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ISBN 88-86085-70-0
Servizio Pubblicazioni delle “Assemblee di Dio in Italia”
Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 2284970 - Fax 06 2251432 adi@adi-media.it - www.adi-media.it
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G. Campbell Morgan (1863-1945) è stato considerato “il principe degli espositori” della Sacra Scrittura perché, sia dal pulpito della Westminster Chapel, a Londra, famosa sede della Chiesa Metodista britannica, sia con gli scritti, oltre cinquanta libri, “ha reso la Bibbia un libro vivente per innumerevoli anime per le quali era stato un libro morto”. Vissuto in un periodo storico di grandi mutamenti teologici, rimase fedele all’ispirazione totale e plenaria della Scrittura della quale fu un indimenticabile espositore. In questo libro lo scrittore sembra assomigliare ad un pittore che cerca di tracciare il profilo del vero cristiano secondo l’Evangelo. Attraverso il tocco gentile della sua penna, come un artista, dipinge i tratti caratteristici che raffigurano la vita del credente nato di nuovo. La sua esposizione servirà al lettore per delineare, grazie ad un attento esame biblico, il vero significato e le giuste implicazioni di ciò che significa davvero essere cristiani. In questo scritto particolarmente interessante, G. Campbell Morgan, fa risaltare tutte quelle “tonalità di colore” che rappresentano in maniera vivida la manifestazione di Cristo nell’esistenza di quanti hanno fatto del Signore risorto il loro Salvatore.
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DEL LA VITA N CRISTIA O
G. Campbell Morgan
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Indice
Prefazione 1 La Vita Del Cristiano: La Sua Natura
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2 La Vita Del Cristiano: Il Suo Sostentamento
27
3 La Vita Del Cristiano: La Sua Espressione
45
4 La Vita Del Cristiano: La Sua Coscienza
65
5 La Vita Del Cristiano: La Sua Prova
77
6 La Vita Del Cristiano: Il Suo Valore
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Titolo originale: “The Life Of The Christian” Pickering & Inglis Ltd. - London - n.d. Edizione italiana: “La Vita Del Cristiano” © ADI-Media Via della Formica, 23 - 00155 Roma Tel. 06 2251825 - 06 2284970 Fax 06 2251432 Email: adi@adi-media.it Internet: www.adi-media.it Servizio Pubblicazioni delle Chiese Cristiane Evangeliche “Assemblee di Dio in Italia” Prima edizione: Ottobre 2000 Seconda edizione: Marzo 2012 Tutti i Diritti Riservati
Traduzione e adattamento: A cura dell’Editore Tutte le citazioni bibliche, a meno che non sia indicato diversamente, sono tratte dalla Bibbia Versione Nuova Riveduta - Ed. 1996 Società Biblica di Ginevra - Svizzera
Stampa: Produzioni Arti Grafiche S.r.l. - Roma
ISBN 88 86085 70 2 ISBN 978 88 86085 70 0
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Prefazione G. CAMPBELL MORGAN (1863-1945) è stato considera
to “il principe degli espositori” della Sacra Scrittura perché, sia dal pulpito della Westminster Chapel, a Londra, famosa sede della Chiesa Metodista britanni ca, sia con gli scritti, oltre cinquanta libri, “ha reso la Bibbia un libro vivente per innumerevoli anime per le quali era stato un libro morto”. Vissuto in un periodo storico di grandi mutamenti teologici, rimase fedele all’ispirazione totale e plenaria della Scrittura della quale fu un indimenticabile espositore. In questo libro lo scrittore sembra assomigliare ad un pittore che cerca di tracciare il profilo del vero cristiano secondo l’Evangelo. Attraverso il tocco gentile della sua penna, come un artista, dipinge i tratti caratteristici che raffigurano la vita del credente nato di nuovo. La sua esposizione servirà al lettore per delineare, grazie ad un attento esame biblico, il vero significato e le giuste im plicazioni di ciò che significa davvero essere cristiani. In questo scritto particolarmente interessante, G. Campbell Morgan, fa risaltare tutte quelle “tonalità di colore” che rappresentano in maniera vivida la manife stazione di Cristo nell’esistenza di quanti hanno fatto del Signore risorto il loro Salvatore. L’Editore
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“Poi Barnaba partì verso Tarso, a cercare Saulo; e, dopo averlo trovato, lo condusse ad Antiochia. Essi parteciparono per un anno intero alle riunioni della chiesa, e istruirono un gran numero di persone; ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati Cristiani” [Atti 11:25, 26]
“Agrippa disse a Paolo: “Con così poco vorresti persuadermi a diventare cristiano?” [Atti 26:28]
“Ma se uno soffre come cristiano, non se ne vergogni, anzi glorifichi Dio, portando questo nome” [I Pietro 4:16]
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CAPITOLO 1
LA VITA DEL CRISTIANO
La Sua Natura “AD ANTIOCHIA, per la prima volta, i discepoli furono
chiamati Cristiani”. “Con così poco vorresti persuadermi a diventare cristiano?”. “Ma se uno soffre come cristiano, non se ne vergogni, anzi glorifichi Dio portando questo nome”. Queste sono le uniche tre occasioni nelle quali compare la parola cristiano nel Nuovo Testamento. Que sto vocabolo, usato così raramente, e gradualmente en trato nell’uso generale è quasi divenuto un luogo comu ne. Eppure la parola in sé ha un significato ed un’implica zione profondi. Vedendo quindi che, con il passare dei se coli, il termine è usato universalmente, risulta interessan te e degno di nota tornare alle origini di questo vocabolo, e considerare che cosa significasse in quei primi giorni. Il nome, con il quale i seguaci di Cristo erano comune mente conosciuti, era quello di discepoli; essi stessi si defi nivano credenti, fratelli in Cristo, o ancora quelli “della nuova Via”, ma non parlavano di sé stessi definendosi cri stiani. La prima volta in cui si usa la parola cristiano è per 7
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descrivere qualcuno: viene affermato che questi uomini d’Antiochia, proverbialmente sagaci ed arguti, forgiarono il termine come un dispregiativo, una sorta di sopranno me. Non sono per nulla convinto della correttezza di que sto punto di vista. Di certo fu un nome dato a questi se guaci di Cristo da coloro che ne erano estranei. I discepoli non si definivano cristiani, “furono chiamati cristiani per la prima volta ad Antiochia”. La gente d’Antiochia osser vò queste persone, notò il loro comportamento, le loro abitudini e disse: questi sono cristiani. Quella gente, non i cristiani stessi, fu la prima ad applicare questo nome ai se guaci di Cristo, ed era un termine usato per descriverli. Il caso successivo, in cui la parola compare, è quando viene usata da un re in tono di superbo disprezzo. La Nuo va Riveduta ha modificato il testo, correggendo così un’o pinione errata molto diffusa. Agrippa non pensò nem meno per un momento che Paolo l’avrebbe quasi per suaso a divenire cristiano. Al contrario, notando la serietà di Paolo e l’impetuosità del suo spirito, dopo avere ascolta to le sue argomentazioni, il re disse con disprezzo: “Con così poco vorresti persuadermi a diventare cristiano?”. Solamente una volta il termine è usato, da un cristia no, per definire i cristiani stessi. Pietro lo usò nella sua epistola, eppure anche qui, se leggiamo l’intero conte sto, pare che stesse in realtà citando qualcun altro. Scrivendo del fatto che i credenti soffrono la persecu zione a causa della loro condotta santa, dichiarava che quelli di fuori si sarebbero meravigliati se loro non fos 8
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sero arrivati agli stessi eccessi di dissolutezza. Aggiunge poi: “Se uno soffre come cristiano, glorifichi Dio portan do questo nome”, dimostrando chiaramente che tale espressione è una citazione del linguaggio di quelli di fuori. Se questo termine doveva essere inteso come offe sa, l’apostolo incoraggiava i credenti a non vergognarse ne, ma piuttosto a glorificare Dio in esso, affinché il no me fosse usato e ne fosse rivelato il suo vero significato. Questi sono gli unici casi nel Nuovo Testamento, ep pure questa parola c’è stata attribuita, ed ora, in tutto il mondo, i seguaci di Cristo sono definiti come cristiani. In questo modo la parola ha acquisito un significato più va sto di quanto non avesse, quando gli uomini d’Antiochia l’usavano per descrivere i discepoli, quando Agrippa l’usò in tono di superbo disprezzo, o di quando Pietro la citò, riconoscendo che si trattava di un termine dispregiativo. Se esaminassimo l’uso fatto del termine Cristiano nel Nuovo Testamento, vedremo che tutti i valori legati a questo nome oggi, erano allora già presenti in nuce. Prima di tutto, analizziamo accuratamente questi esempi per comprendere come il termine era usato al principio, poi andremo oltre l’uso iniziale e scopriremo cosa significasse davvero. In questo modo potremo capire qual è veramente la natura della vita cristiana. Il fatto che la parola fosse applicata per la prima volta ai credenti da persone di fuori, è di per sé molto indicativo. Perché la gente d’Antiochia li chiamò cristiani? Ci può essere soltan to una risposta che, se pur molto semplice, racchiude in sé 9
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l’intera questione. Essi videro che queste persone erano state con Cristo “nello spirito”, anche se non personal mente come Pietro o gli altri discepoli del Signore, e ave vano imparato da Lui. Essi parlavano di Cristo, vivevano per Cristo, operavano per Cristo. Avevano afferrato il Suo Spirito, si occupavano di ciò che Lo riguardava e dimostra vano la Sua presenza con il loro carattere e la loro condot ta. Gli uomini d’Antiochia dissero: “Questa gente è cristia na, persone che sono legate a Cristo in qualche modo”. Pensiamo alla storia d’Antiochia, un punto di svolta operato da Dio. La chiesa a Gerusalemme era venuta me no nell’ubbidienza alla legge, era divenuta egoista, super ba e compiaciuta di sé, soltanto interessata ai movimenti che emanavano dalla sua autorità. Questa chiesa subì il fallimento più misero e tremendo perché non si rese con to del proprio privilegio e della propria capacità. L’ubbi dienza al chiaro ordine del Maestro di iniziare da Gerusa lemme e di andare fino agli estremi confini della terra, si ebbe solamente quando i discepoli furono cacciati da Gerusalemme a causa della persecuzione. Dio abbandona spesso un canale prescelto, per aprirne uno nuovo, affin ché la Sua opera ed il Suo obiettivo siano compiuti. Barnaba trovò Saulo, lo portò ad Antiochia e lì trascorsero un anno intero istruendo i discepoli, e fu proprio in questo luogo che gli uomini d’Antiochia li chiamarono cristiani. Il legame deve essere stato ben evidente ed inequivo cabile: ciò che erano, come vivevano e quello che si dimo strava essere il loro slancio vitale, spinsero quelli di fuori a 10
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chiamarli cristiani. Proprio perché veniva dagli estranei, il nome aveva un gran valore. L’importanza di questo fatto può essere realizzata maggiormente se ci si chiede: “Quante persone ci definirebbero cristiani, se noi non ci dichiarassimo tali con tante parole?”. Il fatto più evidente nella vita di queste persone era che avevano avuto a che fare con Cristo, e perciò la gente d’Antiochia li chiamò cristiani. Il nome significò, per pri ma cosa, che queste persone dimostravano nella loro condotta esteriore un reale rapporto con Cristo. Passando al successivo caso in cui la parola viene usata ci troviamo di fronte ad un’immagine molto familiare ep pure bellissima: Paolo, che porta le catene della prigione, sta difendendo la propria causa di fronte ad Agrippa. È im possibile leggere le argomentazioni senza rendersi conto del fatto che Paolo era molto più ansioso di portare Agrip pa di fronte al suo Maestro, di quanto non fosse di difen dere sé stesso davanti a lui. Non nego che ci sia stata auto difesa, perché essa è molto evidente e notevole, e dimostra la perfetta conoscenza di Paolo della legge dei suoi padri e la comprensione della stessa fin nei minimi dettagli, ma da tutto questo emerge la gran passione del suo cuore di presentare Cristo, di raccontare la storia della propria vita, al fine di portare gli uomini ad una simile fedeltà per il suo amato Signore, per conquistare anime a Cristo. Questo è ciò che colpì Agrippa. Egli comprese in maniera molto evi dente che nella passione dell’uomo che parlava c’era l’in tenzione di spingerlo al Cristo, ed alla fine guardando 11
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quell’uomo, così eloquente e sincero, disse: “Con così poco vorresti persuadermi a diventare cristiano?”. Agrippa era un uomo straordinario, esperto in tutte le questioni del suo popolo, conosceva i profeti, come Paolo riferisce, eppure era un uomo le cui azioni dovevano esse re abominevoli. Un superficiale e corrotto che si divertiva a passare un’ora insolita occupandosi di un caso legale di una certa importanza. Sentendo il fervore, l’ardore e l’en tusiasmo di Paolo, egli esclamò “Con così poco vorresti persuadermi a diventare cristiano?”. Era stupito, sorpre so, forse spaventato ma soprattutto pieno di sdegno. Nell’uso qui fatto della parola troviamo un’ulteriore rive lazione di ciò che è un cristiano: non è soltanto un disce polo di Cristo, fedele a lui e la cui vita ruota intorno a Cri sto, bensì una persona la cui passione ed il cui intento è quello di portare anime a Cristo. Uno che parla di Gesù per farlo conoscere, per spingere altre persone verso di Lui. Sarebbe difficile trovare un esempio più superlativo. Quest’uomo, Agrippa, che non riteneva il cristianesimo nulla di cui essere impressionato, non essendo attratto in nessun modo da Cristo, ascoltava semplicemente questo prigioniero ed alla fine scoprì cosa questi tentava di fare. Riconobbe, del tutto inconsapevolmente, uno dei sicuri segni del cristiano: quello di rendere anche gli altri parte cipi della nuova vita in Cristo. Abbiamo così, in secondo luogo, il pensiero dell’evan gelizzazione; in primo luogo vi è il discepolato personale e poi il tentativo di spingere altri a seguire Cristo. 12
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Passando, infine, all’ultimo esempio troviamo un al tro spunto di riflessione. L’uso della parola fatto da Pietro suggerisce che un cristiano è una persona che subisce il vituperio per Cristo. Questo è l’intero argomento della sezione dell’Epistola da cui è tratto il verso. L’apostolo ri conosce che ci deve essere sofferenza e disonore per il no me di Cristo. Scrivendo a dei credenti, Pietro in pratica dice loro: voi state subendo offese per il nome di Cristo. Voi state vivendo una vita pura in mezzo all’impurità; e la qualità della vostra purezza non è soltanto quella di una moralità etica, ma la purezza che deriva dalla separazione da tutto ciò che è male. I cristiani sono quindi coloro che sono separati dal male nei pensieri, nei desideri, nelle azioni: coloro che per questa separazione sono disposti a portarne il vituperio. Di conseguenza, troviamo nell’uso di questa parola delle verità fondamentali relative alla natura della vita del cristiano. In primo luogo il cristiano è un discepolo di Cristo, una persona la cui vita è completamente centrata su Cristo, e la cui esistenza ruota intorno a Lui, infatti, è evidente al mondo che quella persona è un seguace di Gesù. In secondo luogo il cristiano è una persona che non soltanto è fedele a Cristo personalmente, ma ha nel suo cuore una gran passione ed un gran desiderio di conqui stare anime al suo Salvatore. In terzo luogo il cristiano è chi, per la sua fedeltà e devozione a Cristo, e per la separa zione dal male, dai metodi e dalle massime degli uomini che questo implica, porterà il vituperio per Cristo e sarà 13
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motivo di stupore in chi lo circonda, venendo da loro completamente frainteso. Portando il vituperio si glorierà in esso, ne gioirà ritenendolo di valore ben superiore a tut ti i tesori che gli uomini possono considerare più preziosi. Queste sono soltanto le dichiarazioni di fatti esterni ed inequivocabili, il vero motivo si trova dietro ad essi. La domanda più profonda è: che cosa rende il cristiano una persona di questo tipo? È buono talvolta misurarci con la visione esterna, ma non è sempre sicuro, se questo divie ne l’unico metodo. Andiamo a considerare i fatti più in profondità. Che cosa rese i credenti ad Antiochia così particolari tanto che la gente d’Antiochia li chiamò cristiani? Che co sa fece diventare Paolo così entusiasta nell’annunciare il suo messaggio tanto che anche Agrippa sentì l’attrazione verso Cristo sebbene la rifiutasse in tono beffardo? Che cosa rende le persone così separate dal male e così devote a Cristo da subire il disprezzo e da gioire e gloriarsi in es so? La risposta a queste domande si trova nella seguente affermazione: il segreto, che si nasconde dietro queste manifestazioni esterne, è Cristo stesso presente nel cuore del credente. La Sua presenza vivente lo spinge alla fedel tà, provoca compassione e costituisce la causa e la conso lazione delle sue sofferenze. Nessuno può essere cristiano semplicemente contem plando Cristo dall’esterno e cercando di imitarLo. Lo stu dio del cristianesimo o l’accettazione dello stesso, intellet tualmente, non potranno mai essere sufficienti per realiz 14
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zare gli ideali suggeriti dall’uso della parola nel Nuovo Testamento. Nessuno diviene cristiano per imitazione o per accettazione mentale delle verità del cristianesimo. Se questi tre ideali sono realizzati è solo perché Cristo stesso, il vivente, presente ed eterno Signore della gloria ha preso possesso della vita interiore del credente e da lì dirige, con trolla, suggerisce e in questo modo rivela Sé stesso. Un cri stiano quindi è la dimostrazione di Cristo, perché Cristo in lui viene riflesso attraverso una condotta di santità. Ci possono essere molti che si considerano cristiani e che sono in realtà ben lontani dalla realizzazione di que sti ideali. In un senso ampio hanno ragione: per esempio noi parliamo di nazioni cristiane e certamente in qualche modo è una definizione corretta, dato che l’idea religiosa predominante d’alcune nazioni è cristiana. Eppure, pen sando al significato profondo, chiamare ogni nazione esi stente cristiana non è altro che declassare la parola. Se si considerano gli individui che formano quella nazione, si scopre che la maggior parte di loro non si dichiara nem meno cristiana di nome. Osservando poi la chiesa prati cante è molto in dubbio se, in molti casi, si possa parlare di cristiani. Non c’è alcun paese cristiano se non quella santa nazione che è anche “una stirpe eletta, un sacerdo zio regale… un popolo che Dio si è acquistato” (I Pietro 2.9). È un fatto orrendo e terribile che la linea di demarca zione tra la Chiesa ed il mondo sia stata quasi del tutto cancellata. Molti sono cristiani oggi soltanto perché non sono né mussulmani né ebrei. 15
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