LA PASTICCERIA

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PLAN.Cop.Alma. Pasticceria Cartonata:Layout 1

16-02-2011

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Con videolezioni a cura degli Chef docenti di Alma

Euro 34,00

La pasticceria – I prodotti e le tecniche

Il Manuale indispensabile per imparare i segreti della professione dai Grandi Maestri della Pasticceria

La pasticceria I prodotti e le tecniche


LE SOSTANZE AROMATICHE

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ASPETTI GENERALI Le diverse preparazioni di pasticceria, accanto agli ingredienti di base molto spesso prevedono l’introduzione di sostanze aromatiche, usate allo scopo di esaltare le caratteristiche di un certo dolce. È un’esperienza comune quella di trovarsi di fronte alla vetrina di una pasticceria e di avvertire chiaramente che la vista e l’olfatto sono ampiamente sollecitati: la prima, infatti, è appagata dalle guarnizioni artistiche presenti sul dolce, mentre il secondo si inebria per il profumo intenso che si libera nell’aria, proveniente, ad esempio, da una torta appena sfornata, preludio ai sapori che si potranno gustare. È chiaro, quindi, che l’uso sapiente delle diverse sostanze aromatiche influisce sulle scelte del consumatore e lo invoglia ad assaporare i vari dolciumi. Per questo motivo, è necessario dosare correttamente tali sostanze, perché esse non devono coprire il profumo e poi il sapore degli altri ingredienti, bensì devono armonizzarsi con essi, lasciando sprigionare le note caratteristiche di ogni singolo componente del dolce. A questo proposito, anche se attualmente le sostanze aromatiche possono essere riprodotte chimicamente dall’industria alimentare, imitandole perfettamente, quando è possibile la scelta del pasticcere deve essere rivolta verso le essenze naturali. Dobbiamo infatti ricordare che le sostanze aromatiche, pur non essendo alimenti in senso stretto, possiedono, in misura diversa, proprietà medicinali: alcune C • 26

possono essere digestive, altre diuretiche e altre ancora stimolanti, tutte qualità che non si trovano negli analoghi preparati chimici. La varietà di sostanze aromatiche di cui disponiamo è piuttosto grande e questo fa sì che entrino nell’impasto del dolce in momenti diversi e con modalità differenti, a seconda che siano fresche o secche, ridotte in polvere, in pezzi o in grani, oppure trasformate in olio essenziale. Inoltre, poiché tutte queste sostanze sono soggette a subire in breve tempo alterazioni del loro sapore e del loro aroma, con effetti talvolta sgradevoli, si consiglia di conservarle ben chiuse in barattoli collocati in un ambiente fresco.

Le sostanze aromatiche in pasticceria Il “fornitore” per eccellenza di sostanze aromatiche è il mondo vegetale, infatti, quelle utilizzate in pasticceria sono rappresentate da fiori, foglie, baccelli, semi e radici di varie specie di piante. Vi sono, tuttavia, alcuni aromi impiegati più di frequente nelle preparazioni dolciarie, come vedremo fra poco. Per comodità del lettore i vari prodotti sono stati organizzati in un elenco alfabetico, che ne facilita la consultazione. Agrumi (Citrus sp.). La scorza grattugiata, fresca o secca di agrumi quali arancia, limone, mandarino e chinotto,


rappresenta un ottimo aromatizzante per torte, biscotti, caramelle, torroni, creme e liquori. Anche il succo di questi agrumi trova un largo impiego in pasticceria, ad esempio, per realizzare, bagne, succhi e sciroppi. Per praticità, talvolta si usano gli oli essenziali ricavati da questi frutti, che necessitano, però, di essere conservati con molta cura, per evitare che l’aroma si alteri. Anice (Pimpinella anisum). Il suo sapore delicato, che ricorda quello della liquirizia, è particolarmente indicato nella preparazione di dolciumi in genere e anche di alcune bevande alcoliche: per tali scopi si usano, di solito, l’essenza o i semi essiccati. Questa pianta erbacea, tipica del Sud d’Italia e dei vari Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, in erboristeria è consigliata, come anche l’anice stellato, per realizzare tisane digestive. Anice stellato o badiana (Illicium verum). Ciò che si usa di questo piccolo albero, originario di Cina e Giappone, è il frutto, dalla tipica forma di stella. L’aroma molto intenso della badiana, che ricorda quello dell’anice propriamente detta, fa sì che il suo impiego, da sola o associata ad altre spezie, sia limitato a piccole quantità.

Basilico (Ocymum basilicum). È un’erba le cui foglie sono utilizzate in cucina per aromatizzare salse, focacce, pizzette e pasticceria salata. Per esaltarne al meglio il profumo molto intenso, le foglie del basilico devono essere utilizzate all’ultimo momento, quando il piatto è ormai pronto per andare in tavola. Questa pianta erbacea, che si trova in diverse varietà, è originaria dell’Asia, ma è oramai diffusa in tutta Italia, al punto tale da rientrare in molte preparazioni di base della cucina regionale, come il ben noto pesto genovese. Inoltre, gli oli essenziali contenuti nelle foglie sono stimolanti dell’appetito e facilitano la digestione.


Caffè (Coffea sp.). L’albero del caffè, che può raggiungere l’altezza di 10 metri, ha origine probabilmente nella penisola arabica e in Etiopia, anche se oggi è diffuso in tutte le zone tropicali. Le principali aree di produzione, infatti, si trovano in Arabia, in Africa (Kenia, Uganda e Costa d’Avorio) nonché in America Centrale e Meridionale, dove si distingue in particolare il Brasile. Le varietà di caffè più pregiate sono quelle che derivano dalle specie Coffea arabica e Coffea robusta ma, come per il cacao, il pregio di alcuni tipi di caffè che si trovano in commercio, oltre che dal processo di torrefazione, durante il quale il caffè acquista il colore e l’aroma caratteristico, è dato anche dalla miscelazione di varietà diverse. I chicchi del caffè sono in realtà i semi del frutto (una drupa), dal quale si estraggono a maturazione, cioè quando assume (in 6-7 mesi) una colorazione rossastra: da questo momento prende il via tutto il processo di lavorazione che porta sulle nostre tavole la bevanda tanto apprezzata. L’Italia, come è noto, vanta una grande tradizione riferita al caffè, sia per quanto riguarda la sua torrefazione sia per la preparazione della bevanda stessa. In pasticceria, il caffè si usa sia liquido, per inzuppare i vari impasti, sia liofilizzato o in pasta, per aromatizzare ripieni, creme, bavaresi, gelati e biscotti, bibite analcoliche e prodotti alcolici. Cannella (Cinnamomum zeylanicum). Diversamente dagli aromi analizzati finora, la cannella è, in realtà, la corteccia essiccata dei ramoscelli di un arbusto tipico dell’Asia Orientale. Questa spezia si trova in commercio sia in stecche arrotolate che in polvere, più facilmente dosabile. Per il suo profumo particolarmente intenso è usata per preparare biscotti, torte, budini, creme, ripieni e per aromatizzare bevande. Cardamomo (Elettaria cardamomum). I semi scuri di questa pianticella, tipica dell’India e delle sue isole, sono impiegati per insaporire piatti a base di riso e preparazioni di pasticceria. Il suo profumo deciso la rende adatta per insaporire ripieni.

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Chiodi di garofano (Eugenia aromatica). In Madagascar, nelle Antille e in Brasile cresce un albero sempreverde i cui fiori, non ancora sbocciati, vengono essiccati e utilizzati per il loro aroma molto intenso. Per questa caratteristica, quando li si impiega, interi o macinati, bisogna avere l’accortezza di non eccedere nell’uso. In pasticceria, i chiodi di garofano sono utilizzati soprattutto per aromatizzare bagne e creme. Coriandolo (Coriandrum sativum). Si tratta di una spezia (semi) molto aromatica, derivata da una pianta erbacea originaria del Nord Africa e in genere del Mediterraneo. I semi del coriandolo ricordano molto, nella forma, quelli del pepe e il loro sapore si armonizza bene anche con altri aromi. Questa sostanza è adatta per preparare dolci speziati e ripieni. Cumino (Cuminum cyminum). È un seme aromatico, dal profumo penetrante, che viene spesso combinato con il coriandolo, per aromatizzare alcuni tipi di pane, dolci e liquori (il kümmel in particolare). La pianta da cui proviene vive in Europa Centrale ma la varietà che dà la qualità migliore di spezia cresce in Svizzera. Curry. In questo caso non siamo in presenza di una sola sostanza aromatica, bensì di un miscuglio di diverse spezie in polvere, tra le quali vi sono pepe, peperoncino, zenzero, cumino, coriandolo, con altre eventuali aggiunte, secondo la cucina locale e il gusto personale. Per queste ragioni, nel curry potrà emergere il sapore dolce o quello piccante, in relazione al prevalere di una polvere rispetto a un’altra.

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Questa sostanza aromatica dal colore giallo intenso si utilizza in alcuni tipi di pasticceria salata. Finocchio (Foeniculum officinale). Come l’anice, della quale ricorda vagamente l’aroma (e con la quale condivide la famiglia botanica), si tratta di una pianta spontanea tipica della fascia più calda del Mediterraneo. Di essa si usano i semi, impiegati nella pasticceria salata, nella panificazione e in alcuni piatti e dolci tradizionali. Macis. Si tratta dell’involucro carnoso (una polpa rossastra) che riveste la noce moscata (Myristica fragrans), di cui ricorda molto il sapore, anche se in modo più delicato. Il macis si può grattugiare oppure lo si usa in polvere, anche se in quest’ultima forma perde facilmente l’aroma qualora non sia conservato adeguatamente. In pasticceria è impiegato nella panificazione e nelle creme.

Menta (Mentha sp.). L’essenza di questa pianta erbacea è largamente usata in molte preparazioni per il suo aroma e la piacevole sensazione di fresco che lascia al palato del consumatore. Essa è impiegata soprattutto per la preparazione di sciroppi, liquori, caramelle, ripieni, ma la si usa anche per realizzare pasticcini, gelati e torte. In particolare, le foglie fresche e sminuzzate della menta sono adatte per preparare alcune salse di pasticceria. Noce moscata (Myristica fragrans). Si tratta del seme essiccato proveniente dalla drupa di un albero tropicale da cui si ottiene anche il macis. La qualità migliore proviene dalle isole Molucche. In Italia è usata grattugiata per insaporire ripieni, anche dolci, e in pasticceria salata. Origano (Origanum vulgare). In estate questa pianta erbacea si riempie di piccoli fiori rosei o bianchi che, una volta essiccati, insieme alle foglie servono per aromatizzare pizze, focacce e pasticceria salata. L’origano è una pianta spontanea, tipica del Sud d’Italia e di altre aree del C • 30


Mediterraneo; in erboristeria è consigliata per le sue proprietà stimolanti. È bene ricordare, però, che, se lo si lascia invecchiare troppo a lungo, perde buona parte dell’aroma. Rosmarino (Rosmarinus officinalis). È un arbusto sempreverde tipico dei territori che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Le sue foglie, che ricordano gli aghi dei pini, possono essere usate fresche o essiccate, da sole oppure mescolate con altre erbe. Il rosmarino può aromatizzare piacevolmente la pasticceria salata, ma anche ripieni, focacce e alcuni tipi particolari di confetteria. Senape. Sinapis nigra e Sinapis alba sono le due varietà di senape che in Italia vengono coltivate in Sicilia, Puglia e Sardegna. I semi di questa pianta erbacea sono utilizzati per aromatizzare in modo diverso svariati prodotti: infatti, quelli della S. nigra hanno un odore pungente mentre quelli della S. alba sono più delicati. La polvere ricavata dalla macinazione di tali semi è impiegata in creme per salatini, in salse piccanti e tartine di carne. Se la si assume in piccole quantità, la senape è consigliata per facilitare la digestione. Tè (Camelia sinensis). Si tratta di una pianta arbustiva originaria della Cina, anche se è largamente coltivata in molte zone dell’Oriente, fra le quali il Giappone. Esistono soltanto tre tipi di tè: nero, verde e fior di tè. Per non perderne l’aroma, i rametti più giovani e le foglie più tenere, sono essiccate immediatamente dopo la raccolta. Come già si è visto per il caffè, anche le caratteristiche del tè variano in relazione alla sua provenienza, alla varietà e anche a seconda dei metodi di raccolta, di essiccazione e di conservazione. Alcuni tipi di tè sono miscele di varietà diverse della pianta, con o senza aggiunte di altre erbe, che possono essere associate allo scopo di ottenere bouquet particolari. Presso gli orientali preparare il tè è una vera arte, che certamente va al di là della semplice infusione delle foglie per qualche minuto in acqua calda, come può essere per i consumatori occidentali. Oltre che in veste di bevanda, in pasticceria il tè è usato nei ripieni per cioccolatini e caramelle. Vaniglia (Vanilla planifolia). In pasticceria è la sostanza aromatica per eccellenza, ottenuta da una specie di orchidea tropicale che cresce nell’America centro-meridionale ma anche in Oceania e nelle isole dell’oceano indiano. Il frutto di questa pianta, una capsula lunga circa 15 centimetri, quando raggiunge la piena maturazione viene raccolto e C • 31


immerso in acqua calda per fermarne lo sviluppo vegetativo. In tal modo, le capsule diventano morbide e dopo qualche mese di riposo sviluppano l’aroma vero e proprio. Esse vanno conservate chiuse in un vaso ermetico, per evitare che si secchino, disperdendo così il loro profumo dolce e penetrante. Per il suo aroma, e per la capacità di esaltare anche gli altri ingredienti, la vaniglia è impiegata nella preparazione di cioccolato, biscotti, torte, creme, ripieni e gelati vari. In commercio la si trova in varie forme: essiccata, liquida e in polvere. Nonostante i pregi, è bene non eccedere nel suo utilizzo, poiché in quantità elevata potrebbe dare origine a un sapore amaro.

Zafferano. Dagli stimmi del Crocus sativus, una pianta erbacea originaria dell’Asia Minore, con un fiore dal colore violetto, si ricava lo zafferano, sotto forma di una polvere gialla dal profumo molto intenso. Quello prodotto in Italia proviene per la maggior parte dalla provincia dell’Aquila, ma lo si trova anche in Sardegna, in Sicilia e nell’Italia settentrionale. Il suo prezzo elevato è giustificato sia dal metodo di raccolta, che deve essere svolta a mano (ogni fiore ha soltanto due-tre stimmi) sia per la quantità necessaria per la produzione: infatti, per ottenere 1 kg di polvere servono da 200.000 a 400.000 stimmi. Lo zafferano è usato prevalentemente nelle preparazioni salate, nonché per aromatizzare e colorire ripieni e impasti. In pasticceria lo si utilizza in panificazione, nelle creme e in alcuni dolci. Zenzero (Zengiber officinale). Si tratta del rizoma di una pianta tropicale tipica dell’Asia Orientale. Per il gusto forte e leggermente agrumato della polvere che si ottiene dalla lavorazione dei rizomi, lo zenzero si abbina bene alle preparazioni dolci, oltre a essere usato per aromatizzare alcune bibite (ginger). Tuttavia, è anche possibile consumarlo fresco, magari grattugiato.


Tre aromatizzanti particolari • Pur non derivando da alcuna specie vegetale, come, invece, i prodotti analizzati in precedenza, vi sono alcune sostanze che hanno un ruolo importante nel determinare il sapore e l’aroma dei prodotti di pasticceria. La prima è rappresentata dal cloruro di sodio (NaCl), meglio conosciuto come sale da cucina, che ha origine, in genere, da fenomeni di cristallizzazione provocati dall’evaporazione delle acque marine. Ricordiamo che questo sale riveste un ruolo fondamentale nell’alimentazione dell’uomo ed è anche nota da sempre la sua capacità di conservare a lungo i diversi alimenti, grazie alle proprietà antibatteriche. Oltre che come esaltatore di sapidità, in pasticceria il cloruro di sodio è essenziale per aiutare la lievitazione degli impasti delle torte. Attraverso un metodo industriale che utilizza l’ossidazione controllata della lignina, una sostanza che deriva dalla lavorazione del legno nella fabbricazione della carta, si ottiene, invece, la vanillina sintetica, una polvere cristallina il cui aroma è simile alla vaniglia pura, ma, rispetto a questa, è molto più concentrata e con un prezzo di vendita inferiore. Infine, dalla resina di benzoino (un genere di piante arboree e arbustive) e di alcune conifere, dall’olio essenziale dei chiodi di garofano e dai semi di vaniglia, è possibile produrre la vanillina naturale, anch’essa usata, in pasticceria, per aromatizzare dolci, salse e creme. C • 33


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LA PASTA SFOGLIA La pasta sfoglia, detta anche sfogliata o, alla francese, pasta “feuilletée”, è una preparazione molto antica, tanto che era già conosciuta da Egiziani, Greci e Romani, i quali, all’epoca, per realizzarla usavano l’olio al posto del burro. Salvo l’uso di quest’ultimo ingrediente, essa non è cambiata molto nel corso dei secoli. Infatti, la ricetta della prima vera torta millefoglie, cioè con pasta sfoglia, che è citata in un testo del 1653, di François La Varenne, è molto simile a quella usata attualmente dai pasticceri. Naturalmente, la pasta sfoglia, come ricorda il suo stesso nome, una volta cotta è costituita da sfoglie sottilissime e croccanti, che la rendono inconfondibile.

Gli ingredienti Gli ingredienti che compongono questa preparazione sono costituiti da farina, sale, acqua e burro. Tuttavia, nonostante la presenza costante delle stesse materie prime, l’applicazione di metodi diversi per preparala dà origine e prodotti finali molto differenti fra loro. Come avremo modo di vedere in seguito, l’analisi di tali processi permette di produrre una pasta sfoglia personalizzata e, quindi, ideale per gli utilizzi a cui è dedicata. Ora, però, la nostra attenzione deve concentrarsi sulle caratteristiche degli ingredienti di base. D • 14


La farina • Nella preparazione della pasta sfoglia è preferibile usare una farina mediamente forte (230 W), con la quale è così possibile ottenere sfogliature leggere e molto friabili. Nel caso in cui si usassero, invece, farine con W più alti, si finirebbe per realizzare un prodotto caratterizzato da un aspetto molto sfogliato e leggero, ma dotato di una friabilità piuttosto scarsa, a causa della presenza in tali farine di una quantità notevole di glutine.

Il sale e l’acqua • Per preparare la pasta sfoglia, sono necessari tra i 20 e i 25 grammi di sale per chilogrammo di farina. Tale dose, in genere, viene sciolta nell’acqua, e la si introduce nell’impasto per esaltare il sapore della sfoglia stessa.

La quantità di acqua che si deve aggiungere all’impasto varia, invece, a seconda del potere di assorbimento della farina utilizzata, così che la si deve graduare ogni qualvolta si cambi il tipo di farina impiegata, solitamente il 50% di acqua rispetto alla farina. L’impasto ottenuto mescolando l’acqua, il sale e la farina prende il nome di pastello. È importante ricordare che, nella realizzazione della pasta sfoglia, l’acqua assume un ruolo importante perché essa

Le diverse tipologie di pastello La pasta sfoglia, per essere preparata, necessita come base di partenza, di due impasti:

evapora durante la cottura dell’impasto, contribuendo così alla formazione dei diversi strati, o sfoglie, tipici di questa preparazione. Il burro e la margarina • Durante la produzione della pasta sfoglia, i grassi servono per preparare il panetto, il cui impasto può essere realizzato usando il burro o la margarina. Rammentiamo, a questo proposito, che attualmente l’industria produce margarine che hanno caratteristiche studiate appositamente per preparare la pasta sfoglia. Esse, infatti, sono più facili da utilizzare e favoriscono il distacco tra grasso e pastello, consentendo così di ottenere sfogliature di qualità. Il burro, al contrario, è più difficile da lavorare, ma ha un sapore nettamente migliore e più raffinato di quello della margarina, oltre a esserle superiore sotto il profilo organolettico. Naturalmente, anche per quanto riguarda il burro, l’industria predispone ormai una lavorazione speciale, dando a questo prodotto una resistenza maggiore alla sfogliatura. Inoltre, esso viene realizzato in fogli di forma rettangolare, delle dimensioni di circa 35 x 25 cm e spessi 2-3 cm, che sono ideali per essere utilizzati senza che sia necessario preparare il panetto con la farina.

• il pastello, composto da una parte di farina, con acqua e sale, che sarà la base al cui interno si inserirà il panetto; • il panetto, di cui tratteremo fra poco, che consiste in un impasto composto dalla restante parte di farina e burro o soltanto da burro. Il pastello può essere predisposto mediante tre diversi metodi di impasto, ognuno dei quali attribuirà alla sfoglia caratteristiche peculiari. Pastello impastato per poco tempo. Con questo metodo si velocizza di molto la realizzazione del pastello. Inoltre, siccome l’impasto viene lavorato poco, la formazione di glutine è ridotta. Pertanto, il risultato che si otterrà grazie a questo procedimento sarà un tipo di sfogliatura abbondante e leggermente irregolare. Pastello impastato per molto tempo. In questo caso, è possibile conseguire una sfogliatura più regolare anche se meno abbondante di quella ottenuta con il metodo precedente. Questo effetto è determinato dalla maggiore formazione di glutine, causata proprio dall’impasto prolungato. Pastello con aggiunta di burro o margarina. Seguendo questo metodo, il pastello assume una consistenza più solida, ottenuta unendo, appunto, burro o margarina all’impasto. Il vantaggio di far conseguire all’impasto stesso questo tipo di consistenza lo si constata osservando la facilità con cui si possono produrre le pieghe della pasta sfoglia. D • 15


L’impasto del panetto

Metodo 1

Per realizzare il panetto si impastano 1000 g di burro con 300 g di farina, tenendo conto che il primo deve trovarsi a una temperatura + 4 °C e andrà poi ammorbidito con il matterello, per poter farlo assimilare meglio alla farina. Una volta terminata questa operazione, all’impasto così ottenuto viene data una forma rettangolare, quindi, lo si pone in frigorifero per circa 1 ora. Ricordiamo che è anche possibile eseguire ricette con sfoglie alla panna o altre ancora il cui contenuto di burro è pari al 50% del peso della farina: nel secondo caso non è necessario formare il panetto, ma il burro viene inserito direttamente nel pastello.

Schiacciare molto il pastello e collocarvi al centro un panetto rettangolare, rivolgendo quindi verso il centro i lati del pastello stesso. Successivamente si assottigliano le ali esterne una sopra e una sotto l’impasto, in modo tale che la pasta venga distribuita uniformemente. Infine, si procede a livellare leggermente l’impasto con il matterello, dando forma alle pieghe desiderate.

I metodi di inserimento del panetto nel pastello • La qualità della pasta sfoglia è legata alla corretta lavorazione dell’impasto, che consente di ottenere, dopo la cottura, una pasta composta da tanti strati che si ‘sfogliano’ durante la masticazione. Per questo motivo è importante che il panetto e il pastello abbiano la stessa consistenza, così che possano essere stesi in modo omogeneo, dando origine a pieghe di ottima qualità. Nonostante il metodo con cui il pasticcere inserisce il panetto nel pastello sia personale, riteniamo utile proporne alcuni fra i più utilizzati a livello professionale.

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Metodo 2 Anche con questo secondo metodo si dovrĂ appiattire molto il pastello e mettervi al centro un panetto, anche se di dimensioni minori del caso precedente. Si procede, quindi, rivolgendo i bordi al pastello e attaccandoli a quelli del panetto, che rimarrĂ visibile al centro della preparazione. A questo punto, si provvederĂ a stendere il tutto con il matterello, dando le pieghe desiderate. 8

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Metodo 3 Come sempre, il panetto andrĂ sistemato al centro del pastello, ma questa volta in modo tale che risulti parallelo a esso, rispetto ai suoi lati corti, che dovranno essere lasciati liberi quando si attaccheranno verso il centro le ali del pastello stesso. Fatta questa operazione, si procederĂ ad appiattire la preparazione, dandole le pieghe desiderate.

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Metodo 4 Per realizzare questo metodo la forma del pastello dovrà essere all’incirca quadrata, in modo tale che si formino quattro punte, che dovranno essere chiuse verso il centro fino a coprire il panetto. Quindi, usando il matterello, si procederà come negli altri casi, dando i giri necessari alla pasta. 1

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Le pieghe della pasta sfoglia Nella preparazione che stiamo considerando, le pieghe della pasta servono a dare origine alla tipica sfogliatura e dispongono la pasta stessa in modo tale che gli strati del pastello si intervallino in modo uniforme con quelli del panetto di burro. Per eseguire tale procedura, di solito si alternano per due volte tre pieghe e per altre due volte quattro pieghe, ma si possono realizzare anche per quattro volte quattro pieghe oppure per sei volte tre pieghe. Al di là di questi aspetti quantitativi, bisogna considerare che al termine della cottura un numero elevato di pieghe darà una sfoglia friabile e poco alta, con alveoli molto piccoli, mentre una pasta con poche pieghe a fine cottura avrà alveoli molto grandi e irregolari, oltre a essere anche elastica. Tutti questi effetti possono accentuarsi o, al contrario, ridursi, se le pieghe vengono realizzate più o meno spesse. Infatti, se sono spesse fanno alzare la pasta, mentre se si ottengono pieghe sottili esse danno origine a una sfoglia friabile ma bassa, per effetto di una maggiore fusione tra panetto e pastello. Inoltre, è bene ricordare che la sfoglia, tra una piegatura e l’altra, deve essere messa a refrigerare per almeno un’ora, proteggendo la sua superficie dal contatto con l’aria mediante una pellicola plastica. Infine, è possibile determinare il numero di strati finali della pasta sfoglia, ricorrendo a un semplice calcolo, che terrà conto anche della lavorazione iniziale tra panetto e pastello, costituita da tre strati. D • 19


Pertanto, una sfoglia piegata quattro volte con ogni volta quattro pieghe, darà origine a

Piegatura a tre strati

3 x 4 x 4 x 4 x 4 = 768 sfoglie.

La cottura ideale Ogni forno ha caratteristiche proprie, quindi, soltanto un’analisi attenta delle cotture già effettuate ci permetterà di identificare la corretta temperatura da applicare. Dopo di ciò, si deve osservare il prodotto da cuocere, considerandone lo spessore, la grandezza e l’utilizzo finale a cui è dedicato. Nel caso di pezzi di pasta piccoli, sottili e bucherellati, li si può cuocere a temperatura alta, intorno ai 220 – 230 °C, per un tempo breve, facendo sì che il calore arrivi velocemente agli strati interni, i quali si asciugheranno bene, mentre all’esterno la loro pasta sarà colorata nel modo desiderato. In presenza di pezzi grandi, invece, li si deve cuocere a temperature più basse, tra i 160 e i 180 °C, permettendo così al calore di raggiungere il cuore del prodotto, senza colorare eccessivamente la pasta in superficie. Per favorire la liberazione del vapore acqueo, è possibile aprire la valvola del forno, in modo tale da farlo uscire, così che la sfoglia, quando si sarà sviluppata, potrà asciugarsi meglio. In conclusione, una pasta sfoglia di qualità deve essere cotta bene, in modo tale da risultare friabile ma non secca.

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Piegatura a quattro strati

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Perché la pasta sfoglia si alza durante la cottura? • La stratificazione tipica della pasta sfoglia è determinata dall’azione combinata del calore e del vapore sprigionato durante la cottura. Per effetto del calore, infatti, l’acqua contenuta nell’impasto evapora e, andando verso l’alto, ne solleva le pieghe, rese impermeabili dai grassi stratificati in esso: hanno così origine i tipici alveoli della pasta sfoglia. È quindi evidente quanto sia importante effettuare la corretta piegatura della pasta, che deve avvenire senza rotture o fuoriuscite di grassi, per fare in modo che si possa ottenere un prodotto di qualità pressoché perfetta.


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IL BISCOTTO ARROTOLATO Il biscotto arrotolato (roulò, biscuit) fa parte delle preparazioni di base ed è una delle più utilizzate in pasticceria. La pasta con la quale si producono questi biscotti, per poter essere arrotolata, deve risultare morbida, sottile ed elastica. Grazie a queste qualità, essa potrà cuocere rapidamente e ad alta temperatura, senza asciugare né seccare. Le ricette più utilizzate in pasticceria sono quelle che si riferiscono alle seguenti tipologie di biscotto: • classico, denominato anche biscotto al cucchiaio o biscotto charlotte; • alle mandorle da decorazione; • alle mandorle leggero; • al cioccolato; • al marzapane; • meringato.


Il biscotto classico si ottiene dall’unione di una massa montata di tuorli e di un’altra di albumi con zucchero, che, mescolate a farina e ad amido, danno origine a un’ulteriore massa montata molto spumosa. Per prepararla, oltre alla farina si può aggiungere anche cacao oppure altri amidi, come ad esempio la fecola. Per la perfetta riuscita di questa base si deve associare una parte di massa montata di albumi alle farine a pioggia, mescolando da sotto a sopra,

per poi unire il tutto alla massa montata di tuorli e terminare il procedimento aggiungendo la parte restante di albumi: così facendo si mantiene il massimo della sofficità del prodotto, perdendo pochissima aria di quella incorporata dalle masse montate. Inoltre, è possibile ottenere una pasta ancora più elastica, realizzando così il biscotto con montata di albumi: in questo caso, alla massa di albumi montata con zucchero si aggiungono i tuorli a filo e di seguito si associa la farina mescolata agli amidi.

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Ingredienti: albume, zucchero, tuorlo.

Montare fino a che il composto non risulti ben fermo.

Il biscotto classico

La massa che si è ottenuta viene poi stesa, con un sac à poche o con una spatola, su carta da forno, facendole assumere lo spessore di 1,5 – 2 cm; si provvede poi a cuocere il tutto alla temperatura di circa 240 °C, a valvola chiusa per trattenere l’umidità. Si ottiene in tal modo una pasta sottile ed elastica, che è arrotolabile e adatta a rivestire dolci ma che può anche essere usata come fondo delle torte. Il biscotto preparato con le due masse montate, nella terminologia tecnica di pasticceria è denominato biscotto classico a montata doppia.

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Aggiungere la farina setacciata a pioggia sempre con l’aiuto di una spatola in gomma.

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Unire lo zucchero con l’albume.

Aggiungere il tuorlo a filo sull’albume e mescolarlo con l’aiuto di una spatola in gomma.

Predisporre una teglia, un salpa e una racla.

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Togliere il silpat.

Versare la montata di albume, zucchero, tuorlo e farina all’interno della racla.

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Lo spessore dovrĂ essere di circa 0,5/1 cm.

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Stendere la montata.

Cuocere in forno preriscaldato alla temperatura di 200 °C per 5 min.

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Sfornare.

Abbattere e utilizzare per le eventuali preparazioni.


Il biscotto alle mandorle da decorazione Questo biscotto alle mandorle, molto elastico e abbellito da disegni, trova impiego soprattutto come rivestimento di stampi per torte moderne, mousse, creme leggere o bavaresi. Si tratta di una massa alla mandorla decorata con un’altra massa a cialda (lingua di gatto). L’elemento base di questa preparazione è la mandorla inserita nella massa come TPT (sigla che deriva dall’espressione francese tant pour tant) corrispondente, cioè, a una miscela in parti uguali di farina di mandorle bianche e di zucchero. Il prodotto così ottenuto deve essere cotto in forno a 250 °C con valvola chiusa.

Il biscotto leggero alla mandorla Il biscotto leggero alla mandorla è un prodotto morbido e gustoso, che può essere aromatizzato con granelle di frutta secca o altri elementi. Lo si utilizza come inserto all’interno di torte moderne, bavaresi o mousse, anche se spesso è impiegato come rivestimento decorativo delle prime. In questa preparazione, la farina di mandorle della TPT può essere sostituita con altra frutta a guscio. Inoltre, è possibile aromatizzare il biscotto con cacao, rimpiazzando così una parte di farina corrispondente al suo peso.

Il biscotto al cioccolato Il biscotto al cioccolato, nelle sue tre varianti, è il più utilizzato per realizzare torte moderne. Vediamole insieme. Biscotto al cacao senza farina. Si tratta di una preparazione molto elastica, in quanto è a base di montata

d’albume, e non ha bisogno di essere bagnata prima dell’utilizzo, perché nella sua composizione non è presente la farina. Il biscotto viene cotto a temperature relativamente basse (intorno ai 200 °C) per evitare che la fibra del cacao possa bruciare e per favorire la perdita dell’umidità contenuta nella massa. Biscotto al cioccolato e arancia. Lo si realizza con la tecnica della montata doppia, nella quale è presente anche la scorza d’arancia candita, che aggiunge una maggiore morbidezza al prodotto; anche questo biscotto si cuoce a temperature più basse. Biscotto sacher. È un preparato a montata doppia, sottile e friabile; risulta particolarmente gustoso per la presenza di frutta secca e di cioccolato.

I biscotti al marzapane e meringati In pasticceria vengono classificati come biscotti al marzapane i prodotti che prevedono la presenza in essi di marzapane al 60% di mandorla. La preparazione che si ottiene è più morbida al palato rispetto a quanto accade per i biscotti tradizionali. Il biscotto meringato (dacquois o giapponese), invece, trova impiego come base per torte con mousse o con crema al burro, oppure lo si può usare come fondo per la piccola pasticceria. La frutta secca in polvere (mandorle, polvere di nocciola) e l’albume fanno assumere al biscotto una consistenza particolarmente morbida, che ricorda, appunto, quella della meringa. D • 31


I

I PRODOTTI LIEVITATI Un dolce tipico della pasticceria italiana, che ha rinomanza nel mondo intero, è certamente il panettone milanese. Si tratta di una preparazione che fa parte di un’ampia gamma di prodotti realizzati utilizzando il lievito madre o lievito naturale. I dolci preparati con questo metodo sono il traguardo di ogni pasticcere, tanto che attualmente i prodotti lievitati di produzione artigianale hanno un ruolo importante nei laboratori di pasticceria. La bellezza delle forme, il profumo tipico, il colore dorato del loro interno, arricchito dalle gemme dei canditi e dell’uvetta, la loro fragranza e morbidezza, sono le caratteristiche peculiari che hanno reso famosi e unici i lievitati.

L’attore principale: il lievito Il lievito naturale è alla base della qualità di un buon pane tradizionale, il quale, arricchito con burro, uova, zucchero e aromi, diviene il dolce da forno più importante, cioè il panettone. É proprio il lievito, infatti, ad attribuire la struttura morbida e la piacevole fragranza a dolci ormai di consumo pressoché quotidiano, come brioche, babà, croissant e ad altri di grande elaborazione, quali, oltre al panettone, colombe, bossolà e ofelle. A questo proposito, l’industria D • 36


Tipo di impasto

Agente lievitante

Prodotti

A lievitazione chimica

Baking, ammonio

Biscotti, plum cake, pane speciale

A lievitazione biologica (1)

Lievito madre o pasta naturale

Panettone, focacce, brioche, pane ecc.

A lievitazione biologica (2)

Lievito compresso o di birra

Babà, dolci tradizionali, pane ecc.

A lievitazione fisica

La lievitazione avviene grazie alla tecnica di preparazione

Pasta sfoglia, bignè, pan di Spagna

A lievitazione biologica e fisica

Lievito biologico + tecnica di preparazione

Croissant, kranz ecc.

elevato di proteine per produrre glutine di qualità, che rende l’impasto resistente alla lavorazione e alla lievitazione prolungata. I liquidi che si introducono nella ricetta sono rappresentati da uova, latte e panna; essi hanno le funzioni fondamentali di idratare e fornire vapore acqueo durante la cottura.

Gli zuccheri sono, invece, i responsabili di una buona lievitazione. Essi si dividono in due categorie:

dolciaria ha selezionato diversi tipi di lievito, che possono sostituire per intero o in parte il lievito madre. Quindi, oltre al lievito compresso o di birra, si utilizza il baking (un prodotto chimico) e il lievito madre disidratato e arricchito. E’ importante considerare che il tipo di lievito impiegato consente anche di riconoscere la categoria alla quale appartengono i vari dolci. La scelta del lievito di birra nei confronti del lievito madre dipende dalla facilità e dalla rapidità con cui può essere utilizzato, associate, inoltre, a rese più sicure rispetto a quelle determinate dal lievito madre, il quale, però, ha profumo, aroma e resistenza alla perdita di umidità di qualità superiore.

• fermentabili, come il saccarosio, il destrosio e il maltosio; • non fermentabili, come il lattosio e gli amidi. In generale, se li si introduce con un dosaggio eccessivo, essi rallentano la fermentazione che conduce, appunto, a una buona lievitazione, poiché sottraggono acqua agli enzimi della farina; al contrario, una carenza di zuccheri velocizza troppo il processo fermentativo. Gli zuccheri, inoltre, influenzano il colore della crosta del dolce e migliorano la conservazione del prodotto.

Gli altri protagonisti A rendere eccezionale questo tipo di dolci, oltre, naturalmente, al tipo di lievito impiegato, contribuiscono vari ingredienti. La farina deve essere di tipo 0 o 00, con un W di circa 380-400, quindi, caratterizzata da un quantitativo

Il sale serve per bilanciare il sapore e per sviluppare gli aromi tipici della preparazione, favorendo inoltre la formazione del glutine. I grassi, dal canto loro, conferiscono sofficità, morbidezza e sapore alla preparazione. Essi favoriscono la lubrificazione tra il glutine e gli amidi della farina, rendendo così l’impasto più estendibile. Inoltre, i grassi creano uno strato lipidico anche tra l’amido e le proteine, ritardando la gelatinizzazione del primo e la D • 37


PANETTONE PRIMO IMPASTO

denaturazione proteica. Essi formano, quindi, uno strato impermeabile intorno ai granuli di amido che blocca l’anidride carbonica e il vapore all’interno dell’impasto, favorendo così l’aumento di volume del dolce. Questo ingrediente, inoltre, agisce da conservante perché rallenta la cristallizzazione dell’amilopectina (uno dei due componenti chimici dell’amido), essendo in grado pertanto di isolare l’amido, facendo sì che non avvenga una totale evaporazione dell’acqua dal dolce, un fenomeno che ne provocherebbe l’invecchiamento. Il tuorlo dell’uovo, infine, per il suo contenuto di lecitina, favorisce l’emulsione dei grassi nell’impasto, dona colore e migliora la struttura dell’impasto a cottura avvenuta. Il giusto dosaggio e un corretto bilanciamento della ricetta contribuiscono al buon esito della preparazione, così pure come l’utilizzo di macchine idonee a svolgere tutte quante le operazioni richieste.

1

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Sciogliere il lievito con l’acqua.

Aggiungere lo zucchero.

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Aggiungere la farina.

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Impastare per 4 minuti in prima velocità dell’impastatrice.

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Impastare in seconda velocità dell’impastatrice per 10 minuti.

Continuare a impastare per 8 minuti in seconda velocità dell’impastatrice.


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Impastare nuovamente in prima velocità per 5 minuti.

Impastare in prima velocità fino a che il tuorlo non sia assorbito completamente dall’impasto.

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Il composto deve risultare ben legato.

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Aggiungere il burro a pezzetti.

Continuare a impastare in seconda velocità per 10 minuti fino a che l’impasto non risulti ben liscio e legato.

Aumentare la velocità dell’impastatrice portandola in seconda per 8 minuti. L’impasto deve risultare ben legato.

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Aggiungere il tuorlo poco alla volta.

Prelevare l’impasto dall’impastatrice a bracci tuffanti e metterlo in un contenitore di plastica per alimenti. Preparare la camera lievitatrice a 27 °C con l’80% di umidità e lasciarlo lievitare per 12 ore.

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1

Una volta lievitato versare l’impasto nuovamente nell’impastatrice.

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Aggiungere la farina e il sale.

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Impastare in prima velocità per 8 minuti.

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Continuare a impastare in seconda velocità per 3 minuti. L’impasto deve risultare ben legato.


PANETTONE SECONDO IMPASTO

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Aggiungere lo zucchero e il miele.

Impastare in prima velocità fino a che l’impasto non abbia assorbito completamente il tuorlo d’uovo; aumentare la velocità in seconda fino a che non leghi per fettamente.

Continuare a impastare per 8 minuti in seconda velocità. L’impasto deve risultare ben lucido e legato.

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Impastare per 4 minuti in prima velocità e poi per 8 minuti in seconda velocità. L’impasto deve risultare ben legato.

Aggiungere il burro, gli aromi, il burro di cacao sciolto.

Aggiungere la frutta candita.

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Aggiungere il tuorlo d’uovo.

Impastare per 6 minuti in prima velocità.

Impastare in prima velocità per 3 minuti in modo che la frutta candita venga amalgamata con l’impasto.


PANETTONE SECONDO IMPASTO

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Lavorare fino a che la frutta non sia ben chiusa all’interno dell’impasto.

Togliere dall’impastatrice e lasciare riposare l’impasto per almeno 15 minuti.

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Formare i vari impasti del peso voluto.

Dare la forma all’impasto.

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Versare l’impasto tenendo la chiusura dello stesso verso il basso nel pirottino per panettoni.


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Ricoprire la super ficie del panettone con la ghiaccia in zucchero.

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Mettere in camera lievitatrice per almeno 5 ore a far lievitare ad una temperatura di 27 °C con l’80% di umidità.

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Ricoprire la ghiaccia per panettone con della granella di zucchero e qualche mandorla.

Cuocere in forno preriscaldato a 180 °C per 45/55 minuti. Il panettone deve raggiungere una temperatura interna di 96 °C.


Le

LE CREME Le creme sono i prodotti più utilizzati nelle farciture di torte da anniversario e di alcune fra quelle classiche della pasticceria italiana, oltre a essere utilizzate anche come decoro e base di spume, semifreddi o dolci in coppa. La struttura delle creme, setosa, liscia e brillante, le rende molto appetibili già alla vista, mentre gli aromi che sprigionano ne prolungano il gusto, rendendole uniche e fondamentali per arricchire i dolci. In questa e nelle prossime pagine, ci dedicheremo, pertanto, a esaminare alcune fra le creme più usate nella pasticceria italiana.

La crema pasticcera La crema pasticcera, come si può comprendere già dal nome che la distingue, è una delle basi su cui si regge la vasta gamma di creme utilizzate in pasticceria. La realizzazione di tale crema dipende dalle scelte personali del pasticcere nei confronti delle ricette che possono esse impiegate a tale scopo. Tuttavia, è importante che sia sempre possibile riconoscere nella crema il sapore caratteristico determinato dalla presenza di ingredienti quali tuorlo, amidi e zucchero, aggiunti al latte e alla vaniglia. Il processo fisico-chimico su cui si fonda la preparazione della crema pasticcera consiste principalmente


nella coagulazione delle proteine del tuorlo, ma dipende anche dagli amidi della farina, che formano un reticolo solido bilanciato dalla presenza dello zucchero, che consente di mantenere la cremosità tipica. A questo proposito ricordiamo fin da ora che maggiore è la quantità di zucchero che si usa e più fluida sarà la crema ottenuta. La morbidezza della crema è favorita anche dal procedimento con cui viene prodotta, poiché il rimescolamento continuo del preparato, con l’ausilio di una frusta, ne spezza la maglia proteica, rendendo quindi il prodotto cremoso e vellutato. Una crema pasticcera ben preparata deve rispondere, in ogni caso, a determinate caratteristiche: • la sua superficie deve essere liscia e brillante, lucida e di colore giallo uovo tenue; • la sua struttura deve risultare, ovviamente, cremosa, ma anche uniforme ed esente da sineresi, cioè dal fenomeno in seguito al quale avviene la separazione tra le fasi liquida e solida; • il suo gusto deve esaltare il leggero sapore di vaniglia e, inoltre, essa non deve risultare farinosa al palato.

conservabile più a lungo, donandogli un sapore particolarmente vellutato. La panna può sostituire fino a circa 300 g di latte sulla dose di un litro di liquidi. I tuorli • La presenza di tuorli nella preparazione della crema pasticcera va da un minimo di 160 g a un massimo di 600 g per litro di latte. È bene ricordare, a questo proposito, che più la quantità di tuorli è elevata e meno amidi dovranno essere aggiunti alla preparazione, mentre si deve aumentare la dose di zucchero per evitare la rapida coagulazione della crema. Il tuorlo, infatti, grazie al suo contenuto cospicuo di proteine, svolge la funzione di addensante per l’intero prodotto.

Gli ingredienti principali Come per tutte le preparazioni di pasticceria così anche per le creme gli ingredienti ricoprono un ruolo fondamentale per la riuscita del prodotto. Il latte e la panna • Per realizzare la crema pasticcera si ricorre, generalmente, al latte fresco intero, una parte del quale, però, può essere sostituito dalla panna che, grazie alla presenza di grassi e alla ridotta quantità di acqua, renderà il prodotto

Lo zucchero • Nel preparare la crema pasticcera si deve impiegare, per ogni litro di latte, una quantità compresa tra i 250 e i 500 grammi di zucchero, il quale, oltre ad addolcire la crema, svolge la funzione di conservante. Lo zucchero deve essere sbattuto insieme ai tuorli: infatti, se lo si lascia a contatto di questi ultimi senza mescolarlo, esso assorbe la parte acquosa dei tuorli stessi, cristallizzandone le proteine e rendendole in tal modo insolubili, determinando un processo che diventa

irreversibile anche dopo l’aggiunta del latte. Gli amidi, di cui tratteremo fra poco, possono essere mescolati allo zucchero o aggiunti dopo la sbattitura delle uova, ma, in ogni caso, anche questa operazione deve essere svolta molto rapidamente.

La farina, l’amido di mais e di riso • La farina e gli amidi propriamente detti si usano per fare addensare la crema e sono introdotti nella miscela mescolati tra loro oppure con la farina. Gli amidi, in particolare, aggiungono brillantezza alla crema è possiedono un grado di viscosità diverso a secondo della loro origine vegetale. È interessante, a tal proposito, considerare le temperature a livello delle quali avviene la gelificazione degli amidi. Esse, tuttavia, possono variare in base a una serie di fattori fra i quali la quantità di materia prima utilizzata e i tempi di esposizione al calore. In generale, per i diversi tipi di amido, si osservano i seguenti valori:

• amido di frumento, da circa 81 fino a 94 °C; • amido di mais, da 72 a 84 °C; • amido di riso, da 76 a 92 °C. D • 51


CREMA PASTICCERA

Il burro • All’interno della ricetta della crema pasticcera, la quantità di burro può variare dal 3 al 5% sul peso totale degli ingredienti. Dopo che tale grasso è stato introdotto nella preparazione, la crema acquista cremosità e sapore ma, soprattutto, può essere conservata più a lungo, perché i lipidi del burro rallentano i fenomeni di ossidazione, e sono anche in grado di limitare il fenomeno della sineresi. Tuttavia, una volta preparata, la crema pasticcera va abbattuta di temperatura, stendendola su una placca in acciaio, coperta e a contatto con la pellicola, in modo tale da non consentire la comparsa di ossidazioni sulla sua superficie, e conservata in frigorifero a + 4 °C.

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Ingredienti: latte, zucchero, amidi, vaniglia, tuorlo d’uovo.

Incidere la bacca di vaniglia.

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Unire il tuorlo d’uovo e lo zucchero.

La vaniglia • La vaniglia è senza dubbio l’aroma più utilizzato nell’ambito della pasticceria. Anche nel nostro caso, ricordiamo che il baccello migliore per essere utilizzato deve avere la buccia sottile ed essere morbido e pieno. La buccia, inoltre, va incisa nel senso della sua lunghezza e scavata dai suoi semi che verranno aggiunti al composto e che apporteranno l’aroma caratteristico alla crema. Il baccello (la buccia) si mette in infusione nel liquido (latte) a caldo oppure anche a freddo ma aumentando i tempi di infusione. La quantità di vaniglia che deve essere utilizzata è corrispondente a un baccello per ogni litro di latte.

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Mescolare per fettamente con la frusta i due ingredienti.

Estrarne la polpa.

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Unire ai tuorli e allo zucchero l’amido e mescolare nuovamente.

Aggiungere la polpa di vaniglia al composto di tuorli, zucchero e amido.


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Mettere il bacello di vaniglia nel latte.

Mescolare.

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Portare il latte a ebollizione.

Portare la temperatura della crema a 85/90 °C.

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Rimettere il composto nella pentola.

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Versare il latte sul composto.

Versare la crema in un contenitore basso e coprirla con pellicola alimentare.

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I difetti della crema pasticcera • Talvolta, durante la preparazione delle creme si possono verificare problemi che determinano difetti più o meno gravi, i più ricorrenti dei quali prenderemo in considerazione nelle prossime righe, fornendo alcuni consigli per evitare che si verifichino.

Crema bruciata sul fondo del tegame. I motivi che portano a bruciare la crema sul fondo del recipiente di cottura possono essere attribuibili al fuoco diretto, oppure al mescolamento non adeguato della stessa, oltre al fatto che anche il materiale di cui sono composti i recipienti può influenzare molto la cottura. A questo proposito, è opportuno considerare che le pentole in acciaio con fondo pesante sono l’ideale per cuocere queste preparazioni. Formazione di grumi. Questo fenomeno avviene quando la farina o gli amidi, oppure entrambi gli ingredienti, non sono amalgamati correttamente, o anche nel caso in cui, durante la fase di cottura, il prodotto non viene mescolato adeguatamente con frusta e cucchiaio. Perdita di consistenza e sineresi. Ciò accade per la mancanza di precisione nel corso della cottura, che può essere eccessiva o insufficiente, non portando così la preparazione alla densità desiderata. Infatti, in seguito a una cottura scarsa gli amidi non si gelificano, mentre se la si prolunga, si provoca la demolizione della struttura gelificante delle proteine. Sensazione di farina al palato. Utilizzando come legante soltanto la farina, e non facendola cuocere a sufficienza, la crema può dare una sensazione farinosa al palato, poiché le proteine che sono contenute nella D • 54

farina non hanno potuto subire la modifica strutturale adeguata e necessaria per la perfetta riuscita della crema.

La crema inglese La crema inglese fa parte del patrimonio, anche storico, della pasticceria e altro non è che una crema senza amidi. La sua struttura, infatti, è basata tutta sulle proteine del tuorlo, un ingrediente che può essere impiegato fino al 60% sul peso dei liquidi, mentre lo zucchero può arrivare fino al 50% sul peso dei liquidi, conferendo oltre che la dolcezza anche una struttura più fluida alla crema. In genere i liquidi sono rappresentati dal latte, ma lo si può sostituire completamente con la panna che rende la struttura finale della crema molto più densa e corposa, poiché essa è molto più ricca di grassi rispetto al latte. Talvolta, però, si possono utilizzare anche infusi o succhi di frutta. La crema inglese viene utilizzata per innumerevoli dessert, fra i quali la bavarese.

La crema al burro Per molto tempo, la crema al burro è stata la più utilizzata nel settore della pasticceria, in virtù della sua alta conservabilità, determinata dalla percentuale elevata di grasso presente in essa. Tuttavia, con l’avvento delle nuove tecnologie di preparazione e di conservazione dei prodotti, con il miglioramento della qualità delle materie prime utilizzate, nonché della prassi più corretta di controllo delle fasi di elaborazione della preparazione nonchè del consumo di prodotti più dietetici, questo tipo di crema ha subito un lento declino. Nonostante tutto ciò, essa rappresenta comunque una crema alla base di molte preparazioni della

pasticceria italiana. Normalmente, oltre alla crema pasticcera, le materie prime di base per ottenere un’ottima crema al burro sono il burro stesso, le uova intere, i tuorli oppure gli albumi, lo zucchero e gli aromi. Il burro e lo zucchero • Nella scelta della materia prima si deve dare spazio, come sempre, a prodotti di altissima qualità. Per quanto riguarda il burro la scelta deve ricadere su quello ottenuto da panna di affioramento, mentre nel caso dello zucchero il ventaglio di prodotti a disposizione del pasticcere è più ampio, tanto che si può utilizzare lo zucchero fondente, quello a velo oppure lo zucchero semolato. Tuttavia, è bene ricordare che la crema ottenuta da zucchero fondente è di migliore qualità, perché questo carboidrato è già modificato, pertanto lo si incorpora meglio, oltre a essere più lisco e vellutato degli altri, mentre lo zucchero a velo, contenendo anche amidi, rende la montata stabile ma determina una sgradevole sensazione di polverulento alla degustazione. Nel caso, infine, si dovesse utilizzare lo zucchero semolato, bisogna precisare che questo è meno controllabile per quanto riguarda la formazione della struttura della montata. I tuorli e gli albumi • I tuorli devono essere montati con lo zucchero cotto come per realizzare una pâte à bombe, da utilizzare a sua volta per montare il burro, rendendolo particolarmente soffice. Essi, inoltre, sono aggiunti alla crema al burro con gli scopi di raffinare nonché di dare stabilità e rotondità all’emulsione. Il burro montato, invece, con albumi e zucchero (meringa all’italiana) dà origine a creme più leggere delle precedenti e caratterizzate da una sofficità maggiore, a causa dell’aria incorporata in buona quantità.


CREMA AL BURRO

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Ingredienti: acqua, zucchero, tuorli, burro e vaniglia.

Incidere la bacca di vaniglia e prelevarne la polpa.

Aggiungere ai tuorli il burro poco alla volta.

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Aggiungere la polpa di vaniglia al burro in cubetti.

Montare fino a che il composto risulti ben montato e omogeneo.

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Portare l’acqua e lo zucchero a 21 °C.

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Inserire la crema in una sacca per pasticceria.

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Versare lo zucchero cotto sui tuorli e montare.

Portare tuorli e zucchero alla temperatura di 35 °C.

Decorare il prodotto scelto.

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CREMA LEGGERA

La crema pasticcera, i liquori e gli aromi • La crema al burro realizzata con zucchero fondente si può raffinare con l’aggiunta di crema pasticcera ricca di tuorli o di crema inglese (come la pasticcera, ma senza amidi). Inoltre, è possibile predisporre la crema al burro con l’aggiunta di meringa italiana o di base semifreddo. Infine, gli aromi (vaniglia o paste aromatizzanti, cannella, ecc.) e i liquori (rhum, cointreau, ecc.) che si possono aggiungere danno un sapore ben determinato alla crema.

1

4

Tagliare a pezzetti la gelatina.

Portare la crema a 45 °C e aggiungere la gelatina ammollata.

Le creme leggere Le creme leggere sono composti a base di crema pasticcera alleggerita con panna e, in alcuni casi, legata con gelatina in fogli, aromi e liquori. In questa preparazione, la panna montata, che può essere aggiunta alla crema pasticcera per una quota fra il 50 e il 70 % del totale, dà origine alla leggerezza della crema stessa. Per tale scopo, in genere si impiega la panna fresca al 35% di grassi. Per quanto riguarda, invece, la gelatina in fogli, essa è necessaria in base alla scelta degli ingredienti usati per preparare la crema ed è responsabile della stabilità della preparazione e del prefetto legame di tutti i componenti della crema leggera. La dose di gelatina in fogli va da 9 a 12 g per kg di crema. Infine, gli aromi e i liquori sono i responsabili del sapore stesso delle creme leggere e li si deve aggiungere alla gelatina in fogli e alla crema prima di associare la panna.

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Mescolare il composto in maniera che la gelatina si sciolga.

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Fare ammorbidire la gelatina con l’acqua.

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Ingredienti: crema pasticcera, panna semimontata, gelatina ammollata.

Aggiungere la panna semimontata.


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Con l’aiuto di una frusta mescolare il composto in modo da creare una struttura liscia e omogenea.

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CHIBOUST

La crema chiboust La chiboust è una preparazione composta da crema pasticcera e meringa italiana. Questa base è utilizzata, in genere, per realizzare torte fredde, piccola pasticceria e dolci al cucchiaio. La chiboust ha una struttura soffice e cremosa, che rimane stabile per la presenza di gelatina in fogli. Diversamente dalle creme leggere alla panna, la chiboust è ideale per preparazioni che prevedono di impiegare la frutta come aromatizzante; inoltre, per la presenza di meringa, si presta bene a essere caramellizzata. Ricordiamo, infine, che la chiboust è la farcia della Saint Honorè originale. La preparazione di questa crema si svolge mescolando crema pasticcera calda, gelatina in fogli e meringa italiana tiepida, quest’ultima preparata appositamente e utilizzata subito, senza lasciarla riposare. La chibouste può essere realizzata in diversi gusti: • alla pasta aromatizzante, composta da crema pasticcera con gelatina in fogli, pasta aromatizzante (alla nocciola, al pistacchio, alla noce, ecc.) e meringa italiana; • ai liquori, costituita da crema pasticcera, gelatina in fogli, liquore e meringa italiana; • alla frutta, composta da crema pasticcera, gelatina in fogli, polpa di frutta fresca e meringa italiana.

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Mettere la gelatina in un contenitore.

Mescolare il composto.

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Ammolare la gelatina in acqua.

Aggiungere la meringa italiana.

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Portare la crema pasticcera a 45 °C e aggiungere la gelatina.

Mescolare con la frusta per ottenere un composto liscio e omogeneo.


MOUSSELINE

Le creme mousseline Le creme mousseline sono composti che prevedono l’impiego della crema pasticcera montata con burro, unendo poi alla crema calda le aromatizzazioni desiderate. A differenza della crema al burro questa che stiamo considerando utilizza una maggiore quantità di crema pasticcera rispetto al burro. La crema mousseline è usata per farcire dacquois, torte friabili e pan di Spagna. Per ottenere la massima leggerezza in questo tipo di crema è necessario lavorare il burro in planetaria con la foglia, a velocità media. Quando finalmente esso è diventato spumoso e soffice, si aggiunge la crema pasticcera a 22 °C circa, continuando a mescolare. Una volta realizzata, la crema mousseline deve essere conservata in frigorifero a +5 °C, per non più di 2 giorni. La crema mousseline può essere realizzata nelle varietà:

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Ingredienti : burro e crema pasticcera.

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Ammorbidire il burro in planetaria.

Montare il tutto.

• alla pasta aromatizzante, con crema pasticcera, pasta aromatizzante (alla nocciola, al pistacchio, ecc. ) e burro; • al cioccolato, con crema pasticcera al cioccolato e burro; • alla frutta, con crema pasticcera, polpa di frutta fresca e burro; • alla frutta secca, con crema pasticcera, frutta secca e burro.

3

Aggiungere la crema pasticcera.

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