Autobo settembre 2017

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Edito da Galletti Elisabetta - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% CN/BO/0001

5° Targa AC Bologna

Serve un Fair Play Stradale

Sessantanni di Palasport Proposte di viaggio L’anima duplice di imperia

numero 2 - anno 2017


Auto


5 L’Editoriale a cura del Presidente Ac Bologna Federico Bendinelli 7 Sono i bresciani Pierluigi Fortin e Laura Pilè su 600 Abarth i vincitori di 5° Targa AC Bologna 11

Hanno collaborato a questo numero: - Osvaldo Ferretti - Mauro Sorbi - Stefania Gubellini - Domenico Salcito - Giuliano Musi

“PalaDozza cattedrale del basket italiano” SESSANT’ANNI DI PALASPORT a cura di Giuliano Musi

14 On the Road – proposte per il week-end L’anima duplice di Imperia a cura di Osvaldo Ferretti 17

SERVE UN FAIR PLAY STRADALE a cura di Mauro Sorbi Presidente Osservatorio Educazione Stradale Regione Emilia Romagna

Foto di copertina: Roberto Deias - DRPhoto

21 INDICATORI DI DIREZIONE a cura di Domenico Salcito

Tipografia F.lli Cava tipografiacava@libero.it

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Recensioni libri: “CITTADINO MODELLO” a cura di Davide Vicari Ed. Novecento - Milano


Auto


Basta Autovelox per fare cassa Il ruolo istituzionale che lo Statuto dell’ACI affida sia all’ente federativo nazionale che ai singoli Automobile Club provinciali comporta il compito di intervenire su tutte le questioni concernenti “i molteplici versanti della mobilità”, perseguendo in primo luogo “i fini della regolarità e della sicurezza della circolazione”. Automobile Club Bologna assolve a questi compiti con iniziative destinate all’educazione stradale, in primis quelle svolte nelle scuole, ma senza dimenticare quelle indirizzate alla tutela dei diritti degli automobilisti, che non possono essere disgiunti dai correlativi doveri. Giusto, quindi, sanzionare i comportamenti scorretti degli automobilisti, soprattutto quando comportano rischi per la incolumità delle persone e, più in generale, per la sicurezza e la regolarità della circolazione, ma giusto anche denunciare gli abusi, che paiono essere in crescita, degli Enti locali a danno degli automobilisti, con obiettivi che sembrano sempre più spesso finalizzati a risultati di cassa piuttosto che alla sicurezza degli utenti della strada. è infatti evidente che il livello di sicurezza sulle nostre strade può essere più razionalmente ed efficacemente incrementato attestando strumenti ed interventi idonei a prevenire i comportamenti scorretti e pericolosi, piuttosto che con l’irrogazione a posteriori di sanzioni economiche. Il principio che dovrebbe guidare l’attività delle pubbliche amministrazioni locali in tema di sicurezza stradale dovrebbe essere quello di prevenire i comportamenti pericolosi, più che quello di ottenerne il corrispettivo della sanzione, accettando implicitamente il rischio del loro verificarsi. L’ Automobile Club di Bologna condivide e supporta le posizioni recentemente assunte in più occasioni dal presidente dell’Automobile Club d’Italia Angelo Sticchi Damiani deprecando l’uso distorto degli autovelox, piazzati troppo spesso, ed illegalmente, da amministrazioni comunali e provinciali senza adeguato preavviso od in maniera totalmente irrazionale e “captatoria”. Una di queste occasioni è stata anche la tavola rotonda organizzata a Palazzo di Re Enzo lo scorso 16 giugno dalla “Repubblica delle idee”. Un primo risultato di tale impegno da parte del nostro Presidente nazionale è riscontrabile nella direttiva emanata il 7 agosto 2017 dal Ministero dell’Interno (circolare n. 300/A/6045/17/144/520/3) che fa proprie le istanze rappresentate da ACI sull’abuso degli autovelox. Un primo successo di cui essere orgogliosi. Ma l’attività di ACI e dell’Automobile Club Bologna prosegue, nell’interesse degli automobilisti!


Auto


5° targa ac bologna Sono i bresciani Pierluigi Fortin e Laura Pilè su 600 Abarth i vincitori di 5° Targa AC Bologna Si è conclusa in un’assolata e molto calda domenica bordo di una Lancia Fulvia: «La gara è andata bene. pomeriggio la 5° Edizione di TARGA AC BOLOGNA – è stato un bel percorso animato che può aver creato la gara di regolarità classica di Automobile Club Bologna. qualche difficoltà per la differenza delle auto. Ci sono Competizione valida per il Campionato italiano di alcune cose che si possono rivedere ma il posto è categoria, la Targa AC Bologna è nata per rievocare la accogliente, come le colline bolognesi. Ringrazio gli storica Circuito di Bologna realizzata nel lontano 1908 organizzatori ed il gruppo sarà sempre più presente: dallo stesso Automobile Club e, di anno in anno, è concorrenti qualificati». Infine le dichiarazioni del vincitore, Pierluigi Fortin, cresciuta e ha variato il proprio percorso di gara. sulla due giorni bolognese: «è andata molto bene Sotto l’egida della Regione Emilia Romagna, della anche meglio delle aspettative. Innanzitutto i posti sono Motorvalley, della Città Metropolitana di Bologna e fantastici, non pensavo che Bologna avesse colline con il patrocinio e la collaborazione delle Amministrazioni così belle. La gara mi è piaciuta, molto bella e molto Locali che sostengono l’evento, Targa AC Bologna ha selettiva». Sulla gara aggiunge: «Tutte queste aperture rinnovato anche quest’anno il suo impegno nel settore hanno reso molto difficoltoso lo svolgimento della gara, della regolarità coniugandolo con la promozione del ma ripeto: è stata bella sono contento di aver partecipato territorio sul quale si è svolta la competizione. e ci sarò anche il prossimo anno». La gara di quest’anno si è sviluppata attraversando Un sentito e doveroso ringraziamento dell’Organizzanella sua prima giornata sui territori tra Valsamoggia tore va a tutti coloro che hanno contribuito al successo di e Monte San Pietro alta (Mongiorgio, Monte Pastore e questa Edizione della Targa AC Bologna: la panoramica Vignola dei Conti), fino a raggiungere la Centro Infiniti Bologna - Caseificio Valsamoggia zona Tolè, Cereglio e Santa Croce, arrivando a lambire il Prosciuttificio Montevecchio - Cerelia confine con il territorio modenese. Sara Assicurazioni - Wd 40 - Tenuta Santa Croce Nel secondo giorno di gara invece il percorso ha Agripiu’ Di Fioretti Franco attraversato i monti di Mongardino di Sasso Marconi Azienda Agricola L’arquetta e le strade di Pieve del Pino, toccato il pittoresco Ponte Egolink e Topdriver.Tv di Vizzano prima di raggiungere l’Eremo di Tizzano e Protezione Civile Valsamoggia - Proloco Savigno godere della meravigliosa vista panoramica sulla città e sul Santuario di San Luca per poi giungere fino ad SI RINGRAZIANO PER LE FOTO: - DR Photo ROBERTO DEIAS Anzola Emilia. Grande soddisfazione degli Organizzatori per la buona - DAVIDE “GAS” PASQUINO riuscita della manifestazione, che ha riscosso altresì - ALFREDO MARCOALDI l’apprezzamento degli equipaggi in gara che hanno potuto godere dei meravigliosi paesaggi delle colline bolognesi. A fare gli onori di casa il Presidente dell’Automobile Club Bologna, Federico Bendinelli che, prima di dare il via alle premiazioni finali, ha ringraziato i partecipanti. «Abbiamo cercato di far tesoro dalle esperienze degli anni scorsi. Mi sembra che le cose quest’anno siano andate meglio, valuteremo i risultati e speriamo di migliorare ulteriormente. Stimo pensando di fare altre manifestazioni, rievocando le gare di Bologna degli anni d’oro». Soddisfatto anche Giuliano Canè, bolognese pluricampione della Mille Miglia che ha partecipato a

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Auto, benessere e tempo libero


“PalaDozza cattedrale del basket italiano” SESSANT’ANNI DI PALASPORT di Giuliano Musi Per le foto dell’articolo si ringrazia la proprietà della “Collezione Luca e Lamberto Bertozzi Il volume (uscita prevista a settembre) che riporta gli avvenimenti sportivi, politici, di costume, spettacolo, dei primi 60 anni di vita del Palasport di Bologna è frutto di un lungo lavoro di ricerca durato oltre un anno. L’impegno di scoperta, catalogazione, analisi e scrittura degli autori (Lamberto Bertozzi e Giuliano Musi) si è focalizzato su documenti ufficiali, pubblicazioni stampa, e racconti a voce dei protagonisti. Sarebbe stato impossibile infatti ricordare tutte le manifestazioni con sede al Palasport che dalla sua nascita ha subito anche una radicale ristrutturazione che ne ha ridotto notevolmente la capienza. Ciò che emerge e lascia stupiti è che il PalaDozza (come è stato ribattezzato il 12 settembre 1996 in onore del Sindaco che l’ha ideato e voluto) resta tuttora un esempio sul piano architettonico e uno dei principali punti di aggregazione per l’intera città. Nei suoi primi 60 anni ha vissuto in prima persona tutti i maggiori eventi locali a cui si sono aggiunti storici appuntamenti nazionali e internazionali che hanno visto milioni di persone affollare le sue gradinate. Il Palasport è il primo importante impianto sportivo post bellico realizzato a Bologna. è stato costruito sullo spazio “liberato dai bombardamenti” tra Porta San Felice e Porta Lame su cui sorgeva in precedenza l’Ospedale Maggiore che era adiacente alla palestra Canetoli. Il sindaco Dozza, che è stato il principale animatore del progetto del Palasport, ha fatto fare alla Bologna sportiva un salto di qualità paragonabile in parte a quanto realizzò Arpinati negli anni ‘20 con la costruzione dello Stadio (ora intitolato al presidentissimo Dall’Ara), delle piscine (coperta e scoperta), dell’Antistadio, del Motovelodromo, del campo Virtus, dell’Ippodromo e del galoppatoio GIL, per citare solo i centri sportivi di maggior rilevanza. Il Palasport è considerato da sempre una delle “cattedrali” della pallacanestro italiana, e fu realizzato dopo che ci si rese conto che l’arena della Sala Borsa, in pieno centro cittadino, era diventata insufficiente. Decisiva fu la convinzione che Bologna, ritenuta giustamente la “capitale del basket italiano” (ha avuto contemporaneamente tre formazioni nella massima serie), doveva confermare questa sua indiscussa supremazia anche nell’impiantistica con una cittadella del basket di livello europeo. L’idea iniziale risale al 1952 prevedeva un Palasport leggermente diverso nell’aspetto e con dimensioni inferiori rispetto a quelle che poi furono decise. Non

aveva un tetto a lente così pronunciato e vedeva solo due blocchi per uffici. Gli altri due erano previsti liberi, coperti da tettoie, per l’accesso del pubblico. Nel progetto finale invece tutti e quattro gli angoli hanno visto la costruzione di settori in cui sono stati ricavati uffici per i Comitati regionali e provinciali delle federazioni sportive, l’abitazione del custode, la sede dell’Istituto di Medicina dello Sport e sale per incontri e conferenze, oltre ad una sala stampa. La storia del Palazzo dello Sport di Bologna ha avuto inizio il 15 marzo 1954, alle ore 11, in via Brugnoli, con la posa della prima pietra da parte del Sindaco Giuseppe Dozza e del Delegato Provinciale del C.O.N.I. ingegner Baracchi a cui era stato affidato anche l’incarico di direttore dei lavori di costruzione. Alle ore 10,30 del 9 agosto 1956 alla presenza del Ministro Medici, del Presidente del C.O.N.I. Nazionale Avvocato Giulio Onesti, del Sindaco di Bologna Giuseppe Dozza e di tutte le autorità, avvenne il fatidico taglio del nastro. La costruzione è stata completata in appena due anni (dal 1954 al 1956). Il Palasport è stato uno dei punti di riferimento del basket italiano e internazionale dagli anni ‘60 al 2000, ed anche grazie a questo splendido centro sportivo multifunzionale Bologna si è imposta come Basket City. STORIA SPORTIVA Quale sport meglio del basket poteva “firmare” la solenne apertura del Palazzo dello Sport? Bologna è l’unica città italiana a vantare tre formazioni nella massima serie maschile, Virtus Minganti, Preti Gira e Moto Morini, che fino ad allora avevano disputato gli impegni di campionato nella famosa Sala Borsa. Si

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Turismo


diede il via alle competizioni sportive il 12 settembre del 1956 con la disputa del Trofeo Mairano (giunto alla quarta edizione) considerato la più importante competizione di basket europeo di quegli anni. Al Mairano furono invitate le sei più forti nazionali europee: U.R.S.S., Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia, Svezia ed ovviamente Italia. L’Italia, allenata da Jim Mc Gregor, schierava una folta rappresentanza di giocatori “bolognesi”: Alesini, Calebotta, Canna e Gambini della Virtus Minganti, Lucev e Macoratti del Preti Gira e Sardagna della Moto Morini. Dei giocatori “bolognesi” il virtussino Alesini fu il migliore in senso assoluto, seguito dai compagni Gambini e Canna. Nei suoi sessant’anni di vita il Palasport ha poi ospitato le maggiori competizioni europee di varie discipline ottenendo sempre successi di partecipazione e di pubblico che sono andati oltre le aspettative. AVVENIMENTI POLITICI E SOCIALI Il PalaDozza è stato fin dalla sua nascita sede ideale di grandi incontri che hanno richiamato a Bologna leader politici, dirigenti sindacali e industriali ai massimi livelli. Congressi di partito, convegni, manifestazioni di ogni tipo si sono svolte al suo interno e spesso, proprio in base a quanto si è discusso nell’ambito bolognese, si sono poi tracciate linee politiche e industriali che hanno interessato tutta l’Italia condizionandone lo sviluppo. Al PalaDozza hanno trovato ospitalità anche manifestazioni religiose come la processione che si svolgeva nella giornata delle Palme. II PALAZZO DELLA MUSICA

Trofeo Associazione Costruttori Vinto da SAGIS - ACI bologna come miglior organizzatore di GPO del 1980 e consegnato nel Palazzo dello Sport.

Il Palazzo dello Sport era stato appena inaugurato quando ebbe il suo primo incontro con la grande musica. La giovanissima età non impedì però la nascita di un intenso e autentico feeling, destinato a durare negli anni seguenti. Il battesimo musicale del Palasport fu una cerimonia di grande impatto. Dagli Stati Uniti arrivarono i Platters e quattromila persone accorsero per vibrare ed esultare sulle note dei favolosi vocalist di colore. Da allora centinaia di artisti, tutte le stelle del jazz mondiale, poi le immortali leggende del rock americano fino alle “stellette” del pop italiano, si sono esibiti sui palchi allestiti all’interno del grande ovale per riempirlo di note e ritmi scaldando, un pubblico sempre attento e presente.

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L’anima duplice di Imperia Andiamo alla scoperta di Oneglia e Porto Maurizio, i due singolari volti del capoluogo della Riviera di Ponente, tra attraenti sorprese e piacevoli sapori. Sospesa tra il blu del mare e il verde argenteo degli uliveti, Imperia nasce ufficialmente nel 1923 dall’unione delle località di Oneglia e Porto Maurizio, che nel corso della storia furono acerrime rivali. Oneglia fu legata ai Doria e poi ai Savoia che volevano un secondo sbocco sul mare dopo quello di Nizza. Porto Maurizio invece giurò fedeltà ai Genovesi e aderì agli ideali della rivoluzione francese per poi schierarsi con l’impero napoleonico. Oggi, l’aggressiva rivalità tra le due cittadine si è trasformata in vivace e pittoresco campanilismo. Imperia è dunque una città double face: due porti, due stazioni ferroviarie, due caselli autostradali, due dialetti. Due le visite da compiere tra scenografie e atmosfere diverse. Oneglia è più animata e legata a floride attività e al commercio dell’olio e della pasta (l’Agnesi, gruppo Colussi, ha chiuso lo stabilimento nel dicembre 2016), mentre Porto Maurizio, abbarbicata al promontorio del Parasio, é più solitaria e segreta. Cominciamo da Oneglia Arrivando dall’autostrada (uscita Imperia est) il primo contatto con il centro abitato non è certo invitante, con strade strette e anonime e traffico spesso caotico. Ma Oneglia, patria di Andrea Doria, Edmondo de Amicis e dei Carli, nasconde tra le pieghe diversi motivi d’interesse. Della presenza sabauda, rimangono vistosi segni nell’impianto urbanistico fatto di tracciati regolari, con le strade principali fiancheggiati da portici come quelli ottocenteschi di via Bonfante (l’asse principale della città) affollati di negozi e caffè. Poi bisogna infilarsi nella zona più caratteristica di Oneglia tra vecchie botteghe e nuove boutique, passare per la luminosa piazza San Giovanni dove si affaccia l’omonima e settecentesca collegiata. Da non tralasciare Piazza Andrea Doria con il mercato coperto e le bancarelle di quello all’aperto. In ogni caso, le tentazioni di gola in un trionfo di farinate (ottima la “frisciulada”), pesto, acciughe e olive taggiasche, non mancano. Pochi passi e si arriva al porto, alla Calata Giovan Battista Cuneo con le vecchie e colorate case dei pescatori ricamate da portici. Il porto svela l’anima più pittoresca e autentica di Oneglia, soprattutto quando nel primo pomeriggio rientrano i pescherecci e si svolge l’asta del pesce fresco. E i ristorantini e i locali per gustarlo naturalmente non mancano. Altri angoli affascinanti di Oneglia sono quelli che vedono il trionfo delle palme sul lungomare di Levante e dei cipressi 14 e degli ulivi che ammantano Capo Berta, reso celebre dalla gara ciclistica Milano -Sanremo.

banchina oneglia

passeggiata spianata oneglia

passeggiata calata cuneo


Un museo unico in Europa Oneglia da tempo immemorabile è la capitale dell’olio d’oliva e vanta la presenza di numerose aziende produttive famose in Italia e nel mondo. Tra le più antiche c’è quella dei Fratelli Carli, la cui storia è fatta di operosità, professionalità e passione. Proprio all’olio, alla sua storia e alle tradizioni agricole a esse collegate, hanno dedicato un museo unico in Europa. Anni di appassionate ricerche in vari paesi del Mediterraneo hanno permesso a Carlo Carli di raccogliere nelle sale del museo una quantità di oggetti, anche di valore antiquario, e di attrezzi che costituiscono un percorso di notevole interesse. Ospitato in un’elegante palazzina liberty (via Garessio 11/13) un tempo sede degli uffici dell’azienda, il museo propone un viaggio emozionante a ritroso nel tempo alla scoperta delle peculiarità di una fra le principali ricchezze del Mediterraneo. Il percorso di visita che si sviluppa su 18 sale, spazia dall’epoca greca ai tempi nostri. Anche l’esterno del museo, tra frantoi, giare e olivi millenari, crea interesse e suggestione. Terminata la visita, è inevitabile passare all’Emporio che propone un ricco assortimento di prodotti dell’azienda (che si possono naturalmente acquistare) e la possibilità di fare degustazioni, oppure pranzare con le specialità by Carli.

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Quel borgo affacciato sul mare L’altro volto di Imperia è Porto Maurizio che da Oneglia si raggiunge percorrendo il lungomare Amerigo Vespucci. Si arriva a Borgo Marina, che si affaccia sul porticciolo e offre tra i suoi carruggi e piazzette, uno scenario tipicamente ligure. Merita passeggiare sul panoramico e romantico molo lungo passando in rassegna la moltitudine di barche e yacht e ammirando l’antico quartiere del Parasio dominato dalla grandiosa architettura del Duomo. Le acque del porticciolo, ogni due anni, ospitano la famosa manifestazione d’imbarcazioni storiche “Vele d’Epoca” (la prossima edizione a settembre 2018). Accanto al molo si distende l’edificio liberty dello stabilimento balneare “La Spiaggia d’Oro”. Le cabine sono pittoresche e l’arenile è fantastico, ricoperto di sabbia finissima e dorata e il mare, in certi periodi, invita a volteggi con il surf. Partendo da Borgo Marina, da non perdere è la passeggiata a picco sul mare che conduce a Borgo Foce, un pittoresco villaggetto di pescatori rimasto immobile nel tempo proprio sotto il Parasio. Questo è il nucleo più affascinante di Porto Maurizio, con le sue case antiche e i monumenti sparsi a cascata tra la mole del Duomo e il porto turistico. Il Duomo (17811838) dedicato a San Maurizio è un imponente edificio neoclassico, che al suo interno custodisce una ricca collezione di dipinti ottocenteschi. Partendo dalla piazza del Duomo, il quartiere Parasio declina un saliscendi spettacolare di vicoli, scalinate, archivolti e piazzette, dove si affacciano vecchie case, palazzi nobiliari, chiese e oratori. Ad arricchire il paesaggio architettonico c’è il magnifico loggiato ad arcate del convento di Santa Chiara, che offre un mirabile e romantico panorama su Porto Maurizio e sulla Riviera.

Ricostruzione della stiva di Ricostruzione di un antico frantoio una nave romana da trasporto Surfisti in azione

Stabilimento balneare in stile liberty della “Spiaggia d’Oro”

Le pittoresche cabile dello stabilimento balneare “La Spiaggia d’Oro”

Pescatore intento a rammendare le reti

Splendide barche che animano il bacino portuale di Porto Maurizio

Suggestiva veduta sulla Spiaggia d’Oro con sullo sfondo l’antico borgo del Parasio

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Pittoreschi scorci dell’antico e colorato borgo del Parasio abbarbicato all’omonimo promontorio

Il magnifico interno del Duomo di San Maurizio

La maestosa facciata neoclassica del Duomo di San Maurizio

Suggestive immagini di Borgo Foce, pittoresco villaggio di pescatori, raggiungibile da Porto Maurizio con una romantica passeggiata

SUGGERIMENTI DI VIAGGIO

Imperia (Oneglia): Centro di Informazione e Promozione Turistica, Piazza Dante 4, tel: 0183 274982 Tutto su Imperia (cosa vedere, dove dormire, dove mangiare): https://www.imperiadavedere.i/ Sosta camper: area sosta “Francy Park” (max durata sosta 36 ore), via dei Giardini, 46 - Borgo Prino.

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A tavola La cucina della Riviera ne riproduce i profumi e i sapori e, nonostante la proverbiale “povertà”, è molto gustosa e appetitosa. Gli ingredienti base sono l’olio d’oliva, le verdure e le erbe aromatiche, utilizzate per insaporire ogni tipo di pietanza. Il piatto più conosciuto è la “focaccia ligure”, condita con formaggio, olive, cipolla a seconda della fantasia del fornaio. Assolutamente da assaggiare è la “piscialandrea”, una varietà di pizza dell’imperiese, così chiamata perché pare piacesse all’ammiraglio Andrea Doria. Tra i primi spiccano trenette e trofie al pesto: tra i secondi il coniglio in casseruola e la tasca di capretto, farcita con erbe aromatiche e arrostita. Per chi ama il pesce non c’è che l’imbarazzo della scelta tra il pescato, le acciughe ripiene e il merluzzo salato. Tra i dolci meritano di essere assaggiati i “frisciol”(frittelle di mele). Il “Rossese di Dolceacqua”(rosso), il “Vermentino” e il “Pigato”(tra i bianchi), sono un’ottima scelta per quanto riguarda i vini.


SERVE UN FAIR PLAY STRADALE… di Mauro Sorbi Presidente Osservatorio Educazione Stradale Regione Emilia Romagna

La sicurezza stradale è da tempo un valore prioritario per la Regione Emilia-Romagna che, al fine di ridurre il numero di vittime e il costo sociale causato dagli incidenti stradali, interviene con azioni di educazione, formazione e diffusione della cultura della sicurezza stradale, in collaborazione con le Istituzioni e le Forze dell’Ordine, attraverso l’Osservatorio per l’educazione stradale e la sicurezza. L’Unione Europea, peraltro, in questi anni ha ribadito più volte i propri obiettivi per la sicurezza stradale, chiedendo di dimezzare il numero delle vittime nel decennio 2011-2020. Per proseguire nel percorso virtuoso, occorre oggi passare anche da un’assunzione di responsabilità dei singoli utenti della strada. Questo salto culturale può essere favorito dalla consapevolezza che la strada è uno spazio pubblico e sociale condiviso, in cui una proficua e intelligente convivenza tra le diverse tipologie di utenze presenti può essere raggiunta grazie al contributo attivo di tutti. Bisogna stimolare l’empatia, la propensione a mettersi nei panni dell’altro, cioè di chi utilizza un mezzo diverso. è fondamentale che tutti gli “attori stradali” siano consapevoli delle esigenze altrui e degli effetti delle proprie scelte. Per raggiungere questo obiettivo è determinate mettere in comunicazione i diversi fruitori, promuovere ed attivare un dialogo per condividere le diverse esigenze ed atteggiamenti che ci si aspetta l’uno dall’altro, mettendo a confronto i soggetti/oggetti della circolazione stradale, per concorrere al miglioramento di una mobilità sostenibile, della coesione sociale e per la condivisione dello spazio pubblico Queste le motivazioni che hanno portato l’Osservatorio per l’educazione alla sicurezza stradale della Regione Emilia-Romagna a chiedere la disponibilità a partecipare agli incontri per la progettazione di una campagna di comunicazione per sottolineare la necessità di un rapporto di reciproco rispetto sulla strada, tra tutti gli utenti: pedoni, ciclisti, motociclisti, automobilisti e conducenti di veicoli ad uso pubblico (bus e taxi). Il progetto, in via sperimentale, si attuerà nel territorio dell’area metropolitana, con

la sottoscrizione di un accordo fra tutti i rappresentanti degli utenti della strada, che non avverrà in luogo istituzionale chiuso, ma tra la gente, in Piazza Maggiore. A seguire vari interventi di comunicazione sui vari mezzi per raggiungere e coinvolgere il maggior numero di bolognesi. Al tavolo, attivato recentemente, hanno aderito membri delle Associazioni più rappresentative dell’area di Bologna dei ciclisti (Fiab, Uisp, Lega Ambiente e Federazione ciclisti italiana), dei motociclisti, dei taxisti (Cotabo e CAT), del trasporto pubblico locale (dirigente TPER e sindacati autisti TPER), della Curia, dell’ACI, di un comitato di pedoni, della Polizia Municipale, oltre al Disability Manager del Comune di Bologna. Stante la notevole presenza degli studenti, abbiamo ritenuto indispensabile invitare anche il mobility manager della nostra gloriosa Università. Il messaggio finale della campagna è che il fair play di ciascuno rende la strada un luogo di incroci di vita. Mauro Sorbi 17


Gastronomia




indicatori di direzione (frecce) di Domenico Salcito

I feriti o morti per incidenti stradali sono aumentati o diminuiti? I dati riportati, vanno interpretati ed a mio parere in alcuni casi sono parecchio discordanti. Un esempio per tutti: il numero dei morti è calcolato sulla base dei soggetti deceduti durante gli incidenti ed a 30 giorni dallo stesso. Ma nessuno conosce il numero delle persone che muoiono a distanza, anche breve, ma per i danni riportati durante un incidente stradale. Se analizziamo le cronache dei giornali e della TV, se ci guardiamo attorno mentre viaggiamo per le nostre strade, abbiamo la netta percezione di un incremento del fenomeno incidentale. Ci sono momenti in cui le nostre strade sembrano campi di battaglia. Perché? Proviamo a cercare la causa. La velocità? Certo la velocità ha la sua responsabilità, ma rappresenta solo un aspetto del problema. Finora è stato facile “criminalizzare” la velocità permettendo ai comuni di incrementare i loro introiti attraverso Autovelox non sempre giustificati. Oggi però scopriamo che il problema maggiore, o il solo problema, non è la velocità ma soprattutto i comportamenti e le abitudini. Quindi alla velocità aggiungiamo alcol, droga e smartphone. Ma sono solo queste le cause degli incidenti stradali o in pura sostanza il totale mancato rispetto delle regole? Prendiamo ad esempio l’atto più banale che occorre fare durante la guida “corretta” di un automotoveicolo: l’uso degli indicatori di direzione altrimenti chiamate frecce. Le “frecce” furono introdotte negli anni 40 quando si incominciò a sentire il bisogno di indicare agli altri utenti della strada le proprie intenzioni a causa dell’incremento, in quegli anni, della circolazione stradale. Tale termine deriva dal fatto che gli indicatori sembravano vere e proprie frecce conficcate nella lamiera dell’auto e che fuoriuscivano a scatto, al comando manuale del conducente, per segnalare al veicolo successivo l’eventuale cambio di direzione. Negli anni 50, tali indicatori furono trasformati in luci arancione lampeggianti per poter meglio segnalare, a chi arriva di fronte ed a chi segue, la manovra che si intende effettuare al fine di prevenire una collisione evitabilissima. Quanti sono gli incidenti provocati dalla mancata segnalazione di cambio di direzione? Non esiste una statistica attendibile. Comunque basta percorrere le nostre strade, soprattutto nell’area metropolitana, per rendersi conto dello scarso utilizzo della più semplice, banale ed elementare norma del codice della strada. Cortesia o dovere? A voi l’interpretazione, purchè si faccia.

Freccia a bacchetta di una Lancia Ardea 1

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RECENSIONI

“CITTADINO MODELLO” di Davide Vicari - Ed. Novecento - Milano

Un cambiamento epocale sta cambiando il Paese, scosso dagli scandali. Un nuovo ordine viene instaurato e qualche risultato è raggiunto. I metodi sono brutali e le leggi stravolte. L’economia del Paese migliora, ma la vita è sempre più difficile. Cittadino Modello incarna l’esempio da imitare: da umile precario a potente, emblema di Democrazia Autoritaria. L’Ispettore e lo Spagnolo lo affiancano nel portare avanti il rinnovamento, sotto l’egida dei Primi Cittadini. L’Europa e il mondo restano a guardare, preoccupati dall’avanzata dell’ISIS. Il vecchio partigiano e sua figlia, il manager brizzolato e la sua donna, quattro relitti di un passato che si vuole cancellare, progettano la fuga. Hanno un piano sgangherato, così come sono ridotte le loro esistenze, ma i primi sanno che non c’è più posto per i comunisti e i secondi che stanno tornando brutti tempi per gli ebrei. Accanto a loro, tormentata dall’Interlocutore, si aggira la figura di Leonidas Von Icari, pseudonimo dell’autore, che urla la propria rabbia e il proprio disprezzo per l’imbecillità quotidiana, sconfitto ma a suo modo vincitore. E sullo sfondo l’ISIS continua il suo cammino. “Cittadino modello” (Editore Novecento, Milano) è un romanzo originale, che parla della cattiveria umana, parla di fondamentalismi, parla di tutti noi. Per questo motivo i personaggi non hanno nome, ma sono identificati da uno status, anche insignificante. Tutti tranne uno, io, col mio pseudonimo Leonidas Von Icari, perché anch’io sono un personaggio del mio libro. Le cose che il libro racconta stanno cominciando ad apparire, vedi il rigurgito neo nazista (la Corte suprema tedesca ha sentenziato il 17 gennaio 2017 che il partito neonazista non va messo al bando, come invece aveva chiesto il Senato federale, e vedi anche il diffondersi dei cosiddetti econazi), vedi l’apertura di Trump alla tortura, vedi la Brexit. Homo homini lupus, ha insegnato Hobbes, ispirato dall’Asinaria di Plauto; gli ha risposto Locke con homo homini deus. Lo stesso Locke che doveva la sua prosperità al finanziamento del commercio degli schiavi neri, dalla vendita dei quali lucrava grosse cifre di danaro. La propensione al male dell’uomo è mitigata dalla paura di essere punito; ma quando questa paura non c’è, oppure fare il male è autorizzato, allora l’essere umano scatena ogni istinto peggiore. Vedi il comportamento dei soldati nel sacco delle città, vedi quanto fatto dai nazisti nell’esecuzione del loro dovere, vedi l’evangelizzazione forzata degli indigeni da parte della Chiesa cattolica, vedi la punizione per gli eretici, vedi il colonialismo, vedi i bombardamenti intelligenti in Vietnam o adesso in Siria, vedi le varie pulizie etniche, prendiamo a caso l’ex Jugoslavia e il Ruanda. Il veicolo più sicuro nel quale convogliare la cattiveria è la religione, vedi oggi che cosa fanno i fondamentalisti di Daesh (ISIS). Un analogo tipo di fondamentalismo era presente anche nel mondo occidentale, ma nel 1700, grazie all’Illuminismo, (pensa con la tua ragione, illumina col pensiero la tua vita, rischiara il tuo cammino) abbiamo avuto la rivoluzione americana e poi la rivoluzione francese e in seguito le idee di libertà e di pace che hanno scosso il 19° secolo. Ma allora perché abbiamo avuto il colonialismo, le guerre mondiali, il fascismo, il nazismo, il comunismo? Perché la natura umana ha prevalso sulla luce: si è verificata una metamorfosi che ha portato concetti che hanno giustificato e sviluppato ideologie che hanno negato il bene in forza di una presunta superiorità di alcuni su altri, o di alcune idée su altre. Ed ecco serviti totalitarismi e genocidi.

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