Anoush Linì!

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PREPARARE UNA TIPICA CENA ARMENA

Una vera cena armena non consiste semplicemente nel gustare una successione di ricette tradizionali, è molto di più in quanto racchiude profondi valori legati allo stare insieme e alla condivisione del cibo cui è attribuito un significato quasi sacro e segue una sorta di rito che rende ogni cena speciale.

Scelta del menu Per gli Armeni l’ospite è sacro e per onorarlo la padrona di casa non si risparmia, i menù sono sempre composti di numerose portate. Dopo un’insieme di piccole cose (mezé o pokr udelik) tra cui non possono mancare erbette formaggi olive e insalate, viene servito un piatto principale costituito da carne o pesce, spesso accompagnati da verdure e da cereali (riso, bulgur, orzo); talvolta preceduto da una minestra. Per finire, immancabile la frutta che la padrona di casa taglia e distribuisce tra i commensali accompagnata talvolta dal dolce e sempre seguita da tè e tisane o dal caffé. Insieme al tè si usa offrire composte di frutta fatte in casa. Il pranzo è sempre accompagnato da diverse bevande: oltre a succhi di frutta fatti in casa e alla bevanda a base di yogurt conosciuta come t’an, non può mancare il vino che in Armenia viene prodotto fin dai tempi più remoti (nella zona di Arenì gli archeologi hanno ritrovato semi di uva, resti di uva spremuta, dei tralci di vigna disseccati, un torchio rudimentale, un tino in argilla per la fermentazione, dei cocci di terracotta impregnati di vino e anche una tazza e una ciotola per bere il vino risalenti a oltre 6.000 anni fa). Famoso (era il preferito di Churchill) e onnipresente sulle tavole degli Armeni è il Cognac prodotto in Armenia. Non mancano anche gli alcoolici fatti in casa, tra cui l’oghì, una specie di grappa realizzata distillando la frutta, soprattutto albicocche o more di gelso.

Preparazione della tavola Pur trovandosi talvolta in situazioni di povertà, la donna armena ha molta cura per la tavola, non mancano le tovaglie ricamate finemente con la rappresentazione dei simboli cari alle tradizioni armene (l’uva, il melograno, le colombe, ecc.). Famosi sono i pizzi ohià realizzati pazientemente ad ago. I piatti della tradizione, quelli che usava mia nonna Veronica per servire in tavola, sono realizzati in rame stagnato e generalmente riportano decorazioni molto semplici incise nel metallo. Ogni commensale ha a disposizione almeno due piatti (uno per l’antipasto ed uno per il piatto forte) e tre bicchieri.

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L’arte del brindisi In Armenia non è considerato educato bere alcoolici senza dare un significato a questo gesto, ogni sorso deve essere accompagnato da un brindisi. Generalmente la persona considerata più autorevole assume il ruolo di tamadà, “capo tavola” e propone un brindisi dopo l’altro cercando di far bere molto i commensali ma anche di valorizzare le qualità di ciascuno perchè l’atmosfera sia piacevole e ognuno si senta a suo agio. La successione dei brindisi segue un preciso rituale che prevede una precisa successione di “genatz!”, termine utilizzato per dire “salute!” che può essere tradotto come “evviva” o “lunga vita”. Il primo brindisi è sempre per dare il benvenuto agli ospiti, si passa poi a brindare alla Patria. Il terzo è sempre dedicato alle donne e si pronuncia in piedi esaltando le qualità del sesso femminile e delle presenti; in segno di rispetto il bicchiere deve essere vuotato fino all’ultima goccia. Si brinda poi ai bambini e subito dopo ai genitori. Solo a questo punto possono iniziare i brindisi costruiti ad hoc per l’occasione, è qui che si può vedere l’abilità del tamadà nel creare brindisi originali e divertenti per ognuno dei commensali. Se qualcuno possiede particolari doti viene invitato a darne dimostrazione cantando una canzone o recitando una poesia. Dopo aver brindato a parenti e antenati è possibile lasciare spazio a brindisi liberi proposti da parte degli altri commensali. Si torna poi a seguire una successione predeterminata brindando a ogh u jrì, letteralmente “Terra e acqua” intendendo di nuovo la patria, poi all’ogiakh il focolare assunto a simbolo della famiglia allargata. Dopo aver finalmente bevuto alla salute del tamadà si conclude con un ultimo brindisi alla terra e all’acqua d’Armenia.

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I

l nome pilaf indica essenzialmente un tipo di preparazione e di cottura dei cereali che consiste nel far tostare brevemente i chicchi dei cereali nel burro, olio o grasso animale, in modo che essi risultino rivestiti da una pellicola oleosa che impedisce che si sfaldino o si appiccichino tra loro nel corso della cottura.

Grano e orzo sono cereali propri della regione armena, dove venivano coltivati fin dal Neolitico (9000-7000 a.C.). Il riso è stato introdotto in Armenia in epoche più tarde, grazie alle relazioni militari e commerciali con la Persia, che hanno permesso la diffusione della cottura del riso a vapore, tipica della cucina persiana. Ancora oggi il cereale più usato per la preparazione di questa pietanza è proprio il riso, ma nella cucina armena hanno ancora una notevole rilevanza il pilaf a base di grano pilato, di orzo perlato, di grano cotto in acqua e poi seccato al sole e frantumato: quest’ultimo in particolare è noto in tutto il Medio Oriente col nome di bulgur, che costituiva un’ingegnosa risposta alle difficoltà di conservare il grano fino al nuovo raccolto. La bollitura in acqua sterilizzava il germe di grano, che non avrebbe potuto così germinare in caso di umidità, mentre la successiva accurata essicazione costituiva la migliore prevenzione che impediva il formarsi di muffe e garantiva la conservazione del tipico sapore del grano anche dopo una lunga conservazione. Il grano così trattato veniva poi frantumato in tre grandezze diverse: le misure più sottili vengono usate per la preparazione dei kefté (palline di carne macinata) o del tabuleh (insalata di grano). La misura più grande serve invece per la preparazione del pilaf, che ancora oggi è considerato il piatto centrale più frequentemente presentato nei pranzi tipici della tradizione armena. Nella sua forma più semplice serve come contorno che può accompagnare qualsiasi piatto di carne e verdure, ma nella grandi occasioni può diventare un pasto unico completo e soddisfacente. La stessa reputazione di buona cuoca che la donna di casa armena si può conquistare è legata alla varietà e alla qualità dei pilaf che sa preparare e presentare agli ospiti, senza dimenticare che il pilaf può essere preparato in quantità abbondanti e conservato facilmente. Secondo alcuni, la conservazione aumenterebbe addirittura il suo sapore. 68

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RISO PILAF CON MELE E FRUTTA SECCA

Pilaf Ararat

▲ Lavate le mele, privatele del torsolo con l’apposito attrezzo, e cuocetele al forno a 180° fino a che non risultino morbide e dorate. Preparate il riso pilaf seguendo la ricetta base (vedi pag. 78) e versatelo sopra un piatto di portata dandogli la forma di una collinetta. Attorno al riso disponete le mele cotte. Tritate grossolanamente le noci e tagliate a striscioline o a piccoli cubetti la frutta secca. fateli rosolare qualche minuto nel burro fuso, adagiate il composto sul riso lasciandone scoperto soltanto il vertice, in modo che appaia come un monte con la cima innevata, ricordando l’Ararat. Prima di servire, versate un goccio di Cognac nell’apertura delle mele e fiammate.

Ingredienti per 6 persone t t t t t t t t t

500 gr di riso per il pilaf 3 mele renette 3 mele cotogne 100 gr di burro 100 gr di uvetta sultanina 50 gr di noci 50 gr di albicocche secche 50 gr di prugne secche un bicchierino di Cognac

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LA CARNE

POLLO IN UMIDO CON MELANZANE

Havov siltmé

Tagliate il pollo in pezzi, salateli, pepateli e infarinateli. Fateli dorare nel burro in un tegame a fuoco piuttosto lento. Quando il pollo risulterà ben dorato e la pelle sarà croccante, aggiungete i pomodori pelati e tagliati in quarti e lasciate cuocere coperto a fuoco lento, fino a che il pollo non sarà tenero, aggiungendo, se necessario, qualche mestolino di brodo. Nel frattempo friggete in olio bollente le melanzane tagliate a spicchi; quando saranno leggermente colorite e ammorbidite, toglietele dall’olio, lasciatele sgocciolare su della carta da cucina e salatele. Cinque minuti prima di servire, unitele al pollo e lasciatele scaldare. Decorate con una spolverata di erbe aromatiche tritate e servite con riso pilaf.

● Ingredienti per 6 persone t t t t t t t t t

1 pollo novello (1,5-2 kg) 2 melanzane medie 6-8 pomodori perini 40 gr di burro erbe aromatiche farina brodo di pollo olio extravergine d’oliva sale e pepe

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DOLCE DI FARINA

Merelots halvà

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Ingredienti per 6 persone t t t t t t t

Fate sciogliere in un tegame il burro, aggiungetevi le due qualità di farina e, sempre mescolando con un cucchiaio di legno, fatele tostare a fuoco molto moderato (questa operazione può durare anche 15-20 minuti). Togliete dal fuoco e, continuando a mescolare, incorporate il latte, l’acqua di rose e lo zucchero e fate cuocere per qualche minuto, fino a quando la farina avrà assorbito completamente il liquido. Per dare forma al dolce, servitevi di un cucchiaino da tè o da dessert, riempitelo di halvà, premetelo delicatamente con il palmo della mano o contro la parete del tegame e fate scivolare sul piatto di portata il dolce, che dovrà assumere la forma del cucchiaino. L’halvà di farina si gusta tiepido o freddo a piacere, spolverizzato con zucchero a velo.

60 gr di farina 00 150 gr di farina di grano duro 150 gr di burro 120 gr di zucchero 1 bustina di zucchero vanigliato 1,5 dl di latte freddo o di acqua 2 cucchiai di acqua di rose

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