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1.6 – Programmatic Adv Data-driven & people-based

Programmatic Adv Data-driven

& people-based

In un mondo ‘post-cookie’ e sempre più ‘privacy compliant’, il Programmatic ha acquisito un ruolo fondamentale per la comunicazione dei brand. Dati e tecnologie sono ormai indispensabili per attivare una comunicazione sempre più ‘personalizzata’, ma agli occhi degli advertiser Transparency, Brand Safety e Viewability rimangono nodi centrali e ancora non del tutto risolti.

Oltre ai temi più strettamente legati alle attività di branding e di purpose marketing, di cui abbiamo dato conto nel quarto capitolo di questo Quaderno, la ricerca ‘Branding e-volution’ ha approfondito anche altri aspetti: gli strumenti di misurazione del valore dei brand, le priorità del mercato dell’advertising digitale e le attività di data-driven marketing, con l’obiettivo di offrire al mercato un contributo concreto e innovativo alla comprensione delle opportunità e delle criticità di sviluppo delle marche nell’ecosistema digitale. Presentata da Alberto Vivaldelli, Responsabile Digital di UPA, e da Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano – che hanno congiuntamente realizzato lo studio presentato lo scorso ottobre –, la ricerca evidenzia come negli ultimi tre anni il 32% degli advertiser abbia aumentato gli investimenti in attività di ricerca volte a misurare il valore del brand, mentre l’11% li ha diminuiti. Questo indica una crescente attenzione delle aziende al tema del branding e segna un ritorno della comunicazione alla sostenibilità di lungo periodo. Gli altri player della filiera della comunicazione – agenzie, consulenti, publisher, ecc.. – hanno però una visione più negativa rispetto agli advertiser: solo il 20% Alberto Vivaldelli Responsabile Digital UPA

dichiara infatti che negli ultimi tre anni le aziende clienti hanno investito maggiori risorse per misurare il valore di marca. Brand tracking (75%), Analytics digitali (67%), e pre/post test (58%) sono gli strumenti di misurazione delle iniziative di marketing e comunicazione maggiormente utilizzati dalle imprese. In merito ai temi connessi alla trasparenza della filiera della comunicazione digitale, la Brand Safety è il tema più

1. LA ‘CASCATA’ DELLA FILIERA DEL PROGRAMMATIC

Seguendo le orme del famoso report sul Programmatic realizzato dalla WFA (World Federation of Advertisers) nel 2014, e seguito due anni dopo da un analoga indagine dell’ANA (la statuintense Association of National Advertisers), l’associazione degli utenti britannici, ISBA, ha affidato a PwC la realizzazione di uno studio sulla supply chain e la trasparenza nella filiera programmatica basato sui dati forniti dalle aziende associate. E il risultato, come si evince dalla tavola qui sopra, è tutt’altro che rassicurante. A più di 6 anni dalla prima analisi del settore, ancora oggi i Publisher ricevono appena il 50% o poco più dei budget investiti dagli advertiser, e soprattutto, una volta scorporati i diversi fee per l’agenzia, le tecnologie e le piattaforme SSP e DSP, rimane un 15% di “delta sconosciuto” che l’audit di PwC non è riuscito a identificare e ad attribuire.

Fonte: “Programmatic Supply Chain Transparency Study” - ISBA/PwC (Maggio 2020)

rilevante per il 68% delle aziende intervistate, seguita dalla Viewability (56%) e dalla Media Transparency relativamente al costo degli spazi acquistati (50%). Sul tema della viewability, in particolare, emerge che secondo gli advertiser definizioni personalizzate di viewable impressions sono maggiormente correlate alla dimensione della Brand Equity. Un’altra area di analisi della ricerca è stato il ricorso al Precision Marketing da parte delle aziende. Si tratta di un trend in grande crescita: l’80% degli advertiser (e l’85% dei player della comunicazione) si aspetta che nei prossimi tre anni la percentuale di investimento sui mezzi digitali dedicata alle attività di precision marketing aumenterà

Nicola Spiller, Direttore Osservatorio Internet Media, School of Management del Politecnico di Milano

significativamente. Il 71% delle aziende intervistate conferma di avere un approccio alla comunicazione digitale orientato al precision marketing, attraverso campagne iper profilate e personalizzate che cercano cioè di raggiungere in modo il più possibile customizzato i consumatori e gli utenti online, con un’incidenza pari al 58% sul totale degli investimenti in advertising online. Le imprese fanno maggiormente ricorso ad attività di precision marketing a supporto di iniziative di Sales Activation (58%), anche se le aziende del settore Fmcg dichiarano di utilizzare questa specifica tipologia di comunicazione anche per obiettivi di Branding. Il tema del precision marketing si lega fortemente a quello della raccolta, analisi e gestione dei dati. Dalla ricerca emerge che la maggior parte delle aziende intervistate utilizza una DMP (Data Management Platform), interna (31%), o esterna (32%) e fa ricorso ai dati di prima parte per le proprie iniziative di digital advertising (77%). I dati di seconda e terza parte ritenuti maggiormente affidabili dagli inserzionisti sono quelli provenienti dagli istituti di ricerca e dalle proprie agenzie media. Se l’importanza di poter contare su figure interne competenti nell’analisi dei dati (data scientist) sembra essere riconosciuta, il coinvolgimento di questi professionisti è ancora per lo più a livello operativo (lo ritiene il 40% degli intervistati) e non strategico.

Visibilità a 360°

Apriamo dunque questo nuovo giro di microfono chiedendo agli operatori come e quanto siano direttamente impegnati sui fronti dell’approccio datadriven alla comunicazione, della trasparenza e della brand safety. “Come Omnicom Media Group – risponde Marco Robbiati , Research & Market Insights Director dell’agenzia – il tema della piena trasparenza e condivisione è nodale e alla base del nostro operato quotidiano. Già oggi diamo piena visibilità del processo di costruzione del dato, accesso alle nostre piattaforme e lato ‘privacy’ ci siamo dotati di un codice etico che stabilisce i principi e le procedure da seguire per rispettare non solo la normativa, ma anche e soprattutto la dignità e i diritti di clienti, consumatori e dipendenti. Stiamo inoltre sperimentando nuove soluzioni per offrire ai nostri clienti una blockchain a garanzia della massima sicurezza e trasparenza sulla filiera”. “Il mercato richiede sempre più trasparenza e Havas Media – dichiara il Ceo Stefano Spadini –, a livello globale, ha ormai scelto un percorso volto a offrire dei servizi che portino un reale valore aggiunto alle attività di comunicazione e di business dei propri clienti, applicando un modello sempre più consulenziale. In questa filiera, la tecnologia è centrale, per cui figure esperte del MarTech e AdTech sono sempre più strategiche nel nostro lavoro. Ma senza raccogliere,

2. MEDIA TRANSPARENCY: LA RILEVANZA PER GLI ADVERTISER

* Viewable Impressions con parametri di viewability personalizzati usate maggiormente della definizione MRC * Per i video si usano maggiormente le «Visualizzazioni complete» * Il «Time-in-view» è una metrica ancora poco diffusa

Fonte: “Branding e-volution”, UPA-Polimi, settembre 2020

selezionare e rendere azionabile un dato di qualità, il programmatic rimarrebbe confinato a un mero esercizio di buying. Per questo motivo l’agenzia si è dotata di una Data Platform, Converged, che offre ai nostri clienti la possibilità di collezionare i propri dati di prima parte, in primis il CRM, website e app, in un’area a cui accedono esclusivamente l’azienda e il team di lavoro dedicato al cliente. In Converged sono inoltre presenti i dati provenienti da data partner selezionati sia localmente che globalmente che sono messi a disposizione dei nostri clienti per attività di insight, targeting avanzato e data enrichment, anche qui in totale trasparenza. L’elasticità della Data Platform permette infine di effettuare l’on-boarding di ulteriori partner selezionati assieme ai clienti, che hanno quindi la visione totale delle logiche data-driven”. Oltre all’infrastruttura, prosegue Spadini, a disposizione dei clienti ci sono poi i data scientist dell’agenzia, che insieme agli strategici creano le audience, le condividono con i buyer che le attualizzano con il programmatic. “Questo lavoro genera dati che diventano di proprietà del cliente, una risorsa potentissima. Questo modello innovativo, nato dopo il GDPR, offre al cliente un ambiente tech di avanguardia, manutenuto a livello globale dal Gruppo Havas, senza il rischio di fare investimenti in tecnologie che possano in breve tempo rivelarsi

3. MEDIA TRANSPARENCY: LA RILEVANZA PER GLI ALTRI PLAYER

Fonte: “Branding e-volution”, UPA-Polimi, settembre 2020

obsolete e, soprattutto, mette in campo un team di lavoro sempre perfettamente formato e aggiornato. Altro punto distintivo di Converged è l’arricchimento con la recente partenship con KPI6, e stiamo valutando ulteriori accordi con data provider locali”. Andrea Sinisi, Managing Director di Initiative, non è d’accordo sul fatto che la filiera del programmatic non sia trasparente e sicura. “In questo senso – spiega –, possiamo far riferimento all’esperienza della unit interna del nostro gruppo che si occupa principalmente di data & tech, anche in relazione al programmatic, che è molto attenta alle tematiche legate alla brand safety. Il concetto di trasparenza è composto da due aspetti: trasparenza finanziaria e trasparenza nella delivery. Nelle nostre campagne in programmatic tendiamo ad evidenziare la composizione dei costi nei singoli componenti della filiera e a fornire report dettagliati a supporto. Inoltre, la totalità di quanto viene erogato è auditata da almeno uno dei 3PAV (3rd party ad verification) con cui abbiamo una partnership globale. Tutto questo processo è effettuatto, di volta in volta, proprio per garantire ai clienti i massimi livelli di brand safety e prevenire l’ad fraud”. Anche per Publicis Groupe, il programmatic assume oggi un peso sempre più rilevante all’interno delle pianificazioni digitali: “Questo proprio perché crediamo molto nell’utilizzo del dato e nella semplificazione della gestione attraverso l’utilizzo delle tecnologie – conferma Vittorio Bonori –. Sono stati introdotti nuovi sistemi di tracciamento della brand safety, algoritmi nuovi sono stati implementati su tecnologie già esistenti e sono disponibili

4. PRECISION MARKETING: ATTIVITÀ E OBIETTIVI PREVALENTI DEGLI ADVERTISER

Fonte: “Branding e-volution”, UPA-Polimi, settembre 2020

nuove contestualizzazioni. Tutto questo ha permesso al programmatic di svilupparsi e sta garantendo il superamento di quei rischi a cui si poteva andare incontro attraverso l’uso delle piattaforme. Sul mercato negli ultimi anni si sono affacciati molteplici fornitori internazionali, pronti a diffondere anche nel nostro Paese la loro esperienza e i casi d’uso. Come Publicis Groupe ci distinguamo perché siamo da sempre aperti nel testare le nuove opportunità, laddove il test ci consente di ottenere valore aggiunto, e siamo fortemente orientati alla gestione in self service per poter orchestrare le piattaforme in autonomia con l’obiettivo di trovare la soluzione migliore per raggiungere gli obiettivi preposti dal singolo cliente e sulla singola campagna. Abbiamo inoltre sviluppato per i nostri clienti un tool di budget optimization che ci permette di costruire il miglior mix tra programmatic e altri canali digitali”.

Semplificazione e consolidamento

“Nel mondo del programmatic – interviene Carmine Laltrelli, Programmatic Advertising Director Italiaonline –, nuovi attori e tecnologie si sono affacciati sul mercato all’insorgere di uno specifico problema o in risposta a una nuova esigenza. Questo approccio ‘orientato al sintomo’ ha prodotto però delle storture nella catena del valore. I publisher, con l’obiettivo di massimizzare i ricavi, hanno aumentato il numero di soggetti che agiscono sul proprio inventario, in parte

perdendone il controllo. Ne sono un esempio le SSP. Per i publisher questo ha comportato l’adozione di nuovi strumenti per monitorare l’inventario e gestirlo in maniera efficiente, con sistemi anti fraud ecc. Una complessità giustificata dal fatto che la domanda era molto alta e l’offerta molto bassa. Italiaonline è stata tra i primi grandi publisher ad adottare sistemi di questo tipo, vivendo la grande stagione di entusiamo dell’header bidding”. Lo scenario di oggi, però, è totalmente cambiato e l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha accentuato un processo già in atto: “I private deals stanno diventando la fonte principale di acquisto dell’inventario display e video – testimonia Laltrelli –. L’offerta di spazi e formati in programmatic è esplosa: sulle home page dei grandi giornali si pianifica in open market, cosa impensabile fino a poco tempo fa. Le tecnologie d’acquisto (DSP) si sono fatte sempre più sofisticate e intelligenti, rendendo inutile avere tanti soggetti in competizione tra loro. Semplificare i sistemi di erogazione della pubblicità riducendo il numero degli

Paola Colombo, General Manager Adtech & Business Development Publitalia ‘80

Carmine Laltrelli, Programmatic Advertising Director Italiaonline

attori coinvolti nella filiera, consente tra l’altro ai publisher di avanzare nella catena del valore, riprendendo spazi che fino ad oggi hanno demandato ad altri”. Ciò considerato, Italiaonline ha intrapreso la strada della semplificazione del proprio stack tecnologico e offre consulenza ai propri clienti per capire le evoluzioni tecnologiche e di processo: “Siamo a un momento di svolta – conclude Laltrelli –: trasparenza e sicurezza si ottengono accorciando la filiera e riducendo il numero degli attori coinvolti, in una parola: semplificando. E la semplificazione si porterà dietro un processo di consolidamento, assolutamente necessario in un mercato sempre più complesso”. “Nel nostro caso la filiera è corta – sostiene Paola Colombo, General Manager Adtech & Business Development Publitalia ‘80 –, abbiamo rapporti diretti con gli advertiser e i trading desk che acquistano i nostri mezzi in programmatic proprio per garantire trasparenza sul pricing, sul contesto ma anche sui dati, sulle modalità in cui vengono raccolti e sui partner con cui lavoriamo. Il programmatic è una modalità di acquisto efficace a cui noi aggiungiamo anche

5. PRECISION MARKETING: EVOLUZIONE INVESTIMENTI NEI PROSSIMI TRE ANNI

Fonte: “Branding e-volution”, UPA-Polimi, settembre 2020

l’ottimizzazione e la conoscenza del nostro bacino per convogliare nelle piattaforme gli spazi più adatti a ogni cliente”. Un approccio ibrido, dunque, in cui traspare la cura della relazione verso il mercato che contraddistingue il gruppo. “Anche i dati – ricorda Colombo – sono un grande asset per la personalizzazione della comunicazione e per un supporto mirato a una campagna. Su questo continuiamo a investire e a sperimentare sia su quanto i navigatori delle nostre properties o i telespettatori delle nostre Tv connesse condividono, sia con partnership con il mercato. Inoltre collaboriamo attivamente con le istituzioni europee per assicurarci che si lavori verso la massima trasparenza e consapevolezza verso i consumatori, auspicando una regolamentazione chiara che permetta lo sviluppo del mercato da un lato e la tutela del diritto fondamentale alla privacy dall’altro”. “Come azienda di Servizio Pubblico – dichiara Marzio Mazzara, Direttore Vendite Rai Pubblicità – ci adoperiamo per offrire, su tutte le piattaforme, un’esperienza estremamente qualificata che, grazie a una proposta ampia, diversificata e inclusiva miri a coinvolgere e a soddisfare il pubblico Italiano. In questo contesto, la tecnologia e i dati rappresentano una opportunità unica per creare con il pubblico una relazione diretta che si traduce in una fruizione più personale del contenuto Rai. Un’opportunità che non si limita, ovviamente, ai soli aspetti ‘di prodotto’, ma che rappresenta per le aziende il fattore abilitante per sviluppare strategie cross-mediali in funzione di specifici obiettivi di comunicazione. Come per tutte le fasi evolutive si rende necessario, da parte dei player della filiera, un approccio maturo e responsabile

6. PRECISION MARKETING E RIDUZIONE DELLE DISPERSIONI

Fonte: “Branding e-volution”, UPA-Polimi, settembre 2020

che permetta di cogliere il potenziale derivante da questo orientamento, ma allo

Andrea Salvati Vice Presidente Class Pubblicità

stesso tempo sia in grado di rispettare i fondamenti del nostro escosistema e di tutelare il rapporto fiduciario con il consumatore”. Come sottolinea Giovanni Uboldi, Direttore Commerciale e Marketing di IGPDecaux, “L’approccio del Gruppo Decaux è noto: abbiamo lanciato VIOOH, la nostra piattaforma dedicata alla vendita di spazi Outdoor in programmatic, con l’ambizione che diventi la SSP leader mondiale nell’ambito del settore. Attraverso accordi e partnership commerciali con tutto il mondo della domanda siamo già pienamente integrati con tutte le principali DSP sul mercato. Oggi la società è controllata da JCDecaux, ma è nata di fatto per essere indipendente e aperta a tutti, quindi anche alle inventory dei concorrenti che in futuro potrebbero entrare direttamente nella sua compagine societaria o comunque far gestire i propri spazi”. Complice l’attuale situazione del mercato,

7. PRECISION MARKETING E CREATIVITÀ DEDICATE

Fonte: “Branding e-volution”, UPA-Polimi, settembre 2020

8. PRECISION MARKETING ED EFFICIENZA

Fonte: “Branding e-volution”, UPA-Polimi, settembre 2020

non certo felice, in questo momento l’andamento di VIOOH non è quello che il gruppo si aspettava: “Ma i segnali sono comunque positivi – nota Uboldi –, e per il futuro prossimo ci attendiamo uno sviluppo a doppia cifra di questo lato del business. Il problema principale, a mio avviso, è la ancora non perfetta conoscenza da parte di molti operatori della possibilità di comprare in programmatic anche l’Out Of Home e quindi di allocare parte dei budget digital anche al nostro mezzo: sono convinto che il suo ‘decollo’ sia solo una questione di tempo, non di processi o aspetti tecnici”. A proposito di dati, infine, il Vice Presidente di Class Pubblicità, Andrea Salvati, osserva come talvolta la misurazione diventi un’ossessione prima che una base di analisi, e la ricerca del numero ‘ad effetto’ spesso condizioni le decisioni: “Il gruppo Class ha scelto la strada del rigore – evidenzia Salvati –. Da due anni offriamo l’opportunità di pianificare i canali Telesia in modalità data driven. La GOTV è un mezzo per natura uno a molti, ogni minuto dialoga con un pubblico di oltre 15.000 ascoltatori. La certificazione tecnologica dell’impression è importante, ma non esprime la quantità di comunicazione effettivamente sviluppata. Per questo il team di Ricerca e Sviluppo di Telesia ha sviluppato WeCounter, una tecnologia basata sul monitoraggio dei segnali wifi che calcola in real time le persone esposte a ognuno degli schermi Tv presenti i metropolitana (Milano, Roma, Genova e Brescia) e negli aeroporti (15 scali nazionali). Chi acquista una campagna in modalità data driven su Telesia, sceglie una quantità di OTS obiettiva, il player con WeCounter conteggia solo le OTS al 100%, ovvero quelle visualizzazioni dell’intero contenuto, dal primo all’ultimo istante, senza interruzioni”.

Advertising di precisione

Parlando delle regolamentazioni sempre più stringenti e delle sempre più numerose iniziative per tutelare e garantire la privacy del consumatore, c’è chi si domanda se la pubblicità sarà sufficiente a sostenere ancora a lungo il modello editoriale e il business dei contenuti: lo testimonia lo sviluppo delle attività di branded content rispetto al calo di modalità più convenzionali come gli spot… Dai grandi player OTT come Netflix o Amazon Prime, fino ai sempre più numerosi brand ‘DTC oriented’ (Direct To Consumer) anche in un settore come il Largo Consumo, è possibile immaginare che il futuro dell’advertising sarà davvero nella ‘personalizzazione di massa’ e nel ‘precision marketing’ di cui parla lo studio ‘Branding e-volution’? Qual è l’esperienza sul campo di concessionarie, editori e agenzie? Come si stanno preparando da questo punto di vista, e che futuro si prospetta in un mondo ‘post-cookie’? Alessandro Loro, Head of Innovation & Communication di IGPDecaux, approfondisce il discorso sulla ‘separazione’ fra comunicazione di massa e comunicazione personalizzata: “È vero che questo tema è oggi prepotentemente tornato sotto i riflettori, ma attenzione – avverte –, perché da sempre il mercato della pubblicità è segmentato per obiettivi: da un lato la costruzione dell’identità di marca e della brand equity, dall’altro la performance, cioè, in ultima analisi, la risposta di vendita. Si tratta appunto di una segmentazione, utile solo in quanto rappresentazione di due estremi: può variare il peso relativo di uno rispetto all’altro, ma i due obiettivi non sono mai completamente distinti. Credo che web e digitale abbiano portato molti a ragionare quasi esclusivamente in termini di ‘conversioni’, andando probabilmente oltre il ragionevole e penalizzando le campagne di brand building”.

9. UTILIZZO DI DATI DI PRIMA PARTEVERTISING

Fonte: “Branding e-volution”, UPA-Polimi, settembre 2020

Ciò premesso, Loro ritiene che il futuro sia dei mezzi ‘duali’, che definisce come “Quei mezzi capaci di rendersi funzionali al perseguimento sia della costruzione di awareness, sia della ‘personalizzazione di massa’. L’Esterna è da sempre un mezzo di massa, , il più ‘pubblico’ dei media perché l’unico che si rivolge alla folla, è per antonomasia il mezzo del brand building, della notorietà: l’avvento del Digital Out Of Home, con la sua finissima e ineguagliabile capacità di segmentazione a livello territoriale, dà finalmente al cliente anche la possibilità di personalizzare le campagne Outdoor su base sociodemografica e geografica – cosa che a nessun altro mezzo può offrire in egual misura. Non dimentichiamo che l’Italia è il paese dei 100 campanili, nel quale la nostra identità è fortemente caratterizzata non solo da sesso, età, istruzione, reddito e cosiddetti stili di vita, ma anche dai luoghi – città, quartiere, condominio – in cui siamo nati, cresciuti e vissuti: ‘dove’ siamo è anche ‘come’ siamo. Un contesto che oggi assume ancor più preminenza ed è uno dei portati della pandemia: pensiamo per esempio alla ‘riscoperta’ delle città dove tutto dev’essere distante ‘15 minuti a piedi’”. Sulla stessa linea la risposta di Paola Colombo: “La personalizzazione della comunicazione è sicuramente uno strumento efficace se unito all’impatto della copertura per poter alimentare il business degli investitori – afferma –; questa strada è stata intrapresa da molti brand che ne stanno affinando l’applicazione costruendosi un nuovo know-how. Pensiamo che sarebbe un peccato perdere queste skill e questa nuova conoscenza del consumatore e per questo lavoreremo con le istituzioni e il mercato affinché questa strategia possa essere sviluppata con modalità differenti e con una maggior trasparenza e rispetto della privacy da parte di tutti gli operatori. Dal nostro canto, grazie a dati di profilazione di prima parte, ovvero raccolti con il consenso diretto del consumatore sui nostri mezzi, e grazie a delle properties

editoriali molto ricche e verticali che ci consentono di poter abbinare la comunicazione al contesto editoriale più affine, saremo in grado di offrire delle opportunità di targeted advertising anche con la cosiddetta ‘morte del cookie’. Abbiamo un osservatorio interno aperto sulle molte soluzioni di mercato che stanno nascendo; stiamo studiando e valutando quale possa essere la strada migliore e sarà necessario un allineamento con investitori pubblicitari e altri editori perché si possa convergere sulla stessa tipologia di alternative per evitare una frammentazione del mercato e poca trasparenza. Al momento vediamo anche dei potenziali rischi nella centralizzazione di ‘ID’ universali nelle mani di pochi player che porterebbero a un ulteriore accentramento verso i grandi walled garden; non siamo certi che questo vada nella direzione intesa dalla UE per la difesa dei diritti alla privacy sanciti dall’Unione Europea”. In tema di privacy, riflette però Loro, “Siamo tutti invitati a tutelarla, non c’è dubbio. Ma quella che mi pongo a monte è un’altra domanda: siamo tutti realmente sensibili rispetto a questo argomento? In realtà non ho una risposta. Al di là

Domenico Pascuzzi, Marketing Publishing Director Italiaonline

di chi legifera in merito, infatti, non mi sembra ci sia ancora una chiara consapevolezza: c’è chi vi presta la massima attenzione e chi invece lo ignora totalmente. La percezione del valore di ciò che ci viene dato in cambio della rinuncia a un ‘pezzetto’ della nostra privacy è ancora molto diseguale. La mia sensazione è che su questa tematica le nuove generazioni in particolare siano molto laiche e disincantate, meno idealiste e forse perfino più ciniche rispetto a quelle precedenti, e trattino la privacy come una currency alla quale attingere per ottenere le cose che piacciono o che fanno star bene”.

Le persone al centro

“Il web ruota attorno alle persone – riflette Domenico Pascuzzi, Marketing Publishing Director Italiaonline –, quindi è necessario, anzi direi indispensabile, che tutti gli attori della filiera pubblicitaria operino per tutelare la privacy dei consumatori. In Italiaonline, lavoriamo da sempre per creare un rapporto di trust&value con i nostri utenti: del resto, essendo il primo provider di servizi di posta elettronica in Italia da oltre 20 anni, abbiamo questo tipo di approccio cablato nella nostra visione strategica e di prodotto. Se garantiamo trasparenza e tuteliamo la privacy dei nostri utenti, non ci sono dubbi che è possibile trovare modelli di business sostenibili, modelli in cui la pubblicità viene accettata e viene percepita come un servizio utile”. Indubbiamente, prosegue Pascuzzi, il mondo della ‘domanda’, rappresentato dai centri media e dai clienti/brand inserzionisti, si sta sofisticando sempre di più, è sempre più avido di KPIs e vorace di performance pura: “Se a questo aggiungiamo lo stress sui prezzi, trend di mercato che il Covid-19 ha inasprito, allora il conto economico dei publisher rischia di andare molto sotto pressione. D’altro canto i publisher per essere

competitivi devono investire sempre di più in qualità dei contenuti e presidio di nuovi touchpoint, penso ad esempio al canale voice o a nuovi social che si stanno affermando, come TikTok e Twitch. L’approccio di Italiaonline è quello di lavorare e investire costantemente nella qualità del media a tutti i livelli: contenuti, inventario pubblicitario, audience qualificata perché il nostro obiettivo è quello di essere un partner di livello e di riferimento per tutti quei clienti/brand che vogliono gestire un posizionamento premium. Offriamo un ventaglio di soluzioni sempre più ampio che copre tutto il funnel di comunicazione e che permette ai clienti di raggiungere il proprio target di riferimento in modo efficace e in un contesto assolutamente brand safe”. Come illustra bene Angelo Sajeva, presidente di Class Pubblicità, per i publisher la via della ‘personalizzazione’ parte necessariamente dalla costruzione di prodotti e contenuti rivolti a target ben profilati: “Il gruppo Class Editori è specializzato nella business information – precisa infatti –, la nostra offerta editoriale si articola su 4 direttrici verticali che descriviamo con la sigla 4F: Finance, Fashion, Food e Forniture. Da sempre ci rivolgiamo a cluster di consumatori ben definiti, i manager e i professionisti delle 4 industry. Universi circoscritti accomunati da un tratto comune: l’appartenenza al target Affluent, ovvero a una popolazione di circa 10 milioni di individui, che si caratterizza per una dotazione reddituale e un’estrazione sociale superiore alla media. In questo senso la nostra offerta media è personalizzata da sempre, a chi ci sceglie proponiamo percorsi di comunicazione full channel, dall’adv tradizionale agli strumenti di social engagement, che permettano di raccontare l’azienda, i prodotti, i progetti e il brand value a pubblici profilati attivando tutto il funnel della comunicazione”. I contenuti sono centrali anche per Marzio Mazzara: “In un ecosistema ormai sempre più frammentato, che espone il consumatore a una pressione mediatica Mario Mazzara Direttore Vendite Rai Pubblicità

costante e crescente, risulta essenziale essere in grado di ‘cogliere il momento’ trasformandolo in una esperienza rilevante e appagante. Non è più sufficiente comunicare un messaggio, è necessario che sia veicolato nel modo corretto e nel momento più opportuno ma, soprattutto, deve essere rilevante per l’audience che si vuole raggiugere. L’attuale evoluzione delle abitudini di consumo mediatico da parte del pubblico, unita ai fattori abilitanti derivanti dall’applicazione delle tecnologie e dall’approccio data driven, hanno permesso di aumentare e di rendere più efficaci i touch point ma il compito di definizione valoriale della comunicazione resta affidato al contenuto. È sempre più vero che il contenuto è l’elemento chiave in grado di catturare l’attenzione”. L’evoluzione del quadro tecnologico e normativo pone sicuramente delle sfide, aggiunge il Direttore Vendite di Rai Pubblicità, ma porta con sé anche molti interrogativi, frutto della rapida evoluzione del quadro di riferimento che, se non correttamente interpretato, da fattore abilitante rischia di traformarmasi in vincolo invalicabile. “La sfida per il mercato, al di là delle

tecnologie che arriveranno e prenderanno il posto dell’attuale mondo cookiebased è sempre la stessa: capire in anticipo le condizioni di sistema, essere in grado di creare un contenuto rilevante che sia reso disponibile in modo commercialmente efficace e nel pieno rispetto dell’esperienza e della privacy dei consumatori”. “Nel grande dibattito sulla scomparsa dei cookie di terza parte, spesso si dipingono scenari apocalittici, la cosiddetta cookie apocalypse, ma in realtà sappiamo bene che i cookie di terza parte sono una soluzione tecnicamente molto datata e non più adeguata al web moderno – avverte Pascuzzi –: non sono people-based, non esistono sulle App, non sono efficienti per l’RTB, basti pensare al meccanismo del cookie-sync e ai tassi spesso frustranti di cookiematching DSP-SSP. Crediamo quindi che un approccio basato sui cookie di prima parte, di cui i publisher sono custodi, avendo la relazione diretta con i propri consumatori, e basato sui sistemi di identity cross-device possa essere la risposta tecnologica e di business corretta per un web e un ecosistema che mette l’utente al centro. Questo ovviamente comporterà un reshaping della filiera pubblicitaria in cui il peso specifico dei dati di prima parte e delle strategie di CRM aumenterà di molto rispetto lo scenario attuale”. Il futuro che vede Italiaonline, quindi, è quello di “Un advertising sempre più green e sempre più people-based. C’è però un altro versante su cui i publisher a mio avviso si giocano un pezzo rilevante della partita e sono proprio i modelli direct-to-consumer basati sull’eCommerce e i marketplace. Questi modelli permettono di offrire una esperienza più completa ai propri utenti, permettono di instaurare un legame più forte e duraturo basato su un CRM e un sistema di pagamento, e permettono di attivare revenue stream aggiuntive diversificandosi dall’advertising puro. In Italiaonline, crediamo che questo mondo direct-to-consumer possa rappresentare una leva di crescita molto importante per il nostro futuro, e stiamo già trasformando il nostro media in quest’ottica facendo leva sui nostri dati di prima parte e su una strategia di CRM e Customer Value Management moderna e future-proof”. A proposito di business model nuovi e obsoleti, Alessandro Loro ammette che ci sono effettivamente molti dubbi sul fatto che quello basato interamente o quasi sulla pubblicità possa essere l’unica leva in grado di sostenere ancora a lungo il sistema attuale. “Prima ancora di domandarsi se oggi l’advertising conservi una sua ‘legittimità’, però, mi sembra che a essere in discussione sia il modello sociale ed economico capitalista, di cui la pubblicità è solo la manifestazione più evidente, ciò che rende ‘visibile’ quel modello. Lo strumento pubblicitario è di per sé ‘neutrale’, e questo vale tanto per la pubblicità ‘dichiarata’ quanto per tecniche come il branded content: tutto dipende da come lo si usa e da quali valori propone. Non si tratta perciò di mettere in dubbio il diritto delle marche a fare pubblicità – ci mancherebbe altro! –, ma sicuramente è necessario che il mondo pubblicitario risponda a questa domanda di legittimità, dimostrando per esempio il valore e l’utilità dei modelli sociali che promuove”.

Adv: un modello al capolinea

“Ormai da decenni il mercato dei contenuti s’interroga sul suo modello di business ideale senza trovare una risposta univoca – rileva Robbiati –. Non dimentichiamo che già con l’avvento di Internet la carta stampata ha subito un tracollo importante da cui non si è più ripresa. In generale, il problema è trovare il punto di equilibiro tra chi paga e produce i contenuti e chi li aggrega e

li distribuisce raccogliendo la maggior parte delle risorse pubblicitarie”. “Il mondo della comunicazione sta cambiando e di conseguenza anche i modelli di business degli editori si dovranno adattare a nuovi panorami che prevedono la personalizzazione dei contenuti in logica di fruizione multicanale always on – osserva Vittorio Bonori –. In un ecosistema che vedrà ancora come protagonista l’advertising, il mondo dei contenuti editoriali continuerà a esistere ma dovrà trasformare la propria offerta in base alla rilevanza e alla qualità piuttosto che alla generica quantità. Anche le stesse DTC stanno di fatto cercando di trovare un compromesso nel loro modello di business tra remunerazione a consumo e componente di advertising”. Privacy e regolamentazioni sui dati incideranno soprattutto sui dati di seconda e terza parte, aggiunge il chairman di Publicis Groupe, ragion per cui gli editori dovranno essere in grado di valorizzare i dati di prima parte, lavorando sull’integrazione della loro offerta pubblicitaria sempre più legata ai contenuti rilevanti e compatibile con le strategie data driven dei clienti. “Come gruppo Publics stiamo lavorando da tempo per offrire ai nostri clienti servizi di analisi, strategia e customizzazione dei contenuti per renderli integrabili e distribuibili anche nei palinsesti editoriali in logica di affinità e rilevanza ai rispettivi target di comunicazione”. Anche per Stefano Spadini la pubblicità non sarà più sufficiente a sostenere il modello editoriale e il business dei contenuti, ma serviranno dei modelli ibridi. “Già alcuni siti, o app, permettono di accedere ai contenuti su più livelli – suggerisce –: se non voglio che mi vengano mostrati annunci pubblicitari, non potrò accedere gratuitamente ai contenuti, ma se per esempio dò l’autorizzazione all’utilizzo dei miei dati, potrò vederne una parte. Non si tratta solo di ‘pagare’ per accedere. Si tratta soprattutto di rendere sempre più attrattivi i contenuti che vengono offerti, in modo che le persone siano anche disposte a pagare purchè siano di qualità. Permettendo anche di visualizzare annunci pubblicitari che siano interessanti e coerenti per chi li riceve”. In merito alla personalizzazione di massa, Spadini risponde con una provocazione: “Il 2019 ha rappresentato l’anno della comunicazione one-to-one, grazie alla capacità dei dati di profilare le persone in maniera molto puntuale. All’inizio del 2020 si è visto un ritorno invece alla necessità di parlare con messaggi universalmente validi, creando un effetto di condivisione indispensabile ai tempi del distanziamento sociale. Se pensiamo a un mondo dove a ogni persona arrivasse il suo messaggio ‘iperpersonalizzato’, verrebbero a mancare proprio quelle conversazioni di confronto che sono alla base della delle relazioni umane. È importante utilizzare le tecnologie per avere creatività personalizzate e messaggi one-to-one, ma ci sono molti altri aspetti da considerare: la comprensione del momento del percorso d’acquisto dove si trova il consumatore, tenere in considerazione le regole delle varie categorie di prodotto e il ciclo di vita dei brand. Infine, porre attenzione nei confronti della privacy: la personalizzazione può essere deliverata quando il consumatore ha dimostrato un vero interesse e ha dato il suo “consenso” esplicito a ricevere proprio quel messaggio e non un altro”.

Startegie diversificate

Parlando invece del mondo post-cookie, Spadini mette in guardia sulla necessità di cambiare le strategie e le tecniche finora utilizzate e trovare nuove soluzioni per continuare a rispondere al bisogno di informazioni e di innovazione che da sempre caratterizzano il digital marketing. “Questo settore dovrà quindi

adeguare le proprie strategie in termini di targettizzazione. Il posizionamento dell’annuncio, il messaggio pubblicitario e il coinvolgimento dell’audience giusta saranno elementi sempre più centrali negli investimenti media, tanto che si parlerà sempre meno di media planning e sempre più di Media Experience. Aumenterà l’importanza dei dati di prima e seconda parte, e i dati dei clienti diventeranno sempre più il centro di gravità delle strategie e della comunicazione. Ciò vedrà avvantaggiati i brand che hanno instaurato una relazione diretta con i propri clienti e che hanno quindi incamerato informazioni sui loro profili e potranno identificarli online. Il post cookie non deve essere visto come un ostacolo per i diversi player, ma come una nuova pagina dove integrare tutti gli elementi delle attuali strategie digitali. Un nuovo inizio in cui la privacy e l’esperienza dell’utente siano il centro di gravità di ogni sviluppo”. Anche OMG, attesta Robbiati, si sta preparando per il mondo cookieless da quasi 2 anni, consapevole delle molte incertezze su come e quando questa apocalisse avverrà e che le sfide più importanti in realtà vanno oltre al tema della restrizione dell’uso dei cookies. “Parliamo delle nuove normative legate al tema della privacy, di tracciamento (es: adozione del Consent Mode) e delle limitazioni di accesso ai device ID per gli sviluppatori di App come recentemente annunciato da Apple. Se poi aggiungiamo le nuove indagini dell’Antitrust nel mercato della comunicazione digitale capiamo bene che nei prossimi mesi e sicuramente anni ci confrontremo con un mercato in continua mutazione. Proprio a causa di questo incerto scenario, in OMG abbiamo puntato su una strategia diversificata e flessibile. Testiamo e poi sigliamo accordi solo con i partner capaci di generare valore e tenendo in considerazione come questi dati possano essere usati in modo efficace, sicuro e rispettoso delle persone”. Attualmente l’agenzia lavora con i suoi clienti su più ambiti, partendo dalla raccolta e valorizzazione dei dati di prima parte, di grande valore e spesso sottovalutati, alla comunicazione contestuale avanzata usando algoritmi che danno nuova potenza a una ‘vecchia’ modalità di pianificazione. “Includiamo anche le partnership con i più importanti player del mercato con soluzioni di identità privacy compliant, l’utilizzo di ‘clean rooms’ come ADH che ci permettono di sfruttare i dati per la creazione di audience avanzate, e delle analisi di attribuzione digitali nel rispetto dei codici più stringenti. Il futuro che si prospetta è fatto di grandi player che, in assenza di interventi e di un sistema ‘super partes’, diventeranno ancora più grandi, affiancati da una rete frammentata di provider che punteranno a loro volta alla creazione di nuovi e piccoli ‘walled garden’. Sono queste le dinamiche che contribuiscono a una crescente complessità e difficoltà di misurazione e verifica delle campagne. E sono queste le sfide su cui noi stiamo continuamente lavorando per i nostri clienti. “Il processo di trasformazione è chiaramente data-driven e people based – ci aiuta a tirare le somme Andrea Sinisi –: per questo i nostri piani media nascono attorno all’individuazione di pubblici altamente potenziali, definiti con logiche che incrociano dati interni di ricerca e fonti esterne. Noi come gruppo, anche grazie all’acquisizione di Axciom e allo sviluppo di offerte di prodotto dedicate, stiamo anticipando quello che sarà il futuro”. La pubblicità sarà sempre e comunque uno strumento fondamentale, è convinto Sinisi: “Magari potrà essere gestita attraverso una diversa filiera, ma non cambierà la necessità di seguire, in maniera puntuale, con una customer journey ben precisa, un prospect che poi diventa un client e poi ancora un

fedele, rilasciando messaggi coerenti in funzione dei bisogni, in quello specifico momento del customer journey. La possiamo chiamare Adv o ‘rilascio di contenuti personalizzati’, ma il concetto è lo stesso. Probabilmente cambieranno gli attori della filiera, ci sarà spazio per più piattaforme di tecnologia e servizi di consulenza per l’in-housing. Non cambierà comunque la capacità di lettura sempre più precisa e approfondita della customer journey e il rilascio di contenuti di interazione sempre più personalizzati e specifici, su un determinato momento della customer journey”.

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