赏断了臂的维纳斯时,让 我们来设想一下,假设她断的不是双臂,是缺了一块鼻子, 或是少了一只耳朵,磨损了一只眼球,她还会是如此的吸 引人么?美国的雕塑者艾劳斯 - 大卫为此做出了残缺了不同 部位的维纳斯 18 个,他试着找出一个比断臂更美的维纳斯, 然而都在他否定的目光中被淘汰了。 这正是维纳斯的断臂的残缺美。 清晨的第一缕阳光温柔地撒在断臂的维纳斯身上,大 理石反射出柔和的光茫。阳光沐浴下的维纳斯释放者一种 柔和的美。在北约轰炸科索沃的 58 天中,现任联合国秘书 长安南发表了著名的文章《桥》。“那在狂风中微微斜斜 的断桥扯去了我多少童年的记忆啊”,和平、安逸随着小 桥的断痕一同逝去,换之而来的是战争、痛苦和灾祸。而 当战争的硝烟散去之时,我们再次审视这座小桥,重新定 位它的价值,不禁发现,这残缺的断桥记录下了曾经的和平, 也记录下了暴雨般的腥风,每每看到它,都会是心灵的涤净, 内心的反省。融合了每一寸阳光的维纳斯泄下千里的忧郁, 那忧郁的目光直射进我心里。 突然,仿佛灵魂深处滴进了一滴水珠,直滴进我的脑髓 里面:残缺并不是缺憾,而是一种独特的美丽。贫穷、残 疾、智力低下,不顺、不好的环境,不利的条件,等等等等, 都不是我们不奋发,不振作的借口,我们完全可以靠自己 的实力与毅力去焊接生命的残缺,铸就辉煌的美丽。 生活中有很多残缺的人或者事物,它们都有着不一样的价 值和意义,我们善于发现它们,并且用艺术手段来表达他们。 本册就将一一为您介绍我们的艺术作品,主题都是残缺。

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笼中的女孩 The caged girl -----Jiang Ziyue 2015.2 Italy

这是我用自己的照片通 过 PS, 做 出 了 一 个 缺 了 头的姑娘被困在笼子里 的作品,然后手绘了一 副装饰画。我想表达的 即使是身体被束缚住甚 至缺失,但是思想不能 被 困 住, 不 能 丢 失, 肉 体的缺失不代表灵魂的 缺失。

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残缺 In'complete

--------Xiang Yehui 2015.4 Italy

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这张作品是我毕业一个人旅行时 候拍的。 其实每张照片都是彩色的, 花是彩色的,蓝天白云是彩色的,脚 下的路也是彩色的。但是我故意把全 部画面都调成黑白。毕业了,曾经的 好朋友要各奔东西,终究又只剩下自 己一个人。自己看的世界,孤独的。 世界看我,也是孤独的。 每个人都 会有相聚的时刻,也会有孤独,残缺 的一刻。可是只要持有平常心,色彩 斑斓的人生,还是会在下一轮的时间 里迎接你。

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作品上每一张人脸都是有缺陷的, 有的没有双眼,有的没有嘴巴,可是 却很有意思。其实人都是有缺失的地 方的,有些人身体残缺不代表心灵残 缺,有些人虽然身体完整,道德却是 残缺的。

残缺的脸 The face is incomplete

--------Zhu Ning 2014.9 China

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阳光女孩 The sunshine girl

这位美丽的女孩是我的高中同学,她在一 次车祸中不幸失去了自己的右小腿,但是她没 有对生活失去信心,装上了义肢像正常女孩一 样阳光开朗地面对生活,非常感动我,我拍下 这张照片并用 ps 做了作品,表达残缺的美好。

--------Guo Liuyang 2014.4 China

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瓶中的残疾女孩 The disabled girl -------Lin Nanxiang 2015.4 Italy

它,是我用软陶所做的缺失手臂 的少女, 我将它装入了玻璃罐中。我 想表达的是某些有残缺的人们对自己 不自信,将自己装在一层玻璃罐子里 面以此来封闭自己,自暴自弃,但相 反我们常常也看过很多残疾人做的一 些不可思议,感人肺腑的事情。 别不 把自己装在玻璃罐里。于是我做了这 个作品,我希望残疾人们不要觉得自 卑,能够从“瓶口”走出来。 185


残屋 The house incomplete 我画的素描稿是一个残缺的屋子 挂在树上导致树也变得残缺,通过这 个作品我想呼吁人们关注城市发展对 于自然的影响,因为过度建设导致绿 色植被越来越少,在伤害自然的同时 也在伤害我们自己。 ------------Lyu Tianrong 2015.2 Italy

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GRUPPO:PASSATO

Jiang Ziyue Lin Nanxiang Xiang Yehui Zhu Ning Lyu Tianrong Guo Liulyang

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ogno o on desto? 189


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By---Z.Z

越是普通的 事物越是 高深


本书介书

中国的历史特别悠久,第一次在一个大石头刻上形象化的文字 或许那就是第一次平面设计的定格。你会首先想到的是:我应该 在拿起一支笔,然后在纸上画些或写些什么,而在很久以前的中 国,他们面对一张纸的时候却拿起了一把剪刀,然后在平面上剪 出了图案,我认为这是在我所认识的平面设计中很有意思的一次。

它是以中国的大环境为大背景来发展的,就像中国的书法发展, 必然会演变成艺术,但是有所不同的是剪纸仍然保留其实用性, 同时兼有艺术性 ——乔晓光

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纸上的奇思妙想

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十 二 生 肖

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起来。

中也自然的合理

理的,但在剪纸

现实中这是不合

个平面中。这在

理的安排在同一

交叉,不同素材合

又能将这些各自独立,互不

切都不那么合理,可是作者

间,比例的限制,听起来一

剪纸它可以打破时间,空

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“它是以中国的大环境为背景来发展的, 剪纸仍然保留其实用性,同时兼有艺术性” ——乔晓光

“乔氏”剪纸 乔晓光的作品不知道 你有没有一种“四四 方方”的感觉,就好 像回到了古代,看到 刻在墙上或是画在器 皿上的人、物被剪了 下来,每一刀都十分 的肯定,大气。

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有一个 地方叫“局部”

月牙形也是民间剪纸的

用装饰纹样

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民间剪纸造型的夸张,

自然客观的描摹。因此,

是对繁杂内容条理化,

剪纸中的形象比原型更

规范化的过程,不是对

突出,更引人注目。


锯齿形是民间剪纸的 常用装饰纹样

民间剪纸的这种构图思维

组织起来,使之产生连惯、

不受生活惯例、题材的局

对比、衬托的作用。

限,将若干形象创造性的

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Zhao Jiaqi

Zhao Peyi 216


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Visita alla Fondazione Merz

Masbedo:uomoVSnatura

Intervista aElenaTortia

LinkUtili

di Apple Pie

Elena Tortia, artista diplomata all’Accademia Albertina di Torino, ha intervistato e collaborato con i Masbedo in occasione dello svolgimento della sua tesi di ricerca sperimentale. Ciao Elena, Parliamo dei Masbedo (Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni), argomento della tua tesi e immagino grande fonte di ispirazione. Cosa ti ha spinto a scegliere la videoar te e in par ticolare la loro produzione ar tistica come argomento della tua tesi? Ho conosciuto i Masbedo alla Biennale di Venezia 2009 con il loro celebre video "Schegge di incanto in fondo al dubbio". Non sapevo assolutamente su che argomento impostare la tesi e avevo poco chiare le mie passioni, come volevo realizzare i miei lavori e come volevo andare avanti. Fin dall'inizio in accademia ho sempre lavorato da sola, senza darmi mai dei limiti. Lavoravo con tante tecniche diverse: dalla pittura al video fino alla performance, tutto questo

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Performance di Elena Tortia "Camera Chiara", Galleria Moitre.

senza darmi un indirizzo preciso. In quel periodo i miei studi erano molto legati all'utilizzo del video, anche se, sia a quest'ultimi, sia agli artisti che conoscevo, mancava qualcosa. Quando ho visto i loro video (dei masbedo) e quindi ho cominciato a studiare e approfondire il mio interesse verso di loro, ho scoperto come il video, anche nel contemporaneo, potesse essere un'opera ad altissima risoluzione, ma allo stesso tempo con un significato; non semplicemente scattando una bella fotografia o un girando bel video ma dando anche una cronologia a questa risoluzione. All'inizio non conoscevo bene i Masbedo come entitĂ ma i due personaggi singolarmente.


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Quando li ho visti all'opera insieme ho visto un video ad altissima risoluzione, una fotografia perfetta, un'immagine, una tensione che inizia e finisce che ha una temporalità, una forte cura nell'aspetto visivo e sonoro. Da lì mi sono detta: bene allora forse posso interessarmi al video, posso parlare su di loro (nella tesi) posso iniziare a studiare in questo modo.

come realizzano i video, ma bensì utilizzano il mezzo visivo durante la performance stessa. Molte loro ultime opere (dei Masbedo) sono quasi tutte performative ma non registrano le loro performance di per sé. Quindi quello che voi vedete (per esempio la raccolta di performance che si poteva ammirare alla Fondazione Merz) è la ripresa video fatta durante la performance e non la

Anche noi siamo rimasti notevolmente colpiti dalla qualità dei video dei Masbedo e dell'uso sapiente dell'alta risoluzione.

registrazione della performance. Sono volutamente delle riprese "sporche" ma hanno una tecnologia e una mano incredibile quindi vengono molto bene lo stesso, ma il montaggio e il taglio sono completamente diversi dalle loro altre produzioni.

Una cosa che si deve tenere in considerazione (infatti in realtà in questo momento sto andando verso un'altra direzione con il mio lavoro) è che quando un'opera nasce per essere video, utilizzi le nuove tecnologie e usi certi mezzi, quando invece un'opera nasce per essere qualcos'altro, il video diventa una documentazione. Al momento sto scegliendo di approfondire l'ambito della performance; il video sicuramente serve, ma bisogna chiedersi come fare a documentare o se è il caso di farlo, se si tratta di un'azione che è legata ad un tempo ed uno spazio debba o meno essere ripresa, come se si dovesse ricalcare una cosa che tanto non c'è più. Tornando ai Masbedo, le loro opere non nascono quasi mai come performance, nascono per il video. Quando fanno delle performance, che in alcuni casi sono come delle trasposizioni delle loro opere audiovisive, non vengono riprese e quindi documentate in modo similare a

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In occasione dell’esposizione temporanea alla Fondazione Merz di Torino dello scorso inverno ci siamo spesso domandati come i due ar tisti volessero esprimere il concetto dell’incomunicabilità e del conflitto. La conoscenza del duo ar tistico Masbedo sicuramente ti avrà permesso di formulare una tua personale inter pretazione, potresti illustrarcela? Il tema del conflitto nei Masbedo deriva molto, oltre che da tutti i poeti e filosofi come Goethe e da tutto il periodo tedesco, da Michel Houellebecq, scrittore molto contestato che è stato anche uno dei primi a parlare del gene, della mutazione genetica e di questo conflitto sia interiore che esteriore nell'individuo stesso, ma anche tra due entità differenti: uomo contro natura ecc.


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Il tema del conflitto per i Masbedo si risolve sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista mentale,erotico/sessuale e anche dal punto di vista della natura. Nelle loro opere la natura non è mai tranquilla, è sempre il superamento del limite. Loro lo cercano tanto,io li descriverei con la parola LIMITE. Vogliono sempre superare il limite, per esempio quello tra uomo/donna, che spesso si respingono ma alla fine sono lo stesso corpo. Nel loro ultimo video Todestriebe la natura è talmente sporca, talmente SUBLIME, (per esempio l'utilizzo degli insetti, fa talmente schifo, ma è allo stesso tempo talmente sublime) che rappresenta il raggiungimento del limite, del superamento tra essere umano e cioè tra animale e natura. Nel mio lavoro, del superamento del limite c'è veramente poco, almeno nel lavoro che sto portando avanti adesso. Quando ho studiato e scritto la mia tesi ho capito che il loro lavoro ha una base concettuale molto forte ed è come se fosse poesia in immagine ed è una cosa che si percepisce molto nei loro lavori. Se si vuole approfondire il tema del conflitto nei Masbedo, si deve leggere qualcosa di Houellebecq, sicuramente è il poeta a cui fanno riferimento. Nei loro primi lavori diventati celebri, come il già citato "Schegge di incanto in fondo al dubbio" e "il mondo non è un panorama", con l'attrice Juliette Binoche, quest'ultimo in particolare tratta il concetto di donna madre-terra e di questo limite che non è altro che un superamento psicologico.

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Anche alla Merz si poteva ammirare "11.22.03" che è esattamente la messa in scena tramite immagini del primo testo di Houellebecq, uno dei testi che lo ha reso famoso. E' un video in cui sono presenti i geni e i due soggetti protagonisti si scambiano frasi molto forti, terribili, ma alla fine tutto ti riporta alla fisicità dei corpi con la presenza dei cromosomi e dei geni tumorali che impazziscono e proliferano. La coppia si è da poco cimentata con il primo lungometraggio “The Lack”. Cosa pensi di questa scelta ? Era scontato. Se si fa attenzione ai loro lavori si può notare come siano sempre più lunghi e definiti. Ci sono artisti che si pongono un limite, mentre loro no, data la grande voglia di sperimentare. Prima di questo avevano già fatto un film documentario “Poor big baby”, riguardante il crack finanziario islandese. Loro hanno fatto molti lavori sull’Islanda in quanto vi sono molto legati. Da li hanno poi fatto “Ash” e successivamente sono andati nelle isole Eolie perché erano interessati a riprendere la separazione di due zolle tettoniche che partivano dall’Islanda e terminavano nella parte centrale dell’ Africa, ricercando così tutti i punti dove potesse fuoriuscire il magma. Avevano fatto anche delle fotografie e un video prima di “Ash” in cui hanno allestito una specie di parata nazista però con bandiere totalmente inventate, esattamente nel luogo in Islanda dove si trova la terra-


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separata da questa crepa perché le due zolle si allontanano sempre di più e quindi geograficamente l’Islanda si sta dividendo in due isole. Possiamo dire che l’Islanda, essendo questa terra così affascinante a livello geografico,ma turbolenta probabilmente è un luogo che li affascina per lo stesso concetto del sublime citato in precedenza, dove ancora l’uomo non può governare la natura in modo totale? Si, infatti si nota come in questo luogo l’uomo sia ancora piccolo, però tutte le persone che vivono in Islanda hanno un’ottima consapevolezza di sé, di cosa possono fare, dei loro limiti e dunque si adattano con la massima tecnologia a loro disposizione. Quanto incontrare i Masbedo e poter collaborare con loro ha influenzato la tua carriera? Molto. Il mio lavoro si distacca dal loro stile in quanto ora mi esibisco attraverso delle performance, però mi hanno trasmesso molto sulla metodologia del lavoro, sullo studio e sulla preparazione dell’immagine, sul pensiero e sulla costruzione della propria idea. Non si può prendere e fare un video senza prima averlo studiato con cura in precedenza perché ormai tutti hanno i mezzi tecnici per farlo, ma più che altro bisogna proporre anche un forte messaggio.

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Parlando dei tuoi lavori, in questi giorni stai esponendo alla galleria Moitre qui a Torino dove utilizzi principalmente il mezzo espressivo della performance rispetto al passato. Si, in precedenza i miei lavori erano sempre stati installativi; mai realizzati con un mezzo solo, per poter fondere insieme più tecniche. Il progetto che ho portato alla Moitre sono più lavori collegati tra loro e penso di averli quasi conclusi. Un grande filone riguarda la casa ed è soprattutto relativo allo stare come persona fisica, la mia si è sviluppata in base alla mia genealogia, quindi dalle persone che mi hanno generato. Ho parlato molto spesso di questo e delle case, perché ho fatto molti traslochi e questo aspetto l’ho sempre evidenziato molto nelle mie opere. Il lavoro si chiama “Camera chiara”, volevo dare dei rimandi a delle persone e soprattutto ad una pulizia estrema che ricerco sempre ed è una produzione sulla casa dei miei nonni che ho fotografato quando ormai erano mancati. La casa è quella dove ho passato tutte le mie estati ed ho fotografato tutte le stanze vuote con ancora i resti di quel che c’era. Ho preso tutti gli oggetti che mi ricordavano la loro abitazione e li ho inseriti insieme alle fotografie, che ho stampato su carta cotonata, quella che utilizzo per l'incisione e non carta fotografica, perché non mi interessa la resistenza, proprio come per i ricordi. Queste fotografie man mano si modificheranno e diventeranno uniche.


Io utilizzo il mezzo fotografico, ma non come fine ultimo, non posso dunque proporlo come opera finale perché è un lavoro in continua evoluzione. Infatti queste foto non possono avere la stessa risoluzione, in più il colore sta cambiando dato che è quasi un anno che sono state stampate. Sono inoltre ricamate perché è un mezzo che utilizzo sin dall’inizio. Inoltre ho realizzato una performance "Tra Noi" , con i miei genitori. Ho creato prima dei mattoni di terra e pomice pressato insieme ed ho costruito attorno a me una casa che in qualche modo rappresentasse tutte le case in cui ho vissuto e i miei innumerevoli traslochi, mentre i miei genitori smontavano la casa disponendola a cerchio. In questo momento il mio lavoro sta volgendo proprio sulla performance perché si tratta di un’azione che non si può ripetere ed è questa la soggettività che mi piace. Credo che tutto quello che venga dopo o lo si prende come mera documentazione o si possano riproporre degli oggetti o delle sensazioni che si sono ritrovate durante una performance. Alla galleria Moitre ho riallestito il cerchio esattamente nella stessa posizione come fatto nella performance, basandomi sulle foto e sui segni lasciati sul pavimento e rifacendo il quadrato dell'impronta della mia casa. Ho inserito delle fotografie, ma stampate molto piccole che si possono vedere nell'alloggio che ho ricreato ripreso dall'installazione della casa, quindi ho collegato i lavori. Nel mio ultimo progetto invece sto lavorando con la polvere, catalogandola, perché credo-

sia l’ultima presenza fisica di tutto, degli oggetti, delle persone, degli spostamenti, di qualsiasi cosa. Ho catalogato la polvere in vari barattoli che ho trovato in quella casa e l’ho pressata in dei quadri e man mano la forma si modificherà. Grazie Elena, è stato un piacere inter vistar ti e grazie ancora per la disponibilità. E' stato un piacere anche per me e vi aspetto volentieri alla Galleria.

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Appuntamenti ElenaTortia Info per seguire il percorso artistico della giovane artista torinese: elenatortia@gmail.com

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Se vi siete persi l'occasione di visitare la mostra TODESTRIEBE o altri lavori dei masbedo non lasciatevi sfuggire le prossime date in Piemonte:

25Aprile‐8 Novembre2015 Castello di Rivoli Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino

25Aprile‐11 Ottobre2015 Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Fondazione Merz Torino

altre info su: www.masbedo.org

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C’era una volta Decorazione

I ICERUN

he cos’è la decorazione? Per rispondere a questo quesito, prima di addentrarci in complesse e lunghe ricerche di carattere storico, abbiamo digitato il termine “decorazione” su di un qualsiasi motore di ricerca; dal vocabolario online dell’enciclopedia Treccani, la parola “decorazione” deriva dal latino decoratio-onis, ossia “l’operazione di decorare ed il risultato dell’operazione stessa: eseguire la decorazione della facciata di un palazzo, iniziare, completare la decorazione di una sala, di un teatro”. Consultando poi il più scontato sito a cui spesso ci si affida nella ricerca online, Wikipedia, la “decorazione”, viene definita come “costituita da quegli elementi che servono ad abbellire; in campo artistico ed architettonico si può decorare un oggetto d’arte o un edificio, si può decorare qualchecosa dipingendola oppure attaccandovi degli elementi. La decorazione è un campo molto vasto che comprende la trasformazione, l’arrangiamento, il restauro, la riparazione di un habitat umano e del mobilio interno”. Oggi però, la “decorazione” all’interno delle Accademie delle Belle Arti italiane sembra avere completamente perso la classica connotazione ha lei da sempre attribuita.

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La Manica, spazio espositivo del dipartimento di Decorazione

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C’era una volta Decorazione “dal latino decoratio-onis, ovvero abbellire uno spazio”

Proviamo ora a leggere il piano di studi ufficiale della Scuola di Decorazione dell’Accademia Albertina di Torino: “I corsi di studio per il conseguimento del Diploma accademico di primo livello della Scuola di Decorazione hanno l’obiettivo di assicurare un’adeguata padronanza dei metodi e delle tecniche artistiche, nonché l’acquisizione di specifiche competenze disciplinari e professionali al fine di fornire ai discenti conoscenze e metodologie progettuali ed espressive nell’uso degli strumenti e delle pratiche artistiche, con riguardo agli strumenti tradizionali e alle nuove tecnologie. I corsi della Scuola si pongono l’obiettivo di conseguire le conoscenze generali e tecniche per la realizzazione di progetti, interventi sul territorio, opere ambientali, nonché sviluppare l’approfondimento e la ricerca sui linguaggi artistico visivi.” Mettiamoci però nei panni di un qualsiasi studente diplomato al liceo, e quindi fresco di una formazione prettamente classica, che vorrebbe iscriversi alla Scuola di decorazione: leggendo la descrizione del corso, come potrebbe mai comprendere il vero significato della decorazione oggi? Andiamo più a fondo nella questione. Chiunque si sia iscritto al corso di decorazione, al di fuori di una breve visita nei laboratori nei giorni di open-day puntualmente offerti ogni anno dall’Accademia, pensava forse di intraprendere un percorso di studio di arte applicata, perfezionandosi nelle varie tecniche decorative classiche. Ed ecco da cosa nasce l’equivoco: il corso di decorazione dell’Accademia Albertina non appartiene al dipartimento di arti applicate, ma bensì a quello di arti visive; e ciò che potrebbe sembrare una banale differenza, è invece fondamentale nel comprendere a pieno la vera natura della decorazione oggi, e per oggi s’intende all’interno del panorama artistico contemporaneo. La domanda a questo punto sorge spontanea: ma se la decorazione oggi non si avvale più solamente delle tecniche ornamentali e delle abilità manuali dell’artista, che cosa si fa oggi nei laboratori di decorazione? Lasciamo quindi che a rispondere a questa domanda siano i tre

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Il primo docente da noi intervistato è stata la Prof.ssa Monica Saccomandi, docente di Decorazione e Tecniche della decorazione

INTERVISTA DI FEDERICO LUISE

FL: Che cos’è per lei la decorazione? MS: Il primo alfabeto delle arti visive. FL: Che cos’è per lei la decorazione oggi? MS: Qualcosa che riguarda la nostra vita, dal livello più basso al livello più alto. Dalla vita quotidiana fino al museo, alla galleria. La decorazione deve stare nelle arti visive, come concetto e non soltanto nelle arti applicate. Questo non significa che basta un concetto per fare un lavoro. O si è artisti contemporanei o si è artigiani, mai siamo riusciti a mettere insieme le cose. La decorazione è la materia più versatile che c’è. Secondo me non andrebbe eliminata dalle accademie, magari bisogna soltanto imparare a conoscerne la storia. FL: Qual è stato il momento storico in cui nel mondo delle accademie la decorazione è passata da trompe-l’oeil, doratura ecc… a una dimensione diciamo più “aperta”? MS: non credo che quando Michelange-

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lo ha dipinto la Cappella Sistina fosse di fronte questo dilemma “stai facendo una decorazione o stai facendo una pittura”, no? Oggi come oggi come definiamo la cappella sistina? Che non è altro che un intervento contestualizzato, no?! Secondo me è una decorazione. Quando ho cercato di capire tutto questo sono andata a scomodare Gadamer, filosofo che ha scritto Verità e metodo. In questo libro c’è un capitolo sulla decorazione, l’etimologia è il significato di una determinata parola, la decorazione è qualcosa che si attiene a qualcosa. Dentro questa cosa c’è il significato. Se io penso a una chiesa, che ha una sua facciata, una struttura architettonica, quindi, una sua dimensione; quando intervengo su quella chiesa faccio un intervento accanto all’architettura che non potrebbe essere fatto in un’altra facciata, lo faccio per quella facciata, quindi mi attengo a quella forma e a quel contesto. Quindi, da questo punto di vista l’aspetto negativo della decorazione è quello che connota il fatto che io posso fare un intervento che va bene qui, là e da un’altra parte. Ma non è così perché


C’era una volta Decorazione allora è una superficialità, è una cosmesi. FL: Possiamo dire che in tal caso sia un travestimento quindi? MS: È un travestimento. La cosa importante è secondo me essere consapevoli che la decorazione ha calamitato nella storia tutte le contraddizioni e le rinnova costantemente. Perché oggi ancora non siamo in grado di unire l’artigianato con l’arte? Neanche il design alla fine non ha risolto questo dilemma, no? Sicuramente un designer deve essere in grado di progettare, ma anche di conoscere i materiali e magari di realizzare le cose; però è anche vero che molti designer si affidano a degli artigiani per produrre le loro idee. FL: Qual è il momento storico in cui è accaduto tutto ciò? MS: Sicuramente i primi del 900…o comunque tutto il periodo in cui le arti decorative venendo esaltate, in qualche modo ne sono uscite secondo me danneggiate. Gombrich afferma ne Il senso dell’ordine, che le arti decorative sono una cosa, sono un mondo, applicate con tecniche come la foglia d’oro, l’intarsio, ecc. Ma non posso dire che quella è la decorazione! Quella è solamente un’applicazione della decorazione con determinate tecniche. In accademia…noi siamo sotto arti visive e non arti applicate. FL: Possiamo chiederle com’era decorazione quando frequentò lei l’accademia?

MS: Pittura non mi interessava, grafica e disegno neanche, quindi scelsi decorazione. Ho iniziato il primo anno a Bologna, ma non mi interessava ciò che stava facendo il docente della cattedra. In quel momento c’era un corso un corso di pittura di Concetto Pozzati, che era però il corso più all’avanguardia a Bologna. Decisi quindi di passare da decorazione a pittura. La beffa è che ho il diploma di laurea in pittura, ma ho fatto un concorso in decorazione e insegno decorazione. Quello che ho fatto a pittura è però esattamente quello che facciamo qua noi. FL: Quindi dipende molto dai docenti che s’incontrano? MS: Il corso di decorazione a me non mi interessava perché si lavorava molto sulla bidimensione, sul colore, era più una decorazione pittorica…non mi stimolava. Per me era, ed è fondamentale tutt’oggi lo spazio, importante costante. Bisogna imparare che un lavoro non è completo solo quando l’hai finito, ma bensì quando l’hai installato…

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Il secondo docente da noi intervistato, è l’attuale titolare della cattedra di decorazione, Simeone Crispino.

INTERVISTA DI GABRIELE TIBALDI

GT: Che cos’è secondo lei la decorazione SC: La decorazione… ha bisogno quasi di un miracolo perché possa diventare qualchecosa di propriamente detto… allo stato attuale la decorazione non rappresenta più quell’utilizzo proprio di cui noi possiamo in qualche modo avvalerci. GT: A chi ci chiede “che cosa si fa a decorazione”, che cosa dovremmo rispondere? SC: Qualsiasi cosa che non si fa da un’altra parte… tutto ciò che non si può fare da un’altra parte si fa a decorazione GT: Secondo lei c’è stata negli anni una grande perdita della manualità, caratteristica un tempo fondamentale per la figura del decoratore? SC: No, per quanto riguarda la generazione che fa riferimento a me no… GT: Ed invece per quanto riguarda la nostra generazione?

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SC: Forse un po’ più fiacca, però, ad esempio artisti che conosco della generazione un po’ più vicina alla vostra…per esempio, a Milano, Giuseppe Gabellone, che ha ormai…quarant’anni, credo, qualcosa del genere, se non di più, lui ha un eccezionale manualità, riesce a fare delle cose straordinarie con la creta, con tutti quei materiali tipici dello scultore… No, no, c’è ne… GT: Ma quindi, per un artista, la manualità è fondamentale, o viene in secondo piano? SC: E’ fondamentale perché la può rifiutare. GT: Però deve conoscerla… SC: Si…ma anche no… ci sono molti artisti che non possiedono questa qualità, e ciò dimostra che non è strettamente necessaria… certo però, se lo fai ad altissimo livello, in qualche modo ti innamori del fatto di poter in qualche modo intera-


C’era una volta Decorazione gire con la materia; diciamo che è divertente fare le cose con le proprie mani… GT: Ma, la decorazione di oggi, rispetto a quello che era l’indirizzo originale, secondo lei, ha perso qualcosa, o acquista sempre di più? SC: Non lo so, perché quando ho fatto io l’accademia a Napoli, già decorazione allora era un ibrido… GT: Crede che decorazione debba tornare, anche se con intenti e mezzi diversi, un po’ di più alla tradizione…? SC: …la decorazione fosse fatta con criterio… secondo me quel tipo di decorazione sarebbe molto complicata con i mezzi attuali, ed è complicato oggi riuscire a fare qualche cosa di come la decorazione alle origini era… se devi fare un mosaico, se devi fare qualsiasi tipo di vetrata, qualsiasi cosa che riguarda la decorazione “classica”, lo studio che ne richiede e la messa in opera, è costosa, e diventa veramente un problema… fra l’altro, è importante rendersi conto di una cosa, non c’è più la richiesta di questi interventi…non essendoci la richiesta non c’è più stata quella spinta…viene meno la domanda e quindi non c’è più l’offerta… GT: Che cos’è che manca secondo lei all’interno del nostro corso di decorazione?

realtà siete in troppi, e quindi mancherebbe un’altra cattedra, maggiore coordinamento, e maggiore per esempio qualità degli spazi, che sono brutti, si lavora male. Quello che manca comunque a decorazione, ma più in generale nelle Accademie sono gli studenti, non i professori, quelli che mancano sono gli studenti, di fatti di là non c’è nessuno… GT: E perché secondo lei? SC: Perché c’è una cattiva distribuzione degli orari dei corsi… bisognerebbe sin dall’inizio stabilire che quando c’è laboratorio, non si fa nient’altro che laboratorio, e quando ci sono le materie teoriche, il laboratorio è bandito, o comunque libero di potervi accedere senza però intaccare il resto dei corsi… se c’è faccio laboratorio, e contemporaneamente il martedì o il mercoledì c’è anche altro è difficile…giustamente i ragazzi devono anche superare gli esami… GT: Lei pensa che il corso di decorazione debba tornare un po’ una scuola bottega o… SC: Ma guarda che lo è già…e vi assicuro che il livello è abbastanza alto rispetto alle altre accademie…

SC: Un’altra cattedra di decorazione…In

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La nostra terza ed ultima intervista è stata rivolta al Prof.re Iginio De Luca, docente di Installazioni Multimediali.

INTERVISTA DI FRANCESCA PARISI

FP: Che cos’è per lei la decorazione? ID: E’ una domanda che fanno in molti, soprattutto gli studenti quando si iscrivono a questo corso…decorazione è un qualcosa legato allo spazio, è un concetto che andrebbe rivisto, è una dicitura ancorata a vecchi stili e modelli ottocenteschi. La connotazione della decorazione andrebbe rivista come uno studio legato all’allestimento di uno spazio privato, pubblico, interno, esterno. Decorazione è una parola foriera di tante ambiguità ma ha anche la possibilità di essere aperta e di acquisire tanti altri significati FP: Se una persona esterna dovesse chiederci che cosa si fa a decorazione, che cosa dovremmo rispondere? ID: …è legata alla risposta precedente, è un qualcosa di molto aperto e spesso viene recepita come qualcosa di troppo vago, forse un contesto troppo esteso, troppo ampio per la vecchia dicitura della decorazione, ma a me sta anche bene così… nel senso che la precisa definizio-

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ne di una parola, di un concetto allo volte può essere anche restrittiva per uno studente, meglio dare un concetto più allargato che restringerne già in partenza la definizione; quindi possiamo parlare di spazio come di tanti linguaggi contemporanei, ma anche di tecniche della decorazione, partendo dalla pittura all’installazione sonora, o video, alla performance, tutto ciò che lega il lavoro ad uno spazio esterno, un’osmosi tra lavoro e quello che incontra fuori… FP: E secondo lei, il nostro laboratorio di decorazione può essere assimilato ad una bottega d’artigianato in un certo senso? ID: Per un certo aspetto si, però più limitato, nel senso, la sapienza, la capacità che c’era una volta nella manualità di artigianato, in questo senso, non la si trova, non c’è nel laboratorio di decorazione. Una volta c’era uno studio più approfondito legato alla manualità, alla tecnica, al saper fare, che spesso era anche legato al saper pensare, ma che non sempre


C’era una volta Decorazione era indissolubile come legame. Adesso c’è una perdita di manualità, quindi di artigianalità, e forse c’è una maggiore attenzione al pensiero, alla capacità pensante dello studente… può esserci questo concepire lo spazio di decorazione anche come una bottega artigiana, ma sicuramente in maniera più circoscritta e ridotta. FP: La perdita di manualità, lei la vede come una cosa negativa? ID: E’ tutto relativo, dipende dalle diverse situazioni… non è detto che sia di per sé totalmente negativo, ma anche saper fare, avere delle competenze, delle acquisizioni possono dare anche altri input per soluzioni per riflettere su molti dubbi. Tendenzialmente è buono avere capacità e competenze…

una mentalità artistica visionaria, se però c’è una base, questa non la rinnego, anzi molte volte può venirmi in soccorso… il lavoro nasce anche da delle conoscenze appunto artigianali perché no… un’artista deve avere anche una componente artigianale a patto che questa sia inquinata da aspetti componenti visionari che vanno al di là del materiale.

FP: Secondo lei l’artigiano e l’artista possono convivere nella stessa persona? ID: …è una risposta da tagliare a metà, nel senso, se c’è diciamo una mentalità artigianale è in dubbio che poi ci sia anche un artista visionario… forse si, una base artigianale è bella ed è buono che ci sia… FP: Lei si sente più artista o artigiano? ID: Io ho anche delle competenze appunto tecniche, artigianali che mi fa piacere anche conservare… però mi piace anche la lunghezza, la gettata che può avere

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Dopo avere ascoltato le diverse opinioni dei docenti, la parola passa ora agli accademici, ai quali abbiamo chiesto principalmente “che cos’è la decorazione?”

“Prima di venire in accademia il mio concetto di decorazione aveva sicuramente un’impronta più classica, e sinceramente mi aspettavo di imparare anche qualche tecnica che mi permettesse di svolgere un determinato lavoro… insomma, un sapere in più da poter utilizzare anche in seguito all’Accademia. Per me la decorazione è tutto ciò che può abbellire un oggetto, l’architettura o l’ambiente. La decorazione in accademia ha invece tutto un altro senso: per decorazione s’intende tutta l’arte contemporanea e siccome quest’ultima arriva in svariate forme, l’aula di decorazione riesce sempre a sorprendere chi ne varca la soglia.” Studentessa del III anno, triennio “A decorazione si fa tutto, perché oggi l’arte contemporanea si fa con tutto. La decorazione per me sono tutti i linguaggi dell’arte contemporanea.” Ex studentessa, triennio “Per me la decorazione è tutto ciò che permetta di impreziosire e migliorare un ambiente o un qualunque oggetto, superficie o spazio… o almeno questo è quello che credevo fosse. Da quando sono all’Accademia il mio concetto si è decisamente allargato, o per lo meno si sono allargate le possibilità di tecniche che si possono utilizzare. A decorazione si passa dalla pittura all’installazione contemporanea, alla performance. Di certo un professore di decorazione non ti insegnerà le tecniche della decorazione classica, ma ti indirizzerà e ti aiuterà a formare le tue idee.” Studentessa del III anno, triennio

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C’era una volta Decorazione “Per me la decorazione è un insieme tra le divere arti, che parte dalla pittura per arrivare alle installazioni e ai video incentrato con un’ottica all’arte contemporanea.” Studentessa del II anno, biennio “E’ una maniera di imparare a decorare ambienti e cose, è la libertà di potersi esprimere tramite dei segni. Mi sono però trovata a dover pensare di fare installazioni e mi sono resa conto che decorazione è un a cosa molto astratta in accademia. Decorazione è musica, cinema, pittura. Non ho ancora capito cosa si faccia di preciso a decorazione, io personalmente esprimo i miei sentimenti.” Studentessa del III anno, triennio “Il primo anno di accademia pensavo che la decorazione fosse solamente qualcosa di strettamente legato alle abilità manuali, ma l’anno seguente ho compreso che invece questa disciplina rappresenta qualcosa di più. Oggi, al terzo ed ultimo anno del triennio, ho capito che Decorazione è un universo che invade tutta la nostra vita, non limitandosi all’abbellimento, al saper fare ed al realizzare, come credevo, ma sforando in innumerevoli campi anche non obbligatoriamente legati al campo dell’arte”. Studentessa cinese del III anno, triennio

Il tentare di comprendere che cosa sia veramente la decorazione oggi è stato sì il punto di partenza per questa piccola raccolta di opinioni, ed è nato proprio dai frequenti dubbi degli studenti. Come abbiamo anticipato in precedenza infatti, la decorazione è una disciplina estremamente varia, e di conseguenza percepita in maniera diversa da persona a persona, e tanto più da docenti a studenti. Ogni studente, dalle impressioni pervenuteci tramite piccole interviste e scambi di informazioni, percepisce la realtà di decorazione in maniera diversa, spesso a seconda dell’anno o del percorso, triennio o biennio, frequentato. Nelle parole di molti allievi traspare comunque un frequente desiderio di parziale ritorno alla tradizione, tornando ad accostarsi all’apprendimento delle antiche tecniche di decorazione per poterla applicare al concettualismo dell’arte contemporanea.

Federico Fassone Francesca Parisi Gabriele Tibaldi Federico Luise

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Chao Chenfei


museo nazionale del cinema fondazione maria adriana prolo

torino-mole antonelliana

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INTRODUZIONE DEL MUSEO

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MOLE ANTONELLIANA

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DISTRIBUZIONE ALL'INTERNO DEL MUSEO

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ALLE ORIGINE DELL 3D

VERTICAL DREAMS

FOTOTECA

VETRI PER LANTERNA MAGICA

11 Cinema muto e Cinema sonoro

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APPARECCHI

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ABOUT US

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DOVE

Il Museo nazionale del cinema "Fondazione Maria Adriana Prolo", ha sede a Torino, all'interno della Mole Antonelliana. Il nucleo delle collezioni è dovuto al lavoro della storica e collezionista Maria Adriana Prolo. Nel 2008, con 532.196 visitatori, si è collocato al tredicesimo posto tra i musei più visitati d'Italia

MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA

ESPOSIZIONE

Ospita macchine ottiche precinematografiche (lanterne magiche), attrezzature cinematografiche antiche e moderne, pezzi provenienti dai set dei primi film italiani ed altri cimeli nazionali e internazionali. Lungo il percorso espositivo di 3200 metri quadrati distribuiti su cinque piani si visitano alcuni spazi dedicati alle figure principali che contribuiscono a realizzare un film. Nella sala principale, costruita nella sala del tempio della Mole, una serie di cappelle è dedicata a vari generi cinematografici. Il museo conserva un'imponente collezione di manifesti cinematografici, una collezione di pellicole ed una biblioteca, in costante ampliamento: comprende attualmente 20.000 apparecchi, dipinti e stampe, oltre 80.000 documenti fotografici, oltre 300.000 manifesti, 12.000 film e 26.000 volumi (febbraio 2006).

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Mole Antonelliana

Da Alessandro Antonelli... La Mole Antonelliana, simbolo architettonico di Torino, fu iniziata dall’architetto novarese Alessandro Antonelli nel 1863. Concepita originariamente come sinagoga, venne acquisita nel 1878 dal Comune di Torino, mentre era ancora in costruzione, per farne un monumento all’unità nazionale. L’opera fu conclusa nel 1889, non dall’Antonelli (morto novantenne l’anno prima) ma da suo figlio Costanzo. Era, con i suoi 167 metri e mezzo di altezza, l’edificio in muratura più alto d’Europa. Antonelli lavorò alla Mole fino alla sua morte: era famoso l’ascensore azionato da una puleggia che issava il quasi novantenne architetto in vetta della sua cupola per permettergli di verificare personalmente lo stato dei lavori. Antonelli chiamava il suo progetto "un sogno verticale". ...a Francois Confino "Non si può pensare a un Museo del Cinema solo come un museo di oggetti e macchine, perché l’essenza del cinema è il film". Sono parole dello scenografo Francois Confino, che ha progettato l’allestimento del Museo Nazionale del Cinema nel 2000 e il riallestimento nel 2006. "Un tuffo in immersione totale nel mondo dell’immagine in movimento e della fiction. In un luogo di eccezionale levatura architettonica abbiamo creato un tempio del cinema, un omaggio complice e ammiccante alla Mole Antonelliana."

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€ 2 MONETE COMMEMORATIVE


L’Aula del Tempio

Al centro della Mole Antonelliana, si trova la grande Aula del Tempio, il cuore spettacolare del Museo. Attraversata in verticale dall’ascensore in cristallo, che sale sino al tempietto panoramico posto a 85 metri di altezza, è circondata da cappelle dedicate al culto del cinema, con suggestive scenografie che illustrano alcuni grandi temi e generi della settima arte: l’animazione, il cinema dell’assurdo, l’horror e il fantastico, il cinema degli specchi, il western, il musical, la fantascienza, il cinema sperimentale e quello familiare, i melodrammi di amore e morte e il 3D. Le due ultime cappelle sono rispettivamente dedicate al capolavoro del cinema muto italiano, Cabiria di Giovanni Pastrone, e a Torino Città del Cinema. Seduto sulle chaises longues, il visitatore può inoltre assistere alla proiezione di tre film proiettati sugli schermi giganti: il primo è una selezione di immagini narrative e documentarie dedicate alla grande stagione del cinema muto torinese, gli altri due sono film di montaggio realizzati da Gianni Amelio con le migliori sequenze di ballo tratte dalla storia del cinema italiano (Ballabile in bianco e nero e Ballabile a colori). Ciascun film ha la durata di 20 minuti. A intervalli regolari, le proiezioni si interrompono per consentire un breve e suggestivo spettacolo di son et lumière sullo sfondo della cupola.

Nell’Aula del Tempio, in occasione della donazione al Museo dell’archivio personale del regista Marco Ferreri, ha trovato posto nel 2007 il Corner Ferreri, uno spazio allestito con una scultura lignea di Mario Ceroli, un ritratto di Ferreri realizzato dal pittore milanese Silvio Pasotti e un quadro realizzato per la scenografia dell’appartamento di Christopher Lambert nel film I Love You. Dall’Aula del Tempio si accede infine alla rampa elicoidale che, come una pellicola cinematografica, si srotola a salire verso la cupola. Il percorso è sede delle mostre temporanee e permette di ammirare l’Aula del Tempio dall’alto in una visione spettacolare e mozzafiato.

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I servizi di accoglienza

Al piano terra, oltre al MuseumStore, al Cabiria Café e all’ascensore panoramico, si trovano il Meeting Point, il JukeBoxb> per l’ascolto gratuito delle collezioni sonore cinematografiche del Museo e un’area informativa dedicata alle caratteristiche dell’edificio antonelliano, fruibile anche da non vedenti. L’allestimento infatti è costituito da un modello ligneo e scritte in Braille, che ripercorrono le varie fasi di tridimensionale della Mole e da costruzione dell’edificio. Un percorso tattile plantare pannelli con disegni in rilievo Loges permette ai non vedenti l’accesso autonomo dall’esterno della Mole, mentre un pannello posto all’ingresso del Museo con pianta in rilievo indica i servizi presenti al piano di accoglienza.

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Film Libri 244


LA STEREOSCOPIA Alle origine dell 3D

Tra i giocattoli scientifici inventati nell'800 per divertire e insieme sperimentare leggi della scienza spesso complesse,c'e lo stereoscopio, un visore che,per la prima volta nella storia, da la possibilita di percepire due imaagini piane come un'unica immagine tridimensionale e di verificare cosi,inprima persona,il fenomeno visivo della profondita.Ideato nel 1832 dal fisico Charles Wheatstine per indagare o principi della visione binoculare ,lo stereoscopio e' per fezionato nel 1849 dallo scienziato David Breweter,

La grande popolarita della fotografia stereoscopica e' testinoiata anche dalla raccolta del Museo Nazionale del Cinema che comprende apparecchi stereoscopici di epoche e modelli diversi,oltre a 16000 stereoscopie firmate da importanti studi fotografici o scattale da semplici amatori. La raccolta, costituita da Maria Adriana Prolo sin dai primi anni di vita del Museo,e' sorprattutto incrementata agli inizi degli anni'60 in occasione della mostra sulla stereoscopia,allestita nel 1966,che segna ;'avvio in Italia di un rinnovato interesse per iltema del 3D

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VERTICAL DREAMS

Il sogno di una radio con immagini,di un cinema in casa. "Tele -visione? Non verra mai niente di buono da una parola mezza greca e mezza latina" David Sarnoff, PRESIDENTE DELLA NBC

Piccoli schermi, grande platea. Tutti alle 21 stasera

I cinema chiudono,il cinema e' ovunque . Scusi, dove finisce lo shermo?

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Fototeca Oltre 930.000 immagini costituiscono la fototeca del Museo Nazionale del Cinema, un’eterogenea collezione che ripercorre la storia del cinema muto e sonoro e quella dell’arte fotografica. Accanto ai più consueti positivi su carta, sono conservati immagini uniche (dagherrotipi, ambrotipi e ferrotipi), negativi su vetro e su pellicola, autocromie, diapositive su vetro e su pellicola e album di epoche diverse.

Questo ricco patrimonio riflette l’interesse di Maria Adriana Prolo per la fotografia in quanto preziosa fonte per lo studio del cinema ed elemento di congiunzione tra il precinema e la settima arte. Sin dalla nascita del Museo, la studiosa si pone infatti l’obiettivo di creare un ricco archivio fotografico, dedicato soprattutto alla produzione piemontese in quanto Torino oltre ad essere stata il primo centro cinematografico, fu anche il primo centro italiano della fotografia artistica. Grazie alle numerose donazioni pervenute nel corso degli anni e alla recente acquisizione dell’archivio di Angelo Frontoni, la fototeca del Museo è oggi un punto di riferimento non solo per gli studiosi ma anche per tutti coloro che intendano ripercorrere o scoprire la storia del cinema e della fotografia piemontese.


vetri per lanterna magiCa

Il Museo Nazionale del Cinema conserva una tra le più importanti collezioni al mondo di vetri per lanterna magica: oltre 8.000 esemplari, fissi e animati, che documentano l’iconografia delle proiezioni luminose dal Settecento fino ai primi decenni del Novecento. La collezione nasce nel 1942, quando Maria Adriana Prolo compra al mercato delle pulci di Torino alcune lanterne magiche con una serie di vetri da proiettare. Essa sarà sistematicamente arricchita durante gli anni a testimonianza della predilezione che la fondatrice del Museo dimostrò verso l'archeologia del cinema. Dopo la sua morte, la collezione è stata ampiamente incrementata con pezzi di area anglosassone grazie all’acquisizione della raccolta di altri due pionieri del cinema, gli inglesi John e William Barnes. Grazie a un importante lavoro di catalogazione e digitalizzazione sostenuto dalla Regione Piemonte, pubblichiamo una prima selezione di 2000 vetri organizzati per ambito tematico e consultabili attraverso molteplici chiavi di accesso.

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Cinema muto

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Cinema sonoro

Cinema muto Di notevole interesse è la raccolta dedicata al cinema muto che vanta più di 200 pezzi tra produzioni estere e italiane. Particolare attenzione merita la sezione dedicata al muto torinese (con capolavori come Cabiria o Il fuoco) e romano (tra cui Quo Vadis e Thaïs, disegnato quest’ultimo dal pittore futurista Prampolini). Pregiati fra gli affissi esteri quelli dei film di Charlot, Rodolfo Valentino (tra cui la rarissima prima edizione americana de I quattro cavalieri dell’Apocalisse), oltre alla ricca raccolta delle produzioni mute francesi della Pathé e della Gaumont.

Cinema sonoro La parte più consistente dell’intera collezione è naturalmente quella dedicata al cinema sonoro. Attraverso il tratto pittorico di grandi disegnatori sono ampiamente documentate le principali pellicole di Hollywood: Viale del tramonto e Quarto potere di Brini, La signora di Shanghai e Ombre rosse di Ballester, Casablanca e Il grande sonno di Martinati, Luci della ribalta e Cantando sotto la pioggia di Nano, Gilda di Capitani, sono solo alcuni esempi di capolavori del cinema e nello stesso tempo della grafica. Accanto al cinema hollywoodiano anche quello francese, inglese, spagnolo, svedese, giapponese, e naturalmente quello italiano. I grandi registi del cinema nazionale sono infatti rappresentati in maniera cospicua. Qualche nome e solo qualche titolo a esempio: il Rossellini di Roma città aperta, Paisà, Germania anno zero, il De Sica di Umberto D e La ciociara, il De Santis di Riso amaro e Non c’è pace tra gli ulivi, il Fellini de I vitelloni, La strada, La dolce vita, l’Antonioni di Cronaca di un amore, L’avventura, Blow up, il Bertolucci di Novecento, Ultimo tango a Parigi, Il conformista, il Visconti di Ossessione, Senso, Il gattopardo, il Pasolini di Accattone e Mamma Roma. Un lungo elenco di titoli che potrebbe proseguire e a cui andrebbero aggiunti anche i manifesti dei film di Blasetti, Camerini, Monicelli, Olmi, Taviani, Risi, Pontecorvo, Rosi, Steno, Lizzani, Comencini, Soldati, Germi, Scola, Moretti, Ozpetek, Muccino, a testimonianza della ricchezza di una collezione davvero unica. Infine una segnalazione particolare merita un gruppo di manifesti stranieri in edizione originale. Il Museo possiede infatti affissi francesi per i film La Grande Illusion e La Bête Humaine di Renoir e per Jour de Fête di Tati, e affissi americani per The Lady from Shanghai di Welles, per Rancho Notorius e While the City Sleeps di Lang e per Spellbound di Hitchcock. Da segnalare che questi ultimi due raggiungono i cinque, sei metri di larghezza per oltre due metri di altezza e si connotano fra gli esemplari più grandi dell’intera collezione.


appareCChi

A testimonianza di come Maria Adriana Prolo documentò qualsiasi aspetto della settima molto ampi: si va dall’archeologia del cinema, alla storia della fotografia, a quella della r

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a arte, la collezione di circa 9000 apparecchi e accessori racconta una storia dai confini registrazione e riproduzione sonora, fino alla storia del cinema vera e propria.

La collezione Prolo

La collezione Prolo prende vita nel 1942, poco tempo dopo la nascita del Museo. I primi materiali comprati furono due lanterne magiche: a puro titolo di curiosità, la prima fu acquistata per sole 15 lire al Balôn, il mercato delle pulci di Torino, e la seconda venduta da un privato con i relativi vetri da proiezione, “12 diapositive movimentate”, per ben 1.300 lire! Da questo momento in avanti l’interesse verso queste macchine cresce sempre di più. La raccolta di lanterne magiche si arricchisce di rari esemplari, talvolta addirittura unici; come nel caso di una lanterna magica della seconda metà del Settecento, proveniente da una famiglia patrizia veronese e corredata da 46 vetri coevi dipinti a olio, caratterizzati da un’inconsueta qualità pittorica. Ancor più preziosa diventerà la raccolta di scatole ottiche e mondi niovi del settecento. Tra le più importanti sul piano internazionale, essa comprende infatti il mondo niovo che Maria Adriana Prolo acquistò nel 1950 a Venezia, presso l’antiquario Riccardo Asta, facendo la sua “prima grande follia” che le costò 257.000 lire e la costrinse a chiedere un prestito alla Banca d’Italia. Oggi questo splendido esemplare rappresenta uno dei più preziosi mondi niovi che si conoscano per l’eccezionale fattura che lo caratterizza. Affianca la raccolta di scatole ottiche e mondi niovi un nucleo di 500 vedute ottiche, la maggior parte delle quali sono lavorate in modo da restituire un ”effetto notte” e un “effetto giorno” dell’immagine raffigurata.

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CINAMICA lyu jiani

xu xinyi

liu haihui

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yang qinying


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#CODICI IMMORALI Le regole non scritte che inevitabilmente noi fruitori di social network seguiamo come fossero dottrine del nuovo millennio. Dalle pose fotografiche, alle frasi destinate ad un copiaincolla rapido e indolore, con il risultato di trovare su ogni “profilo” l’immagine di noi stessi allo specchio e di una società che ha smesso di inventarsi

Silvia Barbaro Diandra Camino

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STEREOTIPO

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“

“

Idea preconcetta, non basata sull’esperienza diretta e difficilmente modificabile. Comportamento convenzionale e ricorrente che mantiene uno schema fisso e che quindi diventa un luogo comune.

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Ebbene, a questo proposito pare che oggigiorno il segreto della bellezza stia solo nel nostro atteggiamento. Che poi proprio “nostro” non è. Foto che lasciano ben poco all’immaginazione affollano le pagine internet. Donne, uomini, adolescenti poco più che bambini, sorridono in ugual modo a tristi autoscatti che danno come risultato una realtà infelice e poco originale. Ecco che vediamo su tutti i profili dei social network più gettonati, le stesse pose, lo stesso modo di storcere il viso a mò di bacio sia nei profili femminili che in quelli maschili, famosi e non famosi: nessuna differenza se non nel numero di followers.

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Una serie infinita (quasi) di comportamenti e modi di (non) essere che hanno significati comunicativi intrinsechi ben precisi. Sono queste piattaforme sociali, nuovi media, una tecnologia di genere, una fabbrica d’identità e di modi per ambo i sessi. La costruzione della propria personalità, infatti, non avviene più all’interno delle istituzioni tradizionali come scuola e famiglia, ma anche e soprattutto attraverso i media, che hanno il potere di controllare dettare e promuovere nuovi esempi sociali. Nei social network più utilizzati come Pinterest , Instagram o Twitter basta effettuare un rapido scorrimento della pagina per notare la somiglianza di una e l’altra immagine. Filtri fotografici, inquadrature e perfino luoghi ricorrenti, il tutto rigorosamente descritto attraverso gli Hashtag ovvero parole chiave anticipate da un cancelletto, che dovrebbero descrivere il momento in cui la fotografia è stata scattata, o un semplice pensiero. Un tramonto del corretto utilizzo della lingua. Dai giochini televisivi alle elezioni politiche sembra essere quello l’unico modo per comunicare efficacemente. Insomma non esiste ambito che non sia stato contagiato: si deve parlare in social language sia per quanto riguarda l’immagine che in qualche modo racconta ciò che siamo, che per esprimere ciò che pensiamo.

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Il problema è che non si capisce in quale direzione si stia andando. Siamo di fronte al progresso o a un progressivo regresso? Ormai influenzati dalla freneticità che ci circonda cerchiamo tutti di renderci la vita il più veloce e semplice possibile. Prendiamo l’ascensore, usiamo le scale mobili, preferiamo la macchina all’autobus, usiamo la posta elettronica e ormai non serve nemmeno più scrivere messaggini perchè esiste il famigerato “messaggio vocale”. Ecco quindi che il tempo stringe anche per pensare ad una frase originale da postare. L’obbiettivo non è più quello di far sentire la propria voce o dire la propria opinione ma bensì

quello di mandare frecciatine grazie a comunissime frasi fatte o quello di appartenere a una cerchia di persone che in quel momento ha condiviso la tua stessa immagine. Ma a che pro? Forse la risposta è che così facendo ci si sente “meno soli stando soli” davanti al pc o ancora meglio incollati al telefono. Ma cosa sono gli Hashtag? Mugugni. Ecco cosa sono. Parole a caso molte volte nemmeno pensate. Perchè, vuoi che non esista un’applicazione che metta gli Hashtag automatici? Esiste eccome! Un cancelletto. Ed è proprio quella la sua funzione: bloccare la strada a nuove idee o ad originali personalità. Si può guarire dalla social malattia?

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Giusto o sbagliato che sia, tutto ciò è la conseguenza di un inesorabile evoluzione tecnologica, impossibile da arrestare e probabilmente fra qualche decennio, tutti gli studi sulla clonazione saranno inutili poichè diventerà un fenomeno naturale.

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COSTUMI per le donne in antica Cina

INDICE 1.QIN TO HAN (221 BCE-220 AD), THIS IS THE MAIN FORMAL WERA FOR WOMAN 2.MIND-LATE TANG(618-907 AD), WOMAN’S CLOTHING BECAME MORE LOOSE 3.YUAN(1271-1368 AD), CHINA FALLS UNDER MONGOL RULE 4.QING(1644-1911 AD), CHINA IS CONQUERED BY THE MANCHURIANS

Durante 5000anni della storia cinese, sono emersi numerosi 5.REPUBLICAN(1911-1920S),CHEONGSAN affascinanti costumi per donne. FROM THE C oORIGINAL n i l c a mDRESS biame nto d i MANCHURIANS,ADOPTED d iCHINESE n a s t i e , s iINs oTHE n o s1920S viluppati varie caratteristiche. Oggi,approfondiremo alcuni stili più rappresentativi.

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BY THE


INDICE 1.QIN TO HAN (221 BCE-220 AD), THIS IS THE MAIN FORMAL WERA FOR WOMAN 2.MIND-LATE TANG(618-907 AD), WOMAN’S CLOTHING BECAME MORE LOOSE 3.YUAN(1271-1368 AD), CHINA FALLS UNDER MONGOL RULE 4.QING(1644-1911 AD), CHINA IS CONQUERED BY THE MANCHURIANS 5.REPUBLICAN(1911-1920S),CHEONGSAN ORIGINAL DRESS FROM THE MANCHURIANS,ADOPTED BY THE CHINESE IN THE 1920S

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Qin e Han abbigliamento si riferisce alla dinastia Qin per la dinastia Han costumi. Qin e Han sistema di abbigliamento sostanzialmente ereditato Zhou sistema, anche nelle più pannelli esterni del vestito aristocratici del sistema abiti scuri , a base di cintura fisso. Collare parte pagare di più per il collare, il collare è molto bassa, in modo da esporre il cappotto. Come indossando pochi vestiti, ciascun collare sarà esposto verso l'esterno, fino ad un massimo di tre o più, anche conosciuto come moderni vestiti triple . Giacca Gonna Gonna giacca Dinastia Han Sotto la giacca gonna donne vestono gli stili sono emersi già nel periodo degli Stati Combattenti. Per la dinastia Han, perché le classi superiori della società diffusa in abiti scuri, indossare questo abito stile donne aristocratiche gradualmente ridotto. Ma in cinese Folk Poetry in là un sacco di donne indossano descrizione civile giacca vestito.

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Utilizzando modelli, principalmente basate in Xinjiang Freeman rinvenuti "Changle Mingguang Jin" e Changsha.

Mawangdui portato alla luce "leopardo modello testa di broccato" e cosÏ via. Gonna giacca abbigliamento femminile cinese è una delle forme piÚ importanti. Dal momento che gli Stati Combattenti fino alla dinastia Qing, circa duemila anni, anche se i cambiamenti di larghezza di lunghezza, ma la forma di base ha mantenuto lo stile originale.

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Abito Sui riferisce a cinese Dinastia Sui , Tang Dynasty alle Cinque Dinastie e Dieci Regni di abbigliamento, tra il patrimonio tradizionale del Han abbigliamento cinese e in tutto il nazione Hu Fu , i progressi della Cina durante il periodo di produzione e di tecnologia tessile, insieme con frequenti scambi con l'estero, rendere stili di abbigliamento, colori, modelli e così presenta una nuova situazione. Cinque Dinastie costumi d'epoca praticamente seguiti alla fine costumi della dinastia Tang.

Gli uomini in uniforme a testa Fu abito ancora, pone le donne vestono giacca based. A causa della Sui e Tang avere più scambi con sistema di abbigliamento estera colpire anche le zone circostanti, come il Giappone , la penisola coreana , e così via. Giappone Nara al periodo Heian del kimono , coreano Tre Regni era di metà alla fine e la Unified Silla periodo hanbok sono influenzati dal abbigliamento Sui.

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Classe skirt Giacca Le donne indossano gonne giacca petto come la dinastia Tang Vestito giacca corta è la forma più semplice. Nella dinastia Sui al periodo Tang presto, breve rivestimento delle donne tutte con lunghe maniche aderenti, sotto un abito, gonna a vita alta linea, è una caratteristica del sistema Qunyao era più alta, ci sono legato in vita,

seni dopo giacca vestito dalla vita , e alcuni sono anche legati ascellare gonna giacca petto , dando una sensazione abbastanza snello, quando giacca vestito Sui ha qualche fascia toracica. Nella dinastia Tang vestito giacca maniche sono più larghi alcuni dei primi altro senza cambiare molto. Tarda Dinastia Tang al famoso Five camicia grandi maniche , Terminalia gonna, allora l'altezza della gonna cade sotto il petto.

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Chandler ( mongolo : дээл ) è un mongolo costumi tradizionali, oggi popolare Mongolia , Cina Regione autonoma della Mongolia Interna , e tra i centrali asiatiche turchi. Con il cotone, seta, lana o seta fatta.Delek Questo abbigliamento unisex da indossare, oltre alle grandi città sono molto comuni, soprattutto pastori tendono a indossare questo vestito. E in città, quasi solo anziani farebbe nel normale usura. Inoltre, il festival sarà anche

indossare questo e Asia occidentale Tunica piace. Delek spesso inferiori blu,

vestito.Chandler forma abito turco , Europa orlo e ginocchio solo, la oliva o viola.

Genghis Khan diede inizio all'invasione mongola della Cina con varie incursioni nei territori controllati dalla dinastia Jīn, che deteneva il potere nella parte settentrionale della nazione, invasione culminata con la conquista della capitale Pechino. Nell'anno 1234 g dei, terzo figlio di Genghis Khan e suo successore, distrusse definitivamente la dinastia Jīn, che aveva più volte combattuto contro i Mongoli.

Nell'anno 1258 Mngke, figlio di Tolui, invase il Sichuan dando inizio alla conquista del territorio dei Song Meridionali, ma la sua morte avvenuta nel 1259, e la successiva lotta intestina per la successione, interruppe i piani di conquista, tuttavia ripresi da Khubilai Khan e culminati nell'occupazione di Canton nel 1276 e nella definitiva distruzione (nel 1279) della dinastia Song con la morte dell'ultimo suo imperatore. Questa voce o sezione sull'argomento Cina non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti.

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Khubilai Khan fu il primo imperatore della dinastia Yuan e governò dal 1279 al 1294. La riunificazione della Cina portò benefici economici soprattutto per ciò che riguarda il commercio anche con le popolazioni europee (Marco Polo). Ma i problemi che ne derivarono furono maggiori dei benefici: per esempio: le leggi mongole jasagh mal si adattavano alla società cinese. I conquistatori non tenevano in considerazione attività economiche o di sussistenza che erano alla base della civiltà cinese, come l'agricoltura

e l'artigianato, mentre davano eccessivo risalto alle attività di allevamento e militari, tipiche delle popolazioni mongole. Tutto questo portò, per due volte nel 1274 e nel 1281 al fallimento della conquista del Giappone, con una cospicua perdite di risorse. Il fallimento fu dovuto allo scoppio di forti tempeste, chiamate dai giapponesi vento divino (kamikaze).La fine della dinastia Yuan avviene nel 1368, con la conquista di Pechino da parte dell'imperatore Zhu Yuanzhang, il fondatore della dinastia Ming.

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Costumi dinastia Qing riferisce dinastia Qing , quando una varietà di costumi. 1644 Qingbingruguan dopo l'occupazione perseguita servizio Vestita politica, l'attuazione di "Dressed in moda" la politica è sempre stata per tutta la dinastia. Qing, la repressione violenta dei primi Qing imperatore Kangxi anni successivi e sottili, alla dinastia Qing Lo stile di capelli e vestiti cinesi hanno avuto un effetto significativo. Corte Manchu e abbigliamento femminileFlag montato abbigliamento palazzo delle donne della dinastia Qing, i primi Dinastia Qing come girocollo, giusto Ren, torsione risvolto, maniche, piatte verticali, abito feritoie anteriori, poi cambiato per aprire intorno l'ascella, la parte superiore sarà decorato con fessure Nube testa, e gli schemi sono vestito più splendida, rotolo intarsio assetto più stress.

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Una vasta gamma di modelli, e hanno il loro significato. Durante su Xianfeng, Tongzhi, il numero di capitali strada aristocratica donne vestiti di pizzo intarsio rollio più e più, il "diciotto parquet," ha detto. Questa moda decorativa, fino a quando il repubblicano periodo continuano a essere popolari. Abito colletto presto, quando accoppiato con la necessità di indossare una sciarpa , quindi aggiungere finto colletto lingotto .

Vestaglie bandiera generale di abbigliamento casual femminile, camicie, abbigliamento mantello, sono tutti girocollo, Dajin, forma giusta Ren. Imperatrice, Ming Fu Ji petto abito girocollo, carico di piedi la cerimonia abito del bambino. Qing Manchu donne indossavano cheongsam fuori sono spesso coprire una maglia, che è l'abbigliamento preferito delle donne Manchu. Questa maglia degli uomini e gilet, ci sono anche Dajin, wordpetto, forma a doppio petto e bavero pipa, di lunghezza e di più per la vita e pizzo ricamato.Acconciatura femminile Manchu chiamato la bandiera prima , metà del Qing ha cominciato ad avere due testa , alla fine degli anni Qing Manchu donne aristocratiche due teste chiamato Grande Ala a piastre ornamenti

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Cheongsam ( Manchu : Paul Georg von Mllendorff : sijigiyan , troppo pura : sijigiyan ), di solito si riferisce a una moderna cinesi donne vestiti di s '. Cheongsam in Repubblica di Cina Shanghai uniformi delle ragazze, poi Shanghai studentesse è considerato come la prima grande utilizzatore di cheongsam, del 20 ° secolo nella metà occidentale del suo stile è stata notevolmente migliorata taglio.

Perché rappresenta la nuova era dell'immagine delle donne la conoscenza e la popolarità di cheongsam, è diventato popolare da Shanghai a tutta la Cina, diventata principale abbigliamento urbana della Cina per le donne. Cheongsam è rimasto uno dei Shanghai simbolo rappresentativo. Caratteristiche ed evoluzione [ modifica ] Generalmente si ritiene che le moderne caratteristiche cheongsam sono: stand-up collare, vita, Pankou, spacchi laterali gamba. Si possono avere le maniche o senza maniche. Non coprire l'orlo del piede, la più alta del ginocchio (cheongsam essere coperto solo una parte della parte inferiore del corpo).

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Cheongsam fessura ad ogni livello di età e le donne sexy vuole mostrare niente da fare, solo perché la marea è alta a bassa, allo stato attuale, Hong Kong, Taiwan e Cina continentale Gaocha popolare.setaocotoneancora prevalentemente, ma anche qualcuno con un alto grado fibre miste chimiche. Abito Contemporanea dal 1920 è diventato popolare, 1940 di liberarsi del vecchio stile, al classico. 50 anni dopo è stato un momento splendido nella distruzione lungo termine del continente. Dal 1980, cheongsam dimostrato ancora il vigore e fascino. Vesti linee semplici e chiare, lo stile ricco e colorato, morbido trama del tessuto, far risaltare l'eleganza femminile romantico, morbido, elegante e affascinante.

Li Yu Bao Qianwei Han Yueyue

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“Guizza”, Acquaforte, carta Rosaspina.

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Alessia Meneghello


L'ARTISTA: DAL MAESTRO DI BOTTEGA ALL'ARTISTA DEL DIGITALE

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DAL MAESTRO DI BOTTEGA ALL'ARTISTA DEL DIGITALE

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DAL MAESTRO DI BOTTEGA ALL'ARTISTA DEL DIGITALE

Viola Frontera Carolina Limone Alessia Pizzio

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TECNICHE GRAFICHE SPECIALI 抽象创意家居 PROF.Pasquini TF Gruppo Zhang xizi Yue jiaying

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随着社会的快速发展,人们的思想已发生天翻覆地 的变化,已经不甘于平庸。在各种设计当中加点创 意,会给人们带来愉悦的心情。

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生活中无时不在的那些小创意总是可以让我们的生 活锦上添花,假设人没有了思想,那么这个世界该 是多么枯燥。 希望在未来不久的时间里面,创意家居会越来越得 到大家的认可,让创意走进千家万户

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这是米 兰家具 展的拍 摄, 到 处都充 满着大 自然的 气息这 说 明, 创意来 自于大 自然来 自于生 活, 创 意与大 自然息 息相关, 关键你有没有看透美,从另一个角度出 发! 在这次家具展上,我流连忘返!太多太 多的创意震撼了我,很多东西是拿钱买 不来的。 美分很多种,比如抽象美,第一眼你可

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我们应 该与大 自然和 谐 相 处, 留意生 活中的 点点滴 滴, 因 为生活 不是缺 少 美, 而是缺 万事万物都存在美。


每件创意家居用品的诞生都 有设计师的心血和灵感,有 很多艺术的东西暗藏在里面 备,外观、功能等各方面的 创意点、闪光点。

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打破传统家居一成不变的风格, 创意家居用自己独特的设计,环保的理念 成为家居装饰一种新的流行趋势,我们作为年轻的一代人,不仅仅自己

要支持创意家居的发展,也要像自己身边的人多多宣传,让老一辈的人也了 解它,相信在不久的将来,创意家居会被更多人所认识认可。米兰家具展对 家具有了不同的认识,家居不只是服务于生活,更是陶冶情操增加生活乐趣! 家具会随着时代不断发展!人们的生活也会随着家居越变越好!

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TF

GRAZIE 9

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GR AFICA ED ESTETICA DEL PREGIUDIZIO 311


Le immagini sono uno dei tanti linguaggi usati per com unicare, come tali esse racchiudono in sé innumerevoli significati. Ai nos tri occhi, considerando condizioni di nor modotazione, è dato vedere dalla nascita, inteso come dono. Nel cor so del tempo, essendo que sto senso considerato onnipresente o non considerato affatto, è assimi lato e dimenticato. Ovvero, è difficile rea come tali lizz care, uniaga aretidiper com pot er ind usa gi re uag al ling ti di là della mera are uno. dei tan o nza son Le immaginiapp voli significati. ere um inn sé in no udo chi esse rac è dato vededizioni di normodotazione, con ndo era sid con hi, occ Ai nostri endo questo o. Nel corso del tempo, ess don e com so inte , cita nas re dalla è assimilato e te o non considerato affatto, sen ipre onn to era sid con senso ra apparenza. dimenticato. er indagare al di là della me pot di are lizz rea cile diffi è Ovvero,

I like pixels

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Singolare è che siamo parte di una società sensibile e reattiva alle immagini, al contrario di ciò che avveniva in passato. Quindi la questione si pone quando non si fa uso proprio di questo beneficio. Per cultura delle immagini, infatti, si intende non matematici colore e forma, bensì per definizione, l’evoluzione delle sinapsi, inclite a disamina di ciò che esiste tutt’intorno. immagini, al nsibile e reattiva alle se tà cie so a un di do non l’abitudine, i Quindi, perché nel fattore partequesta civiltà cade di contrappeso quanopposto, Singolare è che siamo i la questione si pone ind Qu . ato ss pa in a monitor costantemente accesi, la vita trasposta? veniv contrario di ciò che av io. nefic be to Il termine abitudine è terrificante, gli occhi non servono più per vedere, le sensaes qu di rio op si fa uso pr ben- dell’essenza, zioni rimangono incastrate in un limbo cerebrale, l’immagine si ,priva e forma n matematici colore no de en int si i, att inf ist è trasposizione null’altro. ciò che es e gini, di un vizio formale senza Per cultura delle imma inclite a disamina di si, ap sin lle de e ion voluz sì per definizione, l’e . tutt’intorno L’avvento della tecnologia o raziocinio ha fatto sì che una volta asserito udine, “Cogito Ergo Sum” fossimo padroni del manipolare il mondo, dimenticando la sto, l’abit peso nel fattore oppo ap ntr co di de ca iltà civ nostra provenienza evolutiva, o in questo caso, il perché della costruzione dei ta es qu é rch Quindi, pe osta? vita traspdella si, laindagine acce dispositivinte ottici. Prima vita reale, oggi assolutamente dere, le sensa-alienanti. i monitor costanteme n servono più per ve no i ch oc gli , nte ca terrifi iva dell’essenIl termine abitudine è ale, l’immagine si pr br re ce bo lim un in te Ovviamentetraquesta osservazione racchiude in sè ciò che di negativo e criticabile zioni rimangono incas ll’altro. senza nuanche formale esistono io viz vi è al mondo ma indubbio innumerevoli vantaggi. un di e on izi os za, è trasp che una volta asserito raziocinio ha fatto sì o ia log no enticando la tec lla de L’avvento nipolare il mondo, dim ma l de i on dr pa o sim struzione dei “Cogito Ergo Sum” fos so, il perché della co ca to es qu in o a, tiv olu te alienanti. nostra provenienza ev ale, oggi assolutamen re a vit lla de ine ag a ind dispositivi ottici. Prim tivo e criticabile in sè ciò che di nega de hiu cc ra ne zio rva osse erevoli vantaggi. Ovviamente questa esistono anche innum bio ub ind ma o nd vi è al mo

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are di manipolazione digitale ha cambiato La propagazione dei non numerabili softw . e del tempo di disamina ad esso dedicato radicalmente la percezione della realtà

imento izione di quasi non esistenza, il raggiung È come un tempo espanso, una cond purtroppo per noi non esiste. assoluto di un ideale di perfezione che ico di gusti racchiusi in un unico schemat Ebbene, la bellezza è Pop, una media studiata è più forma complessa che quanto involucro. Si astrae la semplicità per una contenuto. tanto più perde di ogni meraviglia nel

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Forse per insoddisfazione o per hobby, sta di fatto che tutti i canali in rete pullulano di ritocchi ed ipercromatis mo, l’uso estremo delle tav olozze è quasi eccitante al pari di una scalata in mo ntagna senza mezzi di sicure zza.

significato, corre dopo giorno depaupera ogni rno gio che le nta bie am to tes È un con chiaro, non si do di vista ogni originale. Sia den per e ttur stru sce trui cos e in avanti ente l’opposto. Non di idea brillante”, ma assolutam tus “sta , lità ina orig e com intende si accumula e cosa, non si indaga a fondo ma i ogn di chè l’Ar o ver dav e si conosc fica, eppure così nella loro statica perfezione gra le bel , cro ula Sim ni agi Imm modifica. vuote.

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mo sinchematis s o rt e c un ttazione, er l’acce tività, c’è p a e re c rr i u d d a muni. Pro gni form giudica o stione di gusti co iale. re p to s e ue soc Tutto qu re, una q osizione a p tt a e cromari p p s ri ro ini mono una p g r a e tetico da m p a im lo ente so la form a radicalm e osizione h p o ricercare is is d v a v o pro ran ntien mpo fa e Il boom im l mondo che ma . te e ppa o n p io p z o bora on tr ostra “zu ne de la n n io ’e a a d ll is in v e C re d le a o In na ftw ari ua perso essun so , al contr tiche e n l’oriente, in una s o e di significato . c li ti di una tto ini digita nso misti i confron g e e circoscri a s n i m ti d n im e le rma tiche strutture zzam un’idea fo hiusa in iperplas impedisce appre uperstizione. Le i chieste d cc es co o dalle ri n pronta” ra uale gusto esteti , intrisa di storia ta s o c dis att illenaria cante si Il nostro icata e m nificato e signifi d ra e n tradizio ura, sig sene di strutt media di a tr s o n sono priv ne dalla zza della . bbio lonta osserva la belle mercato u d a z n e io, ere della as i occhi m si cura del giudiz nservano il rifulg senza di tr s o n i a on rse . Co e per l’es Brutte fo opolazione che n zioni e influenze pensabil is d p a z in a z ” n li n u a so. È geoloc “To Kalo ticato, il ntano da natura lo i abbiamo dimen no virtù che . a s o c ogni

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Ăˆu non no sc ride -cosc ambio lori stars ienza impr es esp i e r e res iform ipers cindi b siv i, n arsi, truttur ile il n on alis ritr ost o leg ati vand mo ch ro, pr e al l o avo que e han sa di i si n ro o a nce o da l de ri v nar ao.

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teriore, non

la pace in il quieto vivere e r pe tta fa se co lle piccole di guadagno. Una creatività de alsivoglia forma qu di a ic od m as una ricerca sp

ri Veri

senze con i nost

saporare le Es lentamente e as

le strade Camminare per le. Non è non tutto è visibi e to da è tto i. tu ch oc za. Non della loro presen Renderci conto zione. fin di le re un idea tempo di ricerca indagine, innumerevoli di ti un sp re fri of te ad a nel suo ambien È la natura uman e. on zi sa imperfe nella sua immen

“Chiamò ogni cosa col suo vero nom

e”

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见 偏 的 美 审 图形

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我而言无论是图像还是图形,他们都象征着一门 语言,有时候从一个图形

上我们就得到了许多信息,我们从小大脑就开始 接受各种图形,比如:对称 图形,不规则图形,等等......在中国许多年前我们 能看到到图像都是黑白颜 色的,没有那么多的颜色,也没有那么多的软件去 处理这些图像,但现在有所不同了人们 发明了很多软件为了处理这些图像,现在科技 变得这么发达是一件好事,但每件事情有 缺点也有优点,对我来说语言形容不了审美,因为 每个人的审美都是不一样的。

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今社会的很多年轻的人们都是用各种作图软件对照片进行处理,调整图像的 颜色,因为他们感觉拍摄的效果没有达到自己预期的效果,或许这是个人爱 好,但如果每张图像都进行调整,每张图像都那么完美都那么吸引人的眼球,

这样就会导致人们都想要去模仿那样图像的效果,同时也导致了网络上的各种社交活动上 面呈现的图像都会给人一样的视觉感受,这样导致人们的审美都在同一个水平,对我而言 我更喜欢图像最本质的东西,无论是艺术还是摄影,我们的世界科技越发达就越需要最淳 朴最本质的东西出现,不能被科技所掩盖了图像与艺术的本质,以前的人们是以户外的场 地作为自己的创作领域,取代传统的个人工作室,以各式各样的自然物来顶替艺术家亲自所 结构出的成品.

在多数评论家看来,由于科技、电子技术的发展,图像逐渐成为生活的主导,文学图像,但这 样就导致了很多作家创作的独立性和个性化的消失,作品叙述更为直观、表面,导致直接后 果就是美学与情感的表达缺失。一方面,创作家们更喜欢传统图像的审美价值,另一方面,文 学图像作为现在的语言表达,把日常生活变成有序的现实艺术,以构图方式、光影效果,写小 说,这反应出一种写作和欣赏主体的精神结构、表达模式的改变。事实上任何事物都要经历 质疑和调整,这样才能走向完善。

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着科技的发展、传媒的 发展,图像以外在或者 内在的方式进入文学 ,使文 学呈现出与传统不同的 生产、传播、消费、阅读 形态,一是包装虽然很 华丽,但评论界对图像 审美的要求有写建议, 从内在形式上看,语言 图像 既是直接操作上的,也 是书写内容上的,图像 符号更为直接化,对我 来说图像是将语 言艺术与视觉艺术的 结合,叙述时间与影响 的空间,生成了新的阅 读快感和新的意 义,创作者也沉浸在创 作图像之中。

世界范围来看,关于图 像与美学之间,早在早 期基督教时期就曾有 过激 烈的论争,图像更倾向 于表达一个故事,但现 在机械复制导致图像 的 艺术和审美大幅度的 滑落,现在的图像大多 数都在相互模仿,没有 自创 新没有个性,所以我们 应该去创新,去了解, 去思考,图像的真正含 义。

美学领域中,更多涉及 到了社会学、传播学、 文化研究层面,所以图 像更 是从抽象化到具体化, 要从美学中把握实际意 义。所以当今的社会需 要我们运用最简单,朴 实的手法去创作一些图 像,让人们从而认识新 的 审美,而不是通过作图 软件来了解。

Autori: PMMA Ni Xiang Qin JiangSiYuan Wang Hanjun Marina De Giorgi

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METAMEDIA

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Che cos'è “Vaporwave”? Potrebbe essere descritta come uno stile all'insegna dell'ibridazione, della crasi sintetica fra analogico e digitale, in cui i fantasmi della postmodernità fluttuano in un cyberspazio metastorico e retrofuturista. Concretamente, si parla di un’estetica maledettamente hipster sviluppatasi nelle città più “avanti” degli Stati Uniti (Portland, Seattle, New York), una “way of life” che trascina con sé sia le arti visive che quelle musicali. Si elabora così uno stile (auto)ironico di estremo

citazionismo, in cui i brani musicali sono assemblati con pezzi editati di vecchie canzoni, la glitch art si coniuga con la scultura classica e le tonalità naturali di elementi organici convivono stranamente con gelide luci al neon dai colori improbabili. Una tendenza questa, sviluppatasi soprattutto su Internet, foro ipertestuale in cui la confusione e l’alienazione sono all’ordine del giorno. Quindi la maggior parte di questi “manufatti” artistici di illustri sconosciuti sono alla

portata di chiunque sia dotato di una connessione.

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Non-luoghi, non-tempo, immagini autogenerantesi, delirio palingenetico, sintetico, microchip emozionali e cristalli prismatici. Enigmi di un inconscio collettivo febbricitante. Ma cosa significano questi busti classici, queste divinità greche sperdute nel limbo d’asfalto e alluminio delle città contemporanee? Cosa rappresentano i caratteri giapponesi randomizzati, le piante di plastica, i gel e le tute Adidas, il feticismo per il posticcio, il videoludico, il liofilizzato, l’innaturale che ossessiona autisticamente

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questo logos malato? In un mondo dove il glitch è paradigma e la sinestesia isterica del tattile con il labile cibernetico ottunde le menti degli imberbi possessori di smartphones, il pixel diventa il metro aureo del fare creativo, il paesaggio è astrazione dagli orpelli contenutistici, la citazione elemento metatestuale fondante di un linguaggio nuovo, eppur già morto. La fragilità e la depressione del singolo, l’assenza di collante sociale, lo stolido populismo del commercio, dell’intrattenimento e della politica (che in fondo sono ormai

la stessa cosa) sono l’humus inquinato da cui nasce questa malformazione estetica, squallida, eppur accattivante, come una macchia arcobaleno di benzina in una pozza durante una giornata di pioggia. L’epistassi dei dati informatici, dei vettori metafisici, affoga gli utenti nella sua seducente perfidia. L’utente, sempre e comunque, non è davvero parte creativa e quindi fondante di alcunché, è sempre un intermezzo, un valore di scambio nel mercato pubblicitario, dallo spessore di un link.


Valori come positività, progresso sono risibili in questa maschera rivelatrice della società che è Internet, ma anche il nichilismo perde di significato, un qualunquismo senza enunciati diventa perciò lo statuto fondante di questo hub informe. Senz’altro l’arte o comunque il suo tentativo non vengono abbandonati, ma assumono nuove, inimmaginabili

forme. Se la perdita di riferimenti sostanziali e la generale ignoranza dell’utenza scoraggiano operazioni cognitive rivolte ad ambiti, per così dire, “accademici”, ma non perché di provenienza scolastica, bensì derivanti dal “mondo vero”, quello che sta là fuori, in cui solo l’”ufficiale”, l’”originale”, il marchio in sé determina il

riconoscimento culturale, Internet, questo essere amorale, accoglie tutto, anche il brutto. Soprattutto quel brutto che è tale non perché mostruoso, o eclatante, ma quel brutto che si insinua, quel brutto che è terribile perché non si vede, perché si pone davanti a noi tutti i giorni, perché quel brutto siamo noi. Esso è un font imbarazzante, residuato

di Windows 98; è un selfie mosso, è un hashtag invadente, è una pagina dal design scadente, è un thread senza capo né coda. Tutta roba che ci può anche far ridere, ma sotto sotto sottolinea ,’inquietante assenza di anima nelle cose e nelle azioni dell’Umanità post-Internet. Ecco dunque che affiora il ricordo, dalla nebulosa

dell’infanzia, dal retaggio degli ultimi figli del secondo millennio si affacciano, come bizzarrie nostalgiche, cariche però di presaga tensione, gli oggetti desueti della tecnolo gia di transizione. Parlasi qui di Playstation, di Nokia 3310, Gameboy, Walkman, Processori, Hard Disk, Floppy, edizioni “tarocche” di carte

da gioco o cartucce, VHS, Laser Disc, chi più ne ha... Questi oggetti sembrano quindi memori dell’ultimo scampolo di un’umanità che con le macchine dialogava davvero, non si autolimitava a subirne la funzione.

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Ma c’è di più. Forse la sindrome dell’HD, l’annientamento illusionistico causato dai mezzi di riproduzione e comunicazione odierni hanno fatto sì che quanto detto fin’ora non si esaurisse in una banale operazione di recupero, ma costituisse, forse un passo in avanti nell’evoluzione estetica contemporanea.

THE VAPOURMAN Simone Bianchi Francesco Pampiglione

Una svolta tuttavia dalla sterilità programmata, quasi non vi fosse altra via che il vicolo cieco della fibra ottica. Questi bit ectoplasmatici che si offrono a noi sotto la forma di immagini atemporali, quasi la versione moderna delle “muse inquietanti” di chirchiana memoria, forse proprio questi bizzarri dati sono lo spec

chio della frammentazione globalizzante del mondo all’inizio di questo terzo millennio. E noi? Noi non possiamo fare altro che provarci, dobbiamo dare una risposta a questo movimento già arenatosi nel paradosso della storicità contemporanea. Speriamo che i nostri sforzi siano vani.

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TECNOLOGIA

TECNOLOGIA TECNICA TECNICA SCIENZA

SCIENZA

Nel corso del 900 sono comparsi e si sono sviluppati degli strumenti così potenti da essere stati in grado di cambiare radicalmente la società. Si tratta dei mezzi di comunicazione di massa e delle nuove tecnologie, le quali hanno sconvolto non solo i rapporti tra individui e individuo ma anche quelli tra individuo e gruppi sociali. Come scrive Mc Luhan, la rete è "il sistema nervoso delle società contemporanee". Innanzitutto è mutata la concezione e la percezione stessa di tempo e spazio. Grazie alla rete si puù essere connessi in tempo reale con luoghi fisicamente lontani da noi, ma pur risparmiando in questo modo, si perde gran parte delle proprie giornate davanti a degli schermi. Si può considerare come sia aumentata notevolmente la comunicazione, portando però all' attenzione il problema del controllo delle informazioni, e come contemporaneamente sia diminuito l'incontro. La proliferazione dei social network e il loro abuso ha portato al privilegiamento della vita virtuale a scapito di quella reale.

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L' incontro tra gli individui si svolge ora sulle piazze virtuali e gli individui stessi si nascondono dietro le proprie maschere virtuali. Internet è il luogo del libero scambio di idee e della circolazione delle notizie. Tutto ciò non è tuttavia vincolato da leggi e se da una parte questo è positivo per lo sviluppo della creatività o la libertà di espressione, dall' altra aiuta a far proliferare anche gli aspetti negativi come l' eccesso di informazioni spesso errate, il facile commercio in nero, i vari plagi ecc... Già l' invenzione della stampa segnò l' inizio di una nuova epoca nella quale la conoscenza avrebbe potuto raggiungere un sempre più vasto pubblico. Ancora oggi il quotidiano rimane, dopo la televisione e il computer, il principale canale di comunicazione pur essendosi trasferito in rete. Un altro mezzo importante è il telefono cellulare, il cui problema principale è l'abuso che se ne fa ai giorni nostri. Esso ha irrimediabilmente stravolto le relazioni interpersonali e ha intaccato anche il linguaggio.

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Basti pensare a come la complessità umana con tutte le proprie infinite sfumature, si debba esprimere nei 140 caratteri degli sms o più banalmente, alle "ch" che troppo spesso si trasformano in "k" anche nell' ambito scolastico. E' vero che scrivere e-mail o sms è comodo e veloce, anche in termini di velocità di risposta, ma è davvero un beneficio comunicare in modo così impersonale? Era un atto diverso scrivere una lettera, le parole andavano soppesate, la calligrafia trasmetteva più di uno schermo digitale, l' attesa di risposta poteva durare mesi e non era così infinitamente breve come negli sms. Lo stesso vale per le videochiamate. Come si può sostituire la fisicità di un incontro con una webcam? Ovviamente questo è positivo e utile se l' incontro non può avvenire per notevole lontananza. Gran parte del nostro sapere passa attraverso la televisione. A causa di questo mezzo abbiamo perso la nostra capacità critica.

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Infatti essa non fa altro che darci un' idea del mondo reale, attraverso telegiornali, documentari, ecc... e offrirci un modello comportamentale da seguire, grazie ai reality e alla pubblicità. Il problema è che l' uomo assimila queste informazioni senza rielaborarle. I suoi sensi vengono bombardati dalle immagini pubblicitarie e non e dai suoni. Davanti a se si prospettano finte infinite possibilità, senza però poter scegliere. La tecnologia si fonda infatti sulla soddisfazione dei bisogni indotti che essa stessa crea. In altre parole, i mass media ci spingono a credere di dover avere piu' cose di quelle che necessitiamo e carica quelle stesse cose di marchi, per spingerci a crederle sostanzialmente diverse e poterne distruggere e creare sempre di nuove. I loghi creano a loro volta status e appartenenza sociale. Questo è il principio alla base della nuova era tecnologica: il principio del consumismo.

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C'è da dire quindi che le nuove tecnologie hanno apportato notevoli miglioramenti alla vita umana, in termini lavorativi, velocizzando i tempi e riducendo la fatica; in termini sanitari, grazie alle nuove scoperte mediche e l' impiego di macchinari più sofisticati e meno invasivi; in termini scientifici, in biologia, in astronomia e in molti altri campi. Di sicuro abbiamo più risposte e più strumenti ma abbiamo perso di vista i fini e non conosciamo le domande. L' uso consapevole delle nuove scoperte porterà sicuramente a ulteriori evoluzioni ma non bisognerebbe abusarne. E' necessario tenere sempre presenti l' etica e la morale e non dimenticare che l' era tecnologica ha ampliato l'insicurezza e le paure negli individui che vivono in un mondo virtuale sempre più isolati gli uni dagli altri.

Giorgia Melotti

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Disco

Ccompatto

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Meng Hao


. Gingers . Antonella Biondo Carola Eirale Antonella Iarrobino Maria Mazzotta Alessia Puli Michela Zappino

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IN PRINCIPIO ERA IL SUONO

Il suono è insieme sacro e profano e con lui la musica. Il suono è il più impalpabile dei materiali: è un materiale dell’aria e del tempo, che abita le acque torbide del sentimento, che non hanno confini netti e delimitati. Per questo in Hegel è il “sentimento dell’invisibile”, che svanisce al suo apparire. I suoni coinvolgono l’intero corpo, ne strutturano e accompagnano i ritmi, dalla respirazione al grido, al lamento, alla voce, al riso, al pianto e così via fino a giungere al linguaggio verbale. Il canto è un’ esten-

IL COLORE DEI SUONI E I SUONI DEL COLORE

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“ Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde”; questo è ciò che affermò Vasilij Kandinskij la cui attività artistica era volta a trovare un nesso tra opera d’arte e dimensione spirituale, che si domandò il perché i suoni avessero il potere di toccare l’anima e perché questa capacità non potesse essere propria anche dei colori. Circa settant’anni fa l’artista russo propose di vedere la pittura come uno strumento per esprimere il proprio mondo interiore (proprio come facevano i musicisti nella composizione di testi armoniosi) e non solo come mezzo imitativo della realtà. Questo approccio analitico e spirituale gli permise di avvicinarsi alla musica o meglio di avvicinare l’arte alla musica e di creare delle connessioni e delle sinergie tra le due sfere come nessun altro fino ad allora era riuscito. L’eredità di Kandinskij ci pone nella condizione di poter considerare le capacità di entrambi i campi artistici di potersi mettere in relazione tra loro in maniera più intensa, penetrante e articolata che mai.

sione ritmica dell’eccitazione del corpo. E la realtà e le cose non sono solo forme fisiche, hanno e sono suono e voce. L’uomo ha sempre cercato di materializzare il suono al di là del suo effimero apparire e svanire nell’aria. E si è tentato di trascriverlo in altri materiali, soprattutto nelle arti, ove si sono sperimentate correlazioni tra la musica e la pittura, tra il suono e il colore. E va almeno ricordato il Suono giallo, una fiaba-balletto di forme e colori, a cui lavora Kandinskij fin dal 1909. Cui seguirono altre composizioni come il Suono verde, Nero e bianco, viola, nell’idea di mettere in scena un evento cosmico che ci porta in un altrove, nell’al di là dell’apparenza.

Se però la ricerca delle avanguardie si rivolgeva per lo più ad un pubblico esclusivo e privilegiato, ciò tende a cambiare con l’avvento della cultura pop, che nacque per essere applicata all’arte figurativa, ma che si riversò con altrettanta enfasi nella musica. Da questo momento in poi pare che il destino tra la sfera visiva e quella musicale continuerà ad intrecciarsi e creare un rapporto ed un’intesa sempre più forti, solidi e, soprattutto, noti a tutti. Sono innumerevoli i nomi degli artisti contemporanei che hanno collaborato con le celebrità della musica Pop e Rock, soprattutto nella realizzazione di dischi musicali, tra cui il padre della Pop art Andy Warhol che disegnò la copertina dei Velvet Underground; l’album Reload (1996) dei Metallica utilizza una foto di Andres Serrano; gli Screaming Trees, gruppo alternative rock statunitense, utilizzarono un’opera di Mark Ryden per la cover di Uncle Anesthesia; Patti Smith per il suo album Horses si servì di una foto scattatale da Robert Mappelthorpe. Oltre a questi artisti se ne potrebbero citare ancora molti, ma ciò che ci basta è capire che ormai la musica ha bisogno di affiancarsi all’arte figurativa, all’aiuto di disegnatori, pittori e fotografi per poter dare un tocco di originalità, elevatezza e bellezza al proprio lavoro.


Velvet Underground The Velvet Underground & Nico Cover by Andy Warhol

Screaming Trees Uncle Anesthesia Cover by Mark Ryden

Metallica Reload Cover by Andres Serrano

Patti Smith Horses Cover by Robert Mappelthorpe

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ALBUM

“D’ARTISTA”

Ma se questi nomi di grandi artisti e noti musicisti ci sembrano così lontani dal nostro vivere e dalla nostra quotidianità, se pensiamo alle famose cover che hanno segnato il mondo della musica degli ultimi 50 anni come cimeli di una cultura e di una pratica ormai caduta in disuso ci sbagliamo di grosso: nel febbraio 2015 uscì il secondo album del gruppo musicale statunitense Imagine Dragons, con tanto di art work dell’album interamente curato dall’artista Surreale Tim Cantor.

Tim Cantor è uno scrittore e pittore autodidatta originario della California, la sua attività artistica si accosta al Surrealismo “figurativo” che ricorda Magritte, ma a differenza di quest’ultimo le forme di Cantor si concretizzano in figure inquietanti e cupe. I soggetti da lui preferiti sono animali esotici, piante, fiori, paesaggi di una bellezza fiabesca, ma allo stesso tempo tenebrosa. Nelle sue opere Tim Cantor ci parla di un incubo difficile da tollerare ad occhi chiusi tanto quanto pauroso viverlo ad oc-

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chi aperti, di una dimensione inconscia che potrebbe diventare insostenibile se diventasse lucida. È un paragone diretto della società in cui viviamo, è un’artista che parla dell’inconscio della nostra società: così il colore che fa da padrone è il nero, dal petto di un uomo si liberano in volo due colombe, dalle mani di un signore si avvolgono dei serpenti del colore dell’anello che porta al dito, da due mani legate ai polsi spicca un uccello che sembra rilasciare un urlo di dolore.


Gli artisti si pongono come Quindi se fino ad ora la A ragione di tutto ciò abbiacoloro che captano i cambiamenti in seno ad una cultura, che percepiscono le trasformazioni nella comunità, che possiedono le antenne della società. Sicuramente scrutare l’inconscio e sintetizzarlo in forme comuni è un lavoro che solo un artista può fare e che gli Imagine Dragons probabilmente hanno apprezzato in Tim Cantor tanto da farsi guidare dalle sue visioni e trarre ispirazione dal suo lavoro, da questa spinta propulsiva e da questa idea prende vita e ritmo la canzone “Shots”.

sfera dell’arte figurativa ha prestato le proprie capacità alla musica riproducendo le copertine degli album, di un pacchetto finito e soltanto da decorare, ai giorni nostri si può dire che dall’arte si trae ispirazione autentica, ci si rende conto di un universo parallelo che produce e genera altri tipi di sensazioni, di emozioni e di pratiche artistiche, che “contamina”, o meglio, che condiziona e istruisce gli animi, che semina idee nelle menti delle persone e di altri artisti.

mo preso consapevolezza che spesso accostare le diversità significa esaltarle, dando vita a qualcosa di singolare bellezza, perciò abbiamo deciso di rielaborare le cover dei singoli estratti dall’album “Smoke and mirrors”, unendo le nostre capacità, la nostra sensibilità e le nostre idee.

L’INCANTO DELLA VISIONE L’esperienza che ci siamo proposte è stata Abbiamo provato a riprodurre ogni singoquella di mettere mano direttamente sull’opera di Cantor e di concedere alla nostra vista la sua tattilità. È stato simile al “vedere come” che interpreta, media, procede per analogie, paragoni, riconoscimenti rispetto al “vedere così” proprio di una visione dell’accadere dell’evento, dell’improvviso balenare, dell’intensità in cui la cosa si presenta: e si vede qualcosa come “qualcosa”, e si può solo guardare.

lo tratto, linea, forma, alla ricerca empatica delle sensazioni dell’artista, di regredire e sfiorare il suo inconscio avendo come tramite un’immagine, di entrare delicatamente nella sua visione, nel suo sogno o, più precisamente, di trovarne il senso latente.

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Imagine Dragons Smoke + Mirrors

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Imagine Dragons Friction

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Frame del video musicale “Shoot” Imagine Dragons

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È così che abbiamo scoperto che il colore Il gesto tecnico da noi compiuto del riprodei suoi quadri sembra fatto di trasparenza come l’acqua e il cielo, che è il più immateriale dei colori e il più profondo perché l’occhio vi si perde senza ostacoli, si inabissa. Sale verso il bianco e discende verso il nero. E sembra che pian piano le forme perdano la loro consistenza visiva: il reale così si trasforma in immaginario. Il colore che utilizza è sicuramente quello dello spirito e dei sogni. È il colore dell’utopia.

I colori si animano, diventano creature dotate di vita interiore e autonoma, ciascuno per sé, capaci, mescolandosi, di creare una serie infinita di mondi nuovi. E noi siamo condotti da Cantor a vedere l’energia del giallo ricca di profondità, la forza dirompente del rosso, la nostalgia e il rimpianto del blu e il tragico silenzio del nero, un silenzio senza futuro e senza speranza.

durre, dunque, non è solo “copia” quanto un vero e reale tuffo nella parte più profonda ed oscura dell’altro, non è un voler cadere in presunzione quanto ricerca di una connessione diretta ed empatica con il creatore dell’opera.

Con il nostro lavoro abbiamo esplorato il labirinto dei pensieri di Cantor, i più reconditi, scoprendovi la speranza che egli cela anche dietro le figure più inquietanti, il suo modo di sdrammatizzare anche le tragedie più cupe.

VECCHIE E NUOVE IMPRESE Ma non siamo certo stati i primi a cimentarci in questa impresa!

Gli “Hold Your Horses”, gruppo musicale alternative-country, nel loro videoclip “70milion” si sono, per così dire, divertiti a rifare opere d’arte riconosciute ai più, ironizzando e quasi cercando di “distruggere” l’aura di seriosità di cui sono investite. Con un veloce excursus vengono presi in considerazione capolavori di un ampio arco temporale: dall’Ultima cena di Leonardo da Vinci alla Zattera della Medusa di Géricault, dall’Autoritratto di Van Gogh all’Urlo di Munch fino ai più contemporanei Sylvia Von Harder di Otto Dix e le serigrafie di Andy Warhol.

Gli Hold Your Horses ci presentano un altro esempio di rapporto complementare tra arte visiva e musica. Seppur gli stessi componenti del gruppo abbiano ammesso come il loro video sia nato inizialmente per gioco, per puro divertimento, è impossibile non leggervi anche una critica più profonda verso il sistema dell’arte che sempre più spesso tende a mistificare opere che, seppur eccezionali, vengono rese vere e proprie icone.

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Hold Yout Horses 70milion Leonardo da Vinci, “Ultima cena”

Hold Yout Horses 70milion Géricault, “Zattera della Medusa”

Hold Yout Horses 70milion Van Gogh, “Autoritratto”

Hold Yout Horses 70milion Munch, “Urlo”

Hold Yout Horses 70milion Otto Dix, “Sylva Von Harder”

Hold Yout Horses 70milion Andy Warhol, “Marilyn”

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È SOLO QUESTIONE DI “CORRISPONDENZE”

Arte e musica: un rapporto biunivoco quindi, determinato dall’impossibilità reale per l’uomo di scindere questi due elementi che si pongono l’uno come il complementare dell’altro. Da parte di artisti a noi contemporanei questo avvicinamento delle due sfere può essere visto come un modo per rendere maggiormente fruibili e riconosciute le proprie opere, darle come un prodotto “commerciale” ed elevarle a simboli univocamente riconosciuti (una tecnica che sicuramente produce agli autori un certo profitto). Eppure noi crediamo che questa, seppure lenta, dissoluzione del labile confine tra le arti, in realtà, sia dovuta alla fine di un’idea romantica di tecnica artistica “universale”, intesa come gesto artistico che prevarica su tutti gli altri, che sta permettendo all’arte “mista” si farsi avanti come latore di nuove esperienze. Generalmente tendiamo ad associare ad ogni segno o elemento che colpisce innanzitutto i nostri occhi il termine di “oggetto visivo”, come, contemporaneamente, leghiamo ad un qualunque suono un “oggetto sonoro”. Ma in realtà esiste una forte corrispondenza tra questi due elementi: una corrispondenza spaziale, una d’intensità e ancora tra forma/colore e timbro, corrispondenze a lungo studiate da numerosi teorici d’arte e non solo.

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Sia i compositori che gli artisti prestano notevole attenzione alla disposizione degli strumenti sia visivi che sonori nello spazio e nel secondo caso soprattutto al percorso spaziale che compiono i suoni. Si parla sia in musica che in arte d’intensità: l’intensità di un suono o di un colore. Ancora si può dire di un suono che è “brillante” oppure “scuro”, che un colore sia “stridente”. Abbiamo dimostrato, quindi, come esista una forte corrispondenza fra i due oggetti, come due espressioni, due diverse manifestazioni dello stesso “essere”. Oggi, è chiaro come la musica possa aiutarci a ripercorrere ed amplificare tutte le mutevoli sensazioni che si sono legate ad un’opera nel momento stesso in cui l’artista ne ha avuta la consapevolezza. E viceversa, una immagine può allacciarsi, aggrovigliarsi ad una certa sinfonia fino a divenirne impressione visiva. Non a caso quando ascoltiamo una canzone per noi particolare e chiudiamo gli occhi possiamo tradurre in immagini le emozioni che nascono in noi.


LABILI

CONFINI Il campo dell’arte è sempre più esteso, si intreccia inevitabilmente con gli altri dando vita a sinostosi particolari e geniali, a forme nuove e mutevoli.

Quando la musica incontra l’espressione visiva o anche quando quest’ultima incontra una melodia si generano orditi sorprendenti, vengono solleticate le emozioni più sconcertanti, fioriscono ibridi inesplorati, capaci di narrare anche la materia più inesprimibile, di arrivare là dove il semplice “guardare” o il semplice “sentire” non basterebbero.

Tutto nella nostra società è amplificato eppure (o forse proprio per questo motivo) niente più sembra smuoverci, impressionare nel profondo; le emozioni appaiono in sordina. In questo contesto una sola sfaccettatura dell’arte non è più “abbastanza” per esprimere il groviglio in cui si trova, invece, l’artista. In un mondo dove non esistono più confini comunicativi, dove è davvero possibile produrre qualcosa con la possibilità che venga conosciuta anche dall’altro capo del pianeta, in un clima dove tutto è fruibile ai più (secondo quasi una ripresa contemporanea dei principi della cultura pop), il sentimento del singolo diventa “universale” e la semplice opera d’arte può (e anzi, forse, deve) mutare in una maestra che si fa capo delle esperienze passate per cimentarsi in sperimentazioni future sempre più sbalorditive e straordinarie.

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Backstage

Work in progress

The end

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Zhaoling Li

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Gruppo: Caos Elena Panetta Vittoria Crisafi Alessia Cuomo Martina Auddino Alex Fanelli

SURREALISTE

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O M S I REAL

SUR

Il loro comportamento passò inosservato e venivano giudicati con diffidenza. Il pensiero surrealista si manifestò spesso come ri-

Il Surrealismo è un movimento culturale e una passione collettiva molto diffusa nel ‘900. Nacque come evoluzione del Dadaismo che ha coinvolto tutte le arti visive, la letteratura e il cinema. Il teorico principale di questo “salto” verso la fantasia o il rifiuto della realtà, fu gestito dal poeta e intellettuale francese Andrè Breton, ponendo così fine il movimento dadaista. Breton, influenzato dalla letteratura de “Interpretazione dei sogni” di Freud del 1899, ritenne che fosse inaccettabile il fatto che il sogno (o inconscio) non avesse così tanto condizionato la civiltà moderna, perciò decise di fondare questo movimento artistico e letterario che riguardasse questi concetti alternativi, o meglio onirici. Nei anni della guerra, la veemenza surrealista fu salutare e i teorici surrealisti cercarono di dare un significato alla vita e alla realtà circostante. Il desiderio, il caso, il sogno, furono le nuove divinità che si opposero alla regola, all’intelligenza e a Dio. nità che si opposero alla regola, all’intelligenza e a Dio. Il Surrealismo è un automatismo psichico, ovvero un processo dove l’incognito emerge anche quando noi siamo svegli permettendoci di associare immagini, pensieri e parole senza impedimenti.

bellione alle convinzioni culturali e sociali, concepita come una trasformazione totale della vita attraverso la libertà di costumi, poesia e amore. Il Manifesto si aprì con Roger Vitrac, che aveva portato in teatro il sogno e il delirio con Paul Eluard, un uomo molto solare e con Jacques-Andrè Boiffard, il più puro con un anima semplice. Il Surrealismo non mise in discussione la differenza tra arte e poesia, i pittori e scultori esprimevano le loro esigenze e aspirazioni; ogni opera d’arte esprimeva una filosofia, una morale. Gli artisti surrealisti considerarono la pittura e scrittura mezzi di espressione, capaci di allargare il campo del desiderio, modificare la sensibilità e a ridurre il contrasto tra spirito e materia e tra sogno e realtà I modi e le tecniche escogitate dai pittori surrealisti per raggiungere una pittura automatica, ovvero senza il controllo razionale, furono: Frottage, Grattage, Collage e Dripping. Oggi il Surrealismo viene riprodotto in moltissime manifestazione artistiche di qualsiasi tecnica grafica, pubblicitaria o ornamentale. Il Surrealismo, con il Dadaismo, diede inizio alla libertà d’ immaginazione, al pensiero individuale, all’aspirazione rivoluzionaria, allontanando l’uomo dalla razionalità e dai complessi psichici.

Gli artisti surrealisti fecero riunioni per produrre logografie, ebbero un amore sconfinato per la donna, vista come una specie di oracolo, ed erano preoccupati delle condizioni materiali e morali della società in cui vivevano. Il 1 dicembre del 1924 pubblicarono il primo numero del Manifesto; “Revolution Surrea liste”, dove dichiararono che non avevano la minima idea di rinchiudersi, portandoli così, grazie alla loro intolleranza verso una definitiva lotta proletaria.

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COLLAGE

COLLAGE

Rispetto alle tecniche tradizionali, il Collage ( dal

primo ad utilizzare la tecnica del collage nei suoi

francese “colle” ovvero “incollare”) è una tecnica

dipinti ad olio fu Picasso e che Braque assunse

alternativa dove si sovrappongono casualmente

il concetto della pratica ancora prima di Picasso,

materiali di uso comune come pacchetti di siga-

applicandolo ai suoi disegni a carboncino dove

rette, carte da gioco, scatole, ritagli di giornali,

incollò pezzi di carta ritagliati.

di fotografie, di riviste, di stampe e di cataloghi

Secondo la critica, si sostenne che l’artista

pubblicitari.

dadaista tedesco John Heartfield, fu il primo che

Si sostiene che le origini del Collage risalgano

trasformò questa tecnica in una forma d’arte

al XIII secolo nell’Europa medievale, ma la sua

presentandola al pubblico nel 1924, usando

praticità ricomparve in maniera decisiva solo

materiale fotografico sotto forma satirica contro il

all’inizio del XX secolo, venendo così considera-

regime nazista e contro Hitler.

ta come una nuova forma d’arte alternativa.

In seguito, con la formazione di nuove correnti

Il termine venne coniato dai cubisti come Picas-

artistiche, il Collage assume altre terminologie

so e Braque, e venne praticata anche dagli artisti

come: Papier Collè, Assemblage, Combines,

del Dadaismo, Surrealismo e Futurismo come

Carte Costruite, Cubomania, Etrécissements.

Max Ernst, John Heartfield e Giacomo Balla. In seguito, nel corso del XX secolo, venne anche utilizzata da uno dei principali artisti della Pop

Come realizzarlo:

Art, come lo statunitense Robert Rauschenberg.

1) Ritagliare delle forme da diverse riviste o

Secondo alcune ipotesi si sosteneva che il

stampo 2) incollarle assieme a formare una nuova forma

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G N I P P DRI Protagonista dagli anni ‘40 ai ‘60, il Dripping è una tecnica pittorica associata al movimento artistico americano dell’Action Painting, il quale vede spesso come il solo ed unico protagonista il celebre pittore Jackson Pollock. Tuttavia, questo nuovo modo di fare arte, basato sulla sola regola dell’anarchia e sulla stretta collaborazione con il “caso”, riconosce al Surrealismo un’influenza decisiva. I gesti irrequieti e automatici di Pollock possono essere infatti paragonati agli schizzi su carta del pittore surrealista André Masson. Entram-

artista importante per la

bi gli artisti, anche se con

nascita del Dripping è si-

metodi diversi, esprimono il

curamente Max Ernst, uno

proprio inconscio attraverso

degli esponenti principali

un’arte che è ben lontana

del Surrealismo. Nell’ opera

dalla mimesi della realtà,

“ Young man intrigued by

e che mostra nuove forme

the flight of a non-euclidean

libere, prive di censure e

fly”, l’artista ottiene l’effetto

repressioni tipiche del pen-

dripping usando un barattolo

siero e dalla ragione. Inoltre

bucato al fondo, dalla quale

Masson, già negli anni ‘20,

fuoriesce una corda intrisa di

sperimentò la “pittura con

colore. Lo sgocciolamento,

sabbia”, tecnica che verrà

l’uso del colore puro, e la tela

poi usata da Pollock, ispirato

posta non più orizzontalmen-

dall’arte dei nativi americani.

te ma verticalmente, è quindi

Questa tecnica consiste

una tecnica resa celebre

nell’attaccare, tramite colla

dall’Action Painting ma che

liquida posta sulla tela, della

trova buone origini dalla filo-

sabbia. Altro

sofia surrealista.


Vediamo adesso come realizzare la tecnica: Sistemare la propria tela (o qualsiasi altro tipo di supporto) sul pavimento. Far colare la vernice(o qualsiasi altro tipo di colore) attraverso un bastoncino o pennello da un barattolo (se si vuole aggiungendo anche sabbia, vetri rotti e altri materiali i, per ottenere un ricco impasto).

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FROTT

AGE

Cerchiamo di creare insieme un esempio di Frottage: L’esempio ideale è quello di mettere sotto il foglio una semplice foglia, ma se avete una monetina a portata di mano, va benissimo anche quella. Principalmente si usa la matita, ma se vogliamo essere un po’ creativi si possono usare anche L’anno dopo la formazione del gruppo surrealista,

pastelli colorati, colori a cera, carboncino o san-

uno dei principali componenti fu l’artista tedesco

guigna.

Max Ernst che scoprì una nuova tecnica: il Frotta-

Strofiniamo con lo strumento da noi scelto sul

ge.

foglio, in modo da ottenere il rilievo dell’oggetto

E’ una tecnica di disegno e di pittura che consiste nello “sfregamento” (è la traduzione italiana

Per creare un Frottage si possono anche usare

del termine) di una matita, oppure di un pastello,

diverse varianti. Possiamo utilizzare un foglio

gessetto o carboncino su un foglio sotto il quale è

scuro o nero, usando ovviamente colori chiari per

posto un oggetto ruvido (come pietra, legno, pavi-

ottenere un effetto alternativo e interessante, op-

mento..) così da dar luogo a una forma disegna-

pure si possono mescolare più colori e passandoli

ta e chiaroscurata delle sporgenze o rientranze

in modo uniforme sul disegno.

dell’oggetto. Si potrebbe dire che nacque tutto per gioco. Un giorno Max, mentre osservava il pavimento in legno della sua camera, vi appoggiò sopra un foglio e con la matita ci sfregò sopra per ottenere il rilievo del pavimento. Una sorta di stampante fai-da-te! “Ancora oggi mi impressiona il fatto che, se guardo fissamente il pavimento di legno, con le venature rese profonde ed evidenti dai ripetuti lavaggi, ne sono ossessionato. Lascio cadere alla cieca sul pavimento dei fogli di carta e li strofino con la mina di piombo. La mia capacità di allucinazione ne viene accresciuta. Sono indotto allora ad esaminare nella stessa maniera tutti gli oggetti che mi stanno sotto gli occhi.” (Max Ernst).


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strare ciò che sta facendo agli altri)

nel 1925 a Parigi e consiste nel far

.Il disegno non deve avere temi o

comporre a più persone una frase

condizioni, a differenza del testo

(senza che nessuno legga ciò che

che deve rispettare la sequenza

la persona precedentemente ha

prima citata ovvero sostantivo- ag-

scritto). La sequenza da rispettare

gettivo- verbo- sostantivo- aggettivo

è quella di sostantivo- aggettivo-

(chi?, come?, cosa fa? a cosa?

verbo- sostantivo-aggettivo. Il suo

come?). L’importante nel disegno e

nome deriva dalla prima frase che

far uscire di 2 o 3 mm i segni sullo

fu ottenuta: “le cadavre exquis boira

spazio di foglio successivo (dopo la

le vin nouveau” (il cadavere squisito

piega), in modo tale che il prossimo

berrà il vino nuovo).

a disegnare possa ispirarsi a quei

Ci furono inoltre alcune varianti in

pochi tratti e creare ciò che essi gli

seguito che sostituirono alle parole

suscitano. Così via fino all’ultimo e

le immagini, componendo così non

quindi all’esaurirsi

più un testo ma un disegno o un Collage. Variante probabilmente

Una volta finito si apre il foglio e si

ispirata da alcuni libri per bambini

vede cosa è uscito!

dove delle pagine illustrate erano divise in alcune parti sfogliabili su se stesse. Sta di fatto che tutt’oggi questo giochino di parole viene ancora utilizzato sia per puro svago da ragazzini per passare il tempo che come fonte di ispirazione per numerosi artisti, proprio come un tempo.

E ora vediamo passo dopo passo come poterlo realizzare! 1)Per prima cosa accertiamoci di essere almeno in due, anche se sarebbe meglio essere in di più!, 5 sarebbe perfetto! 2)Ora prendiamo un foglio e pieghiamolo in 5 parti uguali 3)Decidiamo un ordine in cui procedere (prima io poi Giovanni poi… ecc) 4)Ora cominciamo! il primo nell’ordine comincerà a scrivere o dise

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gnare (senza mo

CADAVERE SQUISITO

Questa tecnica surrealista nasce


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E G TA

T A R G

Max Ernst pittore surrealista vissuto tra il 1891 e il 1976 sperimentò diverse tecniche pittoriche creandone anche di nuove osservando semplicemente ciò che lo circondava e talvolta per sbaglio si imbatté in esse quasi per gioco, una di queste è il Grattage. Il grattage, ovvero raschiamento, è una tecnica inversa rispetto a quella del Frottage. Consiste nello stendere la tela su una superficie rigida come legno, vetro o superfici ruvide; poi la si dipinge con uno spesso strato di colore a olio che, successivamente, viene grattato via lasciando così emergere lo strato in rilievo. Questa tecnica fu sviluppata da Max Ernst insieme a quella del Frottage che, come già citato poco fa, è un procedimento diverso; se nel Frottage la texture si ottiene applicando uno sfregamento attraverso una superficie ruvida il grattage si ricava applicando

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il colore su di una tela precedentemente appoggiata

Con questa tecnica si può ottenere un effetto mate-

sopra un supporto rigido. Una volta applicato il colore

rico e grumoso che rende così la pittura più plastica

lo si gratta via (da qui l’espressione Grattage) ricavan-

inoltre si può ottenere anche un effetto in negativo di

do così delle zone di chiaro scuro dovute appunto alle

basso rilievo a seconda di quanto colore viene tolto

zone di rilievo e di maggiore o minore spessore del

e in quali zone della tela. Così facendo si possono

supporto sulla quale la tela era stata precedentemen-

ottenere risultati molto diversi tra loro perché a diffe-

te adagiata.

renza del Frottage dove si riproduce una texture


tramite strofinamento, all’oggetto riprodotto, con il

Potrete così cimentarvi in una tecnica con dei proce-

grattage le varianti possono quindi con un risulta-

dimenti predefiniti ma libera nell’esecuzione finale che

to che sarà pressoché fedele essere molteplici in

da spazio alla sensibilità della persona e al suo inte-

quanto si possono ottenere risultati diversi non solo

resse nel mettere in luce le zone concave o convesse;

in base alla superficie e al colore, (tipo di superficie e quelle più o meno ruvide. I risultati che ne otterrete quantità di colore utilizzato) ma anche a seconda di

saranno sempre diversi anche utilizzando la stessa

quanto e dove viene grattato via il colore.

superficie.

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TERRY RICHARDSON

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TERRY RICHARDSON un genio con la faccia da schiaffi

Angela Milcevska Francesca De Santis Francesca Romeo

Ci sono fotografi che attraverso il loro percorso artistico sono in grado di rappresentare un’epoca, coglierne i tratti fondamentali, delinearne l’immaginario e riassumere le vite e le impressioni che emergono negli anni della loro attività. Lo sono stati Robert Mapplethorpe e Helmut Newton per gli anni settanta e ottanta e Nan Golding per gli anni novanta. Alle soglie degli anni 2000 entra in scena il californiano Terry Richardson, classe 1965. Eredita la passione per la fotografia da suo padre, Bob Richardson, ma non entrerà mai in contatto con il suo stile noir fatto di scatti glam e decadenti del mondo della moda degli anni ottanta. La vera influenza giunge da sua madre, Annie Lomax, affermata fashion stylist, che lo introduce nel campo in qualità di assistente di Tony Kent. Dopo cinque anni di carriera musicale nel gruppo punk rock The Invisible Government si afferma come fotografo, diventando in poco tempo uno dei più quotati sul piano mondiale, tanto da collaborare, ad esempio, con riviste come Vogue, GQ, Playboy, Rolling Stone e per campagne pubblicitarie di Hugo Boss, Gucci, Mark Jacobs e Sisley. Gli scatti del Calendario Pirelli

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2010 hanno la sua firma con un erotismo chic tendente all’hardcore, spogliandosi assieme alle modelle per smorzare l’atmosfera e rendere ludico e divertente il suo lavoro. Considerando l’amore di Richardson per i “selfie”, non si può escludere che ci possano essere degli scatti non pubblicati assieme alle modelle sopra citate. Nell’immortalare le star ci si avvicina,

si mette in posa con loro e rompe la distanza tra vip e fotografo, accostandosi lui stesso al loro livello. Celebri sono i pics con Obama, Madonna, Leonardo Di Caprio, Woody Allen, Lanny Kravitz, Miley Cyrus, ecc. Ma il suo lavoro non si limita alla fotografia, come testimonia il video di Wrecking Balls di Miley Cyrus o Do What U Want di Lady Gaga, da lui diretti e i due volumi

Foto riprodotta nello stile di Terry Richardson

Terryworld, dove descrive la sua idea di leggerezza e Kibosh, antologia della fellatio, entrambi criticati come “caldi” e troppo scandalosi. Lo stesso Richardson per il secondo volume afferma: “Kibosh è il mio libro, la parte più intima del mio essere fotografo, il libro più importante della mia carriera”. Il suo sito ufficiale è la business platform dove non solo tiene aggiornati i

fan sulla sua attività in pieno spirito social, ma pubblicizza e vende articoli e gadget originali da lui firmati. La sezione ‘’Diary’’ contiene una line up fotografica notevole a testimonianza della sua vita dinamica e frenetica, degna di una star hollywoodiana. Ciò che è cristallino captare da questi scatti è lo stile inconfondibile di Terry, a primo impatto improvvisato, poco studiato e tecnicamente frammentario,

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ma nella semplicità preciso e minimal. Sulla base di questa analisi è possibile definire la fotografia di Richardson “arte” o più semplicemente una trasgressiva rappresentazione della realtà? Ora, prendendo in considerazione le immagini pornografiche in maniera assoluta è chiaro che nel ventunesimo secolo questa scelta stilistica è superata, non rappresenta più la novità né, tanto meno, genera quello stupore e quello sconvolgimento

che suscitava vent’anni prima. Associarlo alla moda diventa, quindi, la vera innovazione ed ecco in cosa Terry si distingue. Il porno torna a stupire perché abbraccia la moda e rinnovandola torna in auge. In conclusione è chiaro che Terry Richardson non asseconda le mode, le detta.

“QUALCUNO DEVE FORZARE I LIMITI DI QUELLO CHE È RASSICURANTE MA PRIVO DI FANTASIA... OGNI TANTO MI PIACE SCIOCCARE” Terry Richardson

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YOU

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CITY.HOMELAND

“Choking?”


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Don't be silent

Endless spending will bring the destruction of the dark

The destruction of tomorrow


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Don't be silent

Every heart has a quiet beautiful sea If miss don't want to take photos

Miss yesterday


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Don't be silent


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Don't be silent

Live or die


Chen Si Zhu Chen An Ning

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