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Purtroppo, la nostra società pullula di genitori la cui vita è tutta concentrata sui figli. Una semplice passeggiata in un centro commerciale o in un negozietto locale è già sufficiente a rivelare questa triste verità. Il quasi incessante piagnisteo dei bambini indisciplinati induce la persona attenta a chiedere: “Ma di chi è la responsabilità?”. In questo libro gli autori presentano una serie di consigli pratici e biblici, utili a quelle madri e a quei padri desiderosi di crescere i propri figli nel timor di Dio. Paul e Karen Tautges sono genitori di dieci figli. Paul è un pastore, insegnante biblico e autore di numerosi libri che attengono a temi riguardanti l’assistenza spirituale nei vari ambiti della vita. Sua moglie Karen è una brava casalinga e insegnante. Insieme vivono nella città di Plymouth, nel Wisconsin, U.S.A.

ISBN 978-88-89698-49-5

Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 2284970 - Fax 06 2251432 adi@adi-media.it - www.adi-media.it

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Consulente editoriale: Dott. Paul Tautges


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INDICE

Introduzione 1 I tristi risultati dell’educazione tutta centrata sul proprio figlio

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2 Stai crescendo un Caino?

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3 Coltivare piante e scoccare frecce

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4 Le sette leggi della sculacciata

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Conclusione

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Spunti per la riflessione personale

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Titolo originale: “Help! My Toddler Rules the House” © Day One Publications 2010 Published by Day One Publications Ryelands Road, Leominster, HR6 8NZ Edizione italiana: “Aiuto! A Casa Comanda Mio Figlio” © ADI-Media Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 06 2284970 Fax 06 2251432 Email: adi@adi-media.it Internet: www.adi-media.it Servizio Pubblicazioni delle Chiese Cristiane Evangeliche “Assemblee di Dio in Italia” Gennaio 2011 - Tutti i Diritti Riservati Traduzione: A cura dell’Editore - M.P. Tutte le citazioni bibliche, a meno che non sia indicato diversamente, sono tratte dalla Bibbia Versione Nuova Riveduta - Ed. 1996 Società Biblica di Ginevra - Svizzera Stampa: Produzioni Arti Grafiche - Roma

ISBN 978 88 89698 49 5


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INTRODUZIONE

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on ce la facciamo più. Siamo intenzionati a por­ tare nostro figlio da uno psichiatra!”, esclamò Caleb mentre sua moglie, Susie, annuì spossata (1). Questi nuovi membri della comunità vennero a casa nostra a trovare me e mia moglie, un giovedì sera, per­ ché dissero che avevano bisogno di un consiglio a causa di alcuni problemi in famiglia. Durante la nostra chiac­ chierata, saltò fuori che il comportamento del loro fi­ glioletto di tre anni li aveva ridotti allo stremo. Era lui a comandare in casa! Restammo ad ascoltarli da che si se­ dettero sul sofà del soggiorno. Poi cominciammo a spie­ gar loro i principi biblici sull’educazione dei figli, l’im­ portanza dell’ubbidienza che devono mostrare, e i di­ versi significati di correzione così come descritta nella Parola di Dio, la Bibbia. Dopo che insieme decisero di voler applicare con coerenza quanto avevamo loro inse­ gnato, pregammo e se ne tornarono a casa. Due domeniche dopo, Caleb e Susie si avvicinarono a noi all’ingresso della sala culto e annunciarono trionfan­ ti: “Abbiamo un altro figlio, ora!”. Caleb descrisse i cam­

1. Questi nomi sono fittizi, sebbene il racconto sia basato su una storia vera.

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biamenti che stavano osservando nell’attitudine e nel comportamento del loro bambino da quando avevano cominciato ad applicare fedelmente i principi biblici che gli erano stati spiegati. Avevano iniziato a conside­ rare la Bibbia come rivelazione di Dio e, perciò, autore­ vole per la propria famiglia. E stavano già vedendo come la sua applicazione avesse comportato delle profonde differenze in casa. Presumiamo che tu abbia comprato questo libricino perché qualcuno che conosci o tu stesso ti trovi ad af­ frontare la difficile sfida dell’educazione dei figli in un mondo in rovina e hai bisogno di un po’ d’aiuto. Questo opuscolo contiene un consiglio fondamentale che ab­ biamo dato a molte coppie nel corso degli anni, come nel caso di Caleb e Susie. Crediamo e preghiamo che tu possa trovare l’aiuto che cerchi, insieme all’incoraggia­ mento, attraverso i suggerimenti pratici contenuti in queste pagine.

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I tristi risultati di un’educazione tutta centrata sul figlio

L

a famiglia è centrale nell’educazione dei figli, per­ ché rappresenta la struttura primaria per la crescita e la sicurezza del bambino. Mai come oggi il mestiere del genitore è così difficile, ma è assolutamente necessa­ rio essere capaci di svolgere il proprio ruolo nel modo giusto. La genitorialità, ovvero quel processo dinamico attraverso il quale si impara a diventare genitori capaci di prendersi cura dei figli e di rispondere in modo suffi­ cientemente adeguato ai loro bisogni, rappresenta un elemento fondamentale sia per lo sviluppo del fanciullo nella sua personalità individuale sia in quello della fami­ glia nel suo insieme. Purtroppo, la nostra società pullula di genitori la cui vita è tutta concentrata sui figli. Una semplice passeg­ giata in un centro commerciale o in un negozietto loca­ le è già sufficiente a rivelare questa triste verità. Il quasi incessante piagnisteo dei bambini indisciplinati induce la persona attenta a chiedere: “Ma di chi è la responsabi­ lità?”. Gli autori di questo libricino non sono i soli ad es­ sere preoccupati per questa «epidemia». Diversi anni fa,

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il nostro quotidiano locale dedicava quasi un quarto di pagina a un articolo della Associated Press dal titolo: “E dai, e dai, e dai, ti prego! L’assillo è diventato una regola per molti giovani” (1). L’articolo commentava i risultati di un sondaggio commissionato dal Center for a New Ame­ rican Dream (Centro per un Nuovo Sogno Americano), che “promuove un consumo responsabile di risorse e beni”. In altre parole, il Centro era preoccupato per il potere che i pubblicitari esercitano sulle giovani menti e sperava di “persuadere il Congresso ad approvare leggi che limitassero ulteriormente la pubblicità indirizzata alla fascia dei fanciulli”. Ma è davvero questa la risposta? Abbiamo bisogno di più leggi che regolino il mercato pubblicitario? Non è piuttosto come voler mettere una benda a un osso rotto? Esiste una soluzione migliore? Probabilmente la risposta è quella di tornare a fondarsi su una delle pietre fondamentali dell’educazione: eser­ citare l’arte di essere genitori secondo i principi di un’au­ torità divinamente delegata, cioè secondo quanto stabi­ lito nella Parola di Dio. Non stiamo dicendo che ogni genitore, indistinta­ mente, deve credere che la propria autorità proceda dall’Alto al fine di essere un “buon genitore” agli occhi della società. Ma ci aspettiamo questo almeno dai geni­ tori credenti, che fanno della Bibbia la propria regola di fede e di condotta. In ogni caso, sembra che, in fondo, ogni persona – credente e no ­ sia piuttosto contrariata 1. Martha Irvine, sta in “The Sheboygan Press”, 18 giugno 2002.

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dall’idea di un bambino che domina sui genitori. Di fat­ to, abbiamo fortemente bisogno, oggi, di un tipo d’inse­ gnamento orientato specificatamente proprio verso i genitori, affinché possano comprendere che, in un certo senso, Dio ha delegato parte della Sua autorità proprio a loro, e lo ha fatto esclusivamente in vista del benessere dei figli: il punto è che i genitori devono esercitare que­ sta autorità, senza remore e senza sentirsi antiquati. Al­ lo stesso modo, però, i genitori non devono abusarne, perché, attualmente, quasi tutto ciò che interferisce con l’apparente e immediata soddisfazione di un capriccio è, per certi versi, travisato e considerato come una forma di “abuso”. In ogni caso, i genitori hanno seriamente bisogno di essere consapevoli che la cosa più giusta e amorevole che possano fare per i propri ragazzi è quella di assume­ re responsabilmente il proprio ruolo di conduttori della famiglia. Sono loro che devono avere il controllo. I figli devono essere educati anche con dei “no!”. Betsy Taylor, il direttore esecutivo del su menzionato centro, che ha la sua sede nello stato del Maryland, lo conferma: “Fon­ damentalmente”, dice, “è responsabilità del genitore impostare al meglio i limiti d’azione dei propri figli e at­ tenersi ad essi”. “Quando si arriva all’assillo”, recita il su citato articolo, il 55% dei giovani intervistati dichiara di riuscire “di solito a ottenere dai propri genitori quanto richiede”. Inoltre, il 60% di loro ammette di poter “ma­ nipolare i propri genitori su ‘cose piccole’ prima di ini­ ziare con quelle grandi”. Marian Salzman, direttore stra­

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tegico di un’agenzia pubblicitaria, dichiara che “i figli sono ormai il fulcro portante di molte famiglie moder­ ne” e che convincere loro significa assicurarsi una fetta significativa di mercato. È assolutamente vero! I giovani intervistati vanno dai dodici ai diciassette anni, ma “gli esperti dicono che la ‘strategia dell’assillo’ è una tecnica affinata ben prima di quell’età”. Sono un po’ riluttante ad ammetterlo, ma almeno in questo caso gli esperti hanno proprio ragione. I segnali, piuttosto imbarazzanti, di genitori tutti concentrati sui figli non cominciano a manifestarsi nei negozi d’abbigliamento a 12 o 13 anni, iniziano a vedersi quando sono ancora più piccoli! Infatti, i genitori mostrano la loro morbosa at­ tenzione nei confronti dei propri figli prima ancora che la culla sia smontata e portata in soffitta. Per il genitore tutto assorbito dal figlio, il mondo ruota solamente at­ torno a questo piccolo batuffolo di gioia. Questo tipo di persone ragiona più o meno così: “Non possiamo andare qua perché altrimenti s’interrompe l’ora del pisolino del piccolo Bobby”. “Non possiamo andare là perché alla piccola Sally non piacerebbe quel cibo”. “Se facciamo quello o quest’altro, Joey può agitarsi”. “Se stasera uscia­ mo, Julie farà passare alla babysitter dei momentacci”. E così via. Sembra che ogni volta che il piccolo pianga, ab­ bia inizio una nuova crisi familiare. Si scatenano tensio­ ni e manifestazioni d’insofferenza tra coniugi. Al contrario, i padri e le madri che davvero amano i propri figli non sono colpevoli di questa epidemia di in­ dulgenza. Ad averne la colpa sono coloro che pensano di

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amare i loro figli, ma che in realtà amano molto più sé stessi. Che cosa vogliamo dire? Il vero amore è lungimi­ rante nei confronti della persona amata. Questo signifi­ ca che è più amorevole dire a una persona una verità che fa male, piuttosto che stare a guardare silenziosamente la sua autodistruzione. È un gesto d’amore ancor più grande educare i propri figli a non giocare per la strada, piuttosto che lasciarli investire da un’auto. È più amore­ vole dire “No!” agli avidi, piccoli figli per prepararli a vi­ vere in un mondo ostile dove non tutto andrà come si vorrebbe, dove i propri capricci non saranno per niente soddisfatti. I genitori saggi fanno questo, e non usano i propri figli come una sorta di manto di protezione per­ sonale, ma sopportano con fermezza inconvenienti temporanei (come punirli per gli scatti d’ira) perché credono, a ragione, che i propri figli, un giorno, li ame­ ranno proprio per non essere stati accondiscendenti, ma piuttosto inflessibili. Purtroppo, in linea di massima, essere remissivi e permissivi è considerato oggi il modo normale di essere genitori. Il sondaggio menzionato sopra rileva che “an­ che quando i loro genitori dicono ‘no’, circa sei fanciulli su dieci continuano a lagnarsi in media nove volte”. Lo stesso sondaggio “prova che il 10% dei ragazzi di 12, 13 anni dice di chiedere ai propri genitori più di cinquanta volte le cose che hanno visto pubblicizzate in televisio­ ne”. Gli addetti ai lavori lo definiscono il “fattore assil­ lo”. In Italia, “ci sono circa 4,5 milioni di bambini tra i 3 e gli 11 anni … che hanno una disponibilità di 800 milioni

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di euro. I bambini sono 3 mercati in uno: acquistano con denaro proprio, influenzano gli acquisti dei genitori, so­ no i clienti di domani. I genitori hanno la tendenza a non dire mai No, a preservare i bambini dal sacrificio, dalla frustrazione …” (2). E le agenzie pubblicitarie conti­ nuano a fare affidamento su questo elemento. Si stima che il “fattore assillo” sarà responsabile della produzio­ ne, entro la fine del 2010, dell’equivalente di 40 miliardi di dollari di spesa per bambini dai 4 ai 12 anni. È sicura­ mente un prezzo molto alto che genitori pigri e no do­ vranno pagare. Ma cosa dicono le Scritture? La Parola di Dio ci fornisce un consiglio affidabile contro questa ten­ denza? Sì, certamente. Infatti, essa mette in guardia contro una forma di genitorialità tutta concentrata sui figli, e lo fa per almeno tre ragioni.

L’educazione centrata sul figlio porta al disonore dei genitori Quando i nostri figli assistono ai “capricci da centro com­ merciale” di qualche altro bambino, molto spesso com­ mentano così quella condotta riprovevole: “Papà, hai visto che fa quel ragazzo?”; “Mamma, hai sentito cosa ha detto quella ragazza a sua madre?”. Per non parlare dei veri e propri insulti che bambini di scuola elementare rivolgono

2. Chiara Mauri, docente Università Bocconi, MI. Sta in L’Espresso, 4 novembre 2010 - Società, Baby Business, Piccoli Shopper Crescono, pagg. 168, 169. N.d.R.

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a madri sorridenti, pronte a giustificarli dicendo: “Beh, è soltanto un bambino”. Quando questo accade, ricordia­ mogli prontamente che quei ragazzi stanno facendo sol­ tanto ciò che una negligente educazione ha permesso di far scaturire dal loro cuore peccaminoso. Per la scarsa fer­ mezza nel far rispettare il primo, secondo, e terzo “no”, la madre e il padre corrono il rischio di sentirselo ridire per nove volte, fino ad arrivare a una ribellione aperta. In altre parole, nonostante la vera colpa sia del figlio, la vergogna più grande, a questo punto, ricade sui genitori, che do­ vrebbero conoscerlo e amarlo abbastanza da educarlo a comportarsi come si conviene. È inevitabile la domanda silenziosa di chi assiste a certe scenate: “Cosa c’è che non va nel genitore?”. Non è altro che la conferma del versetto: “La verga e la riprensione danno saggezza, ma il ragazzo lasciato a sé stesso, fa vergogna a sua madre” (Proverbi 29:15)

L’educazione centrata sul figlio alimenta stili di vita autodistruttivi Il peggior esempio di un’educazione centrata sul figlio che si trova nella Bibbia è la triste storia di Eli, sacerdote d’Israele. La storia di quella famiglia è un classico esem­ pio di cosa succede quando un genitore ha troppo ri­ guardo per suo figlio o sua figlia. Si produce un’inversio­ ne di ruoli tra i più imbarazzanti: per la famiglia di Eli le

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conseguenze furono niente meno che mortali. L’avver­ timento divino giunse al sacerdote per bocca di un uo­ mo di Dio, il quale dichiarava che il giudizio del Signore stava per cadere su lui e sui suoi figli, perché Eli onorava loro più del Signore stesso (cfr. I Samuele 2:29). Come risultato, il suo sacerdozio sarebbe stato troncato (2:31) ed entrambi i suoi figli, Ofni e Fineas, sarebbero morti tragicamente nello stesso giorno (2:34). Soltanto pochi giorni dopo, il giovane servo di Eli, Samuele, fu svegliato nel sonno dalla voce del Signore. Dio spiegò, “Io ho pre­ detto [a Eli] che avrei esercitato i miei giudizi sulla sua casa per sempre, a causa dell’iniquità che egli ben cono­ sce, poiché i suoi figli hanno attirato su di sé la maledi­ zione ed egli non li ha sgridati” (I Samuele 3:13). In seguito, Israele andò in battaglia contro i Filistei e su­ bì una sconfitta totale. Morirono trentamila soldati, l’arca del patto fu portata via e Ofni e Fineas morirono nello stes­ so giorno, esattamente come Samuele aveva profetizzato (cfr. I Samuele 4:10, 11). Che tragica fine! Purtroppo, le con­ seguenze non si fermarono con Eli. Sembra, infatti, che Samuele abbia seguito il suo infelice esempio, perché quando i propri figli crebbero essi “non seguirono le sue or­ me, ma si lasciavano sviare dall’avidità, accettavano regali e pervertivano il giudizio” (I Samuele 8:3). Quale fu il problema? Eli non riuscì a dire no ai propri figli e ad attenervisi. Cioè, rinunciò all’autorità conferita­ gli da Dio per indirizzare i suoi figli nelle vie della giusti­ zia. Quando venne a sapere del loro vergognoso compor­ tamento auto indulgente, non reagì con il grado di severi­

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tà commisurato alla situazione (cfr. 2:12­17). Al contrario, egli permise che essi governassero la casa. La sua corre­ zione sembrò uno schiaffetto sulle mani dei figli, mentre accennava una sorta di blanda riprensione con le parole: “Non fate cosí, figli miei, poiché quel che odo di voi non è buono …” (2:24). Questa reazione è tipica dei genitori succubi dei propri figli; incapaci come sono di esercitare la propria autorità di genitore, se la cavano con un “è me­ glio ragionarci” che, in questo caso, non è altro che un pa­ ravento per le proprie inadempienze. Essi temono la rea­ zione dei loro ragazzi più di quanto temano Dio stesso. D’altronde, la genitorialità così esercitata richiede un uso fermo dell’autorità divinamente delegata, e questo pro­ prio per proteggere i figli dalla loro stessa stoltezza. Il pa­ store Jim Newheiser ha ragione quando scrive: “Trascura­ re la disciplina è tra le peggiori forme di violenza esercita­ ta sui figli” (3). Essere genitore, d’altronde, significa “pren­ dersi cura dei propri figli” nei più diversi aspetti della loro esistenza e questo non può prescindere dall’esortarli, am­ monirli, istruirli e disciplinarli.

L’educazione centrata sui figli è una sorta di rinuncia all’Autorità e alla Responsabilità conferiteci da Dio Anche il re Davide si beccò l’acquazzone torrenziale di sofferenza che spesso arriva quale risultato di una forma 3. Jim Newheiser, Aprire i Proverbi (Leominster: Day One, 2008), 151.

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di educazione centrata e condizionata dai propri figli. Sul suo letto di morte gli giunse la voce che suo figlio Adonia “… mosso dall’ambizione, diceva: ‘Sarò io il re!’ E si procurò carri, cavalieri, e cinquanta uomini che corre­ vano davanti a lui” (I Re 1:5). Avremmo dovuto chiederci cosa aveva portato a questa condotta, se lo Spirito Santo non ci avesse dato il versetto successivo che lo spiega: “Suo padre non gli aveva mai fatto un rimprovero in vita sua, dicendogli: ‘Perché fai così?’” (I Re 1:6). Adonia fu un altro triste prodotto dell’eccessiva indulgenza di un genitore. Non vogliamo dire con questo che la sua ribel­ lione fu interamente colpa del re. Il figlio di Davide era responsabile delle proprie azioni. Ma ciò che è evidente dal testo è che Adonia non conosceva la virtù dell’auto­ disciplina, virtù che solitamente si sviluppa grazie alle lezioni che s’imparano dalla disciplina materna e pater­ na. Una correzione fedele da parte dei genitori è uno de­ gli strumenti più efficaci di Dio per lo sviluppo dell’au­ to­controllo nell’indole dei figli. Genitori, il nostro esempio del timore del Signore è di grande importanza, ma non è sufficiente. Non lo fu per Eli, Samuele e Davide. Esso deve essere accompa­ gnato dall’esercizio appropriato dell’autorità conferitaci da Dio, in qualità di genitori. Questi tragici esempi illu­ strano il fatto che i figli viziati spesso vivono il loro auto­ compiacimento fino all’età della maturità. Genitori, vi prego, cercate di far calare le statistiche! Per favore, ama­ te i vostri figli tanto da prepararli ad una vita di abnega­ zione (che è la disposizione spirituale di chi rinuncia a

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far prevalere istinti, desideri, interessi personali), incul­ cando loro dei sani principi, stabilendo i giusti limiti e mantenendoli. Sebbene Dio ami i figli, Egli non ha mai voluto che tutto il mondo ruotasse intorno a loro. Vi prego, dite no quando dovete. Vi prego, intendete dav­ vero no quando lo dite. E vi prego, attenetevi alla vostra risposta, a meno che la saggezza non vi induca a cam­ biarla. Amate i vostri figli, abbiate cura di loro responsa­ bilmente, educateli diligentemente, ma, soprattutto, non permettete loro di divenire il centro del vostro pic­ colo universo.

DA MADRE A MADRE Per rendere l’idea, vorrei fare un esempio molto semplice ma, spero, significativo. Uno dei nostri piccoli, in modo parti­ colare, ama chiedere incessantemente le cose. Può anche essere soltanto un chewing­gum dalla mia borsetta. Se gli ri­ spondo: “Devi aspettare”, lui subito me la chiede di nuovo, io allora di solito gli rispondo: “No. Non puoi avere la gomma ora. La mamma ha detto che devi aspettare, ma tu me l’hai chiesta di nuovo”. Facendo così cerco di insegnargli l’auto­ controllo. A volte, noi chiediamo al Signore alcune cose ed Egli ci risponde che dobbiamo attendere per averle. Non c’è momento migliore della fanciullezza per imparare ad aspet­ tare pazientemente. Quando cresciamo e chiediamo a Dio un’automobile nuova, noi saremo più propensi ad accogliere la Sua risposta di “non ora”, se abbiamo già imparato questa importante lezione sin dalla nostra fanciullezza.

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