Anno 8 numero 48 giugno-luglio 2014 SocietĂ Editrice ADC Group
il giornale della nuova comunicazione
Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004) Art. 1 comm. 1 DCB Milano
Romeo Repetto, amministratore delegato Publicis Italia
NC Awards 2014
Best Holistic Agency
Publicis, vince l’idea
Cristiana Boccassini, direttore creativo esecutivo Publicis Italia
Bruno Bertelli, direttore creativo esecutivo Publicis Italia
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PUBLICIS/OMG, LA DIFFERENZA TRA SOGNO E REALTÀ Si fosse trattato di due aziende italiane i commenti si sarebbero sprecati: “Ecco i soliti pasticcioni” sarebbe stato il più tenero. Eppure, stiamo parlando di due tra le più importanti holding finanziarie del mondo: l’americanissima Omnicom, e la francese, la ‘grandiosa’ Publicis. Possibile che due tra i più potenti uomini della comunicazione, John Wren e Maurice Levy, prima di annunciare la mega fusione da 35 miliardi di dollari, non abbiamo pensato un poco meglio alle implicazioni che questo accordo avrebbe comportato dal punto di vista legale, fiscale, e organizzativo tra due entità così diverse? Possibile che ci siano voluti nove mesi per capire che la cosa non si poteva fare, e non abbiano impiegato il tempo necessario per valutare la fattibilità del progetto? Perché tanta fretta nell’annunciare l’intenzione di quello che, evidentemente, si è dimostrato essere soltanto un sogno o una suggestione? Alla luce degli ultimi avvenimenti, Sorrell, che fin dall’inizio aveva ‘gufato’ contro l’accordo, esce rafforzato nella sua leadership, e nel suo approccio al mercato. Mentre i due colossi dovevano capire come fare funzionare la fusione, i suoi uomini in giro per il mondo si prendevano Marks & Spencer, Vodafone, eTrade e Bgl Group, tutti clienti appartenenti all’orbita Publicis/Omnicom. Conoscendo un po’ il personaggio, c’è da scommettere che non si accontenterà di queste prede, ma cercherà di infierire sui nemici in difficoltà, almeno dal punto di vista di immagine. Alla luce di questo ‘colpo di scena’, si riaprono i giochi nel Risiko della comunicazione. Sarà Dentsu, che ha già acquisito il colosso Aegis Media, ad accaparrarsi la malandata Interpublic? Se si tratta di ‘fanta-pubblicità’ o di concrete possibilità è forse ancora presto per dirlo, ma c’è da scommettere che qualche evento eclatante non smetterà di far parlare la stampa, specializzata e non. Altra realtà che esce vincitrice da questa vicenda è Havas (quinta potenza mondiale). Scenderà in campo il gruppo francese Vivendi per accaparrarsi quello guidato dalla famiglia Bollorè, come dicono insistenti rumors di mercato? Mi rendo conto di spostare il ragionamento oltre lo stretto ambito della realtà, ma se è vero che, come dicono i più qualificati osservatori internazionali, sempre più si andrà verso un consolidamento dei player in pochi protagonisti, ogni ipotesi può essere plausibile. Salvatore Sagone direttore responsabile e presidente ADC Group
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nc_sommario
III_CONTROCAMPO VITTORIO BONORI, L’INNOVAZIONE AL SERVIZIO DELLA STRATEGIA
14_COVER STORY PUBLICIS, VINCE L’IDEA
37_INCHIESTA CREATIVITÀ IN OCCASIONE DEL 61° FESTIVAL DI CANNES, INSIEME AI PLAYER DELLA COMUNICAZIONE, INTRAPRENDIAMO UN VIAGGIO NELLA STORIA DELLA CREATIVITÀ DEGLI ULTIMI 60 ANNI E SCOPRIAMO QUALI SONO LE NUOVE FRONTIERE DELLA CREATIVITÀ OLISTICA _4_
sommario_nc
8/13_ATTUALITÀ NOTIZIE SU FATTI E PERSONE DAL
37/55_INCHIESTA CREATIVITÀ SCENARIO
MONDO DIGITALE, MEDIA INNOVATIVI,
DA CAROSELLO A YOUTUBE, COME
RETAIL EXPERIENCE
È CAMBIATA LA COMUNICAZIONE
AREA STRATEGICA
BEAUTY 2.0, IL LEADER È PUPA
61_RUBRICA
A COINVOLGIMENTO
LA COMUNICAZIONE VISTA DALL’ALDO
18_PRIMO PIANO
I VESTITI NUOVI DELLA ‘BIG IDEA’ ELOGIO DELLA LENTEZZA
22_PROTAGONISTI
56_TRENDS
CREATIVITÀ, DA INTRATTENIMENTO
CANNES, AL FESTIVAL SI PUÒ SPERARE. DALL'ITALIA PIÙ CONSAPEVOLEZZA
DIGITAL/INTERACTIVE
I PROTAGONISTI CASTA DIVA GROUP, CONNESSI
GLAM GROUP, IL NETWORK CHE MOLTIPLICA LE RELAZIONI
CON IL DOMANI LEO BURNETT, L’EVOLUZIONE
24_FOCUS
È NEL DNA
ADDIO FUSIONE, PUBLICIS E OMG
YOUNG & RUBICAM GROUP,
IMBOCCANO STRADE DIVERSE
SINTONIZZÀTI CON IL MONDO
26_TRENDS
CHE CAMBIA
I TREND PER TRASFORMARSI IN SERVICE DESIGNER
28/34_STRATEGIE INNOVATIVE TENA, ADVERTISING OLTRE I TABÙ COCCINELLE, COMUNICARE PORTA FORTUNA
Le strategie di comunicazione di Tena e Coccinelle pag. 28 e pag. 32
DIRETTORE RESPONSABILE
ACCOUNT MANAGER
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COORDINAMENTO EDITORIALE Marina Bellantoni marina.bellantoni@adcgroup.it
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n° 48 giu-lug 2014 reg. trib. di Milano n° 93 del 20/02/2007
HANNO COLLABORATO
SOCIETÀ EDITRICE ADC GROUP srl presidente: SALVATORE SAGONE Red. e pubbl.: via privata Vasto, 1 - 20121 Milano tel: +39 02 49766316 info@adcgroup.it Sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano NC© Copyright 2014 ADC Group srl
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FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPA Lasergrafica Polver via Kramer, 17/19 - 20129 Milano Finito di stampare nel mese di giugno 2014 Progetto grafico: Davide Lopopolo
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LA PRIMA COMPANY MONDIALE DELLA COMUNICAZIONE (RIMASTA TALE IN VIRTÙ DELLA MANCATA FUSIONE TRA PUBLICIS E OMG) CONFERMA IL SUO DINAMISMO. IN EVIDENZA L’INGRESSO DI RED CELL IN YOUNG & RUBICAM GROUP E LA CREAZIONE DEL KANTAR BUILDING.
COSTA (WPP): FARE SISTEMA E PUNTARE SU UN’OFFERTA ORIZZONTALE E INTEGRATA L’acquisizione di Xtel da parte di Kantar Retail, l’ingresso ufficiale di Red Cell in Young & Rubicam Group, i lavori in corso per la creazione del Kantar Building, che raggrupperà tutte le società di ricerca del Gruppo, la prossima acquisizione di un’agenzia digital per Jwt e il debutto in Italia di Geometry. Queste le principali novità annunciate lo scorso 14 maggio da Massimo Costa, country manager Wpp, nel corso di un incontro di aggiornamento organizzato negli uffici milanesi del Gruppo. Come ha tenuto a sottolineare Costa, si tratta di operazioni che rientrano nella strategia di Wpp volta a ‘fare sistema’, mettendo a disposizione dei clienti un’offerta il più possibile orizzontale e integrata, garantendo loro il miglior supporto possibile per quanto attiene la gestione delle loro marche, che continuano a rappresentare un asset fondamentale per le aziende. Un asset che tuttavia rischia di essere svalutato, poiché la recessione porta le imprese a preferire una gestione tattica e spinge molti consumatori a considerare soltanto il prezzo come variabile d’acquisto. Il ruolo di Wpp, ha sottolineato Costa, è fare in modo che questo non avvenga, offrendo consulenza ai clienti in tutti gli ambiti, dalla creatività al media, passando per la ricerca e la profilazione del target, al fine di valorizzare al massimo i brand. Gli sforzi del Gruppo si concentrano ora in particolare sui big data che, se ben utilizzati, consentono delle ‘targettizzazioni’ molto mirate, ottimizzando gli investimenti e fornendo un valido aiuto nella costruzione della relazione tra marca e consumatore. Senza contare che per un Gruppo attivo a livello internazionale, co-
me Wpp, la condivisione di dati anche su scala globale può costituire un vantaggio non indifferente. Inoltre, come ha spiegato Costa, tra i progetti più interessanti sui quali Wpp sta investendo vi è la creazione del Kantar Building, ovvero un palazzo all’interno del quale dovrebbero trovare spazio tutti gli istituti di ricerca del Gruppo, cioè Millward Brown, Tns, Loren Consulting e Added Value. L’obiettivo è estendere il modello di GroupM anche all’ambito della ricerca, lasciando le sigle indipendenti e competitive, ma integrando alcuni servizi, come per esempio quelli di back office, per rendere l’organizzazione più efficiente. L’operazione potrebbe concretizzarsi entro quest’anno o all’inizio del 2015. Il nome (che potrebbe appunto essere Kantar Building) farebbe riferimento a Kantar, società di ricerca, data, in-
Massimo Costa, country manager Wpp
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sight consultancy di Wpp suddivisa a sua volta in Retail, Pharma e Media. Nonostante il momento non certo brillante del mercato, Wpp dimostra un notevole dinamismo. Dopo l’acquisizione, da parte di Kantar Retail (società del Gruppo attiva in consulenza e data insight sulla distribuzione e il consumo), della società italiana Xtel, che fornisce soluzioni per l’automazione delle vendite alle aziende di beni di consumo, è ora ufficiale l’ingresso di Red Cell in Young & Rubicam Group. Come ha dichiarato il manager, l’agenzia, ospitata ora al secondo piano del building di Wpp, mantiene la propria indipendenza, competitività e autonomia, usufruendo però delle conoscenze, dei servizi del Gruppo e della sinergia con le altre sigle, che le permetteranno di migliorare la propria offerta. Tra i progetti in cantiere anche l’acquisizione di un’agenzia digitale in orbita Jwt. D’altra parte, come ha ribadito il country manager, sempre più spesso Wpp lavora con team formati ad hoc, di volta in volta, da 4-5 aziende del Gruppo, che gestiscono insieme un singolo cliente, guidate da un team leader stabilito dallo stesso Costa in base al grado di conoscenza del mercato e del cliente stesso. Ma le novità non sono finite qui. Forte della propria esperienza al di fuori dei confini nazionali, Wpp potrebbe decidere di portare in Italia altre sigle. Come per esempio Geometry, già attiva a Londra in ambito activation e shopper-marketing, o Mysupermarket, società recentemente acquisita dal Gruppo che opera nello sviluppo di app, che permettono al consumatore di comparare prezzi e offerte nell’ambito della distribuzione organizzata. nc
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NONOSTANTE LE ASPETTATIVE POSITIVE, SECONDO I DATI NIELSEN, IL MERCATO PUBBLICITARIO INIZIA MALE IL NUOVO ANNO, CHIUDENDO IL PRIMO BIMESTRE A -4,3% E IL PRIMO TRIMESTRE A -3,3%. MA LA RIPRESA È VICINA.
PUBBLICITÀ, CONTINUANO LE DIFFICOLTÀ Il mercato pubblicitario fatica ad agganciare la ripresa, le difficoltà continuano, ma qualche segnale positivo inizia a vedersi. Secondo gli ultimi dati rilasciati da Nielsen, il mercato degli investimenti adv chiude, nel mese di marzo, a -1,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, facendo registrare una riduzione tendenziale del -3,3% per il primo trimestre, pari a circa 53,1 milioni di euro in meno sul periodo gennaio-marzo del 2013. Dato negativo, ma in (lieve) miglioramento rispetto a quello del primo bimestre dell’anno, che si era chiuso a -4,3%. “A marzo riprende il trend di riduzione del gap verso ‘quota zero’, che si era inaspettatamente interrotto il mese precedente spiega Alberto Dal Sasso, advertising information services business director Nielsen.
Fortunatamente siamo ben lontani da quel -19% con cui si era chiuso il primo trimestre del 2013, ma il ritorno in terreno positivo si è visto solo su qualche singolo mezzo”. La televisione chiude il mese di marzo con un promettente +5,1%, confermando la crescita già vista nei primi due mesi anche per il periodo cumulato gennaiomarzo, chiusosi a +2%. Notizie positive anche per la radio che conferma il buon momento, chiudendo il periodo cumulato a +6,3%. Poche novità per il mezzo stampa, che conferma la perdurante difficoltà nel raccogliere investimenti pubblicitari. I quotidiani chiudono il trimestre a -15,7% e i periodici si fermano a -14,6%. Anche il dato del singolo mese è pesantemente negativo, rispettivamente a -14,9% e a -14,5%.
MERCATO ADV ITALIA_PRIMO TRIMESTRE 2014 (migliaia di Euro) TOTALE PUBBLICITÀ QUOTIDIANI1 PERIODICI1 TV2 RADIO3 INTERNET (Fonte: FCP-Assointernet) OUTDOOR (Fonte: AudiOutdoor) TRANSIT OUT OF HOME TV CINEMA DIIRECT MAIIL
2013 gen/mar 1,592,261 227,110 126,110 905,477 77,056 110,685 16,559 21,191 3,726 5,460 98,886
2014 gen/mar 1,539,129 191,469 107,746 923,396 81,909 107,676 15,647 17,738 3,295 4,664 85,589
var.% -3.3 -15.7 -14.6 2.0 6.3 -2.7 -5.5 -16.3 -11.6 -14.6 -13.4
L’universo di riferimento è quello dei mezzi rilevati da Nielsen ad eccezione dei quotidiani dove vengono utilizzati i dati Fcp-Assoquotidiani solo per le tipologie: Locale, Rubricata e di Servizio e delle Radio dove vengono utilizzati i dati Fcp-Assoradio solo per la tipologia Extra Tabellare. Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di Fcp-Assoquotidiani e Fcp-Assoperiodici. ¹ Per i dati di Stampa Commerciale Locale, Rubricata e di Servizio la fonte è Fcp-Assoquotidiani ² lI dato comprende le emittenti Generaliste, Digitali e Satellitari ³ Le elaborazioni sono effettuate con il contributo di Fcp-Assoradio
Fonte: Nielsen
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Internet, relativamente al perimetro attualmente monitorato, torna in positivo con un significativo +3% a marzo, che però non basta a tenere in attivo la situazione del trimestre, fermo a -2,7%. Ancora negativa, invece, la raccolta pubblicitaria di cinema, direct mail e outdoor. Per quanto riguarda i settori merceologici, buoni segnali arrivano dai comparti ai primi posti del ranking di spesa. A marzo sono in pareggio gli Alimentari (-2,4% nel trimestre) e in forte crescita l’Automotive, con +25,9% mensile e un incoraggiante +8,2% nel periodo gennaio-marzo. Conferma le ultime buone performance il Pharma, grazie al +7,2% registrato nel periodo cumulato. Ancora in forte calo la Telefonia, già in vistosa frenata anche il mese scorso: il trimestre si chiude a -25,8%. In crescita il settore dei Media (+5,9%), della Distribuzione (+6,9%) e della Finanza (+10,6%), a dimostrazione del ritorno a un moderato ottimismo: tra i primi 10 comparti, 6 sono tornati in terreno positivo. Inoltre, seppur limitata allo 0,3%, è ugualmente importante anche la crescita degli investimenti complessivi dei primi dieci top spender del mercato pubblicitario. “Il secondo trimestre rappresenta la chiave di volta del mercato - conclude Dal Sasso -, grazie anche al peso che avranno i campionati del mondo di calcio in Brasile e al fatto, non trascurabile, che ci si confronterà con un analogo periodo del 2013, chiusosi a quota -16%. Credo di poter affermare che la tanto attesa ‘quota zero’, già superata per alcuni mezzi, si stia avvicinando per il mercato in generale, anche alla luce delle recenti dichiarazioni improntate a un cauto ottimismo provenienti da più parti”. nc
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SECONDO I DATI DELL’OSSERVATORIO ECOMMERCE B2C NETCOMM - POLITECNICO DI MILANO, I COMPARTI MAGGIORMENTE IN CRESCITA SONO L’INFORMATICA, L’EDITORIA, IL GROCERY, L’ABBIGLIAMENTO E IL TURISMO. PIÙ 21% PER L’EXPORT, PER UN VALORE TOTALE DI OLTRE 2 MILIARDI DI EURO.
E-COMMERCE, QUOTA 13,2 MLD. IL MOBILE A +85% I dati rilasciati nell’ambito della nona edizione del Netcomm eCommerce Forum confermano il trend positivo d’incremento a doppia cifra che il commercio elettronico sta registrando in Italia dal 2010. Secondo l’indagine dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - Politecnico di Milano, nel 2014 il commercio elettronico registrerà, infatti, nel nostro Paese, una crescita del 17%, che porterà il mercato a un valore totale di 13,2 miliardi di euro. Il mobile commerce si conferma tra i principali fattori trainanti del comparto in Italia: gli acquisti tramite smartphone, infatti, dopo essere cresciuti del 289% nel 2013, registreranno un ulteriore incremento dell’85% nel 2014, passando così in due anni da un valore di 164 milioni a circa 1,2 miliardi di euro. Ma attenzione, non è tutto oro quello che luccica. Come fatto notare da Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - Politecnico di Milano, la penetrazione del commercio elettronico sul totale del mercato retail, in Italia, per quanto in crescita (siamo passati dal 3 al 3,6% nell’ultimo anno), rimane ancora limitata rispetto a quella di altri Paesi con una più lunga tradizione di e-commerce. In Francia, per intenderci, il tasso di penetrazione del commercio elettronico si attesta sul 6,1%, in Germania tocca l’8,5%, negli Usa raggiunge
Il trend positivo d’incremento a doppia cifra che l’e-commerce sta registrando in Italia dal 2010 viene confermato: nel 2014 il commercio elettronico registrerà un’ulteriore crescita del 17%, che porterà il mercato a un valore totale di 13,2 miliardi di euro
l’11% e in Uk addirittura il 15%. Tuttavia, come fatto notare da Perego, occorre precisare che nei Paesi in cui l’e-commerce ha raggiunto una maggiore maturità, la crescita del comparto è compresa tra il 10% (Usa, Germania, Francia) e l’11% (UK), mentre in Italia, come detto precedentemente, raggiunge il 17%. Quanto al mobile commerce, per dare un’idea della forte crescita del fenomeno, Perego precisa che se al dato delle vendite mediante smartphone (nel 2014, come anticipato, si sfonderà il tetto del miliardo di euro) si aggiungono anche quelle realizzate tramite tablet, si arriva a superare complessivamente il valore di 2,5 miliardi di euro.“Attraverso questi device - aggiunge il responsabile dell’Osservatorio - passa il 19% del mercato e-commerce. Parallelamente, le strategie multicanale, che prevedono l’utilizzo
congiunto e integrato di canale fisico e canale online, anche attraverso smartphone e tablet, hanno portato molti benefici: maggiore efficacia nel trasferimento delle informazioni grazie all’info-commerce, incremento nell’efficienza dei processi di punto vendita mediante il servizio ‘Prenota online e ritira in negozio’, e miglioramento del servizio al cliente, con l’acquisto online e l’assistenza instore”. Quanto ai comparti, tutte le principali aree dell’e-commerce beneficiano di una crescita generale. Tra i ‘prodotti’, l’informatica fa registrare l’incremento più elevato (+32%), seguita a ruota dall’editoria che balza in avanti del 28%. Il grocery conferma un trend rilevante di crescita e, dopo il +11% nel 2013, fa segnare nel 2014 un +23%. L’abbigliamento si conferma come uno dei settori più costanti con un +21%. Le vendite di
Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano, maggio 2014
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‘servizi’ continuano a crescere, ma sotto la media del mercato: +11% per il turismo e +2% per le assicurazioni, grazie agli operatori del trasporto aereo, nel primo caso, e alle prestazioni positive soprattutto delle compagnie dirette, nel secondo. “I servizi pesano comunque per il 62% delle vendite - aggiunge Riccardo Mangiaracina, responsabile Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano -. “Il turismo ha una quota di mercato nell’e-commerce pari al 41%, le assicurazioni arrivano al 8%; i prodotti, invece conquistano il 38% delle vendite: l’abbigliamento ottiene una quota pari al 14%, informatica ed elettronica raggiungono il 12%, l’editoria il 3%, il grocery l’1%; altri comparti, incluso il C2c, il 21%. La situazione italiana si conferma quindi peculiare rispetto a quella dei principali mercati stranieri, dove il peso dei prodotti prevale su quello dei servizi, con valori compresi tra il 65 e l’80%, anche se progressivamente il peso dei prodotti sta aumentando”. Turismo e abbigliamento si confermano inoltre i due comparti con cui l’e-commerce italiano si afferma nel mondo: rappresentano rispettivamenIl mobile commerce si conferma tra i principali fattori trainanti: gli acquisti tramite smartphone sono cresciuti del 289% nel 2013 e stanno registrando un ulteriore incremento dell’85% nel 2014, passando così da un valore di 164 mln a 1,2 mld di euro
Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano, maggio 2014
te il 54% e il 33% dell’export, che cresce del 21% nel 2014 e arriva a toccare una quota prossima ai 2,5 miliardi di euro. “La stabile crescita a doppia cifra dell’e-commerce - afferma Liscia - mostra come le aziende italiane stiano adottando sempre più una strategia multicanale, vero fattore chiave che può consentire all’e-commerce B2c di raggiungere in Italia valori comparabili a quelli dei mercati esteri”. Il ritardo però rimane, e l’Italia è ultima in quasi tutte le classifiche sui fattori che condizionano lo sviluppo del commercio elettronico. “Le imprese che vendono on-
Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano, maggio 2014
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Tutti i principali comparti beneficiano della crescita generale. L’informatica fa registrare l’incremento più elevato (+32%), seguita da editoria (+ 28%), grocery (+23%) e abbigliamento (+21%)
line - precisa il presidente Netcomm - sono solo il 4% del totale, l’accesso alla banda larga rimane carente e la copertura finanziaria per gli investimenti necessari sono ancora un interrogativo non risolto. I servizi digitali della pubblica amministrazione sono pochi, frammentati e di difficile accesso e soprattutto una fetta ancora consistente di italiani ha ancora paura a effettuare acquisti online”. È evidente che, in questo quadro, la dimensione delle imprese diventa un fattore abilitante. “Nel nostro Paese - conclude Liscia - nonostante le prime 200 imprese web abbiano una quota di mercato superiore al 70%, sono poche le imprese italiane che competono sul mercato internazionale online. Stiamo perdendo competitività a livello globale e non riusciamo a sfruttare il potenziale del made in Italy, che potrebbe trovare più facilmente sbocchi su questi mercati. Si prevede che nel 2018 le vendite cross-country, nel mondo, raggiungeranno i 307 miliardi di dollari, coinvolgendo oltre 130 milioni di acquirenti, ossia e- shopper evoluti di cui le nostre imprese dovranno saper intercettare bisogni e richieste”. Meglio farsi trovare preparati. nc
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CONTINUA L’APPUNTAMENTO DI RIEPILOGO DELLE PRINCIPALI GARE DELLE ULTIME SETTIMANE. SPICCA IL BUDGET DA 120 MLN ASSEGNATO DA EBAY A MEDIACOM PER IL PLANNING E IL BUYING EMEA E QUELLO DA 6 MLN ASSEGNATO AD HAVAS PER LA COMUNICAZIONE EXPO 2015.
GARE, HAVAS SI AGGIUDICA LA COMUNICAZIONE DELL’EXPO Havas Worldwide Milan vince la gara per la comunicazione di Expo 2015. Budget di 6 mln Sarà Havas Worldwide Milan ad affiancare Expo Milano 2015 nello sviluppo delle campagne di comunicazione che verranno realizzate nei prossimi 18 mesi e che accompagneranno la nascita dell’evento. L’agenzia guidata in Italia da Dario Mezzano, che ha partecipato al pitch in coppia con Robilant & Associati, si è aggiudicata infatti il pitch da sei milioni di euro. Come si legge in una nota diffusa da Expo, la proposta vincitrice della gara, molto apprezzata dalla commissione giudicatrice, si distingue per la capacità di avere una visione e una prospettiva innovativa in grado di fornire un supporto importante a tutte le attività di comunicazione relative all’evento. Nove le agenzie che hanno partecipato alla selezione: oltre alla vincitrice, hanno preso parte al pitch anche 1861 United, Dlv Bbdo, Ketchum Public Relations, Leo Burnett Company, McCann Worldgroup, Saatchi & Saatchi, Serviceplan Italia e Tbwa\Italia. Precisiamo inoltre che, anche se l’accordo quadro è valido fino al 31 ottobre 2015, entro il 31 dicembre 2014, Expo ha la facoltà di estendere l’incarico per una seconda tranche per un valore massimo di altri tre milioni di euro. Nel complesso sono previste tre fasi di comunicazione: la prima ha l’obiettivo di far conoscere Expo 2015 e portare attenzione intorno alla manifestazione. La seconda, al via nel secondo semestre del 2014, dovrà comunicare l’Expo come un evento imperdibile. Infine la terza, da gennaio 2015, sa-
rà dedicata a una ‘call to action’ per incentivare l’acquisto dei biglietti. Il piano di comunicazione sarà integrato e coinvolgerà tutti i mezzi, con un focus particolare sul web. Mutti: per l’Italia prossimo l’incarico a S&S, in Francia budget a Herezie Nell’ambito del convegno Nielsen ‘Linkontro’, svoltosi a Santa Margherita di Pula (Ca) a fine maggio, è trapelata la notizia relativa a un nuovo incarico. L’azienda parmense Mutti, 190 milioni di fatturato con una crescita nell’ultimo anno del 10%, sarebbe prossima alla scelta di un nuovo partner di comunicazione. Dopo il coinvolgimento, negli scorsi anni, di Aldo Biasi Comunicazione e poi Saffirio Tortelli Vigoriti, la nuova fase della comunicazione dell’azienda potrebbe essere assegnata a Saatchi&Saatchi, di cui Giuseppe Caiazza è ad. A dirlo è stato lo stesso amministratore delegato, Francesco Mutti, che annuncia nuove iniziative a partire dal prossimo settembre. Mutti usa il condizionale perché mancano da definire alcuni dettagli relativi alla proposta che Saatchi ha fatto, in particolare sulla fattibilità e realizzazione dell’idea. Per il 2014, l’investimento media per il mercato italiano ammonta a 4,5 milioni di euro. Intanto all’estero i giochi sono fatti. In Francia, dove l’azienda è leader nel segmento della polpa, l’azienda alimentare ha assegnato a Herezie, di cui Andrea Stillaci è partner, il budget da due milioni di euro (per i sei mesi da settembre in poi, ndr), e a breve dovrebbe uscire la nuova campagna.
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Ferrero lancia B-ready e parte dal digitale. In gara Publiregia e Providence (Havas) In distribuzione a partire dalla fine del prossimo agosto, si affaccia sul mercato B-ready, un nuovo prodotto Nutella lanciato da Ferrero. Al momento è in corso una gara tra l’agenzia interna Publiregia e Providence, agenzia del gruppo Havas, che da tempo segue Ferrero. La vincitrice dovrebbe occuparsi della comunicazione sia offline sia online. Come spiegato da Antonio Catalano, country marketing manager Ferrero, la campagna partirà dai mezzi digitali, dove avranno inizio le conversazioni coi consumatori, per poi espandersi e integrarsi con gli altri media e touch point: dalla radio all’affissione, per approdare in maniera massiccia alla tv in autunno (tra fine ottobre e novembre), quando la distribuzione del prodotto sarà completata sul territorio nazionale. Per quanto riguarda il centro media, viene confermata ZenithOptimedia. Gli investimenti in comunicazione rimarranno sui valori dell’anno passato. H. J. Heinz affida a Omg il budget media globale al di fuori degli Usa In seguito a una gara globale avviata a fine 2013, che aveva coinvolto anche Dentsu Aegis Network e Wpp, H. J. Heinz ha affidato a Omnicom Media Group il planning & buying per tutti i mercati internazionali (Omg Italia è guidata dal ceo, Marco Girelli), eccetto gli Usa e il Canada, che sono andati a UM (Ipg). Ancora non è chiaro come il business verrà gestito dalle due agenzie del gruppo, Omd e Phd. Il pitch ha riguar-
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Marco Girelli, ceo Omg Italia. H. J. Heinz ha affidato a Omnicom Media Group il planning & buying per tutti i mercati internazionali, eccetto gli Usa e il Canada
Zeno Mottura, ceo MediaCom Italia. L’agenzia media avrà il compito di gestire tutti i piani media di eBay a livello online e offline
Dario Mezzano, ad Havas Worldwide Milan. L’agenzia affiancherà Expo Milano 2015 nello sviluppo delle campagne di comunicazione che verranno realizzate nel prossimo anno e mezzo
dato la ventina di sigle che lavoravano per la multinazionale, che ora sono state ridotte a due, con obiettivi di ottimizzazione ed efficienza delle risorse. Dentsu Aegis era l’incumbent nella maggior parte delle regioni, mentre Cramer-Krasselt gestiva l’incarico negli Usa. Ricordiamo che la H. J. Heinz, fondata a Pittsburgh nel 1869, è presente in oltre cento Paesi e conta un fatturato annuo di oltre 11,7 miliardi di dollari, di cui il 60% al di fuori degli Stati Uniti. In Italia è presente con i marchi Plasmon, Nipiol e Dieterba.
Ogilvy Healthworld vince la gara Menarini Al termine di una gara creativa che ha visto coinvolte diverse agenzie, Menarini ha assegnato a Ogilvy Healthworld il budget per la comunicazione di due prodotti della linea Sustenium, due integratori alimentari sviluppati dall’azienda di Firenze. Menarini, ad oggi primo Gruppo farmaceutico italiano nel mondo, ha vissuto una rapida espansione negli ultimi anni, grazie a una serie di acquisizioni e aperture di proprie filiali su scala internazionale. Per Sustenium Plus, l’idea della campagna, on air in tv dallo scorso 10 maggio nei formati da 30, 20 e 15 secondi, vede un uomo che, alle prese con un tapis roulant nei laboratori Menarini, mette alla prova l’efficacia energetica del prodotto attraverso un test che simula situazioni della vita reale.
Alla gara hanno partecipato anche ZenithOptimedia e l’uscente Carat, che aveva ottenuto l’incarico nel 2011 creando un hub centrale a Londra per la gestione delle attività. L’agenzia media, guidata in Italia dal nuovo ceo Zeno Mottura (che ha sostituito, di recente, Attilio Redivo), avrà il compito di gestire tutti i piani media sia a livello online che offline, consolidando i risultati raggiunti in precedenza dalle agenzie dei diversi Paesi. Tra queste, Carat, Fetch e Essence che mantengono altri brief nei rispettivi Paesi. MediaCom avrà un ruolo di chiave all’interno del circuito Wpp, lavorando al fianco della consociata Neo@Ogilvy.
Reckitt Benckiser avvia collaborazione con Droga5, McCann Erickson e W&K Dopo una gara globale lanciata nel dicembre dello scorso anno, Reckitt Benckiser ha aggiunto tre agenzie creative a quelle già nel roaster. Droga5 ha ottenuto la responsabilità creativa dei marchi Air Wick e Clearasil, McCann Erickson ha aggiunto al proprio portfolio Mucinex e Delsym, mentre Wieden + Kennedy ha vinto l’account di Finish. Molti dei marchi erano gestiti in precedenza da Havas Worldwide, che tuttavia rimane una delle agenzie di riferimento del Gruppo per una dozzina di brand. Sarà invece curata internamente dalla multinazionale la creatività di Mucinex e Delsym.
eBay sceglie MediaCom come centro media per planning e buying Emea. Budget di 120 mln Nell’ottica di una complessiva ottimizzazione delle strategie di comunicazione, eBay ha scelto MediaCom per le attività di media planning e media buying per tutti i Paesi Emea (Europa, Medio Oriente e Africa). Il budget è stimabile in 120 milioni di euro, dieci dei quali per l’Italia.
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Publicis Italia è la nuova agenzia di Adecco Al termine di una gara svoltasi tra la fine del 2013 e l’inizio di quest’anno e che ha coinvolto importanti brand della comunicazione, Adecco ha scelto di lavorare con Publicis Italia, agenzia guidata da Romeo Repetto. Quest’ultima ha il compito di lavorare al nuovo posizionamento di Adecco e realizzare tutte le attività di comunicazione interna ed esterna, comprese le sponsorizzazioni e le iniziative speciali, come il ‘Way to work’, progetto destinato a premiare e valorizzare il talento dei giovani. nc
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awards 2014
Best Holistic Agency
PUBLICIS, VINCE L’IDEA È SEMPRE LEI, L’IDEA CREATIVA, LA REGINA DEI PROGETTI SVILUPPATI DA PUBLICIS, COME DIMOSTRANO I QUATTRO LAVORI RISULTATI VINCITORI A QUESTA EDIZIONE DEGLI NC AWARDS CHE, CON SEI PREMI IN TUTTO, LE FANNO MERITARE L’AMBITO RICONOSCIMENTO DI ‘BEST HOLISTIC AGENCY’. A CONFERMA DEL POSIZIONAMENTO DI AGENZIA PERFETTAMENTE INTEGRATA, CHE PUNTA AL COINVOLGIMENTO DEL TARGET ATTRAVERSO L’ORIGINALITÀ DELL’IDEA E DELLA SUA ESECUZIONE. DI ILARIA MYR
Quattro progetti vincitori di sei premi nelle diverse categorie: questo è l’ottimo risultato ottenuto da Publicis Italia, che viene così incoronata Best Holistic Agency all’edizione 2014 degli NC Awards. ‘The candidate’ per Heineken (1° premio Bevande alcoliche e analcoliche, 2° premio Best Holistic Campaign), ‘Sponsor Day’ per Dacia-Renault (1° premio ‘Auto e altri veicoli’), ‘Deer Sculpture’ per Jägermeister-Davide Campari Milano (1° premio Campagna esterna, 3° premio ex aequo Campagna televisiva/cinema) e ‘The wall of opportunities’ per Heineken (3° premio Brand content/entertainment’): campagne, queste, sviluppate dall’agenzia per marchi diversi, con obiettivi e sviluppi differenti, il cui minimo denominatore è senza dubbio il potere di coinvolgimento del destinatario.
Della forza dei due progetti Heineken, del resto, si aveva avuta conferma all’ultimo Festival della Creatività di Cannes, dove ‘The candidate’ si era aggiudicata ben 5 leoni (un oro nella sezione Relazioni Pubbliche, due argenti nel Promo & Activation e due bronzi nel Film e Integrated) e ‘The wall of opportunities’ un bronzo nella sezione Design. A monte dell’approccio di Publicis Italia sta la centralità dell’idea creativa, che viene di volta in volta plasmata sui diversi mezzi che vengono ritenuti adatti al raggiungimento degli obiettivi iniziali, in un’ottica perfettamente integrata. Intervista a Romeo Repetto, ceo Publicis Italia dal giugno del 2013. Il premio Best Holistic Agency è assegnato all’agenzia che ha saputo realizzare i migliori progetti di comunicazione olistica. Quali sono i punti di forza dei progetti Publicis premiati agli NC Awards 2014? Sono tutte campagne che, pur diverse fra loro per obiettivi e modalità di sviluppo, sono accomunate dal fatto di avere una grande forza di engagement, grazie al-
Romeo Repetto, amministratore delegato Publicis Italia
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‘THE CANDIDATE’ Obiettivi e strategia: produrre una campagna globale, innovativa, con l’obiettivo di aumentare l’awareness di Heineken e del positioning ‘open your world’. Per fare questo si è deciso di dimostrare come solo uscendo dalla propria ‘comfort zone’ si possano vivere grandi esperienze nella vita. Soluzione creativa: Heineken presenta ‘The candidate’: un’operazione che racconta la prima selezione di lavoro a cui non ci si può preparare. Durante i colloqui, tutti i candidati sono stati spinti fuori dalla loro comfort zone e hanno dovuto dimostrare di essere dei man of the world e di incarnare i valori del brand. Sviluppo olistico/integrato: l’operazione è diventata un web video. Attivata una campagna rp in 36 Paesi e una campagna digitale globale anche sui social network; su Facebook è stato lanciato il primo social Cv. Attivazioni locali in Brasile in tv e durante il Trophy Tour della Champions League, in Spagna durante gli eventi Uefa. Target di riferimento: consumatori e impiegati Heineken. Mezzi utilizzati e ripartizione del budget: 80% web, 10% eventi, 5% tv. Risultati: più di 5 milioni di view su YouTube con l’87% di sentimento positivo; menzionata sui media social e digitali 15.276 volte; secondo most buzzed online ad; 18 milioni di utenti unici Twitter; più di 30 pagine di articoli e 1,13 milioni di ricerche su Google; 422 milioni di media impression. On air: febbraio 2013.
l’utilizzo di toni e linguaggi perfettamente in linea con il pubblico di riferimento. Fondamentale è l’originalità, che è oggi la chiave per essere rilevanti: saper parlare in maniera distintiva e differente è l’arma più efficace per ottenere successo fra le per-
sone che, grazie alle nuove tecnologie, condividono e viralizzano le diverse iniziative dei brand. ‘The candidate’ è un esempio emblematico di ciò, tanto da essere oggi riconosciuto ormai come un ‘caso’. Nato come operazione di comunicazione inter-
PUBLICIS ITALIA, I PREMI VINTI AGLI NC AWARDS_ 1° PREMIO BEST HOLISTIC AGENCY ‘The candidate’ (Heineken) 1° premio ‘Bevande (alcoliche e analcoliche)’ 2° premio ‘Best Holistic Campaign’ ‘Sponsor Day’ (Dacia-Renault) 1° premio ‘Auto e altri veicoli’ ‘Deer Sculpture’ (Jägermeister-Davide Campari) 1° premio ‘Campagna Esterna’ 3° premio (ex aequo) ‘Campagna Televisiva/Cinema’ ‘The wall of opportunities’ (Heineken) 3° premio ‘Brand Content/Entertainment’
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na di Heineken per il recruitment di una persona sulla sponsorizzazione della Champions League, siamo riusciti a farlo diventare una vera e propria operazione di brand reputation, che raccontava come l’azienda, a livello globale, seleziona e guarda ai candidati. L’originalità dell’idea è l’ingrediente anche di ‘Sponsor Day’ di Dacia: un nuovo modo ‘smart’ per utilizzare la sponsorizzazione sportiva in cui è impegnato il brand (Udinese Calcio) e legarla a un’operazione commerciale rivolta ai piccoli imprenditori. Abbiamo quindi selezionato un gruppo di soggetti, che ben incarnavano il concetto ‘miglior rapporto qualità/prezzo’ - alla base del posizionamento Dacia - e fra questi è stato scelto un vincitore, a cui è stato concesso lo spazio sulla maglia dell’Udinese, di solito occupato dallo sponsor.
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‘THE WALL OF OPPORTUNITIES’ Obiettivi e strategia: catturare l’attenzione dei visitatori della Design Week di Milano, coinvolgere il target in un’esperienza con il messaggio di brand Heineken ‘Open Your World’ e incoraggiarlo a cogliere tutte le occasioni che la vita offre. Soluzione creativa: ‘The Wall of Opportunities’, un’enorme istallazione composta da 64 porte, di diverse tonalità di verde. Le porte come simbolo dell’invito di Heineken a ‘Open Your World’. La notte dell’11 aprile The Wall si è trasformato nel palcoscenico di una performance live che raccontava tre storie in cui i protagonisti hanno saputo cogliere le occasioni che la vita ha offerto loro. Sviluppo olistico/integrato: fase teaser, copertina di Zero e inserto origami con il messaggio ‘You never know when opportunity begins’. Post su Facebook a partire da tre giorni prima dell’evento. Attività su Instagram. Evento, video su YouTube. Target di riferimento: visitatori Design Week. Mezzi utilizzati e ripartizione del budget: 70% evento, 20% web, 10% stampa. Risultati: più di 6.000 spettatori la notte dell’evento. On air: aprile 2013.
I risultati sono stati largamente al di sopra delle aspettative, grazie a un’importante copertura mediatica. Pur essendo il progetto meno olistico e più tradizionale dei quattro, anche ‘Deer sculpture’ è un’operazione forte ed efficace di branding, in cui il marchio Jägermeister è vissuto come sinonimo di lifestyle. Infine, ‘The Wall of opportunities’ (Heineken) è un chiaro esempio di comunicazione attraverso l’arte: l’enorme installazione composta da 64 porte ha cat-
turato l’attenzione dei visitatori della Design Week di Milano 2013, coinvolgendoli in un’esperienza all’insegna del messaggio di brand Heineken ‘Open Your World’. Cosa significa per la vostra agenzia fare una comunicazione davvero ‘olistica’? Secondo quali metodi, processi e stile di lavoro realizzate i progetti di comunicazione integrata? Mettere l’idea al centro del progetto e su
di essa lavorare tutti insieme per ottenere gli obiettivi del cliente. Il tutto senza divisioni fra reparti, ma in modo assolutamente integrato. I muri fra le varie competenze ormai sono abbattuti: al centro sta l’idea, che attraverso la creatività cerchiamo di rendere visibile e il più possibile. Quanto ha pesato l’innovazione digitale sulla struttura e l’organizzazione del-
‘SPONSOR DAY’ Obiettivi e strategia: creare awareness sfruttando la sponsorizzazione dell’Udinese Calcio. Ma come? Rendendo rilevante per il consumatore una sponsorizzazione che di solito è rilevante solo per il brand, trasformando uno spazio media in una brand experience per il target. Soluzione creativa: in un momento di crisi economica, Dacia offre lo spazio sponsor sulla maglia dell’Udinese durante una partita di Serie A, per garantire massima visibilità a piccoli imprenditori e aiutarli a trovare nuovi clienti. Sviluppo olistico/integrato: l’operazione si è sviluppata in tre fasi - teaser, lancio ed evento - e ha coinvolto tv, stampa e radio. È stata inoltre pianificata una campagna display, creato un sito web e una tab Facebook, coinvolti tutti i canali social Dacia e Udinese. Target di riferimento: liberi professionisti, piccole aziende, artigiani, commercianti. Mezzi utilizzati e ripartizione del budget: 75% tv, 10% stampa, 15% web. Risultati: iscritti al concorso 4.327; oltre 52.000 spettatori allo stadio e quasi 7.000.000 in diretta tv; incremento fanbase Facebook +52%; incremento follower Twitter +30%; #SponsorDays nei primi quattro posti degli italian trending topics; impression totali oltre 122.000.000; ordini auto 4.053. On air: settembre 2013.
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l’agenzia? Di che professionalità e competenze vi siete arricchiti? Dei progetti risultati vincitori agli NC Awards tutti - tranne Jägermeister - hanno avuto un grande exploit sul digitale. Per fare ciò è fondamentale avere un’ottima conoscenza di tutti questi strumenti: dai social al Crm, dall’e-commerce alla comunicazione online, e via dicendo. Ad oggi abbiamo in gestione sui social media 18 fan page con circa 3 milioni di fan totali. Ciò ci richiede un continuo lavoro quotidiano, che coinvolge in prima linea molte persone dell’agenzia. Publicis sta potenziando anche l’area degli eventi e dei progetti speciali. Quali sono le motivazioni a monte di questa scelta strategica? Qual è la direzione verso cui sta andando oggi l’agenzia? Publicis sta cambiando notevolmente rispetto a quello che era negli passati: oggi è un’agenzia che guarda avanti, e che vuole esaltare gli aspetti in cui eccelle e che la rendono distintiva sul mercato. Pur rimanendo molto forte sull’above the line, oggi Publicis è un’agenzia che guarda con molto interesse a tutte le leve below the line e non convenzionali che creano engagement, e che sono quelle più richieste dai clienti. Quali sono le principali richieste che vi fanno oggi le aziende? In che modo riuscite a stare al passo con i cambiamenti del mercato e le sempre più articolate richieste dei consumatori? La richiesta sempre più frequente è quello che ci avete riconosciuto con il premio di Best Holistic Agency: l’approccio olistico. Questo significa ampliare le proprie competenze nelle diverse aree della comunicazione grazie anche all’investimento in talenti creativi anche esteri, che abbiano un background a 360 gradi e che siano in grado di pensare ‘diversamente’. Il Festival di Cannes è vicino: l’anno scorso Publicis era stata l’agenzia italiana più premiata, con ben 8 leoni. Quali aspet-
‘DEER SCULPTURE’ Obiettivi e strategia: posizionare Jägermeister come un’icona della notte; attraverso il posizionamento ‘Be the night meister’ la marca esorta i giovani a non accontentarsi della solita serata ma a trasformare una comune notte fuori con gli amici in un’esperienza memorabile. Soluzione creativa: il concetto ‘Be the night meister’ è stato sviluppato creativamente partendo da un insight molto rilevante: anche se sei nel posto più cool, con i tuoi amici, la serata rischia comunque di rimanere una serata ordinaria. Jägermeister ti ispira a prendere l’iniziativa e aggiungere qualcosa di insolito alla notte per renderla memorabile. Come nell’epica impresa di Ulisse a Troia, alcuni ragazzi nascosti in un cervo gigante, icona del brand, entrano in un museo di notte e organizzano una festa. Sviluppo olistico/integrato: la campagna è stata declinata su tv, un sito realizzato ad hoc, campagna digital ed eventi sul territorio. Target di riferimento: universitari e giovani lavoratori per i quali le occasioni sociali e i momenti conviviali sono fondamentali e dove esprimono la propria personalità. Mezzi utilizzati e ripartizione del budget: 85% tv, 15% altro. Risultati: video teaser: 43.522 view; flight tv: 550.000.000 contatti; evento teaser, video virale a Torino: 28.120 views; campagna web: 23.852.121 media impression in un flight e 320.559 click; pagina Facebook: +1.400 fan in due mesi; sito bethenightmeister: 173.169 visite in due mesi. On air: novembre 2013.
tative avete per quest’anno? Speriamo di mantenere il trend dello scorso anno! Anche quest’anno arriveremo con dei progetti interessanti. Non ci resta che stare a vedere. Quali sono i vostri obiettivi per il prossimo futuro? Sicuramente la crescita delle revenue, che passa attraverso l’incremento dei new business. Su questo fronte il nostro è un obiettivo molto ambizioso: vorremmo infatti che le entrate provenienti dai nuovi inca-
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richi - per clienti nuovi, così come per quelli che abbiamo già in portafoglio - rappresentino il 10% di quelle totali. Ma è anche molto importante crescere sul fronte della brand reputation dell’agenzia: e senza dubbio a questo contribuirà molto questo premio di Best Holistic Agency, in quanto testimonia perfettamente il nostro posizionamento. A monte del nostro approccio rimane sempre la centralità dell’idea e la convinzione che oggi le distinzioni fra i mezzi di comunicazione non hanno più senso di esistere. nc
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CANNES, AL FESTIVAL SI PUÒ SPERARE. DALL’ITALIA PIÙ CONSAPEVOLEZZA I MASSIMI ESPONENTI DELLA COMMUNICATION INDUSTRY SULLA CROISETTE PER LA 61ESIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL CHE DA SEMPRE TRACCIA LE NUOVE TENDENZE DELLA COMUNICAZIONE. DALL’ITALIA, UNA PARTECIPAZIONE COSTANTE IN ISCRIZIONI, MA PIÙ CONSAPEVOLE SU QUALI POSSANO ESSERE I PROGETTI ‘DA PODIO’. I GIURATI ITALIANI SI SONO PREPARATI AL MEGLIO PER DIFENDERE I LAVORI TRICOLORE. DI MARIA FERRUCCI
Sette giorni, oltre 500 relatori e più di 250 sessioni formative. Questi i numeri della kermesse più importante per l’industria della comunicazione mondiale. Si è alzato il sipario sul Cannes Lions International Festival of Creativity. L’Italia è pronta a difendere la propria reputazione creativa attraverso progetti selezionati nel rispetto degli standard qualitativi richiesti da una tra le più agguerrite arene competitive del settore. I giurati italiani si sono preparati al meglio per sostenere i lavori tricolore, per un medagliere ancora più ricco di quello dello scorso anno, in cui ci siamo aggiudicati ben 19 leoni. Con Leo Burnett, l’Italia ha già una campagna in shortlist. Stiamo parlando di ‘Samsung Smart Bike’ che godrà della presentazione live, a cura dell’agenzia, di fronte a giuria e delegati presenti alla sessione di giudizio.
Una novità quella introdotta lo scorso anno al Festival per la categoria Innovation Lions (206 entry di cui 30 in finale), che, ricordiamo, rappresenta invece un format già consolidato per i premi promossi da Adc Group (NC Awards, NC Digital Awards e Bea Italia). La parola ai giurati Per Bruno Bertelli, la creatività in Italia non è certo inferiore al resto del mondo. Il direttore creativo esecutivo di Publicis Italia, quest’anno giurato al Festival nella sezione ‘Film’, è entusiasta del compito affidatogli, anche se ammette che per i progetti italia-
Sette giorni, oltre 500 relatori e più di 250 sessioni formative. Questi i numeri della 61° edizione della kermesse più importante per l’industria della comunicazione mondiale
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ni non sarà semplice arrivare a premio in una categoria dove i grandi budget permettono ancora di fare la differenza con produzioni spettacolari. “Nel nostro Paese - afferma il creativo - la comunicazione televisiva in un momento di grande difficoltà è ancora contraddistinta da piccole produzioni con ripercussioni sulla qualità dell’output creativo. Bertelli è pronto a difendere, dove possibile, le campagne italiane che entreranno in shortlist. E per alcune, tra quelle iscritte quest’anno, ci sono buone chance di portare a casa un Leone. È il caso di ‘Don’t drink and drive’ di Dlv Bbdo per Camomilla Bonomelli o ‘Dear future mom’, realizzato da Saatchi&Saatchi per CoorDown Onlus. “Lo storytelling rimane, come lo scorso anno, la grande tendenza che accomuna i film in concorso a Cannes - sostiene Bertelli -. Quest’anno ci saranno molti film che fanno leva sull’elemento emotivo, sulla scia del gradimento ottenuto nel 2012 da spot quali ‘Thank you, Mom’ di P&G. È sempre più difficile, per i giurati, individuare i film che fanno la differenza data la numerosità raggiunta dalle entry di qualità negli ultimi anni. A mio parere, lavori come ‘The epic split’
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Bruno Bertelli, direttore creativo esecutivo Publicis Italia
Sergio Rodriguez, ceo & chief creative officer Jwt Italia
Luca Scotto di Carlo, creative partner M&C Saatchi
di Forsman Bodenfors per Volvo Trucks con protagonista Van Damme o ‘The big leap’ realizzato da Betc Paris per Lacoste sono un valido esempio di creatività vincente in questa edizione del Festival”. Se nella categoria ‘Film’ lo storytelling sarà il big trend, difficile invece identificare un trend emergente nella categoria ‘Promo & Activation’, che raccoglie lavori molto complessi e diversi tra loro, valutati in base alla capacità di attivare l’audience. Secondo Luca Scotto di Carlo, creative partner M&C Saatchi e giurato italiano nella suddetta categoria, a essere premiati al Festival saranno quei progetti in grado di dimostrare oltre che un’attivazione effettiva e tangibile anche una rilevanza in termini di sensibilizzazione verso un argomento, non solo di carattere sociale o no profit. “Hanno molta più probabilità di essere premiati i lavori che hanno avuto una visibilità pertinente all’attività realizzata, che ne ha permesso una notorietà tale da sensibilizzare sull’argomento - afferma il creativo -. Caratteristica propria dei progetti realizzati in ambito sociale. Anche quest’anno, infatti, almeno un terzo dei lavori iscritti sono in questo settore. Naturalmente alla base è fondamentale che ci sia un’idea forte, elemento imprescindibile per qualsiasi attività perché sia efficace”. Nonostante la capacità di attivazione spes-
so sia indipendente dall’utilizzo del web, la Rete aiuta facendo da cassa di risonanza. “Esistono diversi tipi di attivazione - continua Scotto di Carlo - una immediatamente correlata agli obiettivi fissati dal brief e una legata a risultati di lungo periodo prodotti da un aumento della notorietà del brand grazie alla visibilità dell’evento”. Relativamente alla sua partecipazione al festival in qualità di giurato, il creativo dichiara: “È una categoria a cui prendo parte con grande entusiasmo, un po’ anche per il peso che questi progetti stanno avendo nella mia agenzia. E la considero forse la più interessante, perché attività di questo tipo sviluppano un’empatia con il target, prima ancora dei numeri, utile agli operatori del settore per individuare i linguaggi giusti da utilizzare in una strategia di comunicazione ottimale per il brand. Grazie a operazioni di questo tipo riusciamo ad esprimere la nostra funzione consulenziale in maniera ottimale”. Scotto di Carlo è fiducioso per l’Italia: “Sono ottimista, perché ho visto lavori molto interessanti e altamente competitivi. I video di presentazione sono stati realizzati con molto più criterio. Le agenzie hanno scelto i lavori con una selezione più accurata. C’è più consapevolezza di quello che può andare a premio al Festival”. Aspettative ottimistiche anche nel ‘Media’
dove a tenere alti i colori della bandiera in qualità di giurato italiano ci sarà Guido Surci, chief strategy & innovation officer Havas Media Group. Il media è al centro di una grande rivoluzione, anche in Italia, dichiara il manager puntualizzando che, nonostante all’estero siano più evoluti sul fronte tecnologico, il nostro Paese nel media non è il fanalino di coda, dato che “il vero valore di un lavoro è determinato da una corretta applicazione della tecnologia ai contenuti. La tecnologia deve essere applicata a qualcosa di rilevante per i consumatori”, competenza in cui vantiamo una buona abilità. “Vedo come grande traiettoria di evoluzione del media la fusione tra dato e contenuto - continua Surci -. Questa dunque la direttrice di sviluppo del media che deve portare a una conversazione ‘one-to-one’ dai grandi volumi”. Relativamente ai lavori dell’Italia in corsa per i Leoni nel ‘Media’, Surci è ben speranzoso: “Abbiamo ideato campagne media eccellenti, almeno sulla carta. Il vero problema è nell’implementazione, perché a volte progetti brillanti perdono di efficacia finendo sotto la mannaia dei tagli di budget nei Paesi come il nostro dove la crisi è ancora in atto. I lavori con più possibilità di vincere a Cannes, infatti, appartengono a quei Paesi che sono usciti dalla morsa della crisi e possono permettersi di implementare le
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Guido Surci, chief strategy & innovation officer Havas Media Group
Caterina Tonini, councillor and board member Havas PR Milan
idee fino in fondo per come sono state studiate. Quest’anno non so come potrà andare anche perché le meccaniche di voto della giuria media sono cambiate rispetto agli anni passati. Io ad esempio faccio parte di quella parte della giura chiamata a valutare quali tra tutte le campagne in concorso mandare in shortlist. Non sarò presente invece in fase di assegnazione premi”. Secondo il councillor and board member Havas PR Milan, Caterina Tonini, che siederà in giuria nella categoria ‘PR’, partecipare alla kermesse in veste di giurato offre la straordinaria opportunità di confrontarsi con il resto del mondo in un ambito, quale quello delle pubbliche relazioni, che ha assunto un ruolo sempre più importante nelle strategie di comunicazione delle aziende. “Siamo passati dall’essere fornitori di servizi a un ruolo più consulenziale - sostiene Tonini -. In un momento che richiede una grande integrazione dei mezzi e dove il consumatore è al centro di un dialogo biunivoco, le Rp rivestono una valenza più strategica in confronto alle altre leve della comunicazione. Nell’era in cui le aziende si trovano a trasmettere messaggi a un target immediatamente coinvolgibile è fondamentale lavorare anche sui valori, oltre che sulle emozioni, per proteggere la reputazione aziendale. E questa è una competenza tipica della nostra disciplina che ha dimostrato anche una
buona dose di creatività applicata allo sviluppo dei contenuti grazie alle possibilità offerte dalla piattaforma digitale. Ne sono un esempio campagne come ‘Durex Loveville’ e ‘The Candidate’ per Heineken International, che lo scorso anno a Cannes si sono aggiudicate rispettivamente un bronzo e un oro grazie alla forte integrazione delle Rp con gli altri mezzi. Ed è proprio in virtù dell’importanza che hanno raggiunto le Rp nei progetti integrati che mi aspetto un risultato ancora migliore quest’anno”. Tonini si augura che la creatività italiana sia ben rappresentata soprattutto da presentazioni in grado di trasmetterne fedelmente l’efficacia. Quest’anno, più che mai, per Tonini, sarà fondamentale realizzare con molta cura la videocase esplicativa dei progetti in concorso, visto l’interesse che da ogni parte del mondo sarà dedicato alla creatività italiana per capire le logiche di comunicazione del Paese che ospiterà Expo 2015. Quello della presentazione è un elemento chiave per molte altre categorie di Cannes. Sergio Rodriguez, ceo & chief creative officer Jwt Italia e giurato italiano nel ‘Direct’, non ha dubbi a riguardo. “Sappiamo tutti quanto sia fondamentale in competizioni di questa portata la video case history del progetto, perché in pochi minuti devi trasmettere a una platea internazionale la forza di un’idea - ha commentato Rodriguez -. I giu-
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rati sono sottoposti alla visione di migliaia di ‘case’. Ecco perché è necessario che le presentazioni non si riducano a mostrare la sequenza degli step del progetto, ma abbiano una forte componente d’intrattenimento in grado di incuriosire la giuria per tenerne alto il livello di attenzione fino alla fine della ‘case’. Per farlo, ritengo fondamentale iniziare il video spiegando subito la sfida da superare. Deve essere un racconto professionale dove lo storytelling la fa da padrone”. Secondo Rodriguez, il ‘Direct’ quest’anno sarà una categoria molto competitiva, con un enorme quantitativo di progetti iscritti, lo si intuisce dalla mole dei giurati (25) chiamati a valutare i lavori. “Ciò che mi fa ben sperare quest’anno continua Rodriguez - è il livello mediamente buono delle presentazioni dei lavori italiani in concorso nel ‘Direct’ che ho già potuto visionare. Si tratta di progetti validi, tra cui però non ho visto insight forti al pari di ‘Integration day’ di S&S per CoorDown Onlus che, nel 2012, si è aggiudicato due ori. Per me questa è una delle categorie più belle in assoluto, perché rappresenta uno strumento che permette di parlare a singole persone. Ed è tanto più efficace quanto più approfondito è lo studio psicologico dell’interlocutore”. Difficile per il creativo stabilire con precisione le caratteristiche, perché un progetto vinca a Cannes. Tanti sono i criteri utilizzati dalla giuria nelle valutazioni e, sostiene Sergio “non tutti a mio parere hanno lo stesso peso nella decisione di assegnare un premio. I risultati, ad esempio, sono rilevanti, ma non rappresentano la misura più importante della qualità dell’idea. Nell’era digitale i pacchetti di gradimento si possono comprare così come all’opposto ci sono progetti che, per produrre i risultati fissati, hanno bisogno di più tempo dei sei mesi dall’attivazione. Nell’era dell’integrazione totale ci troviamo di fronte, in competizioni di questo tipo, a progetti iscritti in più categorie con piccole differenze tra una presentazione e l’altra. Io mi batterò per premiare quei progetti che abbiano la vocazione Direct, cioè nati da un brief specifico su questo genere di attività”. nc
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GLAM GROUP, IL NETWORK CHE MOLTIPLICA LE RELAZIONI TRADURRE I BISOGNI DEL CLIENTE IN RISPOSTE DI VALORE, CHE SAPPIANO PRODURRE RISULTATI CONCRETI. È QUESTO L’APPROCCIO DI GLAM GROUP, PIATTAFORMA DI COMUNICAZIONE DALLA NATURA MULTICENTRICA, DOVE OGNI IDEA, PROGETTO O SERVIZIO È MESSO IN CONDIVISIONE, AL FINE DI MOLTIPLICARE LE RELAZIONI E ACCRESCERE LE OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO DEL CLIENTE. DI MARIO GARAFFA
Tutti sanno cosa sono i social network, ma in pochi sanno cos’è un ‘network di comunicazione’. Così come i social network sono delle strutture relazionali, Glam Group è un moltiplicatore di relazioni, “questo vuol dire - afferma Luca Margherita, general manager Glam Group -, che ogni cosa che facciamo, creiamo e comunichiamo è frutto di una stretta rete di relazioni strategiche. Il concetto stesso di ‘network’ racchiude la nostra rivoluzione, perché ribalta completamente la dimensione classica dell’agenzia e la sua centralità. Glam Group è prima di tutto una realtà multicentrica. Il nostro è, infatti, un network costituito da numerosi poli d’eccellenza, tanti quanti sono i settori in cui operiamo: dalla pubblicità alla comunicazione non convenzionale, dal graphic design all’architettura, dagli eventi agli allestimenti per le fiere, dal web alle produzioni video”.
Com’è organizzato il network di Glam Group dal punto di vista strategico-operativo? Siamo una struttura dinamica e versatile, all’interno della quale vivono e interagiscono differenti energie, capaci di modularsi tra loro e di adattarsi alle specifiche esigenze dei clienti ogni volta che un’attività o un
progetto lo richieda. Il network opera dentro e fuori i confini nazionali. In Italia è presente con due sedi distinte. Il centro operativo è a Roma, nella nuova sede di via Flaminia, nel cuore del Parco di Veio: un ambiente totalmente ‘open minded’, dove ogni giorno pulsano idee e operano sinergicamente tra loro la direzione, la factory creativa e il reparto account. A Milano, invece, è collocata la sede del nostro gruppo creativo specializzato nel settore fashion. Oltre i confini nazionali, Glam Group si avvale di una stretta rete di partner nei principali Paesi europei, in America e anche in Asia. In un panorama sempre più globale e competitivo, quali sono gli elementi chiave del vostro approccio e quale valore aggiunto garantite ai clienti? Oggi più che mai, la competitività si misura in innovazione. È per questo che, all’interno di Glam Group, non ci accontentiamo di sviluppare semplici idee, ma puntiamo a trovare le soluzioni più innovative, creative, tecnologiche e competitive del mercato globale. Qualunque sia il progetto da realizzare - una campagna pubblici-
Luca Margherita, general manager Glam Group
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taria, un sito web, un allestimento, un evento o una fiera - il nostro sguardo è sempre volto ovunque ci sia e si faccia innovazione, traducendo i bisogni del cliente in risposte di valore, che sappiano produrre risultati concreti. L’approccio del network è questo: essere una rete sinergica al servizio dei diversi mercati, in grado di generare sviluppo e rispondere competitivamente a bisogni sempre più diversificati. La crisi economica ha spinto molte agenzie a riorganizzarsi internamente, come si sta muovendo Glam Group? La crisi per noi non rappresenta una minaccia, ma una ‘benedizione’, come affermava il grande Albert Einstein. Chi, come noi è nato e cresciuto in questo particolare momento di transizione tra i vecchi paradigmi del mercato e quelli imposti dalla globalizzazione, l’ha sicuramente considerata un’importante opportunità, non certo un limite. È stata lo stimolo per innovare, cambiare punto di vista e percorrere strade nuove. Gestire un network di comunicazione in tempo di crisi, vuol dire, prima di tutto, saper ottimizzare ogni risorsa, per ottenere il massimo risultato. Significa dare valore all’eccellenza e all’expertise, evitando scelte di basso profilo. I tradizionali modelli produttivi non sono più sufficienti per avere successo di fronte a dinamiche competitive sempre più complesse e a mercati sempre più esigenti. Fare network, condividere risorse e competenze, lavorare insieme per un obiettivo comune, oggi, è di
vitale importanza, e per Glam Group costituisce il principale strumento per superare e vincere la crisi. Può fornire l’identikit del vostro partner ideale? Chi ha scelto di essere parte di Glam Group ha scelto di mettere il proprio talento, esperienza, capacità e know-how al servizio del gruppo. Creatività strategica, alto livello consulenziale e orientamento al cliente sono le caratteristiche condivise da tutti i componenti del network. Un’ampia rete di professionisti provenienti da ogni campo della comunicazione e operativi in tutt’Italia e all’estero. Il partner ideale per Glam Group è quindi un’azienda in grado di operare nel segno dell’alta qualità, della managerialità e della forte specializzazione. Attraverso tali sinergie, il nostro obiettivo è quello di posizionarci sul mercato come punto di riferimento nel settore, offrendo servizi innovativi e competenze integrate e multidisciplinari. Glam Group punta molto sulla forza del suo ‘network internazionale’. Ce ne può parlare? Visione aperta e internazionalità sono le leve strategiche del percorso aperto e tracciato da Glam Group sia in ambito europeo, stringendo relazione con importanti partner in Inghilterra, Francia e Spagna, sia oltreoceano attraverso aziende partner operanti a New York e Miami. Oggi il nostro network è presente anche nei mercati emer-
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Due progetti firmati da Glam Group. A sinistra, il nuovo formato e la nuova veste grafica delle Davidoff Violet Rose Superslim. A destra, la ‘chiave ambientale Cobat’, ossia lo strumento messo a disposizione di cittadini e imprese, per accedere a una vita più sostenibile
genti e in forte crescita, in primis quelli asiatici, come Pechino e Hong Kong, dove abbiamo stretto importanti opportunità di business e gettato le basi per uno sviluppo più competitivo del Gruppo. Ci descrive un paio di case history, particolarmente rappresentative del vostro modus operandi? Un progetto firmato Glam Group di cui siamo particolarmente fieri è la campagna di lancio, realizzata a febbraio, delle nuove Davidoff Violet Rose Superslim. Per mettere in evidenza i punti di forza del nuovo formato, più elegante e glamour, abbiamo curato sia la veste grafica sia la comunicazione, realizzando una brochure a forma di pochette capace di racchiudere e valorizzare la raffinatezza del nuovo prodotto, presentato come un outfit di moda. Un altro progetto da poco realizzato è la nuova campagna per il consorzio nazionale Cobat, lanciata a maggio in occasione del Solar Expo. L’elemento centrale della comunicazione è la ‘chiave ambientale Cobat’, ossia lo strumento messo a disposizione di cittadini e imprese, per accedere a una vita più sostenibile e solare. nc
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ADDIO FUSIONE, PUBLICIS E OMG IMBOCCANO STRADE DIVERSE SAREBBERO STATI I NUMERI UNO AL MONDO. E INVECE, DOPO NOVE MESI, È AFFONDATO L’ACCORDO PER CREARE LA PIÙ GRANDE COMPANY DELLA COMUNICAZIONE: IL LENTO PROCEDERE DELLE OPERAZIONI, I PROBLEMI FISCALI ANCORA DA RISOLVERE E SVARIATI INTOPPI ORGANIZZATIVI RELATIVI A CHI AVREBBE AVUTO LA LEADERSHIP HANNO CREATO UN ECCESSIVO LIVELLO DI INCERTEZZA, DANNOSO PER GLI INTERESSI DI ENTRAMBI I GRUPPI. A CURA DELLA REDAZIONE
Dopo nove mesi, il tempo di una gravidanza, anziché essere qui a festeggiare la nascita di un nuovo grande protagonista della comunicazione mondiale, per la precisione il più grande in assoluto, visto che la mega fusione da 35 miliardi di dollari avrebbe fatto dell’americana Omnicom Media Group e della francese Publicis Groupe la prima company della comunicazione su scala globale, ci ritroviamo su queste pagine a dover scrivere di una delle più grandi figuracce della recente storia dell’advertising (sul tema leggete anche l’editoriale del direttore Salvatore Sagone in apertura del giornale). Ma andiamo con ordine, la notizia ufficiale è arrivata la sera dell’8 maggio, dopo la chiusura delle Borse europea e americana (ma la voce, come riportato sul nostro quotidiano online ADVexpress, già circolava da un po’), attraverso un joint statement di John Wren e Maurice Levy (rispettivamente alla guida di Omnicom Media Group e Publicis Groupe), che affermava: “I problemi ancora da risolvere, il lento procedere delle operazioni hanno creato un livello di incertezza dannoso per gli interessi di en-
trambi i gruppi, dei loro impiegati, clienti e azionisti. Per questa ragione abbiamo deciso di proseguire su strade indipendenti. Naturalmente rimarremo concorrenti, ma con un enorme rispetto gli uni per gli altri”. Precisiamo che, essendo stato approvato all’unanimità dai board dei due Gruppi, lo scioglimento del patto di fusione non com-
porterà alcun obbligo da parte delle holding coinvolte, mentre era prevista una penale di 500 milioni di dollari se una sola delle due società avesse rinunciato all’accordo unilateralmente. Dopo il crash dell’operazione, che, lo ricordiamo, avrebbe integrato grandi agenzie come Bbdo, Ddb, Saatchi & Saatchi, Leo Burnett e Tbwa, a
John D. Wren, president e chief executive officer Omnicom Media Group
Maurice Levy, ceo Publicis Groupe
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guidare il mercato della comunicazione rimane l’inglese Wpp, che vanta 17,25 miliardi di dollari di revenue. “Non è stata una sorpresa - ha commentato sir Martin Sorrell, ceo Wpp -. Piuttosto è stato sorprendente che sia arrivata così in fretta. Molte persone erano convinte che l’accordo sarebbe saltato, ma si pensava che la rinuncia alla fusione sarebbe arrivata tra qualche mese”. In particolare, Sorrell si dice stupito del fatto che i due ceo abbiano discusso per sei mesi un accordo di questo genere senza coinvolgere nessuno e senza pensare fino in fondo alle conseguenze. “Fin dall’inizio - sottolinea il capo di Wpp - ci sono stati problemi in termini di struttura operativa, strategia, legali e fiscali”. Secondo Sorrell, l’intento iniziale di Levy e Wren era quello di scalzare Wpp dalla sua posizione. Ma la cosa più strana, ha evidenziato Sorrell, è che nell’annunciare gli ultimi risultati trimestrali, sia Omnicom sia Publicis hanno specificato che le due holding, separate o unite, funzionavano comunque molto bene. Il che, solleva la questione: perché unirsi se funzionavano anche separatamente? Infine, giusto per girare un po’ il coltello nella piaga, Sorrell ha ricordato che, mentre le due holding preparavano la fusione, la sua Wpp, anziché stare con le braccia conserte, ha conquistato i budget di Marks & Spencer (prima di Publicis), Vodafone (prima di Omd), eTrade e l’account Bgl Group (prima di ZenithOptimedia-Publicis). Se tutto ciò accadeva quando il merge era an-
cora in piedi, possiamo immaginare quali spazi si aprano ora per Wpp in termini di ulteriori opportunità di business. I tre problemi che hanno minato la fusione Il ceo di Publicis, Maurice Levy, oltre a quanto dichiarato nella nota congiunta, ha successivamente precisato che la molla che ha fatto scattare in lui la decisione di interrompere le trattative sono state le dichiarazioni di John Wren durante la conference-call a commento dei risultati del primo trimestre di Omnicom, nel corso della quale il manager ha parlato a lungo dei problemi fiscali in Gran Bretagna e di altre complicazioni. “Non ero stato informato - ha commentato Levy - di quanto avrebbe detto Wren, mentre c’era un accordo in base al quale i due Gruppi si sarebbero dovuti coordinare nelle rispettive dichiarazioni”. Su AdAge si legge che lo scioglimento del patto ha cominciato a diventare una possibilità il primo maggio, quando Levy ha chiamato i suoi avvocati, sondando la possibilità di trovare una soluzione per evitare l’accordo, possibilità che è stata esaminata fino all’ 8 maggio, data della nota congiunta. In realtà, già prima di maggio, come riportato da ADVexpress, si prospettavano alcuni problemi. Il primo, di ordine amministrativo, spiega Levy, riguardava la Cina e alcuni problemi fiscali, il secondo era organizzativo e riguardava il nodo relativo a chi tra i due gruppi avrebbe avu-
to la leadership, il terzo rimandava all’implementazione dei servizi condivisi e al modello da utilizzare. Viceversa, da parte di Omnicom non sembra esserci stato alcun elemento scatenante per bloccare la fusione, ma solo una cattiva combinazione di lungaggini e complessità. “Come Publicis, anche il nostro Gruppo riteneva ci fossero molte complessità in tema di tasse, antitrust, regole finanziarie, struttura manageriale e differenze culturali - ha dichiarato un portavoce del Gruppo -; credevamo comunque che in sei mesi l’operazione si sarebbe completata. Dopo nove mesi, invece, alcuni temi chiave erano ancora aperti e nessun traguardo in vista. E nel settore dell’adv incertezze e indecisioni sono pessimi segnali sia all’interno sia all’esterno dell’azienda”. Dopo una notte di lavori per arrivare a una decisione e mettere a punto la documentazione necessaria per evitare alle due holding il pagamento della penale, Levy ha dichiarato di aver avvisato via mail i clienti e di aver ricevuto pareri positivi, poiché da più parti la fusione era considerata sbilanciata e ritenuta inaccettabile. Infine, guardando alle prossime sfide, Levy ha aggiunto: “Rafforzeremo le operazioni digitali in modo che possano valere fino al 50% delle revenue, rispetto al 40% attuale. Investiremo in big data, accelerando le expertise nell’integrazione che già possediamo. Saremmo stati felici se il merge fosse andato in porto, ma siamo altrettanto felici di proseguire in modo autonomo”. nc
ALCUNI COMMENTI A CALDO_ A seguito della notizia relativa al definitivo scioglimento del patto di fusione tra Omnicom Media Group e Publicis Groupe, NC il Giornale della Nuova Comunicazione ha avviato un giro di microfoni per raccogliere i commenti a caldo delle strutture che sarebbero state coinvolte nell’operazione. Al momento in cui andiamo in stampa, hanno voluto rilasciare dichiarazioni Alessia Francescutti, amministratore delegato ad interim di Dlv Bbdo, e Marco Fanfani, ceo Tbwa\Italia. Raggiunta al telefono la manager chiarisce subito che, in ogni caso, non ci sarebbero state conseguenze: “Fusione o non fusione, per noi, come per le altre singole agenzie dei vari Paesi, non ci sarebbero state comunque delle ripercussioni. Gli assetti locali erano, infatti, destinati a rimanere sostanzialmente invariati, a maggior ragione adesso che il merge è saltato”. In altre parole, da quanto spiega Francescutti, nonostante la nascita di quella che sarebbe stata la prima holding di comunicazione in termini di fatturato (grazie all’integrazione di grandi agenzie come Bbdo, Ddb, Saatchi & Saatchi, Leo Burnett e Tbwa), l’attività ‘day-by-day’ delle varie strutture locali non sarebbe cambiata. “Quando le cose vanno così per le lunghe - ha aggiunto Fanfani - c’è da aspettarsi che si concludano con un nulla di fatto. Mi sembra evidente che si sia verificato uno ‘scontro di ego’ non risolto, ma rimango sorpreso che queste divergenze non siano state appianate prima di dare un annuncio su una fusione così importante, che poi non si è verificata”.
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I TREND PER TRASFORMARSI IN SERVICE DESIGNER È QUELLO A CUI DEVONO PUNTARE AZIENDE E PARTNER DI COMUNICAZIONE, INTERVENENDO SU TUTTA LA CREAZIONE DEL VALORE DEL PRODOTTO PER OFFRIRE NUOVE SOLUZIONI AI CONSUMATORI. QUESTO È SOLO UNO DEI NUMEROSI STIMOLI RACCOLTI ALL’SXSW INTERACTIVE DI AUSTIN DA GIUSEPPE STIGLIANO DI H-ART (GROUPM) E MATTEO SARZANA DI VML (YOUNG & RUBICAM GROUP). DI ILARIA MYR
La conoscenza dell’evoluzione tecnologica aiuta a definire meglio le strategie di comunicazione delle marche. In un rapporto sempre più diretto tra brand e consumatori, col pericolo della disintermediazione, aziende e partner di comunicazione devono trasformarsi in service designers, in-
Matteo Sarzana, general manager VML
tervenendo su tutta la creazione del valore del prodotto per offrire nuove soluzioni ai consumatori. Da qui l’importanza di comprendere i sei temi già oggi dominanti: democratizzazione della tecnologia, user experience, big data, retail, digital health e out of home. Per veicolare l’innovazione
Giuseppe Stigliano, head of unconventional media H-Art
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servirà la comunicazione: solo così si avrà nuova linfa in un mercato dove gli operatori devono comunque, a loro volta, evolversi. Infine, le app che lasceranno il segno. Questi i contenuti emersi all’SXSW Interactive di Austin (Texas), una grande kermesse dedicata al mondo dell’innovazione tecnologica e della creatività digitale, a cui hanno partecipato, per il secondo anno consecutivo, Giuseppe Stigliano, head of unconventional media H-Art (GroupM) e Matteo Sarzana, general manager VML, digital agency Young & Rubicam Group. “Una totale immersione nel futuro - hanno commentato ai giornalisti i due manager, appena rientrati dalla trasferta americana -, che porta a riflettere su come cambierà il mondo dei consumi e del marketing”. I trend dominanti già da oggi Sei le tendenze più interessanti riscontrate dai due professionisti durante la kermesse americana. La prima è quella della democratizzazione della tecnologia, che rende possibile a chiunque svolgere delle attività che, fino a qualche tempo fa, erano appannaggio solamente di super-specializzati. “Se
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LE APP PIÙ INTERESSANTI_ È lungo l’elenco delle app e delle piattaforme social interessanti presentate a SXSW Interactive 2014. Alcuni esempi: Skully - www.skullyhelmets.com - un casco per motociclisti in fibra di vetro, dotato di una telecamera che, grazie alla realtà aumentata, regala una visione a 180°. E chi lo indossa può vedere anche gli angoli ciechi. Rispondere alle emergenze naturali in tempi brevi e soprattutto con le necessarie competenze è la specialità di Team Rubicon http://teamrubiconusa.org -, che utilizza la preparazione dei veterani di guerra statunitensi per gli interventi umanitari. A breve, il lancio internazionale. Enervee - http://enervee.com - piattaforma per facilitare la vita di chi acquista elettrodomestici o dispositivi elettrici. Un database online, una guida all’acquisto consapevole, ricco di informazioni aggiornate sull’efficienza energetica degli oggetti di uso comune. In Africa, solamente l’1% della popolazione ha accesso a banda larga e internet, ma si sta cercando di cambiare la situazione fornendo strumenti digitali e tradizionali ad hoc. Uno di questi è Librii - www.librii.org/ - che porta l’accesso alla Rete attraverso le librerie digitali, ma anche fisiche. Aceable - https://angel.co/aceable - corso online per conseguire la patente di guida a un costo competitivo. Ace è la sua interfaccia: un robot-educatore computerizzato e specializzato nella guida. Pensata come un videogame, la piattaforma si basa su punteggi, premi, animazioni, video e storie per insegnare l’educazione stradale divertendo. Famigo - https://itunes.apple.com/app/famigo/id649924643 - evoluzione del controllo parentale per iPhone, iPad e iPod. Garantisce una navigazione sicura tra video, e-book, musica e giochi. Blocca gli acquisti indesiderati su App Store e la navigazione con Safari è controllata. Con Wello - www.wello.com - basta appoggiare per 20 secondi un dito su un dispositivo per leggere i segnali vitali: temperatura corporea, pressione, battito cardiaco fino all’ossigenazione e altri parametri.
fino a oggi si aveva bisogno di un esperto che programmava o realizzava un determinato prodotto o servizio - ha spiegato Sarzana - oggi ci sono già molti esempi di innovazioni accessibili a tutti”. Uno di questi è Easel, che partendo da un semplice disegno rende possibile realizzare un prodotto tridimensionale grazie all’utilizzo di stampanti in 3D. La seconda interessante tendenza è quella relativa al sempre più necessario focus sulla user experience: le aziende e i comunicatori dovranno cioè essere in grado, molto più di oggi, di disegnare l’esperienza e l’intero brand in funzione dell’opinione del consumatore sulla marca e di come egli interagisce con essa. Come ha suggerito in un intervento Kathy Savitt, cmo Yahoo!, la strategia di marketing dovrebbe sempre chiedersi: come interagisco con il mio pubblico? Dove? E perché le persone dovrebbero essere interessate a interagire con la mia marca?. C’è poi il grande tema dei big data, su cui sono intervenuti ad Austin in diretta video Julien Assange di Wikileaks ed Edward Snowden, al centro degli scandali internazionali legati proprio alla diffusione
di dati sensibili. “In questi anni è cresciuta la consapevolezza che sia necessario garantire la privacy - ha spiegato Stigliano -, sia sul fronte delle grandi compagnie che su quello consumer, come dimostra il successo di app basate sull’anonimato come Snapchat, Secret o Whisper”. Molto interessanti anche gli spunti relativi al mondo del retail, che sta per essere rivoluzionato dalle tecnologie digitali e mobile. Proprio i punti di vendita si trasformano in contenitori di esperienze emozionali, grazie alle nuove prospettive del proximity marketing e alle tecnologie di riconoscimento. Un esempio interessante è iBeacon, la tecnologia che permette di ricevere sul proprio smartphone, mentre si è in mobilità, informazioni e promozioni di un negozio. Vi è poi la sfera del digital health, in cui rientrano nuovi device che contribuiscono a rendere più sana gran parte della popolazione, monitorandone i parametri vitali: ad esempio Scanadu, che registra i principali parametri vitali e diagnostica in tempo reale almeno 15 differenti malattie. Infine, l’out of home, un ambito della comunicazione già da tempo in fase di gran-
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de evoluzione, che, interagendo con le tecnologie digitali, fa un salto di qualità e diventa globale, trasformandosi in un medium a 360 gradi. Grazie alla tecnologia, infatti, l’affissione - mezzo ‘based-placed’ per eccellenza -, diventa globale, ‘no-place’. I nuovi possibili scenari Quale sarà dunque l’impatto di tutto ciò sul mondo di domani? Se per esempio, con le stampanti in 3D si potranno creare i propri prodotti, senza l’intermediazione di esperti, come cambierà il mondo del business e della produzione? E ancora: come cambierà lo scenario di comunicazione? Quale sarà il ruolo dei brand? “Si instaureranno sicuramente nuovi equilibri - commenta Sarzana - e nasceranno nuove figure professionali. La tecnologia sarà sempre più presente nella vita quotidiana delle persone. Ma il ruolo della comunicazione non verrà mai meno, anzi: la sfida di domani sarà proprio quella di far comprendere ai possibili utenti finali i vantaggi e le potenzialità dei nuovi servizi possibili con il digitale. Il tutto tenendo sempre presente nc la user experience”.
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TENA, ADVERTISING OLTRE I TABÙ TV, STAMPA, RETAIL, DIGITALE, ATTIVITÀ UNCONVENTIONAL E DI CSR RAPPRESENTANO GLI ASSET DELLA COMUNICAZIONE DEL BRAND SVEDESE, TRA I LEADER A LIVELLO INTERNAZIONALE NEL SETTORE DEI PRODOTTI PER L’INCONTINENZA. OBIETTIVO DELLE CAMPAGNE INFRANGERE IL TABÙ CHE AVVOLGE IL TEMA, PONENDOSI COME UN MARCHIO CHE SUPPORTA E DÀ CORAGGIO ALLE PERSONE DI SENTIRSI LIBERE DI VIVERE PIENAMENTE LA PROPRIA VITA. DI MARINA BELLANTONI
Nato in Svezia nel 1983, negli anni ‘90, il brand Tena si è diffuso molto rapidamente dapprima in Europa e poi nel mondo, diventando oggi un marchio globale nel mercato dei prodotti per l’incontinenza, presente in tutti e cinque i continenti. Anche in Italia la sua diffusione è cominciata nei primi anni ‘90, iniziando dalle case di riposo e dalle farmacie, per diffondersi poi nel canale mass market. Tena fa parte del gruppo Sca Hygiene Products, proprietario di altri brand famosi come Libresse, Nana, Nuvenia e Bodyform per l’igiene femminile, nonché Libero e Drypers per i pannolini, che al suo interno vanta un team totalmente dedicato allo sviluppo e alla definizione delle linee guida relative al posizionamento della marca, all’identificazione target, nonché alla strategia di innovazione e comunicazione.
“Questa funzione - spiega Michela Marabini, marketing manager Tena Retail Italy - definisce le piattaforme di comunicazione che saranno poi attivate in ogni Paese con l’obiettivo di adattarle, rispettando le linee guida globali, tenendo allo stesso tempo in forte considerazione le caratteristiche culturali, sociali, economiche e istituzionali del proprio Paese. Le linee guide sono chiare e ben definite, ma la flessibilità di cogliere le diverse sfumature locali è sicuramente uno dei punti di forza della nostra azienda che ci con-
sente di trasferire la stessa anima e la stessa espressione del brand in così tanti Paesi nel mondo”. Quali sono i valori della marca che desiderate comunicare? Sca Hygiene Products è un’azienda svedese con un fortissimo dna valoriale. Per noi eccellenza, rispetto e affidabilità sono asset fondamentali del nostro business e in qualche modo si declinano anche nei nostri brand. L’incontinenza è un disturbo che pone vincoli e barriere nella vita di tutti giorni e in particolare nelle relazioni sociali. Per questa ragione, trattiamo il tema con grande rispetto e miriamo a infrangere il tabù che lo avvolge ponendoci come marchio che supporta e dà coraggio alle persone per sentirsi libere di vivere pienamente la propria vita. Cosa significa per voi l’espressione comunicazione ‘olistica’? Il nostro messaggio è veicolato in modo sicuramente più visibile e forte attraverso la televisione, ma è chiaramente declinato anche su stampa, internet e punti ven-
Michela Marabini, marketing manager Tena Retail Italy
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dita. I punti di contatto, però, sono in realtà davvero molti altri, a partire dal nostro sito internet o il call center con il numero verde che risponde alle domande dei consumatori e attraverso il quale inviamo campioni su richiesta. Inoltre, ogni anno rinnoviamo numerose attività rp e unconventional, con l’obiettivo di incontrare e coinvolgere i nostri target per aumentare il loro engagement nei confronti del brand e arricchirci dal confronto diretto con loro. Cerchiamo, quindi, grazie a tutti questi strumenti, di stringere relazioni con i nostri consumatori e di stimolare una comunicazione sempre più a doppio senso, non solo top down. Qual è stato l’investimento in comunicazione nel 2013? Che previsioni ci sono per il 2014? Tena investe una parte importante del proprio budget in quello che viene definito ‘above the line’, come tv e stampa, ma dal nostro punto di vista la comunicazione è parte integrante anche del nostro ‘below the line’, ossia tutto ciò che attiviamo sui
punti vendita. Continuiamo a investire in Italia e quest’anno il budget è cresciuto rispetto al 2013.
Alcune immagini di una campagna Tena che ha fatto leva su spot tv, stampa, concorso fotografico e mostra. Budget di 4 milioni di euro
Quali leve di comunicazione si sono dimostrate più efficaci per i vostri obiettivi? Su quali punterete in futuro? La tv in Italia rimane un pilastro molto importante per la comunicazione del marchio e delle sue innovazioni, questo alla luce anche di un target molto trasversale e ampio. Ad esempio, comunicando su Tena Lady ci rivolgiamo a donne di una fascia di età a partire dai 40 anni, mentre quando parliamo di Tena Pants il target è ancora più maturo. La televisione rimane quindi il mezzo più efficace per garantire una copertura ottimale. Comunque riceviamo ottimi riscontri anche dalla stampa e dal digitale. Quest’ultimo è sicuramente un mezzo interessante, che utilizziamo a supporto delle campagne e soprattutto quale canale privilegiato per intercettare nuovi consumatori stimolandoli, per esempio attraverso il search, a visitare il nostro sito.
Parliamo di Csr. Come vi ponete rispetto a quest’ambito? Sca, a livello globale, pone grande enfasi sulla gestione sostenibile delle proprie attività produttive, come si può evincere dal Rapporto di Sostenibilità, che riporta sia i risultati raggiunti di anno in anno, sia gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale nell’intero ciclo di vita dei nostri prodotti. Con 2,6 milioni di ettari di foresta, Sca è il principale proprietario europeo di foreste. Una risorsa inestimabile che genera energia attraverso l’eolico e i biocarburanti, e allo stesso tempo assorbe enormi quantità di anidride carbonica. Le nostre foreste, in continua crescita, sono in grado di assorbire annualmente circa 2,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica; una cifra che supera la quantità di emis-
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Tena mette a disposizione dei consumatori il blog www.observationpoint.it, inaugurato qualche mese fa, attraverso il quale raccontare le proprie emozioni
sioni generate dai combustibili fossili della nostra intera produzione mondiale. Questo fa di noi un’azienda ‘carbon neutral’. Dando uno sguardo alle attività di Csr, invece, Sca ritiene che salute e igiene siano elementi essenziali per il benessere e la dignità di ogni individuo e, con i propri prodotti, punta sempre più al miglioramento degli standard di igiene in tutto il mondo. Per questa ragione intraprendiamo iniziative in tutto il mondo per insegnare alle giovani donne quali sono i cambiamenti del proprio corpo durante la pubertà e per educare i bambini sull’importanza dell’igiene. Guardando invece al marchio Tena, offriamo formazione a circa 10.000 infermieri provenienti da oltre 1.200 ospedali in diverse città cinesi, su temi riguardanti l’incontinenza e la cura degli anziani. In Italia, poi, abbiamo messo in piedi un progetto davvero interessante, ‘La passione di assistere’, che si pone l’obiettivo di valorizzare le persone che si dedicano con passione all’assistenza agli anziani in casa
di riposo, al fine di migliorarne la qualità della vita. Riceviamo progetti meravigliosi e contribuiamo alla realizzazione di quelli che vengono scelti come vincitori. Il retail sta assumendo un ruolo sempre più centrale all’interno delle strategie di comunicazione delle aziende. Qual è il vostro atteggiamento in merito? Anche noi lo consideriamo tale, pertanto
cerchiamo di sfruttare tutti quei touchpoint che si rivelano efficaci. Per fare qualche esempio, abbiamo utilizzato l’anno scorso le telepromozioni di Acqua&Sapone, oppure ci avvaliamo di alcuni interessanti house organ appartenenti ai retailer. Un altro utile punto di contatto sono i materiali a scaffale e l’esposizione in floorstand. Su questi strumenti investiamo molto, sia nel canale mass market sia nel canale farmacia, soprattutto nell’ottica di aiutare il consumatore a trovare il prodotto specifico più adatto alle proprie esigenze. A quali agenzie di comunicazione vi affidate per l’attuazione delle vostre strategie? Con l’obiettivo di migliorare l’armonizzazione dei messaggi Tena, sia in termini di contenuto sia di media a livello europeo, sono stati condotti dei pitch che hanno portato alla selezione di ZenithOptimedia come partner per la pianificazione media e Bbdo come agenzia globale per la comunicazione Atl e i suoi adattamenti locali. Per altre attività, quali, per esempio, rp, promozioni o cause related marketing, siamo liberi di selezionare i nostri partner. I miei personali criteri di selezione considerano la giusta sensibilità nel capire il marchio e il nostro target, un’ottima capacità di razionalizzare e strutturare a 360° l’idea creativa, la capacità di analisi e di definire i giusti indicatori e strumenti per valutare le performance di una qualsiasi comunicazione e attività. Ci descrive una vostra recente campagna di comunicazione? Attualmente, stiamo lanciando la nuova piattaforma di comunicazione che ruota intorno al concetto del ‘sentirsi libera di
Numerose le attività di Tena sui punti vendita, dove il brand è presente con materiali a scaffale e l’esposizione in floorstand, nell’ottica di aiutare il consumatore a trovare il prodotto specifico più adatto alle proprie esigenze
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essere tutto quello che sei’. Abbiamo iniziato con televisione e web, ma da inizio maggio è previsto un vero rafforzamento del piano con l’aggiunta di stampa e attività speciali outdoor in alcuni centri commerciali. Un altro progetto molto interessante per il lancio di questa nuova piattaforma di comunicazione è il concorso fotografico ‘Mille modi di essere donna’ che è appena terminato e ci ha portato molta visibilità, in particolare sul web. Abbiamo ricevuto oltre 700 fotografie, tra le quali una giuria di valore ha scelto le 40 immagini più belle, in mostra a Milano a partire dall’8
Campagna stampa dedicata ai prodotti Tena Lady nella nuova veste grafica
maggio, data della premiazione dei sei vincitori del concorso. Anche il punto vendita si conferma protagonista con l’utilizzo del network Catalina, dei materiali specifici e dei display. Per i risultati è purtroppo troppo presto per sbilanciarsi, ma abbiamo puntato molto su questi strumenti e ci aspettiamo una buona risposta.
Nuovo packaging visibile negli scaffali dei principali punti vendita della grande distribuzione da fine aprile 2014
Quanti e quali strumenti sono inseriti nel budget di comunicazione? Con quale quota percentuale rispetto al totale? È abbastanza difficile suddividere e scomporre in percentuali il nostro budget di comunicazione. Ci sono mezzi che nascono come strumenti promozionali e sono finanziati con budget promozionali, ma che noi riteniamo contengano anche una quota interessante in termini di comunicazione del brand e dei prodotti, e da qui la difficoltà a rispondere in maniera puntuale. Il nostro piano media, tuttavia, è ancora abbastanza classico, con la televisione che assorbe la maggior parte dell’investimento, seguita dalla stampa cartacea e dall’online. Un altro strumento nel quale investiamo in maniera costante ormai da anni è il direct marketing: abbiamo un nutrito database di consumatrici che cerchiamo di attivare in maniera continua e stimolante. Come evidenziato nella descrizione della nuova campagna di Tena Lady, sperimentiamo anche mezzi nuovi attraverso, per esempio, il coinvolgimento dei punti vendita con iniziative speciali o il digitale, come nel caso del concorso fotografico gestito dalla nostra agenzia di PR ChiBet Conc municazione.
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COCCINELLE, COMUNICARE PORTA FORTUNA L’ESORDIO IN COMUNICAZIONE DELL’AZIENDA PRODUTTRICE DI BORSE E ACCESSORI MODA RISALE AGLI ANNI ‘80, QUANDO, TRA LE PRIME DEL SETTORE, INIZIÒ A FARE PUBBLICITÀ SUI MAGAZINE FEMMINILI. OGGI, COCCINELLE, CHE VANTA OLTRE 1.200 PUNTI VENDITA IN ITALIA E ALL’ESTERO, ALL’ADV CLASSICO AFFIANCA ATTIVITÀ DIGITAL E SUL PUNTO VENDITA, EVENTI E PROGETTI SPECIALI. CON UN OCCHIO DI RIGUARDO VERSO IL SOCIALE. DI MARINA BELLANTONI
Nata nel 1978 su iniziativa di Giacomo Mazzieri, Coccinelle è stata acquisita nel 2012 dal gruppo coreano E-Land. Oggi, vanta 95 negozi monomarca e 1.150 multimarca in Italia e all’estero. Da sempre, i tratti distintivi del brand sono lo stile, l’identità e la qualità di produzione, nonché il mix di innovazione e tradizione, e di costante ricerca sui materiali e sulle tecniche di lavorazione. L’esordio del marchio parmense in comunicazione risale agli anni ‘80, quando, tra le prime del settore, iniziò a fare pubblicità sui magazine femminili, attivando un processo di Crm capace di fidelizzare buona parte delle consumatrici attraverso i magazine di moda. “Avevamo instaurato con i magazine femminili un rapporto speciale - racconta Eleonora Pujia, direttore comunicazione -. Parlavamo at-
traverso l’invio di comunicazioni e del nostro catalogo. Fummo davvero dei pionieri. La comunicazione si è poi piano piano evoluta in maniera integrata con altri mezzi, fino ad arrivare a quelli più attuali”.
zioni e gratificare le donne nella rappresentazione dei propri stili attraverso collezioni sempre alla moda, chic, funzionali e pratiche. È un marchio positivo, accessibile ed elegante con un tocco di glamour.
Quali sono i valori della marca che desiderate comunicare? La missione di Coccinelle è suscitare emo-
Le strategie degli ultimi anni convergono verso l’integrazione dei media. Cosa significa per voi l’espressione comunicazione ‘olistica’? La comunicazione di Coccinelle è a 360 gradi e si avvale di tutti gli strumenti disponibili in maniera coerente e integrata. Qual è stato l’investimento in comunicazione nel 2013? Che previsioni ci sono per il prossimo anno? Nel 2013 abbiamo investito in comunicazione il 2% del fatturato. Nel 2014 si prevede di investirne il 4%. Quali leve di comunicazione si sono dimostrate più efficaci per i vostri obiettivi? Su quali punterete in futuro? Storicamente la differenza all’interno delle nostre attività di comunicazione la fanno i nostri progetti speciali.
Eleonora Pujia, direttore comunicazione Coccinelle
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Nati come progetti di comunicazione e diventati progetti commerciali ad alta redditività, vere e proprie collaborazioni per assicurarsi una sempre maggiore visibilità su tutti i mezzi di comunicazione e nuove opportunità sul mercato. I progetti speciali prendono forme diverse a seconda delle esigenze e dei trend del momento e hanno spesso coinvolto designer famosi. Una fra tutte la collaborazione avviata nel 2008 con la leggenda della moda Barbara Hulanicki, fondatrice negli anni ‘60 del noto marchio di abbigliamento Biba. Barbara ha creato delle capsule collection basate su un concetto di stampe geometriche dai colori ricchi molto apprezzata dalla stampa internazionale e venduta nei migliori negozi di abbigliamento. Che ruolo ha il digitale nelle vostre strategie di comunicazione? L’evoluzione tecnologica è una parte importante dei grandi progressi dell’uomo. Ci ha permesso di comunicare meglio, più velocemente e con un numero praticamente illimitato di persone, eliminando ogni confine. Questa evoluzione ha già influito sulla comunicazione di Coccinelle, che è diventata più immediata e moderna, più veloce, dinamica e internazionale. I consumatori di oggi sono più liberi e informati e per
questo Coccinelle, come le altre aziende, ha dovuto imparare a dialogare direttamente con loro sempre più avvalendosi di strumenti come i social network, diventati parte integrante della nostra comunicazione. Il loro utilizzo porta sicuramente numerosi vantaggi, soprattutto dal punto di vista dell’immediatezza, del giovane target coinvolto e dell’essere sempre costantemente in filo diretto con gli utenti. Sicuramente bisogna essere abili nel muoversi con cautela, nel tutelare l’immagine e nel gestire in modo diretto il consumatore, ma in un quadro generale non possono che essere un grosso valore aggiunto per la nostra azienda. Parliamo di Csr. Quali soluzioni adottate in tal senso? Siamo molto attenti al sociale, l’attività di charity negli anni ha preso varie forme e si è concretizzata attraverso diversi progetti e opere benefiche anche a livello internazionale. Abbiamo case history di grande successo in passato come la Goodie Bag, borsa etica creata appositamente per sostenere la Fondazione Francesca Rava Nph Italia Onlus. Diventata immediatamente un best-seller, item di riferimento per il consumatore e non solo, Goodie Bag ha venduto centinaia di migliaia di pezzi aiutando quindi la Fondazione, con parte
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Una parete di splendidi fiori è il mood scelto per raccontare la collezione primavera/ estate 2014. Raffinata interprete delle immagini, firmate dal fotografo americano Billy Kidd, la top model Giedre Dukauskaite
del ricavato, a sostenere e portare a termine importanti progetti ad Haiti. Il retail sta assumendo un ruolo sempre più centrale all’interno delle strategie di comunicazione delle aziende. Qual è il vostro atteggiamento in merito? Il retail è al centro della nostra comunicazione odierna, anche se attualmente per la nostra azienda il wholesale conta parecchio. Stiamo lavorando sempre più a contatto con i negozi al fine di conoscere sempre di più la nostra consumatrice e comunicare il nostro mondo attraverso le vetrine, che rappresentano la prima leva di stimolo per gli acquisti. Vi affidate ad agenzie esterne per i vostri progetti di comunicazione? Le nostre attività di comunicazione e ufficio stampa nascono e si sviluppano internamente, senza agenzie, ma solamente con alcuni consulenti che ci supportano. Non ho alcun pregiudizio, ma credo che
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nessuno come noi abbia la profonda conoscenza del brand. Quanto pesa la creatività nella comunicazione e quanto nella scelta del partner a cui affidarsi? È fondamentale cercare di essere riconosciuta dal consumatore ed essere aspirazionali, una sottile linea di confine attraverso la quale in consumatore potrebbe non identificarsi nel proprio brand. Più il marchio è identificativo e più è facile comunicare ed essere riconosciuti. È fondamentale lavorare internamente con tutte le leve per dare identità al brand.
di contatto consente di moltiplicare l’efficacia del messaggio, all’interno e all’esterno della azienda, richiedendo un approccio di pianificazione interfunzionale e sinergico delle attività di comunicazione, in relazione a messaggio, obiettivi, risorse, processi e destinatari. Il ritorno di questa attività è quindi misurato con indicatori qualitativi e quantitativi in relazione agli obiettivi prefissati, che siano strategici, economici o di comunicazione, e agli effetti in senso più ampio sul contesto interno ed esterno del brand.
Attraverso quali parametri misurate l’efficacia di progetti di comunicazione integrata? L’integrazione di mezzi, linguaggi e punti
Ci descrive una vostra recente campagna di comunicazione? Tra le ultime campagne realizzate, quella relativa alla stagione primavera/estate 2014 ha avuto un grande successo e riscosso grandi riconoscimenti da parte di trade, stam-
Goodie Bag, borsa etica creata appositamente per sostenere la Fondazione Francesca Rava - Nph Italia Onlus
Capsule collection realizzata in collaborazione con la stilista Barbara Hulanicki
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Frame dello spot cinematografico (dicembre 2013), realizzato da Roberto Prual Reavis, sotto forma di short movie in versione cartoon
pa e consumatori. Abbiamo realizzato, come sempre, tutto internamente, senza l’utilizzo di agenzie. Una parete di splendidi fiori, simbolo per eccellenza della femminilità e della freschezza, è il mood scelto per raccontare la collezione primavera/estate 2014. Gli scatti sono un omaggio alla delicatezza, all’eleganza. Un muro di fiori, una donna bellissima e la sua amata borsa. Raffinata interprete delle immagini, firmati dal giovane e promettente fotografo americano Billy Kidd, (inserito nella classifica dei 30 fotografi emergenti del 2014 stilata da Pdn, ndr), la top model Giedre Dukauskaite, già apparsa nei magazine di moda e testimonial di diversi brand del lusso. Gli scatti, avvolti da una luce pulita e fresca, emanano un’atmosfera di colore, di positività e di bellezza. Essenza della donna contemporanea e protagonista assoluta del suo tempo. La campagna è pianificata direttamente da Coccinelle sui principali magazine in Italia, Germania e Russia e per la prima volta andrà ad arricchire l’arredo urbano con affissioni outdoor nelle principali città italiane. nc
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DA CAROSELLO A YOUTUBE, COME È CAMBIATA LA COMUNICAZIONE IN OCCASIONE DEL 61° FESTIVAL DI CANNES, INTRAPRENDIAMO UN VIAGGIO NELLA STORIA DELLA CREATIVITÀ, PER CAPIRE COME SI SIANO EVOLUTI LINGUAGGI E DINAMICHE. DAL CAROSELLO AI FORMATI DIGITALI, DA UN SOLO MEZZO DI COMUNICAZIONE A UN’INFINITÀ DI TOUCH POINT PER DIALOGARE CON IL CONSUMATORE. IMMUTATA È SEMPRE LEI: LA ‘BIG IDEA’. DI ILARIA MYR (DA PAG. 37 A PAG. 49)
Correva l’anno 1954 quando nacque il primo ‘Festival della Pubblicità a Cannes’: un’unica categoria, quella dei Film, a cui furono iscritti 187 lavori da 14 Paesi diversi. Da allora a oggi il Festival ha cambiato forma, aggiungendo nuovi premi via via che andavano diffondendosi nuovi mezzi e linguaggi creativi. Negli anni ‘90 arrivano le tipologie Press e Outdoor, Cyber e Media, mentre nel primo decennio del nuovo millennio sono ben 7 le nuove categorie (Direct, Radio, Titanium, Promo & Activation, Design, PR e Film Craft). E poi, dal 2011, è la volta di Creative Effectiveness, Mobile, Branded Content & Entertainment, Innovation e, da quest’anno, Product Design. Tutto ciò non è altro che una dimostrazione semplice e chiara di quanto la comunicazione si sia evoluta in questi decenni, accogliendo i mutamenti della società, dei consumi e del consumatore. Da un linguaggio mono-direzionale e mono-mediatico sono cresciuti negli anni i canali a disposizione, e il rapporto brand-pubblico si è evoluto in vera e propria relazione fatta di due soggetti dialoganti. E poi è arrivato il digitale, inteso non come mezzo, ma, prima di tutto, come nuovo stile di vita. Ma come questi mutamenti hanno modificato il linguaggio creativo della comunicazione? È
quello che cercheremo di indagare in questa inchiesta, intraprendendo un viaggio nella storia della creatività, con un’attenzione particolare alle tendenze del mercato italiano. Dal Carosello, che ha dominato il panorama comunicativo italiano per 20 anni, con un linguaggio espressivo proveniente dal mondo dell’arte, passando per gli anni ‘70, quelli della sobrietà, ma anche della contestazione, si arriva alla creatività dell’impatto e dai toni ‘esagerati’ degli anni ‘80. La crisi degli anni ‘90 arresta questo trend e si torna a un linguaggio modesto. È con l’avvento del digitale che succede l’inimmaginabile: chiunque può condividere online la propria opinione sul brand, che, quindi, necessariamente, deve essere ascoltata dall’azienda. Inizia l’era della conversazione e dello storytelling. A facilitare la circolazione dei contenuti, i formati digitali, video in primis, che allungano i tempi televisivi della comunicazione e della relazione, all’insegna della condivisione. Dal canto suo, anche il profilo di chi fa creatività è andato evolvendosi: da artista, nei primi due decenni presi in esame, è oggi diventato anche conoscitore del marketing e delle tendenze economiche del mercato, fondendo una curiosità verso tutto ciò che lo circonda con una conoscen-
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za specifica delle possibilità a disposizione, in un’ottica multitasking. Invariate le stesse violente pulsioni che da sempre hanno caratterizzato questo profilo professionale: curiosità, coraggio, sensibilità al nuovo, piacere di raccontare storie, capacità di sintesi, ironia e leggerezza. Caratteristiche che restano fondamentali per realizzare progetti e iniziative di comunicazione che facciano davvero breccia nel cuore di un individuo critico e attento, non più disposto a ‘subire’ il messaggio pubblicitario, ma desideroso di essere parte attiva nella costruzione della marca. In questi anni, dunque, molte cose sono cambiate: sono nati nuovi mezzi, sono mutate le modalità di relazione fra pubblico e brand, e sono stati introdotti nuovi linguaggi creativi. Quello che però non è cambiato è la centralità dell’idea creativa: è sempre lei la regina della comunicazione, attraverso la quale passa il messaggio del brand e il dialogo con il suo pubblico. In un’epoca, poi, di sovraffollamento di contenuti, messaggi, e mezzi con cui fruirne, l’idea creativa deve essere anche più forte e performante, per catturare l’attenzione di un consumatore più critico ed esigente. E, vista la velocità con cui evolve questo settore, si può dire che la sfida sia solo all’inizio. nc
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CREATIVITÀ, DA INTRATTENIMENTO A COINVOLGIMENTO IN SEI DECENNI DI COMUNICAZIONE - DA QUANDO ESISTE IL FESTIVAL DI CANNES - TUTTO È CAMBIATO: IL CONSUMATORE, I MEZZI, GLI APPROCCI E LE DINAMICHE. SU TUTTI QUESTI ASPETTI IL LINGUAGGIO CREATIVO SI È DOVUTO MODULARE, MANTENENDO PERÒ SEMPRE CHIARA LA MISSION: RACCONTARE IL PRODOTTO. IN QUESTO VIAGGIO NEL TEMPO, CERCHEREMO DI CAPIRE COME LA CREATIVITÀ ABBIA SEGUITO L’EVOLUZIONE DEI TEMPI.
Percorrere un viaggio negli ultimi 60 anni della creatività pubblicitaria non è certo impresa semplice. Di acqua ne è veramente passata tanta sotto ai ponti: da una comunicazione mono-mediatica (tv) si è arrivati a una moltiplicazione di mezzi, inimmaginabile anche solo fino a qualche anno fa. Ciò è ben evidente nel numero delle categorie premiate al Festival della Creatività di Cannes, che spegne quest’anno 61 candeline. Dall’unica categoria ‘Film’, con cui il Festival ha fatto il suo debutto nel 1954, si è passati oggi a ben 17 diverse sezioni in cui far gareggiare i propri lavori, che spaziano nei più diversi ambiti della comunicazione e del marketing (vedi box). Non è un caso, del resto, che il Festival nel 2011 abbia cambiato nome da ‘Festival Internazionale della Pubblicità’ a ‘Festival Internaziona-
le della Creatività’, a testimonianza di quanto oggi la comunicazione vada ben oltre il puro e semplice adv classico. Con l’aiuto dei nostri intervistati abbiamo individuato alcune macro-fasi storiche della pubblicità e della comunicazione degli ultimi 60 anni, dando un occhio particolare al mercato italiano. Anni ‘50-’60, in principio era il Carosello Per questo viaggio nel tempo partiamo dunque dagli anni ‘50 quando alcuni committenti di pubblicità al cinema - traendo ispirazione dal Festival del cinema, che dalla fine degli anni ‘40 si tiene a Cannes - danno
Caballero e Carmencita, i personaggi inventati dall’agenzia Armando Testa per raccontare il mondo di Lavazza all’epoca di Carosello
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vita al primo ‘Festival Internazionale della Pubblicità’ (1954): 187 i film iscritti da 14 diversi Paesi. In Italia, però, il panorama pubblicitario è completamente diverso rispetto a quello degli altri paesi occidentali. Dal 3 febbraio 1957, infatti, va in onda il Carosello, la prima vera forma di pubblicità istituzionalizzata - e l’unica per ben 20 anni -, con un format molto rigido: 100” di spettacolo (in cui il prodotto non può assolutamente essere presente) e 35” per il cosiddetto ‘codino’ commerciale. Con il Carosello la pubblicità entra nella vita degli italiani, la scandisce - non è un caso che la frase “dopo il Carosello tutti a letto” sia entrata nel linguaggio comune - e vi porta il ‘prodotto’. Come spiegano Andrea De Micheli e Luca Oddo, rispettivamente ad e presidente Casta Diva Group: “L’Italia era un paese diverso da quelli occidentali e capitalisti. La pubblicità era un ‘male necessario’ per la leadership cattolica (prima) e catto-comunista (poi); andava somministrata a piccole dosi e senza parere. Era cancellata il venerdì Santo e il 2 novembre, sospesa per la strage di piazza Fontana, la morte dei papi e dei Kennedy.
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1 - Pier Benzi, executive design & creative director Artefice Group; 2 - Nicoletta Cocchi, direttore creativo Lorenzo Marini Group; 3 - Bruno Bertelli, direttore creativo esecutivo Publicis Italia; 4 - Arnaldo Funaro, direttore creativo Gruppo Roncaglia; 5 - Mario Gardini, copywriter Agema Rosso; 6 - Paolo Iabichino, chief creative officer Ogilvy & Mather Italy; 7- Nicola Lampugnani, direttore creativo esecutivo Tbwa\Milano; 8 - Michele Mariani, direttore creativo Armando Testa; 9 - Mauro Miglioranzi, amministratore unico Coo’ee Italia; 10 - Federico Pepe, direttore creativo esecutivo Dlv Bbdo
Il popolo andava educato, non informato”. Sono questi gli anni del pionierismo, in cui la comunicazione non è conosciuta neanche dai clienti: tutto è da conquistare. “Gli anni ‘60 sono quelli del boom economico - spiega Vicky Gitto, executive vice president ed executive creative director Young & Rubicam Group Italia -. La pubblicità è una forma di intrattenimento e la sua funzionalità a livello strategico è comunicare la presenza di un determinato prodotto”. Dal punto di vista creativo, la pubblicità è spettacolo, arte, intrattenimento puro. Personaggi come Jo Condor, Carmencita e Caballero, la Linea, Calimero: sono solo alcune delle creature del Carosello che si impongono facilmente nell’immaginario collettivo. “Ancora non esistono i pubblicitari in quanto tali - spiega Nicola Lampugnani, direttore creativo esecutivo Tbwa\Italia (sede
di Milano) -, ma sono gli artisti a creare questi messaggi. Addirittura, spesso si ha l’impressione che il prodotto sia quasi ‘appiccicato’ allo sketch che lo precede”. Anni ‘70-’80, dalla sobrietà all’esagerazione Negli anni ‘70 cambia il clima sociale e politico. Sono gli anni della crisi petrolifera, della contestazione e, in Italia, del terrorismo. “Anche la pubblicità cambia tono spiega Michele Mariani, direttore creativo Armando Testa -. Svanisce il sogno del boom economico e del benessere per tutti, la pubblicità viene vista con un po’ di sospetto: in generale, tutto diventa più sobrio e la creatività più didascalica, funzionale e informativa”. La pubblicità sposa quindi il dogma della ‘unique selling proposition’: messaggi diretti e distintivi che informano e spiegano.
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Si sta, insomma, pian piano uscendo dal linguaggio creativo del Carosello (che morirà definitivamente nel 1977) tutto improntato sull’espressione artistica, per entrare nell’epoca del messaggio propriamente pubblicitario. Ma siamo anche negli anni della protesta sociale e della libertà dei consumi, che si riflette in alcune comunicazioni dell’epoca come, per esempio, in quelli elaborati da Emanuele Pirella per i Jesus Jeans, firmati dall’irriverente Oliviero Toscani: uno ritrae l’addome nudo di una ragazza con i jeans sbottonati in cui l’head line recita “Non avrai altro Jeans all’infuori di me”, mentre l’altro è dominato dal sedere di una ragazza in short, all’insegna del “Chi mi ama mi segua”. Nel 1976, la sentenza della Corte Costituzionale sancisce la fine del monopolio Rai. Poi, il 1° gennaio del 1977 muore Carosello. Dall’epoca degli artisti si è ufficialmente entrati in quella dei
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pubblicitari, che durerà anche per tutti gli anni ‘80, quelli dell’incremento dei consumi e della nascita delle tv locali (nel 1980 se ne contavano circa 500) e commerciali (Canale 5 nasce nel 1981). “Gli anni ‘80 furono gli anni dell’immagine - spiega Mauro Miglioranzi, amministratore unico Coo’ee Italia -. Era il momento dell’impatto, della visibilità esibita e prepotente. Più spazio al visual che al testo, niente o poche body copy e solo head line. Grande libertà quindi agli art director”. Dopo un decennio di crisi, la comunicazione diventa libera di esprimersi, assumendo spesso un carattere molto spettacolare, evidente nelle campagne provocatorie e di grande impatto realizzate dal fotografo Oliviero Toscani per Benetton (dal 1982 al 2000) e in quelle internazionali del pubblicitario Jacques Séguéla (Euro Rscg) per Citroën (ad esempio l’annuncio ‘C’est demon’, con Grace Jones, 1986), così come nell’italiana ‘Milano da bere’ dell’Amaro Ramazzotti, ideata da Marco Mignani e diventata il manifesto di un’epoca. Ma sono anche gli anni delle saghe pubblicitarie di successo, come ‘Michele’ del Whisky Glen Grant, quella del caffè Lavazza con l’attore Nino Manfredi (dal 1981 al 1992) e della lunga serie di spot realizzata da Gavino Sanna per la pasta Barilla, che si sviluppa dal 1985 sino al 1991: storie semplici e rassicuranti, che giocano sui buoni sentimenti e sull’attaccamento alla famiglia. Ultimo interessante aspetto di questo decennio esagerato è la totale affermazione
del corpo, sia maschile che femminile, nella pubblicità: perché anche il corpo seminudo è spettacolo, e soprattutto, è seducente. Così deve essere la pubblicità in questi anni: sexy.
‘Mister Linea’ è il personaggio protagonista del cartone animato ideato nel 1969 da Osvaldo Cavandoli per Lagostina
Anni ‘90, nasce la strategia Ma poi, negli anni ‘90, la recessione economica rallenta la crescita pubblicitaria: la comunicazione torna al prodotto e ai servizi che esso fornisce. Come ebbe a dire il 31 gennaio nel 1995 il presidente dell’Upa Giulio Malgara all’apertura del convegno dell’associazione: “…il biennio da poco concluso, è stato il peggiore che il mercato pubblicitario abbia vissuto nell’ultimo quarto di secolo; e questo in riferimento sia all’entità che alla qualità dei fatturati. Il peggio è probabilmente alle spalle, ma questo non significa che il meglio è alle porte”. La difficoltà dell’economia si riflette inevi-
tabilmente nel marketing e nella comunicazione, sempre più attenti alle necessità reali o psicologiche di pubblici ristretti di clienti. Un nuovo approccio, quindi, basato non più sul concetto di massa, ma su quello di individuo inteso come persona, non solo per il suo potenziale di consumo, ma per l’universo di valori che esprime. Si torna a parlare del prodotto e delle sue caratteristiche, il linguaggio pubblicitario si fa più modesto e sottotono. Ma soprattutto, la comunicazione inizia a ragionare in termini strategici. “Mentre negli anni ‘70 e ‘80 si cercava di stupire, dagli anni ‘90 si vedono dei veri e propri posizio-
60 ANNI DEL FESTIVAL CANNES_ La prima edizione del ‘Festival Internazionale della Pubblicità’ ha luogo nel settembre 1954 con 187 film da 14 paesi. Per riflettere meglio sui cambiamenti del mercato, elenchiamo le categorie che negli anni sono state aggiunte alla competizione. 1954 1992 1998 1999 2002 2005 2006
Film Lions Press Lions Outdoor Lions Cyber Lions Media Lions Direct Lions Radio Lions Titanium Lions Promo & Activation Lions
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2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014
Design Lions Pr Lions Film Craft Creative Effectiveness Mobile Branded Content & Entertainment Innovation Product Design
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All’inizio degli anni ‘70, fu la campagna che suscitò maggior scalpore: il talento esuberante e dissacratorio di Oliviero Toscani in connubio con Emanuele Pirella coniò un mix d’impatto, per il lancio di Jesus Jeans
namenti di marca - spiega Nicola Lampugnani (Tbwa\Italia) -. Si è insomma passati dal genio e dalla sregolatezza alla regola”. “Gli anni ‘90 sviluppano la trasversalità dei linguaggi innovativi - aggiunge Pier Benzi, executive design & creative director Artefice Group -. È il trionfo della marca come oggetto di identificazione collettiva”. Un esempio su tutti è la campagna globale ‘Think different’ di Apple, che posiziona l’azienda di Steve Jobs in modo molto chiaro, utilizzando un sapiente ed equilibrato mix di creatività e razionalità. In Italia, intanto, si moltiplicano i testimonial pubblicitari: a Nino Manfredi, volto di Lavazza dagli anni ‘80, succede Luciano Pavarotti (1993-1994), Tullio Solenghi (1995-1999) e poi la coppia Bonolis-Laurentis (2000-2011), mentre la Sip si affida
all’attore Massimo Lopez, che darà vita alla celebre saga ‘Il telefono ti allunga la vita’. E che dire degli splendidi annunci Pirelli, con gli sportivi Carl Lewis e Marie José Perec? Il nuovo millennio, l’era del coinvolgimento… E poi, con la diffusione del web, succede quello che fino a poco tempo prima era inimmaginabile: ognuno può dire ciò che pensa sulla marca, e quello che dice viene letto e seguito dagli altri utenti. La pubblicità deve dunque cambiare approccio: non più una comunicazione univoca, ma un’interazione, un coinvolgimento del destinatario che partecipa alla costruzione della marca. “Non è più l’azienda che parla dall’alto - spiega Michele Mariani (Armando
Testa) -, ma si cerca un dialogo con il consumatore. La comunicazione deve mettere al centro i bisogni delle persone”. L’avvento dei social network, dalla metà degli anni 2000, e l’affermazione di diversi device mobili fa letteralmente esplodere il fenomeno della condivisione, imponendo alla comunicazione di modificare completamente il proprio linguaggio. Sono i valori della marca a diventare il messaggio da veicolare, e guai a chi non è trasparente: gli utenti non perdonano. Come sostiene Pier Benzi (Artefice Group): “Si è creato una sorta di circolo virtuoso tra capacità di relazione del pubblico, disponibilità di nuovi strumenti tecnologici a basso costo, offerta di contenuti diversificati. È il consumatore che sceglie cosa e come approfondire. Tale nuova presa di coscienza della capacità critica dei consumatori ha costretto le aziende a ripartire dai propri valori autentici, dalla propria storia e dalla mission del brand, spogliandosi da tutti gli orpelli di una creatività puramente ‘retorica’. Tutto deve essere coerente con questi valori, che devono essere veri, altrimenti la credibilità del brand viene subito messa in discussione”. “Il digitale non ha determinato un’evolu-
VOCI FUORI DAL CORO_ Se la maggioranza degli intervistati concorda nel dividere la creatività degli ultimi 60 anni in varie e diverse fasi, non manca però qualcuno che rifiuta una visione di questo tipo. È il caso di Giorgio Brenna, ceo Leo Burnett Italia, che dichiara: “Ragionando in termini creativi, ritengo che la comunicazione non possa essere divisa in nessuna fase: ciò che conta è la creatività, la ‘big idea’, che in sé non è cambiata e non cambierà. A essersi trasformati nel corso degli anni sono piuttosto i mezzi, i canali e le fonti dell’idea creativa”. A lui si affianca Paolo Iabichino, chief creative officer Ogilvy & Mather Italy, che preferisce concentrarsi sul fenomeno che ha radicalmente cambiato non solo la comunicazione, ma la società intera. “Come nella Storia ci sono due grandi fasi separate da un evento epocale - la nascita di Gesù Cristo - anche nella storia della creatività ci sono due grandi momenti, fra i quali è avvenuto un fenomeno dirompente: l’avvento della cultura digitale. Attenzione, non sto parlando dell’arrivo di internet, ma di una rivoluzione molto più profonda, che ha determinato fra le persone nuovi comportamenti e un nuovo modo di stare al mondo. Certo, questo ha portato a una moltiplicazione dei mezzi, e quindi anche il modo di fare creatività è mutato. Ma è una conseguenza, non una causa”.
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A Nino Manfredi, volto di Lavazza dagli anni ‘80, succede Luciano Pavarotti, Tullio Solenghi e poi la coppia Bonolis-Laurentis (2000-2011)
zione, ma una rivoluzione - aggiungono Andrea De Micheli e Luca Oddo (Casta Diva Group) -. I valori in gioco non sono più gli stessi. I re sono nudi e presto saranno decapitati”. … e della conversazione: il trionfo dello storytelling Al giorno d’oggi stiamo dunque vivendo l’evoluzione di tutto ciò, con il risultato che la comunicazione è diventata conversazione, contaminazione, valori e storia da raccontare e con cui fare emozionare: il tutto facendo sentire il pubblico come protagonista. Come ben sintetizza Giorgio Brenna, chairman & ceo Continental Western Europe Leo Burnett: “La parola chiave è ‘engagement’: la creatività deve ingaggiare le persone, coinvolgendole in una conversazione, per creare una relazione emotiva fra marche e persone”. Anche per Mauro Miglioranzi (Coo’ee Italia) la creatività deve far rima con coinvolgimento: “La creatività deve contagiare positivamente, incuriosire, provocare emozione, essere passionale, entusiasmare ed essere eticamente corretta”. “Deve essere sorprendente, raccontare storie e offrire momenti stupefacenti - concorda Federico Pepe, direttore creativo esecutivo Dlv Bbdo Italia -. Que-
sto trend è evidente sia nei formati digitali più lunghi, sia nelle campagne più classiche, che cavalcano i mezzi tradizionali”. “Siamo nell’epoca dello storytelling - aggiunge Bruno Bertelli, direttore creativo esecutivo Publicis -, in cui le marche raccontano storie rilevanti, che creano emozioni. Questo è senza dubbio facilitato dai nuovi formati digitali (YouTube su tutti, ndr) che offrono al brand tempi più lunghi per parlare di sé”. Non è un caso, del resto, che proprio recentemente la Rai abbia riproposto il Carosello in versione moderna: un tentativo, questo, che sebbene non abbia raggiunto gli obiettivi sperati, testimonia molto chiaramente quanto oggi si abbia bisogno, in comunicazione, di tornare a raccontare e a intrattenere intorno al brand. Ma questi sono anche gli anni della crisi economica che, iniziata verso il 2008, attanaglia ancora oggi l’Italia e l’Europa, con devastanti conseguenze su questo setto-
La campagna ‘Think different’ di Apple posizionava l’azienda di Steve Jobs in modo molto chiaro, utilizzando un sapiente ed equilibrato mix di creatività e razionalità
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re. “La crisi cominciata nel decennio precedente non passa, tocca abituarsi - aggiungono Andrea De Micheli e Luca Oddo (Casta Diva Group) -. I clienti diventano esigenti e non più tanto rispettosi dei loro fedeli comunicatori. Tagli dei costi e low-budget (a volte no-budget, ndr) sono le parole chiave. Le strutture tradizionali, grandi o piccole, entrano in crisi”. Le conseguenze di questo quadro sono essenzialmente due, di ordine opposto. Da un lato, vi sono alcune iniziative degne di nota che nascono dal digitale e che riescono a sfruttare la dimensione sociale dei media in maniera efficace (confermando il detto ‘la crisi aguzza l’ingegno’). Dall’altro, però, sperimentare in tempi di difficoltà economica è ancora più rischioso: il risultato è che si rimane nella sfera del ‘dejà vu’, di format sempre uguali e di soluzioni poco innovative. Di questo è convinto Mario Gardini, copywriter Agema Rosso, che tranchant dichiara: “La creatività di oggi è povera, senza coraggio, con prodotti che si attaccano disperatamente ai testimonial del momento per trovare quel po’ di personalità che l’advertising tradizionale non riesce a dare loro, come dimostra chiaramente la pubblicità della telefonia. Nessuno ha il coraggio di osare, è tutto già visto e rivisto”. E non va molto per il sottile neanche Paolo Iabichino, chief creative officer Ogilvy & Mather Italy, che concorda pienamente con Gardini: “Come si faceva con il Carosello negli anni ‘60, in Italia continuiamo a delegare il racconto a terzi. Prima era la scenetta, poi sono arrivati i testimonial famosi, che tutt’oggi continuiamo a utilizzare come portavoce dei racconti della marca. Pensiamo a quelli stranieri: vengono pagati cifre pazzesche per essere utilizzati in ruoli che maltrattano e degradano la loro bravura e professionalità. Questa è l’Italia”. nc
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I VESTITI NUOVI DELLA ‘BIG IDEA’ PER CREARE CONSENSO E REPUTAZIONE PER IL BRAND, L’IDEA CREATIVA DEVE OGGI ESPRIMERSI ATTRAVERSO LINGUAGGI E STRUMENTI NUOVI, CHE TENGANO CONTO DEL RUOLO CENTRALE DEL TARGET DI RIFERIMENTO E CHE SFRUTTINO LE INFINITE POSSIBILITÀ OFFERTE DAL MONDO DIGITALE. PER QUESTO, IL CREATIVO OGGI DEVE ESSERE NON SOLO SEMPRE AGGIORNATO SUI MEZZI A DISPOSIZIONE, MA SOPRATTUTTO AVERE UNA VISIONE STRATEGICA DELLA CREATIVITÀ.
Il rapido viaggio negli ultimi 60 anni della comunicazione pubblicitaria mostra chiaramente una verità tanto banale quanto indiscutibile: tutto è cambiato. Sono cambiati gli approcci, i linguaggi e le dinamiche fra il brand e il consumatore; ma è soprattutto mutato il panorama mediatico, con un’importante moltiplicazione dei canali di comunicazione - inimmaginabile ai tempi del Carosello! - e con l’affermarsi di una comunicazione multicanale, che spazia dai mezzi più tradizionali a quelli digitali, e di cui il consumatore è ormai diventato parte attiva. Sempre più critico e attento, egli “ha imparato a dare alla pubblicità l’importanza che merita - sostiene Arnaldo Funaro, direttore creativo Gruppo Roncaglia -: nulla, se è semplice manipolazione; totale, se costruisce una relazione solida e motivata tra marca e persona”. L’unico aspetto che rimane immutato è la centralità dell’idea, che resta la regina indiscutibile e indiscussa della comunicazione. Perché, come sostiene Giorgio Brenna, ceo Leo Burnett Italia: “L’idea creativa, in quanto tale, non è soggetta a mutazioni, è sempre la stessa. L’evoluzione
tecnologica ha solo contribuito ad allargare il campo di applicazione della ‘big idea’”. Sotto il segno del digitale Fondamentale è senza dubbio il ruolo svolto dal digitale, che grazie a nuove tecnologie ha creato all’interno della società dei nuovi consumi e atteggiamenti, fino a qualche anno fa inesistenti. Dal canto loro, i creativi hanno a loro disposizione molte più possibilità e stimoli. Come spiega chiaramente Michele Mariani, direttore creativo Armando Testa: “Il digitale ha clamorosamente allargato la range di possibilità a disposizione di chi fa comunicazione. Ognuno di noi è ormai costantemente col-
legato, in un flusso continuo. Ognuno di noi rappresenta contemporaneamente più target, ognuno di noi si comporta in modo diverso a seconda di quale piattaforma sta usando. Questo significa che la creatività può avere sfumature e contenuti diversi per ognuno di questi momenti”. Certo, si deve essere preparati per utilizzarlo, perché, come sostiene Nicoletta Cocchi, direttore creativo Lorenzo Marini Group: “Il digitale è un miraggio e un’opportunità. Un miraggio perché è illusorio pensare che rincorrere le nuove tecnologie digitali, come Realtà Aumentata o QR Code, sia la soluzione. Un’opportunità, perché ci costringe e ci
IL CREATIVO DELL’ERA CONTEMPORANEA DEVE:_ • Conoscere il mondo digitale • Avere un approccio integrato • Sapere lavorare in team composti da competenze diverse • Avere una visione strategica di marketing • Conoscere perfettamente le esigenze di business del brand • Avere curiosità e coraggio
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stimola a ripensare il linguaggio da usare”. Indubbiamente, però il mondo digitale ha dato un impulso nuovo al linguaggio creativo. “Il digitale ha contribuito all’evoluzione dei mezzi, creando nuovi canali - sostiene Giorgio Brenna (Leo Burnett) -. Grazie a questa moltiplicazione dei mezzi, la ‘big idea’ può fare leva su una molteplicità di applicazioni sinergiche”. Infine, interessante è riflettere sull’accezione di creatività che dà Vicky Gitto, executive vice president ed executive creative director Young & Rubicam Group Italia: un concetto che deve essere ripensato in modo più ampio rispetto a quello tradizionale, quasi tornando al significato etimologico del termine. “Il planning strategico, la strategia media e le rp hanno assunto un’importanza fondamentale per il successo di qualsiasi progetto di comunicazione - spiega Gitto -. Oggi, le infinite opportunità di business per le marche e i prodotti o servizi possono nascere e svilupparsi attraverso percorsi totalmente non convenzionali. Per questo credo che ci debba essere molta più creatività a qualsiasi livello e non solo nel processo creativo di sviluppo di una campagna nel senso tradizionale del termine”. Un nuovo creativo? Ma se tutto il panorama della comunicazione è profondamente mutato - il suo pubblico, i mezzi, i linguaggi - viene natu-
rale domandarsi se anche il ruolo del creativo è cambiato in questi anni, quali cioè siano le caratteristiche che oggi deve avere e in che cosa si differenziano da quelle necessarie negli anni precedenti. “L’immagine romantica del vecchio creativo-guru che elabora una propria ispirazione e partorisce un’idea ‘vincente’ semplicemente perché “rimane impressa nella mente del consumatore” è destinata a sparire - è convinto Pier Benzi, executive design & creative director Artefice Group -. Non perché avere grandi intuizioni non sia più valido, ma perché questo tipo di approccio non rispecchia più le attitudini del consumatore attuale”. Certamente, per fare il mestiere di creativo da sempre una persona deve necessariamente avere un
Per rilanciare margarina Omega3 di Vallè, Agema Rosso ha creato un cuoco strampalato e ne ha lanciato le gesta su YouTube
approccio curioso al mondo che lo circonda, Perché, come sostiene Michele Mariani (Armando Testa): “Oggi, un creativo, come 50 anni fa, deve essere mosso dalle stesse violente pulsioni: curiosità, coraggio, sensibilità al nuovo, piacere di raccontare storie, capacità di sintesi, ironia e leggerezza. Gli stessi principi su cui Armando Testa, 50 anni fa, ha costruito la sua filosofia creativa. Forse per questo amava definirsi ‘povero ma moderno’”. Allo stesso tempo ci sono però altre qualità che oggi più che mai sono necessarie. Innanzitutto, una perfetta conoscenza del digitale. “Un creativo che si affaccia al mondo della pubblicità deve essere padrone dei nuovi mezzi di comunicazione, dei programmi per Mac, deve sapere fare bene i siti - spiega Mario Gardini, copywriter Agema Rosso -. Ma, soprattutto, deve usare la Rete solo per il buono che essa può offrire”.
Per il lancio delle sigarette elettroniche a marchio Nyco & Tyna, Cooee Italia ha firmato l’intero concept grafico: dallo studio del naming alla brand identity
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Nell’epoca, poi, dell’integrazione dei mezzi e delle competenze, è fondamentale che un creativo sappia lavorare in un team composto da professionisti con background e competenze diverse. Perché, come sostiene Arnaldo Funaro, direttore creativo Gruppo Roncaglia: “Oggi, la comunicazione è diventata un vero e proprio melting pot di professionalità e ta-
Nel 2000, Artefice Group ha curato l’ideazione della brand identity e dell’ormai storico pack di Tramezzino.it
lenti diversi che non possono e non devono lavorare in luoghi distinti. Noi crediamo nello stare tutti sotto lo stesso tetto: sette aziende con talenti diversi che lavorano in completa sinergia per rendere il processo creativo fluido e notevole”. “Il creativo deve essere multitasking, essere cioè in grado di spaziare nelle diverse competenze -aggiunge Federico Pepe, direttore creativo esecutivo Dlv Bbdo -. Come succedeva quarant’anni fa, il creativo deve essere in grado di fare un po’ tutto”. Oggi, più che mai, poi, fare questo mestiere significa sapere ragionare creativamente, avendo bene in mente le esigenze del
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A sinistra: Audio Mob ‘The Listening effect’ realizzato a Barcellona da Interger (Tbwa\) per Cellularline. A destra: nel sito classem.ilmeteo.it, firmato da Roncaglia per Mercedes-Benz, la creatività racconta come un meteo sfavorevole possa trasformarsi in un’avventura
marketing della marca. “Si deve essere a conoscenza di tutte le dinamiche di business - spiega Bruno Bertelli, direttore creativo esecutivo Publicis - e, al contempo, essere in grado di capire quali sono i messaggi da veicolare che fanno parlare del brand, e quindi lo fanno funzionare”. Ma soprattutto, per dirla con Andrea De Micheli e Luca Oddo, amministratore delegato e presidente Casta Diva Group: “Deve sentire, non solo sapere, che il pubblico è un organismo vivo, pensante, reagente. E che oggi ha voce in capitolo tanto quanto il committente. Il creativo oggi deve essere continuamente in campagna elettorale, per essere votato dal suo pubblico, non solo dal suo cliente”. Concorda pienamente con questo punto Paolo Iabichino, chief creative officer Ogilvy & Mather Italy, che dichiara: “Oggi, il creativo deve preoccuparsi di sapere se la sua campagna piace anche al pubblico a cui si rivolge, e non solo al cliente. La creatività deve insomma impattare sul pubblico e creare in esso consenso nei confronti dei valori del brand: perché oggi senza consenso non si vende”. nc
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ELOGIO DELLA LENTEZZA UNA COMUNICAZIONE PIÙ LENTA, CHE PUNTA A CONQUISTARE L’ATTENZIONE DEL PUBBLICO PER UN TEMPO PROLUNGATO, QUASI DILATATO. SLOW BRAND, SLOW ADV, SLOW SPOT: SONO QUESTE LE NUOVE PAROLE CHIAVE DELLA COMUNICAZIONE DI OGGI SECONDO PATRIZIA MUSSO, DOCENTE DI COMUNICAZIONE E AUTRICE DEL LIBRO ‘SLOW BRAND’, CHE FORNISCE UN’INTERESSANTE CHIAVE DI LETTURA DELLA CREATIVITÀ E DELLE STRATEGIE DI BRAND DELL’ERA CONTEMPORANEA.
“In un’epoca dell’accelerazione e del flusso continuo reso ancora più evidente dai nuovi media, appare chiaro come i brand abbiano necessità di dilatare i tempi di contatto con i propri stakeholder a partire dai mezzi di comunicazione mass mediale. Ecco allora che la serialità pubblicitaria diventa format necessario per mantenere un legame duraturo con i consumatori televisivi. (…) Stiamo assistendo a una trasformazione graduale del linguaggio pubblicitario, teso sempre più a rallentare i ritmi frenetici dei suoi spot con l’introduzione di alcuni ‘elementi di lentezza’ (…). Il nostro schermo è sempre più abitato da ‘slow spot’, capaci di attirare l’attenzione dello spettatore per mesi interi”. Il fenomeno della lentezza - ben rappresentato dal movimento Slow Food ha insomma invaso anche il settore della comunicazione. Di questo è convinta Patrizia Musso, docente di Storia e linguaggi della pubblicità presso l’Università Cattolica di
Milano - oltre che founder&director del sito Brandforum.it - che ha dedicato a questo fenomeno il recente libro ‘Slow Brand. La gestione macro-economica della marca contemporanea’ (FrancoAngeli, 2013). Un’indagine, la sua, molto interessante anche ai fini di questo viaggio nella creatività degli ultimi 60 anni, che fa ben comprendere come i linguaggi creativi mutino ed evolvano di pari passo con la società. Del concetto di Slow Brand e Slow Adv, così come dell’evoluzione della creatività nei de-
Patrizia Musso, docente di Storia e linguaggi della pubblicità presso l’Università Cattolica di Milano
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cenni, parliamo con l’autrice del libro e grande esperta del settore. In un suo recente libro lei parla di ‘Slow Brand’ come di una tendenza emergente nella comunicazione pubblicitaria e nel marketing. Che cosa intende? La velocità cui internet ci sta abituando, la vita lavorativa frenetica, la complessità ci stanno spingendo a un bisogno di recuperare tempi e spazi, in una chiave slow, che richiama la famosa filosofia slow food di Carlo Petrini: il peso delle tradizioni, heritage, i valori tornano a essere centrali e a richiedere alle imprese uno sforzo in questa direzione non solo a livello produttivo, ma anche comunicativo. Spot più creativi, meno votati al solo impatto immediato, che si dimenticano il giorno dopo, che ci fanno anche ragionare, che danno contenuti, che coinvolgono emotivamente non per il solo gusto di far scendere la lacrima, ma per lasciare un messaggio. Ben venga allora parlare del prodotto, ma soprattutto del perché è stato fatto in quel certo modo e di quale filosofia vi sta dietro. Si pensi alla campagna di Mulino Bianco con Antonio Banderas nei panni dell’Uomo del Mulino, che racconta la qualità
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dei prodotti. Mettere al centro realmente il benessere del consumatore: questa è a mio parere la sfida dello Slow Brand. Come si è arrivati all’affermazione di questa tendenza? Probabilmente proprio il mancato ‘fine tuning’ fra linguaggio pubblicitario italiano e trend socio-culturali ha favorito questo trend. Da un lato, c’è stato l’aumento di consapevolezza del peso che le persone hanno nelle organizzazioni: la persona al centro, al di là di un pay-off pubblicitario diventa un monito reale per le imprese, a partire dai loro stakeholder interni che cercano un maggiore coinvolgimento, vogliono sapere/capire di più della propria impresa. E a seguire, il ‘brand reloading’ (tema a cui Patrizia Musso ha dedicato un libro del 2012, ndr ), cioè l’ineluttabile passaggio della comunicazione d’impresa verso una dimensione più dialogica e collaborativa resa possibile dall’introduzione, uso e sviluppo crescente dei nuovi media. Tutto questo ha creato le basi naturali per lo Slow Brand, che mi auguro prenderà sempre più piede nella nostra, e da me tanto amata, pubblicità italiana. Da quando in Italia si può parlare di diffusione degli Slow Brand? Ho iniziato a intravedere segnali insoliti lo scorso anno: al di là del ritorno non proprio riuscito di Carosello - che ha comunque tentato di riportare una certa creatività alta, propria del linguaggio e della cultura pubblicitaria italiana - sono aumentate le campagne pubblicitarie in chiave Csr, ma anche i video digitali di lunga durata, fino a 7, 8 minuti, impensabili fino allo scorso anno. Quali sono gli aspetti più critici e obsoleti che a suo avviso ancora persistono nella comunicazione pubblicitaria in Italia? Nonostante si continui a parlare dell’evoluzione del consumatore, sembra che l’adv ne rimanga distante, quasi all’oscuro. Trovo assurdo che in pieno Duemila ci si trovi ancora davanti a spot pubblicitari dove i papà, se rappresentati in mansioni domestiche sostitutive a quelle materne (perché le madri sono al lavoro), vengono dipinti come imbra-
nati, e incapaci di fare alcunché se non guidati passo passo dalla mamma - anche a distanza, tramite sms, post-it lasciati sul frigorifero -, come in tante campagne pubblicitarie del settore merendine. E ancora più particolare vedere rappresentata in tv solo una tipologia di personaggi comuni che di certo popolano ancora il nostro Paese, come una famiglia alla Carosello che si raccoglie con i figli davanti alla tv, mentre scartabella le bollette di casa. Se è indubbio che una parte della nostra Italia ha ancora una bassa dimestichezza col digitale e vive in un contesto sociale di tipo tradizionale, è altrettanto indubbio che esiste un’altra parte di Italia che viaggia con una marcia 2.0, dove la donna è moglie-madre-lavoratrice e dove l’uomo arriva a chiedere il congedo di paternità: una fetta del nostro Paese che è decisamente sotto rappresentata nell’adv italiano. Infine, un viaggio a ritroso nel tempo. Se dovesse raggruppare tematicamente gli ultimi 60 anni di creatività pubblicitaria, come li suddividerebbe? Per raggruppare la storia della pubblicità italiana ci si può rifare alla dimensione che riguarda l’evoluzione del linguaggio pubblicitario: sono soprattutto i suoi protagonisti a diventare elementi spartiacque fra fasi storiche. Penso ai volti noti che sin da Carosello appaiono nella nostra pubblicità, distinguendoci da allora in poi da qualsiasi altro Paese, comunicativamente parlando. Le tappe si rifanno quindi a quattro fasi storiche della pubblicità. La prima è l’epoca di Carosello, con Macario, Calindri, Vianello e
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La campagna di Mulino Bianco con protagonista Antonio Banderas nei panni dell’uomo del Mulino è un chiaro esempio di ‘slow brand’, in cui i protagonisti sono i valori del marchio
Tognazzi, Sandra e Raimondo Vianello, e i protagonisti del mondo teatrale e cinematografico. Ci sono poi gli anni Ottanta/Novanta dove, complice l’ascesa della moda, entrano nel panorama pubblicitario italiano prima modelle e modelli, e poi anche i volti via via sempre più noti dei personaggi della tv che non interpretano tanto un ruolo, ma se stessi nei panni di consumatori eccellenti di alcuni prodotti (Carrà, Manfredi, fino alla Cuccarini). Con gli anni Novanta/ Duemila permangono i volti dei personaggi famosi, che vengono però a costituirsi nel tempo come elementi iconici di una sorta di ‘grande narrazione pubblicitaria’, che vede il suo evolversi nella fiction pubblicitaria o advertainment, ovvero le pubblicità a puntate, presenti anche ai giorni nostri. Si pensi all’esempio storico di Sip/Massimo Lopez (‘Una telefonata allunga la vita’), fino ai recenti Fiorello, Panariello, Aldo Giovanni e Giacomo… Dal 2010 in poi inizia un’ultima fase, che non si sostituisce alla precedente, ma la integra andando ad aprire una nuova dimensione, che vede gli sportivi (ma di sport minori, come vela, atletica, canoa… soprattutto donne, ndr) quali testimonial 3.0, ovvero caricati da un simbolismo etico di responsabilità, sano vivere, sani principi… Tutti aspetti, questi, nc molto ‘slow’.
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CASTA DIVA GROUP, CONNESSI CON IL DOMANI NATO NEL 2005 COME CASA DI PRODUZIONE, IL GRUPPO GUIDATO DA DE MICHELI E ODDO SI È EVOLUTO NEGLI ANNI AMPLIANDO L’OFFERTA AGLI EVENTI, CON EGG EVENTS, E AL DIGITALE, CON BIN JIP E ADACTO. A MONTE, UNA CONOSCENZA APPROFONDITA DELLE NUOVE TECNOLOGIE E UNA GRANDE CREATIVITÀ, NELLA CONVINZIONE CHE IL PRIMO TOUCH POINT DEL CLIENTE CON IL BRAND SIA NEL MONDO DIGITALE. DI ILARIA MYR
Si autodefinisce una multinazionale ‘tascabile’ per le sue dimensioni contenute rispetto ai suoi grandi clienti. Svolge una gamma di attività: dalla produzione di spot, corti e branded content con Casta Diva Pictures all’ideazione e organizzazione di eventi con Egg Events. Casta Diva Group ha, inoltre, un’anima fortemente digitale, grazie alla sua digital production agency, Bin Jip, che produce format per il web e viral&social video, e all’accordo strategico con la digital agency Adacto. Oltre alla sede di Milano, il Gruppo ne conta altre dieci in città straniere di quattro diversi continenti: a Londra, Manchester, New York, Los Angeles, Monaco, Praga, Istanbul, Cape Town, Buenos Aires e Mumbai. Intervista a Luca Oddo, amministratore delegato e Andrea De Micheli, presidente Casta Diva Group.
Da quando siete operativi sul mercato, come è cambiato negli anni il vostro approccio creativo? (Oddo) L’approccio creativo deve cambiare costantemente, insieme al contesto della comunicazione, che in questi anni ha visto mutamenti rapidissimi nei modelli di business. Basti pensare che quando abbiamo fondato Casta Diva, nel gennaio 2005, Facebook non aveva ancora la sua forma attuale (si chiamava TheFacebook, ndr) e su YouTube non era ancora stato postato il vi-
Luca Oddo, ad e Andrea De Micheli, presidente Casta Diva Pictures
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deo ‘Me at the zoo’ di Jawed Karim, il primo in assoluto. Twitter sarebbe nato un anno dopo, e Instagram, Pinterest e Whatsapp erano di là da venire. Negli ultimi dieci anni si può dire che ci sia stata una rivoluzione copernicana della comunicazione: da ‘topdown’ a ‘bottom-up’ e da ‘bottom-up’ a ‘peer-to-peer’. Come l’uso delle tecnologie ha cambiato l’approccio creativo della vostra struttura? (De Micheli) Siamo tecnologicamente at-
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Nello spot ‘Il sogno’ girato da Casta Diva Pictures per Dash, in occasione di Carosello Reloaded, Paolo Ferrari, storico protagonista degli spot degli anni ‘60 e ‘70, si presenta in sogno al nuovo testimonial Fabio de Luigi (agenzia creativa Saatchi&Saatchi)
tivi, nel senso che conosciamo e usiamo le nuove tecnologie molto bene. Ma siamo ben consapevoli di un fatto spesso trascurato da molti clienti: il fatto che il mondo reale si è totalmente duplicato nello spazio digitale, ma, cosa ancora più importante, il primo touch-point del cliente con il brand è nel mondo digitale. Chi trascura la propria impronta digitale, perde la prima partita e rischia di non recuperare più il cliente perduto. Anche nel campo degli eventi, che sono tipicamente fisici, il mondo digitale riveste un ruolo cruciale, durante la preparazione, la pubblicità dell’evento, e soprattutto nel follow-on. Come definirebbe oggi l’approccio creativo della sua struttura? Quali gli ingredienti fondanti di esso? (Oddo) Per quanto riguarda gli spot, la creatività viene dalle agenzie nostre clienti. Per altri progetti, come il branded content, i progetti cinema e tv, gli eventi, i progetti digitali e così via, il nostro approccio è quello di massimizzare la notiziabilità, riducendo i costi d’acquisto degli spazi media per pubblicizzare le nostre azioni. Le iniziative ideali,
per noi, sono quelle che si autosostengono, facendo risparmiare moltissimi soldi ai nostri clienti. Che cosa significa oggi essere creativi? (De Micheli) Niente di diverso da quello che ha sempre significato: connettere parole, immagini, emozioni in un modo originale, ma anche significativo, in modo inaspettato, ma anche simbolico di una visione personale e opinioned del mondo. I nuovi strumenti sono utili alla creatività, ma sono pur sempre strumenti. L’origine della creatività sta nel proprio inconscio, che ci mette, in qualche modo misterioso, in comunicazione profonda e significativa con tutti gli altri esseri umani. È anche una bella responsabilità, da non prendere a cuor leggero. La comunicazione creativa può essere uno strumento potentissimo. Pensate a quanto ha contato nella vicenda politica di Berlusconi o di Grillo, e quanto ha influito nell’ascesa di Renzi in un partito noto per non saper comunicare. Quanto è cambiato il suo lavoro nel tempo? (Oddo) Vediamo tre fasi: molti anni fa facevamo un lavoro rispettato e strategico, ben compensato sia sul profilo economico sia su quello dell’immagine. Poi le grandi aziende si sono spersonalizzate e sono state guidate dall’inseguimento dei dati trime-
La campagna ‘Soldi in casa’ di Systema Mutui, prodotta da Casta Diva Group (creatività Forchets), è stata girata nel gennaio 2007 a Hollywood dal noto regista americano Spike Lee
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strali o dall’ossessione per il cashflow e il net present value. In questa seconda fase, il nostro lavoro è stato de-prezzato e quasi disprezzato, crediamo ingiustamente. Oggi, siamo in una terza fase in cui possiamo nuovamente svolgere un ruolo importante e apprezzato, perché il mondo della comunicazione si è immensamente complicato e occorrono consulenti esperti per guidare i brand in una giungla di media e new media complessi da gestire, interpretare e ‘reportare’. Può citare due esempi, uno recente e uno del passato, di progetti da voi firmati, da cui si può evincere quanto l’approccio sia mutato nel tempo? (De Micheli) Tempo fa, abbiamo realizzato un grande progetto di comunicazione per Intesa Sanpaolo chiamato perFiducia. Il progetto è durato tre anni e già in questo breve tratto di tempo si è trasformato in modo significativo. Nel primo anno, il 2009, abbiamo realizzato tre cortometraggi con tre grandi nomi del cinema italiano: Olmi, Salvatores e Sorrentino. Si trattava di un progetto comunicativo ‘top-down’, nel senso che dopo aver scelto dei grandi autori, delle autentiche star, lasciavamo che loro si esprimessero, senza influire più di tanto sulle loro sceneggiature. Nella seconda fase, invece, altri tre corti sono stati realizzati da giovani registi, e in qualche modo l’approccio si era modificato in una sorta di ‘bottom-up’, nel senso che i registi erano emersi dal vivaio italiano, dalla forza spontanea dei tanti filmmaker che si cimentano con i loro primi tentativi e a volte ottengono successo, vincendo i David di Donatello o i Nastri d’Argento, a volte no. La terza fase è entrata decisamente nel mondo del ‘bottomup’ e del ‘peer-to-peer’, grazie a un concorso di idee e di scrittura creativa che ha coinvolto tremila scrittori e diciottomila lettori-giudici. nc
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LEO BURNETT, L’EVOLUZIONE È NEL DNA PRESENTE SUL MERCATO ITALIANO DA QUASI CINQUANT’ANNI, È FRA LE AGENZIE CHE HANNO FATTO LA STORIA DELLA PUBBLICITÀ DEGLI ULTIMI DECENNI. SEGUENDO I CAMBIAMENTI DEI TEMPI, HA AMPLIATO LE PROPRIE COMPETENZE E APPROCCI, ACCOGLIENDO LA SFIDA DEL DIGITALE E INTEGRANDO I NUOVI STRUMENTI NELLA PROPRIA OFFERTA. IL TUTTO MANTENENDO PERÒ FERMA LA PROPRIA MISSION, BEN SINTETIZZATA NEL CONCETTO ‘HUMANKIND’: SODDISFARE I BISOGNI REALI DELLE PERSONE. DI ILARIA MYR
È una delle agenzie storiche per eccellenza, che ha seguito da protagonista l’evoluzione della pubblicità in quasi 80 anni di vita, da quel lontano 1935 in cui venne fondata a Chicago: un solo cliente, una ditta di piselli del Minnesota, e otto dipendenti. Presente in Italia dal 1966, oggi con tre sedi (Milano, Torino, Roma), Leo Burnett è la terza agenzia del network Leo Burnett Worldwide, headquarter della regione Continental Western Europe, e annovera circa 250 persone e oltre 50 clienti, operanti nei più significativi settori del mercato. Dal 2013 la sede milanese è l’headquarter della nuova divisione globale dedicata al design. A raccontare la filosofia e l’evoluzione dell’approccio creativo dell’agenzia non un creativo, ma il suo chairman & ceo Giorgio Brenna, a dimostrazione di come per Leo Burnett la comunicazione non ruoti solo intorno alla creatività, ma al concetto di ‘Human Kind’.
Come definirebbe oggi l’approccio creativo dell’agenzia? Quali gli ingredienti fondamentali? HumanKind è la filosofia che caratterizza il nostro approccio creativo al mercato, basato sull’osservazione del mondo con gli occhi di un bambino e dei comportamenti umani, che ci permette di comprenderne le dinamiche, renderle fonte d’ispirazione e da-
re vita a una creatività capace di intervenire sui comportamenti stessi. In un mondo che cambia rapidamente, i brand possono avere un ruolo attivo. Una comunicazione efficace ha il potere e il dovere di soddisfare i bisogni reali delle persone. L’obiettivo del gruppo Leo Burnett è essere un fattore indispensabile di crescita del livello di competitività dei nostri clienti attraverso lo sviluppo e il rafforzamento della marca. Da quando l’agenzia è operativa sul mercato, come è cambiato negli anni questo approccio? L’approccio creativo, nel corso del tempo, si è evoluto: si è passati da un ruolo centrale dello strategic planning dell’advertising a un approccio integrato, fino ad arrivare a una metodologia più completa: lo HumanKind. Questa metodologia ogni anno si arricchisce di novità e strumenti che ne ampliano il valore. Uno di questi è ‘PeopleShop’, la prima ricerca qualitativa e quantitativa globale volta ad esplorare i comportamenti e le abitudini di più di 13.000 shopper: un prodotto unico nel panorama delle agenzie di comunicazione che rafforza ulteriormente l’offer-
Giorgio Brenna, chairman & ceo Continental Western Europe Leo Burnett Worldwide
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Nella pluripremiata campagna ‘Mondo sommerso’ di Aqualtis Ariston (2005), la fantasia di un bambino trasforma l’originale oblò di Aqualtis in una finestra su un incantato mondo sommerso
ta consulenziale anche nell’area dello shopper marketing. ‘Quotient’, invece, è una ricerca quantitativa globale su una base campionaria di circa 38.000 rispondenti con l’obiettivo di mappare il comportamento delle marche e la loro percezione all’interno della propria categoria secondo i criteri stabiliti del modello HumanKind Quotient. L’output finale sarà costituito da un complesso database numerico utilizzabile per diversi scopi e una mappa che comprenderà più di 778 marche su 115 categorie in 11 mercati. Come l’uso delle tecnologie ha cambiato la creatività nella sua agenzia? L’uso della tecnologia ci sta spingendo verso una globalizzazione della creatività, nel
‘Beauty of a second’ (2011) di MontBlanc, il più ‘short’ tra gli short-film contest, sfidava tutti i partecipanti a catturare la bellezza in un video della durata di un solo secondo. Una giuria, guidata da Wim Wenders, ne decretava il vincitore
senso dell’eliminazione dei confini territoriali e dell’immediatezza nella fruizione della creatività stessa. La sfida che ci troviamo giornalmente ad affrontare è orientata quindi alla competitività globale, esportando eccellenze e competenze tipicamente italiane, cercando di fornire un servizio il più possibile integrato a un prezzo competitivo in mercati più avanzati. Che cosa significa oggi essere un creativo? Quanto è cambiato il suo lavoro all’interno dell’agenzia? La forza di essere un creativo in Leo Burnett è avere la possibilità di creare ‘acts, not ads’, ovvero un tipo di comunicazione che non è più intesa come qualcosa di passivo, ma diventa attiva grazie alla co-creazione di contenuti insieme alle persone. Il concetto di creatività non è cambiato nel corso del tempo: sono cambiati gli strumenti, le tecnologie che abbiamo a disposizione e la società con cui ci rapportiamo. Oggi, per i creativi è il momento più eccitante della storia
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della pubblicità, perché insieme alle persone, hanno la possibilità di creare nuovi mezzi per comunicare. Inoltre, ci si trova ad affrontare la necessità di interagire con figure professionali differenti. Bisogna, quindi, essere più aperti a captare e cogliere informazioni dalle diverse figure che animano il panorama della comunicazione, che non si limitano più alle figure classiche dell’art e del copy. Ci può citare due esempi di progetti curati dalla vostra agenzia, da cui si può evincere chiaramente quanto l’approccio sia mutato nel tempo? Una è ‘Mondo sommerso’ sviluppata per Aqualtis di Ariston (2005), vincitrice di numerosi premi, fra cui un Leone d’Oro nella categoria ‘Film’ nel 2006. La fantasia di un bambino trasforma l’originale oblò di Aqualtis in una finestra su un gigantesco e incantato mondo sommerso animato da piumoni che sembrano gigantesche mante, da sciarpe che sembrano meduse, da camicie che fluttuano come alghe, da jeans che assumono le sembianze e le movenze di uno squalo. La campagna ha avuto anche un’importante declinazione sul web. Quasi tutto incentrato sul digitale è invece il progetto ‘Beauty of a second’ (2011) sviluppato per la linea di cronografi di lusso, che Montblanc ha dedicato all’uomo che inventò il cronografo, Nicolas Rieussec. Si tratta del più ‘short’ tra gli short-film contest, che sfidava tutti i partecipanti a catturare la bellezza in un video della durata di un solo secondo. Sul sito Montblanc-onesecond.com gli utenti potevano caricare i loro film da 1” e competere anche per creare la migliore playlist con i loro secondi preferiti (fino a 60”). Una giuria, guidata dal regista Wim Wenders, ha scelto e premiato i lavori migliori. I risultati: 3.769 i video ricevuti nei primi due mesi, 4 milioni nei primi 60 giorni; +40% di brand follower su Facebook. I media utilizzati erano: minisito, viral, stampa e iTunes store. nc
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YOUNG & RUBICAM GROUP, SINTONIZZÀTI CON IL MONDO CHE CAMBIA SI È EVOLUTA CON IL TEMPO, AMPLIANDO LE PROPRIE COMPETENZE INTERNE E TENENDOSI CONTINUAMENTE AGGIORNATA SULLE NUOVE FRONTIERE DEL SETTORE. QUESTA LA STRATEGIA DELL’AGENZIA DEL GRUPPO WPP, IL CUI LINGUAGGIO CREATIVO NEGLI ANNI È CAMBIATO, ARRICCHENDOSI DELLE INFINITE POSSIBILITÀ OFFERTE DAI NUOVI MEZZI. DI FRANCESCA FIORENTINO
Aggiornamento continuo e integrazione: queste le parole chiave dell’approccio di Y&R Group, il cui posizionamento ‘Best alone, Better together’ è il minimo comune denominatore dei 186 uffici sparsi in 90 Paesi diversi. Fra i protagonisti della scena della comunicazione in Italia, l’agenzia è un perfetto esempio di come sia importante adeguarsi al cambiamento dei tempi con l’ampliamento delle competenze, mantenendo però sempre una visione complessiva. Ne parliamo con Vicky Gitto, executive vice president ed executive creative director Young & Rubicam Group Italia.
frire una consulenza di comunicazione a 360 gradi. Non siamo tante agenzie unite sotto un unico cappello, ma un’unica agenzia, che unisce varie competenze strategiche. Best alone, better together, appunto.
Da quando l’agenzia è operativa sul mercato, come è cambiato negli anni questo approccio? Ci siamo evoluti, come si è evoluto il mondo. Non siamo rimasti indietro e mai lo saremo. Crediamo che il continuo aggiornamento sia alla base del nostro lavoro. E di conseguenza anche il nostro approccio creativo è cambiato. Oggi è possibile comunicare in mille modi diversi e noi non vogliamo perdercene neanche uno. In che modo l’uso delle tecnologie ha cambiato la creatività di Y& R? Come avete accolto la rivoluzione digitale? Strutturandoci in modo tale da fornire una consulenza adeguata ai nostri clienti. Le potenzialità dei digital media di ultima generazione sono molteplici e hanno bisogno di professionisti seri e preparati. VML, la nostra costola digitale, ne è un esempio concreto.
Quali gli ingredienti fondanti dell’approccio creativo dell’agenzia? Young & Rubicam Group crede fermamente nell’approccio creativo integrato per of-
Che cosa significa oggi essere un creativo? Come è cambiato il suo lavoro all’interno dell’agenzia? Il lavoro di un creativo non è cambiato. Alla base di tutto c’è sempre una forte idea
Vicky Gitto, executive vice president ed executive creative director Young & Rubicam Group Italia
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Sulla piattaforma digitale Guardatustesso, sviluppata da Y&R per i sughi Barilla, i consumatori possono seguire in prima persona, con i loro occhi, l’intero svolgimento del processo produttivo, dalla raccolta all’invasettamento
creativa da trovare. E lo si può fare anche per un semplice e minuscolo banner. Può citare due esempi di progetti curati dalla vostra agenzia negli ultimi decenni, da cui si può evincere chiaramente quanto l’approccio sia mutato nel tempo? In un solo anno, Y&R è riuscita a trasformare completamente la comunicazione dei sughi pronti per Barilla. La campagna della scorsa stagione aveva come concetto ‘Mi piace essere un sugo Barilla’ e prevedeva cinque spot in cui i sughi parlavano in prima persona. La macchina da presa mostra-
‘Mi piace essere un sugo Barilla’, questo il concept della campagna dei sughi Barilla: cinque spot in cui i sughi parlano in prima persona, presentandosi con le loro qualità e le loro caratteristiche distintive
va da vicino gli ingredienti utilizzati nella preparazione, affidando alla forza dell’immagine il racconto della genuinità e della qualità dei prodotti. Una voce fuori campo descriveva il pensiero di ogni singolo sugo, che si presentava con le sue qualità e le sue caratteristiche distintive. Nella campagna 2014 il filo conduttore non è cambiato. Anche questa volta sono stati i sughi a raccontarsi, ma in una prospettiva completamente nuova e originale. Partendo dall’idea che non basta uno sguardo ravvicinato a creare coinvolgimento, Y&R e VML hanno dato vita al progetto Guardatustesso, una piattaforma digitale il cui nome fa capire subito che il protagonista è il consumatore. L’obiettivo è abbattere ogni distanza, aprendo le porte dello stabilimento e mostrando, senza barriere, come vengono preparati i sughi. La campagna ha richiesto un enorme impegno di competenze e tecnologia, che Y&R e Ba-
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rilla hanno affrontato coinvolgendo un partner d’eccezione: Google Street View. Per la prima volta in Europa è stata realizzata la mappatura di un’azienda, che ha compreso tutti i terreni dove vengono coltivate le materie prime e l’intero stabilimento di Rubbiano. Sulla piattaforma Guardatustesso, i consumatori possono seguire in prima persona, con i loro occhi, l’intero svolgimento del processo produttivo, dalla raccolta all’invasettamento. Non c’è più qualcuno che racconta; la scoperta viene affidata completamente all’utente, finalmente libero di girare per i campi, avvicinarsi ai macchinari, esplorare ogni angolo della struttura, in un percorso virtuale che non ha niente da invidiare a una vera visita allo stabilimento. I contenuti sono stati organizzati per dare al consumatore un ruolo più attivo e garantire la massima interattività, con il fine ultimo di costruire un’esperienza, non più una storia, e rendere ancora più coinvolgente la scoperta dei sughi pronti Barilla. La campagna è stata declinata anche sugli altri media, sempre facendo massima attenzione a non tradire l’approccio aderente al vero dell’intera operazione. Per questo è nata una collaborazione con il canale satellitare National Geographic, che ha presentato i sei sughi principali della gamma Barilla con sei reportage dal taglio informativo e realistico, andati in onda sul canale satellitare NatGeo. La stessa cosa è avvenuta per la tv, dove gli spot hanno ricostruito scene di vita vera, ponendo quelle domande a cui le persone troveranno risposta, visitando i contenuti del sito. L’operazione ideata da Y&R e VML ha rappresentato l’inizio di un percorso completamente nuovo, creando un modo di comunicare innovativo e al passo coi tempi, che sarà un modello per tutti i brand i cui valori fondanti sono trasparenza e responsabilità nei confronti dei propri consumatori. nc
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BEAUTY 2.0, IL LEADER È PUPA SECONDO L’OSSERVATORIO BRANDS & SOCIAL MEDIA, REALIZZATO DA OSSCOM E DIGITAL PR, NEL SETTORE BEAUTY-MAKE UP, TRA LE PRINCIPALI TENDENZE SOCIAL, SPICCANO ATTENZIONE AL TARGET, CONSOLIDAMENTO DELL’USO DI TUTORIAL, E COINVOLGIMENTO DI YOUTUBER E BLOGGER. TRA I SOCIAL NETWORK PIÙ UTILIZZATI FACEBOOK, YOUTUBE, GOOGLE+ E TWITTER. LEADER DI CLASSIFICA PUPA MILANO, SEGUITA DA DEBORAH MILANO E KIKO MAKE UP MILANO. DI FRANCESCA FIORENTINO
Diciotto i brand, selezionati fra i principali all’interno del mercato consumer italiano, analizzati dal report dedicato al settore Beauty - Make Up/Cosmetici dell’Osservatorio Brands & Social Media, realizzato da OssCom - Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica e Digital PR (Hill+Knowlton Strategies). La ricerca, che si propone di analizzare la comunicazione sui social media di alcuni dei più rilevanti brand nazionali e internazionali presenti sul mercato italiano, si avvale di una metodologia in grado di cogliere con precisione uno scenario comunicativo dinamico e sempre in evoluzione grazie a più di 60 diversi indicatori relativi alle variabili di esposizione, di coerenza e di interazione con il pubblico. Per questo report, il campione dei brand beauty più rilevanti sul mercato
italiano è stato definito a partire dai fatturati 2013 dei maggiori gruppi cosmetici, confrontato con la classifica degli utenti e quella della giuria dei Beauty Web Awards 2013 e definito in collaborazione con Cosmetica Italia, associazione nazionale imprese cosmetiche.
Nivea è leader per quanto riguarda il numero di fan su FB, Kiko Make Up, invece, per quanto riguarda Twitter, dove è leader per i follower, retweet e listed. A Pupa, infine, il primato per la frequenza di aggiornamento su Twitter e il numero di iscritti a YouTube
"Anche questo settore si presenta come peculiare rispetto alla comunicazione sui social network, e la concentrazione sulle piattaforme maggiormente diffuse nel nostro Paese mostra l’attenzione che i brand hanno nei confronti del proprio target, andando a intercettarlo nei luoghi e con gli stili
Fonte: Osservatorio Brands & Social Media
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comunicativi più adatti, anche ottimizzando gli investimenti - spiega Piermarco Aroldi, direttore OssCom -. In questo senso, la diversità delle performance si spiega anche in base al diverso mercato e caratteristiche dei brand considerati per l’analisi che spaziano dal mass market alla vendita diretta”. Leader di classifica è Pupa Milano, con 61,29 punti, seguito a breve distanza da Deborah Milano con 58,48 punti. Al terzo posto si classifica invece Kiko Make Up Milano con 49,28 punti. All’interno della classifica, il settore presenta una distribuzione omogenea dei punteggi (compresi fra i 61,29 di Pupa Milano e i 16,42 di Miss Broadway), rivelando una buona presenza sui social network e un uso maturo delle piattaforme. Si nota, inoltre, la tendenza a utilizzare le piattaforme più diffuse, Facebook e YouTube in particolare, con stili di appropriazione e performance differenziate, ovvero la leadership sui parametri considerati si distribuisce su diversi brand e non su uno solo. Il social network maggiormente utilizzato è Facebook (18/18 brand), seguito da YouTube (17/18 brand). Le due piattaforme si presentano rispettivamente come il luogo dove aggiornare quotidianamente le fan su prodotti e iniziative e la repository dei video dedicati ai prodotti e al loro utilizzo. Twitter è invece utilizzato solo da 13 brand su 18, ma i profili realmente attivi durante il periodo di rilevazione sono 10, evidenziando una presenza di settore limitata e una probabile difficoltà ad appropriarsi di questo social network su un mercato come quello italiano dove gli utenti sono ancora una nicchia. Spicca l’utilizzo
di Google+ (14/18 brand), anche se nella maggioranza dei casi si tratta di profili di mero presidio, con una scarsa attività da parte degli utenti, o collegati ai canali YouTube. Sorprende anche lo scarso utilizzo dei social media emergenti più visuali, come Pinterest (5/18 brand) o Instagram (6/18 brand).
Nicolò Michetti, ceo Digital PR (Hill+Knowlton Strategies)
Piermarco Aroldi, direttore OssCom
Leader di classifica è Pupa Milano, con 61,29 punti, seguito a breve distanza da Deborah Milano con 58,48 punti. Al terzo posto si classifica invece Kiko Make Up Milano con 49,28 punti
Fonte: Osservatorio Brands & Social Media
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Presidio e adattamento contenuti Pupa Milano costruisce la leadership di settore attuando una presenza estesa su tutti i social network considerati (tranne Instagram) e costante nelle sue performance. In questo modo riesce a mantenere mediamente elevati sia l’aggiornamento dei contenuti sulle diverse piattaforme sia l’engagement degli utenti. La scelta è quindi quella di presidiare in modo accurato tutti i canali, adattando i contenuti alle caratteristiche di ciascuno, facendo leva soprattutto sulla presentazione dei prodotti e il dialogo attivo con le proprie utenti, principalmente su Facebook (dove conta 677.451 fan nel periodo di rilevazione) e Twitter (16.300 follower nel periodo di rilevazione). Questa tendenza è incentivata dall’aver creato attorno al brand una vera e propria community alimentata anche attraverso il sito dedicato Pupa4Fun e la Pupa Nail Academy dedicata ai tutorial per la nail art realizzate in collaborazione con blogger e YouTuber. Spicca in questo senso un abbondante uso della comunicazione visuale (sviluppato anche su Pinterest) in cui vengono presentati i prodotti e le modalità di utilizzo. Fra i dati quantitativi rilevati, Pupa Milano presenta il massimo punteggio per la frequenza di aggiornamento su Twitter (una media di 7,04 tweet al giorno nel periodo di rilevazione) e per il numero di iscritti al canale YouTube (oltre 30.500 nel periodo di rilevazione). Deborah Milano presenta caratteristiche simili a quelle di Pupa Milano, sia per quantità che per qualità della presenza sui social network, ma con un livello di performance lievemente inferiore. Anche in questo caso si punta alla comunicazione di prodotto e al dialogo con le utenti, coinvolgendo anche blogger e YouTuber per la realizzazione di tutorial. Spicca in questo senso il livello di commenti sui video più po-
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Fonte: Osservatorio Brands & Social Media
polari del canale YouTube (una media di 114,7 commenti per i 10 video più popolari), concentrati soprattutto sui video tutorial che coinvolgono le YouTuber più famose. Deborah Milano si distingue anche per l’utilizzo sia di Instagram sia di Pinterest, attribuendo così un importante valore alla comunicazione visuale dei prodotti. Fra gli altri brand spiccano Kiko Make Up Milano per quanto riguarda il profilo Twitter dove è leader per i follower (49.900 nel periodo di rilevazione), retweet (una media di 8,10 nel periodo di rilevazione) e listed (il brand è inserito in 111 liste nel periodo di rilevazione). Il brand bergamasco attira, inoltre, un elevato numero di fan, grazie anche a iniziative promozionali ad hoc (oltre 2 mln nel periodo di rilevazione), ma non raggiunge i vertici della classifica per una presenza meno estesa sui social network considerati per l’analisi e per una minore efficacia del canale YouTube rispetto a quella dei primi due classificati. Notevole è, inoltre, la performance di L’Oréal Paris per quanto riguarda la media di commenti e di like su Facebook (rispettivamente una media per post di 89,5 e 1573,75 nel periodo di rilevazione) e per il numero di visualizzazione dei ca-
ricamenti su YouTube (41.622.355 nel periodo di rilevazione). Il brand francese riesce, quindi, a guadagnare il quarto posto in classifica nonostante attui un presidio limitato di piattaforme (Facebook, YouTube e Google+). Da segnalare, infine, le performance di Yves Rocher per quanto riguarda la condivisione dei contenuti Facebook (una media di 1188,82 per post nel periodo di rilevazione), risultato ottenuto anche coinvolgendo le ‘consigliere di bellezza’, molto attive sulla pagina, e il numero di fan su Facebook di Nivea (13.267.517 nel periodo di rilevazione, un dato davvero notevole se si considera che si tratta di una pagina riservata al mercato italiano). Fra le tendenze di settore si può notare l’ormai consolidato utilizzo di tutorial realizzati coinvolgendo famosi make-up artist oppure note make-up YouTuber e blogger, la presenza di una forte fidelizzazione in termini di marca e soprattutto di condivisione della filosofia del brand per quanto riguarda lo stile proposto o l’approccio alla cosmesi. In questa direzione spicca l’attenzione per gli Inci (la composizione dei prodotti) da parte delle fan e clienti di brand che usano, per esempio, materie prime ve-
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Il social network maggiormente utilizzato è Facebook (18/18 brand), seguito da YouTube (17/18) e Twitter (13/18). Spicca l’utilizzo di Google+ (14/18) e sorprende lo scarso utilizzo dei social più visuali, come Pinterest (5/18) o Instagram (6/18)
getali oppure che storicamente non effettuano test sugli animali. “Quello della cosmetica - dichiara Nicolò Michetti, ceo Digital PR - è da sempre un tema molto dibattuto sui social media. È un settore dove si parla molto di prodotto e dove la componente visiva è molto forte. Molti brand hanno saputo cogliere quest’opportunità, avviando una conversazione attiva con i propri interlocutori sulle più varie piattaforme social e rivelandone un uso maturo rispetto ad altri comparti. Chi eccelle deve il proprio successo non solo a un uso estensivo e accurato delle varie piattaforme, ma anche alla capacità di adattare sapientemente i messaggi e le storie alle diverse caratteristiche dei canali social, con la creazione di vere e proprie brand nc community”.
la comunicazione vista dall’aldo_nc
Aldo Biasi, presidente Aldo Biasi Comunicazione
UN VELO DI MISTERO FA BENE AL DESTINATARIO, ANCHE IN PUBBLICITÀ: ATTIVA LA CIRCOLAZIONE, TIENE DESTI I SENSI E FA LAVORARE L’IMMAGINAZIONE. È UN TIPO DI SOLLECITAZIONE CHE SCATTA, NON SOLO NEL RITUALE DELLO STRIP-TEASE, MA ANCHE NELLA PRASSI DELLA COMUNICAZIONE.
IL DESTINATARIO È UN CONSUMATORE DIVERSAMENTE ABILE? Per comunicare efficacemente con i propri destinatari, la pubblicità deve saper giocare a carte scoperte esplicitando le proprie intenzioni. Ciò che è implicito e che non è comunicato con chiarezza rischia di cadere nel pozzo oscuro del misleading. Ma è vero anche il contrario: la comunicazione ‘papale papale’, sbandierata con orgoglio tronfio da tanti pubblicitari, altrimenti definita ‘a prova di scemo’, rischia di essere veramente tale: una sequela di asserzioni piatte, destinate a una massa di minus habens. Spesso dimentichiamo che un velo di mistero fa bene al destinatario: attiva la circolazione, tiene desti i suoi sensi e fa lavorare l’immaginazione; è un tipo di sollecitazione che scatta non solo nel rituale dello strip-tease, ma anche nella prassi della comunicazione. Nell’adv made in Italy c’è però scarsa considerazione nei confronti del target. Tra la componente visuale (art) e quella verbale (copy) si privilegia e ci si affida largamente a quest’ultima. L’aspetto iconografico, penalizzato, diventa accessoriale, optional, supplementare. In Italia, è la parola a essere fondativa e inequivoca: i codici e la giurisprudenza sono scritti, non disegnati. Il senso, nella decodifica dell’immagine, slitta, sbanda, si carica di significati equivoci e incomprensioni. La parola, al contrario, scorre su un binario più rigido dove il senso può essere acclarato fino in fondo e, senza fraintendimenti, accolto dal target immaturo. Usare le parole per spiegare (togliere la piega, come suggerisce l’etimo) significa inevitabilmente appiattire. Pensate a un
foglio appallottolato. Quanto mistero c’è nel contenuto non svelato, quanta eccitazione sprigiona l’oscura sfera mentre la si disfa per metterla in piano e in chiaro: “Il segreto per riprodursi ha bisogno di negarsi” (Jankélévitch). L’eros dello strip-tease torna per un attimo a echeggiare. Sulla cultura visual storicamente si è determinata un’arretratezza tutta italiana. Prima ancora che all’interno dell’adv, già sul piano del gusto, le differenze tra l’italico sentire e il mondo anglosassone appaiono significative: si pensi alla finezza tutta inglese nell’uso addomesticato e diffuso del colore negli infissi e nei manufatti; nel lettering delle insegne degli esercizi commerciali; nella segnaletica degli aeroporti. In quel contesto, la grafica e le immagini si esprimono con un loro linguaggio, il senso non ha bisogno delle parole della nostra stagnante cultura crociana per giungere a destinazione. Per gli italiani il discorso è diverso. Essendo il consumatore un immaturo, su di lui la marca esercita un’azione di tutorship puntuale, meticolosa, spesso volgare, ma sempre ‘a prova di scemo’. Le aziende non vogliono abdicare alla spiegazione spinta ai confini dell’ovvio e perpetuano la relazione marca-adulta versus consumatore-bambino. Di tutto ciò, la nostra comunicazione reca tracce profondissime e deleterie. Non faccio esempi, perché non ho voglia di mortificare dei colleghi che già soffrono abbastanza. Nella cultura anglosassone le cose vanno diversamente. Avendo rispetto per il consumatore, lo considerano adulto e
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perfettamente in grado di ragionare in autonomia: “Il consumatore non è uno stupido. Il consumatore è tua moglie” (David Ogily). Avendo fiducia nel genere umano, gli anglosassoni si permettono l’uso dell’ironia, la cui pratica presuppone intelligenza, disincanto e distacco critico. In questo scenario, il destinatario è affrancato dalla comunicazione teleguidata e ampiamente prevedibile ed è stimolato a percorrere autonomamente la distanza che lo riconnette all’emittente (feedback), sa che deve contribuire alla costruzione del messaggio elaborando quel supplemento di senso che gli compete. I nostri film sono troppo parlati... all’espressività dell’attore preferiamo le dichiarazioni banalmente esplicite. Facciamo fatica ad accettare che a volte le immagini possano raccontare più, e meglio, delle parole. In un vecchio annuncio stampa, Bill Bernbach mostra un Maggiolino Volkswagen con una gomma bucata e il proprietario accovacciato accanto al pneumatico sgonfio, mentre l’head-line che campeggia in cima all’annuncio ci dice ‘Nobody’s perfect’. Da un lato, mette in crisi l’eroe (l’auto) dall’altro lascia che sia il pubblico a pensare... però è una gran macchina... però è un mulo... però costa un terzo delle altre... però... Ogni lettore diventa un avvocato difensore del Maggiolino ‘raccontando’ a se stesso, senza parole, quell’umanissimo momento di defaillance dell’auto. Quest’annuncio è un grande attestato di fiducia nel pubblico che da solo riesce a chiudere il cerchio della comunicazione. nc
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Media Person of the Year
VITTORIO BONORI, L’INNOVAZIONE AL SERVIZIO DELLA STRATEGIA UN MANAGER CHE IN POCHI ANNI HA SAPUTO RIDARE LUSTRO A LIVELLO NAZIONALE ED ESTERO A ZENITHOPTIMEDIA ITALIA, GRAZIE A UNA VISIONE STRATEGICA ATTENTA AGLI ASPETTI QUANTITATIVI E ALLE NUOVE DISCIPLINE CHE SI AFFERMANO SUL MERCATO, INSIEME A UN APPROCCIO AL CLIENTE BASATO SULLA CONSULENZA E LA PARTNERSHIP. QUESTE LE RAGIONI PER CUI VITTORIO BONORI SI AGGIUDICA AGLI NC AWARDS 2014 IL PREMIO DI ‘MEDIA PERSON OF THE YEAR’. DI ILARIA MYR
Sapersi adattare ai rapidi e continui mutamenti del mercato, mettendosi costantemente in gioco e avendo la capacità di correggere il tiro anche in corso d’opera: si potrebbe sintetizzare in questo modo il concetto di ‘strategia adattiva’ definito dall’agenzia di consulenza Bain e che Vittorio Bonori, ceo ZenithOptimedia Italia, South Med & Mena, premiato come ‘Media Person of the Year’ agli NC Awards 2014, considera il corretto e unico approccio per guidare una società di comunicazione in un mercato convulso, in crisi, e sempre in movimento. Una strategia, questa, che l’ha portato in questi anni a riportare sulla scena della comunicazione nazionale e internaziona-
le l’agenzia media del Gruppo Publicis, che ha raddoppiato la propria dimensione e la quota in un mercato, che nel corso degli ultimi due anni ha perso un terzo del valore. Con la holding di appartenenza, che oggi vanta il terzo posto nella classifica Recma (era al 7° nel 2007) e il primo nel Recma Quality Score, ZenithOptimedia Italia è tornata nei top 6 mercati mondiali per dimensione, riportando il valore dell’italianità nel mondo. Un approccio, il suo, fortemente attento alle risorse umane interne, che ha ampliato e valorizzato, inserendo nuove professionalità e competenze. Ma anche, e soprattutto, un approccio manageriale focalizzato al rendimento e all’acquisizione di nuovi clienti, fra i quali si annoverano importanti realtà come Daimler, Direct Line, Martini e Rossi-Bacardi, Omega Pharma, Sca, Toyota e Vichy, che hanno portato a nuove revenue per circa 200 milioni di euro. All’importante riconoscimento alle capacità manageriali del suo ceo, ottenuto agli
Vittorio Bonori, ceo ZenithOptimedia Italia, South Med & Mena
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Dieci persone selezionate con un concorso su Facebook, sedute a fianco del corridore di F1 Jarno Trulli, tracciavano una strada sullo schermo di un tablet, che veniva poi ripercorsa da Trulli nel minor tempo possibile
NC Awards 2014, ZenithOptimedia Italia ne aggiunge altri quattro: il secondo premio (ex-aequo) come ‘Best Media Agency’ (il primo l’aveva conquistato nel 2013) e il secondo e il terzo premio rispettivamente nelle categorie ‘Evento’ e ‘Campagna televisiva/cinema’ e ‘Auto e altri veicoli’ con la campagna ‘Trace your roadTraccia la tua strada’ per Lexus. Un progetto, questo, molto eloquente del modus operandi dell’agenzia media, in quanto fortemente basato sugli insight della ricerca TouchPoints Roi Tracker, oggi la più grande al mondo tra quelle che esplorano la relazione marche-consumatori-touchpoints. Inoltre, si tratta di un progetto altamente innovativo, nato da una collaborazione straordinaria tra cliente, agenzia media e agenzia creativa, fortemente incentrata sulle piattaforme digitali. Per quello che riguarda il premio all’agenzia, è una grande soddisfazione, che arriva dopo un solo anno dall’assegnazione del primo premio come ‘Best Media Agency’, confermando così che la strada intrapresa è quella giusta. La parola al diretto interessato. Essere nominato ‘Media person of the year’ rappresenta un riconoscimento a un approccio professionale vincente. Quali sono, a suo avviso, le motivazioni che han-
no spinto l’editore ad assegnarglielo? Sono senza parole. Sono molto felice che questo premio venga da un editore del settore così importante come Adc Group. Per quanto riguarda le ragioni per cui mi è stato assegnato, mi piace pensare che sia per i traguardi che non solo io, ma tutta l’azienda è riuscita a raggiungere negli ultimi cinque anni, da quando cioè ZenithOptimedia Italia vive un ciclo positivo. Un primo ingrediente determinante sono senza dubbio le persone che vi lavorano: abbiamo attirato in azienda professionisti con ottime capacità non solo professionali. Fra tutti regna un’atmosfera di collaborazione, che ci viene riconosciuta spesso an-
che dai clienti, a cui diamo l’immagine di un gruppo affiatato. Un altro aspetto importante riguarda gli investimenti fatti in questi anni in aree in cui credevamo fin dal principio: digitale, tecnologia, misurazione, ricerche, prodotti e, non da ultimo, professionalità competenti. L’ultimo elemento a mio avviso fondamentale di ZenithOptimedia Italia, e più in generale del gruppo a livello internazionale, è l’avere avuto la visione giusta, quella capacità cioè di anticipare il mercato nel cogliere i cambiamenti in atto. Quali sono le caratteristiche necessarie oggi a un manager della comunicazione per affrontare un mercato complesso e articolato come quello attuale? Innanzitutto, la visione strategica. Viviamo in una fase storica in cui quello che vince è una buona strategia, che può decisamente cambiare le sorti di un’azienda o di un marchio. Oggi, più che mai, sono necessari un metodo disciplinato e quantitativo, conoscenze sempre aggiornate nelle nuove discipline, con una competenza verticale nelle
CHI È_ 46 anni, bolognese di origine, sposato con due figli, Vittorio Bonori nel 1992 si laurea in scienze statistiche ed economiche presso l’Università di Bologna. Inizia la propria attività professionale nel 1992 a Londra, occupandosi di ricerche di mercato e modellistica econometrica. Rientrato in Italia entra a far parte di Initiative Media (Gruppo Interpublic) per occuparsi di media research. Nel 1995 viene chiamato a dirigere la divisione media research di Optimedia Italia (Gruppo Publicis) e diventa vice direttore generale della stessa società nel 2000. In seguito alla nascita di ZenithOptimedia Group (dalla fusione tra Optimedia e ZenithMedia), viene nominato direttore generale della nuova realtà per diventarne coo nel 2005. Dal gennaio 2008 assume la carica di ceo dell’agenzia e, dal 2012, la sua responsabilità si estende all’area South Med & Mena, entrando così a far parte dell’executive board di ZenithOptimedia Group. È stato professore a contratto presso la Facoltà di Economia di Pisa ed è autore di diverse pubblicazioni sul tema della misurazione del Roi.
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Touchpoints Roi Tracker è una metodologia di ricerca progettata da Zog per identificare il contributo di ogni ‘forma di contatto’ fornendo metriche in grado di quantificare e rendere comparabili i contatti paid, owned ed earned
Per questo ha senso oggi parlare di ‘aziende media’, più che di centri media.
nuove aree, e una capacità creativa nell’immaginare gli schemi comunicativi in modo diverso. È quello che l’azienda di consulenza Bain definisce ‘strategia adattiva’ e che si traduce anche nella capacità di correggere la rotta in corso d’opera, per stare al passo con un mercato che cambia in modo rapidissimo. Quali sono le principali tendenze in atto nel settore della comunicazione? Il nostro settore è oggi pervaso da diversi elementi. Uno di questi è sicuramente la spinta alla concentrazione di molti settori dell’industry, come difesa alla forte riduzione di risorse. C’è poi ovviamente anche la tendenza all’ibridazione dei modelli di business, con editori che si mettono a fare i distributori o piattaforme distributive che cercano di diventare essi stessi editori. Tutto ciò
crea non poca confusione all’interno del nostro settore, e comporta dei rischi non trascurabili. Personalmente sono convinto che per uscire da questa difficile situazione ogni azienda debba focalizzarsi sul proprio core-business. Sia chiaro, non critico questa tendenza dei player ad allargare le proprie competenze, in quanto in molti casi si tratta di un nobile tentativo di far fronte al calo di investimenti e di cercare nuove aree di ricavo. Penso però che questa strategia possa sì essere utile nel breve termine, ma che nel lungo diventi rischiosa. Per quanto riguarda ZenithOptimedia, il posizionamento è molto chiaro: l’industry dei centri media si sta muovendo verso il ‘consultancy business’, il fornire cioè una consulenza strategica nell’ambito media e comunicazione fortemente supportata dai dati e dalla tecnologia.
ZENITHOPTIMEDIA_I PREMI VINTI AGLI NC AWARDS 2014_ 2° PREMIO (EX AEQUO) BEST MEDIA AGENCY MEDIA PERSON OF THE YEAR ‘Trace your road - Traccia la tua strada’ (Lexus) 2° Premio ‘Evento’ 2° Premio ‘Campagna Televisiva/Cinema’ 3° Premio ‘Auto e Altri Veicoli’
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Agli NC Awards 2014 ZenithOptimedia Italia si è aggiudicata il secondo premio come ‘Best Media Agency’ e ben tre riconoscimenti con il progetto ‘Trace your road’ per Lexus. Come spiega questo successo? La campagna sviluppata per Lexus è un esempio molto chiaro del nostro modus operandi, innanzitutto perché ha una strategia data driven, che nasce dagli insight di una ricerca sui touch point. Inoltre, si tratta di un progetto altamente innovativo, che lavora molto sulle piattaforme digitali e che produce risultati straordinari, a fronte di un budget non altissimo. Per quello che riguarda il premio all’agenzia, è una grande soddisfazione, che arriva dopo un solo anno dall’assegnazione del primo premio come ‘Best Media Agency’, confermando così che la strada intrapresa è quella giusta. ZentithOptimedia Italia è tornata nei top 6 mercati mondiali per dimensione. Che cosa significa questo? Quanto l’italianità è considerata un valore all’interno del gruppo? Sono molto soddisfatto di essere riuscito a riportare l’Italia fra i primi posti del network, anche perché questo testimonia il valore della cultura italiana e la nostra serietà professionale. Troppo spesso alcuni colleghi stranieri mi dicono “Sei molto efficiente, sei sicuro di essere italiano?”, e certo questo non mi fa piacere e non ci fa onore. Il mio sforzo è quindi quello di fare capire che anche in un mercato difficile come quello italiano si può promuovere innovazione e sviluppo.
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In questi anni lei è riuscito a raddoppiare i risultati dell’azienda e a registrare importanti new business. Come ci è riuscito, in un momento così difficile come quello attuale per il mercato? Mediante un lavoro di gruppo con le persone che lavorano con me, siamo riusciti a mettere in piedi un approccio che piace al mercato, basato su semplicità, innovazione e continui investimenti nelle aree più dinamiche. Abbiamo ritenuto corretto reinventare l’organizzazione interna almeno tre volte negli ultimi due anni, per riuscire a rispondere meglio alle esigenze dei clienti. Da un modello organizzativo gerarchico, tipico delle agenzie media tradizionali, abbiamo quasi letteralmente rovesciato la piramide, progettando figure professionali caratterizzate da una maggior capacità di interpretare le esigenze dei clienti in modo strategico e consulenziale.
Allo stesso tempo, abbiamo cercato di promuovere i giovani talenti, dando loro maggiori responsabilità e delega, laddove meritati. Fra le nuove aree in cui siete maggiormente attivi vi sono quelle legate al performance marketing, elemento fondante del vostro posizionamento di ‘Live Roi Agency’. Come agite in quest’ambito? In quest’area siamo operativi con la nostra società Performics, che proprio di recente si è aggiudicata il premio di Best Agency
Ninah Italia è la divisione che si occupa dello sviluppo di modelli econometrici a supporto delle attività di marketing dei clienti, con l’obiettivo di ottimizzarne efficacia ed efficienza
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Attraverso skill unici, tecnologie esclusive e un’esperienza decennale, Performics, global performance agency di Zog, ha ridefinito l’approccio al performance marketing estendendo i principi del search a tutti i mezzi digitali
of the Year all’European Search Award, confermando così la qualità dei nostri prodotti e servizi. Il modello che utilizziamo è molto semplice: per ogni cliente vi è un team dedicato che si occupa della strategia, che viene poi concretizzata da specialisti verticali. A Performics si affiancano le altre divisioni del gruppo: Newcast, che si occupa di branded content, e, da quest’anno, Ninah, la cui attività è prevalentemente incentrata sullo sviluppo di modelli econometrici a supporto delle attività di marketing dei clienti, con l’obiettivo di ottimizzarne efficacia ed efficienza. Questi brand ci assicurano la possibilità di seguire il mercato, coniugando la capacità di essere generalisti, che da sempre caratterizza ZenithOptimedia, con una grande specializzazione in queste discipline. nc
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il giornale della nuova comunicazione
NC Awards 2014 Media Person of the Year
Vittorio Bonori L’innovazione al servizio della strategia