La storia straordinaria di un giovane africano che è stato definito “l’apostolo della fede semplice”
Lindley Baldwin
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UN’INDIMENTICABILE STORIA CHE MOSTRA COME DIO CHIAMI AL SUO SERVIZIO OGNI CREDENTE CONSACRATO “SENZA RIGUARDO ALLE PERSONE” ISBN 88-86085-19-2
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Dopo essere miracolosamente scampato da morte certa a seguito di crudeli guerre tribali in Liberia, Kaboo si convertì a Cristo a seguito della predicazione dell’Evangelo ascoltata da missionari Metodisti. Venne quindi battezzato in acqua cambiando il proprio nome in Samuel Morris. Verso la fine del 1880 decise di recarsi negli Stati Uniti per approfondire la conoscenza della Parola di Dio. Il suo viaggio verso l’America poté davvero definirsi a carattere missionario in quanto condusse molti marinai al Signore per mezzo della sua testimonianza. Giunto alla “Taylor University”, il suo esempio di fede incoraggiò molti a seguire il Signore con maggiore dedizione e spinse l’intera facoltà ad una consacrazione totale a Dio.
SAMUEL MORRIS
Tutte le biografie di missionari descrivono, solitamente, la vita di credenti del mondo occidentale; questa, invece, è la storia di un missionario africano chiamato da Dio negli Stati Uniti quando la schiavitù e la segregazione razziale erano delle realtà sociali comunemente accettate.
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Morris Lindley Baldwin
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Titolo originale: “Samuel Morris” Lindley Baldwin Bethany House Publishers A Division of Bethany Fellowship, Inc. 6820 Auto Club Road, Minneapolis, Minnesota 55438
Edizione italiana: Samuel Morris “Assemblee di Dio in Italia” Ente Morale di Culto D.P.R. 5.12.1959 n.1349 Legge 22.11.1988 n.517 © Servizio Pubblicazioni ADI-Media Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06/22.51.825 - Fax 06/22.51.432 E-mail: adi@adi-media.it 1996 - Tutti i Diritti Riservati 2003 - Prima ristampa Traduzione libera e adattamento: a cura dell’Editore Stampa: Piccole Arti Grafiche - ROMA ISBN 88-86085-19-2
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Prefazione
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l Dr. Thaddeus C. Reade, che ha scritto il primo testo biografico su Samuel Morris, un giorno mi chiese di scrivere una più ampia e dettagliata biografia sulla vita e le opere del Morris. Ora, al settantanovesimo anno di una vita vissuta piuttosto intensamente, ho finalmente trovato il tempo per esaudire la richiesta del Dr. Reade. Nelle pagine seguenti, ho collezionato una serie di interessanti appunti, anche se minori, raccolti da vari scritti successivi a quello del Dr. Reade. Tra questi, desidero fare menzione del libro “Un angelo di ebano”, di Jorge O. Masa. Voglio ringraziare, inoltre, quanti altri hanno contribuito alla stesura di questo scritto con il loro prezioso aiuto, soprattutto un certo numero di cari amici credenti, tra cui il Dr. Robert Lee Stuart, Preside della Taylor University e la Dr.sa Elisabeth C. Bentley della stessa Facoltà. ©
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Prefazione
Nutro un particolare debito di riconoscenza nei riguardi del Dr. Harriet Stemen MacBeth, il caro insegnante di Samuel Morris, che lo ha conosciuto meglio di ogni altra persona e che mi ha fornito importanti suggerimenti per questo libro. I lunghi anni trascorsi prima di adempiere il compito che il Dr. Reade mi aveva assegnato, sono serviti a consolidare ed a evidenziare ulteriormente la buona reputazione che ha sempre circondato Samuel Morris. Per tale motivo, ritengo un privilegio presentare questo libro sulla vita di uno dei personaggi la cui spiritualitĂ ha toccato il cuore di tanti. L. Baldwin
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Capitolo 1
Ostaggio di guerra
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’Africa ha dato al mondo uno dei più luminosi servitori di Dio dell’età moderna. Era semplicemente un ragazzo indigeno, tra le tante migliaia che vivevano nelle giungle dell’Africa occidentale, e i primi anni della sua vita non furono particolarmente felici. Si chiamava Kaboo e suo padre era il capo di una tribù dell’etnia Kru, che popolava le foreste occidentali della Costa d’Avorio. Kaboo era il figlio maggiore e l’erede al trono, ma questa prospettiva non rese più facile la sua vita. Infatti, in quelle zone vigeva l’usanza che un capo tribù sconfitto in guerra dava il proprio primogenito in pegno ai vincitori, o meglio in ostaggio, ©
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quale garanzia del pagamento dell’indennità per il conflitto. Se il pagamento tardava, l’ostaggio era sottoposto a tortura. Questa fu la sorte di Kaboo, che passò presto da una condizione di libertà e onore ad una di disgrazia, peggiore della schiavitù. Quando Kaboo era ancora ragazzo, suo padre fu sconfitto ben due volte nelle guerre con le tribù vicine, così in tutte e due le occasioni Kaboo finì ostaggio del capo clan vittorioso. La prima volta era troppo piccolo per ricordarsene e poi suo padre era riuscito a pagare in tempo l’indennità per riaverlo indietro. La seconda volta, invece, Kaboo rimase prigioniero per qualche anno prima che il padre riuscisse a mettere insieme il riscatto. Doveva essere stata per lui un’esperienza orribile, tanto che non ne parlava mai. Era tornato a casa da poco tempo quando la sua tribù si trovò di nuovo coinvolta in una terribile guerra. Una coalizione di nemici, guidata da un capo crudele e depravato, sconfisse la gente di Kaboo, ne distrusse i raccolti e incendiò il villaggio. Suo padre fu costretto a chiedere la pace e ad impegnarsi nel pagamento di un’indennità superiore alle capacità del proprio disastrato territorio. Così Kaboo, che aveva circa quindici anni, fu dato in ostaggio per la terza volta. Giunto finalmente il giorno del pagamento del riscatto, il padre di Kaboo si presentò con tutto l’avorio, la gomma, le noci di cola e quant’altra merce di scambio la sua tribù era riuscita a mettere insieme. Il capo della tribù vittoriosa prese quanto gli era stato portato e, dopo averne stabilito il valore, dichiarò che non ba©
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stava a coprire l’indennità pattuita, perciò si rifiutò di restituire l’ostaggio. Il padre di Kaboo fece allora un altro tentativo. Convinse la sua tribù a sacrificare gli ultimi beni e si ripresentò carico di merci, ma l’offerta fu ancora dichiarata insufficiente. Da qualche anno il capo della tribù vincitrice intratteneva floridi contatti con i commercianti della Sierra Leone, cui dava i suoi bottini di guerra in cambio di sale, cianfrusaglie varie e rum, soprattutto rum. Stando così le cose, l’unico riscatto sufficiente sarebbe stato quello capace di assicurargli una grossa fornitura di quel liquore. Conoscendo l’avidità di questo capo e temendo che il proprio figlio non riuscisse a sopravvivere ad ulteriori torture, il padre di Kaboo prese con sé una delle sue figlie più belle e decise di offrirla come ostaggio in vece del ragazzo. Ma Kaboo obiettò, asserendo di essere in grado di sopportare la punizione meglio di sua sorella. Così il padre, cui era impossibile pagare altro riscatto, non rimase che tornare a casa con la figlia e lasciare il ragazzo al suo terribile destino. Quando il padre di Kaboo non si presentò alla terza scadenza, il capo tribù, montato su tutte le furie, comandò che il ragazzo fosse frustato ogni giorno e che ciascuna punizione fosse più dura e prolungata della precedente. Come frusta sarebbe stato utilizzato un ramo spinoso e velenoso. Ogni colpo avrebbe strappato la carne iniettando un pericoloso virus e la vittima avrebbe sentito il proprio corpo in fiamme. ©
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Ogni volta che i carnefici torturavano Kaboo, uno schiavo Kru assisteva come testimone oculare, poi era inviato al padre del ragazzo con uno straziante resoconto e un avvertimento: sarebbero seguite peggiori torture se non avesse raddoppiato gli sforzi per soddisfare le richieste del conquistatore. Le ferite di Kaboo non avevano il tempo di rimarginare e la sua schiena era a brandelli. Ben presto, esausto per la perdita di sangue e per l’infezione causata dalla frusta avvelenata, divenne incapace di stare in piedi o seduto. Gli aguzzini, allora, per continuare a frustarlo costruirono una sorta di croce. La fuga miracolosa Kaboo sperava ormai soltanto nella morte, com’era accaduto ad alcuni membri della sua tribù fatti schiavi dal crudele capo. Molti di loro erano stati accusati di stregoneria e Kaboo li aveva visti fatti letteralmente a pezzi da uomini in preda ai fumi dell’alcool. Ma a lui era stata riservata una morte peggiore. Nel caso in cui il padre di Kaboo non si fosse presentato, avevano già scavato una fossa per seppellirvi il ragazzo fino al collo. La bocca sarebbe stata tenuta aperta e cosparsa di una sostanza dolce per attirare le formiche di un vicino formicaio. Il tormento che ne sarebbe derivato era soltanto il preludio al momento in cui formiche ben più terribili avrebbero divorato la sua carne, morso dopo morso. Quando sulle ossa non vi sarebbe stato più il pur minimo pezzettino di carne, lo scheletro sarebbe stato appe©
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so davanti al luogo dell’esecuzione, come avvertimento per i debitori futuri. Kaboo, messo sulla croce per ricevere le frustate finali, abbandonato da ogni speranza e da qualsiasi forza fisica, aspettava soltanto il dono della morte. Ma improvvisamente accadde qualcosa di molto strano. Una gran luce, come un lampo, lo folgorò e una voce che sembrava provenire dall’alto gli ordinò di alzarsi e di fuggire. Tutti udirono la voce e videro la luce, ma non notarono nessun uomo. In quell’istante Kaboo fu miracolosamente guarito e in un attimo ritrovò le sue forze. Ubbidendo alla voce misteriosa, con un balzo scappò via e lasciò gli indigeni attoniti. Ma qual era la sorgente di quella misteriosa luce che gli aveva dato nuova forza e libertà? Kaboo non lo sapeva, non ne aveva la più pallida idea. Sapeva soltanto che qualche strana ed invisibile potenza era venuta a salvarlo. Mentre poco prima era troppo malato per stare in piedi o seduto, ora correva a gran velocità. La sua fuga stava avvenendo di venerdì, un giorno che non avrebbe mai dimenticato. Lo chiamò il giorno della sua liberazione e per tutta la vita, ogni settimana, dedicò quella giornata al più completo digiuno. La luce della salvezza Per sfuggire ai suoi inseguitori, Kaboo si era nascosto in un tronco cavo e aspettava l’imbrunire. Quando scese la notte, però, si rese conto di essere sfuggito alla morte soltanto per cadere in altri pericoli mortali. Era solo e nella giungla nessuno sopravvive a lungo ©
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senza aiuto, amici o armi che fossero. E quel che era peggio non aveva neppure una meta da raggiungere! Non osava far ritorno alla sua tribù e alla propria famiglia perché un simile gesto avrebbe significato attirare sul suo popolo l’amara vendetta del loro conquistatore. Neppure osava farsi vedere da appartenenti ad altre tribù, che avrebbe potuto catturarlo e consegnarlo al suo carceriere in cambio della notevole ricompensa che di solito era offerta per gli ostaggi fuggiti. Mentre era preda della disperazione, avvenne un’altra meraviglia. In una fitta foresta in cui di notte era impossibile addentrarsi - era buia anche durante il giorno - la stessa luce straordinaria apparsagli prima della sua esecuzione, risplendette nuovamente attorno a lui. A quel punto il cammino di Kaboo fu illuminato. Cobra velenosi e vari tipi di vipere stavano in agguato lungo il cammino di Kaboo. Ma più dei morsi dei serpenti velenosi e degli abbaglianti occhi dei leopardi, aveva da temere dai suoi simili. Nelle foreste di quella vasta regione vivevano alcune delle tribù più selvagge del mondo che praticavano diffusamente il cannibalismo. Ma quella luce lo guidò attraverso tutti questi pericoli. Grazie ad essa Kaboo poteva vedere di notte, raccogliere frutta e radici per cibarsi, attraversare laghi e fiumi dove occhi luminosi tradivano la presenza di minacciosi coccodrilli. Kaboo si spostava di notte, mentre durante il giorno rimaneva nascosto in tronchi cavi, evitando di avvicinarsi ai villaggi. Dopo varie notti di cammino giunse in una piantagione alla periferia di una città, oltre un fiu©
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me. Fino a quel momento non aveva incontrato alcun essere umano. Dando uno sguardo intorno si accorse subito che non si trattava di un villaggio di indigeni, ma di un tipico insediamento degli uomini bianchi. Avrebbe avuto paura ad avvicinarsi a quegli edifici se non avesse scorto in lontananza un indigeno Kru, in pratica appartenente alla sua stessa razza, intento a lavorare. Kaboo andò verso di lui e scoprì con grande gioia di non essere capitato nelle mani di mercanti di schiavi bensì di “liberatori di schiavi”. La luce misteriosa l’aveva condotto in un accampamento vicino Monrovia, la capitale della Liberia. In quell’epoca quasi tutta la Liberia era ancora un deserto sotto il dominio della legge della giungla. Nel 1934, un comitato composto d’uomini provenienti da diverse nazioni, poteva ancora riscontrare che in Liberia molti bambini erano dati in pegno per somme che i genitori non erano in grado di restituire. Settimane dopo essere scampato alla morte Kaboo era giunto a Monrovia, allora unico baluardo in cui si applica la legge. Era stato condotto nell’unico insediamento nel quale sarebbe stato veramente al sicuro. Il momento in cui Kaboo uscì dalla foresta, per giungere al sicuro, era ancora un venerdì, il suo giorno della liberazione. Un nome nuovo Iniziò a cercarsi un posto di lavoro e lo trovò nella piantagione di caffè nella quale lavorava l’altro ragaz©
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zo Kru. Come paga avrebbe avuto vitto, una cuccetta nelle baracche e qualche indumento dimesso, come quelli che indossavano i suoi colleghi indigeni. Kaboo si accorse presto che il suo amico era solito pregare. Aveva imparato a farlo dai missionari cristiani. Kaboo lo vide inginocchiarsi e pregare con le mani alzate e il viso rivolto verso l’alto. Quando gli chiese cosa stesse facendo, il ragazzo rispose: “Sto parlando con Dio”. “Chi è il tuo Dio?”, domandò Kaboo. “È mio padre”, rispose il ragazzo. “Allora stai parlando con tuo padre”, disse Kaboo. In seguito a quell’incontro egli avrebbe definito la preghiera con l’espressione: “parlare con mio Padre”. Per la sua fede infantile, la preghiera sarebbe stata sempre molto semplice e pratica, come dialogare con il proprio genitore terreno. La domenica successiva, il ragazzo Kru invitò Kaboo ad andare in chiesa con lui. Giuntovi vide una folla radunata attorno ad una donna che parlava con l’ausilio di un interprete. Stava raccontando della conversione di Saulo, del modo in cui all’improvviso una luce dal cielo risplendette attorno a lui e una voce misteriosa gli parlò. All’udire quel racconto Kaboo esclamò: “Questo è proprio quello che ho visto! Io ho visto quella luce! È la stessa luce che mi ha salvato e mi ha portato qui!”. Kaboo, che era rimasto meravigliato dalla maniera miracolosa in cui era stato salvato dalla morte e guidato nella foresta, cominciava a capire qualcosa di quello che gli era accaduto. Ma era ancora “cieco” sul signifi©
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cato della salvezza e, al pari di Saulo, che ebbe bisogno di Anania per essere istruito, Kaboo avrebbe ricevuto l’aiuto necessario dalla missionaria da cui aveva udito il racconto della conversione di Saulo da Tarso. Si trattava di Miss Knolls, una missionaria proveniente da Ft. Wayne, nell’Indiana, che era appena arrivata in Liberia. Molti altri in seguito la aiutarono nella preparazione di Kaboo, ma fu lei a renderlo consapevole della sua vera missione nella vita. Kaboo frequentò regolarmente le lezioni di lingua inglese e le riunioni condotte da Miss Knolls. Ricevette i primi rudimenti di lettura e scrittura e, un po’ alla volta, apprese la meravigliosa storia della nascita di Gesù, del Suo ministerio tra gli umili, i peccatori e gli ammalati, della Sua morte espiatoria e della Sua risurrezione. Kaboo accettò il Salvatore che aveva appena scoperto e lo identificò con quel “Dio sconosciuto” che in precedenza lo aveva salvato da morte sicura. Non era, però, soddisfatto. Desiderava predicare al popolo Kru la buona novella dell’amore di Dio che aveva portato pace nel suo cuore, ma avvertiva una totale inadeguatezza per una simile vita missionaria. Il suo corpo portava i segni delle innumerevoli frustate subite quando ancora era prigioniero di guerra e, a causa di quegli anni di crudeli sofferenze, la sua mente era stata abituata al sospetto e all’odio. La degradazione alla quale era stato sottoposto gli aveva lasciato un sentimento di disperata inferiorità. Ignorante ed emarginato, a meno di un altro miracolo, non vedeva nessun futuro per sé. ©
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Kaboo non sapeva ancora che Dio aveva provveduto un aiuto per ogni credente nella Persona dello Spirito Santo: la Sua potenza purifica il cuore da qualsiasi amarezza ed equipaggia il credente ad un servizio efficace per il Signore; ma Kaboo fu incoraggiato a continuare a “parlare con suo Padre”. Sera dopo sera, al termine del lavoro, lottava in preghiera incessantemente, tanto da disturbare quanti vivevano nella baracca. Alla fine fu avvertito: se non avesse fatto silenzio avrebbe dovuto cercarsi un’altra sistemazione. Allora decise di andare a pregare nella boscaglia. In un’occasione rimase nella foresta fino a dopo mezzanotte. In seguito raccontò cosa accadde: “Ritornai nella baracca, sfinito e con il cuore appesantito, e mi coricai per dormire. Ero in silenzio, ma il mio cuore continuava a lodare Dio, quando ecco che all’improvviso la stanza s’illuminò. Sulle prime pensai fosse il sole, ma gli altri attorno a me erano completamente immersi nel sonno. La stanza divenne sempre più luminosa, fin quando fu piena di gloria. Il peso del mio cuore all’improvviso scomparve e fui riempito di una gran gioia interiore. Mi sentivo leggero come una piuma. Fui riempito di una potenza tale da sentire che avrei potuto quasi volare. Non riuscendo a contenere la gioia, cominciai a gridare, fin quando tutti gli abitanti della baracca si svegliarono. Non si dormì più quella notte. Alcuni pensarono che fossi impazzito, altri che fosse entrato in me il diavolo, ma soltanto io sapevo quello che era successo nel mio cuore. Capii che il mio Padre celeste ©
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mi aveva salvato per uno scopo preciso e che mi avrebbe aiutato ad adempierlo”. Kaboo definì sempre quest’esperienza gloriosa come la “sua adozione”. Sebbene non avesse alcuna conoscenza della lingua greca, usò questa parola nella stessa accezione utilizzata da Paolo nella lettera agli efesini: una debole e piccola creatura di Dio elevata alla posizione di figlio fidato, con il quale il Signore è in stretta relazione e coopera pienamente. Kaboo non aveva studiato, non sapeva nulla di teologia, fu semplicemente riempito di Spirito Santo perché disposto ad arrendersi completamente nelle mani di Dio. Cercò Dio come un affamato avrebbe bramato del cibo e Dio, come risposta alla sua fede genuina, gli mandò il Suo Spirito affinché lo potenziasse e trasformasse. Kaboo entrò a far parte della chiesa metodista e fu battezzato in acqua con il nome di Samuel Morris. Il nome, scelto da Miss Knolls, corrispondeva a quello di un benefattore della missionaria, un banchiere di Fort Wayne, nell’Indiana. Il signor Morris aveva aiutato Miss Knolls nel periodo in cui si stava preparando per partire come missionaria in Africa e, giacché Kaboo era il primo frutto del suo lavoro, decise di chiamarlo in quel modo. Nessuno allora immaginava quanto onore questo omonimo nero avrebbe conferito al nome di quel benefattore. I primi segni della chiamata al servizio Kaboo, ma d’ora in poi sarà più giusto dire Samuel Morris, visse in Liberia per circa due anni successiva©
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mente al suo battesimo. Aveva lasciato la piantagione per lavorare saltuariamente a Monrovia come tinteggiatore di case. Quel che guadagnava bastava appena per sopravvivere, ma Samuel era felice. Era così interessato alle cose spirituali da cercare ogni missionario della regione per parlare con lui. Svolse tanto lavoro per i missionari. Imparò molti inni a memoria e quando li cantava otteneva effetti meravigliosi, anche se non conosceva il significato di molte parole. Ben presto la sua reputazione crebbe e fu considerato il credente più consacrato e zelante di quella parte della Liberia. Non molto tempo dopo la conversione Samuel condusse a Cristo un altro giovane che, per una “strana coincidenza”, era uno schiavo fuggito dallo stesso capo tribù che aveva avuto in ostaggio Kaboo. Quel giovane schiavo aveva assistito alle torture di Kaboo, così come aveva visto la misteriosa luce e udito la voce che lo aveva spinto a fuggire. Un semplice schiavo aveva poco valore rispetto ad un ostaggio di guerra, perciò per il ragazzo era stato relativamente facile fuggire e viaggiare al sicuro di giorno. Quel giovane fu battezzato con il nome di Henry O’Neil e poté confermare la testimonianza della fuga miracolosa di Kaboo. La loro testimonianza ebbe un grande impatto sulla popolazione di Monrovia. Intanto, Samuel Morris cominciava già a mostrare quella sorprendente potenza spirituale per la quale fu conosciuto in seguito. L’episodio che segue mostra come, per condurre anime a Cristo, non utilizzava argo©
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mentazioni o capacità umane, ma semplicemente invocava l’intervento dello Spirito Santo. A Monrovia tre donne avevano deciso di tenere degli incontri di preghiera, da mezzanotte all’alba, con lo scopo di supplicare il Signore per un potente risveglio spirituale nell’intera città. Non vi era stato ancora alcun neo convertito che aveva incoraggiato gli altri con il suo esempio, quando una notte entrò un ragazzo che, prostrato davanti al pulpito, pregò per ore. Le donne, pensando fosse un’anima nuova, si affrettarono a portare la bella notizia agli altri. Quando ritornarono scoprirono che quel giovane era Samuel Morris e che non stava pregando per sé ma per gli altri. Poco tempo dopo le sue preghiere furono esaudite e cinquanta giovani accettarono Cristo nelle riunioni seguenti. Il pastore C. E. Smirl, missionario in Liberia, disse a Samuel che era necessario che studiasse per diventare un ministro efficace per il suo popolo e che avrebbe potuto acquisire una buona preparazione in America. Samuel non possedeva un centesimo, ma credeva che il Signore avrebbe provveduto in qualche modo i cento dollari necessari per la traversata dell’Oceano. Tanta determinazione ad andare in America era frutto di un desiderio più importante dello studio. I sermoni che i missionari predicavano agli indigeni erano piuttosto elementari, limitandosi a porre l’accento sulla salvezza mediante la fede nel Signor Gesù, ma rivelando poco della persona e dell’opera del Con solatore. Un giorno, però, un missionario ripieno di Spirito Santo lesse a Sammy il capitolo quattordici di ©
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Giovanni, nel quale Gesù annuncia ai Suoi discepoli la venuta di un nuovo e potente Aiuto, lo Spirito Santo. Sammy aveva già sperimentato una simile benedizione nel suo cuore, ma era la prima volta che ne sentiva parlare in questo modo. Quando comprese che lo Spirito Santo opera ed è una Persona vivente e presente, gli fu facile identificare la misteriosa voce che lo aveva portato alla fuga con quella dello Spirito di Dio che gli aveva parlato. Il capitolo quattordici dell’Evangelo di Giovanni divenne oggetto di costante studio per Sammy, che fece lunghi viaggi per parlare dello Spirito Santo con i missionari. Le sue visite ai missionari erano così frequenti e le domande sullo Spirito Santo tanto numerose, che un giorno una missionaria fu costretta a dirgli: “Ti ho detto tutto ciò che so sullo Spirito Santo”. Sammy, che non si dava facilmente per vinto, replicò: “Chi ti ha insegnato quello che sai sullo Spirito Santo?”. La donna rispose di dovere gran parte della propria conoscenza biblica a Stephen Merritt, allora Sammy esclamò: “Dov’è Stephen Merritt?”. “A New York”, replicò la missionaria, e lui prontamente: “Allo ra vado a trovarlo!”. Senza ulteriori cerimonie si mise in cammino dirigendosi verso la costa. Non si preoccupava minimamente di come avrebbe potuto trovare i cento dollari necessari per il viaggio, lo Spirito Santo era più importante del denaro e avrebbe trovato il modo. Arrivato al porto, vi vide ancorata una nave in partenza e fu ripieno di gioia. Suo Padre aveva risposto alle preghiere. ©
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Dalla nave fu calata una piccola imbarcazione che raggiunse la riva con a bordo il capitano e alcuni membri dell’equipaggio. Quando il capitano per sovrintendere al carico della nave mise piede sul molo, si trovò di fronte ad un poco attraente ragazzo nero che gli disse: “Mio padre mi ha assicurato che tu mi porterai a New York da Stephen Merritt”. Il capitano chiese: “Dov’è tuo padre?” Samuel Morris rispose: “In cielo”. Allora il capitano, un uomo molto burbero, imprecando disse: “La mia nave non trasporta passeggeri. Devi essere pazzo”. Samuel Morris rimase in piedi vicino alla piccola imbarcazione per tutto il giorno. La notte, quando il capitano fece ritorno sulla nave, Samuel lo supplicò nuovamente di portarlo a New York, ma il capitano, minacciando di dargli un calcio, fece partire la scialuppa verso la nave. Samuel però continuava a credere nella promessa di suo Padre e rimase sulla sabbia dove la scialuppa aveva attraccato, pregando quasi tutta la notte. Il giorno successivo ricevette nuovi rifiuti e nonostante non mangiasse da due giorni, per fede non abbandonò la spiaggia. Il giorno dopo, era domenica, il capitano e l’equipaggio tornarono nuovamente a riva. Appena toccarono terra, il ragazzo Kru gli andò incontro di corsa dicendo: “Mio Padre mi ha detto ieri notte che questa volta mi prenderai con te”. Il capitano rimase a guardarlo stupefatto. Intanto due membri del suo equipaggio avevano disertato la notte precedente ed era rimasto a corto di uomini. ©
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Sammy proveniva dalla tribù Kru e il capitano pensò che doveva essere un esperto marinaio come molti dei suoi connazionali, così gli chiese: “Che paga vuoi?”. “Portami soltanto a New York da Stephen Merritt”, replicò il ragazzo. Allora il capitano si rivolse all’equipaggio e ordinò di prendere Samuel a bordo. Samuel Morris era entusiasta perché le sue preghiere erano state esaudite. Era finalmente a bordo di una nave diretta in America.
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Dopo essere miracolosamente scampato da morte certa a seguito di crudeli guerre tribali in Liberia, Kaboo si convertì a Cristo a seguito della predicazione dell’Evangelo ascoltata da missionari Metodisti. Venne quindi battezzato in acqua cambiando il proprio nome in Samuel Morris. Verso la fine del 1880 decise di recarsi negli Stati Uniti per approfondire la conoscenza della Parola di Dio. Il suo viaggio verso l’America poté davvero definirsi a carattere missionario in quanto condusse molti marinai al Signore per mezzo della sua testimonianza. Giunto alla “Taylor University”, il suo esempio di fede incoraggiò molti a seguire il Signore con maggiore dedizione e spinse l’intera facoltà ad una consacrazione totale a Dio.
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Tutte le biografie di missionari descrivono, solitamente, la vita di credenti del mondo occidentale; questa, invece, è la storia di un missionario africano chiamato da Dio negli Stati Uniti quando la schiavitù e la segregazione razziale erano delle realtà sociali comunemente accettate.