Che cosa significa essere santi? Perché ci dovrebbe interessare un tema del genere? Come possiamo cambiare le cose nella nostra vita cristiana? Questo libro è per chi vuole prendere sul serio la santità, per quelli che non vogliono soltanto iniziare, pieni d’entusiasmo, un’esperienza di fede, ma che desiderano davvero assomigliare a Gesù, disposti a vivere alla luce della Parola di Dio e, per grazia divina, testimoniare fattivamente di una vita trasformata. L’autore ci parla della potenza dello Spirito Santo che ci aiuta a crescere fino alla statura perfetta di Cristo, attraverso una santificazione personale, senza interruzioni, che ci fa gioire in questo processo di crescita. Insomma, DeYoung parla di una santità pratica più che di un concetto teologico, di una consacrazione sperimentabile oggi, nella nostra società secolarizzata e ipertecnologica. Quello che potrebbe sembrare un argomento classico [per non dire antico e superato] è trattato, invece, come un tema assolutamente attuale ed elemento distintivo di una chiesa viva e operante, che promuove l’Evangelo più con il proprio esempio che con le sole parole.
KEVIN DEYOUNG
Santità interrotta
KEVIN DEYOUNG è nato nel 1977. Laureato al Gordon Conwell Theological Seminary, è padre di sei figli e pastore della University Reformed Church di East Lansing nel Michigan (USA). Oltre a “Non Chiamatelo Regresso” (Ed. ADI-Media, Roma – 2012), è autore di molti altri libri e membro esecutivo della RCA-Integrity, un’organizzazione che promuove lo studio della Bibbia e la sua applicazione nella vita pratica.
Creare continuità tra la passione per il Vangelo e la ricerca della santità. € 12,00
ISBN 978-88-99832-31-5
9 788899 832315
Titolo originale: The Hole in Our Holiness: Filling the Gap between Gospel Passion and the Pursuit of Godliness Copyright © 2012 by Kevin DeYoung Published by Crossway, a publishing ministry of Good News Publishers. Wheaton, Illinois 60187 – USA. This edition is published by arrangement with Crossway. All rights reserved. Edizione italiana: “Santità interrotta” Creare continuità tra la passione per il vangelo e la ricerca della santità © ADI-Media Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 06 2284970 Fax 06 2251432 Email: adi@adi-media.it Internet: www.adi-media.it Servizio Pubblicazioni delle Chiese Cristiane Evangeliche “Assemblee di Dio in Italia” Luglio 2016 - Tutti i Diritti Riservati Traduzione: A cura dell’Editore – S.G. Tutte le citazioni bibliche, se non indicato diversamente, sono tratte dalla Bibbia Versione Nuova Riveduta - Ed. 2006 Società Biblica di Ginevra - Svizzera Stampa: Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
ISBN 978 88 99832 31 5
KEVIN DEYOUNG
Santità interrotta Creare continuità tra la passione per il Vangelo e la ricerca della santità.
INDICE
Introduzione
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01. ATTENTI AL VUOTO
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02. LA RAGIONE DELLA REDENZIONE
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03. MODELLO DI PIETÀ
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04. L’IMPATTO DEGLI IMPERATIVI
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05. IL PIACERE DI DIO E LA POSSIBILITÀ DELLA SANTITÀ
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06. UN IMPEGNO POTENZIATO DALLO SPIRITO, GUIDATO DAL VANGELO E ALIMENTATO DALLA FEDE
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07. SII CHI TU SEI
109
08. I SANTI E L’IMMORALITÀ SESSUALE
127
09. DIMORARE E UBBIDIRE
147
10. CHE TUTTI POSSANO VEDERE I VOSTRI PROGRESSI
163
Domande per lo studio
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INTRODUZIONE Il lettore potrebbe aspettarsi che un libro sulla santità sia pesante da scorrere e uno di quei testi che ti puntano il dito addosso, che protenda verso un legalismo evangelicamente corretto. Insomma, uno di quei libri che t’imbarazza, un po’ fuori dalla portata del credente medio. Ma Santità interrotta non è un testo del genere. Kevin DeYoung, invece, entra nello specifico e spiega come lo Spirito Santo ci renda capaci di assomigliare a Cristo e di come la santità sia alla portata di ogni sincero credente che desidera piacere al proprio Salvatore. Lo scrittore va ben oltre il concetto di “metticela tutta”, “credici davvero”, “impegnati di più”, anzi, incoraggia il credente, non soltanto a desiderare che la santità sia un elemento caratteristico della propria esperienza di fede, ma a realizzarla sul serio, perché alla sua portata. Quella di cui parla l’autore in questo scritto è una santità pratica, più che un concetto teologico, una consacrazione sperimentabile oggi, nella nostra società secolarizzata e ipertecnologica. Quello che potrebbe sembrare un argomento classico [per non dire antico e superato] è trattato, invece, come un tema assolutamente attuale ed elemento distintivo di una chiesa viva e operante, che promuove l’Evangelo più con il proprio esempio che con le sole parole. 5
SANTITÀ INTERROTTA
La forza di questo libro risiede nella profonda biblicità dei suoi contenuti, infatti, è costellato di versetti delle Scritture che additano a una verità intramontabile: ogni esperienza di rinnovamento spirituale si fonda sulla conoscenza sperimentale della santità di Dio. Il Signore ci chiama alla santità, e il parametro di confronto che Egli usa è Lui stesso, non come un punto inarrivabile, ma come paradigma reale e realizzabile in Cristo, perché: “… la grazia di Dio, salvifica per tutti gli uomini, si è manifestata, e ci insegna a rinunciare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo, aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù” (Tito 2:11-13). La preghiera di chi lo pubblica e che il lettore possa sfogliare questo libro e riflettere attentamente sulle sfide che lancia, ricordando che Cristo Gesù “… ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone” (Tito 2:14). È sicuramente un testo utile, se non indispensabile, per chi desidera vivere una vita che piaccia a Dio e che onori la Sua Parola. Anche se siamo fragili e caduchi, l’autore ci ricorda che è possibile vivere una vita santa e colmare tutti quei vuoti che talvolta si creano dalla nostra prima esperienza di salvezza alla piena realizzazione delle promesse del Vangelo. Questo vuol dire progresso, crescita e maturità nella fede. Preparatevi l’evidenziatore, ci sono molte cose da far risaltare. L’Editore
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01.
ATTENTI AL VUOTO Non ho mai capito cosa c’è di tanto attraente nel campeggio. Anche se un sacco di miei amici e parenti sono campeggiatori entusiasti, mi è sempre parso strano che qualcuno possa lavorare duramente tutto l’anno per vivere all’aperto una sola settimana. Va bene stare insieme, ma perché vivere in tende con servizi igienici in comune? Ho comunque fatto uno sforzo per cercare di comprendere cosa sia il campeggio. Ti metti uno zaino sulle spalle e cominci la tua avventura nel mezzo della creazione di Dio. Forte! Ma caricare il furgone come l’arca di Noè e guidare alla volta di un campeggio infestato di zanzare, soltanto per ricostruire una versione scomoda della tua cucina e della tua stanza da letto, non ha senso. Chi ha deciso che la vacanza debba essere più dura della vita normale? Ogni anno la nostra chiesa pubblicizza il “campo famiglia”. Mia moglie vorrebbe andarci, ma ogni anno finiamo sorprendentemente in qualche altro posto dello Stato. Da quello che vedo, il fascino del campo famiglia è che i ragazzi, spinti dai genitori, corrono ovunque liberi e sporchi fino al tramonto, come fossero piccoli scapestrati del Michigan nel luogo surreale del Signore delle Mosche. Per quanto questo possa risultare utile per passare un po’ di tempo libero senza prole e con i propri amici, ci deve essere un modo più pulito e meno umi7
SANTITÀ INTERROTTA
do per dare ai ragazzi una settimana di svago. Anche se i figli trascorrono grandi momenti, il tempo regge, nessuno ha bisogno di punti di sutura e il diciassettesimo hot dog ha il buon sapore del primo, a me rimarrà difficile ripulire i libri da tutta la sabbia. Sono consapevole che al mondo ci sono un sacco di campeggiatori accaniti. Non li biasimo per il loro hobby. È solo che non fa per me. Non sono cresciuto in un campeggio. La mia famiglia non era per niente tagliata per la vita all’aperto. Non che fossimo contrari al campeggio. Lo vedevamo tuttavia come qualcosa che non ci apparteneva, e superavamo indifferenti i negozi che trattavano articoli per vacanze alternative. Più semplicemente, non andavamo in campeggio, e non possedevamo una tenda, un camper o cose del genere. Nessuno cacciava. Nessuno pescava. E anche la nostra griglia, pur se di buona marca, rimaneva chiusa in casa. Ho ignorato il campeggio per gran parte della vita. E questo mi va bene. Ci sono cose più importanti. Il campeggio può essere qualcosa di magnifico per altre persone, ma per quanto mi riguarda sono contento di non parlarne, non pensarci e non andarci. Divertiti pure con quelle fredde sedie pieghevoli, ma il campeggio non è fatto per me. Io sto bene senza.
LA SANTITÀ È IL NUOVO CAMPEGGIO È possibile considerare la santità nello stesso modo in cui io considero il campeggio? Forse va bene per gli altri. Rispettate quelli che si rendono la vita difficile. Ma questa ricerca non fa per voi. Non siete cresciuti con il desiderio di essere santi. Non avete mai parlato di santità. La vostra famiglia non ha mai pregato con il desiderio di ottenerla e la vostra chiesa non si è 8
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mai soffermata su questo argomento. La santità non è la vostra passione. Questa ricerca è percepita come qualcosa da temere, in una vita già abbastanza impossibile. Sarebbe meraviglioso essere una persona migliore ed evitare i peccati veramente grandi. Ma pensate che, giacché siamo salvati per grazia, la santità non sia una virtù richiesta e, francamente, la vita sembra scorrere bene anche senza di essa. La nostra esperienza di santificazione si interrompe perché, ad un certo punto, la santità è qualcosa che non ci entusiasma più. L’esortazione appassionata a tendere alla santità evangelica la sentiamo a malapena nella maggior parte delle nostre chiese. Non è che non parliamo di peccato e non esortiamo alla vita consacrata. Troppi sermoni, però, sono fondamentalmente seminari di autoanalisi su come diventare migliori e performanti: questo è moralismo spicciolo privo di efficacia. L’Evangelo che predica ciò che si deve fare, senza parlare di ciò che Cristo fece, non è per niente Vangelo. Con questo non sto dicendo che sia necessario farsi torturare ogni domenica perché guardiamo un programma sportivo in TV o guidiamo un SUV. Sto parlando del fallimento dei cristiani, in particolare delle generazioni più giovani e più ancora di quanti disdegnano la “religione” e il “legalismo”, che non intendano prendere sul serio uno dei grandi obiettivi della nostra redenzione e una delle prove necessarie alla vita eterna: la nostra santità. J. C. Ryle1 aveva ragione: “Dobbiamo essere santi, perché questo è un grande fine e lo scopo per il quale Cristo è venuto nel mondo … Gesù è un Salvatore perfetto. Egli non si limita a togliere la colpa del peccato dal credente, ma fa di più: spezza 1.
John Charles Ryle (10 maggio 1816 – 10 giugno 1900), primo vescovo anglicano di Liverpool. N.d.E. 9
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il suo potere (cfr. I Pietro 1:2; Romani 8:29; Efesini 1:4; II Timoteo 1:9; Ebrei 12:10)”.2 Il mio timore è che nonostante celebriamo correttamente, e in alcuni ambienti riscopriamo, che Cristo ci ha salvato da, non ci soffermiamo abbastanza intorno al fatto che Cristo ci ha salvato per. Chi è più ardente verso l’Evangelo e la gloria di Dio non dovrebbe anche essere maggiormente impegnato nella ricerca della santità? Temo che questa condizione di squilibrio costituisca un divario evidente cui nessuno sembra porre attenzione.
CHI LO DICE? Come faccio a a capire se la mia esperienza di santificazione si è interrotta? Be’, non lo so. Chi può valutare lo stato della chiesa evangelica nel nord dell’America, per non parlare della chiesa nel mondo intero? Potrei citare statistiche sulla crisi vocazionale e sulla mondanità dei membri di chiesa. Probabilmente conoscete meglio di me queste informazioni e non vi siete soffermati più di tanto su di esse. Chiunque può dire qualcosa prendendo spunto dalle statistiche. Il settantatré per cento degli elettori conosce bene queste cose. Non pretendo di dimostrare scientificamente che i cristiani trascurano la ricerca della santità. Ma non sono il primo a pensare che ci sia qualcosa che manca nella chiesa contemporanea. Nel suo libro Riscoprire la Santità, J. I. Packer sostiene che i credenti considerano la santità come un retaggio del pas-
2.
John Charles Ryle, Holiness: Its Nature, Hindrances, Difficulties, and
Roots, Charles Nolan, Moscow (ID) 2011, p. 4 (il corsivo è mio). 10
01. attenti al vuoto
sato.3 Ed elenca tre elementi di prova: (1) attualmente non si sente parlare di santità nella predicazione e negli scritti cristiani, (2) non insistiamo abbastanza sulla santità delle nostre guide spirituali, (3) non ci soffermiamo sulla necessità della santità personale nella nostra evangelizzazione. Queste osservazioni sono condivisibili. Se, viceversa, non ti ritrovi nell’analisi di Packer, quantomeno converrai che questa si fonda su tre passaggi delle Scritture: 1. La nostra ubbidienza è nota a tutti gli uomini?
Nella maggior parte delle sue lettere, Paolo incoraggia grandemente le chiese. Solitamente comincia con il dire qualcosa come: “Sono molto grato per voi. Siete persone fantastiche. Penso sempre a voi e, quando lo faccio, lodo Dio”. Paolo è un padre spirituale fiero, ma non approverebbe questa frase da adesivi per auto: “I miei cristiani sono i primi della classe, degni di ogni onore nella Scuola Apostolica degli uomini di talento”. Egli non parla mai in questo modo. Altri, invece, si sono gloriati. In Romani 16:19, ad esempio, Paolo dice: “Quanto a voi, la vostra ubbidienza è nota a tutti”. La fama acquisita potrebbe non corrispondere al vero (cfr. Apocalisse 3:1), e i romani avevano i loro problemi su cui lavorare. Ma questo encomio alla fine della lettera costringe a porci la seguente domanda: “La nostra chiesa è nota per la sua ubbidienza? L’ubbidienza è ciò che gli altri cristiani riscontrano in noi? È per questo che vorrei essere conosciuto nella mia chiesa?”. Tutto sommato, concetti come “creatività”, “attività” o 3.
James Innell Packer, Rediscovering Holiness: Know the Fullness of Life
with God, Regal, Ventura (CA) 2009, pp. 31-32.
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SANTITÀ INTERROTTA
“trasformazione mondiale” potrebbero suonare meglio della vecchia e noiosa “ubbidienza”. A tal proposito gli scrittori puritani ci lanciano numerose sfide. Sono consapevole che la parola “puritano” è spesso associata a un guastafeste che nutre “un vago sospetto che qualcuno da qualche parte stia vivendo un buon momento”.4 Ma i veri puritani non erano così. Godevano i buoni doni di Dio, e contemporaneamente ricercavano la santità come il più grande di essi. Ecco perché un teologo ha descritto il puritanesimo come un movimento riformato di santità.5 Erano fallibili, ma credevano nella Bibbia ed erano cristiani appassionati nella loro ricerca di Dio e della santità. La spiritualità puritana non si concentrava sui doni spirituali o sull’esperienza fine a sé stessa, né si perdeva nella nube misteriosa della non conoscenza. La spiritualità puritana era una crescita nella santità. Si trattava di diventare santi per davvero. È per questo che definirono la teologia come “la dottrina del vivere per Dio” (William Ames) o “la scienza del vivere beatamente in eterno” (William Perkins).6 La loro passione e la loro preghiera erano per la santità. Possiamo onestamente dire che la nostra vita e le nostre chiese sono caratterizzate dalla stessa ricerca?
4.
Attribuito a Henry Louis Mencken.
5.
Richard Lovelace, “Afterword: The Puritans and Spiritual Renewal”, in The
Devoted Life: An Invitation to the Puritan Classics, a cura di Kelly M. Kapic e Ronald C. Gleason, InterVarsity Press, Downers Grove (IL) 2004, p. 301. 6. 12
Ibid.
01. attenti al vuoto
2. Il nostro cielo è un luogo santo?
In Apocalisse 21 abbiamo uno straordinario scorcio del nuovo cielo e della nuova terra. Mentre la maggior parte dei cristiani è naturalmente curiosa riguardo a questo mondo ricreato, la Bibbia non ci offre molti dettagli. Ma quello che sappiamo è ciò che dobbiamo sapere. La nuova Gerusalemme è gloriosa e rifulge della presenza di Dio. La nuova Gerusalemme è sicura: non c’è più sofferenza, il mare non è più agitato e le porte non sono più chiuse (perché non ci sono nemici). La nuova Gerusalemme è santa; non soltanto una sposa purificata, giacché le dimensioni della città suggeriscono che il cielo è una ricostituzione del Luogo Santo. In alcune concezioni popolari dell’aldilà, l’amore di Dio si riduce a un’affermazione incondizionata. In verità, l’amore di Dio è sempre un amore santo e il cielo di Dio è un luogo completamente santo. Il cielo è per quanti lo conquistano, per quelli che vincono la tentazione di abbandonare Gesù Cristo e compromettere la loro fede (cfr. Apocalisse 21:7; vd. anche Apocalisse 2 e 3). “Ma”, Apocalisse 21:8 continua, “per i codardi, gl’increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda”. Non importa quello che professate: se mostrate disprezzo per Cristo dando voi stessi al peccato, senza ravvedimento e in modo abituale, allora il cielo non potrà essere la vostra casa. Sapete perché tanti cristiani stanno cedendo sul tema dell’omosessualità? La pressione culturale gioca certamente un ruolo importante. Ma la nostra incapacità di capire veramente la santità del cielo è un altro fattore rilevante. Se il cielo è un luogo meraviglioso di accettazione universale per tutte le persone, perché qualcuno dovrebbe opporsi all’omosessualità sulla terra? Molti cristiani ignorano che gli stregoni, gli 13
SANTITÀ INTERROTTA
omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna sarà lasciato fuori dai cancelli del cielo (cfr. Apocalisse 22:15). Non hanno pertanto il coraggio (o la compassione) per dire che i fornicatori impenitenti non saranno accolti, e per annunciare quello che l’Apocalisse insegna nei capitoli 21 e 22. Poiché il nuovo mondo di Dio è sgombro da ogni macchia di peccato, è difficile immaginare come potremmo godere il cielo senza santità. Come J. C. Ryle ci ricorda, il paradiso è un luogo santo. Il Signore dei cieli è un Dio santo. Gli angeli sono creature sante. Gli abitanti del cielo sono santi e sante. La parola “santità” è scritta su ogni cosa nel cielo. Nulla di impuro può entrare in questo cielo (cfr. Apocalisse 21:27; Ebrei 12:14). Se potessi entrare in cielo senza santità, cosa faresti? Che gioia sentiresti in quel luogo? Con quale uomo santo o donna santa di Dio vorresti sederti per avere comunione spirituale? I loro piaceri non sono i tuoi piaceri. Il loro carattere non è il tuo carattere. Tu non ami ciò che questi amano. Se oggi non ami un Dio santo, perché vorresti stare con Lui per sempre? Se il culto non cattura oggi la tua attenzione, cosa ti fa pensare che questo ti entusiasmerebbe nel futuro celeste? Se l’empietà è la tua gioia sulla terra, che piacere avresti nel cielo, dove tutto è pulito e puro? Non sarai felice lassù, se non sarai santo qui sulla terra.7 Come ha detto Spurgeon: “È più facile per un pesce vivere su un albero, che per i malvagi vivere in Paradiso”.8
7. 8.
Questo paragrafo è una sintesi di Ryle, Holiness, cit., p. 53. La citazione proviene dal commento di C. H. Spurgeon al Salmo 1:5, nel volume The Treasury of David, consultabile anche online all’indirizzo: http://www.spurgeon.org/treasury/ps001.htm.
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Che cosa significa essere santi? Perché ci dovrebbe interessare un tema del genere? Come possiamo cambiare le cose nella nostra vita cristiana? Questo libro è per chi vuole prendere sul serio la santità, per quelli che non vogliono soltanto iniziare, pieni d’entusiasmo, un’esperienza di fede, ma che desiderano davvero assomigliare a Gesù, disposti a vivere alla luce della Parola di Dio e, per grazia divina, testimoniare fattivamente di una vita trasformata. L’autore ci parla della potenza dello Spirito Santo che ci aiuta a crescere fino alla statura perfetta di Cristo, attraverso una santificazione personale, senza interruzioni, che ci fa gioire in questo processo di crescita. Insomma, DeYoung parla di una santità pratica più che di un concetto teologico, di una consacrazione sperimentabile oggi, nella nostra società secolarizzata e ipertecnologica. Quello che potrebbe sembrare un argomento classico [per non dire antico e superato] è trattato, invece, come un tema assolutamente attuale ed elemento distintivo di una chiesa viva e operante, che promuove l’Evangelo più con il proprio esempio che con le sole parole.
KEVIN DEYOUNG
Santità interrotta
KEVIN DEYOUNG è nato nel 1977. Laureato al Gordon Conwell Theological Seminary, è padre di sei figli e pastore della University Reformed Church di East Lansing nel Michigan (USA). Oltre a “Non Chiamatelo Regresso” (Ed. ADI-Media, Roma – 2012), è autore di molti altri libri e membro esecutivo della RCA-Integrity, un’organizzazione che promuove lo studio della Bibbia e la sua applicazione nella vita pratica.
Creare continuità tra la passione per il Vangelo e la ricerca della santità. € 12,00
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9 788899 832315