Picasso The Sculpture

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£ 37.00 $ 48.00 € 39.00

This exhibition is part of the program «Picasso-Méditerranée», an international cultural event taking place from 2017 to 2019. More than seventy institutions have imagined together a program focused on the “doggedly Mediterranean” art work by Pablo Picasso. An initiative of the Musée national Picasso-Paris, this exploration of the creativity of the artist and of the places that have inspired him offers a novel cultural experience, wishing to strengthen the ties between the shores.

www.officinalibraria.net ISBN 978-88-3367-030-0

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Introduzione

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INTRODUZIONE Anna Coliva La scultura di Picasso è la ventesima mostra che ha luogo alla Galleria Borghese da quando fu da me annunciato, nel 2006, il progetto 10 grandi mostre in 10 anni, immediatamente sostenuto dal Ministero come progetto di interesse nazionale. L’idea era di portare per la prima volta in un museo italiano un principio primario, ma anche del tutto normale, nei grandi musei esteri. Un principio che invece sembrava essere irraggiungibile nei nostri musei: quello della programmazione a lungo termine, con previsione largamente anticipata dei prestiti da richiedere e le reciprocità da stabilire, delle partnership da avviare. E con risultati che rispondessero sempre, simultaneamente, alle aspettative del pubblico e degli studiosi e fossero in grado di attirare l’attenzione degli eventuali sostenitori economici. Abbiamo sempre cercato di produrre le mostre concepite all’interno del museo, scegliendo gli argomenti tra quelli a noi necessari per capire, rifiutando sempre i blockbuster chiavi in mano, i riscontri facili o scontati. Di anni ne sono passati dodici e di mostre ne sono state fatte il doppio di quelle che allora mi sembravano un traguardo impossibile, ma lo scopo primario di questa attività espositiva che ha scelto temi, artisti, problematiche critiche sempre inerenti alla Galleria Borghese e alla sua storia collezionistica, è rimasto sempre lo stesso: far sperimentare a ciascun visitatore la teatralità scenica messa in atto dal combattimento tra Antico e Moderno, oggi come ieri, al tempo di Marcantonio IV ma come già al tempo del cardinal Scipione. Vogliamo immettervi ora la flagrante esperienza della scultura di Picasso, forse il colpo di genio più folgorante di tutta la storia della scultura, certamente dell’età moderna. Folgorante quanto, prima di lui, Raffaello cui, e questo è significativo, tanti lo hanno accostato per spiegarne la forza decisiva. Vogliamo ripetere sotto gli innumerevoli sguardi immobili della scultura greco-romana circostante, occhi fissi in un altrove di eternità, o sotto gli sguardi mobilissimi della scultura barocca, la corrente della modernità e del suo spazio come un’ulteriore metamorfosi del luogo, che rivela una inesauribile multiformità restando profondamente se stesso. Grazie a quanti ci sono stati vicini, ai prestatori delle opere, ai nostri compagni nella realizzazione di mostra e catalogo. E grazie soprattutto al pubblico dei visitatori, di ogni provenienza, sia geografica, che anagrafica, che culturale, che con la sua inafferrabile presenza ha sempre dato ai miei collaboratori e a me la forza di agire e proseguire.


Diana Widmaier-Picasso Il viaggio di Picasso in Italia con Jean Cocteau – avvenuto dal 17 febbraio alla fine di aprile del 1917 per la produzione di Parade, un nuovo balletto dei Ballets Russes – segnò una svolta cruciale nel lavoro dell’artista. Picasso iniziò fin dai primi tempi a firmare le sue opere con il cognome di sua madre, dal suono italiano. Come spiegò a Brassaï nel 1964: «I miei amici a Barcellona mi chiamavano con quel nome: era più strano, più importante di “Ruiz”. E quelli sono probabilmente i motivi per cui lo adottai. Sai cosa mi attraeva di quel nome? Beh, era indubbiamente la doppia S, che è alquanto insolita in Spagna. “Picasso” è di origine italiana, come sai. E il nome che una persona porta o adotta ha la sua importanza». Sia italiana, catalana o malagueña che fosse, l’origine di Picasso era saldamente nel Mediterraneo. Come apprendista a La Coruña, Barcellona e Madrid tra 1892 e 1897, Picasso ricevette una formazione accademica e imparò a disegnare da calchi in gesso – copie romane di originali greci perduti. Ma la sua visita in Italia nel 1917 gli diede l’opportunità di studiare l’arte antica e le opere dei maestri del Rinascimento in situ per la prima volta. Egli assorbì l’atmosfera stimolante di Roma, dove soggiornò all’Hotel de Russie in via del Babuino, tra piazza del Popolo e piazza di Spagna, e scelse un laboratorio in via Margutta, con vista su Villa Medici. Accompagnato dal compositore Igor Stravinskij, l’artista visitò i musei della città con grande interesse. Ponderò le innumerevoli domande sollevate dalle sculture di Gian Lorenzo Bernini nella Galleria Borghese – parrebbe sicura una visita di Picasso in questo importante museo, sebbene, al momento, manchino testimonianze archivistiche che facciano maggiore luce – e nella basilica di San Pietro in Vaticano, e scoprì l’opera di Michelangelo nella Cappella Sistina. A Napoli, fu colpito dalle sculture antiche del Museo Archeologico Nazionale e dagli affreschi portati alla luce a Pompei. Ammirò, inoltre, i dipinti di Raffaello a Firenze prima di recarsi a Milano. Questo viaggio di iniziazione stimolò l’insaziabile appetito dell’artista per la scultura antica e le opere del Rinascimento. Avendo padroneggiato sin dall’inizio il linguaggio classico, ne trasse il proprio vocabolario e un repertorio di forme originali. Nel suo articolo Picasso dans son élément, scritto nel giugno del 1933, André Breton affermò che, mentre il Picasso pittore non aveva «pregiudizi contro il colore», il Picasso scultore non aveva «pregiudizi sulla materia». Artigiano, assemblatore, modellatore e costruttore, l’artista esplorò ogni possibile mezzo e tecnica. Modellò gesso e argilla, intagliò totem in pezzi di legno, saldò il ferro, incise ciottoli, assemblò oggetti incongrui, piegò carta, cartone e lamiera, e usò il bronzo per garantire la durata delle sue sculture. Tuttavia, non investigò le possibilità del marmo, un materiale nobile utilizzato nella scultura classica, di cui era riluttante a riconoscere il potenziale: «Mi sembra strano che qualcuno abbia pensato di creare statue di marmo. Capisco come si possa vedere qualcosa nella radice di un albero, nella fessura di un muro, in una pietra erosa o in un ciottolo. Ma il marmo? Si stacca in blocchi e non evoca alcuna immagine. Non ispira. Come poteva Michelangelo aver visto il suo David in un blocco di marmo?». Affascinato dalle forme artistiche del passato, Picasso le interiorizzò e le adattò liberamente, utilizzando materiali innovativi e non convenzionali. L’eredità dell’antichità fu una delle principali forze motrici della sua arte, che, a sua volta, fece rivivere anche nell’era moderna. Ispirato dalle opere di Roma antica e del Rinascimento fino al XVII e all’inizio del XX secolo, attinse continuamente alle sue origini classiche e, segnatamente, mediterranee, conferendo alla sua opera una dimensione universale e senza tempo. Due copie dei Prigioni di Michelangelo, lo Schiavo ribelle e lo Schiavo morente di proprietà di Picasso, facevano la guardia ai suoi lavori nel suo studio di scultura a Notre-Dame-de-Vie a Mougins, come tributo finale a questa eredità culturale.

Picasso a Roma

PICASSO A ROMA

7


Tale risoluzione restava invece l’angoscioso oggetto di ricerca

15 Picasso scultore. Enorme flamme nella Galleria Borghese

di Boccioni, da lui conclamato nel Manifesto del 1912. Qui non vi è alcun riferimento alla soluzione datane da Picasso in quell’opera, non ne tiene alcun conto benché certamente la conoscesse, essendo pubblicamente accessibile nella galleria di Vollard, che la possedeva dal 1910 e che l’anno stesso ne aveva prodotto la fusione in bronzo; che fosse esposta nella mostra inaugurata nel dicembre; che fosse stata fotografata da Alfred Stieglitz e stampata su Camera Work dell’agosto 1912. Gli esperimenti scultorei di Boccioni, nonostante la raggiunta abolizione dell’illustrazione allegorica delle forme in scultura a seguito dell’oggettivizzazione dell’arte nell’enunciazione programmatica del trascendentalismo fisico; nonostante l’abolizione della sua funzione tradizionale di attributo figurato dell’eroe; nonostante tutte le dichiarazioni di scultura quale espressione di entità fisiche di forza, di atmosfera con tutti i riferimenti avverbiali alla realtà, alla matematica, alla geometria, alla tecnica, alla meccanica, a stantuffi in cilindri, a valvole che si aprono e richiudono, a eliche o ruote dentate, proclamati nel Manifesto del 1912; alla fine di tutto ciò, Forme uniche della continuità nello spazio del 1913 (fig. 3 a p. 49) risulta incapace di esprimere la forza fisica se non in termini di statua, nonostante tutto portatrice dei modi del simbolo e dell’allegoria. L’attività plastica di Picasso dal 1912 delle prime Chitarre (fig. 3 a p. 130) fino al Bicchiere d’ssenzio del 1914 (fig. 1), consentiva di definire “costruzioni” quei lavori. Essi liberavano

Figura 4.

la scultura dall’illustratività, sentimentale e retorica, che fino allora era stata la trappola apparentemente

Pablo Picasso,

insuperabile anche delle più estremistiche teorie avanguardistiche. A fronte del generoso, avanguardistico autoritarismo apodittico del Manifesto boccioniano, i racconti a memoria di González, pragmatici accompagnamenti verbali, testimonianze di parole e frasi ascoltate da Picasso entro la manualità intellettuale della loro comune prassi esecutiva, recano il senso di quanto Testa femminile (1909) e di nuovo Bicchiere d’assenzio (1914) fossero due successivi e diversi monumenti di quella «interrogazione dell’universo» che Apollinaire riconosceva ai «peintres cubistes», pensando particolarmente a Picasso, nelle sue Meditations esthetiques del 1913. La capacità di Picasso di risolvere il problema epocale della scultura moderna sta nel condurre il carattere metamorfico, che la civiltà europea (tranne per l’egizia o, in Galleria, la greco romana, rinascimentale, barocca) associa tradizionalmente alla statuaria, entro il potere sovversivo dell’ironia. Sempre presente nell’intera opera di Picasso, l’umorismo e la giocosità dell’atto artistico gli consentono il radicale ribaltamento dei significati storicamente consolidati e incombenti sul presente come un impedimento decisivo. Anche la purezza folgorante dell’invenzione del vuoto quale forma strutturale della scultura è risolto nell’imposizione di forze capaci di ribaltare i contenuti attesi, quali l’ironico, il mostruoso e l’inversione di ogni senso percettivo comune. Il passo che la drammatica ricerca di Boccioni non affronta, anzi evita, con tardo-umanistico dispregio, è il ribaltamento comico, senza il quale i limiti della statua, il suo condizionamento semantico, quali che siano gli sforzi programmatici di scientifica oggettività fisica – ciò che significativamente Boccioni definisce nel termine spiritualistico di trascendentalismo – ne conservano la natura metamorfica negli ambiti di un simbolismo teorico e astratto.

Metamorfosi I, 1928, Parigi, Musée national Picasso, inv. MP261


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Dopo più di vent’anni di prevalenza

Anna Coliva

della pittura, a metà 1927 Picasso torna a rivolgersi alla scultura come prassi necessaria per il raggiungimento di un nuovo scatto inventivo della sua espressione. Nel tempo intercorso essa era però costantemente riemersa con intensità crescente dall’inizio degli anni Venti, ma per immagine, comparendo cioè come rappresentazione figurale entro disegni e pitture. Lì la forma scultorea rivelava, all’interno di composizioni, la figurazione sia dell’idea di vuoto plastico, così estaticamente trasferita in poesia da Apollinaire («profonde statue fatte di niente»), sia di una concezione della metamorfosi statuaria, capace di tutta l’umoristica stranezza, la sensualità, la bellezza, la mostruosità e l’incongruità di un trionfante antropomorfismo. Contemporanei e paralleli, nella loro diametrale divergenza, sono infatti i modelli originariamente pensati per la tomba di Apollinaire al Père-Lachaise e le prime Metamorfosi: entrambi motivi precisati nel 1928 e proseguiti negli anni successivi. Il Monumento per Apollinaire, rimasto a livello di modelli di piccole dimensioni in ferro a causa della totale incomprensione da parte del comitato costituitosi per la sua realizzazione e oggi conosciuto col titolo Figura, è la conclusione, soprattutto nell’edizione di grande formato trattane alla fine degli anni Sessanta (ora al Museum of Modern Art di New York e al Musée national Picasso-Paris; fig. 3), di Figura 5. Pablo Picasso, Testa

una lunga elaborazione grafica dell’idea di penetrazione del volume da parte del vuoto, fino alla sua apertura

di cane, 1946, Parigi,

alla trasparenza. A questo tema formale sono collegabili così numerosi disegni e dipinti, realizzati tra 1917 e 1931,

Musée national

da poterlo riconoscere come il consolidamento di un motivo ricorrente dell’immaginazione di Picasso, entro

Picasso,

quella inesausta e incalzante voracità inventiva immediatamente successiva al superamento dei limiti del suo

inv. MP1996-164 Figura 6. Pablo Picasso, Testa di toro, 1942, Parigi, Musée national Picasso, inv. MP330

primo cubismo, già dal 1912. Rispetto a questa poetica del vuoto scultoreo, le varie Metamorfosi (fig. 4; cat. 13) sono al contrario l’apoteosi del pieno biomorfico: altra e distinta soluzione di sviluppo della vitalità plastica, libera e autonoma della forma.


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Figura 1.

Diana Widmaier-Picasso

Pablo Picasso, Chitarra, 1912, New York, The Museum of Modern Art, inv. 640.1973 national Picasso-Paris, corrispondenza Breteau, René e Denise, cartella 17, lettere del 17 aprile, 9 luglio, 22 novembre 1958 e 26 gennaio 1959). 28. La mostra, che ha avuto numerose sedi, si è tenuta inizialmente al Museum of Modern Art di New York, dal 15 novembre 1939 al 7 gennaio 1940. Nella prefazione, Alfred H. Barr scrive: «La delusione più seria causata dalla guerra è l’assenza di un grande e importante gruppo di recenti sculture di Picasso, alcune delle quali sono state fuse in bronzo appositamente per l’esposizione» (Barr 1939, p. 6). Si sa da Brassaï che «alcuni gessi erano stati fusi nel 1939 per la sua mostra a New York» (Brassaï 1999, p. 57), e che Alfred H. Barr era ricorso a Zervos per la mostra. 29. Il taccuino (inizio 1930 a fine maggio 1958) nell’archivio Valsuani menziona un ordine del 26 maggio 1939 per «un Gallo (fusione 19 o 29 [illeggibile] luglio 1939)», «Statuetta in piedi (fusione 25 luglio 1939)» e «5 piccoli modelli (mani) (fusione 17 luglio 1939)» (p. 163). 30. Picasso: 75th Anniversary Exhibition, New York, The Museum of Modern Art, 22 maggio - 8 settembre 1957. 31. Lettera di Kahnweiler a Mr. James datata 11 aprile 1950 (Archivio dell’Arts Council of Great Britain, Londra, ACGB/121/810). 32. Picasso, Londra, Tate Gallery, 6 luglio - 18 settembre 1960. Nondimeno Roland Penrose presenta una costruzione che gli appartiene: Natura morta con bicchiere e coltello sul tavolo, Parigi, primavera 1914 (S 47). 33. Lettera a Gabriel White dell’Arts Council of Great Britain datata 10 febbraio 1960 (Archivio dell’Arts Council of Great Britain, Londra, ACGB/121/839). Si veda Cowling 2006, p. 225. 34. La corrispondenza con Alfred H. Barr conservata nel Roland Penrose Archive testimonia che si tratta di un progetto congiunto tra Penrose e Barr. L’archivio di Alfred H. Barr mostra come i due uomini fossero già in contatto per la mostra del 1957-1958 al Museum of Modern Art di New York in occasione del 75° anniversario di Picasso. 35. Cowling 2006, pp. 271-272. 36. Hommage à Pablo Picasso: Peintures, Parigi, Galerie Nationale du Gran Palais, novembre 1966 - febbaraio 1967; Hommage à Pablo Picasso: Dessins, Sculptures, Céramiques, Parigi, Musée du Petit Palais, novembre 1966 - febbaraio 1967. 37. Cabanne 1975, vol. 4, p. 596. 38. Un simile fenomeno si verificherà a Londra, dove il successo non è paragonabile a quello della mostra del 1960, che comprendeva principalmente dipinti (si veda Cowling 2006, pp. 303-305).


Figura 2.

23

Chitarra, 1914, New York, The Museum of Modern Art, inv. 94.1971 39. Miller 1967. 40. Bardiot 1966. 41. Robertson 1967a. 42. Anonimo 1966. 43. Picasso: Sculpture, Ceramics, Graphic Works, Londra, Tate Gallery, 9 giugno - 13 agosto 1967. 44. The Sculpture of Picasso, New York, The Museum of Modern Art, 11 ottobre 1967 - 1 gennaio 1968. 45. Lettera manoscritta di Roland Penrose a «Cher don Pablo», non datata, ma con l’indicazione «1 giugno 1967» aggiunta a matita (archivio di Roland Penrose, Edimburgo, Scottish National Gallery of Modern Art, GMA.A35.RPA.0717, Picasso, Pablo, corrispondenza con Roland Penrose e Lee Miller 1938-1980). 46. Robertson 1967b. 47. Brett 1967. 48. Canaday 1967. 49. Il catalogo di Werner Spies, pubblicato da Gerd Hatje, si deve anche all’iniziativa di Kahnweiler, che ha messo Spies in contatto con Picasso. In una lettera del 29 giugno 1960 a Picasso, Brassaï gli chiede di poter fotografare alcune delle sue sculture per «l’editore tedesco (Gerd Hatje Stuttgart) che fa con Kahnweiler l’album della (sua) opera plastica» (Archivio del Musée national Picasso-Paris, corrispondenza Brassaï, cartella 17, lettera del 29 giugno 1960). 50. Spies 1971. 51. Picasso: Das plastische Werk, Berlino, Staatliche Museen Preußischer Kulturbesitz, Nationalgalerie, 7 ottobre - 27 novembre 1983; Düsseldorf, Kunsthalle, 11 dicembre 1983 - 29 gennaio 1984. 52. Picasso sculpteur, Parigi, Centre national d’art et de culture Georges Pompidou, 8 giugno - 25 settembre 2000. 53. Picasso Sculpture, New York, The Museum of Modern Art, 14 settembre 2015 - 7 febbraio 2016. 54. Picasso. Sculptures, Parigi, Musée national Picasso, 8 marzo - 28 agosto 2016. 55. Brassaï 1999, p. 58. 56. Alcune fusioni sono state eseguite postume alla fonderia Coubertin. 57. Widmaier-Picasso 2016d. 58. Exhibition of Paintings by I. Iturrino and P. R. Picasso, Parigi, Galerie Vollard, 25 giugno - 14 luglio 1901. 59. Fino alla legge francese del 9 aprile 1910 sulla tutela dei diritti degli autori in materia di riproduzione di opere d’arte, al momento di acquistare o ereditare un’opera, i diritti di riproduzione venivano automaticamente ceduti all’acquirente. Dopo il 9 aprile 1910, l’acquisto o l’eredità di un’opera non dà più origine alla trasmissione del diritto di riproduzione di

Picasso e la rivitalizzazione della scultura

Pablo Picasso,


Il 3 luglio 1963, Bill Hartmann inviò a Picasso alcuni campioni dei

73 Picasso e la scultura monumentale

materiali usati per il Civic Center e la piazza. Era accluso anche un elenco dettagliato: bronzo, acciaio Cor-Ten (che rivestiva l’edificio), vetro e granito. Spedì anche delle foto che mostravano gli edifici intorno alla piazza: un’immagine orientata verso sud e una verso est. L’incontro, nell’immediato, non produsse alcun risultato. Tuttavia, nel novembre del 1963, Penrose osservò che Picasso continuava a pensare al progetto di Chicago e aveva chiesto a Jacqueline Roque di ricordarglielo ogni giorno. Durante l’incontro del 22 novembre alla Graham Foundation, gli architetti votarono per attendere Picasso. Il 1 gennaio 1964, non avendo avuto notizie, Hartmann ricordò all’artista che gli architetti si aspettavano una risposta entro il 1 marzo. Tra il 2 e il 7 marzo 1964, Picasso parlò del progetto di Chicago a Penrose e continuò a sostenere che le sue sculture in ferro del 1930 sarebbero state quelle più appropriate. Quindi mostrò a Penrose il suo nuovo progetto per Chicago. Ciò solleva la questione se Picasso gli abbia mostrato i suoi tre disegni a inchiostro, datati 18 gennaio 1964,10 così come i suoi undici disegni a matita di busti datati 28 gennaio 1964 e donati dall’artista all’Art Institute of Chicago nel 1968 (figg. 2-4), o se Roland Penrose vide i due modellini in scala che descrisse successivamente in un telegramma del 4 marzo.11 Allo stesso tempo, Bill Hartmann era in contatto con Pierre Matisse a proposito di una scultura di Miró per la piccola piazza di fronte al Brunswick Building; Miró, che aveva parlato con Picasso del progetto del Civic Center, lo rassicurò. Questa era una notizia importante per Hartmann, anche se era di seconda mano e quindi difficile da confermare. Il 12 maggio 1964, Bill Hartmann e altri cinque architetti andarono a trovare Picasso, ma l’artista non li ricevette. Secondo Penrose, per il fatto che Picasso non stava lavorando al progetto. Dopo un’ultima telefonata fatta dall’aeroporto, solo Hartmann si recò nello studio di Picasso, quando gli altri architetti erano già ripartiti. Secondo Hartmann, questa visita si rivelò un successo, e divenne chiaro che uno dei due modellini fosse stato progettato specificamente per Chicago – anche se ci sarebbe voluto ancora un altro anno prima che il progetto venisse completato.

Figura 1. Pablo Picasso Testa (modello per la scultura monumentale del Chicago Civic Center), 1962-1964, Vallauris-Mougins, collezione privata

Il progetto di Picasso Schizzi preparatori Per quanto riguarda i disegni del gennaio 1964, chiaramente pensati per il progetto scultoreo di Chicago, sembrerebbe che questa figura avesse dei precedenti nell’opera di Picasso. Ad esempio, i suoi disegni e dipinti del 1962 mostrano una serie di somiglianze. Sia Picasso che Chicago volevano qualcosa di inedito. Il progetto in effetti era nuovo, ma era stato pensato prima che gli architetti lo avessero richiesto. Si trattava di un disegno che Picasso intendeva trasformare in un monumento, come nel caso di altre opere nel corso della sua carriera? O era semplicemente un esempio del lavoro degli anni Sessanta dell’artista, che tendeva a moltiplicare il numero dei diversi media usati attraverso un tema e uno schema ricorrenti? Questo pezzo era destinato a essere riprodotto in lamiera, come, per esempio, i ritratti di Sylvette e Jacqueline?

10. Due busti scolpiti e una testa, 18 gennaio 1964, inv. Z XXIV, 34. 11. Balton Stratton 1982, p. 54.


Diana Widmaier-Picasso

74

Figure 2-4. Pablo Picasso, Studi I, VI, VII

La creazione di due modelli in ferro e lamiera da parte di Tiola Dal 1954, in realtà, Picasso aveva già iniziato a lavorare sulle sue sculture in lamiera e collaborava con Joseph-

per la scultura

Marius Tiola, fabbro e artigiano del ferro specializzato nella saldatura e a capo di un’azienda che produceva mobili

monumentale

in metallo. La creazione dei due modellini in ferro e lamiera progettati per il monumento di Chicago fu l’ultimo

del Chicago Civic Center, 28 gennaio

progetto che Picasso affidò a Tiola, senza dubbio una volta che il suo scopo fosse stato chiaramente definito

1964, Chicago,

dall’artista. Le serie di opere in lamiera realizzate da Tiola per Picasso sono caratterizzate dalla loro notevole qualità

The Art Institute,

e dall’elevato grado di complessità tecnica; era soprattutto il caso dei lavori in cui Tiola doveva combinare pezzi di

invv. 1968.1051, 1968.1056, 1968.1057

metallo tagliato e saldato con altri elementi tenuti insieme da aste di ferro, a loro volta saldate. I tre modellini di carta (fig. 5), così come la replica creata durante questa fase preparatoria, purtroppo non sono datati, ma rivelano la rinnovata collaborazione tra Picasso e Tiola su un progetto specifico. Tiola ha sempre lavorato da una copia o “sagoma” per preservare l’originale di Picasso. Prendeva l’opera in carta o cartone dell’artista e la trasferiva su un pezzo di cartoncino più durevole, che avrebbe poi attaccato col nastro adesivo su una lastra di metallo per riprodurre l’originale di Picasso nel modo più accurato possibile. Completato questo passaggio, l’artista avrebbe fornito chiarimenti e correzioni prima di consentire a Tiola di tradurre i suoi modellini in strutture metalliche. Da una lastra di metallo compresa tra circa 8 e 10 mm, Tiola ritagliava le sculture con l’aiuto di un seghetto (fig. 6). Queste lastre erano poi piegate e saldate su una base metallica, con la possibilità di essere rifatte se Picasso non fosse stato soddisfatto del risultato. Nel caso dei modellini di Chicago, sembra che l’artista abbia lavorato nel suo solito modo (come faceva con i suoi dipinti): piuttosto che trasformare il pezzo originale, lo avrebbe completamente rielaborato. Di conseguenza, le caratteristiche tecniche, il peso, lo spessore del metallo, i punti di saldatura e i motivi potrebbero essere diversi da una versione all’altra. Questo era il caso del progetto di Chicago, sebbene Tiola utilizzò un lucido per trasferire il disegno di Picasso sulla lamiera, molto probabilmente adoperando un ago per bucare la superficie. Allo stesso modo, le sculture erano spesso ricoperte da un rivestimento, distribuito più o meno densamente sulla superficie per impedire il naturale processo di arrugginimento del metallo. Secondo gli assistenti di Tiola, a volte erano loro, e non Tiola, ad applicare il rivestimento: ciò spiega le importanti differenze stilistiche da un lavoro in metallo a un altro, e in particolare tra questi due modellini. Di conseguenza, ogni versione in lamiera è diversa e presenta irregolarità che gli ingegneri incaricati dell’ingrandimento del modellino di Chicago desideravano rispettare, al fine di preservare la natura “fatta a mano” (non “industriale”) del progetto. Come Bill Hartmann e Fred Lo capirono molto chiaramente, questo fu anche il segno della strategia “coraggiosa” dell’artista,

12. Lafargue 2004, pp. 15-37, in particolare pp. 32-33.

che cercò di “integrare” gli assistenti piuttosto che ergersi a direttore del progetto.12


Silvia Loreti | Diana Widmaier-Picasso

134


catalogo

135


Silvia Loreti | Diana Widmaier-Picasso

146

17

Testa maschile fa parte

PABLO PICASSO

di un singolare gruppo di tre

Málaga 1881 – Mougins 1973

grandi sculture realizzate con

Testa maschile

rottami metallici saldati da

Parigi, estate-autunno 1930

Picasso nello studio parigino

ferro, ottone e bronzo

di González, suo collaboratore

cm 83,5 x 40 x 36 Musée national Picasso-Paris

tra il 1928 e il 1931. Le altre due

Inv. MP269

sculture, Testa femminile e

S 80

Donna in giardino, entrambe iniziate nel 1929, furono dipinte in bianco, creando un forte contrasto con questa virile Testa maschile, in cui il genere sessuale diventa metafora di qualità fisiche opposte: massa contro leggerezza, luminosità contro oscurità. Una replica in bronzo di Donna in giardino (1931), realizzata da González seguendo le istruzioni di Picasso, interiorizza e rafforza l’aspetto dialettico del gruppo scultoreo come un insieme.64 Le tre sculture non rappresentarono solamente l’ultima collaborazione di Picasso con González; furono anche il suo ultimo tentativo di rispondere con proposte radicali alla commissione per il monumento ad Apollinaire, attraverso, da un lato, la scultura modellata (si vedano catt. 13, 15-16) e, dall’altro, costruzioni geometriche in metallo assemblato e saldato (si veda cat. 14). Il contesto generale di addio spiega il carattere funerario di Testa maschile, che in una prima pubblicazione era semplicemente intitolato Particolare di un monumento.65 Stilisticamente, la scultura è debitrice alle maschere non occidentali, di cui Apollinaire era stato un sostenitore precoce e dichiarato e che anche Picasso e i surrealisti collezionavano. È stato osservato che la bocca simile a un megafono della scultura potrebbe riferirsi ai Manager cubisti progettati da Picasso per il balletto Parade (1917), la cui prefazione fu scritta dallo stesso Apollinaire.66 Picasso collocò Testa maschile e il bronzo di Donna in giardino all’esterno a Boisgeloup, la tenuta di campagna in Normandia acquistata nel giugno del 1930.67

64. Si veda il dibattito di André Breton sulle due sculture in Breton 1933, p. 16. La replica in bronzo fu forgiata e saldata da Julio González con l’assistenza di Augusto Torres: Rowell 1987, pp. 12-13. 65. D’Ors 1930, tav. 48. 66. Tate 1994, p. 269. 67. Riprodotto in situ in Breton 1933, p. 21.


catalogo

147


Silvia Loreti | Diana Widmaier-Picasso

194

36

Nel 1940, mentre era

scultura furono fusi da Valsuani tra il 1945, quando la

PABLO PICASSO

in corso la guerra, Picasso

fonderia riaprì, e il novembre 1950, quando un bronzo

Málaga 1881 – Mougins 1973

trasformò lo studio di rue des

presentato in una mostra alla Maison de la pensée

Testa femminile (Dora Maar)

Grands-Augustins nella sua

française, a Parigi.149 Altri due bronzi furono fusi da

casa, rendendolo una fortezza,

Susse Frères a Parigi nel 1958, in un momento in cui

Parigi, 7 rue des Grands-Augustins,

per se stesso e le sue amate

era stato deciso che uno dei bronzi Valsuani sarebbe

seconda metà del 1941

sculture, nel centro della

stato collocato accanto alla chiesa di Saint-Germain-

bronzo

Parigi occupata. Fu in questo

des-Prés, vicino all’appartamento di Apollinaire, per

momento che fece fondere

commemorarne il quarantesimo anniversario della

cm 80 x 40 x 55

in bronzo la maggior parte

morte.150 Questo bronzo, rimasto in possesso di

marchio di fonderia: «Susse fondeur Paris»

dei suoi originali in gesso di

Picasso, è uno dei due fusi da Susse.

Fondation Beyeler, Riehen

Boisgeloup,

fusa dalla fonderia Susse Frères, Parigi, nel 1958

Inv. 81.3

145

per preservare le

opere.146 La fusione in bronzo

S 197

durante la guerra fu anche un atto di resistenza, al tempo stesso politico ed estetico: in opposizione alla requisizione del metallo da parte dei nazisti, Picasso trasformò il suo sereno pantheon di Boisgeloup in un esercito bellicoso. Un atteggiamento politico pervase anche il suo ritorno alla scultura modellata durante la guerra. Lavorando nel bagno dei Grands-Augustins, l’unica stanza riscaldata nell’edificio, Picasso produsse sculture classiciste che, di fronte all’appropriazione fascista della tradizione classica, rivendicavano alla democrazia il retaggio allegorico del classicismo. Questa testa femminile prese spunto da Dora Maar, allora compagna di Picasso. Inizialmente l’opera era completata con uno degli eleganti cappelli della fotografa.147 Picasso vi lavorò duramente, come testimoniò lo scultore svizzero Alberto Giacometti (1901-1966), che, durante le sue visite allo studio dei Grands-Augustins, vide l’artista modificare più volte la scultura.148 Alla fine, Picasso eliminò il riferimento alla moda e trasformò Dora in una figura astratta,

145. Si veda Finn 2016, pp. 200-204.

che, in seguito, sarebbe servita come monumento

146. Brassaï 1999, p. 59.

commemorativo ad Guillaume Apollinaire, portando una soluzione piuttosto convenzionale ai precedenti esperimenti scultorei per il progetto (si vedano catt. 13, 17). A causa della mancanza di metallo, si dovette aspettare la fine della guerra per poter gettare in bronzo Testa femminile (Dora Maar). Due bronzi della

147. MoMA 2015, pp. 185-86, MPP 2016, p. 195. Il gesso della scultura appare in lavorazione nel bagno dello studio dei GrandsAugustins in una foto riprodotta in Malo 1941 e riproposta per la prima volta in Spies, Piot 2000, p. 232. 148. Giacometti citato in Read 2008, p. 227. 149. Picasso. Sculptures Dessins, Maison de la Pensée Française, novembre 1950-gennaio 1951, n. 12. 150. Il primo bronzo Susse venne fuso tra il 17 marzo e il 7 maggio; il secondo tra il 1 giugno e il 28 luglio 1958: Archivi Susse. Segnalazione di Diana Widmaier-Picasso.


catalogo

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£ 37.00 $ 48.00 € 39.00

This exhibition is part of the program «Picasso-Méditerranée», an international cultural event taking place from 2017 to 2019. More than seventy institutions have imagined together a program focused on the “doggedly Mediterranean” art work by Pablo Picasso. An initiative of the Musée national Picasso-Paris, this exploration of the creativity of the artist and of the places that have inspired him offers a novel cultural experience, wishing to strengthen the ties between the shores.

www.officinalibraria.net ISBN 978-88-3367-030-0

9

788833

670300


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