I Quaderni della Comunicazione 2015 - Programmatic Adv

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i Quaderni della comunicazione

N° 102, maggio 2015 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano

la guida per orientarsi nel mondo dei media, della pubblicitĂ e del marketing

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direttore responsabile Salvatore Sagone - salvatore.sagone@adcgroup.it coordinamento editoriale Tommaso Ridolfi - tommaso.ridolfi@adcgroup.it ha collaborato Luca Giovannetti art direction e realizzazione Marco Viale - marco@mvcreative.it stampa P.F. direttore commerciale Maria Cristina Concari - cristina.concari@adcgroup.it account manager Andrea Gervasi - andrea.gervasi@adcgroup.it Ilaria Granato - ilaria.granato@adcgroup.it Paola Morello - paola.morello@adcgroup.it Daria Pasquini - daria.pasquini@adcgroup.it Elisabetta Zarone - elisabetta.zarone@adcgroup.it abbonamenti abbonamenti@adcgroup.it I Quaderni della Comunicazione periodico mensile n° 102 maggio 2015 registrazione tribunale di Milano n° 679, 30/11/2001 Società Editrice ADC Group Srl presidente: Salvatore Sagone sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano Redazione e pubblicità: Via Copernico, 38 - 20125 Milano tel: +39 02 49766316 – e-mail: info@adcgroup.it La collana de I Quaderni della Comunicazione è disponibile esclusivamente in abbonamento annuale. Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione euro 105,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione euro 275,00 Abbonamento ai Quaderni della Comunicazione + Nc - Il mensile della Nuova Comunicazione + Advexpress euro 380,00 (+IVA) I Quaderni della Comunicazione© Copyright 2015 ADC Group Srl Finito di stampare nel mese di maggio 2015 da: P.F. via Kramer, 17/19 - 20129


Editoriale

A tutta velocità! “GRANDE è la confusione sotto il cielo”. La celebre frase di Mao Tse Tung, che risale e in qualche modo definisce l’epoca della Rivoluzione Culturale cinese, ritorna oggi più che mai di attualità. Nessuno può infatti dubitare che la fase che stiamo attraversando sia rivoluzionaria: innestata dal duplice fenomeno della digitalizzazione e della globalizzazione, la comunicazione sta cambiando pelle, ma anche ossa e muscoli!, a una velocità impressionante. Il Programmatic è forse in questo momento lo specchio più fedele della trasformazione in corso. Esplosa negli Stati Uniti per poi allargarsi a macchia d’olio in tutto il mondo, l’automazione della compravendita della pubblicità digitale – e che prestissimo non si limiterà solo a quella – sta toccando nel profondo tutti gli attori della filiera, con la chiara ed esplicita promessa di semplificare i meccanismi e i processi, migliorare l’efficienza dell’intero sistema e garantire così la massima efficacia di ogni singolo euro o dollaro investito. Questa promessa, però, a oggi è tutt’altro che realizzata: le diverse e tutt’ora complesse modalità di attuazione del programmatic, la gestione dei big data che ne alimentano il motore, le preoccupazioni per la trasparenza delle transazioni così come quelle per la privacy dei consumatori, sono tutte problematiche evidenti e di non poco conto. È vero, naturalmente, che il mercato è giovanissimo e quello italiano, partito in ritardo, ancora di più. Così come è altrettanto vero che tutti i protagonisti – editori, concessionarie e agenzie – stanno elargendo il massimo sforzo possibile per chiarire ogni dubbio e dissipare i timori delle aziende e delle marche, per costruire e condividere quella vera e propria ‘cultura programmatica’ che ancora manca. La forza dei numeri e la rapidità con cui il settore sta crescendo sono lì a dimostrare che anche sotto questo profilo le cose si muovono velocemente: sono stati solo 5 i milioni di euro transitati da piattaforme programmatiche nel 2012; erano 50 nel 2013; sono diventati 110 milioni nel 2014. E un tasso di crescita nuovamente a tripla cifra è atteso per quest’anno... In conclusione, dunque, riprendendo – e completando – la citazione iniziale del ‘Grande Timoniere’: “Grande è la confusione sotto il cielo... Quindi la situazione è eccellente!”. Salvatore Sagone Y^gZiidgZ gZhedchVW^aZ Z egZh^YZciZ 698 <gdje

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indice

Indice Editoriale, di Salvatore Sagone

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LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. Il tempo (reale) dell’Adv Capitolo 2. Più dati, più smart Capitolo 3. Invasione Programmatica Capitolo 4. Data Driven Emotion Capitolo 5. Controllo vs. Innovazione Capitolo 6. Il perimetro di gioco Capitolo 7. Creatività ‘Programmata’

10 22 28 40 48 56 62

I PROTAGONISTI Cadreon (IPG Mediabrands). D.A.V.I.O. Performics (ZenithOptimedia). Obiettivo Smart Data Rocket Fuel. ROI senza rivali Rubicon Project. Cloud Advertising Teads Italia. Una nuova esperienza video Turbo. Dalla parte dell’advertiser WebAds. Premium Audience Zanox. Crescita Programmat(ic)a

72 76 80 84 88 90 92 94

DOVE TROVARLI Gli indirizzi

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la geografia del mercato

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Il tempo (reale) dell’Adv Superata la fase dei ‘fondi di magazzino’ offerti in RTB, il programmatic guida oggi l’efficienza e l’efficacia delle iniziative di marketing di tutti gli attori del mercato. Guidati dalle sempre più numerose campagne di branding, dal video e dal mobile, gli investimenti crescono rapidamente in tutta Europa, ma manca ancora una cultura estesa e condivisa.

COS’È il programmatic? Non è una domanda da un milione di dollari ma da 2 miliardi di euro: tanto valeva infatti il mercato programmatico europeo nel 2014. Nelle parole più semplici possibili, che prendiamo a prestito dal white paper firmato IAB Europe, AppNexus e WARC dedicato al Programmatic Trading, si tratta di “Un processo automatizzato: un modo per gli investitori di comprare e per gli editori e le loro concessionarie di vendere spazi pubblicitari”. Gli obiettivi di una campagna pianificata in modo programmatico possono essere esattamente gli stessi di qualsiasi altra campagna di marketing, e il successo delle campagne si misura in modo identico: verificando che gli obiettivi siano stati raggiunti. Da questo punto di vista, quindi, la filosofia alla base del marketing non cambia: la vera rivoluzione del programmatic è però nel modo, il processo appunto, attraverso il quale una marca può oggi raggiungere il consumatore giusto, nel momento giusto, con il messaggio giusto e, cosa non meno importante, al giusto prezzo. “Inizialmente la discussione attorno al programmatic è stata centrata sull’efficienza resa possibile dall’automazione – spiega Graham Wylie, Senior Director EMEA & APAC Marketing di AppNexus, che insieme a IAB Europe e WARC ha realizzato il libro bianco –. Questo è un dato di fatto incontestabile, ma è 12

anche solo una parte del discorso, perché il vero vantaggio competitivo sta nel trasformare questa efficienza in efficacia. Il programmatic certamente libera compratori e venditori della parte più monotona e ripetitiva del processo di compravendita, aprendo su entrambi i fronti nuovi territori inesplorati e ricchi di opportunità: occorrono perciò nuovi strumenti e nuove persone dotate di capacità e competenze nuove, che siano in grado di leggere e interpretare i dati forniti dal sistema automatizzato per trasformarli in strategie e insight”. È chiaro che sono e saranno sempre le persone a disegnare i piani e le strategie, a programmare la tecnologia e ad avere le idee creative: “E di questo – prosegue Wylie – aziende e agenzie sembrano essere pienamente coscienti: se guardiamo infatti alle motivazioni che spingono ad adottare la metodologia programmatica, al primo posto non figurano la riduzione dei costi o l’eliminazione degli sprechi, ma ci sono le possibilità di migliorare il targeting e di agire e interagire dialogando con i consumatori in tempo reale”. Man mano che una maggior cultura si diffonde e che ne testano sul campo i meriti e i benefici – dice ancora il white paper – i marketer stanno imparando a dialogare con le persone e a rispondere alle audience più velocemente e appropriatamente che mai, tanto che in futuro


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1 - COSA SI DEFINISCE PER PROGRAMMATIC TRADING

il media buying programmatico non sarà più limitato al digital display ma potrà diventare la forza trainante dell’intero marketing mix. Non solo: le dimensioni dell’audience raggiungibile e la natura transazionale delle relazioni fra marche e consumatori fanno sì che il digital guidi oggi il processo di automazione, ma il mobile, le connected Tv stanno già prendendo piede, e la Tv lineare, la Radio, l’Outdoor e l’In-Store seguiranno nell’arco di brevissimo tempo. Molto meno di quanto non si immagini. È un circolo virtuoso: gli investimenti online fungono da driver per lo sviluppo del programmatic, che a sua volta contribuisce alla crescita dell’intero mercato.

A ogni mercato il suo programmatic Se il Real Time Bidding è nato e si è sviluppato soprattutto sul mercato americano per poi diffondersi altrove, il Programmatic Trading si sta invece sviluppando in un ecosistema complesso che riflette le differenze e le peculiarità di ciascuna regione o paese: secondo l’osservatorio di IAB Europe, infatti, i paesi europei non stanno copiando gli americani ma reinterpretano ciascuno a modo suo il modello originario, adattandolo al proprio mercato e alle necessità di buyer e seller locali. Il risultato è l’estrema vivacità con cui l’idea originale del RTB si sta sviluppando nel vecchio continente. Nel corso di un webinar organizzato da IAB 13


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2 – PROGRAMMATIC TRADING: TIPOLOGIE E DEFINIZIONI Tipo di Inventory Pricing (Reserved /) (Fixed / Unreserved Auction)

Partecipazione (One Seller to: One /Few / All Buyers)

Altri termini usati nel mercato

Automated Guaranteed

Reserved

Fixed

One seller to one buyer

Programmatic guaranteed Programmatic premium Programmatic direct Programmatic reserved

Unreserved Fixed Rate

6OSFTFSWFE

'JYFE

0OF TFMMFS UP POF CVZFS

1SFGFSSFE EFBMT 1SJWBUF BDDFTT 'JSTU SJHIU PG SFGVTBM

Invitation-Only Unreserved Auction

Auction

One seller to few buyers

Private marketplace Private auction Closed auction Private access

Open auction

"VDUJPO

0OF TFMMFS UP BMM CVZFST

3FBM UJNF CJEEJOH 35# 0QFO FYDIBOHF Open marketpleace

6OSFTFSWFE

Altre considerazioni

t 1SJPSJUJ[BUJPO JO UIF BE TFSWFS t %FBM *% t %BUB VTBHF t 5SBOTQBSFODZ UP CVZFS t 1SJDF nPPST

Fonte: Interactive Advertising Bureau, 2013

poche settiane fa, Oliver Gertz, Managing Director di MediaCom in Germania, ha illustrato lo scenario di riferimento relativo ai primi tre paesi europei: “Il Regno Unito è davanti a tutti – ricorda Gertz –, con 52 milioni di persone online su una popolazione di 64 milioni: una penetrazione altissima e soprattutto un digital lifestyle molto avanzato come testimonia un mercato del programmatic display che vale 2,2 miliardi di euro. I marketer britannici sono particolarmente avanti nell’utilizzo dei dati e dei feedback da un punto di vista strategico, non solo ai fini di migliorare le campagne ma la loro intera strategia di businessâ€?. 14

La Francia è un paese simile alla Gran Bretagna per dimensioni, con 66 milioni di abitanti di cui 50 milioni online: “Ma il mercato display è pari a circa 1 miliardo di euro ed è quindi meno della metĂ di quello britannico – osserva Gertz –, e il tasso di adozione del digitale da parte dei consumatori, del mercato dei media e soprattutto delle aziende è nettamente inferiore. Del programmatic, i francesi apprezzano piĂš che negli altri paesi i benefit derivanti dal miglior targeting e dalla maggior personalizzazione possibiliâ€?. Anche il colosso tedesco, ha proseguito Gertz, si è mosso finora abbastanza lentamente: “La


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3 - CHI USA IL PROGRAMMATIC?

Fonte: IAB Europe, AppNexus and WARC study

popolazione è più numerosa (82 milioni di abitanti, di cui 67 milioni online) ma gli investimenti in display advertising sono di circa 1,3 miliardi di euro, quindi ben lontano da quanto registrato in UK. Dal nostro studio, però, la Germania è il paese in cui nell’ambito del programmatic trading la relazione fra buyer e seller si esprime all’insegna della massima collaborazione rispetto a quanto accade in qualsiasi altro paese”. Vediamo più nel dettaglio lo stato dell’arte dei diversi mercati così come emerso nel corso del webinar. t (SBO #SFUBHOB David Frew, Digital Programmes Manager di IAB UK, sottolinea come nel Regno Unito, alla fine del 2014, la quota del programmatic ha raggiunto il 46% del totale investimenti in online display: “Curiosamente – ha affermato – la Gran

Bretagna non è un mercato particolarmente avanzato o maturo sotto il profilo del programmatic, ma beneficia dell’effetto ‘alone’ degli investimenti delle grandi società americane. Per esempio, gli editori si stanno dimostrando assai cauti nell’offrire inventory video, mentre il mobile si è spostato verso il programmatic molto più velocemente grazie all’innovazione e alla standardizzazione di formati e misure”. Frew conferma inoltre che dopo un inizio in cui la performance e l’invenduto erano i capisaldi delle prime iniziative di Real Time Bidding, la crescita dei Private Marketplace ha portato giovamento a tutto il mercato e ha reso possibile la pianificazione automatizzata anche per campagne di branding. “Lo sviluppo attuale e futuro – ha aggiunto Frew –, è quello di marketplace privati sempre più grandi, in cui gruppi di editori locali o internazionali uniscono le forze: per esempio Pangaea Alliance, 15


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4 - PROGRAMMATIC ADV IN EUROPA: 2012 VS. 2013 (MILIONI DI EURO)

Fonte: IHS - IAB Europe Programmatic Market Sizing Study (settembre 2014)

che unisce attraverso la tecnologia messa a disposizione da Rubicon Project I]Z <jVgY^Vc! 8CC >ciZgcVi^dcVa! I]Z ;^cVcX^Va I^bZh Z I]dbhdc GZjiZgh! Xdc I]Z :Xdcdb^hi; oppure la cooperativa AOP (Association of Online Publishers), in cui si sono messi insieme IZaZ\gVe] BZY^V <gdje! I^bZ >cX#! =VnbVg`Zi BZY^V <gdje! 9Zcc^h EjWa^h]^c\ AiY! 6jid IgVYZg! ;jijgZ! H^[i BZY^V Z 7VjZg 8dchjbZg BZY^V utilizzando tecnologie AppNexus. Queste unioni, come quella di La Place Media in Francia, del Publisher Network in Danimarca e del Publisher Exchange nella Repubblica Ceca, nascono per condividere fra pari le informazioni sull’audience di ciascun portafoglio, con l’intento dichiarato di mettere insieme le forze per combattere lo strapotere dei colossi come Facebook o Google”. Altro fattore importante per lo sviluppo del mercato britannico è la presenza molto forte di buyer come WPP e Omnicom, le cui agenzie 16

hanno inizialmente svolto un ruolo di traino nei confronti dei clienti, soprattutto nell’area del branding, mentre oggi sono particolarmente concentrate sul mobile e sulle iniziative multiscreen. t 0MBOEB A illustrare lo stato dell’arte in Olanda è stato Kick Zandbergen, Chairman Programmatic Taskforce, IAB Nederland e Head of Partner Business Solutions Benelux, Google. “I Paesi Bassi sono stati tra i primi in Europa ad adottare il programmatic seguendo l’impronta statunitense: questo ha generato un mercato ricco e vivace, molto aperto all’innovazione, che ha permesso l’ingresso e la crescita di nuovi operatori su ogni piattaforma – mobile, video, web e recentemente anche radio – con enormi passi avanti soprattutto per i formati rich media e ad alto impatto. Nel 2014 il fatturato generato dal programmatic ha superato i 143 milioni di


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5 - 2012-2018 TASSO AGGREGATO DI CRESCITA NEI PRIMI 5 PAESI EUROPEI

Fonte: IHS - IAB Europe Programmatic Market Sizing Study (settembre 2014)

euro, quasi il +39% rispetto al 2013, e secondo le nostre stime il mercato continuerà a crescere anche nei prossimi anni: +28% nel 2015, toccando i 182 milioni di euro, e +30% nel 2016 per arrivare a quota 236 milioni”. Grazie ai numerosi venditori e agli exchange specializzati in rich media, spiega Zandbergen, “Il trading di questi formati ha migliorato la performance (media) delle campagne e la brand awareness dei brand inserzionisti, aumentando al contempo i CPM dei venditori e costruendo così un circolo virtuoso per l’intero mercato”. Interessante anche il fatto che l’area di maggior crescita sia quella delle Open Auction, che oggi rappresenta l’80% del totale mercato programmatic olandese; i Private Marketplace sono al 12% mentre è in calo l’Unreserved Fixed Rate (detti anche Preferred Deals): “C’è invece ancora molto spazio per lo sviluppo dell’Automated Guaranteed, modalità solo recentemente introdotta sul nostro mercato. Dal

punto di vista della trasparenza, il trading totalmente ‘blind’ è ormai meno del 2% del totale rispetto al 15% del 2012”. t (FSNBOJB “A trainare il mercato tedesco è oggi, finalmente, il lato sales – racconta Julian Simons, Chairman Committee Programmatic Advertising, BVDW (il capitolo tedesco dello IAB) e Managing Partner di Mediascale –, mentre sia i consumatori che gli investitori sono per natura più conservatori. Analizzando i numeri, la share del programmatic sul totale display è stata del 16% nel 2014: parliamo di un mercato che vale circa 250 milioni di euro, anche se si tratta solo di stime perché di rilevazioni ‘ufficiali’ non ce ne sono”. Secondo Simmons, fino allo scorso anno il mercato è stato frenato da tre fattori: la forza dei publisher tradizionali che non hanno fatto alcuno sforzo per offrire la propria inventory in modalità RTB temendo di non raggiungere prezzi 17


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6 - EUROPA: FATTURATO PUBBLICITARIO DELL’ONLINE DISPLAY PER MECCANICA (%)

Fonte: IHS - IAB Europe Programmatic Market Sizing Study (settembre 2014)

sufficientemente remunerativi; la non disponibilità di dati di terze parti da affiancare a quelli proprietari, vista la legislazione tedesca particolarmente restrittiva; l’incertezza degli investitori sulla qualità dei placement offerti dalle piattaforme RTB. “La chiave di volta che sta permettendo al mercato di crescere – chiarisce Simons – è l’introduzione negli ultimi mesi del Programmatic Direct, che consente agli editori il mantenimento del controllo sulla qualità e sui prezzi desiderato, soprattutto a riguardo degli spazi premium come il video. L’ingresso dei primi pool di editori così come la più ampia offerta di colossi come Google, YouTube o IP, sta portando i buyer del video a testare con maggior frequenza le soluzioni programmatiche, accelerando le dinamiche dell’intero mercato”.

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Nel frattempo, le principali concessionarie online, come Interactive e United Internet, si stanno focalizzando sull’unione di display e mobile attraverso offerte multiscreen che in un’ottica di efficienza possano attrarre i brand. “La quota del programmatic sul totale display – chiude Simons – crescerà fino a quasi il 30% del totale entro il 2016: ma si tratta di una stima molto conservativa”. t 'SBODJB Al webinar non ha partecipato un rappresentante di IAB France, ma le dinamiche del mercato d’Oltralpe sono efficacemente illustrate dal già citato white paper di IAB Europe, che ne sottolinea il maggior equilibrio nel rapporto fra venditori e acquirenti. Le prime a muoversi sul mercato del Real Time Bidding sono state le grandi concessionarie, come Orange Advertising e Hi-Media. Visto il loro successo, il resto della industry ha seguito l’esempio, con le già citate esperienze delle coalizioni di editori – oltre a La Place Media (fondata da I;& EjWa^X^i ! ;^\Vgd BZY^Vh! ;gVcXZ IZaZk^h^dc EjWa^X^i ! 6bVjgn B Y^Vh e AV\VgYZgZ EjWa^X^i , cui si sono aggiunti numerosi altri soggetti) anche Audience Square (guppo composto da 11 dei principali gruppi media francesi: AZh :X]dh! :megZhh GdjaVgiV! A^W gVi^dc! B+! AZ BdcYZ! CZmiGVY^dIK! CdjkZa DWhZgkViZjg! AZ Ed^ci! Eg^hbV B Y^V! 88B 7ZcX]bVg` Z GIA CZi) – che hanno accelerato la crescita del mercato (+125% nel 2014 vs. il 2013) più che in qualsiasi altro paese (eccezion fatta per gli USA). A metà dello scorso anno il 22% del mercato display transitava da piattaforme automatizzate. Una crescita destinata a proseguire, indica IAB Europe, grazie alla concomitanza di più fattori: la disponibilità di un nutrito pool di talenti matematici, i forti investimenti dei venture capitalist spinti dal successo di Criteo, l’impegno del governo francese nel trasformare Parigi in una ‘tech city’, e soprattutto il contemporaneo


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7 – LA DINAMICA DI MERCATO DEL PROGRAMMATIC ADVERTISING

Fonte: IAB Italia/Osservatori Digital Innovation - Politecnico di Milano

emergere ‘incrociato’ del programmatic e del mobile. - *UBMJB Ò JO SJUBSEP NB DSFTDF a tripla cifra Come osserva Simona Zanette, Past President e International Affairs & Event Consultant di IAB Italia, oltre che Membro dell’Executive Committee and Board di IAB Europe, intervenuta nel corso del webinar, “Rispetto ai trend europei, l’Italia è ancora leggermente indietro, per diverse ragioni: la riluttanza degli editori tradizionali ad adottare il modello programmatico; la mancanza di una cultura diffusa unita al timore di scarsa trasparenza; l’incapacità, fino a oggi, di editori e concessionarie di unirsi in pool come quelli che stanno nascendo in tutto il resto d’Europa e che presumo difficilmente vedremo nascere a breve nel nostro paese”. “Il mercato italiano è solo agli inizi del programmatic

Michele Marzan, Vice-Presidente IAB Italia e Regional Director Southern Europe del Gruppo zanox

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8 – UK: ENTRO LA FINE DEL 2014 IL 46% DEL TRADING ONLINE SARÀ PROGRAMMATICO

Fonte: IAB UK and MTM London//IAB Europe

e la sua dimensione è ancora ridotta – conferma il vice-presidente di IAB Italia, Michele Marzan –. I dati pubblicati da IAB Italia davano un mercato digital pari a 2 miliardi di euro, di cui il 56% era rappresentato dal display – dice Marzan –. Il programmatic in Italia nel 2014 rappresentava circa il 10% di questo mercato, per un valore stimato da IAB e Osservatorio del Politecnico per circa 110milioni di euro. Per il 2015 ci aspettiamo che la crescita sia sostenuta e che il programmatic raggiunga quota 200 milioni di euro, in linea con quelle che sono le dinamiche globali. Un risultato sotto questa soglia sarebbe un segnale che il mercato non ne ha ancora compreso le potenzialità effettive, mentre un risultato superiore ai 200 milioni di euro significherebbe che l’Italia sta cominciando a colmare il gap rispetto agli altri paesi più maturi. Teniamo presente che negli USA, 20

secondo le stime IAB, il mercato programmatic ha un valore di circa 10 miliardi di dollari, un indicazione delle potenzialità anche a livello europeo”. Come osservato dai più autorevoli esperti del settore, il programmatic rappresenta insieme a video, social e mobile uno dei driver fondamentali per la crescita della comunicazione digitale italiana. Ma quali saranno invece i driver su cui poggerà la crescita del mercato del programmatic nel 2015? “Sono molti gli aspetti che interverranno a determinare il suo successo nei prossimi mesi – chiarisce Marzan –, e molti di questi sono in mano ai player del settore digital che sono chiamati a sviluppare una corretta cultura attorno al tema, anche all’interno delle aziende investitrici. In primis è necessario che ci sia un adeguato sviluppo e qualificazione dell’offerta. Un aspetto


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9 – GERMANIA: LA QUOTA DI INVESTIMENTI ONLINE (DISPLAY) GESTITI IN PROGRAMMATIC

Fonte: BVDW/IAB Europe

che si lega a doppio filo a quello della trasparenza: è necessario che il meccanismo sia trasparente e metta in condizione l’inves titore di comprendere cosa sta acquistando. In questo senso la diffusione di una cultura della performance non può che portare con sé l’adozione di un approccio data-driven. Questo non significa dimenticare il tema del branding e della creatività, che rimangono centrali anche in un approccio fondato sui dati. E in particolare al centro di tutto si pongono i dati di prima parte, che diventeranno il vero valore in mano ai publisher e agli inserzionisti. Tutto questo deve portare a una adeguata valorizzazione del CPM. La qualificazione degli spazi, la pianificazione basata su dati sempre più dettagliati, la possibilità di raggiungere il target prescelto, nel contesto più adeguato, sviluppando soluzioni creative adattative e a crescente performance

devono essere riconosciuti dagli investitori”. “Come era facile preventivare – prosegue Marzan – uno degli hotopic del programmatic sarà il mobile. Il mobile non può fare leva sul sistema dei cookie. In USA il 28% delle impression programmatiche provengono da mobile, e la quota raggiungerà il 50% entro due anni. Insomma, la grande sfida si giocherà su questo fronte, con i dati di prima parte che in un contesto come quello mobile diventeranno sempre più centrali”. Anche in un mercato relativamente giovane come quello italiano si è assistito negli ultimi anni alla nascita di numerose strutture. Una tendenza che viene confermata da Marzan. “Il modello di business a cui stiamo assistendo, in Italia così come all’estero è quello del pesce grande che mangia il pesce piccolo – spiega il vice presidente di IAB –. Negli ultimi anni sono

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10 – OLANDA: LA CRESCITA DELLE REVENUE DELL’ADV ONLINE PROGRAMMATICO (2012-2013-2014)

Fonte: IAB Nederland/IAB Europe

nate numerose strutture di dimensioni ridotte ma ad alto grado di competenze, la scelta che si sono trovati ad affrontare i big player del settore è stata quindi quella tra acquisire queste strutture o sviluppare una start-up internaâ€?. * ESJWFS EJ TWJMVQQP CSBOEJOH WJEFP F NPCJMF Il passaggio dall’iniziale Real Time Bidding all’odierno e piĂš complesso scenario del Programmatic Trading appare ormai realtĂ consolidata, ma come abbiamo visto nei paragrafi precedenti il settore continua a dimostrare ovunque notevoli potenzialitĂ di ulteriore sviluppo. I trend piĂš evidenti di questo sviluppo si possono ricondurre a tre fenomeni. Il primo è l’adozione del programmatic da parte degli investitori con con obiettivi di branding e

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non solo di performance: inizialmente il suo utilizzo era infatti appannaggio pressochĂŠ esclusivo degli inserzionisti interessati al direct response, che acquistavano a CPC (cost per click) o a CPA (cost per acquisition), mentre oggi sono sempre piĂš numerosi i clienti che pianificano in programmatic anche campagne di brand awareness. La prima ragione è la spiccata preferenza di molti publisher per la costruzione di Private Marketplace in cui riversare la propria premium inventory: una crescita qualitativa degli spazi che, insieme alle piĂš mirate opportunitĂ di targeting rese possibili dai dati di prima e terza parte oggi disponibili, sta attirando sempre piĂš numerosi clienti da settori come Largo Consumo, Automotive e perfino Beni di Lusso. Naturalmente cambiano i KPI e le metriche per valutarne il ROI, ma i benefici dell’automazione rimangono.


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Il secondo trend è la già più volte evidenziata crescita d’importanza dell’automazione nella pianificazione del video. La crescita dell’online video, sia dal punto di vista del consumo, sia da quello delle pianificazioni pubblicitarie, è un fenomeno globale del quale anche il programmatic ha risentito favorevolmente. Secondo le stime di SpotXchange e IHS Electronics & Media, il mercato europeo degli investimenti in programmatic video dovrebbe toccare nel 2015 i 370 milioni di euro. A crescere saranno soprattutto le pianificazioni multiscreen (Tv + online) che daranno vita al ‘nuovo’ segmento della Programmatic Tv. Anche gli spazi televisivi lineari, cioè, potranno essere acquistati attraverso piattaforme programmatiche: vuoi attraverso AdExchange per le app delle Smart (‘connected’) Tv, vuoi utilizzando i dati dell’online per pianificazioni classiche ma targettizzate in modo più granulare. L’unico possibile handicap in questo campo è legato ai molti spazi di scarsa qualità che giocano sull’auto-play creando impression ‘fasulle’ – e quindi al tema della viewability. Terzo e fondamentale driver dell’evoluzione del mercato è il mobile. Tornando a citare il white paper di IAB Europe, “Il passaggio al mobile da parte dei consumatori è ben documentato e compreso, così come il fatto che l’advertising mobile deve ancora esprimere il suo pieno potenziale, tanto in termini di livello di spesa rispetto all’attenzione dei consumatori quanto di creatività dell’advertising stesso”. Quello mobile è un ecosistema complesso e caratterizzato da una moltitudine di piattaforme tecnologiche: ma avendolo inzialmente etichettato come ‘diverso’ (dal digital desktop) l’industria ha perso l’opportunità di sfruttarne le potenziali economie di scala. Tutto ciò sta cambiando, prosegue però il documento di IAB Europe, ed eliminando o almeno riducendone la complessità e creando le basi per l’estensione delle campagne in real time a questo canale, il

programmatic potrà diventare il catalizzatore dell’esplosione del mobile adv: grazie al programmatic, infatti, le risorse attualmente dedicate al planning, al buying e all’organizzazione del traffico delle campagne mobile potranno essere liberate e destinate a migliorare la qualità del pensiero strategico e creativo dedicato al mezzo. Al processo contribuirà inoltre la migrazione verso il mobile dei social media: già oggi la maggior parte del traffico social proviene da device diversi da computer fissi o portatili, e nuovi modelli di monetizzazione stanno guidando la convergenza fra ‘earned’ e ‘paid’ media. Le conseguenze per i brand e le loro agenzie saranno importanti: il consumatore mobile è ormai abituato alla connessione in tempo reale per entrare in contatto con le marche. Il native advertising attraverso i social feed rappresenta una grande opportunità: ma si tratta pur sempre di un ‘walled garden’, che presto gli inserzionisti cercheranno di superare aumentando la richiesta di spazi digitali a pagamento che consentano interazione ed engagement in tempo reale – attraverso qualsiasi device o piattaforma. “E questo – conclude IAB Europe – potrà avvenire solo attraverso il programmatic”.

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Più dati, più smart Tra first, second and third party data, la quantità di informazioni a disposizione delle aziende cresce a dismisura, e la partita si comincia a giocare sulla qualità. In una relazione con gli editori che deve dar vita a una situazione win-win. Con centri media e trading desk a creare valore per le parti.

Il 90% dei dati disponibili oggi sono stati prodotti negli ultimi due anni. Il dato, pazientate per il gioco di parole, può essere letto sia come una enorme risorsa nelle mani di chi queste informazioni le gestisce, o come un’occasione persa per chi non si è ancora attrezzato. Ovviamente, al centro del discorso si trovano di nuovo le media company, i publisher, che nel passaggio dai mezzi classici, cartaceo in particolare, al digitale, hanno visto bruciarsi risorse piuttosto che prodursene. È il progresso baby! E nel nuovo, mica troppo, scenario bisogna comprendere come operare. Se i publisher sono stati da sempre sulla frontiera nel raccogliere informazioni rispetto ai lettori, alcuni possono oggi vantare, grazie alla qualità dei propri contenuti, un rapporto di fiducia e riconoscibilità verso questi utenti. Ne consegue che non tutti i dati sono uguali. Da qui un primo tema relativo alla loro valorizzazione, a cui si collegano quello della trasparenza (si veda il capitolo 6) e dell’integrazione con le banche dati proprietarie degli advertiser. Insomma, come spesso accade, dopo aver risolto un problema di quantità, oggi il mercato si sta confrontando con la qualità dei dati. “Permettetemi di usare una formula a volte abusata, ma poche volte come in questo caso azzeccata – esordisce Michele Marzan, Regional Director Southern Europe del Gruppo 24

Alessio Angiolillo, Managing Director Performics

zanox –. ‘Less is more’. È vero che siamo seduti su un mare di dati e informazioni, che in alcuni casi non utilizziamo, ma è sempre una questione di costo/beneficio. È necessario ‘semplificare’ i dati, renderli utilizzabili, definire specifici KPI


capitolo2

La rappresentazione schematica delle diverse funzioni di una Data Management Platform (Fonte: Xaxis, 2014)

e comprendere quali siano le informazioni essenziali, quelle rilevanti e i nice-to-have. Il dato deve essere utilizzato per ottimizzare le scelte di pianificazione e comunicazione, al fine di gestire una serie di A/B test che ci consentano di migliorare efficacia ed efficienza delle campagne aumentando i tassi di conversione. Insomma, a servizio degli obiettivi del cliente”. Il programmatic consente finalmente di realizzare quel lavoro in tre fasi che ogni campagna di marketing dovrebbe avere, accelerandone i tempi e aumentandone l’efficienza. La tecnologia e i dati del programmatic promettono di sviluppare (1) l’analisi pre-campagna, sulla base delle precedenti esperienze, delle performance ottenute in passato e delle informazioni e i dati a disposizione, così da

poter agire in termini di (2) segmentazione e ottimizzazione grazie alle informazioni raccolte ad esempio attraverso i cookies, e infine concentrarsi (3) sull’analisi post-campagna, che mette in condizione l’investitore di comparare le performance raggiunte sulle diverse piattaforme dei publisher. Il tutto, in tempo reale durante la ‘messa in onda’ della campagna, dato che il sistema programmatico consente di lavorare al suo miglioramento, sotto tutti i punti di vista: dalla pianificazione, alla scelta del targeting, alle soluzioni in termini di creatività (si veda il capitolo 7). Un cambio quasi epocale, che promette di ridurre, o addirittura eliminare, la dimensione di ‘magica attesa’ che si aveva con le campagne 25


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Marco Ferrari, CEO di Turbo

classiche. Insomma, come se da bambini ci avessero messo in mano un apparecchio (oggi lo chiameremmo app) che dava le coordinate GPS della slitta di Babbo Natale, e in più ci avessero attaccato un bottone per ricordargli qual era il dono che avevamo richiesto. " CSBDDFUUP DPO HMJ FEJUPSJ Come si diceva, non tutti i dati sono uguali, e in questo quadro, come già indicava Marzan nel primo capitolo, un ruolo sempre più centrale e rilevante sarà giocato dai dati di prima parte, ossia quelli che sono di proprietà del publisher o dell’advertiser. Il loro ruolo crescerà nel tempo con il diffondersi delle funzioni di inibizione del tracking e di blocco automatico dei cookies di

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terze parti, già attivi su alcuni browser. Accanto a questi si trovano quelli di seconda parte, che possono essere ad esempio il frutto di partnership strategiche tra un publisher di grandi dimensioni e piccoli siti di nicchia con una base di utenti particolarmente profilata, sviluppate per rivendere quelle audience, o per obiettivi di ottimizzazione. Il tutto, sempre più spesso, con meccanismi di revenue-share. Allontanandosi dalla fonte si arriva ai così detti dati di terza parte, in cui le informazioni raccolte da un soggetto terzo, come può essere ad esempio un sito di travel o di booking, vengono offerte all’investitore pubblicitario per acquisire conoscenza sul target commerciale. Come si anticipava, in caso di dati raccolti da parte terza è necessario verificarne la qualità in termini di processo di acquisizione. Nel caso in cui i dati contengano informazioni personali questi sono infatti soggetti all’implementazione nazionale della Data Protection Directive (Directive 95/46/EC), che impone al soggetto che ha acquisito i dati di farlo informando gli utenti dell’uso che verrà fatto di questi dati. Ma anche nel caso di dati anonimi, la E-Privacy Directive (Directive 2002/58/EC as amended by Directive 2009/136/ EC) richiede che si avvisi l’utente delle tecniche di tracciamento attive sul sito. Una situazione che non si andrà a complicare e che, come già avevamo scritto l’anno scorso nel capitolo sui big-data ‘Dalle parole ai fatti’ del Webook 2014, tenderà invece a complicarsi con la crescente necessità di seguire l’utente nei suoi consumi multi-device. Insomma, che la partita si giocherà sulla gestione dei dati, appare ormai cosa ovvia, come conferma Guido Confalonieri Direttore Marketing Strategico Publitalia ’80: “Il tema della gestione dei dati sui comportamenti di consumo è sicuramente il punto nodale dello sviluppo del mercato, tanto per beni e servizi, quanto per mezzi e contenuti – dice infatti –.


capitolo2

Sebbene la televisione non abbia molte possibilità di raccogliere questo tipo di informazioni, al di fuori delle currency note, stiamo elaborando metodologie di data enrichment grazie al supporto di partner specializzati in questo tipo di attività. Queste informazioni potranno essere la base su cui costruire un’offerta editoriale che renda sempre più funzionale e gradevole la fruizione dei nostri contenuti su tutte le piattaforme di distribuzione disponibili. Siamo certi, altresì, che questo percorso ci aiuterà a trovare le chiavi giuste per proporre il nostro supporto agli investitori, sempre più alla ricerca dei migliori profili di pianificazione per i loro prodotti”. In questo quadro, le agenzie, i centri media, e in generale le strutture che operano con il programmatic sono chiamate a lavorare su entrambi i lati del mercato, creando valore sia per gli advertiser che per i publisher. Le due cose, in un sistema trasparente e funzionale, vanno di pari passo, come spiega Sara Buluggiu, Sales Director, Southern Europe Rubicon Project, quando sottolinea che l’interesse di Rubicon è “Fare felici gli editori: questo fa sì che si cerchi di garantire la migliore user experience ai consumatori e si permetta a tutti gli attori di comprare gli strumenti al momento migliore. È un circolo virtuoso che fa bene all’intero comparto”. -B DPSTB BM OVPWP APSP EJHJUBMF ‘Accedi’, Accedi con il tuo profilo Facebook/Linkedin/Twitter/etc.’, ‘Sincronizza il profilo’, ‘Vuoi fare il log-in?’, ‘Consenti a G**** di accedere alla tua posizione?’, ‘Consentici di migliorare la tua esperienza di navigazione’, ‘Accedendo a questo sito accetti che vengano installati cookies. Accetti?’. E chi più ne ha, più ne metta. Perché quella che si è scatenata è una vera e propria corsa al nuovo ‘oro digitale’, i dati, le informazioni. Ma cos’è che raccolgono su di noi, cosa vogliono

Il ‘white paper’ di IAB Europe dedicato al Programmatic Trading (luglio 2014)

sapere? Verrebbe da rispondere ‘tutto’, ma la suddivisione operata da IAB dei dati che più comunemente vengono raccolti e analizzati dalle diverse strutture ci consente di entrare un po’ più nel dettaglio. Cominciamo con il profilo demografico. Chi è il nostro utente, che sesso, età, eventualmente città ci ha dichiarato al momento del processo di sign-up? Possiamo evincere i suoi interessi, dalle foto che guarda, dai siti su cui naviga, dai blog che legge?

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Le ricerche che lancia su Google (nel 90% dei casi se parliamo di un utente europeo) o su Bing, Yahoo! e gli altri search engine, il suo accesso a specifiche pagine, magari contenenti un’offerta commerciale, denunciano le sue intenzioni di acquisto. Se questa intenzione non si è ancora materializzata si può agire in termini di site retargeting, quando invece l’azione si è conclusa si parlerà di existing customer upsell. Cambia il soggetto a cui si vuole vendere e la pagina (il punto del funnel di acquisto) in cui questo si trova, e quindi, di nuovo, i dati che abbiamo su di lei/lui. La promessa di efficienza è altissima, ma il sistema è sempre più complesso. Un’eccessiva targetizzazione può portare a perdere di vista l’acquirente, può essere il caso del segmento toys, dove focalizzandosi su chi lancia ricerche potremmo trovarci a interagire solo con minorenni privi di carta di credito, o ancora, per avere un dato utile, è spesso necessario eliminare coloro che hanno concluso un acquisto simile in tempi troppo recenti perché abbiano di nuovo interesse per quello specifico prodotto e/o servizio. Sono solo due esempi, ma il lavoro di chi si occupa di pianificazione in ambito programmatic è evidentemente più complesso. Quando si parla di efficienza è impossibile non parlare anche di efficacia, e il dato di fatto è che le ricerche campionarie, che tendevano a restituire un’immagine, dettagliata ed evocativa, ma pur sempre un’immagine del target di riferimento, sono oggi sempre meno attraenti per gli investitori pubblicitari, che guardano ai big-data come promessa di precisione ed estensione. Per dirla in altro modo: se posso avere l’originale, perché scegliere la copia sfuocata? Una chiara risposta a questa domanda è arrivata a marzo del 2015 da Nielsen che ha concluso l’acquisto della DMP (Digital Media Platform) eXelate, per un prezzo che, secondo il Wall Street Journal, dovrebbe aggirarsi attorno ai

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Luca Carrozza, General Manager MAP (IPG Mediabrands)

200 milioni di dollari. Un modo per aumentare il valore e le soluzioni offerte ai propri clienti, da un lato. Ma anche un’assicurazione nel caso in cui le analisi sui big data dovessero soppiantare quelle campionarie. )JQ DPPM TNBSU La sensazione era nell’aria, ma è sempre più evidente che le agenzie media, assieme ai trading desk, siano diventati il soggetto più hip del comparto della comunicazione. Una parabola narrativa perfettamente in linea con un mercato sempre più dominato da chi i numeri li mastica davvero. E ora che si trovano sulla cresta


capitolo2

dell’onda, le centrali si interrogano su quali saranno i prossimi step. Un suggerimento arriva da Alessio Angiolillo, Managing Director Performics. “Il prossimo passo nel processo evolutivo dei centri media sarà quello di una crescente e maggiore focalizzazione sull’analisi dei dati e sulla capacità di creare valore aggiunto attraverso questi – spiega Angiolillo –. Già oggi, siamo capaci di far dialogare tra di loro le diverse tecnologie di acquisizione, gestione, ottimizzazione del target che non parlano tra di loro, fornendo al nostro cliente una visione complessiva. Siamo analisti e ottimizzatori in tempo reale delle performance. Questo, in estrema sintesi, il nostro ruolo. Ed è un ruolo che giochiamo all’interno di un sistema complesso, interagendo con gli altri attori. È improbabile che ci troviamo seduti da soli al tavolo con il cliente. Alle riunioni, e più in generale nei progetti, ci troviamo a collaborare con le altre agenzie di ZenithOptimedia o di altri gruppi. In queste occasioni noi siamo chiamati a garantire una visione di insieme, fornendo un approccio olistico. Tutto questo si traduce in alcuni casi per Performics in una funzione di coordinamento e guida”. Se i dati sono il nuovo perno attorno a cui gira tutto, è ovvio che le diverse strutture si stiano attrezzando per fornire servizi sempre migliori ai propri clienti. È il caso di Turbo, come ci racconta Marco Ferrari. “Sul fronte dati, Turbo ha lanciato recentemente l’offerta DMP Solutions, in partnership esclusiva con Neodata Group, leader italiano nell’analisi di Big Data – dice il CEO di Turbo -. La nostra soluzione di Data Management Platform per le Aziende, permette alle Brand non solo di aggregare i dati aziendali in un unico ambiente, ma di attivarli in tempo reale nelle campagne in Programmatic, con tutta la garanzia di controllo, sicurezza e riservatezza dei dati di un framework proprietario. Per quanto riguarda l’user

experience dei consumatori, l’utilizzo dei dati non riguarda soltanto l’ottimizzazione dell’attività di planning, ma permette anche di organizzare i contenuti digitali (Dynamic Site Optimization) in base alle caratteristiche dell’audience, adattando l’organizzazione dei siti e dei contenuti al target di riferimento”. Nel caso del programmatic, data la necessità di integrare i dati di diverse parti, compresa quella del cliente, il rapporto tra agenzia e cliente diviene sempre più di partnership. Fuori da ogni retorica, quindi, come spiega Luca Carrozza, General Manager MAP, è proprio nella relazione tra le parti che si crea il valore. “La chiave nel fornire del valore a clienti e agenzie per un trading desk è riuscire a integrare efficienza ed efficacia – argomenta Carrozza –. Cioè andare oltre al beneficio in termini di riduzione del costo di acquisizione e di incremento delle performance. Su questi due punti, attraverso sistemi e algoritmi, la ‘tecnologia’ può fare la differenza. La nostra ottica è però di non limitarci ai benefici dell’efficienza. E per perseguire obiettivi di efficacia è necessario poter lavorare sui dati anche in ottica più qualitativa, e su questo punto siamo convinti che la differenza sia fatta dalla possibilità di avere l’approccio integrato e la conoscenza del mercato e del cliente che solo una agenzia può avere. La tecnologia e il dato ci offrono strumenti molto potenti per aumentare l’efficienza di tutti i processi tipici del media. Ma per essere anche efficaci sono indispensabili la competenza e l’esperienza che solo chi è partner di successo da anni di clienti di successo può avere: per questo IPG Mediabrand si fonda sulla sinergia tra chi possiede anni di competenza ed esperienza proprio sull’analisi e il design della “migliore esperienza utente dei consumatori”, le agenzie, e chi può garantire lo stesso livello di qualità su singoli verticali e tecnologie innovative, le specialties”.

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Invasione Programmatica L’estensione del programmatic agli altri media tradizionali, soprattutto in vista di una loro ‘piena’ digitalizzazione, appare meno lontana di quanto si potrebbe immaginare, e la maggior parte dei grandi player si sta avvicinando. Come spesso accade per i late adopters, il mercato Italiano potrebbe godere dei test e delle sperimentazioni condotte in paesi più avanzati.

SVILUPPATE un prodotto o servizio innovativo. Individuate una nicchia di mercato interessata alla soluzione che volete proporre. Proponete la soluzione e perfezionatela sulla base dei feedback ottenuti. Quando questa prima nicchia di clienti ha adottato la nuova soluzione tecnologica, segmentate il mercato. Rimodellate l’offerta sulla base delle richieste dei nuovi segmenti di clientela individuati. Conquistate nuove nicchie di mercato. Estendete l’offerta all’intero mercato creando una soluzione standardizzata adatta a tutti i segmenti di clienti o, meglio, sviluppando una soluzione customizzabile. È così che potrebbe suonare la ricetta base per la diffusione di un’innovazione tecnologica. Ed è questo il percorso che sta compiendo il programmatic, che come spiega Marco Ferrari, CEO di Turbo, in estrema sintesi può essere definito come: “Utilizzo di tecnologia e piattaforme per fare dialogare direttamente domanda e offerta; e utilizzo di matematica e algoritmi per ottimizzare gli effetti di questo dialogo”. Una tecnologia che si compone quindi di due elementi: da un lato una accresciuta capacità di segmentazione delle audience, con possibilità di gestione in real time delle campagne per una loro ottimizzazione su tutti i fronti, da quello della pianificazione, con eventuale re-targeting, a 30

quello della creatività; dall’altro un’automazione del meccanismo di acquisto e vendita degli spazi pubblicitari, con i due lati del mercato, gli advertiser e i publisher, messi in condizione di accelerare l’intero processo. L’effetto finale è duplice, con benefici sia in termini di efficacia della campagna che di efficienza, sia economica, ossia migliore allocazione del budget, che di processo, migliore impiego delle risorse umane. Proprio questo duplice ‘effetto ottimizzazione’ si configura oggi come principale limite a una completa e concreta diffusione del programmatic al di fuori dell’ambiente digital e in particolare del web. E infatti, su mezzi come quello televisivo, radiofonico o nell’outdoor si assiste a sperimentazioni o soluzioni e proposte di carattere tattico. Ma come e quanto si sta muovendo il mercato in termini di piattaforme e mezzi? Per contro, qual è lo stato dell’arte sotto il profilo dei media già a tutti gli effetti digitali? Qual è a oggi il peso del programmatic in aree quali social, video e mobile? -B AOJDDIJB EJHJUBM Partiamo dall’inizio e ci permettiamo un titolo che non può che far sorridere, perché oggi il digital, nel resto del mondo come in Italia, è tutto fuorché una nicchia, piuttosto un segmento di mercato in costante crescita: in Italia il digital advertising ha raccolto nel 2014 circa 2 miliardi


capitolo3

1 – INTERNET ADVERTISING – INVESTIMENTI

Fonte: rielaborazione IAB su dati Nielsen e PoliMi – milioni di euro

di euro, di cui quasi il 50% era di pertinenza di Google, mentre il display (banner, video e social) contava per circa 1,3 miliardi. Come ricorda Alessio Angiolillo, Managing Director Performics, “Proprio Google ci ha fatto conoscere il programmatic con il search, e ora questa modalità di acquisto si è spostata sul display. Per non dimenticare il social advertising, dove ben più della metà degli spazi pubblicitari sono transati in programmatico”. Il programmatic, aggiunge Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic di Teads, rappresenta circa un decimo del volume complessivo del mercato display. “Secondo i dati IAB, in Italia la pubblicità automatizzata ha toccato quota 110 milioni nel 2014, in aumento del 120% anno su anno, per una quota pari al 10% del totale display – dice De Vita –. La cosa più interessante è il dato MagnaGlobal che prevede che (^c >iVa^V! cYg) il 31% degli investimenti digital saranno

eseguiti in programmatic entro il 2017”. Sara Buluggiu offre delle stime per il 2015, almeno per quanto riguarda Rubicon Project, struttura di cui è Sales Director Southern Europe. “Per quanto riguarda Rubicon Project, a oggi in Italia il programmatico è in crescita nel comparto digitale e da circa il 10% si arriverà a un 15-18%, in linea con le stime dell’Osservatorio del Politecnico di Milano – afferma –. Differisce invece la nostra stima rispetto alla share tra private marketplace e open. Nel nostro caso i deal pesano per un 20% a fronte dell’8% stimato dall’Osservatorio del Politecnico di Milano”. Una crescita, quella del programmatic, che dopo aver innovato le modalità di acquisto e gestione della display classica e degli spazi pubblicitari sui social, sta ora interessando con sempre maggior forza il video e il mobile. Ma l’estensione del modello programmatico ai diver 31


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2 - PENETRAZIONE DEL PROGRAMMATIC, 2017

Fonte: Magna Global, 2015

si formati e mezzi, come chiarisce Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic di Teads, potrebbe essere messa sotto scacco dall’introduzione di nuove leggi a tutela della privacy. “La display tradizionale su desktop grazie ai cookies ha cominciato a dire la sua anche in ambito direct response – argomenta De Vita –, ma come sappiamo i cookie sono destinati a scomparire, e con essi tutta l’attuale impalcatura del mercato dei dati di terze parti; l’adozione di uno standard universale che sostituisca il cookie e consenta il tracking cross-device, dovrebbe dare un’ulteriore impennata agli investimenti, soprattutto in ambito mobile, mentre per il video il driver è la possibilità di utilizzare metriche televisive quali il GRP, e drenare investimenti proprio dalla Tv. Per il social, Facebook con il lancio di Website Custom Audiences sfrutta il suo enorme patrimonio di dati, trasformandosi di fatto nella più grande piattaforma data-driven e cross-device al mondo”. 32

"MMB DPORVJTUB EFHMJ BMUSJ NF[[J Il tema è nell’aria e la domanda viene ripetuta a ogni seminario, convention o presentazione che tratti di programmatic: quando il modello programmatico sarà esteso agli altri mezzi? Forse è ancora presto per ipotizzare il passaggio a modalità di trading automatizzate per tutti i media classici, ma come dice Angiolillo non mancano segnali di un cambiamento in questa direzione. “Il mercato sta andando verso un acquisto e un utilizzo programmatico e in RTB, questo è incontrovertibile. Con diverse velocità e connotazioni, ma ormai anche i nostri publisher locali stanno andando nella direzione programmatic. È una situazione comprensibile, ma che dovrà svilupparsi – afferma Angiolillo –. Rispetto agli altri media, una estensione del programmatic appare invece ancora lontana dal realizzarsi, e in alcuni casi, a oggi, non esistono soluzioni percorribili”. Del resto i concetti di trading desk e disintermediazione che stanno alla base del programmatico non nascono in ambito media e,


capitolo3

3 - USA: UTILIZZO DEL PROGRAMMATIC PER IL BUYING DELLA TV TRADIZIONALE

Fonte: Cowen and Company, “Annual Ad Buyer Survey III: 2015 Outlook”, dicembre 2014

anzi sono stati mutuati da altri mercati. “Come già accaduto in altri mercati, quali borsa, viaggi e prenotazioni – spiega Marco Ferrari – i processi di disintermediazione, una volta avviati sono ineluttabili. Per questo motivo riteniamo che sia solo questione di tempo l’utilizzo della tecnologia e della matematica anche sui mezzi ‘classici’ rispetto al digitale. Anche su radio, stampa e Tv vedremo presto l’impatto dell’animazione, come si intuisce dai primi progetti in sviluppo sia a livello internazionale (Wide Orbit, Clypd) che italiano (Stingmedia)”. Un punto di vista condiviso da Buluggiu e De Vita è quello rivolto agli USA in cerca di benchmark e modelli di riferimento: “Facendo riferimento ai media classici, che siano Tv, radio o outdoor, c’è tantissimo allo studio – osserva la prima –. Negli Stati Uniti ci sono esperimenti per il programmatico nella Tv, mentre nei paesi nordici sono stati fatti studi per la vendita di spazi in programmatico nella radio e nell’outdoor. Ciò detto, i tempi di introduzione ed estensione di queste soluzioni dipenderanno

dagli editori e dalle loro scelte”. Non solo sperimentazione, ma anche pianificazioni quelle americane, dove, come spiega De Vita “Le logiche programmatiche sono già utilizzate anche per la televisione; non sono più i programmi a guidare il planning, ma l’audience, indipendentemente dal contenuto. Il Programmatic sta rivoluzionando il mondo del marketing e dei media grazie ai dati e questo fa sì che media buyer, inserzionisti e aziende di tecnologia si stiano preparando per un futuro ‘platform-agnostic’; chi distribuisce spot video digitali, lo farà su tutti gli schermi, siano essi smartphone, tablet, IPTV, Tv via satellite o via cavo”. E tra le strutture che all’estero stanno portando avanti test, sperimentazioni e programmi pilota si trova anche IPG Mediabrands. “L’utilizzo di piattaforme e strumenti automatizzati per le attività di strategia, buying, execution e misurazione è ormai un dato di fatto imprescindibile per qualsiasi attività di marketing e comunicazione. In questo senso la quota di 33


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4 - USA: INVESTITORI TV CHE USANO IL PROGRAMMATIC (% OGGI VS. % FRA 12 MESI)

0% 1%-5% 6%-10% 11%-15% 16%-20% 21%-30% 31%-50% 51%-75% 76%-100%

Oggi

fra 12 mesi

61,8% 17,6% 8,1% 4,0% 1,8% 2,6% 2,9% 0,0% 1,1%

21,3% 30,9% 17,3% 9,2% 10,7% 3,3% 4,0% 1,8% 1,

Fonte: eMarketer/Digiday, “State of the industry: Programmatic Tv is up next”, marzo 2015

attività su piattaforma è sia in crescita sia elemento cruciale per qualsiasi mezzo – argomenta Luca Carrozza General Manager MAP –. Questo è uno dei principi sui quali si basa la mission di IPG Mediabrands, assumersi la responsabilità di supportare il cliente in tutti i sui obiettivi di business, e l’implementazione di questa mission attraverso il lavoro integrato delle sue agenzie e specialties. Il livello di implementazione di questo approccio poi si differenzia sui diversi mercati in funzione della maturità e rilevanza degli stessi per ciascun cliente e brand. Oggi IPG Mediabrands e Cadreon sono pionieri in Nord America nel test & learn su come introdurre un approccio programmatico sul mezzo televisivo, in UK e altri paesi EMEA sulla radio, in Australia sull’Out Of Home. Ma non dobbiamo dimenticare che l’approccio programmatic è solo una delle leve sulle quali può lavorare una strategia di real time marketing, anche per questo l’attenzione e gli

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investimenti sono anche su come l’evoluzione tecnologica sta trasformando modalità e possibilità di creare e distribuire i contenuti. Il cambio di prospettiva è soprattutto metodologico: gli strumenti tecnologici continuano a crescere in termini di numero e complessità, ma non possono essere l’elemento differenziante, se non nei primissimi tempi di introduzione sul mercato. In un ecosistema complesso in ottica a medio e lungo termine vince chi riesce a coniugare un ruolo di facilitatore con una tensione al miglioramento continuo e questa è la nostra vision”. Per venire ai dati, secondo uno studio realizzato da Cowen and Company a dicembre 2014 e ripreso da eMarketer, il 15% dei senior buyer in US hanno utilizzato modalità di acquisto programmatico per acquistare spazi pubblicitari televisivi tradizionali, mentre circa il 20% dichiarava di avere intenzione di farlo nel 2015. Secondo una differente ricerca, condotta sempre negli Stati Uniti da Digiday, la crescita degli utilizzatori sarà piuttosto rapida, anche se, almeno inizialmente, gli utenti della programmatic Tv cresceranno più rapidamente degli investimenti – segno evidente che anche un mercato così avanzato avverte tutt’ora la necessità di sperimentare e testare l’automazione del buying di un mezzo così importante. *M MBCFM QSPHSBNNBUJD Ma come viene applicato il label programmatic? Il dato di fatto è che i broadcaster Tv, in US come in UK, nei Nordics e anche nel nostro paese stanno offrendo soluzioni che tengono sempre più in considerazione i big data a loro disposizione. Le media company televisive, ma anche quelle radiofoniche e in alcuni casi i player dell’outdoor stanno fornendo ai propri clienti dati sempre più sofisticati e precisi che superano il modello classico delle profilazioni socio-demografiche. L’uso delle proprie


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piattaforme in maniera integrata consente loro di garantire informazioni sempre più smart. Ma se per programmatic intendiamo il processo di gestione e acquisto degli spazi pubblicitari allora il framework, come chiarisce Michele Marzan, CEO Zanox e Vice-Presidente IAB Italia, cambia. “Se affrontiamo la questione da un punto di vista della vision, allora non possiamo che prevedere una estensione del programmatic anche agli altri mezzi – dice Marzan –. Il discorso cambia però se facciamo riferimento alla situazione presente e in particolare al contesto italiano. Tutti i player si stanno interrogando su quali siano le soluzioni. Se il web guida il cambiamento, gli altri mezzi seguono a distanze diverse. Le radio digitali, proprio per questa loro natura, sono le prime a essersi adeguate, proponendo soluzioni programmatic. Segue l’Outdoor, che sta mettendo a punto proposte concrete. Test e sperimentazioni sono state realizzate in Australia, così come in USA e UK, mercati decisamente più maturi di quello italiano, in cui gli operatori stanno cominciando ora questo percorso. Diverso il discorso per la Tv e la stampa. Gli editori cartacei hanno già sviluppato soluzioni programmatic per il lato web, ma una vera integrazione tra la carta e l’online è ancora lontana dallo svilupparsi. Per la Tv il posizionamento è intermedio. È chiaro che ci sia molto fermento, le possibilità sono enormi, ma ad oggi siamo in una fase prettamente sperimentale”. A complicare il discorso per quanto riguarda i mezzi classici – e in particolare quello televisivo – intervengono le abitudini di consumo. “Quello del programmatic applicato agli altri mezzi non è ancora un fenomeno ‘mass market’, ma in realtà il momento della transizione è già qui: il futuro è adesso, come si dice… - afferma Enrico Quaroni, Country Manager per l’Italia di Rocket Fuel –. Per quanto riguarda la televisione, la vera differenza rispetto agli altri

Guido Confalonieri, Direttore Marketing Strategico Publitalia ’80

media è che si tratta di un mezzo il cui utilizzo è spesso familiare e non ‘personale’, il che rende non impossibile ma molto più difficile identificare la singola persona che ne costituisce l’audience. Ma ci sono strumenti di analisi che oggi possono permettere di avvicinarsi molto all’obiettivo. Lo stesso avverrà/avviene per l’Out Of Home grazie alla tecnologia degli smartphone e ai device wearable come smartwatch o Google Glasses, che grazie al GPS consentiranno di analizzare i movimenti e i passaggi delle singole persone di fronte a impianti capaci di ‘riconoscerle’ e interagire con loro”.

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Giovanna Loi, Managing Director Xaxis (GroupM)

-B QBSPMB BJ NF[[J USBEJ[JPOBMJ Ma cosa ne pensano i diretti interessati? L’interesse è alto e le divisioni di ricerca e sviluppo tecnologico dei player italiani sono al centro dell’attenzione. Il mercato italiano del programmatico è destinato a crescere e colmare il gap rispetto agli altri paesi europei. Nessuno vuole restare fuori e tutti vogliono garantire ai propri clienti il miglior servizio possibile. “I segnali non mancano, così come le motivazioni che spingerebbero il mercato nella direzione di una automazione dei processi d’acquisto delle campagne anche sui media tradizionali – dice Guido Confalonieri,

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Direttore Marketing Strategico Publitalia ’80 –. Basti pensare, per esempio, alla complessità, e mi riferisco al solo mercato televisivo, che l’esplosione dell’offerta in termini di canali e servizi ha portato all’interno del sistema per chi pianifica. Una semplificazione del modello sarebbe certamente accolta da tutti con favore. Al di là di questa osservazione, che potrebbe essere fin troppo banale, bisogna poi fare i conti con la realtà. Questa ci dice che i meccanismi di negoziazione dei media classici, ormai consolidati da decenni di prassi, non sono poi così facilmente replicabili attraverso piattaforme tecnologiche e che, comunque, il cambiamento richiesto è anche nella direzione di una nuova ‘cultura di mercato’. Mentre per il web la natura stessa del mezzo e la filiera operativa facilita un approccio all’acquisto programmatico, per gli altri media più tradizionali l’evoluzione è sicuramente più lenta. Sempre per stare in ambito televisivo, a dispetto delle molte dichiarazioni che annunciano novità in questo settore, nel mondo sono pochissime le esperienze concrete di piattaforme per l’acquisto programmatico, proprio perché la gestione del media ha un livello di complessità che impedisce una completa automazione dei processi. L’importante però è non perdere troppo tempo perché lo sviluppo del sistema è paragonabile all’attività vulcanica; evolve in modo improvviso. L’approccio corretto, dal nostro punto di vista, è quello dei piccoli passi e della sperimentazione, individuando aree di intervento circoscritte, per testare la reale efficienza delle applicazioni e i benefici trasferiti alla filiera. Per farci trovare pronti, noi stiamo lavorando proprio in questa direzione e daremo, a breve, riscontri concreti”. Ma quali sono queste soluzioni concrete che sono al vaglio degli operatori televisivi? “In questo momento i second screen e companion device consentono di attenuare il gap, ottenendo un effetto di sincronizzazione tra la pubblicità Tv e i device connessi – prosegue


capitolo3

Paolo Dosi, CEO Clear Channel Italy Outdoor

Confalonieri –. Per sapere cosa sta guardando l’utente e quindi avere una profilazione più specifica, al netto dei meccanismi di tutela della privacy, o ho un applicazione simultanea, come può essere BZY^VhZi 8dccZXi, che fa sì che il mio status di spettatore televisivo di uno specifico canale e contenuto sia tracciato, o siamo in presenza di un televisore di ultima generazione connesso. La quota di Tv connessi è in continua crescita e l’inserimento di soluzioni wi-fi al’interno dei nuovi apparecchi semplifica molto questo processo, facilitando il dialogo con i second screen. In questo senso il gap tecnologico verrà superato con l’aggiornamento del parco televisori”. In attesa della diffusione e dell’effettivo utilizzo delle connected Tv, le soluzioni di carattere tattico, come spiega Marzan, risultano comunque molto richieste dagli advertiser: “la convergenza

delle campagne e la scelta di pianificazioni multi device, soprattutto in ambito video, con l’affiancamento al mezzo televisivo dei companion device è una strada ampiamente percorsa e che viene richiesta con frequenza dagli investitori”. Non solo sperimentazione, quindi, come conferma anche Giovanna Loi, Managing Director Xaxis, l’audience buying company di GroupM: “L’estensione del Programmatic ad altri media è già una realtà, anche se ancora in fase iniziale, che si sta sviluppando su due direzioni: da un lato l’automazione del Buying che semplifica il processo di vendita e la gestione dell’inventory degli spazi pubblicitari, applicabile potenzialmente a qualsiasi media, perché crea uno spazio virtuale per la domanda e l’offerta, dall’altro fin tanto che i media tradizionali non saranno più così tradizionali incontrandosi a metà strada con il Digital, la tecnologia abiliterà anche l’erogazione degli spazi in chiave Programmatic, in particolare su Radio e Televisione. La possibilità di erogare pubblicità in modo dinamico e in tempo reale è già realtà sulle piattaforme smart TV e addressable TV. La naturale evoluzione raggiungerà presto anche la televisione lineare e i broadcaster, che sono spinti ad investire per l’aggiornamento delle piattaforme del mezzo, avranno l’opportunità di offrire un approccio olistico alla distribuzione della pubblicità video su tutti gli schermi, con la possibilità di profilare tanto il messaggio pubblicitario quanto il contenuto stesso in base alle informazioni dell’audience connessa”. Tra le soluzioni sviluppate da Xaxis si ha MVm^h hncX che, come spiega Loi, “Permette di creare nuovi momenti di comunicazione abilitando l’esperienza multicanale da parte dell’utente. Grazie alla nostra piattaforma di Programmatic Buying, siamo in grado di individuare in real time i passaggi dello spot in Tv e istantaneamente lanciare una campagna online rivolta ai second screen creando un picco di comunicazione

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Un primo passo verso l’applicazione del programmatic alla Tv lineare è rappresentato dai second screen e companion device, che consentono di ottenere un effetto di ‘sincronizzazione’ tra la pubblicità Tv e i device connessi: un applicazione come Mediaset Connect, per esempio, rende di fatto ‘tracciabile’ lo spettatore televisivo di uno specifico canale e contenuto

complementare e integrato a quello televisivo, garantendo un’esperienza di continuità tra i due mezzi con un incremento di efficacia delle campagne. Il nostro obiettivo è quello di mettere al centro l’audience e non il singolo mezzo. Per questo motivo da un lato i nostri prodotti sono sempre più volti verso la multicanalità, seguendo l’utente nei diversi touch point, e dall’altro i nostri algoritmi integrano tutti questi ‘punti dato’ per profilare sempre meglio il consumatore”. Test e sperimentazioni sono all’ordine del giorno anche nel settore dell’outdoor, come segnalavano anche gli altri intervistati, e in Italia Clear Channel sta valutando quali soluzioni potrebbero essere implementate nel prossimo futuro. 38

“Clear Channel – testimonia Paolo Dosi, ceo della sede italiana della concessionaria – ha già portato avanti i primi esperimenti nel campo del programmatic applicato all’Out Of Home in Australia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Anche in Italia stiamo studiando come approcciare questa nuova metodologia di vendita: sicuramente rappresenta il futuro, ma al tempo stesso vogliamo cercare di interpretarla e di applicarla in modo non ‘svilente’, per dare valore alla premium audience dei nostri mezzi. Per chiarire: nel momento in cui grazie anche alla nuova AudiOutdoor, avremo a disposizione i profili dei milioni di passeggeri che ogni anno passano dagli Aeroporti di Roma, sarebbe un’assurdità ‘buttarli’ su una


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Grazie alla sua piattaforma di Programmatic Buying, Xaxis è in grado di individuare in real time i passaggi di uno spot in Tv e istantaneamente lanciare una campagna online rivolta ai second screen, creando un picco di comunicazione complementare e integrato a quello televisivo, garantendo un’esperienza di continuità tra i due mezzi con un incremento di efficacia delle campagne

piattaforma di Real Time Bidding. La logica con cui approcceremo il programmatic sarà perciò più quella di un eg^kViZ bVg`ZieaVXZ piuttosto che un sistema deZc”. L’intenzione di Dosi è quella che sia Clear Channel a guidare e gestire direttamente l’intero processo: “In questo modo si potrà infatti creare per noi una nuova, doppia opportunità di business: da un lato vendere agli inserzionisti gli spazi capaci di intercettare il passaggio di un’audience qualificata; dall’altro valorizzare quella specifica audience dando ai brand l’opportunità di dialogare e interagire con una fascia di popolazione dal profilo dinamico, giovane e soprattutto scarsamente raggiungibile con i mezzi tradizionali”.

Se Tv e outdoor sperimentano, la radio con il formato web e con la diffusione dei nuovi device ibridi sembra il candidato più accreditato per sviluppare il formato programmatic all’interno dei classic media. “RTL 102.5 in ambito innovazione è stato il primo soggetto a stravolgere il concetto di radio – afferma Eugenio La Teana, Head of Research and Development di RTL 102.5 –. Alcuni anni fa abbiamo cominciato a cambiare approccio, muovendoci verso un concetto di multimedia e multipiattaforma che avesse al proprio centro il contenuto. Una volta deciso di destrutturare la radio abbiamo puntato a preservare il suo cuore, ossia, appunto, il contenuto. Il primo grande passaggio è stato verso la radiovisione. Un

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Lo sviluppo delle radio ibride, che mixano la semplicità della ricezione in broadcasting con un display in stile tablet, apre anche questo mezzo a soluzioni interattive, dall’accesso a internet all’uso dei social: siamo ancora in una fase di introduzione, ma questo consentirà di sviluppare a pieno soluzioni programmatic per gli advertiser

passaggio che abbiamo fatto con attenzione a rimanere fedeli al modello radiofonico. Non abbiamo cambiato la tipicità della radio, ma semplicemente abbiamo aggiunto delle telecamere alla diretta. Ancora oggi rispettiamo in toto la radio, compresi i suoi tempi. E infatti l’audio della radiovisione è il medesimo della radio: se chiudi gli occhi l’esperienza continua. Questo ci ha permesso di diventare il partner media preferito di bar, palestre e altri luoghi 40

pubblici. Garantiamo la completa esperienza radiofonica dell’utente, un fattore che ci ha avvantaggiato anche sul mobile. Il fil rouge che ha guidato questo nostro approccio è stato ‘let the user decide’. Siamo quindi passati a sviluppare soluzioni che consentissero all’utente di ascoltare la nostra offerta attraverso qualsiasi mezzo: radio, Tv, mobile, desktop, tablet. Questi i due step epocali. Il terzo passaggio o layer è stato quello dell’interattività. Siamo partiti 10


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tecnologia ci permette di fare questo in maniera sempre più completa. Chi accede ai formati digital viene esposto a un pre-roll personalizzato, e a breve avremo la release di modelli pubblicitari personalizzati ‘in flusso’, ossia nel corso dell’ascolto. Tutto questo in attesa che si completi lo sviluppo delle soluzioni che saranno abilitate dalle radio ibride, che mixano la semplicità della ricezione in broadcasting con un display in stile tablet che apre a soluzioni interattive: dall’accesso a internet all’uso dei social. Siamo ancora in una fase di introduzione, ma questo ci consentirà di sviluppare a pieno soluzioni programmatic per i nostri advertiser”.

Eugenio La Teana, Head of Research & Development RTL 102.5

anni fa con l’SMS e poi abbiamo implementato l’interazione sul sito e quindi sui social. Nel tempo abbiamo realizzato un buquet di canali, GIA &%'#*! GIA &%'#* >iVa^Vc HinaZ! GIA &%'#* <gddkZ! GIA &%'#* 8dda! GIA &%'#* GdX`! GIA &%'#* <jVgY^V 8dhi^ZgV Z K^V GVY^d 9^\^iVa, sviluppata in partnership con Autostrade Italia, che ci consente di segmentare i nostri ascoltatori. Tutto questo con l’obiettivo di profilare la nostra customer base. Oggi, finalmente, la 41


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Data Driven Emotion Phd in statistica, fisica o matematica; problem solving; lateral thinking; technology passionate; market oriented. Sono solo alcune delle caratteristiche dei planner del futuro. Intanto, il passaggio al programmatic si configura sempre più come una questione di change management e formazione: per questo ha preso il via a maggio la prima edizione di IAB Academy.

DIRE che i planner e i buyer dal lato agenzie e i commerciali dal lato editori e concessionarie siano stati sostituiti da IgVY^c\ 9Zh`! 9HE 9ZbVcY H^YZ EaVi[dgb d HHE Hjeean H^YZ EaVi[dgb è naturalmente un’esagerazione: certo, però, è che il loro ruolo sta cambiando e stanno cambiando le competenze necessarie per muoversi nel nuovo scenario full digital. Come testimoniavano le risposte raccolte da IAB Europe già lo scorso anno, la ‘skills shortage’ era saldamente al primo posto nella classifica fra le principali barriere all’adozione del programmatic da parte degl investitori. Per cercare di comprendere l’orizzonte verso cui ci stiamo muovendo abbiamo posto tre domande ai principali attori del mercato della comunicazione: 1. Quale è l’identikit del ruolo più hip del mercato della comunicazione? 2. Quali sono i cambiamenti a cui saranno sottoposte le agenzie, i centri media e gli altri player del settore per assicurare ai clienti i servizi di programmatic? 3. Come e dove si acquisiscono le competenze necessarie per operare nel progrmmatic? 3JUSBUUP EJ VO A4VQFS &SPF Avete presente Superman e Wonder Woman? Ecco: l’esperto di programmatic ci si avvicina parecchio. Il profilo ricercato è quello di un Phd in 42

matematica, fisica, statistica, che mastichi dati come caramelle e risputi fuori algoritmi capaci di trasformare i famosi big data in smart data. Una sorta di grande architetto capace di mettere ordine e normalizzare il caos di informazioni trovando relazioni significative tra l’una e l’altra. Questo ovviamente non basta. Perché come per i due belloni per antonomasia della Marvel, oltre alle skill si richiede che sia out-standing anche dal punto di vista relazionale. Ossia? Semplice, non ci si accontenta di uno scienziato abile con numeri e formule, ma si cerca una figura ‘sensibile’ e con forte appeal, capace di comprendere le esigenze del cliente, entrare in sintonia e sviluppare soluzioni pratiche che portino risultati misurabili. E se parliamo di performance ecco che spuntano fuori un’altra raffica di parole chiave: problem solving, lateral thinking, agility. Già ‘agility’, perché come un supereroe deve sapersi destreggiare tra diverse situazioni, balzare da una piattaforma di bidding all’altra, servire i diversi lati del mercato e muoversi agevolmente nel contesto mediatico allargato, per operare all’interno di strategie multichannel e multidevice. Appunto, una specie di Superman o Wonder Woman che individua soluzioni, le mette in atto e mantiene il sorriso in camera, per far innamorare lo spettatore, o il cliente. E come tutti i super eroi anche il nostro ha un


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LE PRINCIPALI BARRIERE ALL’ADOZIONE DEL PROGRAMMATIC

Fonte: IAB Europe/WARC/Appnexus - Why and how ‘programmatic’ is emerging as key to real-time marketing success (Giugno 2014)

passato da nascondere. Eh sì, perché per aver raggiunto un dottorato in area scientifica, è impossibile immaginare che non abbia qualche trascorso nerd o geek. In ogni caso nulla che la sua giovane età e il sorriso magnetico non possano nascondere… Ah, perché se non fosse chiaro è giovane. Ma cosa cercano in concreto le strutture che si occupano di programmatic? “In Rubicon Project cerchiamo familiarità con la tecnologia e con il concetto di bidding. Cerchiamo persone sveglie, che parlino inglese e dimostrino spiccate doti di problem solving e lateral thinking – spiega Sara Buluggiu, Sales Director, Southern Europe Rubicon Project –. La difficoltà oggi è trovare una persona appassionata di tecnologia, ma che abbia

capacità commerciali e di accounting. La ricerca si sviluppa spesso tra persone dello stesso settore, ma i migliori risultati vengono pescando su altri mercati, come quelli del booking nel settore travel, selezionando figure che abbiano confidenza con il concetto di asta in tempo reale. Se posso lanciare un messaggio alle nuove leve è quello di appassionarsi a codice e tecnologie”. Un profilo che come spiega Enrico Quaroni, Country Manager per l’Italia di Rocket Fuel, muterà la figura del venditore e del planner come li abbiamo conosciuti fino a oggi. “I nuovi professionisti della comunicazione arriveranno sempre più frequentemente da aree inusuali: ad analisti e statistici, per esempio, aggiungerei anche biologi e chimici… – dice Quaroni –. In poche parole, quelle che servono sono 43


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LE CARATTERISTICHE DEL PROGRAMMATIC SPECIALIST

persone aperte e capaci di apprendere, perché tutti stiamo imparando sul campo giorno per giorno. Persone ‘intelligenti’, che capiscano non solo il media ma l’intero ecosistema della comunicazione, trasformando sia la figura del venditore che quella del planner come le conoscevamo prima in quelle di professionisti che prima di tutto siano in grado di effettuare studi di fattibilità delle campagne, ma che al tempo stesso conoscano anche i limiti degli strumenti che la tecnologia oggi può offrire. Questo genere di cultura è indispensabile per poter considerare i comunicatori partner seri e affidabili: lo è oggi e lo sarà ancor di più domani”. A completare l’identikit interviene Alessio Angiolillo, Managing Director Performics. “Tutte le nostre organizzazioni stanno cambiando andando verso una crescente intercambiabilità delle figure che vi lavorano – aggiunge Angiolillo –. Le piattaforme di bidding oggi hanno una usability piuttosto alta e un planner non è più vincolato a questa o quella, ma passa agevolmente dall’una all’altra.

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Anche per questo motivo, quella del planner più tradizionale è una figura che vedrà rallentare la domanda nel mercato. Dall’altra parte stiamo assistendo ad un aumento delle figure più ‘programmatic centriche’. Oggi si stanno inoltre inserendo figure nuove, profili di statistici e matematici che hanno il ruolo di individuare i cluster rilevanti e sviluppare modelli econometrici e/o di attribuzione, per ottimizzare le campagne e innalzare i tassi di conversione”. 1SPDFTTP EJ DBNCJBNFOUP OPO TPTUJUV[JPOF Non stiamo parlando di strumentazione meccanica o di piattaforme tecnologiche. Si parla di persone e quindi il processo di cambiamento non può essere risolto, banalmente, attraverso una sostituzione. Il messaggio arriva da tutti i fronti e viene perfettamente espresso da Luca Carrozza, General Manager MAP, quando afferma che si tratta di “Un processo di change management e come tale non possiamo pensare di implementarlo semplicemente sostituendo persone con un diverso set di competenze. Per


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svolgere il ruolo di partner dei nostri clienti, abbiamo bisogno di consulenti marketer con conoscenze ed esperienza di analisi del dato e capacità di operare su piattaforme automatizzate, profili da data analyst e optimizer, ma non possiamo fare a meno del know-how in media, marketing e comunicazione che appartengono a profili ritenuti più ‘tradizionali’. In questo la sfida è complessa, ma sicuramente molto gratificante, perché significa lavorare sull’intera organizzazione coinvolgendola interamente nel processo di cambiamento”. Detto questo, le competenze che le nuove figure legate al programmatic devono possedere rientrano in gran parte nelle hard-skill e non sembrano così semplici da acquisire. Ci troviamo quindi di fronte a un processo evolutivo che deve ancora compiersi. “Di sicuro siamo solo all’inizio di questa trasformazione, ma è plausibile pensare che le professionalità da entrambi i lati si evolveranno in qualcosa di sostanzialmente diverso – spiega Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic di Teads –. La conoscenza della tecnologia e la capacità consulenziali legate ad essa saranno cruciali. L’altra componente che credo avrà un ruolo fondamentale è la capacità di analisi dei dati per trarne insight e guidare così le decisioni di marketing. Per contro, non credo che le relazioni interpersonali saranno mai sostituite dalle macchine”. In questo quadro la funzione HR non potrà che giocare un ruolo centrale. “Hiring e talent development sono i processi aziendali prioritari per una agenzia – argomenta Luca Carrozza –. Su questo fondiamo la nostra crescita, in termini di business e di organizzazione. Avendo maturato tanti anni nella guida e gestione di organizzazioni digital, ho raggiunto la consapevolezza che gridare ogni due anni alla rivoluzione Copernicana delle competenze dunque delle figure professionali sia tipico di chi non è in grado di gestire hiring e talent development.

Constantijn Vereecken, Managing Director WebAds

Si tratta quindi di approcciare l’evoluzione del ruolo e del profilo del digital planner non attraverso la sostituzione delle figure, ma con un allargamento e sviluppo delle competenze da integrare in modo complementare”. 5SBJOJOH PO UIF KPCy In ogni percorso di change management che si rispetti un ruolo significativo è giocato dalla formazione, che si configuri come momento dedicato o training on the job. La novità della tematica complica ulteriormente il quadro, dato che non si hanno percorsi già strutturati. “Le competenze del mercato stanno nascendo con il mercato stesso – afferma Marco Ferrari, CEO Turbo -. È un lavoro che non si impara se non sul campo. È vero che l’Italia è un mercato ancora poco sviluppato, ma rispetto al ‘deserto’ di un paio d’anni fa, oggi si sta formando una

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nuova generazione di programmatic planner e specialist. Non siamo preoccupati di questo. Per l’80% delle risorse che abbiamo assunto, non esisteva nemmeno la job title/description sino a un paio di anni fa….”. Un punto di vista condiviso da Constantijn Vereecken, Managing Director WebAds, che sottolinea come in questa prima fase la formazione debba per forza di cose avvenire in maniera contestuale alla erogazione dei servizi. “Quando il comparto sarà più strutturato, sicuramente anche corsi ad hoc saranno utili a formare le nuove leve ma, per il momento, penso che come ogni lavoro, si impara facendo – argomenta Vereecken –. Per quanto concerne le competenze devo dire che gli attuali attori di questo ramo si sono principalmente fatti le ossa sul campo, quindi facendo e testando. Devo inoltre aggiungere che pian piano le competenze si stanno anche spostando direttamente ai planner che seguono i clienti, anche perché al giorno d’oggi è imprescindibile che chi ha il diretto e quotidiano contatto col cliente non parli anche il ‘linguaggio del programmatic’. Tant’è vero che noi in primis abbiamo fatto sì che in WebAds gli stessi Account Sales propongano l’offerta programmatic e la spieghino ai rispettivi clienti”. Se nel mondo delle agenzie il processo è già in atto, i mezzi classici esperienze anche di pochi mesi in ambito RTB/programmatic. Decisamente la domanda sta non stanno di certo a guardare. E il tema della riconversione delle risorse interessa anche strutture più classiche. “Basta scorrere un sito di offerte di lavoro in ambito digitale per capire quanto siano ricercate, crescendo molto più velocemente di quanto non lo stiano facendo le competenze – Paola Colombo Head of Technology and Business Development di Mediamond –. Al momento vengono riconvertiti a ruoli prettamente programmatic persone con background più tecnico dai vari team

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Paola Colombo, Head of Technology and Business Development di Mediamond

ad-operations o con competenze di Search marketing, già abituate ad un acquisto da piattaforma. Per la formazione, si ricercano quindi persone con abilità analitiche, di problem solving e interesse alla tecnologia. Le competenze di marketing al momento stanno passando in secondo piano, visto che le aziende, sia le concessionarie che i centri media, possono vantare professionisti a supporto su questo ambito. In futuro, probabilmente, si cercheranno figure più complete”. yP GPSNB[JPOF USBEJ[JPOBMF L’urgenza di rispondere alla domanda degli advertiser spinge verso soluzioni di training on the job, ma IAB Italia non si sta facendo trovare impreparata e nel contesto delle iniziative Educational


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ha già annunciato la nascita di IAB Academy, piattaforma dove i protagonisti del digital e dell’advertising racconteranno le loro esperienze, i casi di successo e di insuccesso, le nuove tendenze e i numeri del business digitale in Italia e nel mondo. L’Academy è partita il 6 Maggio e ha come obiettivo quello di aggiornare i professionisti del settore e fornire indicazioni concrete per poter affrontare tutti gli aspetti del digital advertising. “È la nostra priorità numero uno – racconta Michele Marzan, vice presidente IAB Italia –. IAB Academy si inserisce sul modello statunitense e farà partire dei corsi di formazione pratici, market oriented che consentiranno ai professionisti del mondo advertising di acquisire certificazioni internazionali. Un modo per abbassare le barriere di diffidenza che a volte ancora sono presenti nei clienti. E proprio per sviluppare un clima di fiducia, IAB Academy si configurerà come piattaforma di formazione anche per il lato advertiser, così che anche le aziende possano acquisire le competenze necessarie a operare in ambiti complessi come a esempio quello del programmatic”. Corsi che non saranno solo di carattere tecnico, aggiunge Marzan: “Ci rivolgeremo infatti a tutte le figure, compreso il lato sales”. 6O TUSVNFOUP EJ MBWPSP Una prima risposta alle necessità di educazione e formazione nell’ambito del programmatic può essere il libro ¹AV ejWWa^X^i| YZa [jijgdº, scritto a sei mani da Layla Pavone, Alessandro Sisti e Antonio De Nardis. A spiegarcene la genesi è proprio Layla Pavone, la cui esperienza professionale nella digital communication, sia dal lato concessionarie che da quello delle agenzie media – oggi è venture partner di Digital Magics –, le consente una visuale probabilmente unica. “Il libro è il risultato di una scelta naturale frutto di un percorso che mi ha sempre caratterizzato, a prescindere dai ruoli che ho coperto – spiega infatti –. La curiosità fa parte del bagaglio che qualunque professionista di questo settore deve

avere: chi fa digitale, inevitabilmente, ogni giorno deve porsi la domanda su ‘che cosa c’è di nuovo’ e cercare di comprendere i nuovi fenomeni che talvolta arrivano lentamente – sempre rispetto alla velocità della rete! – come nel caso dei social, mentre altre volte hanno curve di accelerazione incredibili, ed è il caso del programmatic”. Pavone racconta di aver iniziato a interessarsi al programmatic tempo fa: “Nel 2010 mi arrivò un documento di Rubicon Project che, rispetto alle mie competenze e a quello che sapevo in termini di media e pianificazione, me ne fece sospettare il potenziale impatto. Pensai che questi algoritmi, che sono in fondo un’evoluzione della tecnologia entrata nel media a partire dal Search, avrebbero potuto rappresentare un fenomeno capace di ribaltare nel vero senso della parola il media nella sua accezione più tradizionale del termine – la pianificazione, i rapporti fra agenzie e concessionarie... C’erano tutti i presagi che l’intera filiera potesse esserne, nel bene e nel male, interessata. Ricordo che a suo tempo scrissi una nota interna all’azienda per cui lavoravo dicendo: attenzione, è un segnale debole ma che potrebbe diventare qualcosa di importante. Ammetto sinceramente, però, che nel 2010 non immaginavo diventasse ‘così’ importante, tanto da mettere nell’arco di pochissimi anni un ‘punto e a capo’ sulle modalità di pianificare che tutti conosciamo e adoperiamo da sempre”. Un ulteriore stimolo alla realizzazione del libro è arrivato dall’attività di formazione che Pavone svolge in veste di docente del Master AssoCom in 9^\^iVa 8dbbjc^XVi^dc presso l’Università Cattolica di Milano. “La curiosità e la necessità di capire si accompagnano alla voglia di divulgare e di trasferire la conoscenza alle altre persone - prosegue Layla Pavone –. Una domanda ed esigenza ancora più pressante nei confronti degli studenti con i quali ogni giorno cerchiamo di interpretare i vari fenomeni del digitale. Parlando con Sisti e De Nardis, anch’essi docenti e coautori del libro

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colto perfettamente lo spirito di un’opera costruita insieme a chi sta facendo esperienza in questo momento sul programmatic buying e sul real time bidding, scoprendolo e vivendolo giorno per giorno. Chi ha letto il libro lo ha trovato prima di tutto uno strumento di lavoro utile e concreto, e questo è per noi motivo di grandissima soddisfazione.

Layla Pavone è venture partner di Digital Magics, presidente onorario di IAB Italia e presidente del Centro Studi Assap di AssoCom, membro del Consiglio di Amministrazione di Audiweb e del Consiglio Direttivo di Italia Startup. È inoltre ideatrice e docente del Master in Digital Communication organizzato da AssoCom in collaborazione con Almed-Università Cattolica di Milano

insieme a me, abbiamo deciso di analizzare a fondo la portata del fenomeno coinvolgendo l’intera industry. Se mi è permesso dirlo, la qualità e l’importanza del libro è proprio in questo: aver chiesto la collaborazione e averlo scritto insieme a tutti gli operatori del mercato, portando la testimonianza e il punto di vista di ciascuno, dalle principali associazioni agli ultimi degli operatori specializzati in programmatic e tecnologia sbarcati in Italia alla fine dell’anno scorso. Da qui nasce anche l’apprezzamento di chi ha letto il libro e lo sta recensendo molto positivamente, perché ha

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Rispetto al lato teorico esposto nel libro, quali sono i principali riscontri che sta osservando nella pratica? Una cosa interessante che sto vedendo è che le concessionarie di pubblicità – uno degli attori più colpiti da questo punto di vista – stanno reagendo positivamente ai nuovi stimoli: il programmatic le obbliga a stravolgere con approcci, professionalità e modalità nuove la vendita dei loro spazi, ma ho l’impressione che lo stiano facendo riportando tutto ciò all’interno di quelle che sono le loro capabilities. Rispetto ad altre occasioni in cui hanno guardato con diffidenza ai fenomeni nuovi nati dalla rete, credo siano oggi molto più avvedute nel non farsi sfuggire completamente di mano un passaggio fondamentale. Questa è una delle vere lezioni che la rete ci ha insegnato: mai rimanere distanti dai fenomeni nuovi, ma cercare di buttarsi a capofitto per comprenderli e poi tradurre la comprensione in business. Il libro, però, non si ferma alla carta e ha una sua appendice online... Esattamente. Lo abbiamo pensato fin dall’inizio come un libro che ‘non finisce’: attraverso il sito lll#gZVai^bZW^YY^c\#^i vorremmo costruire una vera e propria community dove poter continuare questo percorso di apprendimento e di condivisione fino ad arrivare, perché no, a un eventuale programmatic buying 2.0… Del resto è chiaro che siamo solo agli inizi e che il programmatic si evolverà ancora, soprattutto su quelle che attualmente sono problematiche ancora irrisolte.


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dosi alla risoluzione di quel che da sempre è il principale problema di chi investe, cioè l’efficienza e l’efficacia dell’investimento, il raggiungimento del target senza dispersione.

Prendiamone una: la trasparenza? Credo che la mancanza di cultura della filiera si traduca anche in una avvertita mancanza di trasparenza, come peraltro è spesso accaduto nella storia di questi fenomeni in rete, ma credo anche che si tratti di una problematica che è sempre stata risolta. Le associazioni si sono impegnate nel trovare delle currency e degli standard utilizzabili e condivisibili da tutti in modo pienamente trasparente. Ancora una volta, secondo me, siamo di fronte a un fenomeno che inizialmente pone tutta una serie di dubbi e di domande: ma inteso nella sua capacità di fare performance e raggiungere gli obiettivi il programmatic buying è uno strumento favoloso per chi pianifica, toccando il massimo della della precisione oggi possibile, avvicinan-

A proposito dell’applicazione delle metodologie programmatiche ad altri mezzi, digitali o in via di digitalizzazione, ritiene sia probabile? In quale arco di tempo? Non vedo perciò quale possa essere il motivo per cui non si debba andare in questa direzione, soprattutto una volta che la cultura incomincia a diventare pervasiva e diffusa, perché poi le regole del gioco sono le ‘stesse’: cambia il mezzo ma, come ci siamo sempre detti, oggi che non esistono più silos e che tutto quanto va in direzione di una piena convergenza il programmatic sempre più diventerà interessante per la sua capacità di intercettare le audience e di essere trasversale rispetto a quasi tutti i mezzi di comunicazione.Stiamo già vedendo come si evolve l’utilizzo della televisione nelle case degli italiani, sempre più spinti ad avere una connessione per il video on demand e utilizzare tutto il potenziale della Smart Tv e della stessa Tv Digitale. Non a caso Sky continua a promuovere e incentivare l’utilizzo interattivo e personale della sua programmazione e del suo palinsesto come, peraltro, già si raccontava 10 anni fa... Lo stesso vale per l’Outdoor e l’Out Of Home: tutto sta andando in direzione di un layer tecnologico che consente di gestire le campagne attraverso gli Ad Server e le tecnologie sottostanti al programmatic e al RTB. Non sarà un passaggio immediato, perché si tratta di avere le necessarie masse critiche in termini di audience – programmatic e RTB sono diventati importanti proprio dal momento in cui sono riusciti a basarsi su volumi significativi di dati che possono essere analizzati ed elaborati –, ma realisticamente parlando, nel giro di 3 o 4 anni dovremmo riuscire a vedere dei risultati anche da questo punto di vista.

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Controllo vs. Innovazione Alcune multinazionali optano per lo sviluppo in-house delle DMP o dei veri e propri Brand Trading Desk, con l’obiettivo di ridurre i costi e acquisire la diretta proprietà dei dati. Secondo molti operatori, però, visti gli alti costi di set-up e l’obsolescenza delle tecnologie, chi vuole garantirsi le migliori soluzioni farebbe comunque meglio ad affidarsi agli specialist.

SONO sempre più numerosi i casi di aziende investitrici che decidono di costruire ‘in casa’ le proprie piattaforme di acquisto programmatico degli spazi media. È un fenomeno sempre più diffuso ma anche limitato alle grandi aziende. Come spiega Sara Buluggiu, Sales Director, Southern Europe Rubicon Project: “I grandi clienti usano direttamente noi per comprare gli spazi in programmatic. I servizi di Rubicon Project sono tutti a consumo, senza richieste di investimenti iniziali. Anche la DSP viene pagata in base all’utilizzo. Sono perciò tutti costi variabili. L’unico costo ‘fisso’, se così vogliamo definirlo, è quello della risorsa umana che l’azienda è chiamata a inserire per gestire la piattaforma di Rubicon Project”. Il fenomeno in Italia non è ancora misurato, ma negli Stati Uniti come evidenzia Marco Ferrari, CEO Turbo, interessa oltre un terzo delle grandi aziende. “Il dato della WFA (World Federation of Advertisers) di Settembre 2014 è molto chiaro al riguardo – argomenta Ferrari –. Il 36% delle Fortune 500 Companies negli Stati Uniti sta internalizzando in parte (DMP proprietaria) o in toto (Brand Trading Desk) queste attività. Tra queste aziende si contano già player di primo piano come American Express, AT&T, Mondelez, Netflix, Kimberly-Clark, P&G, Tesco, Unilever, che lavorano sempre più 50

direttamente con player indipendenti e tech vendor. Un trend che non si arresterà a livello globale, anche se il mercato italiano è decisamente più indietro da questo punto di vista”. Insomma, le grandi multinazionali investititrici sul mercato statunitense e mondiale preferiscono avere il controllo completo della situazione anche a fronte di ingenti costi fissi. Le ragioni, come vedremo, sono più di una. *M CFODINBSL 64" La riflessione della WFA sul mercato del programmatic consente di fare un po’ di luce su pro e contro dei diversi modelli di business, che spaziano da soluzioni totalmente in out-sourcing e affidate alle agenzie, a scelte in-house. Come al solito la tensione si sviluppa tra controllo e visibilità sulle scelte e sui costi unitari e variabili, da un lato, e costi fissi e di set-up dall’altro. Se da un lato lo sviluppo di contratti individuali con tutti i fornitori della filiera del programmatic consente di accrescere al massimo livello la visibilità sui processi evitando forme di ‘arbitraggio’ sulle commissioni, dall’altro richiede investimenti di carattere tecnologico, dall’implementazione della DMP o del Brand Trading Desk, di tempo, in termini di leadership e management dei


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TAV.1 - I 3 MODELLI DEL PROGRAMMATIC TRADING

Fonte: “WFA guide to Programmatic Media”, 2014

processi, così come di sviluppo delle competenze tecniche, attraverso la conversione e formazione di profili interni o attraverso l’acquisizione di esperti già formati. Una soluzione promette di annullare i rischi correlati a eventuali comportamenti opportunistici e approcci in stile ‘broker’, mentre l’altra accetta di sviluppare soluzioni tecnologiche esposte al rischio di essere soggette a rapida obsolescenza.

Nel tentativo di fare un po’ di chiarezza, WFA ha identificato (vedi Tavola 1) tre possibili modelli di business per l’adozione del programmatic da parte delle aziende: s !GENCY 4RADING $ESK, in cui l’agenzia rappresenta l’interfaccia unica tra l’azienda investitrice e l’intera filiera del programmatic. Una soluzione immediatamente implementabile in cui il rapporto di fiducia con l’agenzia risulta centrale. Il principale trade-off è legato 51


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TAV.2 - IL FLUSSO DEI SOLDI

Fonte: “WFA guide to Programmatic Media”, 2014

alla non proprietà dei dati, con ovvi impatti negativi su eventuali economie di apprendimento; s (YBRID 4RADING $ESK, in cui l’advertiser monitora i contratti tra ATD e vendors, con un impatto positivo sulla visibilità generale dei processi e potenzialmente del ROI e la proprietà di gran parte dei dati. s "RAND 4RADING $ESK, ossia la soluzione ‘in-house’ in cui l’advertiser guida al 100% il processo programmatic, controllando la selezione dei vendor e delle pianificazioni e essendo il titolare di tutti i dati prodotti. Come già evidenziato in questo caso il principale trade-off è dettato dagli elevati investimenti.

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Il controllo sui passaggi intermedi delle pianificazioni in programmatic consentirebbe, secondo le valutazioni operate da WFA, un risparmio che potrebbe attestarsi tra il 30 e il 50%, dato che solo il 40% della spesa finisce mediamente nelle casse dei publisher. Sempre stando alle stime WFA, nel modello classico, sia l’Agency of Record (AOR), o agenzia di comunicazione, che l’Agency Trading Desk (ATD) ricevono una fee per il lavoro svolto, rispettivamente attorno al 5% e al 15%, così come viene giustamente remunerata la Demand Side Platform (DSP) che come software può essere o non di proprietà del ATD. In questo caso la quota si aggira attorno al 10%. A questo si vanno poi


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ad aggiungere i costi correlati ai Value-adds o VAS company, che garantiscono i vari servizi a valore aggiunto dall’enrichment al reporting, passando per il targeting, e che pesano fino a un 25% e poi ancora le piattaforme di Exchange, ossia il marketplace, il sistema su cui i publisher mettono a disposizione i propri spazi, che assorbe attorno al 5%. (vedi Tavola 2). Le alte percentuali potrebbero portare a concludere che ci siano degli evidenti vantaggi a internalizzare. La realtà è che i costi e gli investimenti, come già evidenziato, sono così consistenti da lasciare il discorso assolutamente aperto e da valutare in base alle dimensioni dell’azienda, ai suoi volumi e alla sua struttura organizzativa. 7BOUBHHJ F TWBOUBHHJ Compreso che a oggi l’unica risposta sensata alla domanda ‘meglio internalizzare o esternalizzare?’ è ‘dipende’, la prima cosa da notare, come evidenzia Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic di Teads, è che “Sempre più brand pensano strategicamente al programmatic non solo come metodo di media buying, ma come pilastro delle decisioni di marketing”. E di tutti gli elementi presi in considerazione da WFA, secondo De Vita “L’aspetto chiave è il controllo totale sui dati di prima parte, ma anche il tema dei costi può essere rilevante: il programmatic fa risparmiare il canone dell’agenzia limitandosi a quello del partner tecnologico, anche se costruire un team programmatic in-house non è semplice e può risultare oneroso nel breve termine; ovviamente, nel lungo periodo, i benefici sono superiori ai costi. Dall’altro lato le agenzie sono diventate più trasparenti sui costi e hanno dalla loro la maggior esperienza con i partner tecnologici e rapporti più consolidati con publisher e fornitori di dati; quindi in generale la tendenza

anche per chi internalizza completamente le attività di programmatic è di utilizzare comunque le agenzie per quei servizi a valore aggiunto che solo loro possono fornire, oltre a strategie e consigli, dato che gli algoritmi e le macchine non sono autosufficienti. I settori FMCG, Automotive e Finance più di altri vedono questa tendenza come già consolidata, ma in generale credo che la fase delle sperimentazioni e dei test non terminerà praticamente mai”. Un punto di vista, quello dell’Head of Programmatic di Teads, che è condiviso da Paola Colombo Head of Technology and Business Development di Mediamond, che inserisce un paio di variabili aggiuntive. Da un lato la dimensione dell’advertiser, e dall’altro il sistema che si vuole sviluppare in house, sia questo la DMP o l’ATD. “Esistono effettivamente grandi gruppi internazionali che preferiscono internalizzare questa funzione anche se nella realtà dei fatti la gestione vera e propria della costruzione e della gestione delle piattaforme sono affidate a dei trading desk indipendenti – argomenta Paola Colombo –. Creare delle competenze interne in un ecosistema così complesso e in rapido sviluppo è estremamente difficile, mentre team più estesi, che gestiscono più investitori e che hanno esposizione a una casistica maggiore di campagne, sicuramente godono di contaminazioni positive e possono costruire e mantenere un know-how appropriato. Il discorso è giustamente diverso per le DMP, Data Management Platform, la parte più strategica dell’ecosistema programmatic che contiene i dati degli investitori, dei loro consumatori e dei loro target. In questo caso nell’ultimo anno, sono stati molti gli investitori a valutarne l’acquisizione e la gestione interna; tra questi banche, società di telecomunicazione, automotive e largo consumo. Non ci sono

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TAV.3 - IL MODELLO ATD

Fonte: “WFA guide to Programmatic Media”, 2014

investitori che ormai non abbiano capito il potenziale dell’automazione del marketing digitale e che non stiano valutando l’approccio strategico con cui abbracciare questa innovazione”. Quello che sicuramente qualunque soluzione in-house perde rispetto ai servizi offerti dalle agenzie esterne è la visione di insieme e le competenze consulenziali che le agenzie sono in grado di garantire. Un aspetto che sta giustamente a cuore a Luca Carrozza General Manager MAP. “L’acquisto autonomo di spazi media in programmatic è un fenomeno che a oggi riguarda prevalentemente clienti che fanno parte di network internazionali e la nostra impressione è che siamo ancora di fronte ad una fase di sperimentazione – dice Carrozza –. Comunque vada, noi crediamo che il valore aggiunto di un trading desk di un grande gruppo vada ben oltre le attività di media buying e risieda prevalentemente nella consulenza che siamo in grado di offrire ai nostri clienti. Consulenza in tutte le fasi, da quelle strategiche e di definizione di target e obiettivi, a quelle implementative di acquisizione, ottimizzazione, misurazione, fino alla valutazione, sia in real time sia ex-post. Per questo il nostro servizio è consulenza in 54

Audience Management: supportiamo i clienti in tutto il processo, dall’identificazione alla validazione, con l’obiettivo primario di aggiungere valore in ogni attività del processo stesso”. Non fatelo a casa A oggi, la scelta della soluzione in-house sembrerebbe, soprattutto su un mercato giovane come quello italiano, limitata a pochissimi soggetti, quasi esclusivamente multinazionali, e si verrebbe a configurare come una conseguenza di una decisione di carattere strategico operata sul mercato statunitense, per controllare i costi e, forse soprattutto, per mantenere un controllo diretto sui dati. Quali che siano le motivazioni, i rischi a cui espone sono numerosi e consistenti, e sembrano porre un significativo punto di domanda sulla sua opportunità. Tra i temi da valutare, come chiarisce Alessio Angiolillo, Managing Director Performics, vi è quello dello sviluppo delle risorse umane. “Le piattaforme DSP sono come delle bellissime automobili, con motori potenti – dice Angiolillo –. Ma se le tieni in garage, non servono a nulla. Non sono solo tecnologie di acquisto, ma soprattutto tecnologie di analisi


capitolo5

TAV.4 - IL MODELLO BTD

Fonte: “WFA guide to Programmatic Media�, 2014

e di supporto nella definizione delle strategie che servono. I trading desk, indipendenti o interni ai centri media, sono organizzazioni

fatte soprattutto di uomini. Anche per questo motivo risulta poco funzionale, sia da un punto di vista economico che organizzativo,

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pensare di sviluppare internamente una DSP. I costi sarebbero estremamente alti, e i vantaggi ridotti almeno nel breve periodo. Quello che invece ha senso fare e che effettivamente viene fatto è implementare alcuni strumenti, con particolare riferimento ai tool di analisi. Nella scelta tra make or buy, in questo campo il buy con implementazione di specifici servizi e tools si configura sempre più spesso come la soluzione migliore. Nel caso di ZenithOptimedia, la parte di sviluppo è realizzata da VivaKi, che in pratica si occupa di fornire il backbone ai diversi brand del gruppo. In Performics integriamo i servizi di programmatic buying forniti da Vivaki ed integriamo in un’unica strategia di adv tutte le leve digital: paid search, display a performance, seo, programmatic display adv, che rappresentano il valore aggiunto da un punto di vista di analisi e strategia”. Accanto a questi aspetti bisogna prendere in considerazione il rischio di obsolescenza delle tecnologie: solo chi ha il programmatic come core business potrà garantire di lavorare s empre sulla frontiera dell’innovazione, garantendo vantaggio competitivo ai propri clienti. “È vero: molti brand stanno ragionando sulla costruzione di trading desk interni, e qualcuno lo sta anche già facendo – concede Enrico Quaroni, Country Manager per l’Italia di Rocket Fuel –. Personalmente lo ritengo un errore. Per farlo come si deve bisogna essere un’azienda ad altissimo tasso di tecnologia e con una fortissima capacità di investire su un aspetto che non fa certo parte del proprio core business. Onestamente non mi sembra che questo possa essere il caso di un’azienda del food o del largo consumo, ma neppure del settore farmaceutico o di quello finanziario. Chi volesse provarci rischia non solo di spendere più soldi – gli investimenti necessari sono nell’ordine delle decine, se non delle

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centinaia di milioni – di quanto non farebbe affidandosi a realtà già esistenti, perdendo l’occasione di rendere immediatamente più efficienti i propri investimenti pubblicitari sfruttando soluzioni top di gamma come quelle offerte da una realtà come la nostra. Un ulteriore rischio, infine, è quello di perdere non solo soldi ma anche molto tempo alla ricerca di una soluzione soddisfacente, che quando sarà raggiunta sarà probabilmente anche obsoleta!”.



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Il perimetro di gioco Accanto all’assenza di standard tecnici consolidati, la principale barriera a una maggior diffusione del programmatic è rappresentata dalla ridotta percezione di trasparenza da parte di molti advertiser. Quanto viene assorbita tale preoccupazione dagli intermediari? E chi dovrebbe controllare il mercato? In attesa di benchmark gli operatori si auto-regolamentano.

LA CONTRADDIZIONE è dietro l’angolo. Il programmatic che promette di assicurare all’investitore pubblicitario una visibilità senza precedenti in riferimento alle audience colpite, ai risultati raggiunti, consentendo azioni di ottimizzazione in real time delle campagne pubblicitarie con significativi incrementi della efficacia ed efficienza delle stesse, nasconde, secondo gli stessi investitori, un consistente rischio di ‘perdita di controllo’ nell’acquisto delle inventory, se confrontato con metodologie di acquisto diretto. Non un rischio ridotto o banale, secondo il 40,7% degli intervistati da Digiday e Sonobi negli USA a Marzo 2015, ma molto significativo o significativo. E solo per il 16% degli interpellati, questo rischio risulta del tutto assente (4,7%) o comunque non significativo (11,3%) (vedi Grafico 1). Insomma, la fiducia nei confronti dei trading desk, dei centri media e delle strutture che si occupano di rendere possibili le transazioni in programmatic non è proprio ai massimi livelli. Per fare sì che il programmatic possa crescere secondo le attese è necessario, come spiegano gli operatori del settore, che si sviluppi una cultura fatta di comprensione e trasparenza. Proprio su questo tasto batte Marco Ferrari, CEO di Turbo: “Una piena comprensione delle dinamiche del mercato e la risoluzione dell’attuale asimmetria informativa tra le Aziende 58

Clienti e le Agenzie Media sono necessarie per un’evoluzione e crescita del mercato. La nostra posizione personale è che ci sia una chiara separazione dei ruoli di venditore e acquirente. Coerentemente, Turbo ha deciso di non operare sulla sell-side e non è quindi coinvolto in alcuna attività di brokeraggio. Il tema è comunque complesso, specialmente per le grandi Agenzie Media, e non spetta certo a noi indicare la necessità di una regolamentazione del mercato”. È chiaro il punto di Ferrari: Turbo si è data regole precise, ma non si può pretendere che la richiesta di regole più stringenti arrivi direttamente dagli operatori. E infatti negli USA, dove il mercato del programmatic ha raggiunto quota 10 miliardi di dollari, la società di media auditing Ebiquity e il programmatic media data aggregator AdFin hanno annunciato a fine aprile che monitoreranno e analizzeranno i dati delle transazioni in programmatic di 10 grandi investitori pubblicitari di diversi settori merceologici, al fine di creare dei benchmark di riferimento e riuscire a monitorare come sono suddivisi i margini tra i vari player nel corso del processo. Il lavoro parte da precedenti valutazioni operate da LUMA Partners che evidenziano come nel processo programmatico un 60% del valore di acquisto potrebbe essere generato da intermediari. Quota che, secondo il CEO di AdFin, Andrew


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1 – LA PERDITA DI CONTROLLO

Fonte: eMarketer, su ricerca Digiday, “Premium Programmatic: Turning What into What is”, in association with Sonobi, March 26, 2015

Altersohn, potrebbe arrivare anche all’80%. Come dire che di 1 dollaro investito in programmatic advertising solo 20 centesimi sarebbero effettivamente messi in cassa dal publisher di turno (vedi anche le stime WFA illustrate nel capitolo precedente). L’obiettivo dichiarato è ricostruire come, dove, quando e perché queste quote vengono ripartite tra i vari player intermedi.

-F CBSSJFSF Quali sono i rischi, gli ostacoli e le barriere più difficili da superare affinché lo scenario del programmatic possa procedere verso il suo pieno sviluppo? Una prima risposta a questa domanda arriva nuovamente dai risultati della ricerca condotta da Digiday con Sanobi sul mercato statunitense (vedi Grafico 2). 59


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2 – LE BARRIERE ALLO SPOSTAMENTO DEI BUDGET Le principali barriere allo spostamento di budget dall’acquisto diretto a quello programmatico, secondo i media buyer USA

Fonte: eMarketer, su ricerca Digiday, “Premium Programmatic: Turning What into What is”, in association with Sonobi, March 26, 2015

Il rischio più segnalato dagli intervistati è quello di un inadeguato posizionamento, mentre al secondo posto si attesta la difficoltà a prevedere l’inventario. Insomma, come dire che l’approccio programmatico può risultare inaffidabile e non dare adeguate garanzie rispetto al contesto. Un tema che molti operatori stanno affrontando in maniera diretta, affermando di prendere drastiche soluzioni per garantire maggiore visibilità sulle soluzioni offerte. È il caso di Rubicon Project. “L’unica barriera è culturale. Il mio lavoro consiste nell’informare i publisher su come funziona il programmatic. Per fortuna questa non è una barriera invalicabile, anzi! L’Italia si sta dimostrando un mercato

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perfetto, per curiosità e voglia di innovazione, un terreno molto fertile, in cui i vari player hanno voglia di fare cose nuove e presentare soluzioni innovative al mercato – racconta Sara Buluggiu, Sales Director, Southern Europe Rubicon Project – . Per quanto riguarda il brokeraggio, noi ne siamo fuori. Non solo: lo combattiamo con tutti gli strumenti a disposizione. Se non possiamo tracciare completamente gli spazi che vendiamo piuttosto li blocchiamo. Ogni sito che vuole vendere sulla nostra piattaforma viene passato al vaglio dall’ufficio di Brand Safety di Los Angeles”. Se Rubicon si è dotata di un ufficio di Brand


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Safety, altre società, come Rocket Fuel si affidano a piattaforme esterne come ad esempio Adometry, acquistata da Google a metà 2014, che promette agli investitori di acquisire una visione di insieme completamente trasparente sulle azioni sviluppate. “La trasparenza è un punto importante ma dipende da che cosa si intende esattamente con questo termine – dice Enrico Quaroni, che di Rocket Fuel è Country Manager per l’Italia–. Noi dichiariamo sempre in anticipo quali sono gli AdExchange sui quali andremo a operare. Ma noi acquistiamo audience, non publisher, e quando si lavora a performance non avrebbe senso fare il contrario. In questa chiave rappresentiamo né più né meno che una tecnologia ‘agnostica’ rispetto al processo di acquisto, e quindi per trasparenza accetteremo sempre senza alcuna discussione di essere valutati da terze parti e da società di analisi indipendenti. Gli investitori, del resto, sanno perfettamente che una vendita non si fa grazie solamente a un banner: servono televisione, stampa, radio, affissione e tutto il resto... Il digitale, e il display in particolar modo, sono uno strumento che aiuta la comunicazione di un brand, sia nel caso che l’obiettivo finale sia l’awareness sia che si parli di conversione. Ricordo infatti che ‘display’ significa mostrare, e che il suo ‘risultato’ è la visione, non necessariamente un click. Poiché come ho già detto il nostro successo dipende da quello dei clienti, siamo fanatici della misurazione e delle logiche di attribuzione algoritmica di società specializzate come Adometry. La realtà, però, è che oggi il web è ancora valutato e misurato in modo molto, troppo approssimativo, mentre i modelli a disposizione sono in grado di mostrare e analizzare l’intero processo. Questo è anche l’obiettivo della nostra DMP proprietaria, Origin, che potrà arrivare a dare il giusto peso a tutti i canali e touchpoint, online e non solo, in modo olistico”.

Sara Buluggiu, Sales Director Southern Europe Rubicon Project

"VUP SFHPMBNFOUB[JPOF Ma chi deve regolamentare il mercato? Secondo Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic di Teads, i rapporti tra i diversi soggetti del programmatic dovrebbero essere sufficienti a garantire il funzionamento del mercato. Una posizione liberista che invoca da un lato l’etica e dall’altro un’adeguata concorrenza, in un percorso di positivo sviluppo del sistema. “Il tema della trasparenza è sicuramente uno degli aspetti più dibattuti in ambito programmatic, e in passato in molti hanno puntato il dito contro chi faceva vero e proprio ‘arbitraggio’ sul media, comprando e rivendendo a prezzo maggiorato. In realtà, i trading desk d’agenzia si stanno evolvendo verso modelli che garantiscono ai clienti maggior visibilità sui costi, divisi tra componenti tecnologiche, di servizio e dati – afferma De Vita–.

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Riguardo alla regolamentazione, credo che le dinamiche di mercato e i rapporti di fiducia tra clienti e agenzie siano sufficienti a garantirne il corretto funzionamento, e quanto più la conoscenza delle logiche programmatic aumenta tra i clienti, tanto più questo circolo diventerà virtuoso, riducendo le aree grigie”. Una posizione condivisa da Luca Carrozza, General Manager MAP, che da un lato sottolinea il processo di autoregolamentazione e dall’altro individua nell’attività consulenziale il vero valore aggiunto dell’offerta. “Posto che ritengo questo mercato tenda a ‘regolamentarsi’ attraverso una sorta evoluzione darwiniana, sono convinto che il mestiere di una agenzia come Cadreon sia sempre più legato al ruolo consulenziale e sempre meno a quello di intermediario tra domanda e offerta – dice Carrozza –. Se guardiamo ai dieci anni di evoluzione del mondo della search, e la search è VjidbViZY sin dall’origine, è un percorso inevitabile per alcuni, di elezione e scelta per noi”. Se si allarga un poco l’orizzonte diventa però difficile non prendere in considerazione le esperienze dei mercati finanziari e dei loro trader dal 2007 in poi. La crisi economica finanziaria degli ultimi sette anni è stata resa possibile dalle liberalizzazioni introdotte negli anni ’80 dal <gVbc"AZVX]"7aZVaZn 6Xi e la reazione americana pone almeno un punto di domanda sull’approccio liberista di autoregolamentazione del mercato. In altri termini, quello che già diceva Ferrari poche righe sopra, ossia è necessario che a definire le regole del gioco e valutare che queste siano rispettate sia un soggetto terzo. "EEJP BJ $1. AQJBUUJ Efficacia, efficienza e trasparenza. Se l’investitore vuole assicurarsi solo soluzioni ottimali deve prendere in considerazione la possibilità di pagare per la qualità acquistata. È un discorso che vale nelle transazioni più

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Enrico Quaroni, Country Manager per l’Italia Rocket Fuel

semplici e che deve confermarsi anche in ambito programmatic. Perché se dell’inventory si vogliono acquistare solo le posizioni ‘di qualità’ è necessario che ci sia un’adeguata differenziazione del prezzo. Questo in estrema sintesi il messaggio che Alessio Angiolillo, Managing Director Performics, lancia al mercato. “Non si può dire che non ci siano rischi. Il programmatic sta mostrando che una parte dell’inventory non è qualitativa – spiega Angiolillo –. Fino a ora abbiamo comprato manualmente a un CPM piatto, fidandoci di ricerche qualitative ma lontane da indicazioni in tempo reale. Oggi l’industria è in condizione di


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controllare la performance, misurare le reazioni del target e comprendere la reale qualità delle impression che si acquistano. La tecnologia ha aumentato la visibilità su alcune inventory. Per questo è comprensibile la strategia di alcuni publisher che decidono di preservare le prime due o tre chiamate dell’inventory per la forza vendita e lasciare all’acquisto in programmatic solo un 30% dell’inventory”. Venendo invece al confine tra consulenza e brokeraggio, “A differenza di altri competitor, noi di Performics siamo per la totale trasparenza – dichiara Angiolillo – ed esplicitiamo ai clienti il costo per i media, quello della tecnologia e quello relativo al nostro servizio. Questo è il nostro posizionamento sul mercato: totale trasparenza e chiarezza rispetto al servizio fornito. Questo ci consente di garantire una consulenza costante e ci consente di lavorare al bidding in esclusiva funzione degli obiettivi del cliente. E questo va a vantaggio di tutte le parti. Oggi siamo davanti a un’audience parcellizzata e i centri media conservano un vantaggio di volume, assicurato dalla gestione di budget di più clienti. Siamo noi a qualificare l’audience e certificarla, utilizzando una tecnologia che è riconosciuta come standard dell’industria. Al momento, comunque, non abbiamo strumenti di brokeraggio, ma non è una parola che dovrebbe intimorire il cliente”. La differenziazione dei PCM appare quindi correlata alla capacità di garantire un processo di acquisto trasparente. Una necessità attuale in ambito digital e su cui i player degli altri mezzi stanno già cominciando a riflettere. Se da un lato, come spiega Guido Confalonieri, Direttore Marketing Strategico di Publitalia ’80, le barriere sono tecniche, il rispetto dei ruoli appare fondamentale per dare vita a un sistema sano e ben funzionante. “Il percorso verso il pieno sviluppo dell’acquisto programmatico dipenderà molto, almeno per i

Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic di Teads

mezzi classici, da un diverso approccio culturale e dal cambiamento delle regole di ingaggio che il mercato vorrà, autonomamente, darsi – argomenta Confalonieri –. Rischi e opportunità sono sempre in proporzione a quanto ci si spingerà sulla strada dell’innovazione. Le barriere sono, teoricamente, solo di tipo tecnologico visto che, credo, nessuno avrà la forza di imporre uno standard unico: quindi molto dipenderà dalla modalità e dai tempi di integrazione tra le varie piattaforme presenti su entrambi i lati del mercato, domanda e offerta. Quanto al ruolo dei singoli attori, qui si tocca un punto parecchio delicato. Personalmente ritengo che ogni protagonista debba esercitare la propria specifica funzione, scegliendo il campo dove intende operare. L’agenzia media non può essere contemporaneamente acquirente e venditore di spazi pubblicitari, verrebbe meno il suo ruolo di attore super partes nei confronti degli editori, ma, soprattutto, di consulente ‘libero’ verso i clienti con i quali ha un rapporto fiduciario”.

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Creatività ‘programmata’ Last but not least, l’evoluzione dell’automation e del digitale ripropone la vexata quaestio creatività vs. performance. Tra programmatic creative e dynamic creative optimization, i meccanismi della creatività diventano infatti sempre più data-driven. Ma a comandare la creatività sono sempre i clienti, attraverso la definizione degli obiettivi e dei KPI delle campagne.

-" %0."/%" ha cominciato a rimbalzare dai social, ai blog, ai forum, per poi finire sulle pagine, cartacee e digitali, dei principali magazine di settore: c’è ancora spazio per la creatività in un contesto programmatico o si guarderà solo alla performance? La levata di scudi in difesa della creatività, del processo creativo e dei creativi stessi è stata unanime, qui in Italia come all’estero. In UK, paese decisamente più maturo da un punto di vista programmatico, a correre in difesa della creatività è stato, sulle pagine della stampa internazionale, David McMurtrie, head of publishers di Google UK: “È facile assumere che con lo spostamento dei media verso transazioni automatizzate e data-driven l’unica cosa che avrà un peso sarà la performance. Ma, anche tra gli investitori pubblicitari che fanno campagne di re-marketing performance-driven, l’impatto della corretta creatività può incrementare i risultati”. Insomma, persino Google, il player che ha fatto conoscere al mondo il programmatic attraverso il search, ritiene necessario segnalare che non è possibile immaginare un mondo pubblicitario privo di creatività. Del resto i Doodle di Google, quelle simpatiche creazioni che quotidianamente animano il motore di ricerca più usato al mondo, sono una pura operazione di branding e poco hanno a che fare con il performance marketing. E poi, chi ha detto che automazione e creatività 64

debbano per forza divergere? Come ha evidenziato Alejandro Clabiorne, managing director di PHD LatAm, in un’intervista a MandMGlobal: “Il dibattito su creatività e programmatic è il ‘problema’, perché fa sembrare che creatività e automazione non possano coesistere, che uno debba scegliere tra l’una e l’altra”. Clabiorne porta quindi a esempio il settore dell’automotive, in cui l’automazione nei processi produttivi non ha di certo portato a una riduzione della creatività in termini di funzionalità o di design. Certo, qualcuno potrebbe sottolineare che tutto dipende da quando la tecnologia entra in gioco, se le soluzioni programmatiche e di automazione operano nella fase iniziale di brainstorming o in quelle successive di ottimizzazione e fine-tuning. La realtà è che nessun processo oggi avviene senza l’intervento umano. Come chiarisce Michele Marzan, CEO Zanox e Vice-presidente IAB: “Il programmatico può aver portato un po’ di scompiglio, ma la creatività non viene meno”. E a portare ‘un po’ di scompiglio’ sono state due soluzioni che lavorano a sostegno del processo creativo, in due fasi diverse e con differenti obiettivi: il Programmatic Creative e il Dynamic Creative Optimization. Vediamoli in dettaglio. 1SPHSBNNBUJD $SFBUJWF Il Programmatic Creative è un processo


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FIG.1 - I COLORI DI SFONDO

Con l’obiettivo di valutare e quantificare l’impatto di numerosi aspetti legati alla creatività sulla performance dei banner, un team di ricercatori di Rocket Fuel ha osservato e categorizzato un campione di oltre 38.000 annunci di più di 1.000 aziende appartenenti a 16 diversi settori merceologici, per un totale di poco superiore ai 23 miliardi di impression. I risultati in termini di macro trend sono stati pubblicati nel white paper “The definitive guide to Creative Optimization”, dal quale sono tratti questo e i grafici seguenti. Naturalmente, la guida non garantisce affatto che i dati in essa indicati possano migliorare la performance di ‘qualsiasi’ campagna: troppi i fattori in gioco, spesso neppure misurabili, e troppo diversi i possibili obiettivi delle singole iniziative (clickthrough, conversione, brand awareness…). La guida dà comunque una chiara indicazione di cosa, come e quanto un processo data driven come il programmatic trading può effettivamente contribuire a ottimizzare una campagna, offrendo un valido aiuto nel confrontare i risultati in termini di benchmarking. Primo degli elementi analizzati è stato il colore di sfondo: complessivamente, i banner con uno sfondo rosso registrano un tasso di conversione superiore del 31% rispetto a sfondi di altri colori, seguiti da quelli con background arancione (+28%) o giallo (+24%). Altra notazione interessante è che nonostante la loro performance relativamente inferiore, gli sfondi bianchi (+14%) e neri (-22%) sono di gran lunga i più comuni nella maggior parte dei segmenti verticali Fonte: Rocket Fuel, “The definitive guide to Creative Optimization”, 2015

data-driven per la creazione automatica di banner e soluzioni pubblicitarie. Una tecnologia utilizzata dai designer per automatizzare le attività routinarie. Già da questa prima definizione appare chiaro che questo tipo di sistemi sfrutta i dati per accelerare il lavoro

creativo, con riferimento alle attività più ripetitive e a minor valore aggiunto per il cliente. Insomma, un po’ come usare un avvitatore elettrico per i bulloni di un auto, piuttosto che farlo con una chiave inglese. Il controllo rimane sempre in pugno al creativo 65


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FIG.2 - DURATA ANIMAZIONI

L’analisi di Rocket Fuel conferma quanto già indicato da altri benchmark: i banner animati ottengono un tasso di click-through inferiore ai banner statici. Lo studio mostra però che l’animazione incrementa il tasso di conversione (+7% nella media) rispetto alla staticità. Per quanto riguarda la durata, quella della maggior parte dei banner esaminati era compresa fra i 10 e i 12 secondi (il 40% del totale), mentre quelli fra i 6 e i 9 secondi registravano il miglior tasso di conversione, con un incremento medio del 38%. Fonte: Rocket Fuel, “The definitive guide to Creative Optimization”, 2015

che valuta il risultato finale della macchina e interviene a operare le necessarie variazioni. Le aree di applicazione sono numerose, tipicamente questa tecnologia viene utilizzata quando è necessario generare grandi volumi di pubblicità con numerose piccole variazioni tra l’una e l’altra, come nel caso delle campagne multi-device, in cui si richiede un adattamento ‘tecnico’ del banner pubblicitario al fine di garantire la massima efficacia in ogni contesto di fruizione, o ancora come nel caso delle gare, quando le agenzie creative sono chiamate a sviluppare numerose ‘variazioni sul tema’ per offrire una prima immagine del risultato finale al cliente. Insomma, un modo per incrementare l’efficienza, liberando risorse e garantendo la migliore allocazione, con un risparmio per l’advertiser che si trova ad acquistare un prodotto finale a

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maggior valore aggiunto. La domanda che sorge è lecita: come fa un programma a individuare automaticamente la migliore soluzione? Come si diceva, non è la tecnologia a individuare la soluzione migliore, più semplicemente, sulla base degli input che vengono immessi e in funzione dei dati raccolti nel tempo, l’algoritmo sviluppa una o più soluzioni, consentendo al creativo di partire non da un foglio bianco, ma da una traccia già completa di logo, immagini, templates, colori, testi. Né più, né meno di un sistema di suggerimento che apprende dalle scelte del team creativo e si perfeziona creatività dopo creatività, consentendo un incremento delle performance e dell’efficienza. Se da un lato il sistema consente quindi di accelerare la fase di ispirazione, dall’altro, se alimentato in maniera continua e costante,


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FIG.3 - IL POSIZIONAMENTO DEL LOGO

Secondo lo studio, i banner che mostrano il logo dell’azienda convertono maggiormente (+4%) rispetto a quelli in cui manca. Il grafico sottolinea l’importanza del posizionamento del logo all’interno del banner, evidenziando il lift potenziale dei quadranti in alto e, soprattutto, di quello in basso a sinistra. Fonte: Rocket Fuel, “The definitive guide to Creative Optimization”, 2015

può fornire delle pre-valutazioni in relazione all’efficacia della campagna, suggerendo quale scelta in termini di grafica o funzionalità possa garantire la migliore performance in base alle esperienze precedenti. I pro e i contro di questo approccio vengono chiaramente identificati da Paola Colombo Head of Technology and Business Development, Mediamond. “Anche per le agenzie creative si apre un mondo di nuove e diverse opportunità – argomenta Paola Colombo –: nuove perché ora è possibile avere maggiori informazioni sui target di comunicazione e quindi i messaggi creativi possono essere costruiti ad hoc ed essere più

efficaci; diverse perché la creatività non può più sbizzarrirsi nella creazione di formati non standard poco applicabili ad un ambiente nato per essere scalabile. Anche qui sono nate tecnologie che permettono di declinare dei soggetti creativi in centinaia di varianti proprio per poter sfruttare al meglio il potenziale di questo ecosistema”. Insomma una semplificazione che deve essere digerita da quei copy e art-director che erano un tempo abituati a dare libero sfogo alla propria creatività. %ZBONJD $SFBUJWF 0QUJNJ[BUJPO Passando al DCO – Dyanamic Creative

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FIG.4 - I COLORI DELL’AUTO

Il campione esaminato da Rocket Fuel nel vertical ‘Automotive’ comprendeva 367 campagne (per un totale di 3 miliardi di impression). Fra le caratteristiche analizzate: il colore dell’auto e quello dello sfondo, le dimensioni del motore, il tono del messaggio (per esempio: accento sulla sicurezza, sui premi vinti, sui bassi consumi, ecc.), la presenza di persone nell’annuncio, se erano o meno alla guida dell veicolo. Nell’immagine, la chart relativa ai colori più performanti. Fonte: Rocket Fuel, “The definitive guide to Creative Optimization”, 2015

Optimization, il focus, come chiarisce Constantijn Vereecken, Managing Director WebAds si sposta sul tema della ottimizzazione. “La creatività è il motore della pubblicità, la modalità di acquisto spazi non deve influire sulla qualità del messaggio, ma anzi deve essere da stimolo per creare annunci sempre più di valore per l’utente- argomenta Vreecken –. Con l’avvento del programmatic e il conseguente maggior controllo delle campagne digital da

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parte degli inserzionisti si hanno anche maggiori possibilità di ottimizzazione delle creatività in real time”. In pratica, dopo aver generato una serie di varianti delle soluzioni creative si operano degli A/B test per valutare l’efficacia delle diverse varianti nelle loro combinazioni e si inizia un processo di auto-otimizzazione dei diversi aspetti della creatività. Al contrario del Performance Creative, in questo


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FIG.5 - LE CREATIVITÀ DINAMICHE

Nonostante il campione di dimensioni inferiori, l’effetto della Dynamic Creative è quello di mettere il prodotto giusto di fronte alla persona giusta al momento di servire un banner può avere un impatto significativo sulla performance. In media, confrontato a creatività negli stessi segmenti e con i medesimi obiettivi, le Creatività Dinamiche hanno registrato tassi di conversione superiori (+21%) rispetto ai banner standard in particolare in vertical come Viaggi e Distribuzione. Fonte: Rocket Fuel, “The definitive guide to Creative Optimization”, 2015

caso ci si sposta dalla fase di ideazione e quella di lancio e gestione della campagna, che viene ottimizzata in termini di creatività in relazione al contesto e alla risposte dei target di riferimento. L’obiettivo e il risultato di questo approccio è quello di innalzare le performance sopra i valori medi di riferimento. Un percorso che appare obbligatorio, tenuto conto che, come spiega Alessio Angiolillo, Managing Director Performics, “La creatività deve diventare dinamica, è già in alcuni casi dinamica… I clienti non possono più permettersi di costruire un’intera campagna su un solo spot o banner. Tutto deve essere basato sull’obiettivo

e sulla capacità di accompagnare il cliente lungo il funnel. Il processo è chiaro: do visibilità, affino il target, ri-targettizzo la campagna selezionando i profili a maggiore conversione e gli presento una nuova creatività, personalizzata e ottimizzata in base al percorso di navigazione/ set di azioni effetuate. La creatività è uno strumento di conversione e grazie alle funzioni DCO (Dynamic Creative Optimization, ndr) il programmatic permette, in estrema sintesi, di dare la creatività giusta, al cliente giusto, nel momento giusto. È un aspetto fondamentale del processo di comunicazione. Stiamo portando le creative agency nel nostro

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giardino. Per questo lavoriamo così bene con la nostra Newcast la struttura di ZenithOptimedia che si occupa di branded content e produzione creativa”. Una soluzione, quella del DCO, che risulta particolarmente utile quando le possibili combinazioni della campagna che si sta gestendo sono numerose e il budget investito è consistente. Ne consegue che l’ottimizzazione della campagna non è trascurabile e può effettivamente portare a incrementi di performance considerevoli. Facendo un esempio pratico, una campagna banner multiprodotto con 3 copy, 10 prodotti da comunicare, 2 target, uno maschile e uno femminile, 2 possibili call to action in 3 possibili colori e 2 posizioni potenziali, darebbe luogo a 720 possibili soluzioni di comunicazione. Attraverso il DCO è possibile realizzare una serie di A/B test per arrivare a comprendere quale soluzione applicare in quale circostanza. " DIJ JM DPOUP Come tutti i servizi anche quelli di Performance Creative e Dygital Creative Optimization vanno adeguatamente remunerati. E il modello di business in questi casi appare quanto mai prossimo a quello con cui da alcuni anni i consulenti di lean management propongono i propri servizi: l’intervento viene ripagato dall’area di efficientamento e/o ottimizzazione che si viene a creare. “La capacità di targeting molto più raffinata riesce a garantire che ogni impression raggiunga le persone giuste al momento giusto, tuttavia, questa profonda attenzione per i dati ha lasciato un vuoto a livello creativo privilegiando gli aspetti conversion-oriented a discapito dell’engagement – Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic di Teads –. Questo squilibrio nell’equazione creatività-dati può essere risolto utilizzando gli stessi dati provenienti dalle campagne per informare il messaggio creativo e

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renderlo su misura per il pubblico e l’ambiente in cui è visualizzato. Ad esempio si possono utilizzare i dati demografici e geografici ed integrarli con quelli relativi al contesto in cui l’annuncio viene visualizzato; ovviamente i costi della creatività potrebbero crescere notevolmente, dovendo realizzarne più versioni, ma anche qui i risultati dovrebbero ripagare ampiamente la spesa”. Il punto di vista di De Vita sembra suggerire che la soluzione al problema stia nel problema stesso, o meglio, come sottolineava Clabiorne, la questione tra creatività e programmatic è un falso problema. Forse più una questione di approccio, come inquadra Michele Marzan: “A guidare la creatività nel programmatico si affiancano ai driver classici quelli correlati alla frequenza di contatto, alle dinamiche di storytelling che si possono sviluppare con l’utente e ancora le soluzioni video, che stanno diventando sempre più importanti. È una creatività contestuale, che si adatta agli obiettivi del cliente e che potenzialmente può declinarsi con un crescente e pressoché infinito livello di personalizzazione, in ragione dei segmenti di clientela individuati e che si vogliono colpire. È chiaro che più cluster di audience si creano, maggiore sarà l’impegno che verrà chiesto al cliente per la loro gestione. Tutto questo comporta dei costi e quindi deve essere sempre correlato a un’analisi di opportunità”. Come evidenziano sia il CEO di Zanox che l’Head of Programmatics di Teads la tematica potrebbe essere economica, dato l’extra lavoro che queste soluzioni comportano. Ma come suggerito da entrambi i vantaggi che ne conseguono dovrebbero annullare anche questo aspetto, giustificando l’eventuale incremento di CPM attraverso un più che proporzionale ritorno in termini di efficacia e conversione della campagna. $IJ EJSJHF M PSDIFTUSB Sgombrato il campo ed esclusa la possibilità che


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qualcuno stia pensando di fare a meno della creatività, rimane piuttosto una questione di titolarità del processo. Negli ultimi anni siamo andati avanti ripetendo ‘the content is king’. Tutto vero, ma oggi, chi guida le campagne pubblicitarie? La sensazione è che, almeno in ambito programmatico, il workflow potrebbe essersi ribaltato, con le agenzie creative costrette a seguire le indicazioni dei centri media e delle piattaforme, piuttosto che guidarne le scelte o imporre le proprie intuizioni. Questo in buona sostanza il pensiero espresso da Enrico Quaroni, Country Manager per l’Italia di Rocket Fuel: “Premesso che le agenzie creative serviranno sempre, mi sembra chiaro che da oggi in poi dovranno basare il loro lavoro sulle evidenze che società come la nostra sono in grado di dare. È un cambiamento radicale della prospettiva. Non più dunque, ricerche o test per valutare il gradimento di un messaggio o di un’idea, ma esattamente l’opposto: saranno cioè i dati, per quanto aridi e ‘cattivi’, a dire che cosa e a chi comunicare. I creativi non dovranno guardare al programmatic e ai big data con timore ma considerarli un nuovo e infinitamente potente strumento di insight da cui far nascere idee e creatività”. Più una questione di processi che di output. Forse, anzi, un’occasione per migliorare, come suggerisce Marco Ferrari, CEO Turbo. “La creatività può essere migliorata e costantemente aggiornata grazie alle evidenze dei dati – afferma Ferrari –. E la consulenza su questo aspetto rientra tra i servizi di un trading desk. L’importante però è che ci sia – alla base – un buon concept creativo. E su questo – se guardo la maggior parte delle creatività digitali in giro – credo ci sia ampio spazio di miglioramento a livello generale, anche senza l’impatto del Programmatic…”. E se deve essere un’occasione non può che strutturarsi come un momento di ulteriore colla-

borazione tra i diversi player, a maggior ragione se questi fanno parte dello stesso gruppo, come nel caso dei brand legati a IPG Mediabrands. “Far parte del network del gruppo IPG ci consente di lavorare fianco a fianco con partner come agenzie creative e di produzione del gruppo che stanno vivendo in prima persona la loro evoluzione in termini di real time marketing e communication e questo ci consente di poter offrire competenza su tutte le componenti: strategia e branding, design, produzione e distribuzione di media e contenuto, misurazione e validazione – dice Luca Carrozza General Manager MAP –. Oggi real time e agility sono parole chiave in tutte le aree del gruppo, proprio per questo ci candidiamo a diventare interlocutori primari dei nostri clienti sul supporto a tutte le aree di marketing e comunicazione: ‘We are that someone’”. *M QVOUP EJ WJTUB EFJ DSFBUJWJ L’ultima parola spetta all’altro partner della coppia. Cosa ne pensano i creativi? Il punto di vista di Paolo Iabichino, Executive Creative Director di OgilvyOne and Geometry Global Italy, sul tema è piuttosto chiaro: i dati sono una risorsa che consente di innalzare l’efficacia delle campagne pubblicitarie e quindi bisogna tenerne conto e utilizzarli. Una valutazione espressa nell’introduzione a ‘Il fascino dei numeri’ di Dimitri Maex. “Dimitri in quel volume parlava di fascino dei numeri. E in effetti, rispetto al passato il mestiere della comunicazione digitale può essere aiutato molto dai numeri. Se non altro perché da quando scrivo la pubblicità ho la sensazione che possa arrivare più spesso a destinazione – racconta Paolo Iabichino –. Il rischio è che ci si muova un po’ sotto dettatura, che i big data e il programmatic costruiscano un perimetro troppo stretto. Ci si trova a gestire un oggetto di comunicazione ben guidato con variabili così circoscritte che la comunicazione diviene

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Quando invece ci muoviamo su una logica più commerciale o di business as usual, lì si che il messaggio di comunicazione viene costruito attraverso dinamiche e meccanismi che sono basate sui dati. È anche logico, perché in questi casi non sfruttare i dati e gli analytics significherebbe ridure l’efficacia della campagna. In generale il gioco rimane in mano al cliente, è lui che definisce gli obiettivi e i KPI, e sulla base di questi si vede chi guida il processo”.

Paolo Iabichino, Executive Creative Director di OgilvyOne and Geometry Global Italy

filoguidata. È una deriva di cui si deve tenere conto. Dall’altro lato, quello che mettiamo in circolazione come uomini di comunicazione riesce finalmente ad avere un ascendente sulle persone, perché si mette in una logica di ascolto. E questo è il bello del programmatic: una comunicazione non imposta che si muove secondo logiche di ascolto. Non sempre, però, è un aspetto sufficiente a riscattare un a pproccio che si basa principalmente sui numeri. Per fortuna, nelle grandi campagne di comunicazione il programmatic non ricatta la creatività, ma lavora a supporto per innalzarne l’efficacia e renderla visibile in contesti di massima efficienza. Il tutto senza dettare il messaggio o l’impianto narrativo.

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thepowerofdata

i protagonisti

iquadernidellacomunicazione


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D.A.V.I.O. Discovery, Acquisition e Validation dell’audience unito a Insight e Optimization. Queste i driver che stanno consentendo a Cadreon di crescere rapidamente nel contesto italiano, posizionandosi come partner chiave nelle soluzioni programmatic per i clienti di IPG Mediabrands e non solo.

INTERVISTA a Luca Carrozza director di Reprise Media. Avete fatto il vostro ingresso in Italia circa un anno fa, ma l’offerta di Cadreon è attiva in 22 paesi. Ci racconta il posizionamento di Cadreon nel contesto Italiano? Cadreon è la piattaforma di Audience Management di IPG Mediabrands. Cadreon si occupa della gestione e delivery di campagne display, video, mobile e social, programmaticamente e in real time per i clienti del gruppo IPG. Nel mercato italiano si presenta come una piattaforma specializzata in data-driven digital marketing, un’agenzia che integra media, tecnologia, dati, inventory e intelligenza umana, per intercettare e raggiungere le giuste audience, nel contesto giusto, con il giusto messaggio e al momento giusto. Il valore aggiunto di Cadreon risiede in un mix unico di esperti in media e di tecnologia che ha l’obiettivo di rimuovere la complessità dell’ecosistema programmatico e produrre risultati migliori di quanto potrebbero fare le diverse componenti separatamente. L’approccio di Cadreon si struttura in 4 fasi ‘Audience discovery’, ‘Audience acquisition’, ‘Audience validation’ e ‘Insights and optimization’. 74

Luca Carrozza, General Manager MAP (Mediabrands Audience Platform)

Come si sviluppano i progetti e quali sono i vantaggi che la vostra metodologia garantisce ai clienti? Audience discovery: Cadreon, integrando dati provenienti da differenti fonti, individua i segmenti di audience più rilevanti per i propri clienti.


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Audience acquisition: Quindi impiega sofisticate tecnologie per acquistare efficientemente spazi media su larga scala che vengono validati rispetto all’audience di riferimento. Audience validation e Insights and optimization: Infine, l’ottimizzazione continua permette di raggiungere i risultati prefissi e di arricchire l’approccio strategico dei clienti con nuovi insight. Questa è la nostra metodologia di esecuzione delle campagne che garantisce ai nostri clienti di raggiungere un target rilevante con il massimo dell’efficienza. Il punto cruciale è il corretto bilanciamento tra esigenze e obiettivi di efficienza e il requisito imprescindibile per una agenzia di lavorare in funzione della qualità e del valore che il nostro intervento può portare anche agli obiettivi di equity e brand dei nostri clienti. Siamo infatti convinti che la separazione tra efficienza e qualità è il rischio maggiore che si corre oggi di fronte alla complessità dell’ecosistema digitale. Quali sono i vantaggi garantiti da un network internazionale come il vostro? L’appartenenza a un network internazionale come quello di Cadreon, eccellenza nell’esecuzione di campagne programmatic e data-driven in molti Paesi del mondo, permette alla struttura italiana di avvalersi di soluzioni scalabili e all’avanguardia e di riferirsi a figure altamente specializzate che vantano un solido know-how maturato all’interno dei mercati più evoluti e competitivi del mondo. Oggi Cadreon è già attivo in più mercati con attività programmatiche anche sui canali radio, televisione, out of home. L’approccio test & learn e la presenza di un marketing team a livello di network dedicato a supportare il roll out in tutti i differenti mercati ci consente di beneficiare di una

CADREON ITALY A DIVISION OF IPG MEDIABRANDS Via Valtellina, 15 – 20159 Milano www.cadreon.com

Board di direzione: Luca Carrozza General Manager MAP; Luca Nicolai, Head of Cadreon Italy; Gian Paolo Tagliavia, CEO IPG Mediabrands. Servizi offerti: IPG Mediabrands Trading Desk organizzazione che offre il meglio di un coordinamento centralizzato che lavora in sinergia con i team locali che ne sono la naturale espansione. Nel 2014 i profili ‘RTB’ e ‘Big Data’ erano i più ricercati dal mercato. Le strutture che lavorano in programmatic vivono di tecnologia e talenti. Quali sono i vostri? Ci presenta il team? Nel corso del 2014 lo staff di Cadreon Italia è quadruplicato. Hiring e sviluppo professionale sono tra i processi fondamentali di un’agenzia il cui obiettivo principale è diventare partner strategico per i propri clienti, supportandoli nel raggiungere i loro obiettivi di marketing digitale attraverso il corretto bilanciamento di competenze media e tecnologiche. Come per tutte le agenzie specialistiche che fanno parte della Mediabrands Audience Platform (MAP) cerchiamo, e ne supportiamo lo sviluppo continuo, professionisti digitali con un cosiddetto profilo a “T”: devono integrare cioè competenze ed esperienze ‘verticali’ su una specialità (planning, buying, optimization, analytics), con ampie conoscenze ‘orizzontali’ su tutti gli altri canali, tattiche e strumenti del digital mix. La complessità odierna, tecnologica ma non solo, dell’ecosistema digitale media può essere affrontata solo riuscendo a bilanciare una profonda e forte specializzazione tecnica con

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capacità, conoscenze e competenze che rendono le nostre persone consulenti e marketer, in grado di relazionarsi con colleghi, partner, clienti e gestire tutte le leve disponibili oggi in termini di tecnologia, dati e media. Ci volete raccontare una case history rappresentativa del vostro approccio e dei vantaggi che Cadreon assicura ai propri clienti? Accanto a casi legati ai grandi brand gestiti da Mediabrands, dove il programmatic è sempre più parte integrante di un media mix articolato, vorrei citare la case history di JobMeToo, un’agenzia per il lavoro specializzata in recruiting online per candidati con disabilità. Per gli obiettivi e le esigenze del recruiting online su target molto specifici, affiancare ai canali a performance consolidati il programmatic ha portato vantaggi evidenti, consentendo anche sul canale display un approccio totalmente data-driven. Le tecniche di acquisto automatizzato hanno consentito al team di Cadreon di assicurare al cliente un reale valore aggiunto, tangibile in termini di ROI, massimizzando l’efficacia di budget che, con modalità d’acquisto media tradizionale, sarebbero state considerate troppo contenute. Per concludere, vogliamo fare un bilancio di questi primi 12 mesi? Quali sono le novità a cui state lavorando per il prosieguo dell’anno e per il 2016? Stiamo sviluppando moltissime novità come l’arricchimento della nostra offerta in termini di rich media e messaggi creativi tailor made, l’incremento delle attività di data analysis per i nostri principali Clienti e i primi test di soluzioni programmatiche per l’acquisto di media non online. Il 2014 ci ha consentito di crescere dopo il

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lancio locale dell’anno precedente in maniera significativa è stato anche l’anno del consolidamento di Cadreon Italia come prodotto e servizio. Quest’anno puntiamo a proseguire su una curva ripida di crescita sia in termini di business, sia soprattutto di livello, qualità e completezza dei servizi di Audience Management offerti. I temi chiave per questo e il prossimo anno saranno per noi da un lato consolidare ed espandere mobile e social all’interno del digital mix, dall’altro proseguire nell’integrazione del concetto di real time marketing su tutte le componenti dell’ecosistema programmatico. Media, dati e tecnologia sono fondamentali per tutte le attività di esplorazione, individuazione e acquisizione delle migliori audience nelle fasi di Discovery: ma la tecnologia consente oggi di lavorare con un approccio programmatico e di ottimizzazione continua anche sulla componente di contenuto della comunicazione, nelle fasi di Acquisition, Engage e Validation. Oggi la competizione si sposta su quel che definiamo Marketing Operations. Marketing Operations, che si intenda come disciplina o funzione, si riferisce in particolar modo all’how-to del marketing: come implementare in modo da coniugare realmente efficienza ed efficacia. La funzione di Marketing Operations può aiutare il Marketing a tornare a essere un centro di valore per il resto dell’organizzazione, consentendo all’intera azienda o agenzia di sfruttare le opportunità di crescita. Questo costruendo in primo luogo anche la propria accountability, quindi rafforzandosi attraverso l’alignment, infine guadagnando il momentum tramite un approccio che si fonda sul’agility. IPG Mediabrands ha l’obiettivo di essere per i propri clienti il partner a supporto dei loro obiettivi business. Per questo lavoriamo da


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Le tecniche di acquisto automatizzato adoperate per le campagne di digital marketing di JobMeToo hanno consentito al team di Cadreon di assicurare al cliente un reale valore aggiunto, tangibile in termini di ROI, massimizzando l’efficacia di budget che, con modalità d’acquisto media tradizionale, sarebbero state considerati troppo contenuti

anni sullo sviluppo anche dell’organizzazione, perché siamo estremamente consapevoli della

differenza tra essere una delle agenzie e diventare un partner.

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Obiettivo Smart Data La business unit di ZenithOptimedia dedicata a tutto ciò che riguarda il performance marketing spinge l’acceleratore sul programmatic per ottimizzare le pianificazioni dei propri clienti con particolare attenzione all’analisi dei dati. E proprio la capacità di trasformare i big data in smart data sta alla base del successo di Performics.

INTERVISTA ad Alessio Angiolillo, Managing Director Performics, business unit di ZenithOptimedia Group. In un contesto di start-up, indipendenti o inserite in network consolidati, Performics, attiva in Italia al 2011, fa la parte dell’anziano. Ci descrive il vostro posizionamento? Il termine anziano fa sorridere. In ogni caso, anche prima, ZenithOptimedia aveva una divisione di performance marketing. Il cambiamento che abbiamo avuto è correlato al ruolo di Performics all’interno della casa madre. Sino al 2013 era visto come un hub interno all’azienda a cui veniva demandata la gestione delle campagne di performance marketing. Dal 2013 abbiamo lavorato per rendere Performics una struttura con un’offerta articolata, capace di occuparsi di digital marketing a tutto tondo, fornendo servizi che comprendono search, seo, display, video, social, sia con modalità di acquisto tradizionale che in programmatic. Come si inserisce nel quadro di un’offerta così articolata il programmatic? IIn un nostro piano di comunicazione digitale il cliente trova sempre una riga di programmatico. Questo ci consente di acquisire 78

Alessio Angiolillo, Managing Director Performics

informazioni sul target e operare in termini di ottimizzazione dell’intera campagna. Il programmatic porta infatti con sé un forte valore aggiunto correlato all’acquisizione di


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PERFORMICS (ZENITHOPTIMEDIA GROUP) know-how rispetto al target, sia attraverso dati proprietari – di prima parte - che di terza parte. Se da un lato si innalza il costo contatto, dall’altro crescono più che proporzionalmente efficacia ed efficienza, con vantaggi per il cliente. Offriamo una pianificazione integrata, non più solo un piano media. Partiamo dall’analisi di quello che avviene dopo il click, l’azione per comprendere cosa è funzionale e cosa no. Lavoriamo su tutte le arre di ottimizzazione possibili: buying, creatività, formato , tracciamento, landing page, ecc per incrementarne passo a passo l’efficienza. È dall’analisi delle performance che si misurano in tempo reale gli andamenti delle campagne, si identificano e affinano i KPI e si migliorano i risultati. Il punto di partenza di ogni nostra azione è che nel digitale tutto è misurabile. Chiediamo al cliente cosa vuole che faccia l’utente e lavoriamo per migliorare minuto per minuto la performance della nostra strategia di comunicazione. E a livello di tecnologie, quali sono i punti forti della proposta di Performics? Se mettessimo in fila tutte le piattaforme che utilizziamo in Performics potrebbe non bastarci una pagina. Utilizziamo pressoché tutte le tecnologie di terze parti, come del resto fanno tutte le grandi agenzie. Questo ci dà modo di conoscere le novità, partecipare a continui training e sessioni di aggiornamento ed essere tra i partner privilegiati nella introduzione delle nuove soluzioni. Siamo in grado di testare le nuove tecnologie, valutarle e decidere se e come

Via G. Borsi, 9 – 20143 Milano Tel. 02 752991 www.performics.com/it/contattaci www.performics.it

Servizi offerti: Performance marketing & advertising services, Search, Seo, Social and Display advertising management, conversion optimization, landing page optimization. Anno di fondazione: 1998 Dipendenti: 40 Clienti (principali): Toyota, Eni, Artsana, Reckitt Benckiser, Ferrero, Lactalis, HP. scalarle sui nostri clienti per garantire loro un vantaggio competitivo. Inoltre, facendo noi parte di ZenithOptimedia abbiamo in casa un team di sviluppatori e questo ci consente di creare dashbord integrate, sfruttare API delle diverse piattaforme, creare nuovi prodotti e nuove suite e tools di analisi, fornendo soluzioni di intelligence ai nostri clienti. Il vostro è un brand internazionale, attivo dal 1998 in 18 paesi. Quali sono i vantaggi per i vostri clienti nell’appoggiarsi al vostro network? In Italia Performics è una business unit di ZenithOptimedia, ma sta acquisendo sempre maggiore autonomia gestionale. L’appartenenza a un brand internazionale ci da accesso a informazioni e strumenti in quantità maggiori rispetto ad altre strutture e con largo anticipo. Come dicevo prima, gli accordi con Google, Adobe, Microsoft e altri partner mondiali ci consentono di avere già in test le funzionalità e feature che questi sviluppano, prima del mercato, con vantaggi di costi e che ovviamente trasferiamo sui nostri clienti. Inoltre siamo 79


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immersi in una cultura di performance e management tipicamente statutinense. Un approccio che a livello concreto si traduce in una grande attenzione alla formazione interna e alla crescita e sviluppo delle risorse umane. Io stesso partecipo mediamente ad almeno due webinar ogni mese. A detta di tutti gli head hunter quello del ‘big data specialist’ è stato nel 2014 il profilo più ricercato. Qual è il team che sta dietro la vostra offerta di programmatic? All’interno di ZenithOptimedia il progetto programmatico - Audience On Demand è a brand VivaKi, che fornisce strumenti e soluzioni ‘Programmatic’ per Performics. I nostri campaign manager lavorano a stretto contatto con il team di VivaKi, confrontandosi su tutti gli aspetti della pianificazione, per rendere il miglior servizio possibile al cliente finale. Per fare questo abbiamo inserito nuove figure chiave all’interno di Performics. Oggi infatti non basta il singolo analyst per raggiungere risultati, ma è necessario avere un team eterogeneo che copra le diverse aree di specializzazione, con figure che vanno dagli statistici e matematici, che sono chiamati a sviluppare modelli econometrici, agli sviluppatori. Sono figure che in alcuni casi sono già presenti sul mercato e che in altri bisogna formarsi in-house. Di certo sono profili che sino a cinque anni fa i centri media e le agenzie di comunicazione non avrebbero cercato. Qualcuno li chiama big data scientist, la realtà è che più che di big data, oggi si ha bisogno di smart data. Siamo invasi dai dati. Abbiamo i server pieni di dati. Quello che ci serve è creare le connessioni. Ordinare i dati, trovare le regole per procedere alla loro normalizzazione, alla

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loro analisi e quindi all’individuazione dei cluster più significativi e performanti per ottimizzare le campagne, aumentare le performance, incrementare i tassi di conversione e allocare sempre al meglio il budget dei nostri clienti, garantendo il massimo ritorno sull’investimento. La cultura del performance marketing si sta estendendo dalla struttura di Performics a quella di tutta ZenithOptimedia, l’agenzia del liveROI, non dimentichiamolo. L’obiettivo di ogni strategia di comunicazione è comprendere il percorso di avvicinamento del consumatore al brand negli store, siano questi online o offline, unendo i dati a disposizione del cliente con quelli che provengono dalle campagne. I centri media stanno diventando delle vere e proprie data driven agency. È una rivoluzione sistematica, che richiede tempo e risorse. Un esempio pratico di questo approccio? Prendiamo il caso di un nostro cliente del settore automotive. Nel piano abbiamo inserito una parte di programmatic e sviluppato una data driven strategy. Abbiamo raccolto i cookie degli utenti che arrivavano sulla landing page, li abbiamo clusterizzati in base ai comportamenti degli utenti una volta atterrati sul sito. Quindi abbiamo monitorato la navigazione di questi cookie anche fuori dal sito, abbiamo selezionato le soluzioni di comunicazione che avevano meglio performato e creato campagne look-alike e di re-targettizzazione. In questo modo abbiamo ottimizzato le campagne dal 30% al 50%, triplicando il tasso di conversione. Sfruttiamo i dati acquisiti attraverso la DMP (9ViV BVcV\ZbZci EaVi[dgb! cYg) del sito del cliente per identificare i cluster che convertono


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di più e focalizzare la campagna su questi profili. In pratica, sviluppiamo la campagna CPM (8dhi EZg B^aaZ! cYg) avendola ottimizzata sul CPL (8dhi EZg AZVY! cYg). IIl meccanismo è quello di una crescente profilazione del consumatore/prospect, per prendere quelli che convertono maggiormente e ri-colpire quelli che sono in target, ma non hanno convertito secondo gli obiettivi del cliente. Tutto questo viene realizzato con una creatività adattativa, resa possibile dalla funzione DCO (9ncVb^X 8gZVi^k^in Dei^b^oVi^dc! cYg). Nelle varie fasi il sistema va a selezionare la creatività che ha performato di più, o customizzare la creatività in base al consumatore. Il tutto in real time o near real time.

che passano dal search al display senza problemi, che di training delle risorse, così come di lancio di nuovi prodotti di assoluta qualità con focus su mobile e video. E sicuramente una novità è quella di una crescita continua sia a livello di revenue che di struttura.

Quali novità per il 2016? Prevediamo uno spostamento sempre più deciso verso un approccio performance oriented, sia in termini di recruiting, planner

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ROI senza rivali L’offerta di Rocket Fuel si integra perfettamente con quelle delle agenzie media, e grazie al suo algoritmo proprietario – l’unico in grado di generare un modello di ‘autoapprendimento predittivo’ capace di ottimizzare gli investimenti – assicura agli investitori un ROI migliore di qualsiasi altra pianificazione in ambito desktop, mobile, video e social.

INTERVISTA a Enrico Quaroni, Country Manager Italia Rocket Fuel. Può ‘presentarci’ brevemente Rocket Fuel? Le fondamenta della società si trovano in un’idea tecnica-algoritmica di George John, laureato a Stanford in Intelligenza Artificiale, che insieme a Richard Frankel – entrambi ex senior director di Yahoo! – hanno creato la società nel 2008, guidandola fino alla quotazione al Nasdaq nel 2013, e portandola a fatturare nel 2014 più di 400 milioni di dollari. Partiti dagli Stati Uniti, Rocket Fuel oggi è operativa anche in Europa, Australia e Giappone (grazie a una partnership con CCI Dentsu), contando oltre 1.000 dipendenti. La nostra caratteristica fondamentale è che offriamo al mercato un prodotto ‘vero’ e realmente unico: senza nulla togliere agli altri che lavorano nel settore e che dispongono di ottimi strumenti per l’acquisto di spazi in Real Time, la differenza è nell’algoritmo proprietario di Rocket Fuel: l’unico in grado di generare un modello di ‘autoapprendimento predittivo’ capace di ottimizzare gli investimenti. Che rapporto ha la sede italiana con la casa madre e qual è esattamente il suo ruolo? 82

Enrico Quaroni, Country Manager Italia Rocket Fuel

Il nostro è un team di sales e account management: le operations fanno base a Londra, mentre il vero e proprio cuore


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ROCKET FUEL

tecnologico dell’intero gruppo è negli Stati Uniti. In ogni caso, la sede italiana rappresenta un punto di riferimento per Rocket Fuel: siamo parte della loro ‘elite’, in Europa e non solo. Quali sono le caratteristiche e il posizionamento della vostra offerta e quali i plus che assicurate agli investitori? Comincerei dicendo che la nostra infrastruttura ha dimensioni inusitate per questo settore ed è difficilmente replicabile: siamo un’azienda che si potrebbe definire quasi ‘metalmeccanica’ per il metodo con cui funzionano l’intero processo e i meccanismi del media buying automatizzato. Il motore della nostra piattaforma è alimentato dalla ‘benzina’ dei Big Data: ciò significa che per ogni singolo utente analizziamo qualcosa come 11 milioni di ‘segnali’, rappresentando graficamente le informazioni con una nuvola di colore rosso, grigio o verde: il primo caso è quello di un utente poco interessante; il secondo mostra una potenzialità ma invita ad attendere maggiori informazioni o un diverso momento; il terzo dà il via libera all’acquisto dell’impression. Il modello che utilizziamo è quello comportamentale – act alike e non look alike – che nel più totale rispetto di qualsiasi legge sulla privacy ci permette di identificare gli utenti con le caratteristiche più interessanti in funzione dell’obiettivo posto dal cliente – un impression, appunto, piuttosto che un click o un atto di acquisto...

Via Federico Confalonieri, 36 – 20124 Milano Tel. 02 89982328 sales-it@rocketfuel.com www.rocketfuel.com/it

Board di direzione: Enrico Quaroni, Country Manager Italia; Alessandro Stoppa, Head of Sales Italia; Massimo Brignole Genoni, Head of Account Managers Italia. Anno di fondazione: 2008 (in Italia dal 2013)

La conoscenza approfondita e il controllo elevato della nostra soluzione tecnologica ci consentono di realizzare studi di fattibilità delle campagne pressoché perfetti. In altre parole, ci posizioniamo alla frontiera della Tecnologia potendo contare su un vantaggio competitivo effettivo e più che solido. Il nostro plus principale, e lo dico senza timore di essere smentito, è la possibilità di generare un ROI migliore di qualsiasi altra pianificazione web/display in ambito desktop, mobile, video e social (che nel caso di Facebook avviene attraverso API senza passare dal Facebook Exchange). Naturalmente il ROI va misurato sulla metrica che si vuole ottimizzare, ma questo non ci spaventa, e anzi siamo valutati e remunerati proprio sulla base dei risultati che generiamo per i clienti: del resto, la nostra reputazione si fonda sul fatto che Rocket Fuel vende esattamente ciò che è in grado di deliverare. E anche se a qualcuno può sembrare una affermazione velleitaria o addirittura fantascientifica, ciò che vendiamo è poca fantasia e molta realtà: ‘Artificial Intelligence, Real Results’, come recita il claim della nostra campagna. In conclusione, siamo lo strumento di media buying più efficiente di tutti, tanto che ci definiamo i ‘cecchini’ del web proprio per 83


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la capacità di acquistare le impression dove sono più efficienti. A chi si rivolge esattamente l’offerta di Rocket Fuel? I nostri interlocutori sono tutte le realtà che hanno a disposizione un budget pubblicitario da investire e che, come detto, cercano il massimo ritorno sull’investimento. Detto questo, la nostra offerta è totalmente integrata al mondo delle agenzie, nei confronti delle quali abbiamo sposato un filosofia di piena e massima collaborazione. Naturalmente lavoriamo anche con alcuni clienti diretti, ma solo nei casi in cui non siano presenti centrali. Siamo infatti convinti che le agenzie media siano partner necessari, anzi indispensabili, per poter controllare e gestire i budget di comunicazione in modo olistico. Sappiamo di essere solo uno spicchio del mix e difficilmente il più importante, ma la realtà è che le evidenze statistiche che nascono dal nostro lavoro possono dare origine a insight importanti e sfruttabili al meglio solo da chi ha una visione a 360 gradi dell’investimento del cliente. Di fatto, il ruolo di chi lavora nelle agenzie media si sta trasformando sempre più da quello di planner in analista: il nostro contributo è quello di offrire evidenze empiriche, sulla base delle campagne che le agenzie pianificano e noi acquistiamo o realizziamo per loro, che l’agenzia media potrà poi a sua volta analizzare, elaborare e trasformare in nuovi insight a tutto vantaggio dei clienti. Solo a titolo di esempio: se dai nostri dati emerge una particolare propensione della target audience di una specifica azienda a effettuare acquisti online nella fascia preserale della domenica, ci si accorgerà che piuttosto che pianificare il proprio spot

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su ‘Che tempo che fa?’ potrebbe essere più utile investire in un’attività di second screen su ‘90° minuto’. Sono molto frequenti i casi in cui le aziende hanno una sorta di ‘pregiudizio’ relativo alla propria target audience: Rocket Fuel ha rivoluzionato questo approccio fino a poter dire che ormai il target reale si scopre solamente ‘dopo’ la campagna... Il concetto è che l’audience è dinamica: la stessa persona può rappresentare il target ottimale mentre la sera sfoglia un magazine sul suo iPad, comodamente disteso sul divano, ma risultare al contrario ‘inconvertibile’ se raggiunta dallo stesso banner durante la giornata lavorativa o su un sito o una app differente. Quali sono i settori merceologici in cui si sta sviluppando maggiormente il vostro business nel nostro paese? Automotive, travel, finanza e assicurazioni, retail sono quelli che fino a questo momento hanno mostrato una maggior reattività e velocità di adattamento alle nuove opportunità di acquisto programmatico. Ma ci sono altri due settori che pur se partiti in ritardo oggi si stanno avvicinando rapidamente: il largo consumo e, soprattutto, il lusso. Quest’ultimo in particolare sta utilizzando il programmatic in chiave di identificazione della propria audience, per scoprire quali sono i profili più interessati alla sua offerta e impostare o modificare di conseguenza la creatività dei messaggi. Su quali novità state lavorando e quali saranno le prossime linee di sviluppo dell’offerta di Rocket Fuel? La parte della nostra offerta che stiamo sviluppando e sulla quale intendiamo puntare in futuro è quella relativa a Origin,


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una DMP proprietaria capace di integrare in un unico ‘super database’ il CRM dell’azienda e le informazioni e i segnali di tutte le sue campagne adv (search, email, display, video, ecc...), con in più la capacità di interagire con la nostra piattaforma di media buying: in questo modo, l’investitore avrà a disposizione un unico luogo per sfruttare l’algoritmo di Rocket Fuel e indirizzare così le proprie decisioni di acquisto. Telco, travel e automotive sono probabilmente i settori che maggiormente potranno benificiare della piattaforma, ricevendo il servizio più personalizzato oggi disponibile sul mercato. Attraverso Origin potranno infatti erogare messaggi email, banner, offerte di test drive o commerciali ad hoc: tutto in modo automatizzato e in tempo reale. L’unico, per così dire, ostacolo al suo utilizzo è che necessita di un impegno che va oltre la singola campagna: per sfruttarlo davvero occorre ragionare in termini – e con budget – la cui scala minima è il quarter.

Attraverso una attentissima calibrazione del messaggio, infatti, i banner della campagna hanno veicolato una survey di 5 domande grazie alla quale l’azienda aha potuto identificare esattamente il profilo di chi era interessato ai suoi servizi, il livello di brand loyalty, il ruolo di chi in azienda è decisore di acquisto e le motivazioni che lo spingono a scegliere un partner piuttosto che un altro. Tutte informazioni che, una volta ‘cucinate’ dai nostri analisti, si sono rivelate una vera e propria miniera d’oro per il marketing aziendale.

Per concludere, potete illustrarci una case history rappresentativa del vostro modus operandi e dei risultati che potete raggiungere per i vostri clienti? Un caso sicuramente interessante è quello di Nexive, operatore postale privato ed ex TNT Post, che in occasione del rebranding ha realizzato insieme a noi una campagna di marketing digitale dal duplice aspetto: da un lato una campagna di pura brand awareness, per la quale abbiano assicurato al cliente oltre 17 milioni di impression; dall’altro, attraverso la stessa campagna, abbiamo realizzato una ricerca di mercato o meglio ancora un focus group al quale sono state ricdevute più di 5.000 risposte (con una redemption dello 0,03%).

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Cloud Advertising Rubicon Project ha realizzato l’Advertising Automation Cloud, uno dei più grandi sistemi di elaborazione in tempo reale di big data con infrastruttura cloud. L’obiettivo dell’azienda è l’automazione dell’acquisto e della vendita di pubblicità con l’offerta di prodotti innovativi per collegare acquirenti e venditori su scala globale.

ATTIVO in Italia dal 2012, Rubicon Project ha subito incontrato il favore del mercato offrendo la soluzione giusta nel momento in cui il mercato del programmatic cominciava a crescere. Ad oggi la società detiene infatti il 54% del market share del mercato italiano (Audiweb top 50, Gennaio 2015). A raccontarcene la storia, lo sviluppo e gli obiettivi è Sara Buluggiu, che di Rubicon Project è Sales Director Southern Europe. Dal 2007 a oggi. Ci aiuta a ricostruire il posizionamento di Rubicon Project? L’azienda e stata fondata nel 2007 da Frank Addante, Craig Roah, Duc Chau e Julie Mattern. Gia ad aprile 2009, l’azienda fatturava $33 milioni in finanziamenti. In febbraio 2014 l’azienda ha presentato un IPO ed e’ stata resa pubblica in aprile 2014, aprendo con oltre $20 per share. Una crescita che si è vista anche in termini di struttura. Oggi contiamo 470 dipendenti nel mondo. Di questi, 150 sono sviluppatori, mentre la struttura commerciale internazionale conta solo 10 persone puramente sales; la maggior parte del personale infatti è dedicata all’account management per supportare i nostri clienti nelle attività quotidiane. Anche il mio ruolo, sebbene sia formalmente sales director, è più di ac86

Sara Buluggiu, Sales Director Southern Europe Rubicon Project

counting ed educational che non di vendita. Ad oggi, l’azienda ha quattordici uffici inclusi New York, San Francisco, Parigi, Amburgo, Sydney, Londra e Tokyo. E da pochissimo abbiamo anche aperto ufficialmente l’ufficio a Milano. A novembre 2014 grazie all’acquisizione di due aziende private, iSocket e Shiny Ads, Rubicon


rubiconproject

RUBICON PROJECT Corso Italia, 1 - 20122 Milano info@rubiconproject.com www.RubiconProject.com

Board di direzione: Frank Addante, CEO, Founder and Chief Product Architect; Greg Raifman, President; Todd Tappin, Chief Operating Officer/Chief Financial Officer.

Project ha potuto sviluppare ulteriormente la propria tecnologia di automazione degli ordini diretti. iSocket e Shiny Ads infatti offrono soluzioni tecnologiche per automatizzare l’acquisto e la vendita diretta di pacchetti garantiti. Queste acquisizioni rafforzano la nostra leadership di mercato in questo settore in rapida crescita. In aprile 2015 abbiamo anche annunciato l’acquisizione di Chango Inc., società a capitale privato specializzata nella tecnologia dell’intent marketing. Questa acquisizione consentirà a Rubicon Project di espandere la sua piattaforma pubblicitaria premium includendo la tecnologia di intent marketing. La tecnologia di Chango infatti si basa sull’uso di parole chiave, targetizzazione contestuale e retargeting nella pubblicità premium per formati display, mobile e video. Questo ci consentirà per la prima volta di attirare budget dedicati all’intent marketing in un mercato aperto, indipendente, che serve acquirenti e venditori premium su larga scala. I risultati finanziari dell’anno scorso si sono rivelati altamente positivi, posizionando Rubicon Project come leader del settore. Per l’anno 2014, Rubicon Project ha annunciato ricavi per 125.3 milioni di dollari, un incremento del 49% sul 2013.

Servizi offerti: Rubicon Project ha realizzato l’Advertising Automation Cloud, uno dei più grandi sistemi di elaborazione in tempo reale di big data con infrastruttura cloud. L’obiettivo dell’azienda è l’automazione dell’acquisto e della vendita di pubblicità con l’offerta di prodotti innovativi per collegare acquirenti e venditori su scala globale. Anno di fondazione: 2007 Dipendenti: 470 Fatturato 2014: 125,3 milioni di dollari (+49% anno su anno). Clienti (principali): Lato editori ecco alcuni dei principali player con cui collaboriamo ogni giorno in Italia: Banzai, eBay Advertising, Edizioni Condé Nast, ItaliaOnLine, Leonardo, Manzoni, Prime Real Time, RCS Media Group, Veesible e molto altri. Lato buyers lavoriamo con tutti i maggiori DSP, trading desks e centri media.

La vostra offerta si basa su tre pilastri, o per meglio dire, tre nodi della rete: seller cloud, buyer cloud e advertising automation cloud. Ce la descrive? La nostra mission è automatizzare il rapporto di compravendita che definisce i buyer e seller. Seller cloud e buyer cloud sono in realtà il punto di incontro tra i due soggetti in gioco. La vendita può dunque avvenire attraverso soluzioni RTB open oppure deal privati. Da qui la distinzione tra public marketplace, in cui l’editore mette tutta o parte della sua inventory a disposizione dei buyer, che realizzano gli acquisti in base ai 87


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valori impostati nella DSP, e private marketplace, in cui l’accordo economico è definito al di fuori del sistema automatizzato, in questo caso Rubicon Project si occupa di automatizzare il meccanismo di acquisto. Guardando al rapporto con i publisher, le prime richieste sono per la vendita diretta, vuoi per rapporti contrattuali, vuoi perché alcune posizioni e progetti vengono venduti attraverso una consulenza diretta da parte del team commerciale. Subito dopo viene il programmatic, che comprende anche le attività di re-targeter. Nel 2014 avete ricevuto il Trust Seal, certificazione dell’EDAA (:jgdeZVc >ciZgVXi^kZ 9^\^iVa 6YkZgi^h^c\ 6aa^VcXZ! cYg). Cresce anche la fiducia da parte dei publisher? Sin dal primo giorno, Rubicon Project si è sempre impegnata a rispettare e superare gli standard della pubblicità digitale. In ottobre 2014 l’azienda ha ricevuto il Trust Seal, la certificazione di fiducia dell’EDAA dal certificatore indipendente ABC, che dimostra la conformità del suo operato secondo il programma di autoregolamentazione dell’Unione Europea per l’Dca^cZ 7Z]Vk^djgVa 6YkZgi^h^c\ D76 . Questa certificazione dimostra la conformità al mercato, e conferma la fiducia nell’azienda anche da parte di osservatori indipendenti. Questa certificazione consente di rassicurare gli editori ulteriormente sulla trasparenza e professionalità del nostro operato. Quello che stiamo vedendo è che i player italiani si stanno distinguendo per interesse e curiosità. In Italia c’è una corsa all’innovazione che a volte manca nei paesi in cui il programmatic è più maturo. Un segno di fermento, assolutamente positivo. Questo è agevolato dal fatto che il controllo rimane completamente in mano a buyer e publisher: Rubicon Project non vuole fare business al loro posto, siamo esclusivamente degli abilitatori, che operano a servizio delle due

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parti per rendere il processo più semplice e performante. Sono i publisher a decidere quali parti della propria inventory mettere in programmatic. A due anni dall’ingresso sul mercato italiano i risultati sono quindi positivi? I risultati sono veramente positivi, l’Italia è cresciuta a grande ritmo e in poco tempo, approcciando il programmatico con grande entusiasmo. Siamo ormai vicinissimi ai numeri della Francia, un risultato che ci posiziona al quarto posto in Europa, dopo UK e, appunto, Francia e Germania per fatturato. Su questi mercati gli editori lavorano secondo formati cooperativi, con la creazione ad esempio di Pangaea Alliance in UK e La Place Media in Francia. In Italia poi ci sono società, come Prime Real Time e R2 Communication, che hanno deciso di fare da interfaccia per il programmatico per altri editori più piccoli consentendogli di accedere alle soluzioni di Rubicon Project. Oltre alla recente acquisizione di Chango, società leader nell’offerta di intention marketing, quali saranno i vostri prossimi passi in termini di sviluppo tecnologico? Negli ultimi anni Rubicon Project ha costantemente proposto tecnologie innovative al mercato dell’advertising. Oltre all’acquisizione di Chango già citata, Rubicon Project si è distinta per aver fornito per prima nel mercato l’automazione degli ordini diretti, a integrazione della tecnologia ‘core’ per le aste automatizzate offerta dall’azienda. Questo metodo di acquisto, talvolta indicato con ‘automated guaranteed’, ovvero ‘automatizzato garantito’, consente ai publisher di fissare prezzi per visualizzazioni da parte del pubblico ‘garantito’ e ai venditori di scoprire e acquistare questa ‘audience’ garantita. Gli ordini diretti automatizzati garantiti


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Con l’acquisizione di Chango Inc., Rubicon Project punta ad espandere la sua piattaforma pubblicitaria premium includendo la tecnologia di intent marketing basata sull’uso di parole chiave, targetizzazione contestuale e retargeting nella pubblicità premium per formati display, mobile e video: ciò consentirà per la prima volta di attirare budget dedicati all’intent marketing in un mercato aperto, indipendente, che serve acquirenti e venditori premium su larga scala.

raggiungono CPM fino a 10 volte maggiori di quelli dati dall’RTB, consentendo ai venditori di realizzare ricavi significativamente maggiori e agli acquirenti maggiore accesso agli inventari premium. Si prevede che il mercato degli ordini diretti sia destinato a superare i 60 miliardi di dollari nel 2014 a livello globale. L’obiettivo dell’azienda è l’automazione dell’acquisto e della vendita di pubblicità con l’offerta di prodotti innovativi per collegare

acquirenti e venditori su scala globale e prevedo che nei prossimi mesi assisteremo a un’impennata nell’adozione dell’automated guaranteed. A livello più generale, ciò che davvero mi emoziona è che stiamo andando ad automatizzare il lavoro dei centri media, semplificando tantissimo il lavoro manuale dei planner liberando risorse da lavoro a basso valore aggiunto.

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Una nuova esperienza video L’efficacia dell’offerta di Teads, la trasparenza del suo sistema di reportistica e la sua continua spinta all’innovazione sono gli aspetti più apprezzati da partner e clienti sia sul lato advertiser che publisher. La società continua infatti a crescere grazie alle nuove soluzioni per l’advertising video, come l’outStream, e punta con decisione al multiscreen.

INTERVISTA a Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic di Teads. Siete nati nel 2011, nel 2014 la fusione tra Teads ed Ebuzzing e per il 2015 avete annunciato una IPO su Nasdaq. Nel frattempo il fatturato è in crescita costante e siete presenti in 40 paesi. Ci presenta il posizionamento di Teads? Teads è una tech-company globale leader nel settore del video advertising online. Grazie alla nostra fortissima componente tecnologica, siamo in grado di proporre soluzioni di video advertising che da un lato soddisfano le esigenze degli advertiser e dall’altra quelle dei publisher, il tutto garantendo una user experience online non invasiva. Siamo in grado di declinare queste strategie e distribuire le campagne di video advertising sia su desktop che mobile e siamo, inoltre, proprietari di una piattaforma SSP per la gestione delle campagne in programmatic. La nostra offerta è davvero completa. Al centro della vostra offerta si trovano le soluzioni outstream e in particolare il formato inRead. Come Teads sta cambiando il video advertising? Partiamo da un dato: il 54% dell’advertising online non viene visualizzato (;dciZ/ 8dbhXdgZ). Siamo stati i primi a evidenziare il problema della k^ZlVW^a^in che le soluzioni inStream presenti sul 90

Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic di Teads

mercato non sono in grado di risolvere. Per questo abbiamo creato formati outStream, come l’inRead, che si posizionano direttamente nel cuore dei contenuti editoriali. Queste soluzioni sono in grado di garantire il massimo livello di viewability, quindi soddisfare a pieno le esigenze dei clienti, generare nuove inventory video premium, quindi nuove opportunità di monetizzazione per i publisher, il tutto senza risultare intrusivi per gli utenti che navigano online. La vostra proposta si struttura su tre colonne: targeting, statistiche dettagliate ed Emotion Sensing. In concreto questo cosa significa per il cliente? La forte spinta all’innovazione, trainata dagli oltre 100 sviluppatori e ingegneri che compongono


teadsitalia

il nostro dipartimento di ricerca e sviluppo, è il segreto del nostro successo e il presupposto per proporre le soluzioni descritte prima. Il targeting, le statistiche dettagliate frutto della nostra potentissima piattaforma e l’Emotion Sensing che consente l’analisi delle espressioni visive di fronte a un annuncio pubblicitario, sono tre tra gli strumenti che ci consentono di raggiungere la corretta audience e di mettere gli advertiser che ci scelgono in condizione di valutare l’andamento della campagna, non solo al termine della stessa, ma anche durante. Trasparenza e innovazione sono le nostre premesse su tutto. Quanto ci vorrà per vedere le vostre soluzioni applicate alla Tv? Il multiscreen ormai è una realtà, da tempo i nostri clienti possono pianificare campagne di video advertising online sia su desktop che mobile. Per quanto riguarda la Tv, seguiteci e vi terremo aggiornati. A quattro anni dalla creazione, qual è il più grande successo raggiunto da Teads? Il nostro più grande successo è poter dire di vantare tra i nostri clienti brand del calibro di Cartier, Gucci, Breitling, Louis Vuitton, Emirates, Samsung, General Motors, Volkswagen, BMW, Jaguar-Land Rover, Unilever e P&G, e di collaborare con i più prestigiosi publisher internazionali: Reuters, Forbes, The Washington Post, La Razón, Die Welt, II Messaggero e il Corriere Dello Sport. L’efficacia delle nostre soluzioni, la trasparenza del nostro sistema di reportistica e la continua spinta all’innovazione sono gli aspetti che vengono più apprezzati dai nostri partner. Non siamo noi a dire questo: abbiamo appena ricevuto il premio come ‘Best Overall Experience’ nel sondaggio degli IPA Digital Media Award. Vincere questo riconoscimento che mostra il livello di soddisfazione da parte dei nostri partner del livello qualitativo dei nostri servizi, e superare in classifica strutture del calibro di LinkedIn e Facebook è una

TEADS ITALIA Via Tortona, 37 - 20144 Milano Tel. 02 4980114 sales-it@teads.tv www.teads.tv

Board di direzione: Giuseppe Bronzino, Managing Director; Paola Pattano, Chief Financial Officer; Antonella La Carpia, Marketing & Communications Director EMEA; Lucio Mormile, Director of Business Operations; Pierpaolo De Vita, Head of Programmatic; Giulio Giacometti Ceroni, Head of Operations. Servizi offerti: Teads è una società di software aziendale per il digital branding, proprietaria di una innovativa video advertising SSP (Supply Side Platform) per i migliori publisher e brand di tutto il mondo. I publisher possono usare la piattaforma per creare nuove inventory di video adv outstream, e per monetizzare attraverso la loro sales force, terze parti o il programmatic buying. La pubblicità video outstream comprende una serie di formati che vengono inseriti nel cuore di un contenuto editoriale, come ad esempio: articoli, presentazioni e news feed. I brand e i centri media possono accedere a queste inventory premium disponibili sia su web che su mobile, attraverso le loro agenzie e i trading desk. Tutto questo sia per la pianificazione di campagne locali che mondiali. Inoltre, per seguire in maniera coordinata gli obiettivi delle singole campagne, hanno a disposizione un team Teads ad hoc per l’utilizzo della piattaforma. Anno di fondazione: 2011 Dipendenti: 400 dipendenti in 18 paesi, tra cui 100 sviluppatori. Clienti (principali): Cartier, Gucci, Breitling, Louis Vuitton, Emirates, Samsung, General Motors, Volkswagen, BMW, Jaguar-Land Rover, Unilever. Publisher Premium: Reuters, Forbes, The Washington Post, La Razón, Die Welt, II Messaggero, Corriere dello Sport, The Guardian, The Telegraph, OGlobo. prova del nostro impegno e degli elevati standard di performance che siamo in grado di garantire.

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Dalla parte dell’advertiser Nato meno di un anno fa, il trading desk italiano Turbo ha scelto fin dall’inizio un posizionamento chiaro e indipendente: focalizzazione al 100% sul lato domanda, con un team di specialist e data scientist a disposizione diretta dei clienti per garantire efficacia e trasparenza nella gestione delle campagne.

INTERVISTA a Marco Ferrari, CEO Turbo. Come nasce Turbo Adv e il suo posizionamento? Turbo nasce ad Aprile 2014 dall’esperienza e dall’incontro di alcuni tra i più esperti professionisti dell’advertising digitale italiano, convinti che sul mercato Programmatic locale mancasse un forte soggetto indipendente lato demand, che potesse portare effettivo valore a clienti e agenzie. In un settore caratterizzato da una fortissima crescita, ma anche da molta confusione, Turbo offre ai suoi partner chiarezza nei modelli di business, trasparenza, risultati realmente misurabili e il supporto di un forte team locale. Crediamo che per i clienti sia importante conoscere e comprendere il modello di business dei propri partner. Per questo abbiamo fatto una scelta drastica: Turbo non lavora sul sell-side, ma è 100% advertiser-focused. Il nostro unico interesse è garantire la maggior efficacia delle campagne dei nostri clienti. Un altro elemento distintivo di un trading desk indipendente, senza nulla togliere alle competenze degli hub dei grandi network, è il valore aggiunto di una relazione diretta e immediata tra il cliente e chi gestisce operativamente le campagne. Oltre all’indipendenza la vostra offerta si fonda su altri tre pilastri: trasparenza, brand & data safety, risultati. 92

Marco Ferrari, CEO Turbo

Potete descriverci le caratteristiche? Lavorare con Turbo significa dire addio alle black-box o a risultati delle campagne presentati con poche righe in Excel. Turbo garantisce a ogni cliente l’accesso in tempo reale alle proprie piattaforme tramite dashboard dedicate che permettono il monitoraggio delle attività e dei costi di acquisizione, con dettaglio sino ai singoli domini. Per quanto riguarda la brand-safety Turbo, che opera con tutti i principali Private Market Place, offre ai Clienti accesso a fonti di traffico di elevata qualità e pieno controllo sull’erogazione di ogni singolo ad, con severe policies di blacklisting e sofisticati sistemi di viewabilty e anti-fraud/NHT. Abbiamo attive


turbo

TURBO Via Tortona 37 Tel. 02 56567365 info@turboadv.com www.turboadv.com

Board di direzione: Marco Ferrari, CEO; Claudio Calzolari, CCO; Marco Franciosa, CTO; Stefano Eligio, COO. partnership con primari operatori del settore, tra cui Comscore, per la certificazione indipendente delle nostre campagne in termini di viewability e targeting. Per quanto riguarda i risultati, è abbastanza evidente che chi fa il nostro lavoro non può prescinderne. Che gli obiettivi del cliente siano di branding o di performance, cerchiamo di offrire i migliori ROI sul mercato attraverso corrette strategie, l’utilizzo dei dati grazie alla nostra DMP proprietaria e un continuo automated & human learning da parte del nostro team di ottimizzazione. Essendo specializzati sul Programmatic e non gestendo questo tipo di campagne all’interno di pianificazioni più ampie, è chiaro che solo ‘funzionando’ ci assicuriamo la fedeltà dei clienti. La caccia ai talenti, nel programmatic, è sempre aperta. Chi sono i ‘cervelli’ di Turbo? Da subito abbiamo deciso di affiancare all’esperienza diretta dei co-fondatori (Claudio Calzolari, in precedenza Digital Director di Starcom Mediavest; Stefano Eligio, che ha sviluppato e diretto a Londra l’Optimization Team di Infectious Media, il principale trading desk indipendente europeo e Marco Franciosa, per oltre 14 anni CTO di Zodiak Active, tra i pionieri dell’advertising technology in Italia) i migliori talenti emergenti su questo mercato. In questo primo anno sono entrati a far parte di Turbo - per citarne alcuni - Matteo Pomi (ex Client Director in IProspect), Francesco Boano (dal Saint Gobain Research di Shangai), Laura

Anno di fondazione: 2014 Dipendenti: 14 Fatturato 2014: 2 milioni di euro Aprile–Dicembre) Clienti (principali): Turbo è il partner delle principali Aziende ed Agenzie nel mondo Programmatic e durante il primo anno di attività ha gestito campagne e servizi per clienti quali Airmalta, Almonature, Bosh, Compass, Davines, Forship, Heineken, Perfetti, Samsung, Timberland, Unicredit, Winga e molti altri. Renditore (Banca Centrale Europea, Zanox), Mario Bertorelli (Google), Alessandro Buccino (BitMama) e Alessandra Grassi. Crediamo di avere assemblato un team di ‘specialist’ con pochi uguali in Italia. Per fare un esempio pratico, Alessandra Grassi, laurea in Astrofisica e Ph.D al Max Planck Research di Heidelberg, si è unita al nostro team con il ruolo di Data Scientist dopo un esperienza al London Stock Exchange Group. Quali sono le novità a cui state lavorando? La vera differenza nel Programmatic la fa la qualità dei dati a disposizione. Su questo fronte, dopo l’importante investimento fatto l’anno scorso per lo sviluppo della nostra DMP proprietaria, continuiamo un intenso lavoro di ricerca e sviluppo. In particolare stiamo indagando nuove modalità per collegare i dati del ‘vecchio mondo’, fatto di ricerche, campioni e panel, con i dati del ‘nuovo mondo’, fatti di bit e cookies, per ottenere fotografie dell’audience sempre migliori. 93


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Premium Audience Attiva da 12 anni come premium audience network indipendente, WebAds ha una struttura interna dedicata all’area Programmatic per garantire ai clienti un supporto strategico a 360gradi. L’inventory di WebAds è ampia e qualitativa ed è disponibile per l’acquisto in real time per inserzionisti diretti, trading desk, demand side platform e agenzie di retargeting.

INTERVISTA a Constantijn Vereecken, Managing Director WebAds. Cominciamo dalle notizie più recenti. WebAds è stata confermata concessionaria di Linkedin. Ci descrive la vostra offerta e il vostro posizionamento? Dal 2009 siamo partner di LinkedIn, che ci ha rinnovato la fiducia per il settimo anno consecutivo. È un ottimo riconoscimento per WebAds che ormai da dodici anni è presente sul mercato italiano, guadagnando sempre più la fiducia di Publisher e Advertiser. Ci posizioniamo come premium audience network indipendente che gestisce in esclusiva le Marketing & Advertising solutions di editori nazionali e internazionali. Attualmente rappresentiamo sul mercato, solo per citarne alcuni oltre a LinkedIn, AutoScout24, Skyscanner, il Gruppo Wolters Kluwer. Veniamo al programmatic. Come si sviluppa la vostra offerta? La nostra offerta programmatic è strutturata e qualitativamente non ha nulla da invidiare a quella tradizionale. Già nel 2014 abbiamo sviluppato la nostra DMP in modo da offrire ai nostri clienti targeting avanzati, non solo su base socio-demo e di interesse, ma anche intention to buy, elemento sempre più richiesto dal mercato. Lato publisher la decisione è stata infatti di 94

Constantijn Vereecken, Managing Director WebAds

qualificare in modalità programmatica non solo la display standard, ma anche customizzazioni, video instream/outstream, richmedia, sia su mobile sia desktop. I prodotti adv disponibili nella vendita diretta devono facilmente essere messi a disposizione in ambiente programmatico. La tecnologia non deve essere una barriera ma, al contrario, un’opportunità, perché deve costituire un elemento di facilitazione per la compravendita di spazi pubblicitari. In questi anni, abbiamo


webads

WEBADS Via Olmetto, 21 – 20123 Milano Tel. 02 92889700 Fax 02 83249136 info@webads.it www.webads.it

Board di direzione: Constantijn Vereecken, Managing Director. Servizi offerti: Advertising & Marketing Solutions Anno di fondazione: 2003 lavorato con editori e inserzionisti per promuovere una cultura positiva nei confronti del programmatic, e devo constatare che nel medio periodo questo ci ha portato dei buoni risultati. Per WebAds il programmatic ha rappresentato nel 2014 una grande crescita che non è assolutamente andata a cannibalizzare la vendita premium ma, al contrario, ha ulteriormente incrementato il valore della nostra offerta andando a posizionare WebAds come una concessionaria al passo coi tempi. Nel prossimo futuro il programmatic diventerà la normalità di acquisto per molte tipologie di formati, come di fatto sta già avvenendo in Olanda, dove ha sede il nostro headquarters. I vantaggi sono molteplici: si ottimizza il targeting e la delivery tramite l’utilizzo dei ‘big data’, si migliora il ROI, si evita l’errore umano e, non da ultimo, in fill rate dell’editore migliora sensibilmente. Che piattaforme utilizzate e che valore aggiunto fornite ai vostri clienti? WebAds si avvale della tecnologia di partner d’eccellenza – attualmente utilizziamo varie SSP tra cui Rubicon, AppNexus, Liverail e StickyADS.tv – così da permettere agli inserzionisti di entrare in contatto con la propria audience nel momento e nel contesto più opportuno, attraverso tutti i touchpoint digitali e in tempo reale, ottimizzando la precisione e l’efficienza delle campagne pubblicitarie. La nostra inventory é disponibile

Dipendenti: 21 per l’acquisto in real time per inserzionisti diretti, trading desk, demand side platforms e agenzie di retargeting. Il vantaggio di avvalersi del network di WebAds è l’assoluta certezza che gli annunci vengano visualizzati in un ambiente altamente sicuro. Chi sono i talenti dietro al buon andamento di WebAds? All’interno di WebAds abbiamo una specialista dedicata al programmatic. Si tratta di una figura con competenze sia tecniche che commerciali e con una forte expertise sui centri media. La nostra volontà, infatti, è quella di dare un supporto strategico ai nostri clienti in modo da customizzare la nostra offerta in base alle loro reali esigenze, oltre ovviamente a una consolidata conoscenza del settore e, in particolare, delle diverse tecnologie che utilizziamo. È una figura che lavora a stretto contatto non solo con gli account che seguono i centri media e i clienti diretti, ma anche con i publisher manager. Quali sono le novità a cui state lavorando per la fine del 2015 e per il 2016? WebAds cerca sempre di introdurre nuove proposte pubblicitarie sul mercato italiano e quest’anno ci saranno diverse novità che ancora non posso svelare quindi… ‘stay tuned’! 95


programmaticadv

Crescita Programmat(ic)a Dopo l’integrazione con Affiliate Window, zanox continua la sua espansione confermandosi partner privilegiato per i servizi di affiliate, performance e programmatic marketing. Una crescita anche organizzativa grazie all’introduzione di risorse giovani ma con strong-skill sia sul piano tecnico che relazionale.

Avete chiuso il 2014 con l’integrazione tra zanox e Affiliate Window. Nel frattempo avete lanciato nuove soluzioni in ambito programmatic e continuato a registrare l’ingresso di nuovi clienti. Cosa significa per l’advertiser e per il publisher scegliere zanox? Significa scegliere innanzitutto il player leader in Europa nel performance marketing, quindi un’azienda che è capace di stare sempre al passo con l’innovazione e gli sviluppi di questo settore. Sia l’advertiser che il publisher hanno il vantaggio di essere costantemente aggiornati su tutte le novità del mercato e di usufruirne prima degli altri, grazie a un team di manager esperti che è in grado di fornire consulenze strategiche e supporto tecnico nell’ambito di un network internazionale. Infine, vuol dire scegliere il player che ha fatto della qualità e della trasparenza i propri valori primari e il filo conduttore dei suoi prodotti e soluzioni. In un contesto così tecnologico il fattore umano è sempre più rilevante. Quali sono i talenti che operano in zanox? In questo mercato, oltre ad avere cognizioni di marketing online, è molto importante avere competenze tecniche. zanox tende a inserire nell’azienda risorse giovani, sul mercato digital, affinché il loro processo di crescita avvenga 96

Michele Marzan, Regional Director Southern Europe del Gruppo zanox

internamente, partendo dalle basi, quindi da tutte quelle che sono le conoscenze tecniche per quanto riguarda il tracciamento, per poi ampliare tutta la conoscenza lato advertising in modo da


zanox

ZANOX

saper proporre successivamente al cliente le soluzioni migliori. Il team di zanox è composto da figure professionali flessibili e adattabili, con doti relazionali, capaci di interpretare le esigenze di ogni cliente e di conoscere in maniera approfondita il mercato in cui opera ciascuno e quali sono i parametri principali in base ai quali adattare le strategie da proporre. Quali saranno i driver di crescita di zanox nella seconda metà del 2015 e a quali novità state lavorando? L’affiliate marketing rappresenta sicuramente il nostro core business, quindi la crescita principale sarà soprattutto in questa direzione, sia in termini di rafforzamento di clienti che già abbiamo sia di nuove relazioni commerciali con clienti che non operano ancora in questo settore. Per quanto riguarda le novità, ci sono indubbiamente il Programmatic, su cui avevamo puntato i riflettori già nel 2013 e che stiamo portando avanti molto bene con i nostri clienti e le piattaforme DSP con cui collaboriamo: qui approcciamo le attività con una prospettiva di performance, in quanto il nostro obiettivo è quello di portare acquisizioni per il cliente, rientrando in un’ottica di costo di acquisizione ideale per poter mantenere le attività nel lungo periodo. Inoltre, il nostro obiettivo è quello di ottimizzare i KPI nel marketing funnel del cliente perché cerchiamo di impostare strategie di prospecting che hanno il compito di raggiungere quegli utenti che non conoscono ancora il brand del cliente, portandoli a interagire con il sito e aumentando così le conversioni finali. Per concludere, potete illustrarci una case history rappresentativa di zanox? La partnership con Telecom Italia, oggi il

Via V. Monti, 8 – 20123 Milano Stralauer Allee, 2 – 10245 Berlino GER Tel. 02 3705971 – Fax 02 37059731 info.it@zanox.com www.zanox.it

Board di direzione: Mark Walters, CEO; Adam Ross, COO; Peter Loveday, CTO; Michele Marzan, Regional Director Southern Europe. Anno di fondazione:in Italia dal 2005 Dipendenti: 28 Fatturato 2014: a livello Europeo, per il 2014 il Gruppo zanox ha fatturato 514 milioni di euro (+14.6% vs. 2013) Clienti (principali): Meridiana, Telecom Italia, Trivago, Zalando. principale gruppo ICT nel Paese, con cui collaboriamo dal 2006 con l’obiettivo di incrementare i volumi di vendita dei differenti prodotti Telecom Italia e di migliorarne continuamente il costo di acquisizione, tramite una costante ricerca e sperimentazione di nuove forme di advertising online. Dal 2014 abbiamo ampliato il nostro accordo sulle attività di Programmatic Buying con lo scopo di raggiungere nuovi prospect per Telecom Italia, spostandosi così su attività volte all’aumento di ‘awareness’ e ‘desire’ degli utenti. Grazie alla trasparente collaborazione e alle strategie impostate nel corso degli anni, si sono poste le basi per una relazione di successo e i risultati hanno superato le nostre aspettative. Ad oggi zanox è uno dei primi partner di Telecom Italia in termini di attivazioni online di prodotti broadband. Nel 2014 zanox ha incrementato considerevolmente i volumi di attivazioni annuali rispetto al 2013, arrivando ad incidere fino al 10% sul totale delle vendite online registrate da Telecom Italia. 97



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thepowerofdata

dove trovarli

iquadernidellacomunicazione


iquadernidellacomunicazione

Strutture presenti CADREON

Via Valtellina, 15

20159 Milano www.cadreon.com

DIGITALIA ’08 GRUPPO MEDIASET

Palazzo Cellini, Milano Due commerciale@digitalia08.it

20090 Segrate (MI) www.digitalia08.it

02 21021

I.A.B Italia

Via Larga, 23 info@iab.it

20122 Milano www.iab.it

02 58320694

PERFORMICS

Via G. Borsi, 9 www.performics.com/it/contattaci

20143 Milano www.performics.it

02 752991

PUBLITALIA ’80 GRUPPO MEDIASET

Palazzo Cellini - Milano 2 mktgtv@publitalia.it

20090 Segrate (MI) www.publitalia.it

02 21021

ROCKET FUEL

Via Federico Confalonieri, 36 sales-it@rocketfuel.com

20124 Milano www.rocketfuel.com/it

02 89982328

RUBICON PROJECT

Corso Italia, 1 info@rubiconproject.com

20122 Milano www.RubiconProject.com

TEADS ITALIA

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20144 Milano www.teads.tv

02 4980114

TURBO

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02 56567365

WEBADS

Via Olmetto, 21 info@webads.it

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ZANOX

Via V. Monti, 8 Stralauer Allee, 2 info.it@zanox.com

20123 Milano 10245 Berlino – Germania www.zanox.it

02 3705971

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