Redenzione

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Il pastore Mike Wilkerson ha dato un contributo davvero unico alla letteratura evangelica con quest’opera dal pregio del tutto particolare. Egli mette a fuoco il tema della redenzione attraverso la storia dell’Esodo d’Israele e un approccio biblico/pratico senza precedenti. Il pensiero dell’autore serve, da una parte, a denunciare un cristianesimo sì liberato dalla vecchia schiavitù del mondo ma ancora influenzato da esso e, dall’altra, a evidenziare la perfetta e sufficiente opera della Grazia divina, volta a liberare pienamente quanti sono avvinti dai legami del peccato e delle dipendenze.

Mike Wilkerson non ha paura di “sporcarsi le mani” incontrando e aiutando le persone citate nel testo, anzi le conduce alla grazia vivificante di Cristo. Costruito attorno alla straordinaria storia dell'Esodo, questo libro addita al meraviglioso Redentore e alla Sua grazia, capace davvero di trasformare l’esistenza anche della peggior risma di peccatori: questo è il Vangelo che cambia la vita di chi crede! Redenzione è una parola piena di significato, bisogna esaminarla bene e questo libro ci aiuta a farlo nel modo migliore.

REDENZIONE

Mike Wilkerson

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MIKE WILKERSON è pastore di una comunità evangelica nella città di Seattle, Washington, U.S.A. Svolge con grande passione un servizio cristiano volto a offrire aiuto pratico e sostegno biblico in favore di persone particolarmente segnate dal peccato. È sposato con Trisha e padre di quattro figli.

ADI Media

ISBN 978-88-89698-69-3

Servizio Pubblicazioni delle “Assemblee di Dio in Italia”

Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 2284970 - Fax 06 2251432 adi@adi-media.it - www.adi-media.it

9 788889 698693

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MIKE WILKERSON

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INDICE Prefazione

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Introduzione

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1 Quando Soffri Dio è Vicino a Te

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2 Mattoni Senza Paglia: Per Quanto Ancora, Signore?

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3 La Pasqua: Quando la Situazione Volge al Peggio, Dio dà il Meglio di Sé

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4 Attraversare il Mar Rosso: in Una Nuova Vita Liberi Dalla Vergogna

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5 Chiedere la Manna: il Significato Sottile Dei Desideri Quotidiani

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6 Il Vitello d’Oro: Scegliere Volontariamente la Schiavitù

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7 Dio Che Mantiene il Patto: l’Unica Speranza Per un Cambiamento Duraturo

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8 È Dio la Tua Terra Promessa?

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Epilogo: il Piano Del Redentore

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Appendice: Dipendenza da Religione

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Bibliografia

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Titolo originale: “Redemption: Freed by Jesus from the Idols We Worship and the Wounds We Carry” Copyright © 2011 by Mike Wilkerson Published by Crossway a publishing ministry of Good News Publishers Wheaton, Illinois 60187, U.S.A. This edition published by arrangement with Crossway. All rights reserved. Edizione italiana: “Redenzione: Liberati Dagli Idoli Che Adoriamo e Sanati Dalle Ferite Che Portiamo” © ADI-Media Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 2284970 Fax 06 2251432 Email: adi@adi-media.it Internet: www.adi-media.it Servizio Pubblicazioni delle Chiese Cristiane Evangeliche "Assemblee di Dio in Italia" Settembre 2012 - Tutti i Diritti Riservati Traduzione: A cura dell'Editore. M.P. Tutte le citazioni bibliche, a meno che non sia indicato diversamente, sono tratte dalla Bibbia Versione Nuova Riveduta - Ed. 1996 Società Biblica di Ginevra - Svizzera Stampa: Typokolor S.r.l. - ROMA

ISBN 978 88 89698 69 3


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PREFAZIONE

A

bbiamo bisogno di un libro come questo, che parli in modo diretto e pratico della storia divina della redenzione, applicata direttamente al peccato - nelle sue più diverse forme - e alla sofferenza che ci troviamo ad affrontare fuori e dentro le nostre comunità. In esso la grazia del Signore è rivelata chiaramente, pienamente ma, soprattutto, praticamente. Inizia e finisce con la buona notizia della storia di redenzione manifestata da Dio in tutte le Scritture, che trova il suo culmine nella Persona e nell’opera di Gesù Cristo: Colui che guarisce ogni situazione, aiuto pronto in ogni circostanza e difensore di ogni peccatore. Il libro annuncia quella fede, speranza e amore di cui necessitiamo e che possiamo offrire agli altri. È un dono utile per quanti stanno soffrendo a causa del loro peccato o dei peccati commessi nei loro confronti. Di fatto, è un manuale di teologia pratica e non soltanto concettuale. Più che mai utile per una sana formazione biblica applicata alla vita del credente. Il libro mette, nero su bianco, la storia di persone che hanno vissuto situazioni traumatiche e laceranti, causate dal male, ma che hanno poi trovato piena redenzione e liberazione nella Parola di Dio, nell’opera dello Spirito Santo e nella Grazia redentrice del Salvatore. Il testo, infatti, prende in esame situazioni scabrose e descrive la storia di vite distrutte e poi redente e ricostruite dal Signore Gesù. Il pastore Mike Wilkerson ha dato un contributo davvero unico alla letteratura evangelica con quest’opera dal pregio del tutto particolare. Egli mette a fuoco il tema della redenzione attraverso 5


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REDENZIONE la storia dell’Esodo d’Israele e un approccio biblico/pratico senza precedenti. Il pensiero dell’autore serve, da una parte, a denunciare un cristianesimo sì liberato dalla vecchia schiavitù del mondo ma ancora influenzato da esso e, dall’altra, a evidenziare la perfetta e sufficiente opera della Grazia divina, volta a liberare pienamente quanti sono avvinti dai legami del peccato e delle dipendenze. Mike Wilkerson non ha paura di “sporcarsi le mani” incontrando e aiutando le persone citate nel testo, anzi le conduce alla grazia vivificante di Cristo. Costruito attorno alla straordinaria storia dell'Esodo, questo libro addita al meraviglioso Redentore e alla Sua grazia, capace davvero di trasformare l’esistenza anche della peggior risma di peccatori: questo è il Vangelo che cambia la vita di chi crede! Redenzione è una parola piena di significato, bisogna esaminarla bene e questo libro ci aiuta a farlo nel modo migliore. L’Editore

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INTRODUZIONE

R

edenzione. Una parola familiare, il cui significato è spesso dato per scontato. Nell’uso comune indica liberazione, salvezza, via di scampo o l’atto di chi è stato ristabilito in una giusta condizione. Ma come si può tradurre questo termine nella vita reale di persone che sono afflitte, ferite o schiave di qualche dipendenza? Di seguito, la storia vera di un uomo che aveva bisogno di redenzione. In una prigione piena di ladri e assassini, condannati all’ergastolo o in attesa dell’esecuzione capitale, c’è un uomo innocente. È uno schiavo, imprigionato con false accuse di stupro, addotte dalla moglie del suo ex datore di lavoro. La donna aveva provato a sedurlo, lui era scappato via e così, con una menzogna, lei l’aveva fatto condannare. Eppure, questo non era il primo tradimento che gli costava la libertà. A casa sua, da ragazzo, era il preferito di un padre che per lui stravedeva, ma era detestato dai fratelli maggiori, gelosi di lui. Gli era capitato di sognare che un giorno avrebbe signoreggiato su loro. Così, infuriati per le sue manie di grandezza e per il favoritismo mostrato dal padre, quei fratelli ordirono un piano terribile. Lo picchiarono, lo gettarono in una fossa scavata nella terra e alla fine lo vendettero come schiavo a un uomo, la cui moglie adultera avrebbe agito allo stesso modo dei suoi fratelli, tradendolo. Il suo nome era Giuseppe e la sua storia è narrata nel libro di Genesi.(1) La tua storia, molto probabilmente, sarà diversa per alcuni particolari, ma quasi certamente sai bene che cosa significa (1) La storia, come qui narrata è un adattamento della storia di Giuseppe. Il vero racconto si può trovare in Genesi 37 e 39.

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REDENZIONE soffrire ingiustamente, essere traditi, subire abusi, essere abbandonati dalle persone amate o dagli amici e, verosimilmente, avrai anche attraversato momenti di disperazione. Può darsi che tu sappia anche cosa voglia dire essere intrappolati in situazioni di maltrattamento, stare come in una sorta di prigione, contro la tua volontà. Oppure hai sperimentato la schiavitù e la prigionia della dipendenza. Qualunque sia il tuo caso, sei consapevole che qualcosa è andato tragicamente storto e devi farci i conti ogni giorno. Ti sforzi di dare un senso alla tua situazione, cerchi delle risposte, ma ti ritrovi sempre come in un vicolo cieco.

TESTIMONIANZE VIVENTI La vita esige delle spiegazioni. Quanto più intensa è un’esperienza, tanto più è forte il bisogno di un chiarimento. “Perché proprio a me? cosa c’è in me che non va?” sono domande poste, probabilmente, da chi è vittima di numerose difficoltà o da chi è disperato e impantanato nella dipendenza. Siamo noi stessi a dare un senso alle cose, abbiamo una sorta di meccanismo innato per interpretare la vita.(2) Come dice Paul Tripp: “Non viviamo semplicemente perché esistiamo; ma viviamo secondo la nostra interpretazione di questo fatto”.(3) In altre parole, non sono le esperienze stesse a determinare la nostra vita, ma il senso che noi attribuiamo a queste: le storie che raccontiamo con il nostro esistere e quelle in cui crediamo. In base ad esse, viviamo la vita. Abusi e dipendenze sono esperienze particolarmente forti, attorno alle quali ruotano tante storie. Possiamo chiamare “problemi vari” una terza categoria, in cui si trova ogni combinazione di peccato e sofferenza che non è legata particolarmente ad abusi o dipendenze e che, tuttavia, ha condizionato notevolmente la vita di molte persone. Diamo uno sguardo più da vicino a ciascuna di esse. (2) Paul David Tripp, Instruments in the Redeemer’s Hands: People in Need of Change Helping People in Need of Change, Phillipsburg, NJ: P&R, 2002, 41. (3) Ibid, l’enfasi è nell’originale stesso.

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Capitolo 1

QUANDO SOFFRI DIO È VICINO A TE

S

ara era figlia di “un altro”. Aveva appena due anni, quando sua madre ebbe un’altra figlia dal legittimo marito. Questo fu il giorno in cui lei confessò il suo adulterio al marito. Nella rabbia, esplosa violenta, l’uomo aveva quasi affogato Sara e l’aveva cacciata fuori di casa. I pochi anni che trascorse con la nonna furono felici: giocava, cantava e andava in chiesa. Ma all’età di 5 anni, sua nonna morì di cancro e Sara dovette tornare a casa di sua madre. Per tutto quel tempo non l’aveva più vista né sentita. Nel frattempo, la madre ed il patrigno avevano avuto un figlio e ne avevano adottati altri due. I fratelli di Sara non sapevano nemmeno che lei esistesse. Il suo ritorno a casa costrinse la madre a dire la verità riguardo la sorella maggiore, nata da una relazione extraconiugale. La bimba era emarginata, e il patrigno la trattava come un animale. Se lo faceva arrabbiare, la costringeva a mangiare sul pavimento in una ciotola per cani o la chiudeva fuori di casa. Una volta, quando faceva la prima elementare, la chiuse fuori per una settimana intera senza cibo né acqua, né vestiti per cambiarsi. Sara dormiva all’aperto, sull’erba, e si svegliava ogni mattina per andare da sola verso l’autobus della scuola: i capelli erano arruffati, sporchi e con residui di fogliame. Quando era a scuola, almeno, riusciva ad evadere, si sentiva ancora un essere umano. Ma non 37


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REDENZIONE poté fuggire a lungo: a casa l’attendeva un dolore che sarebbe diventato sempre più forte. E le cose, infatti, andarono di male in peggio. Ricorda ancora l’odio bruciante negli occhi di suo padre, quando entrò per la prima volta nella sua stanzetta, quella notte. La violentò e non soltanto quella sera, ma quasi ogni notte dei successivi cinque anni. Eppure, non aveva ancora raggiunto il fondo di quel baratro. Il patrigno la picchiava, la seviziava e la vendeva ad altri uomini. Sara viveva in un costante stato di tormento. Non meritava quella sofferenza, ma ne era sommersa e sopraffatta, inerme nelle mani dei suoi molestatori. Per quanti dubitano della reale presenza del male in questo mondo, beh, la sua è una di quelle storie che non lasciano più dubbi. Dopo aver ascoltato la storia di Sara, qualcuno potrebbe concludere: “Bene, se questa è la sofferenza allora io non ho sofferto affatto; quindi cos’ha a che fare tutto questo con me?”. Vedi, anche se non tutti abbiamo storie orribili come quella di Sara, tuttavia soffriamo in svariati modi, a volte per mano degli altri, a volte no, ma ogni sofferenza ha il suo prezzo. Ecco, di seguito, alcuni altri esempi. Diverse settimane fa, ho parlato con un mio amico che era stato dal medico per alcuni sintomi che lo avevano messo in allarme. “Potrebbe trattarsi di sclerosi multipla”, gli aveva risposto il dottore. Prima ancora di poter fare una TAC per confermare la diagnosi, il mio amico si svegliò un giorno con un forte dolore addominale e fu necessario operarlo d’urgenza. Rimase a letto delle intere settimane, prima di rimettersi. Quando migliorò, dovette affrontare altri test per scongiurare l’ipotesi della sclerosi multipla. Nel gennaio del 2010, un violento terremoto colpì la già povera nazione di Haiti, seppellendo tantissime persone sotto cumuli di macerie e lasciando molti altri ancora feriti e senza casa. Fu uno dei più forti terremoti del paese negli ultimi duecento anni. Il numero di morti salì rapidamente a decine di migliaia, circa un 38


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Quando Soffri Dio è Vicino a Te

terzo della popolazione colpita; le stime del bilancio finale arrivarono a centinaia di migliaia di persone.(1) Ieri, una donna è entrata in chiesa con il viso rigato dalle lacrime e abbiamo pregato insieme. Sogna spesso di diventare mamma, ma in realtà non potrà mai avere figli. Ultimamente ho parlato con un uomo affetto da una malattia mentale ereditaria, un male che lo colpisce ogni giorno e lo porta alla depressione. Una mia amica è andata in pezzi, quando ha scoperto la dipendenza di suo marito dalla pornografia. Non era l’uomo che pensava che fosse: le aveva mentito per anni. Non tutti abbiamo sperimentato gravi abusi fisici dalle mani di un genitore, come è successo a Sara, ma hanno richiesto i miei consigli tantissime persone che asseriscono che padri assenti, negligenti e difficili da compiacere lasciano profonde cicatrici emotive sulla maggior parte di noi. Su Jeff, per esempio: era uno dei ragazzini più amabili che si potessero incontrare. Amichevole ed aperto, aveva il dono innato di relazionarsi subito e bene con gli altri. Incurabilmente chiacchierone in classe, anche gli insegnanti più severi finivano per conversare con lui. Il padre di Jeff faceva un sacco di “cose da ragazzi” con il fratello maggiore: insieme, per esempio, andavano a caccia e giocavano a pallone. Jeff pensava che, una volta divenuto più grande, suo fratello e suo padre avrebbero coinvolto anche lui in quelle attività, ma gli anni passavano ed essi continuavano ad escluderlo. Jeff si trovava a dover convivere ogni giorno con la delusione di un padre che lo evitava e lo respingeva. Più di una volta lo aveva sentito dire: “Stammi lontano, non mi piaci! Mi ricordi me”. Aveva soltanto sei anni, cosa poteva farci? Tradimento, dramma, malattia, abuso, indifferenza: la sofferenza arriva in forme differenti. E quando arriva, io, Jeff e Sara abbiamo tutti una cosa in comune: un dolore profondo. (1) “Haiti Earthquake of 2010”, New York Times, 17.1.2010; “Haiti quake death toll may hit 200,000 - minister” Reuters, 18.1.2010.

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REDENZIONE Un mio amico, di recente, ha perso sua moglie malata di cancro. Un po’ di tempo fa, mentre discutevo con lui di alcuni miei problemi, un pensiero mi fece fermare: “Le mie preoccupazioni devono suonargli così banali! Lui ha perso sua moglie!”. Intuendo il motivo per cui esitavo a continuare, egli stesso riaprì la discussione, dicendomi: “Questo è il club del dolore. Anche se il tuo è diverso dal mio, è comunque un dolore”. Non mi stava dicendo che tutti i dolori sono uguali, ma che la sofferenza ci rende consapevoli del fatto che abbiamo bisogno di misericordia e che bramiamo di ricevere compassione. Non perdetelo mai di vista: questa non è una gara a chi ha la storia più triste e ottiene come premio la compassione. Il punto è un altro: grande o piccola che sia la nostra sofferenza, abbiamo tutti la possibilità di attingere alla fonte della Grazia di Dio, ma trovarci presso quella fonte implica, innanzitutto, essere onesti circa la sofferenza. Così, adesso, mentre esaminiamo la storia della sofferenza degli Israeliti in Egitto, ti invito ad affrontare con piena sincerità di cuore la sofferenza che c’è nella tua vita - qualunque forma abbia assunto - e a trovare un modo per immedesimarti nella loro.

IL POPOLO DI DIO AVVOLTO DALLE TENEBRE Nel capitolo iniziale dell’Esodo, troviamo gli Israeliti in Egitto. Circa 400 anni prima, Giacobbe, il padre di Giuseppe, aveva portato lì la sua famiglia nella speranza di farla scampare alla carestia. Erano rimasti in Egitto per molte generazioni, si erano moltiplicati e, secondo la promessa che Dio aveva fatto al nonno di Giacobbe, Abraamo, erano divenuti un popolo numeroso (Genesi 15:1-5; Esodo 1:7). La fecondità della loro terra era segno della benedizione di Dio e Giuseppe, adesso, era chiamato a salvare quella stessa terra dalla carestia (Genesi 41). Se non fosse stato per la sua divina saggezza e la sua attenta amministrazione delle risorse accumulate nei granai della nazione, l’Egitto stesso sarebbe stato gravemente danneggiato. Così, non soltanto Dio aveva salvato il 40


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Suo popolo portandolo in Egitto, ma aveva salvato anche l’Egitto portandovi il Suo popolo. Gli egiziani questo lo riconoscevano, perciò onoravano Giuseppe e la sua famiglia. Ma poi sorse un nuovo faraone in Egitto, che non conosceva Giuseppe (Esodo 1:8). Ciò non vuol dire che non avesse mai sentito parlare di questo eroe nazionale, significa piuttosto che rifiutava di riconoscere il debito di gratitudine che l’Egitto aveva nei suoi confronti e, di conseguenza, rifiutava di vedere gli Israeliti (il popolo di Giuseppe) come una benedizione per il Paese.(2) Tutta la riconoscenza e la lealtà dovuta fu dimenticata e gli Israeliti si trovarono improvvisamente in pericolo proprio nella sola patria che avessero mai conosciuto. Come re d’Egitto, il faraone avrebbe dovuto essere il primo a prodigarsi per la pace, la protezione e l’approvvigionamento della gente della sua terra.(3) Questo faraone però cominciava a temere gli Ebrei e ad esserne irritato, così si rivoltò contro di loro e con la sua propaganda incitò gli egiziani a fare lo stesso (Esodo 1:9, 10). Il faraone avvolse gli Israeliti nelle tenebre e li costrinse a una dura schiavitù (Esodo 1:11-14). Furono oppressi, maltrattati e schiavizzati. Non avevano fatto niente che giustificasse un trattamento simile, erano innocenti.(4) Non si trattò di una singola azione punitiva, ma dell’inizio dell’oppressione sistematica di un intero popolo, attraverso la schiavitù, il razzismo e il genocidio (cfr. Esodo 1:22). Secondo lo studioso Nahum Sarna, gli Israeliti erano “organizzati in grandi squadre di lavoro; essi divennero

(2) John L. Mackay, Exodus: A Mentor Commentary; Ross-Shire, Regno Unito: Mentor, 2001, 34. (3) “Faraone” è il titolo usato per il re d’Egitto, non il nome di un uomo in particolare. In egiziano, significa semplicemente “la grande casa”. Originariamente questo nome si riferiva al palazzo reale, ma alla fine divenne sinonimo di chi governa, come a dire, “La Casa Bianca” per indicare l’amministrazione del Presidente degli Stati Uniti. Nahum M. Sarna, Exploring Exodus: The Origins of Biblical Israel [New York: Schocken, 1986], 18. (4) “Innocenti” perché non stavano soffrendo a causa di qualcosa che avevano fatto. Come vedremo più avanti, infatti, anche sotto la schiavitù, non erano innocenti nel senso assoluto del termine.

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REDENZIONE una massa anonima, depersonalizzata, che aveva perso la propria individualità agli occhi degli oppressori egiziani”.(5) Forse qualcuno è stato costretto a lavorare in campi dove la fatica era estenuante e i risultati scarsi, a dispetto delle grandi aspettative dei proprietari che punivano duramente i lavoratori, in caso di basso rendimento. Immagina la scena: il raccolto di una lunga giornata di lavoro nei campi portato via per metà dai vermi, per metà dagli ippopotami, gli avanzi presi dai ladri ed ecco che i capi degli schiavi vengono a riscuotere ciò che è loro dovuto, con in mano le verghe di palma. Uno scritto egizio illustra in modo appropriato la difficile situazione in cui si trovarono gli Israeliti: “Essi dicono: «Dacci il grano», ma non ce n’è. Allora lo buttano a terra, lo legano e lo picchiano; poi lo gettano nel canale, ed egli sprofonda con la testa sott’acqua. Davanti ai suoi occhi inorriditi legano sua moglie e i suoi figli vengono messi nei ceppi”.(6)

La terra della loro salvezza diviene la terra della loro sentenza di morte. Pensa come deve essere stato, per gli Israeliti, quel duro e lungo tempo della schiavitù. Erano stati abituati a vivere in pace lì e saranno stati sconvolti dalla furia iniziale del rabbioso razzismo del faraone, mentre tutta la sicurezza, la comodità e la libertà di cui avevano goduto per anni gli venivano strappate via e al loro posto ricevevano catene e lavori da spaccare la schiena. Ora pensa alla storia di Sara. Conobbe l’allontanamento e il tradimento quando, tornata nella casa materna, si trovò ad affrontare l’odio e la violenza del patrigno. Potresti identificarti con lei in una situazione simile, anche se sei stato vittima di tradimenti o maltrattamenti. Ora immagina di essere nato in schiavitù e di non aver mai conosciuto la libertà. Per gli Israeliti, l’Egitto era un luogo di (5) Sarna, Exploring Exodus, 21. (6) Adolf Erman, Life in Ancient Egypt [New York: Dover, 1971], 433.

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dolore dalla culla alla tomba. Conducevano una vita fatta di stenti, che terminava in una morte inavvertita; erano soltanto dei corpi senza nome, usati e gettati via. Sara sa bene cosa questo significhi. Non ha mai conosciuto l’amore di un padre terreno, ma soltanto la violenza di un odioso patrigno. Può darsi che anche tu sia nato in una casa “fuori dalla norma” e in costante balia della violenza e del pericolo, oppure potresti essere stato addestrato a credere alle menzogne fin dalla più tenera età. Gli Israeliti si trovavano sotto la caligine di una rigida oppressione: la sofferenza quotidiana era troppo grande per riuscire a vedere chiaramente oltre quelle tenebre che, tra l’altro, stavano durando più a lungo di quanto la memoria non potesse ricordare e si proiettavano nel futuro più di quanto la mente non potesse immaginare. Ecco, allora, che si levò un gemito doloroso: gridarono a Dio affinché li salvasse. Deve essere stato davvero difficile, per loro, intuire come quella esperienza potesse incunearsi nel piano generale del Signore per la loro vita. Ma alla fine cosa sarebbe accaduto? Possiamo immaginarceli, gli Israeliti, che - in quel buio fitto - si sentivano abbandonati in Egitto dal loro Signore. Le scene d’apertura dell’Esodo non mostrano al lettore un Dio presente e attivo. Probabilmente quelle pagine sono il riflesso dell’esperienza che gli Israeliti stavano facendo in quel momento: l’esperienza di un Dio che sembrava assente.(7) Il personaggio più attivo in questa parte della storia sembra essere, al contrario, il malvagio faraone. Dov’era Dio? Per quanto tempo ancora gli Israeliti avrebbero dovuto soffrire, prima di vedere l’intervento del Signore in loro favore? È troppo facile, per noi, dire che al posto loro saremmo stati tranquilli: noi siamo a conoscenza del quadro generale! Gli Israeliti si stavano moltiplicando in Egitto, prova dell’adempimento della promessa divina (cfr. Genesi 46:3; 47:27; Esodo 1:7). Il Signore, nella Sua sovranità, ostacolava il piano del faraone, e quanto più (7) Peter Enns, Exodus, NIV Application Commentary [Grand Rapids, MI: Zondervan, 2000], 50, 51.

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REDENZIONE gli Ebrei erano sotto la minaccia dello sterminio, tanto più crescevano (cfr. Esodo 1:12). Non soltanto, ma Dio aveva detto ad Abraamo che la sua progenie avrebbe avuto un periodo di permanenza e schiavitù in Egitto, e che Egli l’avrebbe salvata (cfr. Genesi 15:13). Noi sappiamo che sebbene il Signore sembrasse assente, in realtà non lo era, così come sappiamo che sebbene faraone sembrasse avere l’ultima parola nel determinare il destino di Israele, in realtà non l’aveva. Ma quando ti ritrovi nel bel mezzo di una situazione simile a quella degli Ebrei, queste verità così facilmente percepibili sembrano quasi inafferrabili. Le domande che ci facciamo quando ci troviamo nella sofferenza non sono principalmente intellettuali, quanto al rapporto del Signore con il male e con i malvagi, ma sono soprattutto emotive, del tipo: “Come posso confidare in un Dio che ha il potere di far finire tutto in un attimo, ma non lo fa?”.(8) Chi è questo Signore indifferente, che fa grandi promesse e poi resta a guardare mentre il Suo popolo è trattato così ingiustamente? Non Gli si spezza il cuore, nel sentire quei gemiti di dolore? Oppure se ne sta a distanza, lasciando che gli eventi casuali, i progetti di uomini perversi e le forze della natura facciano il loro corso?

IL COMBATTIMENTO DI SARA CON DIO All’età di quindici anni Sara aveva già subito violenza dalle mani di molti più uomini di quanto riuscisse a contare o ricordare. Volutamente indurita nella rabbia, si truccava di nero, si tingeva i capelli di blu e odiava tutti. Uno dei suoi passatempi preferiti era (8) John Feinberg distingue il problema religioso del male che è di natura emotiva, dal problema filosofico del male di ambito intellettuale. Egli stesso aveva scritto la sua tesi di dottorato e pubblicato un libro sullo stesso tema: aveva delle risposte intellettuali, ma quando una tragedia colpì la sua famiglia - egli racconta - nessuna di quelle risposte fece la differenza in ciò che sentiva. Questo è il cosiddetto problema religioso del male. “Un viaggio nella sofferenza”, in Suffering and the Goodness of God, ed. Christopher W. Morgan e Robert A. Peterson [Wheaton, IL: Crossway, 2008], 219.

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argomentare contro l’esistenza di Dio. Essendo una ragazza intelligente, di solito vinceva lei, nelle dispute verbali. Poi, al liceo, due ragazzi che le erano amici - le uniche persone simpatiche e “normali” che avesse mai conosciuto - iniziarono a parlarle di Gesù. Non erano ferrati come lei nel dibattito, ma non si fecero condizionare dalle sue “tirate anti-Dio”, anzi, continuarono ad essere gentili e ad invitarla alle riunioni giovanili della loro chiesa (pensavano, infatti, che qualcuno dei ragazzi più “capaci” l’avrebbe sicuramente “battuta” nelle discussioni su Dio). La prima sera in cui si presentò a una di queste riunioni, come suo solito, andò dritta al punto. Però, poi, successe qualcosa d’inaspettato. Nel momento della lode e dell’adorazione, avvertì la palpabile e innegabile presenza del Signore. Il suo sentimento, allora, si trasformò in un timore sacro: era stata la nemica di questo Dio presente e potente e aveva persuaso molti del fatto che Egli non esistesse. Ora, invece, era convinta lei stessa, al di là di ogni dubbio, che Egli esisteva. Quella stessa sera, tornò a casa e lesse la Bibbia. Colpita dall’appena scoperta verità dell’esistenza di Dio, il suo desiderio di saperne di più su Lui si fece insaziabile. Tuttavia, mentre la verità rispondeva ad alcune delle sue domande, altri grandi interrogativi si affacciavano alla porta del suo cuore: il Signore era lì, ma non sembrava essere buono, o almeno non lo era stato con lei. Si chiedeva perché la sua vita era stata così sconvolta. Era come se Dio sapesse molto bene quello che stava attraversando, ma pur avendo il potere di mettere fine al suo dolore, sembrava non curarsene. Era come se le sue grida d’aiuto giungessero a orecchie sorde.

IL DIO CHE VEDE E SA Perché Dio attese circa 430 anni, prima di salvare Israele? (9) Non lo sappiamo, ma il fatto che aspettò non contraddice certo la Sua (9) Douglas K. Stuart, Exodus. New American Commentary 2 [Nashville, TN: Broadman 2006], 103, 305, 6.

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REDENZIONE saggezza, bontà e grazia. Quando irrompe nella scena, non lascia dubbi su chi Egli sia: Dio è Colui che ascolta il grido del Suo popolo ed è pieno di compassione. “Durante quel tempo, che fu lungo, il re d’Egitto morì. I figli d’Israele gemevano a causa della schiavitù e alzavano delle grida; e le grida che la schiavitù strappava loro salirono a Dio. Dio udì i loro gemiti. Dio si ricordò del Suo patto con Abraamo, con Isacco e con Giacobbe. Dio vide i figli d’Israele e ne ebbe compassione” (Esodo 2:23-25).

Dio udì, si ricordò, vide … e ne ebbe compassione. La dinamica del brano è davvero rilevante, degna di nota e merita una sottolineatura, perché il significato di questo linguaggio avrebbe potuto riempire libri e libri. È chiaro, infatti, che si tratta più della sola consapevolezza della situazione di gravità di cui prese atto il Signore. I versetti esprimono, piuttosto, una profonda, personale e intima conoscenza e pietà per il Suo popolo.(10) Egli era attento al grido d’Israele ed era sicuramente addolorato del fatto che fosse stata negata anche la dignità a quel popolo che era latore della Sua immagine. Commentando questo passo biblico, William Edgar dice: “Essere conosciuti da Dio significa essere da Lui amati, e non c’è posto migliore in cui si possa stare. È il Signore, infatti, a caricarsi di ogni fardello, non il Suo popolo. Il verbo “conoscere, vedere la situazione”, qui indica la conoscenza più completa di un problema da parte di Dio ed il Suo impegno ad intervenire”.(11)

Questo passo rivela il carattere di Dio che promette di intervenire. Proprio come udire e vedere qui non sono un semplice es(10) L’idea è quella di un Dio che conosce personalmente quanti Gli appartengono e ne ha riguardo. In altri brani il verbo conoscere è simile nel significato a “salvare” o “mostrare pietà”. Richard E. Averbeck, “Esodo 2:25”, NET. (11) William Edgar, “La sofferenza e l’oppressione”, in Suffering and the Goodness of God, 174.

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Quando Soffri Dio è Vicino a Te

sere a conoscenza di qualcosa, così anche ricordare il Suo patto non è soltanto un richiamo alla memoria, ma è qualcosa che innesca un’azione sulla base di sentimenti di misericordia. Questo era il popolo con cui Dio aveva stretto un patto; faraone non avrebbe portato a termine i suoi scopi malvagi. Dio non è una divinità silenziosa, distaccata, lontana e fredda. Egli ode il grido del Suo popolo, ne conosce la sofferenza. Egli mantiene le Sue promesse: li salverà. Il Signore parlò a Mosè dal pruno ardente e disse: “… Ho visto, ho visto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il grido che gli strappano i suoi oppressori; infatti conosco i suoi affanni. Sono sceso per liberarlo dalla mano degli Egiziani e per farlo salire da quel paese in un paese buono e spazioso, in un paese nel quale scorre il latte e il miele …” (Esodo 3:7, 8).(12) Nella storia dell’Esodo, Dio salvò gli Israeliti mandando un liberatore, Mosè, che era uno di loro. Mosè è figura del Redentore finale, di Dio stesso, che divenne uno di noi nell’Uomo Gesù Cristo. Egli scese per farci salire. Gesù è l’espressione suprema della compassione di Dio per il Suo popolo e l’assoluta garanzia del fatto che il Signore comprende veramente la pena del nostro cuore. Gesù visse quel genere di dolore che tu stai provando in questo momento. Gesù fu fatto come noi, in tutta la fragilità dell’essere umano (cfr. Ebrei 2:10, 17, 18). Egli sopportò l’avversione dei peccatori (cfr. Ebrei 12:3). Fu disprezzato e rigettato, fu l’“uomo di dolore” che portò la nostra pena: fu ferito, stroncato, oltraggiato e aggravato (cfr. Isaia 53:3-6). Egli conosce l’angoscia del tradimento da parte di quanti ci sono più vicini. I Suoi stessi discepoli Lo tradirono. Gesù, infatti, conosce bene anche il freddo che c’è in un cuore abbandonato (cfr. Salmo 22:1; Matteo 27:46). Egli sa della solitudine che si prova nella sofferenza. Nel giardino del Getsemani, sapendo che sarebbe presto finito nelle mani di chi l’avrebbe crocifisso, Gesù disse ai Suoi discepoli: “… L’anima (12) Ibid, 175.

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REDENZIONE mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate con me” (Matteo 26:38). Rivolse queste parole ai due discepoli che Gli erano più vicini, le due persone sulla terra che sicuramente sarebbero rimaste con Lui, se nessun altro l’avesse fatto. Poi si gettò con la faccia a terra e invocò il Padre. Quando si alzò, trovò quei due uomini - i Suoi più intimi amici - che dormivano. Mentre Egli era in agonia, anticipando l’ulteriore sofferenza che avrebbe provato con la crocifissione e separazione dal Padre al punto da sudare come grosse gocce di sangue, loro schiacciavano un pisolino (cfr. Luca 22:44). Neppure i più cari amici di Gesù, quella notte, si dimostrarono compassionevoli. Il Figlio di Dio ha conosciuto anche il combattimento interiore per accettare la volontà del Padre nel permettere una sofferenza simile. Egli sapeva cosa significasse confidare in un Dio che avrebbe potuto fermarla, ma non l’ha fatto. Per cosa pregava mentre i Suoi migliori amici dormivano? “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (Luca 22:42). Puoi starne certo: non c’è alcuna rassegnazione stoica nella Sua voce; Gesù pregò intensamente il Padre per evitare quella morte atroce, e non una ma ben tre volte (cfr. Matteo 26:39, 42, 44). Come ti senti quando le preghiere più fervide sembrano non ricevere alcuna risposta o la trovano in modi che ti lasciano comunque e ancora in circostanze difficili? Come influenzerà la tua fede questo dato di fatto, la prossima volta che avrai una preghiera disperata da rivolgere a Dio? Joan, una donna non convertita, mi raccontò tempo fa la storia di una situazione minacciosa in cui venne a trovarsi, quando il fidanzato cominciò a pressarla psicologicamente per avere la sua verginità. Joan aveva sempre voluto che il sesso fosse qualcosa di speciale, ma la situazione in cui si trovò fu esattamente l’opposto. Andò in un’altra stanza giusto il tempo di elevare questa supplica: “Ti prego, Signore, non lasciare che questo succeda a me”. Ma successe e quella, probabilmente, fu l’ultima volta in cui pregò. 48


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Quando Soffri Dio è Vicino a Te

Quella volta, nel giardino, non era per Gesù la prima notte d’intensa preghiera in cui si affidava al Padre. Aveva pregato tutta la notte anche prima di scegliere i dodici discepoli (cfr. Luca 6:1216). Sicuramente aveva pregato di avere discernimento nella scelta di uomini fedeli, che avrebbero potuto vivere e morire per la causa, uomini che sarebbero rimasti al Suo fianco a tutti i costi. Il giorno dopo li scelse. E tra quei dodici c’era Giuda, il traditore, cioè colui che Gesù ben sapeva che quella notte nel giardino l’avrebbe tradito. Se fossi stato lì nel Getsemani a pregare, non avresti ritenuto inutile o senza senso affidarti al Padre, dopo aver già trascorso una notte intera di supplicazioni - e poi una seconda terminata con il tradimento di Giuda? Joan rifiutò di confidare di nuovo in Dio, avendo concluso che Egli l’aveva abbandonata. Credo che tutti possiamo comprendere la riluttanza a fidarci di nuovo di qualcuno, quando siamo stati delusi già una volta. Gesù, però, quella notte nel giardino aveva ancora la certezza che, per quanto negative siano le situazioni che affrontiamo e per quanto poco riusciamo a capirle, il Padre è sempre degno di fiducia. La fede di Gesù, la Sua fiducia, il Suo dipendere da Dio anche nel momento in cui era più vulnerabile sono quasi incomprensibili. Osserva, però, anche ciò che Gesù non fece nel giardino: Egli non ignorò il dolore della situazione. Non lo affogò in qualche tipo di dipendenza, non lo negò, né lo mascherò con un luogo comune sulla sovranità di Dio. Piuttosto, l’affrontò e nella Sua angoscia corse verso il Padre. Già soltanto l’esperienza del giardino fu più dolorosa di quanto molti di noi non avrebbero potuto sopportare. Tuttavia, Gesù aveva ancora molte altre situazioni tragiche davanti a Sé: il tradimento di Pietro, le false accuse, la derisione, la fustigazione e, infine, la crocifissione. Gesù può simpatizzare con la peggiore sofferenza, perché Egli soffrì non soltanto una morte straziante, ma anche la separazione dal Padre (cfr. Matteo 27:46). Il fatto è che nessuno di noi conosce appieno tutto ciò che Gesù patì e anche quanti pongono in Lui la propria fiducia non lo sapranno mai. 49


Il pastore Mike Wilkerson ha dato un contributo davvero unico alla letteratura evangelica con quest’opera dal pregio del tutto particolare. Egli mette a fuoco il tema della redenzione attraverso la storia dell’Esodo d’Israele e un approccio biblico/pratico senza precedenti. Il pensiero dell’autore serve, da una parte, a denunciare un cristianesimo sì liberato dalla vecchia schiavitù del mondo ma ancora influenzato da esso e, dall’altra, a evidenziare la perfetta e sufficiente opera della Grazia divina, volta a liberare pienamente quanti sono avvinti dai legami del peccato e delle dipendenze.

Mike Wilkerson non ha paura di “sporcarsi le mani” incontrando e aiutando le persone citate nel testo, anzi le conduce alla grazia vivificante di Cristo. Costruito attorno alla straordinaria storia dell'Esodo, questo libro addita al meraviglioso Redentore e alla Sua grazia, capace davvero di trasformare l’esistenza anche della peggior risma di peccatori: questo è il Vangelo che cambia la vita di chi crede! Redenzione è una parola piena di significato, bisogna esaminarla bene e questo libro ci aiuta a farlo nel modo migliore.

REDENZIONE

Mike Wilkerson

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MIKE WILKERSON è pastore di una comunità evangelica nella città di Seattle, Washington, U.S.A. Svolge con grande passione un servizio cristiano volto a offrire aiuto pratico e sostegno biblico in favore di persone particolarmente segnate dal peccato. È sposato con Trisha e padre di quattro figli.

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ISBN 978-88-89698-69-3

Servizio Pubblicazioni delle “Assemblee di Dio in Italia”

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