Luigi Francescon

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Francesco Toppi

ISBN 88-89698-08-X

Luigi Francescon Francesco Toppi

Luigi Francescon

Antesignano del Risveglio pentecostale Evangelico Italiano

ADI - Media

Tentare di scrivere una biografia di Luigi Francescon non è un impegno semplice, sia per le limitatissime fonti storiche, sia per il carattere del personaggio, che nell’ambito del Movimento pentecostale italiano è stato troppo spesso incompreso per le sue scelte radicali. Bisogna invece riconoscere l’importanza ed il valore del suo lunghissimo ministerio. Egli sopravvisse a tutti i pionieri del Movimento e fino alla fine della sua vita ha conservato una mente vigile e una memoria lucida. Non soltanto ebbe il privilegio di presentare per primo agli italiani il messaggio pentecostale nella sua semplicità e genuinità, ma rimase per decenni “una voce nel deserto”, che continuò a gridare: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Oggi, ad un secolo dall’inizio del Risveglio pentecostale italiano, in un mondo ormai tanto diverso da quello di allora, il messaggio di fedeltà a tutto l’Evangelo risuona ancora autorevole per ricordarci che la perpetuazione di questo Risveglio evangelico deve fondarsi sui princìpi che Francescon ha tenuto saldi fino alla fine: l’autorità assoluta della Sacra Scrittura, la guida insostituibile dello Spirito Santo, l’umiltà nel ministerio cristiano donato da Dio, il disinteresse personale e la ferma volontà affinché qualsiasi struttura nella Chiesa del Signore rimanga soltanto una forma di “servizio fraterno” e non diventi mai un’organizzazione di “potere umano”. Nella società attuale tali princìpi sono considerati obsoleti e sorpassati, ma hanno costituito l’energia vitale, che ha permesso al Risveglio pentecostale di raggiungere “l’estremità della terra”. Questo modesto tentativo di narrare quello che Dio può fare con un uomo arreso nelle Sue mani possa essere di incoraggiamento e di benedizione a quanti faranno parte di coloro che non comprometteranno “la loro celeste vocazione per rispetto umano”.

Francesco Toppi

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Luigi Francescon (1866-1964)


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Luigi Francescon Francesco Toppi

Antesignano del Risveglio pentecostale italiano

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LUIGI FRANCESCON Francesco Toppi “Assemblee di Dio in Italia” Ente Morale di Culto D.P.R. 5.12.1959 n. 1349 Legge 22.11.1988 n. 517 Servizio Pubblicazioni ADI-Media Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06/22.51.825 - Fax 06/22.51.432 www.adi-media.it © 2007 - Tutti i diritti riservati

Foto di copertina: Luigi Francescon, secondo da destra, insieme agli anziani della comunità di San Paolo in Brasile, nella sua ultima visita del 1948 Stampa: Produzioni Arti Grafiche - Roma

ISBN 88-89698-08-X ISBN 978-88-89698-08-2


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Presentazione Questo tentativo di proporre alle nuove generazioni del Risveglio pentecostale italiano la figura di Luigi Francescon, il primo italiano a ricevere il battesimo nello Spirito Santo, è certamente imperfetto, ma è stato scritto con tutta l’obiettività storica possibile. È importante, infatti, che siano noti i successi ed i travagli di un Movimento evangelico popolare, sorto unicamente per l’azione potente dello Spirito di Dio, il Quale ha voluto benignamente raggiungere con l’Evangelo centinaia di migliaia di italiani sparsi nel mondo per rivelare loro la grandezza dell’amore di Cristo. Tornare alle “radici” del Movimento pentecostale italiano è stato possibile per la collaborazione di credenti che hanno inviato documenti originali o in copia, parte del nucleo di un Archivio Storico del Movimento. Un sentito ringraziamento a coloro che hanno inviato informazioni ed un invito a quanti vorranno colmare eventuali lacune e correggere imprecisioni. La gratitudine del l’autore vada anche a Eliseo Cardarelli e Salvatore Cusumano per l’incoraggiamento e la collaborazione nella pubblicazione di questa biografia. Grazie alla ricerca minuziosa del Dr. Key Yuasa, pastore della Chiesa Evangelica di Santità del Brasile, pubblicata in una tesi di laurea presentata alla “Facolté Autonome di Teologie Protestante” dell’Università di Ginevra. Questo lavoro, pubblicato nel centenario dell’inizio del Movimento pentecostale italiano a Chicago, è stato ampliato rispetto a quello pubblicato dieci anni or sono. L’accuratezza delle ricerche del Dr. Yuasa e la vastità delle informazioni ricavate da biblioteche, archivi ed interviste personali, hanno permesso di avere cognizione di un grande numero di particolari che gettano ancora 7


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piĂš vivida luce sulla personalitĂ , sulle convinzioni dottrinali e sul ministerio di Luigi Francescon. Un sentito ringraziamento al Dr. K. Yuasa e al nipote di Francescon, Louis. F. Carrieri e a quanti hanno fornito particolari e documentazione che non avremmo mai potuto avere da altra fonte. Francesco Toppi

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Prefazione Tentare di scrivere una biografia di Luigi Francescon non è un impegno semplice, sia per le limitatissime fonti storiche, sia per il carattere del personaggio, che nell’ambito del Movimento pentecostale italiano è stato troppo spesso incompreso per le sue scelte radicali. Bisogna invece riconoscere l’importanza ed il valore del suo lunghissimo ministerio. Egli sopravvisse a tutti i pionieri del Movimento e fino alla fine della sua vita ha conservato una mente vigile e una memoria lucida. Non soltanto ebbe il privilegio di presentare per primo agli italiani il messaggio pentecostale nella sua semplicità e genuinità, ma rimase per decenni “una voce nel deserto”, che continuò a gridare: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Il suo reiterato rifiuto e la sua profonda umiltà a non voler ricevere alcun riconoscimento umano, affermando: “Riguardo all’opera del nostro Signore per la guida dello Spirito Santo cui la cominciò per me nel popolo italiano in Chicago Ill., ma per essa non vi è vanto per me, e mai l’o cercato per essere trovato leale davanti al Signore e nimeno voglio alcun credito…” (1), rivelano la caratteristica veramente significativa di Francescon. Il Movimento pentecostale si è infatti distinto rispetto a tutti i Risvegli evangelici precedenti perché “non deve la sua origine a qualche personalità religiosa di rilievo (…) ma i ministri … sono essi stessi prodotti del Movimento. Essi non l’hanno creato, ma il Movimento ha creato loro” (2). (1) Luigi Francescon, Lettera a A. Di Gregorio, 21 gennaio 1952. (2) Donald Gee, The Pentecostal Movement, Elim Publ. Comp., London 1949, p. 3.

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Oggi, ad un secolo dall’inizio del Risveglio pentecostale italiano, in un mondo ormai tanto diverso da quello di allora, il messaggio di fedeltà a tutto l’Evangelo risuona ancora autorevole per ricordarci che la perpetuazione di questo Risveglio evangelico deve fondarsi sui princìpi che Francescon ha tenuto saldi fino alla fine: l’autorità assoluta della Sacra Scrittura, la guida insostituibile dello Spirito Santo, l’umiltà nel ministerio cristiano donato da Dio, il disinteresse personale e la ferma volontà affinché qualsiasi struttura nella Chiesa del Signore rimanga soltanto una forma di “servizio fraterno” e non diventi mai un’organizzazione di “potere umano”. Nella società attuale tali princìpi sono considerati obsoleti e sorpassati, ma hanno costituito l’energia vitale, che ha permesso al Risveglio pentecostale di raggiungere “l’estremità della terra”. Questo modesto tentativo di narrare quello che Dio può fare con un uomo arreso nelle Sue mani possa essere di incoraggiamento e di benedizione a quanti faranno parte di coloro che non comprometteranno “la loro celeste vocazione per rispetto umano”. Francesco Toppi

P.S. Tutte le citazioni tratte dagli scritti originali, sono riportate integralmente.

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CAPITOLO 1

Le origini Luigi Francescon nacque il 29 marzo 1866 a Cavasso Nuovo, un piccolo centro agricolo della provincia di Udine, posto tra le prealpi Carniche. “Il nome Cavasso deriva dalla parola Càvàs, cioè cava di pietra ... La denominazione di ‘Nuovo’ risulta dall’unità d’Italia...” (1). Da un atto di rivalsa del 1859, presso il Tribunale di Venezia, dei Conti Polcenigo e Fanna, ancora proprietari del territorio di Cavasso, risultano i nomi di cinque famiglie Francescon, domiciliate nelle seguenti contrade: Clapon, Regnas, Castagnedo e Strigella. Il documento rivela la triste situazione economica di queste famiglie di agricoltori obbligate a pagare tributo ai suddetti Conti (2). Luigi crebbe in una di queste contrade. I suoi genitori, “Pietro e Luisa Maria Lorsa ebbero nove figli. La prima perì in tenera età, poi vennero Antonio, Elisabetta, Luisa, Osvaldo, Francesco, Maria e Luigi che morì molto giovane e il cui nome fu allora dato all’ultimo dei figli: il nostro Luigi. Francesco morì a dodici anni morsicato da un cane rabbioso, Maria si spense in conseguenza di una febbre convulsa” (3). La fanciullezza e l’adolescenza Luigi Francescon inizialmente parlava soltanto il dialetto friulano, una branca della lingua romancia ed in seguito imparò l’italiano nella scuola rurale, generalmente frequentata soltanto nei mesi invernali, quando i bambini non erano utilizzati nel lavoro dei campi. Luigi afferma: “Naqui di 11


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povera famiglia e per la necessità di lavorare non potei nimeno finire il secondo grado di scuola elementare…” (4). La figlia Helen Carrieri ha affermato in un’intervista: “Quasi non andò a scuola e imparò a leggere e scrivere quando andò militare” (5). Per dare un’idea dell’estrema povertà della popolazione, trascriviamo un proverbio dell’epoca in uso tra i braccianti agricoli del Friuli (6): “Formaio, no guin taio” (Il formaggio non taglio) “Botiro, no guin tiro” (Burro non uso) “Piuna pochetina” (Giuncata pochissima) (7) “Scoro fino al colo” (Siero fino al collo).

Il siero che tutti i poveri potevano avere in abbondanza, serviva da condimento per la polenta, e per questa ragione la stragrande maggioranza della popolazione soffriva di pellagra (8). Nel 1876, in un appello indirizzato da un gruppo di paesani del Friuli all’allora Ministro dell’Interno, i quali richiedevano di espatriare, si legge:

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“La nostra vita è così amara che, è poco meglio della morte. Perciò per noi la più grande disgrazia nelle circostanze attuali. Coltiviamo il grano ma non assagiamo il pane bianco; Coltiviamo la vigna ma non beviamo il vino; Cresciamo gli animali ma non assagiamo carne; Portiano abiti di fustagno, viviamo in baracche, tormamentati dal freddo in inverno e dal caldo nei lunghi giorni dell’estate. Il nostro unico bene in questa terra italiana è un pochino di grano e perfino quello è ridotto dalle vostre tasse del macinato. L’inevitabile conseguenza di tutto questo è la pellagra nelle regioni aride, pellagra e malaria in quelle paludose.


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Le ultime conseguenze di tanto soffrire sono l’ospedale e la morte, senza neanche il conforto dell’ultimo saluto dei nostri cari” (9).

A 15 anni Luigi emigrò in Ungheria come apprendista dell’arte del mosaico. Egli scrive:

“A quindici anni, con due miei paesani lavoratori in mosaico andai a Budapest, Ungheria, ovi imparai anch’io quel mestiere fino a 20 anni poi tornai in Italia e feci 34 mesi sotto le armi” (10).

L’emigrazione L’emigrazione italiana fu un movimento sociale di massa di centinaia di migliaia di persone che, a partire dalla seconda parte dell’800, raggiunsero le Americhe, principalmente gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina. Le Americhe erano considerate la “Terra Promessa”, dove avrebbero avuto opportunità e possibilità di modificare la propria situazione economica; il sogno comune era di rimanere nelle nazioni che avevano scelto come residenza e dove avrebbero acquistato quella dignità della quale l’estrema indigenza in patria li aveva privati. Questi primi emigranti venivano particolarmente dalle regioni del nord e del centro d’Italia, dove tra l’altro avevano infierito le diverse guerre del Risorgimento italiano impedendo la regolare coltivazione dei terreni e rendendo così ancora più tragica la condizione economica di quelle famiglie. Alcuni fra quei contadini vagheggiavano l’idea di trovare fortuna e ricchezza altrove per poi tornare al loro Comune di origine ed acquistare quelle terre dove avevano duramente lavorato come braccianti. Il Friuli “è sempre stata terra d’emigranti che si fecero molto onore all’estero per le loro capacità lavorative ed onestà. È gente che ha lavorato con forza e tenacia per poter un giorno formare una famiglia...” (11). 13


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Rientrato, dopo il servizio militare, Luigi Francescon fu uno degli oltre cinquantamila italiani che emigrarono negli Stati Uniti nell’ultimo decennio del secolo. Aveva ventiquattro anni, era il 3 marzo 1890 quando giunse a Chicago, meta in quel periodo di una massiccia emigrazione europea per le sue numerosissime industrie e già contava oltre un milione di abitanti. Qui Francescon intraprese l’attività di mosaicista, un mestiere all’epoca assai richiesto, in quanto i pavimenti in mosaico erano molto di moda nelle case borghesi. Di questa sua esperienza, egli stesso racconta: “Mi sentii di venire in Chicago Ill. per lavorare nello stesso mestiere, non chiamato da nessuno, ma avevo in questa Città un fratello maggiore in età, che lavorava in mosaico” (12).

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NOTE:

(1) Romano Della Valentina, Storia e origini di Cavasso Nuovo, Tip. Mazzoli, Maniaco (PN), p. 8. (2) Ibidem, pp. 20-23. (3) Note di Helen Carrieri e Jane Greganti, figlie di Francescon. Documento di Louis F. Carrieri, Archivio ADI, Roma. (4) Lettera a A. Di Gregorio del 21 gennaio 1952. (5) Helen Carrieri, Intervista, sta in Key Yuasa, Louis Francescon, A Theological Biography, Thesis, l’Université de Genève, Genève 2001, p. 43. (6) Nilo Bortocello, sta in Key Yuasa, op. cit., p. 62. (7) La giuncata è “latte rappreso non salato che si mette a scolare in cestelli di giunchi” (Dizionario Garzanti della Lingua Italiana, Milano 1965, sub voce). (8) “Pellagra, malattia dovuta alla mancanza di vitamina PP, caratterizzata da eruzioni cutanee, disturbi nervosi e dell’apparato digerente; colpisce popolazioni che si nutrono soprattutto di granoturco” (Dizionario Garzanti della Lingua Italiana, Milano 1965, sub voce. (9) Da La Plebe, quotidiano del 1876, sta in Key Yuasa, op. cit., p. 42. (10) Lettera a A. Di Gregorio op. cit. (11) Romano Della Valentina, op. cit., p. 5. (12) Lettera a A. Di Gregorio op. cit.

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Antesignano del Risveglio pentecostale Evangelico Italiano

ADI - Media

Tentare di scrivere una biografia di Luigi Francescon non è un impegno semplice, sia per le limitatissime fonti storiche, sia per il carattere del personaggio, che nell’ambito del Movimento pentecostale italiano è stato troppo spesso incompreso per le sue scelte radicali. Bisogna invece riconoscere l’importanza ed il valore del suo lunghissimo ministerio. Egli sopravvisse a tutti i pionieri del Movimento e fino alla fine della sua vita ha conservato una mente vigile e una memoria lucida. Non soltanto ebbe il privilegio di presentare per primo agli italiani il messaggio pentecostale nella sua semplicità e genuinità, ma rimase per decenni “una voce nel deserto”, che continuò a gridare: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Oggi, ad un secolo dall’inizio del Risveglio pentecostale italiano, in un mondo ormai tanto diverso da quello di allora, il messaggio di fedeltà a tutto l’Evangelo risuona ancora autorevole per ricordarci che la perpetuazione di questo Risveglio evangelico deve fondarsi sui princìpi che Francescon ha tenuto saldi fino alla fine: l’autorità assoluta della Sacra Scrittura, la guida insostituibile dello Spirito Santo, l’umiltà nel ministerio cristiano donato da Dio, il disinteresse personale e la ferma volontà affinché qualsiasi struttura nella Chiesa del Signore rimanga soltanto una forma di “servizio fraterno” e non diventi mai un’organizzazione di “potere umano”. Nella società attuale tali princìpi sono considerati obsoleti e sorpassati, ma hanno costituito l’energia vitale, che ha permesso al Risveglio pentecostale di raggiungere “l’estremità della terra”. Questo modesto tentativo di narrare quello che Dio può fare con un uomo arreso nelle Sue mani possa essere di incoraggiamento e di benedizione a quanti faranno parte di coloro che non comprometteranno “la loro celeste vocazione per rispetto umano”.

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