T3 E-BOOK (Italiano)

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Orazio Miglino è Professore Ordinario di Psicologia Generale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Ricercatore associato presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie Cognitive del CNR di Roma. La sua attività di ricerca è orientata alla costruzione di modelli formali basati sulle Reti Neurali e sullo sviluppo di robots che stimolano i processi cognitivi, di apprendimento e adattamento. Maria Luisa Nigrelli lavora in ISTC CNR, dove si occupa della gestione di progetti finanziati dall’Unione Europea e cura il trasferimento d’innovazione dal contesto di ricerca a quello di business. Il suo background è in lingue straniere e psicologia dell’apprendimento. Luigia Simona Sica è psicologa, dottore di ricerca in Scienze Psicologiche e Pedagogiche. Attualmente è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino. I suoi principali ambiti di ricerca sono relativi alla psicologia dello sviluppo e all’approccio qualiquatitativo di ricerca.

Videogiochi di ruolo, simulazioni al computer, robot e realtà aumentata come nuove tecnologie per l’apprendimento: una guida per insegnanti, educatori e formatori

Attraverso le tecnologie digitali di nuova generazione, con carattere connettivo, l’apprendimento non è più soltanto una relazione solitaria tra l’utente e il suo computer, ma acquista una dimensione sociale in termini fino a pochi anni fa inimmaginabili. Le nuove tecnologie (video-games, robot, realtà-aumentata) hanno assunto, infatti, un carattere pervasivo, soprattutto presso le giovani generazioni, ma non soltanto, che le rende uno strumento prezioso di diffusione delle informazioni e non più soltanto uno strumento di intrattenimento. Questo manuale è rivolto ai formatori (insegnanti e formatori aziendali) interessati ad utilizzare le nuove tecnologie nelle loro lezioni e fornisce le informazioni necessarie per capirne i vantaggi pedagogici e per imparare a usarle come risorsa didattica e formativa. Sulla base dei risultati della sperimentazione effettuata in un progetto europeo, vengono delineate linee guida, materiali ed indicazioni operative per l’utilizzo delle nuove tecnologie in contesti di apprendimento.

Videogiochi di ruolo, simulazioni al computer, robot e realtà aumentata come nuove tecnologie per l’apprendimento: una guida per insegnanti, educatori e formatori

a cura di Orazio Miglino, Maria Luisa Nigrelli, Luigia Simona Sica

ISBN 978-88-8338-121-8

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Videogiochi di ruolo, simulazioni al computer, robot e realtà aumentata come nuove tecnologie per l’apprendimento: una guida per insegnanti, educatori e formatori a cura di Orazio Miglino, Maria Luisa Nigrelli, Luigia Simona Sica

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Orazio Miglino, Maria Luisa Nigrelli, Luigia Simona Sica

Fridericiana Editrice Universitaria http://www.fridericiana.it/ © 2012 by Fridericiana Editrice Universitaria Tutti i diritti sono riservati Prima edizione italiana Gennaio 2012 Stampato in Italia da Liguori Editore, Napoli Miglino Orazio (a cura di) : Videogiochi di ruolo, simulazioni al computer, robot e realtà aumentata come nuove tecnologie per l’apprendimento: una guida per insegnanti, educatori e formatori/Orazio Miglino, Maria Luisa Nigrelli, Luigia Simona Sica (a cura di) Napoli : Fridericiana Editrice Universitaria, 2012 ISBN 978-88-8338-121-8 1. Giochi educativi 2. Formazione 3. Strategie di insegnamento I. Titolo Ristampe: —————————————————————————————————————————————— 18 17 16 15 14 13 12 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 La carta utilizzata per la stampa di questo volume è inalterabile, priva di acidi, a PH neutro, conforme alle norme UNI EN ISO 9760 ∞, realizzata con materie prime fibrose vergini provenienti da piantagioni rinnovabili e prodotti ausiliari assolutamente naturali, non inquinanti e totalmente biodegradabili.


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Indice

Prefazione

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PARTE PRIMA FONDAMENTI TEORICI E PRATICI DELL’APPRENDIMENTO CON LE NUOVE TECNOLOGIE Capitolo I. Processi sociali, culturali, cognitivi e nuove tecnologie nei contesti di apprendimento John Jessel I.1 Introduzione I.2 Apprendimento potenziato dalla tecnologia I.3 Prospettive sull’apprendimento I.4 La dimensione psicologica I.5 La dimensione sociale: la teoria socioculturale I.6 Dialogismo I.7 Apprendimento situato I.8 La comunità di pratica I.9 Prospettive teoriche: una sintesi I.10 L’uso delle nuove tecnologie digitali a sostegno dell’apprendimento I.11 L’apprendimento basato sul gioco virtuale I.12 Il ruolo del docente I.13 Il ruolo dell’allievo I.14 Conclusioni Capitolo II. Uno schema di classificazione per l’utilizzo delle nuove tecnologie nelle pratiche educative: come scegliere quelle più adatte Angelo Rega, Orazio Miglino II.1 Introduzione II.2 Fare esperimenti II.3 Condurre esperienze relazionali II.4 Esplorare mondi II.5 Conclusioni

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PARTE SECONDA COME UTILIZZARE LE NUOVE TECNOLOGIE: UN MODELLO DI FORMAZIONE Capitolo III. Un modello di training per l’utilizzo delle nuove tecnologie Luigia Simona Sica, Maria Luisa Nigrelli, Orazio Miglino III.1 Introduzione III.2 Perchè formare all’utilizzo delle nuove tecnologie

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III.3 III.4 III.5 III.6 III.7

La proposta di un modello di formazione Operazioni fondamentali: conoscere le tecnologie e scegliere le più appropriate Dove, come, per quanto tempo: i sei giorni di formazione Prima e dopo: l’importanza della valutazione Conclusioni

Capitolo IV. Un modello di training per l’utilizzo delle nuove tecnologie (un’applicazione nei contesti scolastici) John Jessel IV.1 Introduzione IV.2 Il contesto scolastico IV.3 I principi del corso IV.4 Un quadro teorico IV.5 Sintesi

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PARTE TERZA ESEMPI OPERATIVI: GLI STUDI PILOTA IN GRAN BRETAGNA, SPAGNA E ITALIA Capitolo V. Pratiche innovative e tecnologia: la formazione come sintesi creativa (Un’esperienza di formazione per insegnanti in Gran Bretagna) John Jessel V.1 Introduzione V.2 La selezione delle scuole V.3 Ambiti permeabili all’innovazione V4 Percezioni del VLE e delle pratiche innovative V.5 Un approccio all’utilizzo della tecnologia improntato al programma scolastico V.6 Pianificazione dettagliata del lavoro in aula V.7 Coinvolgimento degli studenti V.8 Riflessioni sul corso V.9 Sintesi e conclusioni Capitolo VI. Un’esperienza di formazione alle nuove tecnologie per docenti universitari in Spagna Juana Bretón-López, Soledad Quero, Cristina Botella, Rocío Herrero, Luis Farfallini and Rosa Baños VI.1 Introduzione VI.2 La nostra prospettiva dell’insegnamento VI.3 La nostra esperienza VI.4 I partecipanti al corso e la selezione del campione VI.5 Il corso VI.6 Frequenza d’uso della tecnologia da parte dei docenti partecipanti al corso VI.7 Valutazione del corso e delle tecnologie VI.8 Conclusioni

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Capitolo VII. Un’esperienza di formazione alle nuove tecnologie di apprendimento per formatori aziendali in Italia Roberto Vardisio, Michela Fiorese VII.1 Introduzione VII.2 Obiettivi formativo-didattici e scelta degli strumenti all’interno di programmi aziendali TEL VII.3 Problematiche di pianificazione e organizzazione dei programmi TEL aziendali VII.4 Serious game (PalMa – Managerial Gym) VII.5 Giochi di ruolo multigiocatore (Dread-Ed) VII.6 Valutazione di un progetto TEL aziendale VII.7 Studio di un caso aziendale: il progetto Auriga All Stars - Rai Way VII.8 Conclusioni Capitolo VIII. La valutazione del percorso formativo: materiali, suggerimenti, modelli Soledad Quero, Juana Bretón-López, Rosa Baños, Yolanda Vizcaíno, Cristina Botella VIII.1 Introduzione VIII.2 Una metodologia comune per la formazione in e-learning VIII.3 Principali risultati degli esperimenti svolti nei tre contesti VIII.4 Conclusioni Appendice a Appendice b I curatori Gli autori dei contributi

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Prefazione

Questo manuale è stato realizzato nell’ambito del progetto T3- Teaching to Teach Technology, che ha avuto inizio nel 2009 e si è concluso nel dicembre 2011. Obiettivo del progetto è stato quello di sperimentare l’utilizzo delle nuove tecnologie (videogiochi, robot e realtà aumentata) nell’ambito di contesti formativi di differente livello e tipologia (scuole superiori, università e aziende) in tre nazioni (Italia, Spagna e Regno Unito). Il progetto è stato articolato in vari elementi, fra cui la creazione di una tassonomia per la selezione delle tecnologie più utili in ambito formativo, una sintesi e un report finale sui risultati delle sperimentazioni nei tre ambiti formativi differenziati, case studies elaboratori di formazione dei formatori, interviste con i partecipanti, oltre che di una serie di contributi, materiali e percorsi di utilizzazione pratica reperibili direttamente on-line e, infine, del presente volume. Maggiori informazioni sul progetto T3- Teaching to Teach Technology sono disponibili sul sito http://www.t3.unina.it. Questo manuale è rivolto ai formatori interessati ad utilizzare le nuove tecnologie nelle loro lezioni e fornisce le informazioni necessarie per capire i vantaggi pedagogici delle nuove tecnologie e per imparare a usarli come risorsa didattica e come strumento di promozione dei processi di apprendimento. Obiettivo di questo manuale è quello di consentire ai formatori di prendere decisioni più consapevoli sulla scelta e l’uso delle nuove tecnologie in ambienti di formazione (scuole, università, aziende), traendo da essi tutti i vantaggi. Esso ha poi, come obiettivi pedagogici più specifici, quelli di: comprendere quali vantaggi può offrire una formazione che utilizzale nuove tecnologie, valutarne consapevolmente l’uso efficace a seconda dei contesti di utilizzo, comprendere le differenze tra le diverse tecnologie (soprattutto video-giochi) e valutarnei vantaggi per i processi di insegnamento/apprendimento, scegliere le tecnologie più adeguate ai contesti di formazione e selezionarne la modalità di utilizzo, familiarizzare con l’utilizzo delle nuove tecnologie e capire come pianificarne un utilizzo didattico presso scuole, università, aziende. Il volume è articolato in tre parti. La prima parte contiene una descrizione dei frame-work di riferimento teorico, specificando cosa s’intende per processi di insegnamento/apprendimento, chiarendo i più recenti paradigmi di ricerca in tale campo (cap. I) e una descrizione delle tecnologie utilizzabili in ambito formativo (cap. II). La seconda parte contiene il risultato della sperimentazione effettuato nel progetto T3, e, più in particolare, propone un modello di formazione e utilizzo delle nuove tecnologie:


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un percorso di base (cap. III) e la sua declinazione in contesti di apprendimento tradizionali (cap. IV). La terza e ultima parte del libro, infine, presenta la descrizione di percorsi di formazione effettuati con insegnanti di scuole superiori in Gran Bretagna (cap. V), con docenti universitari in Spagna (cap. VI) e con formatori aziendali in Italia (cap. VII). Infine, vengono fornite indicazioni e strumenti pratici per la valutazione della sperimentazione formativa, illustrando come ottenere informazioni sul successo/insuccesso dell’utilizzo delle nuove tecnologie, sui vantaggi del loro impiego rispetto ai metodi didattici tradizionali, sui suggerimenti pratici per la loro gestione (cap. VIII). Questo manuale costituisce, in sintesi, una guida pratica finalizzata a diffondere informazioni teoriche e pratiche, fornendo, inoltre, una bibliografia di riferimento su risorse quali articoli, siti web e libri dove reperire approfondimenti. Ulteriori contenuti, nonché una guida pratica all’utilizzo step by step delle nuove tecnologie in ambito formativo ed esempi di software sono reperibili al link:http://www.t3.unina.it/videototurial O. Miglino, M. L. Nigrelli, L. S. Sica

Il progetto T3 – Teaching to teach with technology è stato finanziato con il sostegno della Commissione europea, nell’ambito del programma Lifelong Learning Programme Leonardo da Vinci (20092011). L’autore è il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione non può essere ritenuta responsabile dell’uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.


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PARTE PRIMA FONDAMENTI TEORICI E PRATICI DELL’APPRENDIMENTO CON LE NUOVE TECNOLOGIE

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I. Processi sociali, culturali, cognitivi e nuove tecnologie nei contesti di apprendimento John Jessel

I.1 Introduzione L’utilizzo delle tecnologie digitali, in quantità e reperibilità crescenti, apre molte nuove strade per l’apprendimento. I computer diventano man mano più piccoli, più potenti ed economici. Ad essi si affiancano una varietà di dispositivi portatili fruibili da diversi utenti di tutte le età, in classe, in ufficio, a casa e per strada. È la connettività, però, a rappresentare lo sviluppo chiave più recente avvenuto nel campo delle tecnologie digitali. Diversamente dalle precedenti tecnologie del Web 1.0, la connettività esistente tra i dispositivi digitali, e resa possibile dal Web 2.0, è ambivalente: più la connettività acquista velocità, diventa economica e disponibile, più ci ritroviamo imbrigliati in una società che è connessa in più modi. In particolare, l’uso diffuso delle tecnologie del Web 2.0 può rappresentare una dimensione comunicativa e collaborativa onnipresente per l’apprendimento. La velocità e il potere della tecnologia digitale danno vita anche ad una dimensione multimediale in cui le transazioni, in modalità diverse e attraverso una certa quantità di risorse digitali, permettono all’attività di apprendimento di avere luogo in una serie di ambientazioni diversi, in qualsiasi luogo e tempo. Attraverso le tecnologie digitali di carattere connettivo, l’apprendimento non si traduce più in una relazione interamente solitaria tra l’utente e il suo computer, ma acquista una dimensione sociale in termini fino a pochi anni fa inimmaginabili. La connettività influenza l’apprendimento sia in classe, grazie ai computer in rete, sia per strada, grazie ai dispositivi portatili. Indipendentemente dall’intervento istituzionale, la tecnologia digitale è utilizzata da tutti; riconoscere e sfruttare il suo potenziale ai fini dell’apprendimento rappresenta una sfida creativa per docenti e allievi. I.2 Apprendimento potenziato dalla tecnologia La tecnologia è pervasiva e, anziché essere considerata alla stregua di un argomento circoscritto o di un gruppo di attività definito in senso stretto all’interno di un percorso di studi, il cosiddettoTechnology Enhanced Learning (TEL, apprendimento potenziato dalla tecnologia) è percepito come un’idea più vasta e di larga portata che concerne l’impatto sull’apprendimento e l’insegnamento (JISC, 2009). A sua volta, ciò implica che, anziché considerare i modelli di apprendimento come specifici dell’e-


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learning, l’approccio adottato prevede la trasposizione dei modelli di apprendimento preesistenti in chiave elettronica (Mayes & De Fritas, 2004). Ad ogni modo, la semplice reperibilità della tecnologia non si traduce automaticamente in un apprendimento efficace. Sappiamo per esperienza che i metodi delle vecchie tecnologie sono un’eredità della quale è difficile liberarsi. La connettività nell’apprendimento si identifica in un processo sociale e culturale; perché essa si realizzi in modo efficace è necessario un salto culturale, all’interno del quale comprensione e pratiche siano condivise e corrisposte. Malgrado questo processo possa evolversi, non è facile che ciò avvenga. Inoltre, per poter influenzare tale processo, è necessario prima comprenderlo, per poi poterlo influenzare in modo produttivo. Nel tentativo di mettere a fuoco il potenziale delle nuove tecnologie nel campo dell’apprendimento, potremmo per un attimo spostare la nostra attenzione dalla tecnologia stessa a quelle che sono le nostre idee in merito all’apprendimento, a ciò che vorremmo trarre da quest’ultimo, oltre che al ruolo di docenti e allievi in relazione ad esse. I.3 Prospettive sull’apprendimento Il significato di apprendimento può variare. Da un lato si può pensare all’apprendimento come all’assorbimento e al ricordo di un contenuto fattivo, dall’altro, analogamente, è possibile assimilare l’apprendimento allo sviluppo della nostra abilità di pensare in modo critico e analitico, all’utilizzo efficace d’informazioni, all’adozione di decisioni, alla capacità di pensare in modo immaginativo, creativo e critico e alla reattività a quelle situazioni in cui tali qualità siano applicabili. Nel tentativo di raccogliere questa serie di possibilità, sono emerse diverse idee sull’apprendimento, anziché un’unica teoria. Queste idee sono state ad esempio raggruppate da Greeno, Collins & Resnick (1996) in tre prospettive ad ampio raggio: associazionista, cognitiva e situativa, l’ultima delle quali vede l’apprendimento quale partecipazione alla pratica sociale. Nonostante sia la prospettiva associazionista ad essere spesso considerata ‘tradizionale’, in tempi più recenti si è sviluppato un notevole interesse anche nei confronti dello studio dell’apprendimento inteso come partecipazione. Questo interesse, come vedremo in seguito, si è riversato anche nella metafora di Sfard (1998) dell’ “apprendimento come partecipazione”, che contrasta con ciò che la ricercatrice descrive come “metafora dell’acquisizione”. Nel tentativo di offrire una panoramica delle diverse idee sull’apprendimento e sugli approcci esistenti, questo capitolo comincerà con un breve excursus sulle ipotesi associazioniste; proseguirà con la presentazione di alcune delle idee derivate dalla psicologia cognitiva, per includere contributi basati su una prospettiva socioculturale, e, infine introdurrà le nozioni di apprendimento situato e di apprendimento come partecipazione. Questi raggruppamenti saranno inoltre esaminati sulla scorta delle loro implicazioni sul piano dell’insegnamento e del ruolo della tecnologia.


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I.4 La dimensione psicologica I.4. a La prospettiva associazionista A metà del XXsecolo un approccio sistematico all’apprendimento, elaborato da comportamentisti come Skinner e basato sull’associazione e sull’esercizio ripetuto, generò un certo interesse nei confronti dell’idea che l’apprendimento potesse essere trattato come qualcosa di relativamente osservabile. Il concetto si fondava sulla suddivisione dei contenuti dell’insegnamento in una sequenza di compiti elementari o obiettivi comportamentali da presentare agli allievi, i quali avrebbero ricevuto feedback immediato sulle proprie risposte. Compiti ordinati in scala a partire dai componenti più elementari fino a quelli di complessità progressiva, si potevano mascherare in modo tale che la ripetizione e il rafforzamento “modellassero” gradualmente il comportamento dell’allievo, indirizzandolo verso quello richiesto. Bloom (1956) e Gagné (1985), tra i tanti, svilupparono analisi gerarchiche dei diversi risultati dell’apprendimento. La pedagogia basata su principi associazionisti prevede: l’identificazione di competenze relative all’apprendimento di componenti; la disposizione di questi in base alla loro complessità; la fornitura di compiti chiari e di un feedback immediato e quindi la capacità di adeguare la sequenza o il “percorso” in base al risultato dell’allievo. Questo approccio trovava riscontro nella tecnologia del tempo: vennero sviluppate macchine per l’apprendimento basate su principi come la semplice ripetizione, il feedback e il rafforzamento tramite ricompensa esterna. Si pensava che l’apprendimento fosse il prodotto di una costruzione basata su comportamenti precedenti, un accrescimento in termini quantitativi, semplicemente aggiunti alla conoscenza e alle procedure esistenti. Malgrado le macchine per l’apprendimento possano anche essere degli artefatti storici, i principi comportamentali sono alla base di metodi come il feedback rapido dell’Istruzione Assistita da Calcolatore (IAC), dato in base all’“esattezza” della risposta dell’allievo. Esempi tipici includono programmi di esercitazioni per apprendere l’ortografia, il vocabolario o i meccanismi matematici. Più comunemente sono spesso presentati sotto forma di un gioco che prevede ricompense estrinseche come, ad esempio, un sistema a punteggio. Per quanto gli approcci comportamentali possano avere svolto un ruolo, è largamente riconosciuto che essi presentano limiti di varia natura, lasciano poco spazio ad un ordine più elevato e ad un ragionamento più complesso, oltre a non spiegare i salti mentali che si verificano durante l’apprendimento quando, improvvisamente, vediamo le cose in modo diverso (Nunes & McPherson, 2003). La pedagogia è essenzialmente didattica e l’allievo viene ritenuto il destinatario passivo della trasmissione della conoscenza. Questo tipo di critiche portò allo sviluppo di un interesse nei confronti della psicologia cognitiva, incentrata sulle rappresentazioni mentali e la loro manipolazione. I.4. b La prospettiva cognitiva La prospettiva cognitiva si interessa delle funzioni mentali interne di un ordine più elevato, come il pensiero, il ragionamento e la rappresentazione nella memoria.


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Contrariamente all’apprendimento ritenuto come qualcosa di fornito attraverso la programmazione di comportamenti osservabili, l’acquisizione cognitiva è vista come il prodotto dello sviluppo di schemi o costruzioni mentali simboliche. Tale sviluppo può derivare dalla partecipazione attiva e cosciente grazie alla quale l’apprendimento diventa il prodotto dell’interazione tra nuove esperienze e schemi esistenti. Negli ultimi decenni, le teorie cognitive e i metodi utilizzati per approfondirle si sono moltiplicati e figure come Piaget e Vygotsky sono diventate note per i loro studi sul modo in cui la cognizione si sviluppa nell’individuo e sugli effetti sociali che si riflettono su di essa. Coloro che agiscono nell’ambito di una prospettiva cognitiva si occupano di come rappresentiamo la conoscenza e sviluppiamo i nostri concetti, così come la nostra comprensione. A questo scopo, gli approcci cognitivi fanno riferimento ai concetti di percezione, formazione di concetti, modelli mentali e alle nostre riflessioni sul nostro apprendimento o sui processi metacognitivi. Tali approcci includono anche informazioni relative agli stili di apprendimento, il cui sviluppo più illustre è costituito dalla teoria delle intelligenze multiple, resa famosa dal lavoro di Gardner (2006). Ad ogni modo, riveste maggiore importanza, come idea centrale per gli approcci cognitivi, quella che vede l’apprendimento come il prodotto della comprensione acquisita per mezzo di un’interazione cosciente. L’apprendimento è il risultato dell’interazione tra nuove esperienze e strutture preesistenti atte alla comprensione (McKendry, 2006). L’applicazione delle teorie cognitive pone l’accento sulle attività mentali come il ragionamento e la creazione di attività che stimolano gli allievi, permettendo loro di elaborare le proprie regole attraverso l’esperienza maturata dall’interazione con i dati nell’ambiente didattico. La possibilità di comprensione acquisita attraverso l’attività, anziché trasferita per mezzo di istruzioni, portò allo sviluppo di approcci costruttivisti (Brown et al., 1989). I.4.c Il Costruttivismo Le qualità individuate all’interno della prospettiva cognitiva costituiscono la base di partenza per lo sviluppo del costruttivismo. Gli approcci costruttivisti all’apprendimento si concentrano sul ruolo dell’individuo nel processo continuo di costruzione e sviluppo di strutture mentali. Le strategie di insegnamento basate sul costruttivismo incoraggiano gli allievi ad imparare attivamente e a partecipare impegnandosi in attività autonome come la risoluzione di problemi e la sperimentazione. L’idea è quella di incoraggiare gli allievi a costruire le proprie strutture mentali, interagendo con un determinato ambiente. Ove possibile, si utilizzano contesti autentici che fanno riferimento a situazioni di vita reale, ai quali gli studenti possano relazionarsi, data la chiarezza dello scopo dell’attività. Viene attribuita importanza alla capacità degli allievi di procedere autonomamente: così vengono incoraggiati a fare le proprie scoperte, a porre domande, a verificare le proprie ipotesi e a sviluppare le proprie deduzioni, traendo le proprie conclusioni. La forma d’incoraggiamento, tuttavia, svolge un ruolo fondamentale e a tal riguardo Wood et al. (1976) si sono avvalsi della nozione di “scaffolding” di Vygotsky (1978) per suggerire


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che l’allievo assume il ruolo di apprendista e, con il supporto di qualcuno dotato di maggiore esperienza, può conseguire obiettivi che diversamente non sarebbe in grado di raggiungere. Il ruolo del docente, in quanto costruttore di “impalcature”, comprende la guida degli allievi verso attività che possano trovare stimolanti e dalle quali possano trarre insegnamento. Il docente tuttavia, anziché svolgere un ruolo didattico, può spronare gli allievi a pensare autonomamente, a sollevare problematiche e domande in relazione all’attività in questione e ad identificare problemi che essi stessi possano affrontare. Lo scaffolding può risultare efficace se le capacità dell’allievo rientrano in una “zona di sviluppo prossimale (o potenziale)” (ZSP) e se, come sottolineato da McKendry (2006), il ruolo del docente si esplica nel collocare l’apprendimento all’interno della ZSP. In sintesi, la pedagogia costruttivista si basa su: 1. la creazione di un ambiente in cui gli allievi possano essere coinvolti attivamente; 2. l’elaborazione di attività che incoraggino sperimentazione e scoperta; 3. lo sviluppo di attività interattive e incentrate sull’allievo; 4. la collocazione dell’apprendimento all’interno della ZSP; 5. lo “scaffolding” basato su incoraggiamento e supporto per la formulazione di domande e la riflessione su determinati principi I. 4 d Costruttivismo e tecnologia digitale In riferimento alle nuove tecnologie, gli approcci basati sul costruttivismo hanno portato allo sviluppo di spazi esplorativi (ad esempio simulazioni educative su computer e micro mondi) in cui gli allievi possono impegnarsi in ambienti di risoluzione di problemi, oltre che nell’apprendimento come sperimentazione, scoperta e riflessione (Crook, 2001). Crook sostiene, inoltre, che il costruttivismo abbia spesso rafforzato la concezione della conoscenza come qualcosa di acquisibile tramite un’indagine autonoma e spesso anche solitaria. Forse, però, non sono le simulazioni computerizzate a costituire un’attività solitaria, ma è la modalità del loro utilizzo a renderle tali. Ecco perché i sistemi di tutoring intelligenti sono stati progettati anche con lo scopo di utilizzare la tecnologia per interagire “in maniera intelligente” con l’allievo, promuovendo l’esplorazione dell’attività di apprendimento (Mandl & Lesgold, 1988). I.5 La dimensione sociale: la teoria socioculturale Mentre la teoria cognitiva si interessava principalmente dello sviluppo dell’allievo come individuo, a partire dagli studi di Vygotsky (1978; 1934/86) si verificò un palese spostamento di interesse verso l’apprendimento visto all’interno di un contesto sociale che permette all’individuo di formare la propria comprensione (Cole, 1991). La teoria socioculturale s’interessa al modo in cui la società contribuisce allo sviluppo individuale e sottolinea l’interazione tra l’allievo e la cultura di cui esso fa


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parte. In tal senso, coloro che svolgono il ruolo di docenti si comportano anche come “promotori della cultura” (Trevarthen, 1988). Un altro concetto basilare per la teoria socioculturale stabilisce che la relazione con gli altri e con noi stessi e, a sua volta, il nostro pensiero, sono entrambi mediati (Lantolf, 2000). La mediazione avviene attraverso l’uso di strumenti simbolici come il linguaggio, che riveste così un ruolo centrale: in aggiunta alla sua funzione comunicativa, esso ci permette di rappresentare e manipolare le nostre idee, diventando così uno strumento intellettuale. Più in generale, dunque, il linguaggio può entrare a far parte degli strumenti culturali e dei sistemi simbolici che possono essere usati, in concomitanza con le nuove tecnologie, allo stesso tempo per condividere e sviluppare la conoscenza, oltre che per organizzare i pensieri, il ragionamento, la programmazione e la revisione delle nostre azioni (Conole et al., 2004). Considerando che il linguaggio e altri sistemi simbolici fanno parte della nostra eredità culturale, Lantolf (2000) suggerisce che, insieme ad altri strumenti fisici, essi siano modificati nel momento stesso in cui vengono utilizzati e trasferiti da una generazione all’altra. Ne è conseguenza significativa il fatto che ciò che viene appreso e gli strumenti per l’apprendimento non sono fissi o statici, ma cambiano in relazione ai bisogni e alla natura della società. Gli allievi, inoltre, contribuiscono a tale cambiamento tanto quanto i docenti. I.5 a Il Costruttivismo sociale Secondo l’approccio costruttivista schematizzato in precedenza, l’apprendimento è ritenuto come un processo all’interno del quale il significato sia il risultato delle interazioni dell’individuo nel mondo. Considerando gli approcci socioculturali come opposti a quelli cognitivi, il costruttivismo sociale sposta l’attenzione dall’individuo verso il gruppo. Ad esempio, lo scaffolding può essere considerato come un processo a doppio senso, ma riguarda anche il modo in cui un individuo beneficia dell’interazione con un altro individuo. Nonostante il ruolo del docente sia interattivo e anche collaborativo, il docente è principalmente ritenuto un membro della società dotato di una maggiore conoscenza, che interagisce con l’allievo. Ciò non toglie che questa visione dello scaffolding possa essere criticata, in particolare per quanto attiene la sua asimmetria ed il ruolo in parte passivo dell’allievo che ne può conseguire (Stone, 1998). Se l’allievo deve acquisire un ruolo più attivo, è necessario che si verifichi uno slittamento nella qualità della dimensione interpersonale. Rogoff (1990) usa il termine “partecipazione guidata” per suggerire il ruolo più attivo di un allievo, ruolo che prevede la possibilità di collaborare con gli altri, oltre che di essere guidati dagli stessi. La simmetria suggerita dalla partecipazione guidata può essere applicata in maniera più ampia, mentre il costruttivismo sociale segna uno slittamento dell’attenzione da una visione piuttosto monodirezionale dello scaffolding ad una in cui la comprensione si sviluppa a partire da più voci o punti di vista. Nonostante esistano diverse interpretazioni di ciò che si debba intendere per costruttivismo sociale (O’Connor, 1998), una caratteristica generale di quest’ultimo è costituita dal fatto che la conoscenza significativa, anziché essere qualcosa che esiste già


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e in attesa d’essere trasferita, è socialmente e culturalmente costruita su una base simmetrica: i significati vengono creati attraverso l’interazione umana e quella con l’ambiente (Kukla, 2000). Ciò presuppone inevitabilmente una qualche forma di comunicazione, ma in questo caso essa non è considerata esclusivamente come il trasferimento di pensieri preconfezionati (Linnell, 2003). La conoscenza è il risultato di una “costruzione attuata dai diversi partecipanti in specifiche attività situative, per mezzo degli artefatti culturali a propria disposizione, durante il loro impegno nel raggiungimento collaborativo di un obiettivo” (Wells, 1999: 140). A sua volta, l’apprendimento è visto inoltre come processo sociale nel quale gli individui sono coinvolti in maniera significativa, dando vita ad una “comprensione condivisa” (McMahon, 1997). Riassumendo, mentre il costruttivismo si concentra principalmente sull’individuo, il costruttivismo sociale si spinge un passo più avanti nel considerare l’apprendimento alla stregua di un processo collaborativo sul piano sociale. La pedagogia costruttivista sociale si basa generalmente su: • • • • • •

la costruzione di un ambiente all’interno del quale gli allievi possano collaborare ed essere attivamente coinvolti; attività che incoraggiano la sperimentazione e la scoperta collettiva; attività che incoraggiano la collaborazione attraverso la condivisione di idee; l’uso del linguaggio per condividere idee e sviluppare idee in maniera collettiva; l’uso del linguaggio come strumento per pensare, ragionare, pianificare e rivedere le nostre azioni; l’incoraggiamento e il supporto alla riflessione, valutazione, sperimentazione e scoperta condivise.

Alcune delle caratteristiche sopraelencate sono comuni agli approcci costruttivisti e la distinzione tra costruttivismo sociale e costruttivismo può a volte risultare poco chiara, data la quantità di approcci definiti come costruttivisti che coincidono con quelli rientranti nel gruppo sociale costruttivista. 1.5 b Costruttivismo sociale e tecnologia digitale L’interazione tra collaborazione e apprendimento può avvenire non solo in relazione al computer o essere incentrata sul computer stesso, ma anche per mezzo di esso (Crook, 1994). In riferimento alle capacità connettive delle nuove tecnologie, cresce l’interesse nei confronti del loro utilizzo per la creazione di opportunità che rendano possibile la dimensione sociale nell’apprendimento. La comunicazione (asincrona e sincrona) può offrire nuove possibilità per forme di dialogo varie e più ricche tra studenti, tutori e colleghi, nonché l’accesso ad una certa quantità di materiali e risorse (Conole et al., 2004). Per quanto il testo resti il mezzo dominante attraverso il quale hanno luogo le interazioni, la velocità e la potenza delle nuove tecnologie possono for-


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nire un nuovo strumento affidabile che rende possibile una serie di altre modalità comunicative, come quella uditiva e visiva, compresa la grafica in 3D. Sebbene l’uso del testo richieda il soddisfacimento di poche esigenze in termini tecnologici, quelle intellettuali che devono soddisfare gli allievi e quelle pedagogiche e manageriali che devono soddisfare i docenti possono costituire una sfida. Torneremo a occuparci di queste esigenze, dopo aver accennato ad alcuni altri resoconti teoretici derivanti dalla teoria socioculturale, nello specifico: dialogismo, apprendimento situato, cognizione distribuita e teoria dell’attività. I.6 Dialogismo È possibile stabilire dei legami tra il costruttivismo sociale e il concetto di dialogismo di Mikhail Bakhtin in quanto, per entrambi, il significato è generato attraverso l’interazione sociale. Per quanto i contributi di Vygotsky siano spesso citati da molti teorici socioculturali, anche il lavoro di Bakhtin (2004) sul dialogismo può essere considerato un buon punto di partenza (Wells, 1999). Nella prospettiva dialogica, tuttavia, il linguaggio è il veicolo principe attraverso il quale viene negoziato il significato. Nella sua introduzione al concetto di dialogismo, Vaagan (2006, 168) pone l’accento sui collegamenti esistenti con la teoria letteraria in cui “dialogo” significa “interazione di voci, menti o sistemi di valori diversi nella quale nessuno prevale sull’altro”. Vaagan mette poi a confronto tale concetto di dialogo con quello più classico, inteso da figure quali Socrate e Platone come mezzo di persuasione: l’obiettivo del dialogo risiedeva, per una persona o un gruppo, nell’accettazione delle idee di un altro. Vaagan fa inoltre notare che, basandosi sullo studio dei romanzi di Dostoevsky, Bakhtin sosteneva che il dialogo fosse fondamentale nel linguaggio letterario e che il linguaggio avesse origine nell’interazione tra due o più persone. A sua volta, il concetto di “sé” è dialogico; in un testo dialogico il punto di vista dell’autore non è autoritario o definitivo come lo sarebbe in un testo monologico, ma costituisce solo una delle tante voci del dialogo presentato. I.6 a Dialogismo in pratica L’idea di dialogo di Bakhtin sottolinea la mutua verifica, la contestazione e la creazione di idee (Vaagan 2006). Nel tentativo di fornire una struttura applicabile all’apprendimento in atto tra gruppi di bambini impegnati in attività al computer, Wegerif e Mercer (1997) hanno attinto alla nozione di dialogismo di Bakhtin. In base ad essa, il pensiero diventa un processo sociale che consente il raggiungimento di una “comprensione reciproca” o di una “intersoggettività”. All’interno di questo processo l’uso del linguaggio assume un ruolo centrale: il pensare, inteso come atto di compartecipazione, è espresso per mezzo di questo metodo di comunicazione. Wegerif e Mercer hanno anche fatto riferimento agli studi di Fisher (1997), il quale aveva identificato tre tipi di discorsi significativi da un punto di vista educativo, quando si lavora con i


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bambini al computer: discorso disputativo, discorso cumulativo e discorso esplorativo. I tipi di discorso citati da Wegerif e Mercer (1997) “rappresentano modi in cui gli allievi si orientano l’uno verso l’altro” e devono essere considerati in termini di “modi o pensieri sociali”. Ciò non significa che tutti i discorsi possono essere codificati come disputativi, cumulativi o esplorativi: si tratta unicamente di punti di riferimento per l’elaborazione di analisi da attuare quando gli allievi occupati in attività collaborative parlano tra loro. Per quanto attiene al discorso nel contesto classe, un ulteriore contributo viene fornito da Alexander (2008) che distingue l’insegnamento dialogico dalle routine come domanda-risposta o ascolto-spiegazione. Per Alexander la nozione di dialogo è significativa; “l’accumulo” è centrale in quanto le idee o i discorsi di ogni individuo possono essere collegati tra loro, formando una linea coerente di ricerca. La situazione opposta è costituita da conversazioni che possono non portare in alcuna direzione, da dibattiti nei quali l’obiettivo possa essere quello di persuadere o di far prevalere un punto di vista sugli altri, o dalla dialettica in cui la logica o l’argomentazione vengono utilizzate per superare il disaccordo. L’insegnamento dialogico è reciproco ed esteso. Nel suo approccio alla materia, Alexander (2008, 112-113) ha identificato cinque principi fondamentali sottesi all’insegnamento dialogico: 1 collettivo: docenti e allievi svolgono insieme attività tese all’apprendimento, come gruppo o classe 2 reciproco: docenti e allievi si ascoltano a vicenda, condividono le proprie idee e prendono in considerazione punti di vista alternativi 3 solidale: gli allievi articolano le loro idee liberamente, senza la paura o l’imbarazzo di risposte “sbagliate”; inoltre, si aiutano a vicenda per giungere ad una comprensione comune 4 cumulativo: docenti e allievi si basano sulle loro idee e su quelle altrui, creando con esse una catena di linee di pensiero e ricerca coerenti 5 significativo: i docenti programmano e dirigono il discorso in classe con obiettivi educativi specifici. Il ruolo del dialogo nell’apprendimento è in linea con la partecipazione all’apprendimento stesso, il quale, ancora una volta, pone l’enfasi sull’attività sociale anziché individuale dell’apprendimento. La partecipazione all’apprendimento è stata sviluppata in relazione a nozioni quali l’apprendimento situato, l’apprendimento come partecipazione e “la comunità di pratica”, esposti qui di seguito. I.7 Apprendimento situato L’apprendimento situato si relaziona all’apprendimento attraverso attività direttamente pertinenti al modo in cui l’apprendimento è applicato e ha luogo all’interno


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dell’ambiente e della cultura a cui fa riferimento o ad altri simili al contesto in cui verrà applicato (Brown et al. 1989). L’apprendimento situato che avviene all’interno di un ambiente “autentico” o nella vita reale si oppone all’apprendimento derivante da principi formalizzati o estratti da un contesto d’uso. Lavorare nella complessità di un ambiente autentico offre l’opportunità non solo di sviluppare la comprensione, ma anche le capacità necessarie per applicare la comprensione stessa. La conoscenza diventa contestualizzata: è possibile determinare come e quando viene utilizzato il concetto (Duffy e Jonassen, 1992). Il tirocinio cognitivo è stato proposto come un efficace modello didattico costruttivista, il quale tenta di “far sì che gli studenti traggano significato dall’attività sociale, impegnandosi cioè in esercizi autentici attraverso l’attività e l’interazione sociale, in modo simile a quanto accade nella pratica professionale, evidentemente efficace” (Ackerman, 1996, 25). I.7 a Apprendimento come partecipazione Tra i concetti chiave dell’apprendimento situato figura anche la partecipazione. In contrasto con quanto descrive come “metafora dell’acquisizione”, Sfard (1998) ha sviluppato anche un modello di apprendimento come partecipazione. In esso la partecipazione è vista come un “prendere parte” ed “essere parte” e la contestualizzazione nell’apprendimento riveste un ruolo fondamentale. È importante cionondimeno notare come Sfard non sostenga che una metafora debba necessariamente essere adottata ai danni dell’altra, affermando che: “quando una teoria si traduce in una prescrizione istruttiva, l’esclusività diventa la peggiore nemica del successo” (Sfard, 1998, 10). Le strategie d’insegnamento basate sulla partecipazione possono incoraggiare la collaborazione tra gli allievi e quella con i professionisti (Lave & Wenger, 1991; McMahon, 1997). Da notare come gli allievi possano diventare parte della comunità; i meccanismi secondo i quali ciò avviene possono essere illustrati grazie al concetto di “comunità di pratica”. I.8 La comunità di pratica Fino a questo punto l’apprendimento è stato caratterizzato in termini di acquisizione d’informazioni o di sviluppo di strutture mentali, grazie all’interazione con l’ambiente e allo sviluppo d’idee, veicolate dall’interazione con soggetti dotati di una maggiore conoscenza o dalla collaborazione con altri. Più recentemente il concetto di apprendimento ha cominciato a includere quello del partecipare e divenire parte di una comunità. Si parla di “comunità di pratica” (Lave e Wenger, 1991; Wenger, 1998) quando dei soggetti svolgono socialmente e congiuntamente un’impresa o un’attività comune, attraverso la quale apprendono insieme. Wenger (1998) descrive tre elementi necessari allo sviluppo di una comunità di pratica: 1 dominio: un’area d’interesse condiviso ai quali si dedicano i membri della comunità. Tale interesse può essere una professione come l’insegnamento, uno


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sport o un ambito come la musica o la matematica. È importante, però, che esso sia più di un interesse passeggero condiviso da soggetti casuali o da un gruppo di amici. 2 comunità: i soggetti devono intrattenere relazioni sviluppate durante un determinato periodo di tempo, aiutarsi a vicenda e condividere informazioni all’interno di attività comuni e imparare dagli altri, diventando così membri attivi. 3 pratica: supera il puro interesse per qualcosa. I membri della comunità devono impegnarsi nella pratica, in modo tale da sviluppare un repertorio condiviso di risorse come, ad esempio, strumenti utili, metodi di trattare problemi ricorrenti, esperienze. Lo sviluppo della pratica può spesso avvenire in modo informale attraverso una serie di metodi, tra cui la risoluzione congiunta di problemi, l’uso dell’esperienza di ciascun individuo e la conversazione. In un primo momento la partecipazione può mantenersi in termini di relativa marginalità, fintanto che siano le principali attività della comunità ad esserne interessate. La partecipazione acquista “legittimità” e investe l’identità della comunità attraverso l’osservazione e la pratica, man mano che queste ultime acquistano centralità (Wenger 1998). Gli apprendisti hanno bisogno di opportunità per partecipare in maniera legittima; non importa perciò che si tratti eventualmente di attività a basso rischio. Attraverso la partecipazione, l’apprendimento può diventare un tirocinio del pensiero a tutti gli effetti (Rogoff, 1990). Le comunità di pratica possono svilupparsi in modi diversi, come ad esempio partecipando alla vita di tutti i giorni. Ad ogni modo, rispetto a quanto appena detto, la “comunità” è più di un gruppo di lavoratori a contatto o di un gruppo organizzato per il raggiungimento di un determinato scopo; l’elemento sociale della comunità si sviluppa nel corso del tempo attorno a questioni importanti, permettendo così l’acquisizione di un senso di fiducia e appartenenza. La comunità di pratica sviluppa così, durante un periodo di tempo prolungato, un “repertorio condiviso” di risorse, come vocabolario, routines, comprensione e artefatti. Piuttosto che un’occupazione individuale o un esercizio accademico principalmente confinato all’interno di una classe, l’apprendimento è “situativo”, cioè collocato all’interno della struttura messa a disposizione dalla comunità di pratica, grazie alla quale la partecipazione può avere luogo. In questi termini, l’apprendimento può essere acquisito accidentalmente, piuttosto che intenzionalmente. Da più punti di vista, molti ambienti educativi tradizionali possono essere ritenuti fondamentalmente diversi dall’impresa congiunta di una comunità di persone dedicate ad un dominio. Tuttavia, potrebbe esistere un certo margine di sviluppo per alcune delle qualità caratteristiche della comunità, all’interno di tali ambienti tradizionali. A partire dall’idea stessa di una comunità di pratica, si possono allora ricavare due concetti chiave: l’apprendimento quale processo situativo e l’apprendimento come partecipazione. Quindi, cooperazione anziché competizione, divisione non individualistica delle abilità e qualità di complementarietà degli individui anziché caratteristiche totalitarie.


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In breve, l’apprendimento situato si basa su: • la partecipazione degli allievi alle pratiche sociali di una comunità; • le opportunità di sviluppare abilità di ricerca e di apprendimento; • un dialogo che faciliti l’apprendimento. L’apprendimento situato prevede anche l’immersione in una cultura non esclusivamente popolata da attori umani, ma nella quale trovano posto anche una gamma di artefatti e strumenti. Superare le complessità di tale realtà, insite nell’apprendimento, costituisce una sfida da affrontare allo stesso tempo a livello pratico e teorico. Per quanto riguarda l’aspetto teorico, nei paragrafi successivi verranno brevemente introdotti i concetti di cognizione distribuita e teoria dell’attività. I.8 a Cognizione distribuita La distribuzione cognitiva è una teoria che abbraccia aspetti sociali della cognizione e allo stesso tempo artefatti e ambiente. Fu elaborata da Hutchins negli anni ‘80, in un’epoca in cui generalmente si riteneva che la cognizione e l’elaborazione delle informazioni fossero situate all’interno dell’individuo. Assume importanza, perciò, il fatto che la cognizione possa essere invece assimilata a qualcosa di distribuito tra gli individui, insiemi di rappresentazioni, strumenti, artefatti tecnologici e altri oggetti all’interno dell’ambiente. Salomon (1993) considera, per esempio, la cognizione come esistente all’interno di un gruppo di soggetti che la “condividono”, producendo conversazioni attorno ad un’attività comune. Grazie a questa interazione, la cognizione può essere soggetta a un continuo cambiamento, man mano che le idee espresse da più di una persona vengono chiarite e gli “strumenti”, come la presa di appunti o l’utilizzo di una calcolatrice, permettono ad alcune delle domande cognitive di essere “eliminate” (la presa di appunti costituisce anche una forma di estensione della memoria). L’interconnessione esistente tra allievi, artefatti e cultura è una delle intuizioni derivate dall’idea della cognizione distribuita. Da un lato ciò può portare all’elaborazione di alcune intuizioni significative (Halverson, 2002), dall’altro, potrebbe non essere del tutto immediato nelle analisi pratiche delle interazioni distribuite (Nardi, 2002). I.8 b Teoria dell’attività L’attività abbraccia una serie di principi atti a comprendere il modo in cui una vasta gamma di fattori concorra a influenzare il lavoro o le attività umani. Il primo a svilupparne il concetto fu lo psicologo sovietico Leontiev (1978), traendo in parte spunto anche dagli studi di Vygotsky. L’attività, nei termini in cui fa riferimento allo sviluppo della cultura umana e all’individuo, può essere considerata come socioculturale. Bannon & Bødker (1991) descrivono l’attività umana come l’unità di analisi base, diretta da determinati bisogni, per il raggiungimento di un determinato scopo. In questo


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contesto assume rilevanza il fatto che l’attività umana sia generalmente mediata da strumenti o utensili. Contrariamente agli animali, dotati di un unico mondo costituito essenzialmente da situazioni, molte delle nostre azioni in quanto esseri umani sono influenzate dalle esperienze precedenti, trasposta nell’attività corrente. Il World Wide Web allarga enormemente il raggio d’azione di questa capacità appartenente unicamente all’uomo (Ryder, 1998). Ryder cita la raccolta di funghi commestibili come esempio di un’attività imprudente se non mediata, ad esempio, dalla consultazione di una guida, dall’educazione precedente o dal consiglio di un cercatore di funghi esperto. In qualità di docenti le nostre azioni verrebbero influenzate in modo simile da linguaggio, libri, foto e diagrammi. Questi artefatti non sono a nostra disposizione soltanto quando vengono trasferiti in un’attività, ma possono anche costituire un prodotto di quest’attività, come pure esserne modificati: questa idea di “mediazione” è considerata essenziale per i metodi in cui gli artefatti possono essere compresi attraverso la teoria dell’attività (Bannon & Bødker, 1991). Engeström (1987) ha sviluppato un modello di sistema di attività che enfatizza l’aspetto sociale della mediazione. Un’attività viene portata avanti da un agente umano (soggetto), motivato a tendere alla soluzione di un problema o scopo (oggetto) e mediato da strumenti (artefatti), in collaborazione con altri soggetti (comunità). La struttura dell’attività è limitata da fattori culturali come le convenzioni (regole) e gli strati sociali (divisione del lavoro) all’interno del contesto. Engeström pone l’accento sul ruolo di mediazione rivestito dalla comunità e da quelle strutture sociali come la divisione del lavoro e le procedure prestabilite. Il modello di Engeström cerca di descrivere: il modo in cui un’ampia gamma di fattori possa concorrere a influenzare un’attività, il modo in cui tale attività è mediata da artefatti, l’organizzazione o comunità, le regole che interessano l’attività, il modo in cui un soggetto partecipante lavora come parte integrante di una comunità per raggiungere un obiettivo e quali siano le divisioni del lavoro che entrano in gioco. I.9 Prospettive teoriche: una sintesi Esaminando le diverse prospettive esistenti sull’apprendimento esposte in precedenza, ci siamo occupati di diversi costrutti psicologici dell’apprendimento che spaziano dall’acquisizione o assorbimento di informazioni oggettivate dall’individuo dietro assistenza di un tutor, a modelli più costruttivi in cui all’allievo viene riconosciuto il ruolo di soggetto che prende l’iniziativa ed è padrone del proprio apprendimento. Inoltre, abbiamo anche accennato a una dimensione sociale e culturale all’interno della quale l’interazione con gli altri è ritenuta centrale per il processo di apprendimento; una visione maggiormente simmetrica che riconosce i contributi dell’allievo a questo processo come validi grazie a collaborazione e pratica congiunte. Nel corso del nostro viaggio abbiamo anche citato la natura situativa dell’apprendimento; apprendimento che risulta meno astratto e formale e che può essere raggiunto accidentalmente attraverso la pratica. Abbiamo anche dato uno sguardo a considerazioni che introducono in questa sede il ruolo più ampio di strumenti culturali e artefatti. É inevitabile che le di-


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verse visioni dell’apprendimento si sovrappongano per certi aspetti, ma l’intenzione non è quella di stabilire l’esclusività o la superiorità di una sulle altre. Inoltre, lo scopo di questo capitolo non risiede nella presentazione dettagliata dell’applicazione pratica di ogni prospettiva teorica, ma nella proposta di una serie di attività assimilabili all’apprendimento e nel riconoscimento della quantità d’influenze esistenti su di esse. Il presente capitolo intende quindi costituire uno spunto da cui partire per sviluppare un discorso sull’apprendimento e sulle nuove tecnologie. Nella figura 1 si può vedere uno schema che tenta di riassumere le principali prospettive teoriche. Tale schema è stato concepito per offrire, a quanti siano interessati a promuovere un apprendimento efficace basato sull’uso delle nuove tecnologie, una fonte di riferimento e una base pratiche per la concettualizzazione, l’articolazione e lo sviluppo di un discorso.

Figura 1. Schema per la mappatura dell’uso della tecnologia in base alle prospettive dell’apprendimento (Jessel, 2011)

Anziché considerare le diverse tecnologie come caratterizzate da proprietà intrinseche, a seconda del tipo di apprendimento che esse possono supportare, lo schema enfatizza il modo in cui viene utilizzata una tecnologia. Le tecnologie digitali, come qualsiasi altra risorsa, si possono rintracciare all’interno dell’area delimitata dai due assi,


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ma solo in base al modo in cui vengono impiegate. In altre parole, in base all’uso, una data tecnologia può occupare una determinata posizione o un’area più circoscritta. Per estensione, ciascun episodio d’apprendimento può acquisire una serie di qualità cognitive e socioculturali tra le quali poter spaziare, mentre allievi e docenti sono impegnati in una data attività. A capo dei paradigmi dell’apprendimento disposti lungo l’asse orizzontale si trovano quelli in linea con una prospettiva cognitiva. La parte restante dell’asse, invece, rappresenta una prospettiva cognitiva o costruttivista e indica un livello crescente di iniziativa e creatività da parte dell’allievo. Sebbene i tipi di apprendimento ricordino quelli identificati da Bloom (1956), la prospettiva di riferimento è principalmente cognitiva. Lungo l’asse verticale sono rappresentate le dimensioni sociale e culturale. Nella sua forma più elementare, l’elemento sociale dell’apprendimento è caratterizzato da una trasmissione parzialmente didattica di informazioni, visibile nella parte dell’asse più vicina al vertice. Più in alto lungo l’asse, trova posto il tipo di interazione caratteristica dello scaffolding all’interno di un approccio sociale costruttivista, in cui un docente o un collega più esperto si dedica ad un’attività, aiutando così gli allievi a sviluppare la propria comprensione. Ancora più in alto lungo l’asse, l’elemento sociale e culturale assume una natura più dialogica e partecipativa. Gli approcci partecipativi possono essere caratterizzati da qualità autentiche (Brown et al., 1989) e, ovviamente, i concetti di cognizione distribuita e attività includono strumenti culturali e artefatti. Per semplicità, questi elementi non sono stati tuttavia rappresentati in modo esplicito lungo gli assi in figura e potrebbero, ovviamente, essere rappresentati in modi diversi lungo un terzo asse ortogonale. I.10 L’uso delle nuove tecnologie digitali a sostegno dell’apprendimento In questa seconda parte del capitolo verrà presentata una panoramica di alcune delle implicazioni delle prospettive teoriche sopraesposte riguardo alle nuove tecnologie digitali e connettive, senza dimenticare l’impatto sortito dai loro diversi utilizzi sul ruolo di docenti e allievi. Particolare enfasi verrà posta sul ruolo dell’allievo come agente attivo per il proprio sviluppo all’interno di un ambiente socioculturale, e su quello delle nuove tecnologie digitali connettive. I.10 a Apprendimento collaborativo supportato dal computer L’espressione “Apprendimento collaborativo supportato dal computer” (CSCL Computer Supported Collaborative Learning) è stata usata per descrivere un recente ambito di interesse che si concentra sulle possibili modalità di apprendimento delle persone mediante l’aiuto del computer. L’interesse nei confronti del CSCL segna un allontanamento dall’idea dell’allievo come individuo isolato che si rapporta con un computer: esso si pone, infatti, come obiettivo quello di far partecipare congiuntamente gli allievi ad attività creative che richiedano esplorazione intellettuale e interazione so-


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ciale (Stahl et al., 2006). Ciò contrasta, anche secondo Stahl et al., con l’e-learning ritenuto un mezzo per la divulgazione di contenuti didattici a un ampio numero di studenti con uno scarso coinvolgimento continuo di docenti e l’eliminazione di costi logistici come quelli legati a edifici e trasporti. Di conseguenza, alla luce delle prospettive dell’apprendimento implicate, cambiano anche i ruoli degli istituti educativi, docenti e allievi. Ricorrendo a teorie socioculturali, il CSCL può permettere all’apprendimento di essere costruito socialmente attraverso comunità di costruzione della conoscenza (Scardamalia e Bereiter, 1994), interazione con gli altri e cognizione distribuita. In molte istituzioni educative il CSCL rende possibile la partecipazione all’apprendimento per mezzo di reti digitali come ambienti virtuali di apprendimento (AVA) e Internet. Malgrado l’apprendimento in rete permetta agli allievi di collaborare a distanza, il CSCL svolge comunque un ruolo all’interno dello stesso istituto o della stessa classe. Usando ad esempio la scrittura collaborativa e i forum di discussione per comunicare in rete, si può migliorare il modo in cui il linguaggio è usato tramite interazione tra pari. In termini di scambio di testo scritto, costruire un terreno comune è considerato parte essenziale della coordinazione di attività collaborative e della condivisione di conoscenza (Clark & Brennan, 1991; Dillenbourg & Traum, 1999; Koschmann, et al., 2001). Allievi e docenti devono sviluppare relazioni reciproche di apprendimento attraverso il linguaggio e altri mezzi (Wolfe et al, 2008). Ciò necessita della creazione, attraverso l’apprendimento in rete, di espressioni che possano agire come indicatori di interazione e comprensione reciproci. Una sfida chiave questa che, oltre a richiedere un maggiore approfondimento, può aver avuto un ruolo nell’affermazione relativamente lenta del CSCL. Mercer (1995) ha sottolineato l’importanza per i docenti di concordare regole relative ai discorsi e di stabilire un ethos collaborativo “con una visione atta a scoprire metodi nuovi e migliori del produrre significato congiuntamente”. Weinberger & Fischer (2006) hanno analizzato dimensioni multiprocessuali di costruzione della conoscenza in CSCL, quali nello specifico: (1) dimensione partecipativa, (2) dimensione epistemica, (3) dimensione argomentativa, e (4) dimensione dei modi sociali di cocostruzione. I blog si sono anche imposti come spazi interattivi che molti allievi usano già per condividere e sviluppare idee ed esperienze. In questo scenario, le tecnologie mettono a disposizione un considerevole potenziale per l’apprendimento (Lehtinen et al., 1999). Il CSCL gode di una serie di possibili benefici citati da Lipponen (2002): rimuovendo i vincoli spazio-temporali, le reti di computer rompono le barriere fisiche e temporali; la comunicazione asincrona fornisce tempo alla riflessione nell’interazione; la scrittura sociale è una traccia visibile che può aiutare gli allievi a riflettere sulle proprie idee e su quelle degli altri, oltre che a condividere esperienze; gli spazi comuni di discussione possono offrire molteplici prospettive agli allievi con conoscenze e competenze diverse; le maggiori opportunità per condividere e richiedere conoscenza; le comunicazioni salvate possono fungere da memoria collettiva per una comunità di apprendimento e consentono revisioni e un uso futuro delle stesse. Il CSCL si può anche estendere fino a comprendere l’esplorazione condivisa di un mondo o ambiente virtuale all’interno del quale i problemi possono essere affrontati e risolti collaborativamente. Come riportato


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di seguito, alcuni di questi elementi si collegano all’idea dell’apprendimento basato sul gioco virtuale. I.10 b L’AVA come spazio per interazioni dialogiche (tramite l’uso di testo elettronico): In riferimento alle nuove tecnologie, il concetto di dialogismo, elaborato da Bakhtin, si può applicare al linguaggio (e alla comunicazione), manifestandosi in svariati modi ed essendo comunicato attraverso una serie di tecnologie: Internet, posta elettronica, SMS e chat di gruppo. Tra gli strumenti su cui può contare il CSCL, gli Ambienti Virtuali d’Apprendimento (AVA) sono a disposizione di molte istituzioni e permettono inoltre l’accesso a partecipanti esterni. Grazie agli AVA, svariati materiali come immagini, documenti scritti, video o file audio, si possono caricare o taggare con descrizioni concise. Questi AVA possono rappresentare un luogo di insegnamento reciproco o collaborazione tra pari; gli allievi possono aiutarsi a vicenda per risolvere un problema in maniera più efficace rispetto a come l’avrebbero fatto da soli. La tecnologia è anche in grado di supportare tirocini cognitivi, istruzioni basate su problemi, webquest o attività orientate alla ricerca, in cui la maggior parte delle informazioni proviene dal web (Shunk, 2000). Ecco alcune delle caratteristiche principali degli AVA: 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9)

mezzo di comunicazione; interazione tra pari e interazione classe-docente; apprendimento come costruzione della conoscenza, anziché quale prodotto di un semplice “trasferimento”; chat elettroniche che possono essere conservate, lasciando spazio alla riflessione (le parole sono più effimere); gli utenti possono soffermarsi a riflettere prima di rispondere; …ma le risposte possono essere anche relativamente immediate; le idee nate dal contributo congiunto si possono accumulare e usare a seconda delle necessità; gli argomenti si possono preparare; l’apprendimento si può connettere alle proprie esperienze

Ad ogni modo, le interazioni dialogiche hanno bisogno di manutenzione. Ciò dà origine ad una serie di questioni strategico-pedagogiche, anch’esse riassunte qui di seguito: 10) il dialogo può essere immagazzinato (ad es. in multimodalità); 11) i docenti si dedicano all’attività (ad es. accedendo giornalmente a un forum di discussione); 12) i docenti possono fornire domande/attività che strutturino l’apprendimento degli allievi;


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13) la strategia dei docenti potrebbe essere solo quella di porre domande; 14) l’uso di attività che richiedono la condivisione di informazioni e l’adozione congiunta di decisioni (Mercer, 1995); 15) i docenti si accordano concordano regole per il discorso e stabiliscono un ethos collaborativo “con una visione tesa alla scoperta di modi nuovi e migliori di produrre senso congiuntamente” (Mercer, 1995); 16) strategie necessarie alla guida di dinamiche di interazione (approfondite in seguito); 17) strategie necessarie al mantenimento del dialogo (approfondito in seguito) Per ciò che riguarda il ruolo dei docenti, alcune strategie basate sugli studi di Alexander (2008) sull’insegnamento dialogico e che si possono applicare anche all’interno di un ambiente digitalmente connesso come gli AVA, si possono così riassumere: • • • • • • • • • • • • •

pensiero e ragionamento rapido e stimolante; uso di domande strutturate per stimolare risposte ponderate; uso ridotto di domande guidate; gli allievi formulano domande e forniscono delle spiegazioni; le risposte sono usate per provocare ulteriori domande, agendo così come blocchi di costruzione per un dialogo ulteriore; le idee alle quali contribuiscono gli individui sono organizzate in catene di linee coerenti di ricerca mantenimento di un equilibrio tra l’incoraggiamento alla partecipazione e l’estensione della comprensione; elaborazione di routine condivise per l’alternanza di ruoli, atte ad evitare la competitività; gli studenti devono sentirsi liberi di commettere errori e di imparare dagli stessi; rispetto dei punti di vista della minoranza; incoraggiamento degli allievi alla partecipazione e alla condivisione delle idee; incoraggiamento degli studenti ad approfondire sulla base dei contributi forniti; feedback fornito attraverso l’uso dell’elogio in modo discriminato e appropriato.

I.11 L’ apprendimento basato sul gioco virtuale Un altro possibile spazio per l’apprendimento, che ha riscontrato un certo interesse, è quello del gioco. L’idea dell’apprendimento attraverso il gioco ha sempre avuto un certo fascino nel campo dell’istruzione. Il concetto di gioco è spesso associato all’idea di piacere; il gioco è sempre divertente, oltre che scelto liberamente, anziché imposto (Lindon, 2001). A loro volta, i giochi si sono evoluti come mezzo di formalizzazione di molte delle qualità del gioco, spesso stabilendo obiettivi da raggiungere entro i limiti di una serie di costrizioni o sistemi di regole (Dempsey et al., 1996). I giochi


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possono anche contenere un elemento competitivo e avere luogo in svariate ambientazioni, motivando attraverso sfida, fantasia e curiosità (Randel et al., 1992). Per molti aspetti, la tecnologia digitale si comporta come un altro mezzo attraverso il quale si possono esprimere i giochi. Come affermava Buckingham (2007), il gioco spinge alla sperimentazione, all’apprendimento progressivo e può comprendere attività cognitive come il ricordo, la verifica di ipotesi, la previsione e la progettazione strategica. Ad un livello più basilare, i giochi ammettono la possibilità di ripetizioni: oltre al rafforzamento associazionista di comportamenti che permettono ad un determinato obiettivo di essere raggiunto, nel momento in cui questi comportamenti non risultano vincenti, uno stesso gioco può essere ripetuto e affrontato con strategie differenti. Le qualità che i giochi mettono a disposizione dell’apprendimento sono incluse nella caratterizzazione dei giochi per computer elaborata da Prensky (2001) sulla base di sei elementi strutturali, nello specifico: regole, traguardi e obiettivi, risultati e feedback, conflitto/competizione/sfida/opposizione, interazione, rappresentazione o storia. Questi elementi agiscono contemporaneamente per motivare e coinvolgere. Prensky ha usato il termine “apprendimento basato sul gioco digitale” e, in modo simile, il termine “apprendimento basato sul gioco virtuale” (Virtual Game Based Learning - VGBL) ne è diventato un sinonimo e può riferirsi a “giochi seri” o giochi per computer a scopo educativo, piuttosto che d’intrattenimento. Il gruppo di giochi digitali può includere quelli di esercitazione e allenamento e quelli di conoscenza, simulazione di training o modellismo, giochi che possono basarsi sul gioco di ruolo come le avventure grafiche, giochi di management e strategia (Kaptelinin e Cole, 2001). Il termine “edutainment” (divertimento educativo) si riferisce a quei giochi che accostano obiettivi educativi ed elementi di divertimento e a quella serie di giochi per computer commerciali, a volte definiti come “videogiochi”, che mettono il giocatore al centro di un ambiente virtuale nel quale questi deve reagire ad una qualche forma di opposizione (Griffiths, 1996). Una caratteristica importante del VGBL è la sua capacità di creare un ambiente centrato sull’allievo, guidato dall’allievo, posto che gli allievi abbiano il controllo su dove andare e cosa fare nel gioco. L’ambiente del gioco virtuale può anche fornire un contesto per la risoluzione di problemi; può inoltre prevedere la libertà di esplorare e sperimentare. Durante il gioco gli allievi possono adattarsi all’ambiente, dedurne le regole e assorbire il vocabolario rilevante. Attraverso questi giochi, connessi tra loro da una narrativa interna al gioco, gli allievi possono assumere incarichi, accettare ricompense e progredire verso livelli più complessi. Molti giochi digitali possono essere considerati come simulazioni in quanto ricalcano alcuni aspetti del mondo reale. Gli allievi possono così studiare fenomeni che diversamente sarebbero meno accessibili, a causa di fattori quali costi e limiti di tempo. Inoltre, le simulazioni possono permettere l’esplorazione all’interno di un ambiente sicuro. Attraverso l’invito al gioco di ruolo e alla partecipazione, i VGBL possono anche fornire elementi di apprendimento esperienziale in un ambiente in cui tali elementi possano entrare in gioco. I VGBL possono rappresentare una forma di apprendimento situato in quanto coinvolgono attivamente gli allievi, costituendo un ambiente che essi possono esplorare e all’interno del quale possono prendere delle decisioni. Interagendo con l’ambiente di


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gioco, gli allievi si appropriano di informazioni e adattano la nuova conoscenza acquisita per farla corrispondere con ciò che essi sanno già, elementi, questi, caratteristici anche degli ambienti di apprendimento situato (Kirshner & Whitson, 1998). Giocare richiede anche un costante riadattamento in base a cause e conseguenze di ogni interazione (Gee, 2003). Ciò può costituire a sua volta un modello per l’apprendimento critico proattivo e per la riflessione autonoma (Begg, Dewhurst ed Ellaway (2003). Attraverso dispositivi digitali in connessione, i VGBL possono facilmente coinvolgere più giocatori. In questo modo i VGBL costituiscono anche un’area sociale nella quale si sviluppano metodi e risorse condivisi, atti alla costruzione e alla comunicazione di significato, e si acquisisce la cultura necessaria per operare in termini di significati accettati all’interno di quel dominio (Gee, 2004). In questo contesto sociale, è necessario articolare le idee e prendere delle decisioni in base agli obiettivi da raggiungere. Con l’apprendimento basato sul gioco via computer o con la connettività digitale, la dimensione sociale può anche manifestarsi attraverso il lavoro di squadra, quando si gioca contro gli altri. Williamson (2009) ha identificato alcune delle principali idee alla base dei giochi e dell’apprendimento. In riferimento alla costruzione della conoscenza, egli sostiene che i giochi incoraggino l’esplorazione, la messa in gioco di idee, la comunicazione e la formulazione di decisioni: in questo modo i giocatori diventano “attivi nella costruzione della conoscenza”. In alcuni giochi le dimensioni sociale e partecipativa possono corrispondere alla collaborazione dei giocatori in squadra, come in “SimCity”, “Urban Science” e “Civilisation”, per creare un complesso sistema economico, oltre che per rivedere e revisionare le dimensioni stesse, dopo essere state messe alla prova. Williamson riconosce inoltre la capacità dei giochi di offrire esercitazioni situative o autentiche. Ad ogni modo, Buckingham (2007) ci ha messi in guardia dai pericoli derivanti da quanti esprimono solo entusiasmo nei confronti dei giochi per computer, dalla sopravvalutazione dei giochi visti, in contrasto ad una caricaturizzazione dell’esercitazione in classe, considerata come astratta e slegata dalla realtà. Il ruolo del docente assume in questo caso un valore importante, anche se può risultare difficile da gestire. Nonostante la lista dei potenziali benefici possa sembrare lunga, i VGBL non sono esenti da critiche. Come puntualizzato da McFarlane (2002), i giochi richiedono un sostanzioso investimento di tempo da parte dei docenti che devono prepararsi ad introdurli in un ambiente educativo e da parte degli allievi che devono servirsene. Ciò si riferisce in particolare ai giochi più complessi che richiedono un cospicuo periodo di pratica. (Gee, 2004). McFarlane et al. (2002) si chiedono anche se, alla luce dell’investimento relativamente ampio di tempo, qualsiasi pensiero generico e abilità collaborativa acquisita sia sufficiente a giustificarne l’uso. Sebbene il coinvolgimento e l’immersione costituiscano una certa attrattiva, il debriefing è importante, nonché con tutta probabilità difficoltoso, a meno che non venga ad esso predestinato il tempo necessario. Inoltre, è necessario tenere conto anche delle questioni di genere. In relazione alle virtù offerte da un contesto significativo di apprendimento situato, Buckingham (2007) ci ricorda anche della necessità di esercitarsi in abilità di decontestualizzazione astratta come il suonare scale con uno strumento musicale o le tecniche di uno sport come il calcio. Inoltre, per quanto riguarda la collaborazione, le ca-


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pacità di risoluzione di problemi, l’assunzione di rischi e l’adozione di decisioni che possono caratterizzare alcuni aspetti dei VGBL, il trasferimento potrebbe non essere automatico, considerando che l’apprendimento è situativo o rappresentativo e specifico di particolari pratiche sociali. In altre parole, come suggerisce Buckingham, esiste uno spazio per un programmi di studi strutturato, con docenti specializzati che possiedono la necessaria conoscenza teorica e concettuale per agire come guida rispetto a ciò che risulta rilevante apprendere. I.12 Il ruolo del docente L’innovazione basata sulle nuove tecnologie esige diversi sforzi al ruolo del docente. Da una parte, i docenti potrebbero avere la necessità di acquisire dimestichezza con le tecnologie stesse per poter sostenere gli allievi e relazionarsi con essi nei tanti modi richiesti in classe e al di fuori dell’aula. Per quanto la tecnologia di oggi possa essere acquisita dai docenti di domani, essa si evolve continuamente, comportando esigenze tecniche sempre nuove. D’altro canto, l’introduzione dell’innovazione mette a dura prova le abilità dei docenti a livello pedagogico, professionale e manageriale. Se i docenti assumono anche un ruolo gestionale al di fuori della classe e operano a livello politico all’interno di un istituto, possono derivarne altri tipi di esigenze. Tornando in aula, uno spostamento verso il ruolo del docente come coadiuvante e cardine del coinvolgimento degli studenti, promuovendo la discussione mentre gli allievi sono impegnati in attività (DeVries et al., 2002), provoca delle conseguenze sull’apprendimento in rete così come nei tradizionali contesti faccia a faccia (Bailey e Card, 2009). Le possibilità offerte dalle nuove tecnologie attraverso la partecipazione mettono alla prova le azioni dei docenti quali gestori sociali e gestori di risorse per l’apprendimento. Malgrado gli allievi possano essere in grado di lavorare insieme e generare le proprie conoscenze e la propria comprensione, ciò potrebbe non accadere automaticamente. Se si adotta una comunità di pratica, ciò implicherà un nuovo ruolo per i docenti: sarà necessaria una serie di abilità pedagogiche diverse imperniate sull’assistenza fornita agli studenti affinché collaborino tra loro per sviluppare una comprensione personale del contenuto del corso, incentrate sul collegamento delle risorse didattiche e sull’incoraggiamento dell’iniziativa (Knowlton, 2000; Knowles et al., 2008). I.13 Il ruolo dell’allievo Nel contesto dell’innovazione non bisogna dimenticare di considerare il ruolo dell’allievo. Gli allievi, giovani o anziani che siano, dovranno in una certa misura trarre significato dal contesto sociale all’interno delle pratiche in aula, crearsi aspettative riguardo a ciò che ad essi viene richiesto in qualità di allievi e, a loro volta, crearsi aspettative su ciò che essi richiederebbero ai docenti. I cambiamenti nell’approccio all’apprendimento conseguenti all’introduzione di nuovi metodi, derivanti dalle nuove tecnologie comportano una serie di implicazioni per il ruolo dell’allievo: l’allievo as-


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sume il ruolo di collaboratore nell’apprendimento, alla luce delle modalità d’interazione fornite dal CSCL. Gli allievi devono organizzare le loro abilità in modi complessi, adattandole a contesti diversi e a bisogni mutevoli. Per esempio, in quale misura le nuove tecnologie permettano agli allievi di autogestirsi, di costituire una risorsa per il proprio apprendimento, di apprendere dal feedback tra pari e di applicare ciò che hanno appreso ai problemi del mondo reale? Questi cosiddetti “principi andragogici” (Knowles, 1992) sono stati fin qui principalmente associati agli allievi adulti. Knowles si riferisce anche agli allievi come trasformati, da semplici “contenitori” passivi nell’apprendimento, a protagonisti dell’educazione. Gli allievi devono operare in svariati modi: a volte potrebbero sentirsi parte di una comunità, altre volte potrebbero desiderare autonomia. In alcuni casi gli allievi potrebbero voler essere guidati, in altri potrebbero voler sperimentare da soli collaborando con altri. Ciò, forse, ci riporta al ruolo dei docenti che potrebbero avere la necessità di riconoscere il flusso dei modi diversi in cui operano gli allievi per poter comprendere quando intervenire e quando farsi da parte. I.14 Conclusioni In questo capitolo è stata presentata una panoramica degli svariati modi in cui è stato affrontato l’apprendimento da un punto di vista teorico. L’illustrazione dei meccanismi alla base dell’apprendimento ha costituito una sfida, riconosciuta come tale da molti teorici. Le teorie sull’apprendimento qui presentate spaziano da quelle focalizzate sul discente a quelle in cui l’apprendimento è distribuito tra società, cultura ed una quantità potenzialmente enorme di strumenti e artefatti (ciascuno di essi visto come parte integrante del processo di apprendimento). Non deve, pertanto, sorprendere che anche le nuove tecnologie rivestano un ruolo in tale ambito, un ruolo che può dipendere dalle tecnologie stesse. Ad ogni modo, in virtù dell’ingegnosità umana, tale ruolo può variare in base al contesto nel quale le tecnologie trovano impiego. Ciò presenta un’interessante sfida per docenti e allievi a cui faremo riferimento nelle parti successive di questo libro. Riferimenti bibliografici Ackerman, E. (1996). Perspective Taking and Object Construction: Two Keys to Learning. In Y. Kafai & M. Resnick (Eds.), Constructionism in Practice: Designing, Thinking, and Learning in a Digital World (pp. 25-35). New Jersey: Lawrence Earbaum Associates. Alexander, R. (2008). Towards Dialogic Teaching: Rethinking Classroom Talk (4th Edition) Cambridge: Faculty of Education (Dialogic Teaching), Shaftesbury Road. Bailey, C., Card, K. (2009). Effective pedagogical practices for online teaching: Perception of experienced instructors. Internet and Higher Education, 12, 152-155. Bakhtin, M. M. (2004) Dialogic Origin and Dialogic Pedagogy of Grammar: Stylistics in Teaching Russian Language in Secondary School, Journal of Russian and East European Psychology, 42.6: 12-49.


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II. Uno schema di classificazione per l’utilizzo delle nuove tecnologie nelle pratiche educative: come scegliere quelle più adatte Angelo Rega, Orazio Miglino

II.1 Introduzione Come abbiamo accennato precedentemente l’obiettivo di questo capitolo è quello di consentire ad insegnanti, professori universitari e formatori aziendali di adoperare, realizzare e integrare le nuove tecnologie dell’apprendimento all’interno dei propri curricula di insegnamento. Quindi le soluzioni tecnologiche che effettivamente possono essere proposte devono essere di facile comprensione, di basso costo e di ampia diffusione. Fortunatamente esiste una vastissima produzione di validi sistemi tecnologici che possono essere facilmente reperiti e utilizzati a costi relativamente modesti. Inoltre, una cospicua letteratura scientifica ha mostrato come delle tecnologie sviluppate per altri fini (commerciali, ludici e di ricerca) possono essere efficacemente utilizzate all’interno di percorsi didattico-formativi. Comunque, la maggior parte delle tecnologie utilizzabili per gli obiettivi del progetto appartengono ad una delle seguenti famiglie: a) sistemi aperti (linguaggi di programmazione di alto livello, sistemi autori, kit di costruzione di apparati ibridi hardware e software); b) sistemi chiusi (videogiochi commerciali, Serious Games, robot, ecc.). I primi sono degli ambienti di sviluppo per realizzare materiali didatticoformativo (Serious Games o sistemi TEL) che possono essere usati anche da utenti non esperti di informatica (un esempio particolarmente di questa categoria è rappresentato dal linguaggio di programmazione LOGO 1 ); i secondi sono delle applicazioni autoconsistenti che propongono delle attività in un particolare e preciso dominio disciplinare, per esempio, il videogioco SimCity 2 è stato frequentemente usato come laboratorio per l’esercitazione di capacità manageriali. 1

Logo: è un linguaggio di programmazione fortemente orientato alla grafica e alla geometria di base, è stato sviluppato con l’obiettivo di essere chiaro e semplice, così da poter avere una tempo di apprendimento breve. 2 SimCity: è un videogioco che consente di impersonare il sindaco di una città virtuale ed avere a che fare con tutti i problemi tipo di una situazione del genere, mettendo il giocatore nella condizione di pianificare attentamente ogni mossa affinché si possa soddisfare i bisogni dei cittadini senza mandare il municipio in bancarotta.


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Nel gennaio del 2008 la società produttrice di SimCity ha deciso di distribuire in forma gratuita il videogame proprio per le ricadute educative che il prodotto aveva avuto in molti contesti di apprendimento. È da sottolineare che, come descriveremo più avanti, i sistemi aperti presentano un sempre più elevato livello di interattività e di facilità d’uso. In tal modo i docenti possono adoperarli sia per sviluppare i propri materiali didattici che per supervisionare un gruppo di discenti a cui viene affidato il compito di realizzare un particolare applicativo (simulazione al computer di un fenomeno dato, realizzazione di un particolare gioco di ruolo, sviluppo di un mondo digitale tridimensionale ecc.). Il metodo di classificazione che proponiamo è da considerarsi come uno schema di riferimento utile a cogliere le proprietà macroscopiche di ogni tecnologia e soprattutto gli usi pedagogici di ognuna di esse La tabella 1 sintetizza il lavoro di classificazione e individuazione delle tecnologie dell’apprendimento e indica alcuni sistemi particolarmente rappresentativi e prototipici. Nelle pagine seguenti illustreremo con maggior dettaglio quanto contenuto nella tabella. Tipologia didattica

Tipologia tecnologica

Verificare/costruire ipotesi

Sperimentare dinamiche interpersonali

Esplorare mondi

Sistemi chiusi

Avida

Dread-Ed 3

Age of Empires 4

Sistemi aperti

NetLogo 5

Eutopia 6

E-adventure 7

Tabella 1. Classificazione e individuazione delle tecnologie dell’apprendimento adatte a sostenere dei processi di insegnamento/apprendimento centrati sull’esperienza diretta del discente. 3

Dread-Ed: è un software sviluppato nell’ambito di un omonimo progetto europeo. Consiste in un ambiente virtuale grazie al quale studenti e formatori cooperano on line ed imparano a comprendere, comunicare e decidere in breve tempo di fronte a situazioni di emergenza o stressanti (terremoti, incendi etc.). Sito internet: www.dread-ed.eu 4 Age of Empires:è un videogioco strategico in tempo reale (RTS) di ambientazione storica. In questo gioco si controlla una civiltà che dovrà progredire dall’età della pietra, attraverso tutta l’età classica fino all’età del ferro cercando di divenire forte economicamente e militarmente. Sito internet: http://www.microsoft.com/games/empires/ 5 NetLogo: è un linguaggio di modellizzazione progettato per la simulazione didattica in molti campi. È possibile scaricare una versione del software all’indirizzo internet: http://ccl.northwestern.edu/netlogo/ 6 Eutopia: è una piattaforma software per creare e organizzare Giochi di Ruolo (EMORPG) secondo una metodologia psico-pegagogica. Questo approccio permette a un piccolo gruppo di persone organizzare sessioni di gioco di ruolo on line, per scopi educativi o psicologici, attraverso l’utilizzo di una grafica immersiva tridimensionale. Sito internet: http://www.nac.unina.it/eutopia/ 7 E-Adventure: é un progetto di ricerca che mira a facilitare l’integrazione di giochi educativi e di simulazioni nei processi educativi in generale e negli ambienti di apprendimento virtuale (VLE) in particolare. Sito internet: http://e-adventure.e-ucm.es/


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II.2 Fare esperimenti Il fulcro dell’insegnamento di molte discipline consiste principalmente nel condurre degli esperimenti. Infatti, la progettazione di una sessione sperimentale avviene parallelamente all’assimilazione di un corpus teorico generale che spiega i meccanismi generativi di un dato fenomeno. La corretta comprensione dell’apparato teorico dovrebbe portare alla previsione di comportamenti empiricamente osservabili. La verifica sperimentale delle ipotesi di ricerca si basa dunque sulla manipolazione controllata e ripetibile di una o più variabili “indipendenti” che vanno ad influenzare il comportamento osservabile di una o più variabili “dipendenti”. Negli ultimi decenni, grazie all’enorme incremento della potenza di calcolo dei nostri computer, molte teorie scientifiche riguardanti vari campi del sapere sono state trasformate in programmi per computer o reificate in forma di macchine fisiche. Lo scienziato dei nostri tempi spesso compie degli esperimenti in queste “simulazioni” della realtà. Tale metodologia può essere applicata con relativa facilità anche in contesti didattico-formativo. Infatti, è possibile reperire dei software professionali che propongono dei veri e propri laboratori “virtuali” per svariate discipline. Questi software ricadono nella categoria dei sistemi chiusi (vedi tabella 1) in quanto si focalizzano nella riproduzione di un ben determinato “pezzo della realtà”. Robofarm8 rappresenta un valido esempio di tale approccio, si tratta di un ambiente integrato software/hardware dove un giocatore/addestratore alleva il proprio robot a raggiungere, nel minor tempo possibile, un traguardo. Il robot una volta addestrato può sfidare altri robot in un web-torneo. Vince il giocatore che ha addestrato il proprio robot a muoversi nello spazio in maniera ottimale. Gli utenti/giocatori, giocando con Robotfarm, apprendono alcune metodologie dell’Intelligenza Artificiale e della Robotica e possono riflettere sulle commistioni tra ingegneria, biologia e psicologia. Generalmente, infatti, i robot vengono programmati dagli esseri umani che tramite opportuni linguaggi di programmazione decidono il loro comportamento nei dettagli. In Robotfarm, invece, il comportamento viene plasmato indirettamente tramite due tecniche: la selezione dei comportamenti e l’evoluzione artificiale. Con la prima tecnica il giocatore può selezionare i robot che ritiene migliori, duplicarli ed applicare delle piccole modifiche casuali ai loro sistemi di controllo nel tentativo di migliorare il loro comportamento. Con la seconda tecnica questo procedimento avviene in maniera automatica per diverse generazioni di robot. Ogni giocatore, terminato l’addestramento del proprio robot, può sfidare i robot degli altri partecipanti al torneo on line, oppure può trasferirne su robot reali i comportamenti ottenuti in ambiente di simulazione (Figura 1). Oltre a poter utilizzare dei laboratori virtuali, docenti e discenti hanno la possibilità di realizzare autonomamente i modelli artificiali di vari tipi di fenomeni. Esistono, infatti, degli ambienti di programmazione e sviluppo che consentono la sviluppo di simulazioni al computer e di macchine fisiche (come per esempio dei robot) anche a chi è sprovvisto di un’elevata preparazione tecnico-informatica. Un insegnante e i suoi al8

Sito internet: http://eutopia.unina.it/robofarm


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lievi grazie a queste piattaforme (assimilabili alla tipologia dei sistemi aperti, vedi tabella 1) possono scegliere liberamente gli eventi naturali, psicologici e sociali da riprodurre in scala ridotta in un medium artificiale. In poche parole, essi assumono il ruolo dello scienziato-modellista. Una volta realizzato il modello artificiale è necessario comunque valutarne la sua aderenza con i dati empirici ed è dunque necessario progettare un vero e proprio piano sperimentale. I modelli artificiali costruiti direttamente da insegnanti e allievi divengono dunque dei laboratori virtuali dove condurre esperimenti.

Figura 1. Schermata della prima versione di Robofarm durante la sfida di un robot avversario

Il linguaggio di programmazione NetLogo e il kit di costruzione Lego-Mindstorm rappresentano dei validi esempi di questa particolare tipologia di tecnologie per l’apprendimento. Il Net-Logo è un ambiente di programmazione per realizzare simulazioni ad agenti sviluppato dal Center for Connected Learning and Computer-Based Modeling della Northwestern University. NetLogo è stato progettato con lo scopo di rendere possibile la realizzazione di simulazioni ad agenti artificiali per esplorare e sperimentare fenomeni emergenti che si evolvono e sviluppano nel tempo. A tale scopo viene fornito di una ampia libreria utili a riprodurre esperimenti nel campo dell’economia, biologia, fisica, chimica, psicologia ed altre branche delle scienze naturali e sociali. Con questo strumento è possibile passare delle istruzioni a centinaia e/o migliaia di agenti indipendenti in grado di operare in modo concorrente e collaborativi. L’ambiente disponibile in NetLogo rende possibile, quindi, l’esplorazione della connessione tra il livello micro del comportamento dell’individuo/agente con quello macro dei pattern che emergono dall’interazione di molti individui/agenti singoli. NetLogo, disponibile gratuitamente, è in uso in una vasta gamma di contesti educativi che vanno dalla scuola elementare fino all’università. Molti insegnanti fanno uso di NetLogo nei loro programmi didattici con lo scopo di fornire ai propri alunni un ambiente di simulazione in cui poter effettuare esperimenti avvalendosi del supporto della simulazione così da poter sperimentare un fenomeno o un comportamento nelle più svariate condizioni (Figura 2).


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Figura 2. Schermata di una simulazione della conduzione nei metalli sviluppata con NetLogo

I Lego MindStorms 9 danno la possibilità di sperimentale in ambiente reale un modello artificiale precedentemente elaborato. Tali prodotti, appositamente venduti a scopo ludico/educativo, e sono costituiti da un insieme di mattoncini, sensori sonar, motori e unità centrale programmabile, pertanto forniscono tutto il necessario per costruire sistemi intelligenti integrati in grado di esibire un comportamento e di interagire con l’ambiente circostante. Grazie ai Lego Mindstorm si ha la possibilità di costruire e programmare robot che agiscono nell’ambiente e modificano il proprio comportamento in relazione ad una continua e dinamica interazione con esso. I sensori sono gli elementi che consentono al robot di esplorare e interagire con l’ambiente circostante e reagire di conseguenza, i motori permettono il movimento e l’unità centrale (brick) contiene il programma che elabora tutta le informazioni provenienti dai sensori e determina il comportamento dinamico. Nell’attuale contesto riguardante l’utilizzo delle nuove tecnologie didattiche la robotica educativa sta progressivamente acquistando un posto di rilievo perchè attraverso questa disciplina i discenti possono comprendere un fenomeno naturale ricostruendolo attraverso un processo che passa per la sua imitazione, simulazione ed emulazione in forma di macchina (software o hardware). In sintesi i kit Lego Mindstorm offrono diverse ed articolate opportunità di ristrutturazione concettuale e sperimentazione di concetti e fenomeni anche a livelli complessi. II.3 Condurre esperienze relazionali Oltre alle conoscenze teoriche e tecniche le agenzie educative e formative sono oggigiorno chiamate a trasferire agli allievi un insieme di competenze che rappresentano il sostrato comportamentale necessario ad ognuno di noi per relazionarsi con le comunità professionali e sociali di una cultura moderna, complessa e in continuo divenire quale la nostra. Esempi di tali competenze (comunemente definite come soft skills) 9

Sito internet: http://mindstorms.lego.com/


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sono la capacità di fronteggiare situazioni di emergenza, l’abilità nel condurre una negoziazione, l’attitudine nel prendere parte a delle decisioni collettive, la propensione a comprendere il punto di vista altrui. In genere, l’insegnamento delle soft skills avviene sopratutto per via esperienziale dove un docente organizza, supervisiona e stimola piccoli gruppi (in alcuni casi costituti da diadi) di discenti in attività che assumono la forma di giochi collettivi e/o particolari tipi di rappresentazioni sceniche (sociodramma, giochi di ruolo, ecc.). Buona parte di queste tecniche di insegnamento/addestramento delle soft skills si prestano facilmente ad essere trasferite su piattaforme tecnologiche. Esistono moltissimi videogiochi educativi (Serious Games) dove il giocatorediscente assume un particolare ruolo e deve perseguire degli obiettivi assegnatogli dal docente/formatore. Anche in questo caso è possibile reperire dei videogiochi che si dedicano al trasferimento di un particolare segmento di conoscenze/competenze (sistemi chiusi) e piattaforme che consentono a docenti e discenti di sviluppare autonomamente i propri scenari educativi (sistemi aperti). Un esempio della prima tipologia di tecnologie dell’apprendimento è rappresentato da Dread-Ed (Figura 3). Dread-Ed è un Serious Game online, multi-utente. L’obiettivo del gioco è di gestire delle situazioni impreviste, prendendo decisioni in gruppo, in condizioni di comunicazione e di conoscenza limitate. Ogni discente/giocatore impersona il ruolo di un capo-area di un’organizzazione che deve decidere insieme a dei suoi colleghi come impiegare il proprio personale.

Figura 3. Schermata principale del software Dread-Ed

Giocando con Dread-Ed un piccolo gruppo di discenti è guidato nell’acquisizione di competenze relazionali quali: il decision making collettivo, la comunicazione efficace, la condivisione e la corretta gestione delle risorse comuni (informazioni, tempo, personale da impiegare, ecc.), esso è stato realizzato nell’ambito di un omonimo progetto finanziato dalla Comunità Europea, è stato sperimentato e validato in contesti aziendali (Ahlstrom-Francia), da organizzazioni no-profit (Protezione Civile Abruzzo e Protezione civile tedesca) e in ambiti accademici (Università di Napoli e Università di Duissburg – Germania).


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La piattaforma Eutopia, invece, costituisce un esempio di una tecnologia dell’apprendimento definibile come sistema aperto, si tratta di una piattaforma telematica che permette di organizzare delle simulazioni o giochi di ruolo con finalità educative. La metodologia dei giochi di ruolo educativi consente ad un piccolo gruppo di attori/allievi di mettere in scena una storia e svilupparla in modo da poter sperimentare (e apprendere) varie competenze relazionali o “soft skills” (come per esempio: la capacità di condurre una negoziazione, l’abilità di prendere decisioni collettive, la competenza a mediare tra varie esigenze, ecc.). Gli attori/discenti sono rappresentati da avatar che “recitano” in un ambiente (scena) virtuale tridimensionale. Un educatore scrive il canovaccio della storia (funzione di sceneggiatore), organizza e, in alcuni casi guida, l’azione scenica (funzione di regista) e, infine, analizza da una punto di vista psicopedagogico la rappresentazione teatrale (funzione di debrifieng10). Eutopia, inoltre, è stato presentato all’Esposizione Universale di Shangai 2010 ed è attualmente usato in contesti formativi di diversi paesi della comunità europea.

Figura 4. Schermata del software Eutopia.

II.4 Esplorare mondi Gli esseri umani condividono con molti altri Roboprofli una propensione innata ad esplorare gli ambienti in cui si trovano ad agire. Numerose pratiche educative/e formative sfruttano l’istinto esplorativo degli uomini per trasferire loro conoscenze e competenze. Forse, l’esempio più noto in questo senso è rappresentato dalle tante versioni didattiche dell’antica caccia al tesoro. In questo gioco uno o più giocatori-allievi sono stimolati ad esplorare uno spazio in cui sono disperse e nascoste delle informazioni che, se raccolte, consentiranno di raggiungere il tesoro. Lo spazio può essere arbitrariamente grande (una stanza, un giardino, un paese, ecc.) e il reperimento delle in10 Il Debriefing è un intervento psicologico strutturato e di gruppo, condotto da uno psicologo esperto, e mira ad analizzare le conseguenze emotive e/o psicologiche generate da un’esperienze.


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formazioni può assumere diverse tipologie (risoluzioni di rompicapi, rispondere a delle domande, superare una prova di abilità fisica, ecc.). Questa tradizionale attività ludica è alla base di una diffusissima classe di videogiochi nota come Adventure Games 11. In tale contesto il sedimentato schema della caccia al tesoro viene utilizzato per progettare la meccanica di giochi da svolgersi all’interno di universi artificiali digitali che, grazie alla sofisticazione raggiunta dalla moderna computer graphics, possono rappresentare mondi fantastici, surreali o iper-reali. Paradossalmente, negli ultimi anni, la comparsa sul mercato di prodotti tecnologici a basso costo che integrano in un unico sistema sensori microscopici, computer piccolissimi e apparecchiature per la trasmissione dati senza fili sta riportando il gioco della caccia al tesoro nella nostra vecchia realtà, fatta di oggetti da toccare e spazi in cui correre. È però una realtà che viene potenziata e modificata dalla tecnologia. Il giocatore/esploratore è immerso in un ambiente dove sono dispersi dei sistemi invisibili di sensori e attuatori che possono attivarsi al suo passaggio e contestualmente producono risposte di vario tipo (luci si accendono, suoni si propagano, porte si aprono, ecc.). Realtà Aumentata 12, così si definiscono le esperienze appena descritte, dove il giocatore si muove in una realtà tecnologicamente densa e che gli fornisce informazioni utili ad arricchire le proprie sensazioni e percezioni. Gli Adventure Games e le piattaforme di Realtà Aumentata aventi finalità educative sono oramai numerosi. Per la tipologia dei sistemi chiusi un valido esempio è costituito da Age of Empires. Age of Empires è un videogioco strategico di ambientazione storica. Il giocatore controlla una civiltà (Egizi, Assiri, Babilonesi, Persiani, Fenici etc.) che dovrà progredire dall’età della pietra, attraverso tutta l’età classica, fino all’età del ferro, cercando di divenire forte economicamente e militarmente. Molti giochi di matrice storica sono usati in curricula scolastici con lo scopo di veicolare contenuti didattici di matrice storica attraverso queste forme di video games. Essi permettono di studiare, in un contesto ludico, la disposizione geografica e l’assetto politico, economico, sociale e religioso delle civiltà proposte dal gioco. Questo tipo di strumenti forniscono, inoltre, un supplemento divertente e funzionale alla lezione, permettono di utilizzare un approccio centrano sullo studente che da ai discenti/giocatori la possibilità di esplorare un mondo lontano migliaia di anni fa. La diffusione di questo tipo di strumenti è dimostrata dall’esistenza di manuali specifici che danno delle chiare indicazioni su come integrare videogiochi nei programmi scolastici tradizionali, infatti, nel caso specifico di Age of Empires è stato sviluppato un manuale dal titolo "Age of Empires - Age of Kids: a teacher guide"13. 11

Adventure Game: è un videogioco in cui il giocatore assume il ruolo di protagonista in una storia interattiva. 12 La realtà aumentata: (in inglese augmented reality, abbreviato AR) è la sovrapposizione di livelli informativi (elementi virtuali e multimediali, dati geolocalizzati, ecc.) all’esperienza reale di tutti i giorni. Gli elementi che "aumentano" la realtà possono essere aggiunti attraverso un dispositivo mobile, come un telefonino di ultima generazione. 13 È possibile scaricare la versione elettronica del manuale al seguente indirizzo internet: http://www.brainmeld.org/TeachingGuideLibrary/BrainMeld-AgeOfEmpires-Newmark.pdf


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Esistono sistemi aperti che permettono ad un formatore di realizzare Adventure Games in ambiente digitale (software per computer), come per esempio E-adventure e, inoltre, strumenti che permettono di sviluppare giochi nella (cosiddetta) realtà aumenta per consolle mobili Sony Psp e smartphone I-Phone, grazie ai quali, il giocatore usa la propria periferica mobile per esplorare il mondo e ricevere attraverso di essa informazioni maggiori rispetto agli oggetti che lo circondano. La piattaforma <e-Adventure>, per esempio, è un progetto di ricerca volto a facilitare l’integrazione dei giochi educativi e le simulazioni nei processi educativi classici e negli ambienti di apprendimento virtuali (VLE). È stato sviluppato dalla <e-UCM>, gruppo di ricerca sull’ e-learning presso l’Universidad Complutense de Madrid, con tre obiettivi principali: riduzione dei costi di sviluppo di giochi educativi, integrazione di funzionalità specifiche per l’apprendimento in uno strumento di sviluppo per videogame e promozione dell’integrazione di giochi didattici nei corsi e-learning. E-Adventure (Figura 5) permette la creazione di giochi di avventura interattivi "punta e clicca" fornendo un ambiente di sviluppo completo che segue l’insegnate/sviluppatore in tutto il processo di creazione del gioco, dalla definizione degli scenari, alle regole ed ai contenuti, sino all’esportazione del progetto finito per l’integrazione in sistemi di e-learning quali SCORM, Docebo etc. I ricercatori che hanno sviluppato E-Adventure sostengono che l’utilizzo di giochi di avventura interattivi rende il processo di apprendimento non solo più divertente, ma stimolano la cooperazione e la competizione, promuovono lo sviluppo di un apprendimento adattivo e possono fornire, anche, un meccanismo di valutazione innovativo delle competenze apprese.

Figura 5. Schermata della finestra di progettazione del software E-Adventure

Nella stessa categoria di sistemi aperti per realizzare giochi basati sul principio della realtà aumentata troviamo RoboProf 14. Quest’ultimo è un sistema integrato di 14

Sito internet: http://www.nac.unina.it/wandbot


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sensori, attuatori e software con il quale è possibile costruire degli ambienti di realtà aumentata da utilizzare per finalità ludiche, educative e riabilitative. In sostanza, RoboProf consente di potenziare i consueti spazi di vita (stanza dei giochi, aule scolastiche, palestre, ecc.) con degli oggetti che, se toccati e stimolati dall’utente-giocatore, rispondono in vario modo (producono suoni, accendono luci, aprono scatole, attivano filmati, fanno muovere dei robot, ecc.). Con tale strumento l’educatore/formatore può predisporre una sorta di caccia al tesoro “tecnologica” dove i giocatori-allievi sono stimolati ad esplorare attivamente l’ambiente in cui sono immersi e, lo stesso comportamento esplorativo, li mette progressivamente in contatto con vari contenuti educativi e didattici. Per esempio, si possono impegnare i discenti ad acquisire il lessico di una lingua straniera, a risolvere problemi logico-matematici di crescente complessità, o apprendere relazioni concettuali tra vari tipi di oggetti. Attualmente, RoboProf è un prototipo in fase di sperimentazione presso strutture italiane quali scuole e laboratori per la riabilitazione cognitiva e centri di divulgazione scientifica.

Figura 6. Immagine che mostra un allestimento realizzato con RoboProf per una manifestazione di divulgazione scientifica

Nella stessa categoria di Roboprof troviamo svariate forme di applicazione dei QRCode (Figura 7). Un Codice QR (in inglese QR Code) è un codice a barre bidimensionale a matrice, composto da moduli neri disposti all’interno di uno schema di forma


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quadrata. Tali codici vengono impiegati per memorizzare informazioni generalmente destinate ad essere lette tramite un telefono cellulare, uno smartphone o una consolle portatile da gioco come la Sony Psp. Il nome QR è l’acronimo dell’inglese quick response (risposta rapida), in virtù del fatto che il codice fu sviluppato per permettere una rapida decodifica del suo contenuto. Tale applicazione trova già largo consento nei curricula didattici poiché, la semplicità d’uso di questo strumento, permette di fornire in maniera immediata un link (collegamento) ad un contenuto multimediale. Molti insegnanti aggiungono ai paragrafi dei normali libri di testo delle etichette QRCode, così da fornire all’alunno degli approfondimenti in formato multimediale (solitamente link a siti web o video) all’argomento trattato. La realizzazione del codice QR avviene attraverso un apposito software mediante il quale si genera un’immagine contente il collegamento a cui dovrà rimandare il codice, dopodiché si procederà a stamparla su carta comune o adesiva e successivamente la si potrà applicare su qualsiasi supporto o oggetto (libro, quaderno, cartine geografiche, tavole periodiche etc.) Questo tipo di strumento si sta diffondendo per la semplicità d’uso ma, soprattutto, per il fatto che la decodifica di tali codici richiede una periferica ormai alla portata di tutti come un moderno telefono cellulare.

Figura 7. Esempio di codice QR

II.5 Conclusioni

In questo capitolo abbiamo sinteticamente presentato e classificato quali tipologie di videogiochi, ambienti di programmazione, serious games possono rappresentare delle nuove esperienze didattiche-formative. Abbiamo, inoltre, cercato di definire come le nuove tecnologie per l’apprendimento possono essere integrate all’interno di un piano formativo. È necessario affermare che la classificazione proposta non è da intendersi con la definizione di categorie rigidamente esaustive. Infatti, esistono giochi di ruolo che incorporano simulazioni al computer, o sistemi “chiusi” che permettono all’utente un elevato grado di personalizzazione. Inoltre è da considerare che le tecnologie proposte vogliono essere solo una utile palestra per il formatore che, acquisita dimestichezza, potrà ricercare consapevolmente e in autonomia la soluzione più adatta al proprio contesto didattico.


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PARTE SECONDA COME UTILIZZARE LE NUOVE TECNOLOGIE: UN MODELLO DI FORMAZIONE

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III. Un modello di training per l’utilizzo delle nuove tecnologie Luigia Simona Sica, Maria Luisa Nigrelli, Orazio Miglino

III.1 Introduzione L’obiettivo di questo capitolo è quello di fornire un percorso di formazione all’utilizzo delle nove tecnologie in contesti di apprendimento. Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, i processi di insegnamento/apprendimento si basano ampiamente sulle pratiche educative ed utilizzano, per compiersi al meglio, le tecnologie fornite dal livello di sviluppo del momento. Tuttavia, nei tempi attuali, l’utilizzo delle nuove tecnologie in vari contesti di apprendimento ci è sembrato seguire una logica estemporanea e poco strutturata, basata più sull’iniziativa dei docenti interessati agli sviluppi tecnologici che su un programma validato e dai risultati certi. Per questo motivo, attraverso il progetto T3 cui si è fatto più volte riferimento in questo testo, si è prodotta una sperimentazione di un modello formativo in differenti contesti di apprendimento (università, scuole e aziende), che ha condotto alla definizione di un vero e proprio programma di formazione. In questo capitolo descriveremo sinteticamente il risultato della sperimentazione effettuata nel progetto T3, descrivendo la procedura di formazione cui si è approdati in seguito alla sperimentazione europea (Sica, Rega, Nigrelli, Miglino, 2011). Nei capitoli successivi, afferenti alla terza parte di questo volume, verranno presentati nel dettaglio i trials svolti nel corso del progetto nei tre contesti europei. Questi capitoli potranno essere utilizzati come esempi per comprendere concretamente come progettare, condurre e concludere un programma di formazione. III.2 Perché formare all’utilizzo delle nuove tecnologie I principi che regolano i programmi d’insegnamento e formazione, come si è visto dettagliatamente nel capitolo I., tengono conto non soltanto del profilo del docente e delle esigenze del discente, ma anche del contesto in cui l’interazione educativa/formativa si produce e dei mezzi che vengono utilizzati per promuoverla. La finalità, inoltre, di ogni processo di formazione è quello di conseguire dei risultati ottimali, che si traducono, in pratica, nel conseguimento di un buon apprendimento da parte dei discenti sia in termini di comprensione che in termini di repricabilità e di utilizzo dei contenuti appresi.


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Per questo motivo, cioè tenendo conto di questa finalità basilare, è opportuno scegliere ed utilizzare i mezzi più adatti per promuovere l’apprendimento (Sica, Delli Veneri, Miglino, in stampa). Oltre agli strumenti didattici e formativi tradizionali, perciò, è possibile introdurre degli strumenti tecnologici innovativi che possano introdurre, nei tradizionali curricula didattici, nuove modalità di produzione di conoscenza, stimolando la motivazione all’apprendimento non soltanto in termini “estrinseci”, ma anche in termini “intinseci”, di interesse, piacevolezza, ‘giocosità’ nell’apprendimento. Con ciò non si vuol sostenere che interesse, piacevolezza e giocosità non si possano produrre, ottenere e stimolare anche attraverso le metodologie didattiche più tradizionali, ma si ritiene che in alcuni contesti specifici, e soprattutto facendo riferimento alle generazioni di giovani contemporanee, l’utilizzo delle nuove tecnologie possa rappresentare un tramite comunicativo più vicino a quello utilizzato nei contesti informali, nella vita quotidiana. Riteniamo, cioè, che l’integrazione delle nuove tecnologie possa costituire un momento di apertura ad una nuova strumentazione comunicativa ormai ampiamente esistente in altri ambiti del vivere quotidiano, una via di sperimentazione di nuove modalità di produzione di conoscenza e, non in ultimo, la possibilità di stimolare creativamente la produzione di nuove idee e di nuove forme di sperimentazione didattica. Ma per giungere all’utilizzo in contesti reali delle nuove tecnologie, bisogna iniziare facendo un passo indietro, cioè partendo non dalla sperimentazione diretta nei contesti di apprendimento, ma dalla formazione dei formatori, degli insegnanti, di quanti intendano utilizzare le nuove tecnologie nelle proprie classi. Questa formazione, inoltre, ci sembra ancor più urgente dal momento che nella maggior parte dei casi i formatori, i docenti, gli insegnanti non posseggono (per ragioni generazionali, culturali, anagrafiche) quella familiarità all’utilizzo delle tecnologie che, invece, in molti casi, posseggono i discenti. III.3 La proposta di un modello di formazione Per i motivi sopra esposti proponiamo un percorso di formazione dei formatori. Ci focalizziamo, cioè, prima sulla formazione dei docenti e poi, indirettamente, sull’applicazione delle nuove tecnologie nei contesti scolastici, aziendali e universitari veri e propri. I formatori sono, pertanto, il nostro primo obiettivo formativo. Il programma di formazione in 6 giorni proposto qui di seguito, si basa, come è stato già accennato, sulla sperimentazione effettuata in contesto europeo. Pertanto, possiamo sostenere che esso ha una sua validità, conduce ad effetti concreti e, soprattutto, è realizzabile operativamente in tempi brevi, accogliendo l’interesse dei formatori. III.3. a A chi è indirizzato Questo percorso di formazione può essere utilizzato in ogni contesto formativo, cioè in ogni contesto in cui l’obiettivo sia quello di produrre non solo apprendimento


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rispetto ad un argomento (inteso come aumento ed ampliamento di conoscenza teorica), ma anche acquisizione empirica della conoscenza, tramite sperimentazione. Nell’ambito del nostro progetto T3, è stato sperimentato con docenti scolastici, docenti universitari, e formatori aziendali e, in tutti i casi, i risultati sono stati positivi. Come leggerete nell’ultimo capitolo di questo testo, il programma ha destato l’interesse dei formatori, li ha stimolati all’utilizzo delle tecnologie in contesti reali di apprendimento, è stato tradotto operativamente nella creazione di curricula didattici specifici, ha motivato gli insegnanti ad inserire alcune specifiche tecnologie nei propri metodi didattico/formativi. In sintesi, ha condotto a quei risultati incoraggianti che ci hanno sostenuti nel proporre il medesimo programma di formazione come base per la costruzione di curricula formativi, da modificare ed adattare in funzione delle specifiche situazioni di insegnamento/apprendimento reali. III.3. b Prima di iniziare Vogliamo, a questo punto, prima di introdurci nel percorso di formazione, ricordarvi che ogni contesto di apprendimento ha bisogno di flessibilità da parte del docente, necessita di una pregressa conoscenza del contesto, tale da consentire la pianificazione di un percorso che tenga conto delle risorse, dei punti di forza, ma anche dei limiti e delle carenze degli utenti. Ogni pratica didattica/formativa/pedagogica si basa su questa conoscenza del contesto e sulle capacità di flessibilità e di accordo con il contesto dell’insegnante /docente/ formatore. Ogni programma, pertanto, va inteso come una guida, uno spunto, una spinta per la creazione e l’adattamento di un proprio specifico percorso. Tuttavia, l’esistenza di alcune linee guida, nel percorso di formazione all’utilizzo delle nuove tecnologie, già sperimentate e codificate consente di avere una base da cui partire e una traccia per non perdersi in iniziative incongrue o poco efficienti. Mantenere un equilibrio tra la creatività individuale e la traccia di linee guida già prescritte è quanto vi invitiamo a fare! Inoltre, vi ricordiamo che il processo di creazione della conoscenza non è mai un processo unidirezionale, in cui qualcuno trasferisce semplicemente un contenuto a qualcun’atro, ma è soprattutto un processo di co-costruzione di significati e contenuti in cui tutte le parti sono coinvolte e partecipano attivamente alla produzione del sapere. Pertanto, docenti e allievi sono parimenti coinvolti nel processo d’insegnamento/ apprendimento ed entrambi sono coinvolti nella costruzione del percorso da seguire per perseguire il comune obiettivo di saperne di più riguardo uno specifico argomento. III.4 Operazioni fondamentali: conoscere le tecnologie e scegliere le più appropriate Per proporre l’utilizzo di nuove tecnologie in un contesto qualsiasi di apprendimento bisogna conoscere le potenzialità delle tecnologie, le loro funzioni, comprendere


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a cosa servono e come si usano e valutarne l’effettiva appropriatezza d’uso nei propri contesti “classe”. Quindi invitiamo tutti i formatori, preliminarmente, ad esplorare le nuove tecnologie, sperimentando alcuni giochi, utilizzando alcuni sistemi di realtà aumentata. Per fare questo potrete trovare utili indicazioni nel capitolo II di questo volume e nei contenuti interattivi presenti in rete. ⇒ Consulta i contenuti on-line al link: http://www.t3.unina.it/videototurial !

Esplorare il funzionamento delle tecnologie scelte, infatti, consente di comprenderne i vantaggi e gli svantaggi, le potenzialità e i limiti, ma anche gli effetti che il loro utilizzo produce sul discente. La scelta della tecnologia, poi, come si è approfonditamente sottolineato nel capitolo II, è un momento molto delicato che deve tener conto dell’appropriatezza delle funzioni delle tecnologie con le finalità per le quali la si intende utilizzare. Non tutte le tecnologie, infatti, assolvono alle medesime finalità didattico/formative, e non tutte le tecnologie posseggono le medesime modalità di manipolazione e le medesime potenzialità di intervento da parte del docente/formatore. E’ importante, perciò, che leggiate approfonditamente le funzioni delle diverse tipologie di tecnologia prima di pianificarne l’utilizzo (vedi capitolo II) e la pertinenza con i processi di apprendimento che s’intendono stimolare e facilitare (vedi figura 1 capitolo II). Dopo aver scelto e sperimentato la tecnologia più appropriata alle proprie finalità didattico/formative, è possibile pianificare l’utilizzo e la sperimentazione delle tecnologie nei contesti di apprendimento che il formatore /docente ha a disposizione. III.5 Dove, come, per quanto tempo: i sei giorni di formazione Nella tabella 1 sono sintetizzati i 6 step proposti per la formazione all’utilizzo delle nuove tecnologie. Si propongono 6 giorni, o sei incontri, della durata di circa sei ore ciascune, all’interno dei quali si procede dalla familiarizzazione e riflessione sulle nuove tecnologie alla sperimentazione nei contesti. Una versione dettagliata di tale programma è descritta nel capitolo successivo. In quest’ultimo verrà utilizzato il contetso scolastico come esempio di contesto formativo, ma l’approccio metodologico è trasferibile ed utilizzabile in ogni contesto che voglia promuovere l’apprendimento utilizzando nuove tecnologie. Potrete pertanto utilizzare come guida quanto dettagliatamente riportato nel capitolo IV. Esempi specifici di applicazione del modello in contesti scolastici, universitari e aziendali vengono forniti nella terza parte di questo volume. Pertanto, quando riportato in tabella 1 costituisce una guida sintetica ai passi principali di formazione dei formatori.


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Tab. 1 – Il programma di formazione

III.6 Prima e dopo: l’importanza della valutazione Ogni percorso compiuto con una finalità precisa, come nel caso della pianificazione di un percorso didattico/formativo, necessita di un confronto tra un prima e un ‘dopo’, cioè della possibilità di valutare e verificare se gli obiettivi prefissatu siano stati conseguiti in tutto, in parte o, anche, per nulla. Questo della valutazione è un elemento molto importante, che fornisce indicatori utili per la modifica del programma, ma anche per scoprire quali possano essere le esigenze reali degli allievi, quali le capacità che si siano effettivamente stimolate attraverso il programma, e, quindi, anche per valutare in futuro come procedere sulla strada della creatività e dell’innovazione nei processi di insegnamento. Per questo motivo, vi proponiamo di utilizzare prima dell’inizio dell’intervento formativo, dei materiali utili a raccogliere informazioni (vedi Appendice a), da affiancare a questionari specifici che consentano di descrivere una base di partenza degli utenti rispetto allo specifico contenuto che si intende promuovere con il percorso di formazione. Alla fine della formazione v’invitiamo ad utilizzare nuovamente alcuni materiali/questionari per verificare l’efficacia della formazione, unitamente a vostri questionari specifici che vi consentano di verificare l’effettivo aumento (in termini sia quantitativi che qualitativi) della conoscenza rispetto allo spefico contenuto che si intendeva promuovere con l’utilizzo delle nuove tecnologie (vedi Appendice b).


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III.7 Conclusioni In questo capitolo abbiamo presentato i principi guida di un modello formativo per formatori. L’approfondimento di tale schema è descritto nel capitolo IV. Il modello proposto è la base applicabile in contesti scolastici, universitari, aziendali. In ogni pianificazione, tuttavia, bisogna tener conto di alcuni elementi legati al contesto ed agli utenti, e finalizzare la scelta delle tecnologie da utilizzare agli obiettivi formativi ed alla motivazione degli utenti. Si raccomanda, inoltre, di effettuare una valutazione ‘pre’ e ‘post’ formazione, per ottenere indicazioni su formazioni successive, suggerimenti per l’implementazione delle nuove tecnologie in contesti reali, per la creazione di curricula personalizzati e creativi. Si ricorda, inoltre, che lo step più importante è quello di imparare a familiarizzare con le nuove tecnologie, consapevoli che queste costituiscono dei mezzi, degli strumenti, degli artefatti che consentono di trasmettere contenuti e crearne di nuovi. Esse non sono contenuti di per sé e non si sostituiscono al dialogo continuo tra formatore/formato, docente/discente. Questi, infine, costituiscono un unico sistema all’interno del quale la conoscenza si co-costruisce e non si trasferisce soltanto. Riferimenti bibliografici Sica, L. S., Delli Veneri, A., Miglino, O. (in stampa) “Exploring new technological tools for education: Some prototypes and their pragmatical classification”. In Elvis Pontes (eds.),E-learning / Book 1 , Technological Research Institute of São Paulo (IPT), São Paulo, Brazil. ISBN 979953-307-241-7. Sica, L.S., Nigrelli, M.L., Rega, A., Miglino, O. (2011). The “Teaching to Teach with Technology” Project: Promoting Advanced Games Technologies in Education. Proceedings International Conference “The future of Education”, Firenze, Italy: Simonelli Editore - University Press, vol. 2, 169-173.


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IV. Un modello di training per l’utilizzo delle nuove tecnologie (un’applicazione nei contesti scolastici) John Jessel

IV.1 Introduzione L’ambiente scolastico è un contesto unico in termini di ampiezza degli utenti cui si rivolge e di responsabilità.A differenza di altri ambienti di lavoro o ambiti educativi, le scuole nel Regno Unito, e in molti altri paesi, hanno la responsabilità di far acquisire agli studenti conoscenze e competenze e di sviluppare le loro conoscenze in diversi campi o materie, facendoli maturare come studenti individui espressivi e creativi.Il programma scolastico, inoltre, è uno strumento mirato a soddisfare il benessere morale degli studenti ed è finalizzato al loro sviluppo in quanto cittadini a pieno titolo. La scuola deve andare incontro anche a studenti provenienti da contesti sociali diversi con interessi, abilità, età e vari livelli di maturità.Nel corso della loro carriera scolastica, gli studenti si saranno sviluppati notevolemente e in molti modi diversi.Indipendentemente dalla tecnologia usata, le implicazioni di tale aspetto per i metodi di insegnamento e di apprendimento sono enormi. Nel presente capitolo verranno esaminate le sfide relative all’introduzione di nuove tecnologie. Inizialmente verranno illustrate le problematiche collegate alla ricerca di opportunità per adottare e sviluppare l’uso di nuove tecnologie da parte di scuole e insegnanti. Quindi verranno esposte alcune considerazioni in merito all’elaborazione di un programma di formazione per insegnanti teso a utilizzare le suddette tecnologie in modo efficace per l’apprendimento degli studenti. In considerazione dell’ampia gamma di esigenze cui devono far fronte le scuole, sarebbe sorprendente se l’introduzione di nuove tecnologie nell’ambiente scolastico avvenisse efficacemente e uniformemente ovunque secondo le previsioni auspicate. Di fatti, nonostante cospicui investimenti, l’uso delle tecnologie innovative e dell’e-learning è relativamente frammentario (Ofsted, 2009). Inoltre, ogni scuola è diversa: se è vero che una determinata tecnologia didattica può funzionare in un dato ambiente, ciò non significa che essa funzioni in un altro contesto. La necessità di un’integrazione efficace delle tecnologie nel programma scolastico britannico è stata una preoccupazione ricorrente di diversi governi nel corso degli ultimi anni. In un documento strategico pubblicato nel 2005 si asseriva che il futuro sviluppo delle TIC nell’istruzione avrebbe potuto "trasformare l’insegnamento e l’apprendimento, contribuendo a migliorare i risultati per bambini e ragazzi tramite la condivisione di idee, lezioni più coinvolgenti e la fornitura di assistenza online ai professionisti


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interessati" (DfS, 2005: 4). Sebbene da allora sia cambiato il governo e nonostante lo Schools White Paper, il Libro bianco sulle scuole (DfE, 2010), non menzioni direttamente il ruolo della tecnologia, la pervasività e la diffusione delle tecnologie rese disponibili da iniziative avviate in seguito alla Strategia scolastica del 2005 solleva questioni chiave sul ruolo che può continuare a svolgere la tecnologia. Per quanto riguarda la promozione dell’uso delle nuove tecnologie digitali in ambito scolastico, perché l’innovazione in termini didattici e di apprendimento sia efficace, essa non può avvenire isolatamente. Da tempo si è giunti alla conclusione che l’innovazione relativa all’introduzione di nuove tecnologie comporta nuovi materiali, nuove pratiche e nuove credenze e conoscenze (Fullan & Smith, 1999).Ciò significa che sapere usare nuovi hardware o software non basta per permettere agli insegnanti di impiegare efficacemente la tecnologia in classe.In particolare, come affermato da Oswald (2003), sono le questioni pedagogiche anziché i cambiamenti tecnologici a svolgere un ruolo essenziale ai fini dell’introduzione delle tecnologie nelle aule.Data l’attuale disponibilità di tecnologie avanzate, l’apprendimento dell’uso di nuove attrezzature potrebbe essere acquisito mediante un utilizzo personale delle stesse.Ciononostante, per colmare il divario tra tale utilizzo e l’effettivo utilizzo in aula, è necessario che gli insegnanti sviluppino la conoscenza delle pratiche pedagogiche in diversi aspetti della loro pianficazione, attuazione e valutazione (Ertmer & Ottenbreit-Leftwich, 2010).La nozione di innovazione nell’ambito del Progetto T3, trova quindi espressione tanto negli approcci didattici divulgati quanto nelle tecnologie stesse. Tuttavia, esiste un ulteriore elemento riguardante l’introduzione efficace di nuove prassi relative alle tecnologie che sono ampiamente e facilmente disponibili nel mondo reale: gli insegnanti e gli studenti vivono già in un mondo pervaso dal linguaggio e dai prodotti dell’innovazione. Pertanto, questi avranno già sviluppato determinate conoscenze, cognizioni e percezioni al riguardo derivanti da una serie di fonti. Operiamo, perciò, in un contesto caratterizzato da atteggiamenti e aspettative che devono essere riconosciuti e gestiti. Un programma didattico di successo, quindi, oltre a tenere conto della tecnologia e della pedagogia, dovrà prendere in considerazione anche le dinamiche sociali e cultuali a cui tutti gli attori coinvolti, partner del Progetto T3 inclusi, non potranno che contribuire. In sintesi, lo sviluppo di pratiche innovative è un processo potenzialmente articolato e complesso che deve essere negoziato anziché imposto. IV.2 Il contesto scolastico Nel Regno Unito, il Progetto T3 si concentra sull’istruzione secondaria tradizionale. Si tratta di una tappa importante che precede l’accesso degli studenti al proseguimento dell’istruzione superiore, come l’ammissione all’università, e durante la quale ci si attende che questi lavorino in maggior misura indipendentemente. Per quanto riguarda l’uso della tecnologia, è in questa fase che la definizione di modelli più produttivi relativi all’impiego della tecnologia può recare benefici a lungo termine.


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Le scuole secondarie britanniche generalmente sono frequentate da studenti con svariati interessi e abilità e provenienti da diversi contesti; aspetti, questi, rispecchiati dalle esigenze richieste agli insegnanti. Gli studenti generalmente rientrano in una fascia d’età compresa tra gli 11 e i 18 anni che, per i primi cinque anni (e dunque fino ai 16 anni di età), seguono un’ampia gamma di materie previste dal programma scolastico prima di specializzarsi in un numero più ristretto di materie per i loro ultimi due anni di studi (fino al compimento del 18º anno). Gli insegnamenti sono ampiamente basati su diverse materie rivolgendo particolare attenzione a materie di base come matematica, inglese e scienze. Alcune materie possono essere interdisciplinari (e assumere la forma di un progetto) e ad esse possono affiancarsi altri lavori che coinvolgono più discipline, sebbene questi casi siano meno frequenti. Per studenti fino ai 16 anni di età, le scuole hanno l’obbligo di soddisfare i requisiti del programma scolastico nazionale che stabilisce le diverse materie impartite. Sebbene per ogni materia vengano definiti concetti e contenuti, le scuole possono tuttavia adottare diversi approcci e materiali didattici.Oltre a tenere assemblee regolari con gruppi più numerosi di studenti, molte scuole dispongono anche di un breve periodo di assistenza, o “tutoring”,fornita su base giornaliera che si affianca al disbrigo di questioni amministrative come l’iscrizione degli studenti. Inoltre, possono avere luogo attività di carattere più generale o di natura pastorale. Le scuole coinvolte nel progetto erano situate a Londra, o nelle vicinanze della capitale, e possono essere considerate istituti per lo più tradizionali. Ad eccezione di un istituto per sole ragazze e di una scuola maschile, il resto delle scuole partecipanti era costituito da scuole non selettive frequentate da allievi di entrambi i sessi e provenienti da svariati contesti sociali. Le principali strutture informatiche di tali scuole, per lo più standard, consistevano di una o due aule informatiche dotate di circa trenta terminali e in grado quindi di consentire un accesso individuale a ogni studente per le classi che ne richiedevanol’utilizzo.Un’ulteriore dotazione di questi istituti, rappresentativa della tendenza attuale, era costituita da una serie di computer portatili che potevano essere presi in prestito e utilizzati durante le normali lezioni. Oltre a un elevato numero di computer, la maggior parte delle aule era dotata di un terminale collegato a un proiettore. Tutti i computer erano collegati in rete e l’accesso alle attrezzature informatiche al di fuori dell’orario di lezione era solitamente limitato a pochi computer situati in luoghi come la biblioteca ed eventualmente disponibili durante gli intervalli tra una lezione e l’altra, ma solitamente non al termine delle lezioni. Selezione di una tecnologia da sviluppare da parte degli insegnanti. Anziché imporre l’uso di una determinata tecnologia, a prescindere dalle necessità espresse, è stata svolta un’indagine iniziale volta a scoprire quali tecnologie avrebbero potuto essere considerate innovative o avanzate, oltre che disponibili in quel dato momento, e tesa a individuare eventuali benefici derivanti da un ulteriore sviluppo del loro impiego. Il personale del City Learning Centre responsabile della zona è stato consultato in merito all’indicazione di possibili tecnologie selezionabili. Il centro ha sostenuto lo sviluppo dell’impiego delle tecnologie digitali in tutte le scuole della zona di Londra rientranti nell’ambito di sua competenza. Il personale del centro ha


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collaborato da vicino con gli insegnanti con una certa frequenza e regolarità ed era ritenuto al corrente dei bisogni attuali e delle preoccupazioni delle classi. Si è, inoltre, ritenuto importante consultare direttamente gli insegnanti in merito alle tecnologie da usare considerate potenzialmente interessanti e si sono tenuti colloqui individuali con gli insegnanti delle scuole candidate per individuare altre tecnologie consigliate. Questi strumenti hanno messo in luce un diffuso interesse nei confronti dello sviluppo dell’impiego del Virtual Learning Environment (VLE, ambiente virtuale di apprendimento). Tale tecnologia soddisfaceva inoltre una necessità espressa dalla strategia dell’allora Ministero dell’istruzione del Governo britannico (DfES, 2005) con cui si invocava un’infrastruttura digitale comune o una "piattaforma di apprendimento" a sostegno della trasformazione e della riforma scolastica.Anziché optare per un unico prodotto, si è pensato a piattaforme di apprendimento in grado di includere una serie di strumenti, di applicazioni integrate basate sul web e di servizi online interattivi. Tali piattaforme, note anche come “Virtual Learning Environment” o, talvolta, con il nome di “Managed Learning Environment” (MLE, ambiente gestito di apprendimento) o di “Managed Virtual Learning Environment” (MVLE, ambiente virtuale gestito di apprendimento), miravano a fornire a insegnanti, studenti, genitori e ad altre parti coinvolte nell’istruzione, le informazioni, gli strumenti e le risorse necessari a sostenere e a potenziare l’insegnamento e l’apprendimento, nonché la gestione e l’amministrazione di tali attività (Jewett et al., 2009). I VLE sono generalmente limitati a un istituto e, pertanto, ritenuti relativamente sicuri e consentono di fornire diversi diritti a studenti, insegnanti e ad altri potenziali utenti più remoti come genitori e tutori. Blackboard e Moodle sono sistemi ampiamente conosciuti nel settore universitario britannico, ma anche sistemi come Frog, Fronter e SIMS Learning Gateway sono disponibili in diverse scuole.Malgrado esistano differenze tra questi sistemi, la maggior parte di essi dispone delle strutture illustrate in precedenza e, ai fini del presente articolo, i VLE verranno trattati genericamente. Negli anni successivi all’adozione della Strategia scolastica britannica per il 2005, i VLE sono stati introdotti nei settori dell’istruzione primaria e secondaria e il numero di scuole dotate di tali strutture in Inghilterra e Galles è aumentato costantemente. Secondo un sondaggio condotto da Becta nel 2010, la percentuale di istituti provvisti di un VLE era pari al 67% per le scuole primarie e al 93% per quelle secondarie: un dato, questo, che ha comportato dunque un aumento del 14% rispetto all’anno precedente (Becta, 2010). Sebbene allo stato attuale l’uso dei VLE abbia relativamente preso piede nelle università e nei college (UCISA, 2008; 2010), non si può affermare altrettanto per le scuole (Ofsted, 2009). Secondo il sondaggio realizzato da Becta nel 2010, se è vero che il loro impiego per caricare e immagazzinare risorse didattiche digitali e compiti da svolgere a casa sia frequente, le funzioni di comunicazione tra studenti e i forum di discussione vengono utilizzati più di rado. La stessa inchiesta ha segnalato inoltre che quasi tre quarti del personale direttivo delle scuole secondarie consideravano l’uso di una piattaforma di apprendimento una priorità fondamentale per il triennio successivo (Becta, 2010).


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Esiste pertanto un certo margine di esplorazione del potenziale della tecnologia dei VLE, affinché tali ambienti possano essere utilizzati in modo da soddisfare le più diverse esigenze delle scuole in termini di piani di studio e di approcci all’insegnamento e all’apprendimento. Sul piano dell’innovazione, l’importanza dei VLE deriva dalla loro connettività, in quanto i sistemi basati su computer offrono funzioni quali posta elettronica, bacheche di annunci e newsgroup, oltre a strumenti che consentono di conservare e presentare i materiali didattici.Per molti versi, e in controtendenza rispetto all’Internet dell’ultimo decennio, quale espressione della tecnologia Web 2.0, questi ambienti permettono scambi “many-to-many” o “interattivi” anziché presentare la caratteristica comunicazione unilaterale di massa delle trasmissioni “one-to-many” (Selwyn, 2008). IV.2. a Analisi dei bisogni Al termine delle discussioni iniziali sulla possibile tecnologia candidata, è stata distribuita un uetionario sull’analisi dei bisogni comprendente un breve sondaggioa un campione di 30 insegnanti rappresentativi di diverse materie e con diversa esperienza didattica presso le 5 scuole partecipanti al Progetto T3. Il questionario usato a tale scopo è stato elaborato in modo tale da individuare il tipo di tecnologia disponibile, il suo effettivo utilizzo in quel dato momento e la percezione del grado di innovazione della tecnologia stessa o del suo utilizzo. Altre domande vertevano su tecnologie di cui gli insegnanti si erano detti interessati ad approfondirne l’uso. Per quanto riguarda il VLE, si è rilevato che tale tecnologia era disponibile in tutte le scuole interpellate e che era stata usata da circa la metà (17) degli insegnanti. Malgrado tutti gli insegnanti percepissero questa tecnologia come "innovativa", solo tre degli intervistati affermò di considerare il suo utilizzo tale. La maggior parte degli interpellati (28) si dichiarò interessata ad approfondire lo studio del VLE. Un ulteriore fattore del VLE ritenuto interessante era dato dalla sua capacità di inglobare una serie di tecnologie di altro tipo e, in particolare, ne veniva riconosciuto il potenziale comunicativo collegabile alle capacità di espressione scritta e di lettura offerte dalle tecnologie Web 2.0. Alcuni insegnanti, ad esempio, reputavano l’uso di YouTube in classe come innovativo e vedevano nell’impiego di questo tipo di strumento un elemento integrabile nel VLE.Analogamente, si riteneva che si sarebbero potuti stabilire dei collegamenti anche tra l’uso di dispositivi portatili come smartphone e PlayStation Portable e gli ambienti virtuali di apprendimento. IV.2. b Il VLE come principale tecnologia in esame Data l’ampia diffusione degli ambienti virtuali di apprendimento e l’interesse dimostrato nei confronti di tale strumento, venne deciso di concentrarsi sul VLE nel quadro del Progetto T3. Un ulteriore vantaggio del VLE era rappresentato dalla


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possibilità di svilupparne l’impiego nell’ambito di una materia e tra più discipline del programma scolastico unitamente alle tecnologie ad esso associate. Il lavoro del progetto si è pertanto concentrato sulle questioni legate all’impiego del VLE in un periodo in cui ci si attende che la tecnologia rivesta un ruolo di primo piano nell’apprendimento. In particolare, si è rivolta attenzione alla funzione comunicativa del VLE in un’epoca in cui le strategie atte a metterne in pratica il potenziale di apprendimento risultano relativamente inesplorate. IV.2. c Elaborazione di un corso di formazione Data la scelta del VLE quale tecnologia da adottare, le sfide principali a cui fare fronte sono duplici. Innanzitutto, devono essere individuate, sviluppate ed attuate le strategie per il suo utilizzo efficace nel contesto scolastico. A tale esigenza è collegata inoltre la necessità di comprendere più approfonditamente il motivo per cui tale tecnologia possa o meno funzionare come previsto in diversi contesti didattici e, alla luce di tale considerazione, occorre elaborare metodi potenzialmente in grado di definire modalità e metodologie capaci di sfruttare i contributi particolari che la tecnologia dell’e-learning potrebbe fornire. In secondo luogo, lo sviluppo di un uso della tecnologia innovativo deve avvenire in modo tale da conferire un certo potere agli insegnanti. A tale riguardo è inoltre opportuno cercare di rivolgere attenzione alla comprensione dei problemi che i docenti si ritrovano ad affrontare in aula. Oltre ai fini principali di cui sopra, si è tentato anche di monitore il funzionamento del corso a livello insegnante-studente e di valutare in che modo il lavoro si sarebbe potuto integrare con il personale direttivo e sul piano politico. Per quanto riguarda il contesto scolastico, per ogni singola materia, gli studenti frequentano lezioni distribuite nell’arco di diversi mesi e talvolta caratterizzate da argomenti che potrebbero non essere correlati a quelli trattati in altre discipline. Ciò è in contrasto con alcuni dei programmi intensivi di formazione più brevi esistenti nel settore. Il valore di una data tecnologia può essere incrementato se questa è impiegabile per un certo periodo di tempo e adattabile a seconda delle diverse necessità di una determinata materia. A sua volta, la valutazione dell’efficacia della tecnologia deve includere diversi risultati in termini di apprendimento, alcuni dei quali conseguibili lentamente (e non sempre facilmente identificabili) in un lasso di tempo più lungo. L’utilizzo distribuito nel tempo, contrapposto a quello intensivo, coinvolge diverse parti del programma scolastico ed è contraddistinto da un’ampia gamma di risultati di apprendimento che potrebbero concernere svariate modalità di impiego di una tecnologia, Gli insegnanti potrebbero avere bisogno di tempo per stabilire in che modo determinate tecnologie possono essere applicate e usate efficacemente con un elevato numero di studenti e la disponibilità delle risorse può essere limitata. La disponibilità e l’affidabilità limitate delle risorse possono anche compromettere un utilizzo abituale generalizzato o coerente di una data tecnologia.Malgrado a livello


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universitario alcuni di questi problemi possano essere compensati dalla possibilità degli studenti di accedere a tale tecnologia al di fuori del normale orario di lezioni, queste problematiche potrebbero essere meno facili da risolvere nelle scuole secondarie dove un accesso a dispositivi di questo tipo in orari alternativi potrebbe essere estremamente limitato. IV.3 I principi del corso Gli insegnanti come esperti Lo sviluppo dell’uso di una tecnologia in ambito scolastico non solo richiede esperienza riguardo all’impiego della tecnologia stessa, ma anche un’esperienza relativa al piano di studi da insegnare e del contesto scolastico e, non ultima, inerente alle aspettative che possono essere nutrite nei confronti di un gruppo di studenti estremamente diversificato. Un corso di formazione deve pertanto riconoscere l’esperienza degli insegnanti e partire da essa. Cuban (2001) ritiene le prospettive degli insegnanti uno strumento essenziale ai fini di un’integrazione efficace della tecnologia in classe. A tale riguardo, Cuban si è reso conto che i tipi di domande poste dagli insegnanti che prendono in considerazione l’impiego delle tecnologie informatiche nelle proprie classi riguardano l’affidabilità e la versatilità delle tecnologie stesse, l’eventuale possibilità di usare tali tecnologie in più di una situazione didattica e il possibile indebolimento della propria autorità a seguito del loro utilizzo. Senza rivolgere attenzione a tale tipo di questioni, vi è il rischio che si ripetano gli insuccessi nell’adozione di una nuova tecnologia già registrati in passato. Oltre al programma degli insegnanti, esiste poi, ovviamente, quello del corso di formazione. Anziché essere visti in contrapposizione tra loro, tali programmi possono essere considerati in termini del perseguimento di uno scopo comune. In questo modo è possibile andare incontro alle esigenze degli insegnanti sul piano del mantenimento della propria autorità dando vita a un corso di formazione negoziato in base a tali necessità piuttosto che imposto. Nel Capitolo 1, l’idea che la pratica didattica potesse trarre giovamento dalla condivisione di un obiettivo professionale comune da parte di individui coinvolti in uno stesso percorso didattico e di apprendimento veniva presa in considerazione in relazione al concetto di comunità di pratica (Lave & Wenger, 1991; 1998).Tale idea viene ripresa anche dall’asserzione di Newmann, King e Young (2000) secondo cui è possibile pervenire a un’innovazione in ambito lavorativo aderendo a una comunità professionale di questo tipo. Per quanto attiene alle nuove tecnologie, è inoltre opportuno fare riferimento alla visione di comunità di pratica proposta da Schlager e Fusco (2004) quale entità in grado di evolversi e autoriprodursi, oltre che diversa dalle strutture organizzative formali e caratterizzata da una portata più ampia rispetto a queste. I membri di una comunità possono provenire da diverse organizzazioni e associarsi per motivi sociali e professionali. Nuove pratiche possono essere apportate all’interno della comunità da leader, nuovi arrivati e soggetti esterni e venire quindi adottate dalla comunità previa discussione da parte dei suoi membri e in seguito all’evoluzione delle loro pratiche nel corso del tempo. Dalla prospettiva di una


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comunità di pratica, il lavoro e lo sviluppo professionale sono indissolubilmente legati ai soggetti con cui si lavora. Questa coincidenza di scopi può essere ritenuta fondamentale ai fini dello sviluppo di pratiche innovative. Gli insegnanti porteranno la loro esperienza al gruppo, così come coloro che hanno maturato esperienza nel campo della tecnologia impiegata forniranno il proprio contributo. In tal senso il corso di formazione può essere considerato alla stregua di una comunità di pratica in cui esperti collaborano per approfondire le proprie conoscenze. Questo processo di sviluppo, tuttavia, è anche in continua evoluzione: ad esempio, Mueller et al. (2008) affermano che, poiché le tecnologie disponibili sono soggette a costanti sviluppi, gli insegnanti si ritrovano a vestire i panni di "perpetui novizi" nel processo dell’integrazione delle tecnologie. Tale osservazione di Mueller et al. è applicabile anche al ruolo del formatore che ha il compito di presentare la tecnologia in questione. Gli insegnanti e gli specialisti in tecnologie possono pertanto essere considerati esperti e neofiti allo stesso tempo: si tratta di un principio guida importante sul piano dell’approccio adottato nei confronti del corso del Progetto T3. Formazione in loco e sostenibilità Le esigenze didattiche possono variare considerevolmente da scuola a scuola. Sebbene i requisiti del Programma scolastico nazionale vadano necessariamente soddisfatti, le modalità di rispetto degli stessi varierà e potrà dipendere, ad esempio, dai materiali e dalle risorse disponibili.Conseguentemente, risultano evidenti i benefici dello svolgimento di un corso di formazione tenuto, nella misura del possibile, nel contesto scolastico solitamente utilizzato dagli insegnanti e tenendo conto dei metodi didattici e dei materiali impiegati in diverse aree del piano di studi. Da qui il motivo per cui si è ritenuto che lo svolgimento fuori sede di un corso di formazione uniforme o comune per un unico gruppo avrebbe potuto rivelarsi meno efficace. Malgrado fosse più dispendioso in termini di lavoro, si giudicò che i costi sarebbero stati compensati dall’indipendenza da strutture di terze parti e che si sarebbero registrati benefici, soprattutto, sul piano del livello di impegno e di coinvolgimento ottenibili. La formazione poteva essere adeguata in funzione delle condizioni e delle necessità locali con un maggior elemento di realismo. Questo approccio è supportato da una dimostrazione empirica dell’efficacia dello “apprendimento professionale autentico” situato all’interno del posto di lavoro (Webster-Wright, 2009). In questo contesto possono emergere problemi veri affrontati da individui nell’esercizio della propria professione (Burbank & Kauchak, 2003).Si pensò che questo tipo di formazione impartita in loco avrebbe potuto coinvolgere gli insegnanti in modo tale da spingerli, a loro volta, a divulgare o a trasmettere le abilità acquisite ad altri colleghi dello stesso istituto. Ciò ha diverse implicazioni sul piano della sostenibilità ed è in linea con la crescente tendenza delle scuole a conseguire uno sviluppo professionale continuo dall’interno delle scuole stesse. Collegata più formalmente a livello politico, ad esempio tramite un piano di sviluppo scolastico, vi è poi la possibilità di dare vita a un modello capace di autoperpetuarsi.


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Orientamento al programma scolastico Un fattore particolarmente importante per i docenti è dato dal programma scolastico insegnato e dal riconoscimento, almeno parziale, degli obiettivi del piano di studi da parte del corso di formazione impartito nel contesto scolastico.Sebbene la natura e il contenuto di un programma scolastico possano variare, l’elemento chiave è quello di introdurre la tecnologia da adottare come un’entità separata dall’utilizzo che ne viene fatto. Malgrado siano stati fatti diversi tentativi per insegnare informatica come materia a se stante, il successo di questo approccio decontestualizzato dipende largamente dalla capacità degli studenti di applicare quanto appreso ad altre discipline di studio.Hammond e Mumtaz (2001), ad esempio, hanno segnalato come, adottando questa impostazione, non solo fosse improbabile raggiungere gli obiettivi di apprendimento delle varie applicazioni informatiche, ma come il trasferimento di quanto appreso nella materia di informatica ad altre discipline fosse spesso problematico. Così, considerata l’importanza dell’orientamento alle singole materie del programma scolastico per l’istruzione secondaria, le strategie adottate nell’ambito del Progetto T3 furono concepite per andare incontro a tale obiettivo.Poiché il programma scolastico può inoltre includere elementi interdisciplinari, nonché l’istruzione personale, sociale, sanitaria ed economica (la cosiddetta PSHE) ed altre attività impartite al di fuori dell’aula come sessioni di tutoring, si decise di inserire questi aspetti anche nell’elaborazione di un approccio improntato al piano di studi. Punto di partenza del corso fu quindi la volontà di collegare sin dall’inizio i metodi innovativi agli attuali obiettivi del programma scolastico e alla loro valutazione. In tal modo, l’uso delle tecnologie poteva essere considerato una componente essenziale capace di contribuire al consolidamento di quanto insegnato, anziché un mero argomento interessante ma, in ultima analisi, prescindibile nel momento in cui gli insegnanti si ritrovavano a far fronte a esigenze più pressanti. Trasformazione del programma di studi Una rigida aderenza al programma scolastico esistente, tuttavia, è un approccio caratterizzato da una natura estremamente conservatrice e non sarebbe riuscito a tenere conto di nuove sfide e pratiche derivanti dall’impatto della tecnologia stessa. In tal senso anche il grado di trasformazione e di consolidamento del piano di studi devono essere ritenuti aspetti importanti.L’adozione di un approccio improntato al programma di studi deve essere dunque vista come un punto di partenza. Il concetto di trasformazione del programma di studi comporta una serie di domande in merito a cosa si intenda per “programma scolastico” accompagnate da opinioni ampiamente divergenti al riguardo (ad es., Marsh, 2009; Pinar, 2004). Sul piano formale, un programma scolastico può specificare gli obiettivi di apprendimento previsti nel corso di un piano di studi. Interpretato alla luce di quest’ottica, il programma scolastico non sarebbe altro che un elenco di contenuti, una sorta di sommario, sprovvisto di indicazioni che consentano di distinguere tra temi ritenuti più importanti o secondari. Se ciò che deve essere appreso viene visto semplicemente come


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un insieme di contenuti, allora l’istruzione diviene una questione di trasmissione o assimilazione dei contenuti e di modalità con cui perseguire tali fini nel modo più efficace possibile (Blenkin et al., 1992). L’idea di un programma di studi come conseguimento di un “prodotto finale” è emersa dal lavoro di studiosi come Bobbitt (1918; 1928) e Tyler (1949). Tale nozione si collegava strettamente all’analisi di varie attività suddivise in componenti gestibili sistematicamente.Molti programmi di formazione dell’epoca vertevano dunque sulla gestione sistematica dell’adozione di queste componenti all’interno del proprio ambito lavorativo. Sebbene questa impostazione possa essere stata accolta come una formula efficace e funzionante per determinati gruppi di dipendenti in particolari contesti lavorativi, essa lascia agli studenti pochissimo spazio in termini di espressione della propria “voce in capitolo” e di possibilità di agire in modo creativo. Estremizzando la questione, inoltre, risulta evidente come venga ridotto fortemente anche il margine di manovra dell’insegnante che si ritrova ad assumere il ruolo di mero amministratore. Più recentemente, si è riconosciuta l’influenza ancora attuale di elaborate serie di prodotti finali o di obiettivi comportamentali sviluppati da studiosi quali Bloom (1956), secondo cui gli obiettivi e le competenze dell’apprendimento devono rimanere un elemento vivo del discorso educativo. Seppure la possibilità di specificare e valutare i contenuti dell’apprendimento con precisione sia indubbiamente attraente, spesso tale approccio viene criticato a causa dell’eccessiva importanza attribuita a lunghi elenchi di competenze secondarie facilmente misurabili, laddove si corre il rischio di relegare a un secondo piano un livello superiore dell’apprendimento che presuppone la risoluzione di problemi e la creatività: aspetti più difficili da esprimere in modo soddisfacente come obiettivi comportamentali (Kelly, 2009; Marsh, 2009). Un’alternativa al modello improntato al prodotto è data da un modello incentrato sul processo (Stenhouse, 1975) in base al quale alunni e insegnanti possono decidere attivamente la natura delle attività didattiche in cui sono coinvolti e in cui viene posta maggiore enfasi sulle abilità di apprendimento,considerata la collaborazione tra studenti e docenti. Questo modello consente inoltre di innalzare il livello di attività in termini di coinvolgimento cognitivo tramite la risoluzione di problemi e la creatività e permette all’insegnante di esprimere la propria visione didattica. Come riconoscerebbe lo stesso Stenhouse, perché questo modello sia efficace, all’insegnante possono essere richiesti maggiori sforzi e il reperimento di contenuti adatti ad alcuni argomenti inerenti alle attività svolte può rivelarsi difficoltoso (Neary, 2002). Il ruolo svolto dal contesto sociale in relazione al programma scolastico è stato enfatizzato e definito da Cornbleth (1990: 5) come “un processo sociale continuo costituito da interazioni di studenti, insegnanti, conoscenze e ambiente”. Analogamente, se studente e insegnante hanno modo di definire attivamente il programma scolastico, diverse caratteristiche come stili di apprendimento, punti di forza, preferenze ed età influenzeranno il modo in cui le persone riceveranno, creeranno e condivideranno le conoscenze e, di conseguenza, avranno un impatto sul programma scolastico stesso (Dede, 2005).Lungi dall’essere un’entità fissa e prestabilita, il piano di studi può dunque essere visto come qualcosa di negoziabile e forgiato dal contesto.


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Le tecnologie comunicative caratteristiche del Web 2.0, inoltre, consentono una flessibilità ancora maggiore sul piano della definizione del programma scolastico. Le esperienze del programma scolastico, infatti, non si limitano più allo spazio fisico della scuola o dell’aula.Come indicato da Kennedy (2005), esiste un crescente divario tra la conoscenza "ufficiale" impartita a scuola e quella del "mondo reale" messa a disposizione degli studenti dalla tecnologia. Si tratta di una questione che, a sua volta, solleva questioni legate al programma scolastico in cui il controllo individuale risulta più forte. Un “programma scolastico nascosto”, derivante dall’esposizione a un ambiente fisico o sociale, o la “cultura e l’ethos di un’organizzazione” come una scuola, possono comportare una serie di norme, credenze, attitudini, valori e aspettative acquisibili (Seddon, 1983).Allo stesso modo, l’impatto della tecnologia sul modus operandi dell’apprendimento può dare vita a un programma scolastico “occulto” in cui gli atteggiamenti nei confronti della conoscenza, i suoi arbitri e la sua disponibilità vengono dati per scontati e, di conseguenza, sono in grado di incidere su aspetti più formali del piano di studi. In sintesi, il programma scolastico non è un’entità concordata singolarmente. Potrebbe non esserci un parere unanime riguardo ai contenuti del programma e al modo in cui questi debbano essere impartiti.Inoltre, se è vero che alcuni aspetti del programma scolastico possono essere soggetti a un controllo cosciente, altri potrebbero eludere tale controllo.Ne deriva che la tecnologia potrebbe avere conseguenze di grande impatto in modi più o meno prevedibili. A sua volta, anche l’esperienza di apprendimento può risentire degli effetti dell’esistenza e dell’uso della tecnologia.Talvolta l’impiego della tecnologia potrebbe potenziare l’apprendimento in termini di maggiore efficienza e affidabilità. D’altro canto, considerate le diverse forme che possono essere assunte da un programma scolastico, l’uso della tecnologia potrebbe condurre a una trasformazione del piano di studi stesso. Dal tutto alla parte I dispositivi tecnologici possono sembrare molto complessi; l’esplorazione delle opzioni presentate dai menu di applicazioni familiari come software per il trattamento di testi e fogli di calcolo elettronico rilevano subito una pletora di opzioni e funzioni, molte delle quali probabilmente estraneealla maggior parte degli utenti. Il VLE non fa eccezione. Quando ci si ritrova alle prese con questa tecnologia, può apparire intrinsecamente logico analizzarne a fondo il funzionamento e presentare quindi una serie di attività di difficoltà e complessità crescenti in vista del raggiungimento di uno scopo finale: il controllo totale di tale strumento da parte del discente. Questa idea si fonda su un “approccio sistemico”, o progettazione della formazione (Gagné, 1985), basato su un modello gerarchico di compiti e può essere ravvisata nei programmi di formazione. Un’alternativa all’approccio all’uso della tecnologia tramite l’acquisizione graduale di una serie di abilità secondarie è rappresentata dall’adozione di un approccio in cui vengono utilizzate determinate procedure a seconda di una data necessità o intenzione derivanti da un contesto d’uso significativo. Il “concetto” in questo caso riguarderebbe l’apprendimento di una determinata funzione della tecnologia, anziché il


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modo in cui conseguire tale risultato con estrema precisione. Tale approccio può essere collegato a una prospettiva costruttivista (ad es. Brooks & Brooks, 1993) in cui il discente passa dal tutto alla parte cercando modelli di significato più ampi in cui poter integrare nuove conoscenze. È probabile che venga a crearsi un contesto più significativo per l’assimilazione di nuove conoscenze se esso viene stimolato in modo più diretto e interattivo dalle nostre idee personali (Johannsen et al., 1999). L’approccio sistemico e quello costruttivista possono essere visti come le due estremità di una gamma di diversi approcci all’apprendimento e all’insegnamento compresi tra essi. Grubb (2008), ad esempio, fa riferimento a prove sugli effetti positivi di approcci più "equilibrati" applicabili in una serie di contesti di apprendimento e in cui gli insegnanti esercitano un maggiore controllo sul programma scolastico. In questi casi, tuttavia, abilità e procedure specifiche vengono acquisite in combinazione a una maggiore comprensione concettuale. Le idee, le riflessioni e i propositi relativi alle proprie classi che gli insegnanti apportano all’implementazione di nuove tecnologie sono importanti fattori trainanti ai fini della loro adozione. Da qui la necessità di adottare un approccio in grado di enfatizzare il passaggio dal tutto alla parte nel corso di formazione T3.Nonostante si temesse l’insorgenza di problemi dovuti a evidenti lacune in termini di conoscenza del funzionamento della tecnologia in esame, entro il periodo di tempo disponibile si ritenne più produttivo incoraggiare lo sviluppo di un contesto concettuale più ampio in cui poter procedere a un uso più significativo del VLE.Venne infatti stabilito un parallelo con gli utenti esperti di applicazioni come software per il trattamento di testi e fogli di calcolo elettronico che, pur non conoscendone tutte le funzioni, riescono comunque a impiegarli correttamente. IV.4 Un quadro teorico Un’ulteriore considerazione in merito alla progettazione del corso di formazione T3 riguardò la qualità del coinvolgimento e dell’apprendimento degli studenti. Sulla scorta dell’ipotesi già illustrata, secondo cui sono le questioni pedagogiche piuttosto che i cambiamenti tecnologici a svolgere un ruolo essenziale ai fini dell’integrazione efficace della tecnologia (Oswald, 2003), vi sono motivi per illustrare alcune delle diverse prospettive sull’apprendimento alla base della pratica pedagogica. Questi, ovviamente, sono stati presentati nel Capitolo 1 e il diagramma riassuntivo (Figura 1 dello stesso capitolo) è stato considerato una componente centrale del corso. L’intenzione non era quella di presentare in dettaglio le varie prospettive sull’apprendimento, bensì quella di usare il diagramma come un mezzo per attivare i concetti chiave e articolarli.L’idea principale era quella di rivolgere attenzione a una caratteristica principale del quadro teorico: l’enorme versatilità di utilizzo di diverse tecnologie all’interno del contesto di apprendimento. Il quadro teoricoha provveduto soprattutto a illustrare la capacità del VLE in termini di connettività conferendo così un’ulteriore dimensione sociale e collaborativa all’apprendimento. Questo contesto, quindi, consente la mappatura di una data tecnologia ovunque all’interno di uno spazio


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sociale e paradigmatico in base alle sue modalità di utilizzo; non esiste un impiego “giusto” o “sbagliato” di una tecnologia. In altre parole è l’"uso della tecnologia" anziché la tecnologia stessa ad essere raffigurata nello spazio delineato dal diagramma riassuntivo. A un livello più teorico, le sessioni hanno incluso aspetti quali l’individuazione degli obiettivi di apprendimento e le opportunità di valutazione, nonché considerazioni in merito al ruolo dello studente, dell’insegnante e della tecnologia in rapporto ad essi. IV.4. a Esperimenti sul campo Contestualmente allo svolgimento dei workshop vennero programmati esperimenti sul campo con studenti e insegnanti comprendenti prototipi di risorse e metodi. Si prevedeva che tali prove avrebbero fornito un importante feedback e avrebbero consentito di perfezionare possibili strategie didattiche derivanti dai materiali impiegati. Questi esperimenti avrebbero inoltre offerto l’occasione di includere la prospettiva degli studenti all’interno del Progetto. IV.5 Sintesi L’attuazione di un programma di formazione di successo deve avvenire su più livelli. Occorre rivolgere attenzione alla capacità di un’istituzione qualela scuola di accogliere l’innovazione. La natura dell’innovazione stessa deve essere considerata attentamente eseguendo, nella fattispecie, un’analisi delle necessità per giungere alla scelta di una tecnologia adeguata.Lo sviluppo di prassi innovative comporta dei costi in termini di risorse della scuola, soprattutto per quanto riguarda la disponibilità degli insegnanti e, di conseguenza, l’effetto che tale attività può sortire sulla continuità didattica da parte di un personale esperto e fisso a vantaggio degli studenti. L’innovazione si inserisce invariabilmente nel contesto di altre iniziative, pressioni o cambiamenti all’interno di un’istituzione anziché avvenire isolatamente. In base a tali considerazioni, è opportuno concordare gliambiti in cui introdurre l’innovazione e la tempistica della loro implementazione.Collegata a tale aspetto, vi è l’ampia varietà di esigenze richieste a una scuola, molte delle quali non sono prevedibili e devono essere soddisfatte giorno per giorno. Ne consegue che potrebbe essere necessaria una certaflessibilità di programmazione per la fornitura del corso. A quanto detto si aggiunge la progettazione del programma di formazione stesso. Sostanzialmente i formatori non si limitano semplicemente a trasmettere un bagaglio prestabilito di conoscenze: questi collaborano con gli insegnanti; entrambi sono esperti ed entrambi possono essere novizi che apprendono gli uni dagli altri mettendo in comune programmi scolastici, insegnamenti ed esperienze di natura tecnica. Pertanto il concetto diformazione può essere ridefinito come attività creativa realizzata congiuntamente. Creando qualcosa di nuovo tutti i partecipanti hanno modo di avvertire un senso di coinvolgimento rispetto a quanto viene prodotto durante il


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corso. Da tale aspetto può emergere un senso di responsabilità collettiva nei confronti delle sessioni di formazione.I benefici della formazione in loco sono stati illustrati unitamente alle loro implicazioni in termini di sostenibilità. L’importanza del contesto in cui ha luogo la formazione è espressa tramite un approccio improntato al piano di studi, ma si tratta soprattutto di un approccio che riconosce la possibilità di unatrasformazione del programma scolastico. Si ammette inoltre come un significativo coinvolgimento nel processo dell’apprendimento umano sia in grado di sfidare una logica che vuole l’apprendimento come mera acquisizione di informazioni nozionistiche come quelle richieste per l’utilizzo di un dispositivo tecnologico. L’alternativa a questo approccio “dalla parte al tutto” è dunque quella offerta dal passaggio a un approccio “dal tutto alla parte”. Il tutto può essere visto come il perseguimento di uno scopo comune e significativo all’interno di una comunità di pratica. Infine, per quanto riguarda la pratica pedagogica che accompagna inevitabilmente l’utilizzo di una nuova tecnologia, si è sostenuta la necessità di un quadro teorico riassuntivo sulle prospettive dell’apprendimento. Il riquadro 1 illustra la proposta di un corso sviluppato sulla scorta dei suddetti principi. Il corso si è svolto alla presenza degli insegnanti all’interno delle proprie scuole ed è stato sperimentato con gli studenti e monitorato attentamente. I dati di tale corso vengono presentati e discussi nel Capitolo 5. Riquadro 1 Proposta di struttura del programma didattico (scuole britanniche) 1ª giornata Presentazione del Progetto, del contesto e dei relativi scopi e obiettivi. Viene illustrato un approccio all’utilizzo della tecnologia improntato al programma scolastico: in altre parole, il corso mira all’uso della tecnologia per potenziare e sviluppare il programma scolastico o piano di studi insegnato dai docenti. Vengono discusse le implicazioni di tale approccio e chieste le opinioni dei docenti in merito ad argomenti specifici del corso a cui si potrebbe affiancare l’utilizzo della tecnologia in esame. Vengono illustrati i modelli di apprendimento e l’uso di nuove tecnologie: presentazione di un diagramma raffigurante un quadro teorico da cui estrapolare aspetti cognitivi e sociali dell’apprendimento. Vengono presentate le modalità di classificazione dell’uso della tecnologia in relazione al paradigma educativo e alle abilità di apprendimento sociali/collaborative. Illustrazione dell’intenzione di elaborare una mappatura delle tecnologie usate in questo spazio bidimensionale nel diagramma del quadro teorico finalizzata a sfruttare il più possibile tali dimensioni.


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Presentazione di esempi della tecnologia e dei principali concetti alla base del suo utilizzo. Tale presentazione non verte su come utilizzare la tecnologia; dettagli sul funzionamento di tale tecnologia e di natura tecnica vengono forniti in un secondo momento e nel contesto della programmazione del corso. Gli insegnanti collaborano in gruppo per individuare tramite il dialogo possibili aree del programma scolastico e obiettivi o risultati di apprendimento a cui potrebbe essere applicata la tecnologia scelta. Si tratta di una sessione destinata alla raccolta di idee: la tecnica da adottare è quella di annotare il maggior numero possibile di idee senza cercare di filtrarle in base alla loro idoneità, praticità, ecc. Le idee vengono quindi riesaminate in funzione del loro grado di adeguatezza e della loro realizzabilità. La tecnologia viene presentata più dettagliatamente: ciò può avvenire svolgendo una semplice attività, fornendo un semplice esempio di una risorsa basata sulle idee iniziali degli insegnanti, oppure esaminando l’utilizzo della tecnologia su modelli di studenti. Vengono selezionate e considerate altre idee realizzabili dal punto di vista della loro sequenzialità e tempistica per quanto attiene a una determinata parte del programma scolastico previsto. I risultati di apprendimento vengono considerati sul piano della loro importanza percepita (vengono dunque esclusi altri risultati secondari) e viene considerato il potenziale in termini di valutazione formale dei progressi degli studenti rispetto al raggiungimento di tali risultati. Sessione plenaria: gli insegnanti condividono le questioni chiave emerse e le collegano alle questioni teoriche e pedagogiche illustrate precedentemente nel corso della giornata. Gli insegnanti individuano possibili documenti o altri materiali di cui avranno bisogno per proseguire il loro lavoro con la nuova tecnologia durante la sessione successiva. 2ª giornata L’obiettivo principale della sessione di questa giornata si concentra sullo sviluppo dispecifiche applicazioni della tecnologia selezionata al programma scolastico. La sessione si basa sullo svolgimento di un workshop e agli insegnanti potrebbe essere richiesto di portare documenti riguardanti i programmi scolastici di cui si devono occupare nei propri corsi. La sessione ha inizio con un dibattito volto a chiarire i risultati dell’apprendimento previsti e le risorse da preparare. Il valore di questo dibattito è rappresentato dalla condivisione di idee e approcci finalizzata ad aumentare la consapevolezza degli insegnanti nei confronti delle possibilità offerte da una particolare tecnologia. Gli insegnanti ideano e preparano risorse, metodi di lavoro e piani didattici da usare con i propri studenti. Ciò avviene in ridotti sottogruppi di docenti con interessi comuni. In linea con il principio del lavoro con una tecnologia improntata al programma scolastico, è probabile che tale attività richieda riferimenti dettagliati ai


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documenti del corso e ad altri materiali didattici solitamente impiegati dagli insegnanti. Il tutor svolge un ruolo di sostegno condividendo informazioni e conoscenze tecniche. Gli insegnanti testano le risorse e i loro metodi di utilizzo vicendevolmente o suddivisi in sottogruppi per ottenere feedback al riguardo. Vengono discusse idee per un ulteriore sviluppo e un perfezionamento dei metodi e delle risorse e vengono individuate le relative attività da svolgere nel corso della sessione seguente(a tale scopo potrebbe essere necessario prendere in considerazione altri esempi di nuove tecnologie o di software). Ha quindi luogo un dibattito generale e una discussione e una condivisione delle idee relative ai metodi didattici e ai ruoli della tecnologia, dell’insegnante e dello studente nel contesto dell’uso della tecnologia. Gli insegnanti individuano e notano aspetti relativi all’uso della tecnologia che desiderano trasmettere ad altri insegnanti che non hanno mai usato tale tecnologia. Gli insegnanti collaborano con il tutor alla stesura di un documento che raccoglie i suddetti punti. 3ª giornata Vengono discussi i principali risultati dell’apprendimento previsti e del loro conseguimento tramite la tecnologia. Viene considerata la collocazione sulla mappa dei risultati dell’apprendimento nell’ambito dello spazio bidimensionale del quadro teorico. Vengono discussi opportunità e metodi di valutazione di tali risultati. Prosegue il lavoro sull’ideazione e il perfezionamento di risorse, metodi di lavoro e piani didattici. Gli insegnanti testano le risorse, inclusi i loro metodi di utilizzo, vicendevolmente per ottenere feedback al riguardo. Vengono discusse idee per sviluppare e perfezionare ulteriormente metodi, risorse e mezzi di valutazione. Sono individuate ulteriori attività inerenti alle suddette questioni da svolgere nel corso della sessione successiva. Ha quindi luogo un dibattito generale e una discussione e condivisione delle idee relative alle risorse e ai metodi didattici rivolgendo particolare attenzione ai metodi di valutazione. In particolare viene esaminato in che misura i metodi di valutazione riescono a rilevare aspetti quali il grado di comprensione, la capacità di risoluzione di problemi e la creatività, oltre alla ritenzione delle conoscenze. Lo sviluppo di abilità discrete viene considerato in funzione a quanto sviluppato specificatamente dagli insegnanti e alla possibilità di un ulteriore sviluppo o dello svolgimento di attività collegate alla tecnologia. Gli insegnanti individuano e notano ulteriori aspetti relativi all’uso della tecnologia e alla sua valutazione che desiderano trasmettere ad altri insegnanti che non hanno mai usato tale tecnologia.


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4ª giornata Gli insegnanti cominciano con un breve riepilogo dei principali risultati dell’apprendimento previsti, dei metodi di valutazione degli stessi e del loro conseguimento tramite la tecnologia. Viene discusso il ruolo dello studente come collaboratore all’apprendimento, anziché del suo ruolo in quanto individuo. Le implicazioni della dimensione sociale nell’ambito dell’apprendimento vengono discusse in relazione al quadro per l’innovazione e alla cultura dell’apprendimento o della comunità che gli insegnanti potrebbero voler sviluppare tra i propri studenti. Riguardo all’idea di una cultura dell’apprendimento ha luogo un dibattito in merito al grado di applicazione agli studenti dei principi andragogici individuati nel quadro teorico e relativo al contesto di insegnamento e di apprendimento in considerazione delle modalità di interazione offerte dalle nuove tecnologie. In linea con il quadro per l’innovazione, vengono discusse questioni di valutazione più ampie comprendenti il coinvolgimento tra pari e vengono individuate opportunità per l’uso di tali metodi. Vengono ultimati materiali, risorse e metodi per lo svolgimento di esperimenti iniziali con gli studenti. Tale attività comprende valutazioni programmate riguardanti le capacità degli studenti di dimostrare quanto appreso, i criteri di valutazione degli studenti e i metodi di registrazione dei dati. Vengono discussi e presentati i metodi di raccolta dei dati utilizzabili da parte degli insegnanti nel periodo di sperimentazione iniziale. Gli insegnanti individuano e notano ulteriori aspetti relativi all’uso della tecnologia che desiderano trasmettere ad altri insegnanti che non hanno mai usato tale tecnologia. (PERIODO DI SPERIMENTAZIONE INIZIALE – I docenti insegnano parte del corso avvalendosi della tecnologia e procedono alla raccolta di dati) 5ª giornata Vengono valutati i metodi e i materiali presentati e sperimentati con gli studenti. Tale valutazione può dipendere da fattori come richieste di risorse, facilità d’uso della tecnologia e relativa affidabilità, periodo di pianificazione necessario, possibile numero di studenti partecipanti contemporaneamente ad ogni sessione di formazione, risultati conseguiti dagli studenti, feedback fornito dagli studenti, ecc. Viene discusso, pianificato o attuato qualsiasi possibile ulteriore sviluppo di risorse, metodi di lavoro e piani didattici da usare con gli studenti alla luce della valutazione (1 ora). Vengono discussi, pianificati e perfezionati il metodo didattico e le strategie volte a consentire l’adozione di ruoli efficaci da parte dell’insegnante, dello studente e della tecnologia nel contesto dell’uso della tecnologia stessa (30 minuti).


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Vengono discussi, pianificati o perfezionati il processo di valutazione e i criteri di valutazione degli studenti (1 ora). Viene riesaminata la trattazione dell’area del programma scolastico considerata o si passano in rassegna i possibili utilizzi di una data tecnologia all’interno del piano di studi. Sono identificate altre aree di sviluppo e vengono preparati materiali o metodi utilizzabili in un ulteriore periodo di sperimentazione. Per quanto attiene alla sperimentazione iniziale, gli insegnanti individuano e notano ulteriori aspetti relativi all’uso della tecnologia che desiderano trasmettere ad altri insegnanti che non hanno mai usato tale tecnologia. (ULTERIORE PERIODO DI SPERIMENTAZIONE – Gli insegnanti si avvalgono di materiali o metodi sviluppati o perfezionati ulteriormente o continuano con altre parti del corso in cui vengono usati tecnologie o metodi innovativi e procedono alla raccolta di dati) 6ª giornata Viene valutata l’efficacia dei metodi e dei materiali perfezionati o aggiuntivi. Si procede alla compilazione di un breve questionario sulla progettazione e sull’utilizzabilità del software. Si tratta dell’ultima sessione per un ulteriore sviluppo di risorse, metodi di lavoro e piani didattici da usare con gli studenti alla luce della valutazione.Allo stesso modo vengono perfezionati il metodo didattico e i ruoli dell’insegnante e dello studente nel contesto dell’uso della tecnologia, nonché il processo di valutazione e i criteri di valutazione degli studenti. Vengono ultimate le risorse didattiche, compresa la redazione di materiali esplicativi, o le interfacce utenti che consentono l’utilizzo delle risorse anche ad altri insegnanti. Per quanto attiene alla sperimentazione iniziale, gli insegnanti individuano e notano ulteriori aspetti relativi all’uso della tecnologia che desiderano trasmettere ad altri insegnanti che non hanno mai usato tale tecnologia. Gli insegnanti continuano a lavorare con il tutor per ultimare il documento comprendente punti rilevanti tra cui quelli relativi alla valutazione e alle dimensioni sociali dell’apprendimento. Si discutono metodi per permettere agli insegnanti di divulgare i contenuti appresi ai propri colleghi e vengono raccolti i punti fondamentali da allegare al suddetto documento. Si procede a una valutazione del Programma didattico T3 basata sugli obiettivi e sui criteri specificati nel Documento sulla metodologia T4.1 e viene utilizzato il questionario di valutazione del corso del punto T4.2.


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PARTE TERZA ESEMPI OPERATIVI:

GLI STUDI PILOTA IN GRAN BRETAGNA, SPAGNA E ITALIA

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V. Pratiche innovative e tecnologia: la formazione come sintesi creativa (un’esperienza di formazione per insegnanti in Gran Bretagna). John Jessel

V.1 Introduzione Il presente capitolo approfondisce quanto illustrato nel Capitolo IV ove vengono gettate le basi per l’elaborazione di una proposta di un corso volto a incoraggiare l’adozione e lo sviluppo di un utilizzo innovativo delle tecnologie per l’apprendimento nel contesto delle tradizionali aule scolastiche britanniche. In questo capitolo si passerà ad esaminare gli ambienti scolastici e il modo in cui sono state tradotte in pratica alcune delle idee e delle strategie iniziali tese allo sviluppo di impieghi innovativi delle tecnologie digitali avanzate. In esso verranno inoltre illustrati il cambiamento della percezione di dette tecnologie durante il loro utilizzo da parte degli insegnanti e alcune delle modalità di sperimentazione delle stesse con gli studenti. Verranno, quindi, esposte alcune delle idee emerse e si considereranno l’impatto sortito dalla tecnologia sul programma scolastico e alcune delle opinioni espresse degli studenti in merito alle loro esperienze in classe. Il capitolo si rivolge anche a coloro che potrebbero dover tradurre in pratica nuovi sviluppi tecnologici (di qualunque natura) in quanto raccoglie alcuni dei principi rivelatisi efficaci durante l’elaborazione di nuovi utilizzi di tali tecnologie e delinea alcuni degli ostacoli all’innovazione e possibili strategie per farvi fronte. In particolare, viene rivolta attenzione agli impieghi della tecnologia in due diverse materie del programma scolastico: lingua inglese e matematica. La scelta di tali materie è dovuta al fatto che esse presuppongono esigenze estremamente diverse in termini didattici e di apprendimento. Per quanto attiene alla tecnologia adottata, per l’illustrazione dei motivi conducenti alla scelta del Virtual Learning Environment (VLE, ambiente virtuale di apprendimento) come esempio di tecnologia avanzata e di comunicazione, si rimanda al Capitolo IV. Ad eccezione di un’unica scuola che si è avvalsa del portale “SIMS Learning Gateway”, tutte le scuole partecipanti hanno utilizzato il sistema di VLE “Fronter” largamente disponibile in tutta Londra. Entrambi i sistemi offrono le funzioni presupposte da un VLE quali caselle di posta elettronica, bacheche di annunci, forum, chat e newsgroup e consentono l’archiviazione e la presentazione dei materiali dei corsi impartiti. Come già detto, sebbene vi siano differenze tra tali sistemi, entrambi questi ambienti virtuali di apprendi-


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mento vengono trattati in modo generico. Ciò nasce dall’esigenza di rivolgere attenzione ai concetti pedagogici alla base del loro utilizzo anziché dalla volontà di fornire un resoconto dettagliato del possibile funzionamento di ogni sistema. V.2 La selezione delle scuole Le scuole partecipanti sono state selezionate in consultazione con un City Learning Centre responsabile per lo sviluppo dell’e-learning in scuole situate in un’ampia area della South London, la zona più meridionale di Londra. Le scuole hanno, inoltre, collaborato nell’ambito di un programma iniziale di partenariato formativo per insegnanti con il dipartimento universitario addetto al coordinamento della parte britannica del progetto. Complessivamente sono state coinvolte sei scuole secondarie situate a Londra o nelle immediate vicinanze della capitale. Tutti gli istituti partecipanti presentavano caratteristiche tipiche di molte delle normali scuole del centro cittadino: un numero di 600-900 studenti di età compresa tra gli 11 e i 18 anni provenienti da vari contesti sociali e provvisti di competenze diverse. Tutte le scuole partecipanti esemplificavano la complessità di quei grandi istituti che si ritrovano a dover far combaciare tra loro responsabilità diverse allo stesso tempo. Le discussioni iniziali con il personale direttivo e il corpo docente hanno dimostrato che tutte le scuole coinvolte sono soggette al soddisfacimento di obiettivi di rendimento come, ad esempio, il raggiungimento di una determinata percentuale di alunni che abbiano ottenuto voti compresi dall’A alla C in esami statali come il General Certificate of Secundary Education (GCSE) o l’“A” Level. I formatori erano tutti insegnanti pienamente qualificati ed esperti che, mossi da un interesse personale, nel corso della propria attività didattica, avevano acquisito un bagaglio di esperienze e di conoscenze relative all’uso del VLE e delle tecnologie ad esso connesse. I formatori erano inoltre conosciuti nelle scuole in cui è stato impartito il corso. Queste caratteristiche sono state ritenute importanti, non solo in quanto in grado di fornire credibilità al lavoro svolto nell’ambito del progetto T3, ma anche ai fini della selezione delle possibili scuole partecipanti. V.3 Ambiti permeabili all’innovazione Per quanto riguarda la selezione delle scuole e degli insegnanti partecipanti, si è scoperto che l’introduzione dell’innovazione nel contesto scolastico costituisce un processo potenzialmente complesso: le scuole devono infatti integrare tra loro una serie di responsabilità ed esigenze diverse allo stesso tempo. Gli ambiti permeabili all’introduzione di pratiche innovative segnalati dal personale dirigente e dal corpo docente andavano da quelli promossi dalla politica nazionale e locale (introduzione di nuovi piani di studi, nuovi requisiti d’esame, requisiti in termini di competenze di lettura e scrittura e di tipo aritmetico-matematico), a crisi imminenti, stringenti necessità sociali o pastorali fino ad arrivare a modifiche del personale. In altri termini, un programma di


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sviluppo non viene elaborato avulso da un contesto e spesso le sue tempistiche devono coniugarsi ad altre esigenze, circostanze o iniziative; motivo per cui esso deve risultare negoziabile e flessibile. Malgrado la garanzia della disponibilità di risorse finanziarie, si è rilevata necessaria una certa flessibilità per far fronte a esigenze impreviste e non infrequenti nelle scuole coinvolte. V.4 Percezioni del VLE e delle pratiche innovative In tutte le scuole partecipanti, il VLE veniva percepito come un ambito innovativo e onnipresente in termini di applicazione, seppur ampiamente inesplorato. Gli obiettivi del programma scolastico hanno svolto sempre un ruolo fondamentale: ogni metodo innovativo deve essere subordinato al loro raggiungimento (in caso contrario, qualsiasi attività svolta diverrebbe un mero optional). Come avviene per qualsiasi altra innovazione, anziché essere valutati sulla base dei propri meriti, anche gli sviluppi inerenti all’utilizzo delle nuove tecnologie inizialmente vengono considerati in funzione del contributo che essi sono in grado di fornire al programma scolastico. V.4. a Reperibilità degli insegnanti per un periodo di 6 giorni Si è osservato che il rendimento degli studenti dipende dalla continuità e dalla stabilità nell’insegnamento. Inoltre, come avviene solitamente negli istituti tradizionali di molte aree urbane, gli studenti provenienti da differenti contesti sociali, comprese famiglie meno attente ai loro bisogni educativi, presentano una serie di esigenze diverse. Una gestione efficace di tali bisogni da parte di insegnanti esperti e al corrente delle necessità degli studenti risulta quindi essenziale in quanto il comportamento degli alunni potrebbe dare adito a gravi problemi. Conseguentemente non è stato facile reperire insegnanti per lunghi periodi di tempo data la riluttanza dei docenti a cedere le proprie classi ad altri. Per questo motivo, si sono dovute concordare ore straordinarie per il coinvolgimento del corpo docente. Solitamente ciò è coinciso con determinati momenti dell’anno, come la fine delle vacanze estive al termine del periodo degli esami, ovvero il periodo in cui alcuni gruppi di studenti degli ultimi anni avevano già concluso i corsi, per consentire un parziale alleggerimento dell’orario scolastico dei docenti. Si è evinto che gli accordi presi in merito alla disponibilità del corpo docente erano soggetti a modifiche con scarso preavviso a causa di una serie di eventi imprevisti. A tale problema si aggiunge il fatto che l’offerta retributiva da parte del progetto per gli insegnanti coinvolti non figurava tra le principali priorità. In sostanza, malgrado si riconoscesse come i benefici del rendimento degli studenti dipendano dallo sviluppo di nuovi metodi didattici come i programmi scolastici, dall’apprendimento subordinato alla valutazione formale e dal cambiamento dei bisogni sociali, ci si è trovati dinanzi al dilemma riassumibile nella percezione del fatto che i nuovi metodi comportano costi in termini di tempo, continuità didattica, prestazioni degli alunni e risultati degli esami, oltre che costi finanziari.


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V.4. b Insegnanti partecipanti Lo studio condotto nell’ambito del progetto T3 qui illustrato si basa sull’esperienza di lavoro maturata con dodici insegnanti impiegati presso sei normali scuole secondarie situate a Londra e nei dintorni della capitale. Dati gli impegni degli insegnanti al di fuori dell’orario di lezione, riuscire a trovare sei giorni nel corso dei quali fosse disponibile più di un insegnante allo stesso tempo, persino nel periodo meno intenso dell’anno scolastico, si è rivelata un’ardua impresa. In tutte le scuole è stato necessario un certo grado di flessibilità e spesso si è dovuto impartire il corso in unità della durata di mezza giornata o nelle ore serali (alcune sessioni, inoltre, sono state rimandate con breve preavviso). Complessivamente al progetto hanno partecipato 12 insegnanti provenienti da 6 scuole; di questi uno si è dovuto ritirare a causa di un riassetto imprevisto del corpo docente e un altro per motivi di salute. In tre scuole gli insegnanti provenivano dal dipartimento di matematica, il resto era invece costituito da docenti di inglese. Le sessioni si sono tenute in loco all’interno del relativo dipartimento di ogni scuola e hanno visto la collaborazione degli insegnanti e di un formatore del progetto. Analogamente, gli esperimenti con gli alunni sono stati condotti all’interno degli istituti o, in due casi, in centri sportivi locali noti a insegnanti e studenti. I docenti partecipanti, specializzati nelle materie di inglese, matematica e scienze, erano tutti agli inizi o a metà della loro carriera. Inoltre, è stato interpellato anche il personale direttivo delle scuole partecipanti. Oltre ad uno dei formatori, ad alcune sessioni ha assistito anche il coordinatore britannico del progetto quale addetto alla presentazione del contesto teorico iniziale o in veste di responsabile per la raccolta dei dati. V.5 Un approccio all’utilizzo della tecnologia improntato al programma scolastico Per tutti gli insegnanti, un importante punto di partenza è stato rappresentato dalla necessità di collegare l’utilizzo di una nuova tecnologia al programma scolastico esistente. A questo, quale parte integrante del processo di selezione delle scuole partecipanti, si è aggiunta inoltre la scelta di materie ritenute particolarmente interessanti. Nella fattispecie, si sono studiate le applicazioni delle tecnologie VLE all’insegnamento della matematica e della lingua inglese. Le sessioni del workshop hanno seguito il modello delineato nel Capitolo 4 con esempi di utilizzi di tecnologia VLE illustrati durante la prima sessione. Per gli insegnanti le sfide iniziali sono state l’individuazione di una parte del programma scolastico adeguata all’esperimento e l’applicazione dell’uso del VLE a tale area del piano di studi. Tali sfide hanno costituito il principale ordine del giorno di tutte le sessioni. All’uso proposto del VLE sono state affiancate informazioni in merito al quadro teorico concepito per includere gli aspetti sociali e cognitivi dell’apprendimento già illustrati nel Capitolo 1. La dinamica tra i formatori e gli insegnanti, che ha svolto un ruolo centrale durante il corso di formazione, si è riflettuta in un riconoscimento reciproco delle esperienze


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dei soggetti coinvolti. Gli insegnanti non sono stati considerati unicamente come esperti di una determinata materia del programma scolastico, ma ci si è rivolti a loro anche tenendo conto del contesto didattico e delle possibili aspettative degli studenti nei loro confronti. Sebbene i formatori conoscessero a fondo le tecnologie illustrate, è stata la loro esperienza diretta in veste di insegnanti a far sì che si instaurasse un dialogo significativo riguardo all’elaborazione di strategie e di materiali destinati all’apprendimento. Il programma generico di sei giorni ha fornito un utile quadro di riferimento in cui poter sviluppare idee e, al contempo, ha dato prova di possedere una flessibilità sufficiente a soddisfare i bisogni specifici di ogni argomento del piano di studi e di ogni contesto scolastico. Di seguito verranno approfondite in dettaglio le attività svolte in alcune delle sessioni del workshop, ivi incluso il corso impartito nell’ambito del progetto T3. V.5. a Un notiziario radiofonico Due scuole sono state coinvolte in un’attività finalizzata all’applicazione del VLE al programma di lingua inglese relativamente alle abilità funzionali di livello 1 e 2 inerenti alle capacità di espressione scritta e orale e a quelle di comprensione orale. L’attività è stata pianificata seguendo uno schema di lavoro esistente basato su un’iniziativa della BBC, il “BBC School Report” (BBC, 2011), e ha coinvolto alunni dell’8º anno (di età compresa tra i 12 e i 13 anni). Il progetto School Report si prefiggeva come scopo lo sviluppo delle abilità funzionali tramite la realizzazione di un notiziario televisivo destinato a un pubblico reale. Tuttavia, anziché ricorrere a impianti esterni alla scuola quali uno studio di registrazione per la realizzazione del programma e anziché aderire al School Report Day (il giorno indetto quale mezzo di divulgazione dell’iniziativa in concomitanza con altre scuole), la partecipazione al progetto School Day ha assunto la forma di un notiziario radiofonico che ha consentito l’uso del VLE della scuola e di altre tecnologie internamente disponibili come microfoni portatili di registrazione EasySpeak e l’impiego dell’editor audio Audacity. Il programma radiofonico è stato reso disponibile come podcast e l’idea iniziale era che il VLE rivestisse un ruolo chiave nella sua divulgazione. Come vedremo, il VLE ha inoltre conseguito obiettivi didattici chiave e sinora impensabili senza il ricorso a tale ambiente. V.5. b Opinioni preliminari del VLE Come per la maggior parte delle scuole di Londra, il VLE impiegato è stato Fronter. Interpellato riguardo a quale fosse la propria idea preliminare di Fronter, un insegnante ha risposto: “Credo si tratti un ambiente virtuale di apprendimento. Segue il modello di una scuola virtuale dotata di diverse aule e corridoi a cui possono accedere i ragazzi. In alcune di queste classi gli alunni, poi, possono trovare i loro docenti. È come un’aula vera e propria in cui sono disponibili alcune risorse”. In questa fase il potenziale di apprendimento risultava in linea con gli usi più comuni del VLE già menzionati in precedenza: “Ritengo che Fronter sia un ambiente davvero efficace in cui salvare risorse per permettere a quegli alunni che dispongono di un computer a casa di


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proseguire il lavoro iniziato in classe; i ragazzi possono caricare i compiti svolti e consegnarli così all’insegnante perché li valuti”. “Si possono assegnare compiti, caricare risorse didattiche e definire attività in Fronter”. In altre parole, il vantaggio principale del VLE era costituito dalla possibilità degli studenti di accedere a tali risorse da casa anziché dover aspettare che fosse l’insegnante a fornirle. Commenti analoghi riguardo alla natura del VLE sono stati espressi anche da docenti di altri istituti: “Credo sia un modo per comunicare con gli studenti a casa, nonché uno strumento in grado di informare i genitori di quanto avvenga a scuola e di quali siano i compiti da svolgere”. “È un supporto per l’alunno in termini di risorse, ma sul piano dell’apprendimento vero e proprio non credo faccia nulla, non so come fare in modo che diventi una forma di apprendimento interattivo”. V.5. c Notiziario radiofonico Poiché la produzione di un notiziario radiofonico avrebbe richiesto una preparazione iniziale da parte degli studenti affinché questi comprendessero le caratteristiche del mezzo da utilizzare, si sarebbe dovuta rivolgere attenzione agli elementi costitutivi di una notizia di cronaca, al modo in cui reperire una storia da raccontare e all’accorpamento di diverse notizie per dare vita a una sequenza finale. Così si è deciso di selezionare e di caricare file audio e video nel VLE per avviare un dibattito sugli aspetti di cui tenere conto e sulle caratteristiche che rendono questo tipo di programma diverso da altri, date le differenze esistenti tra una trasmissione radiofonica e un programma televisivo. L’argomento scelto per il programma radiofonico è stato quello dell’annuale giornata sportiva scolastica: un evento organizzato verso la fine delle vacanze estive presso uno stadio locale. Sulla scorta di esempi forniti da programmi radiofonici popolari come Newsbeat, il progetto ha compreso aspetti quali le caratteristiche della presentazione di un programma sportivo, il tipo di linguaggio potenzialmente utilizzabile, il tipo di copertura mediatica da adottare, i soggetti che sarebbero stati intervistati e le modalità di utilizzo di diverse tecnologie portatili da parte degli studenti. Durante la giornata sportiva gli studenti si sono quindi recati in esterni e alcuni di loro hanno svolto delle interviste realizzando pod o registrando commenti al microfono che sono stati successivamente montati in Audacity e caricati sul canale podcast della London Grid for Learning (LGfL: una rete appositamente concepita per essere utilizzata da tutte le scuole londinesi) affinché potessero essere poi pubblicati e scaricati. Al fine di garantire una maggiore disponibilità del programma, si è inoltre verificato che i podcast potessero essere scaricati usando lo smartphone di uno degli insegnanti. V.6 Pianificazione dettagliata del lavoro in aula In una fase iniziale della pianificazione, il dibattito si è concentrato sul modo in cui organizzare un incontro della redazione al termine del quale gli studenti potessero


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scegliere le storie migliori o in quale sequenza presentarle e quali meritassero o meno di essere trasmesse. Normalmente questo sarebbe avvenuto sotto forma di una simulazione in loco del dibattito di una redazione editoriale. Tuttavia, anche per questo punto, si è pensato di utilizzare il VLE in modo tale che i dibattiti avessero luogo in una delle chatroom o dei forum di discussione di Fronter. Si è deciso così di dare vita a un forum di discussione online tra studenti seduti a computer situati nella stessa aula. A tale scopo si è stabilita una “regola del silenzio”: gli studenti non potevano parlare tra loro, bensì dovevano comunicare unicamente tramite il forum di discussione. Sebbene ciò potesse apparire strano, l’idea era quella di adottare un approccio completamente diverso nei confronti del dibattito e della collaborazione. In questo modo gli studenti potevano chattare online e reagire immediatamente ai diversi stimoli e alle diverse risorse visualizzabili mediante il VLE. Per citare un insegnante: “È stato molto interessante per far sì che i ragazzi valutassero la loro capacità di condurre i dibattiti e riflettessero riguardo al loro diverso modo di reagire in una discussione in un forum online rispetto al modo in cui lo fanno in un dibattito faccia a faccia. Si esprimono in modo diverso e discutono in modi diversi? Sono più ricettivi alle idee altrui? Hanno più tempo per riflettere su quello che si diranno?”. V.6. a Creazione di un forum La seconda parte dello schema di lavoro dell’iniziativa School Report ha previsto la creazione di una chatroom incentrata sulle domande “Cos’è una storia di cronaca?” e “Quali sono le caratteristiche di una storia di cronaca?”. Parte del tempo è stata dedicata alla selezione di immagini, video e clip audio da utilizzare come spunti di dibattito per gli studenti affinché questi discutessero in merito all’interesse o meno di questi supporti per il pubblico target e riguardo ai motivi alla base di tale scelta. Gli studenti hanno potuto intavolare un dibattito chiedendosi se sarebbe valsa la pena realizzare un reportage di cronaca per adolescenti sulla base dei materiali presentati loro. Questi includevano, ad esempio, immagini o video clip inseriti da YouTube, presenti in forum di discussione diversi e corredati da suggerimenti come: “Esegui una ricerca: qual è la storia di cronaca relativa a questo video?”. In questo modo si sono incoraggiati gli studenti a discutere e ad eseguire ricerche su Internet. V.6. b Un contesto di apprendimento partecipativo L’idea era che un forum concepito adeguatamente sarebbe stato in grado di fornire il contesto in cui gli studenti avrebbero potuto apprendere collaborando tra loro. “Uno dei punti forti di Fronter è quello di essere un mezzo che permette davvero di dialogare e di lavorare insieme. Gli studenti possono collaborare, non tanto perché possono lavorare da casa, ma perché possono intavolare dibattiti online e caricare le proprie risorse e le loro idee e discuterne in gruppo. Inoltre, possiamo organizzare e definire i tipi di gruppi e di dibattiti da affrontare”. Sebbene disponessero di un mezzo di controllo rappresentato dalla definizione dei forum e dei tipi di dibattiti che sarebbero potuti


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nascere e degli argomenti di discussione, i docenti hanno dimostrato grande disponibilità lasciando agli studenti ampia libertà di esprimere qualsiasi idea che venisse loro in mente anziché moderare direttamente il dibattito. “In questo modo, noi insegnanti possiamo stabilire e creare un contesto per il dibattito per poi dare ai ragazzi una certa libertà riguardo all’argomento della discussione. L’idea è che, grazie a questo senso di libertà, gli alunni esprimano idee più interessanti, siano pronti a osare di più o possano alimentare la discussione”. Si pensava che, fornendo questo ampio “margine di manovra”, gli studenti avrebbero sviluppato un maggior senso di coinvolgimento e di appartenenza al gruppo. I tipi di dibattiti e di discussioni che gli studenti avrebbero potuto avviare e il modo in cui questi imparavano gli uni dagli altri non venivano così mediati dall’insegnante e da ciò che questi riteneva interessante o potenzialmente interessante, ma venivano affrontati in modo molto più diretto dagli studenti stessi. V.7 Coinvolgimento degli studenti Molte delle caratteristiche descritte in precedenza si rifanno al modello dell’apprendimento come partecipazione. Inoltre, il concetto di comunità di pratica presentato nel Capitolo 1 si è ricollegato al concetto di autenticità, un elemento ottenuto in questo caso tramite l’uso del VLE, come chiaramente riconosciuto da uno degli insegnanti: “Ovviamente in questo modo ai ragazzi viene fornita la possibilità di discutere del proprio lavoro al di fuori dell’aula ed è così che il progetto School Report pone enfasi sull’aspetto del lavoro di squadra in quanto gli alunni collaborano all’interno di gruppi. Così questi gruppi hanno potuto continuare a lavorare insieme e a discutere anche al termine della lezione, da casa, sentendosi veramente coinvolti nel progetto e formando una sorta di comunità che collabora per il raggiungimento di uno scopo comune”. V.7. a Opinioni successive del VLE Verso la fine del corso si è discusso su come fossero cambiate le idee e le opinioni in merito alle caratteristiche principali del VLE: “Abbiamo scoperto che è la capacità di incoraggiare la collaborazione e la discussione online a fare di Fronter molto più di un semplice strumento per l’archiviazione di risorse online”. Per di più, oltre a favorire la partecipazione all’apprendimento, si è riconosciuto come il VLE sia uno strumento adatto anche a trasmettere la sensazione di avere un pubblico reale a cui rivolgersi: “Un altro vantaggio del VLE, della pubblicazione e della condivisione di file, della rete LGfL e dei canali podcast e video è rappresentato dalla loro estrema immediatezza e dal fatto che i ragazzi possono impiegare le tecnologie in loro possesso usando il telefonino o la Playstation o qualunque altro strumento e rivolgersi così direttamente e immediatamente a un pubblico. Possono realizzare un lavoro e caricarlo su Internet, possono pubblicarlo e condividerlo per poi scaricarlo con il telefonino e mostrarlo alla loro famiglia a casa e a chiunque altro in tutto il mondo”.


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Inoltre, ci si è resi conto che il VLE non era l’unico mezzo disponibile con cui divulgare le attività e che era necessario affiancarlo ad altre tecnologie di comunicazione: “Credevo anche che Fronter sarebbe stato un luogo in cui i ragazzi potessero pubblicare e condividere i loro lavori, ma andando avanti ci siamo accorti che questo non era il modo migliore di utilizzare l’ambiente virtuale di apprendimento e abbiamo individuato altri ambienti in cui i ragazzi possono pubblicare e condividere il loro lavoro usando il sito della LGfL e il canale podcast per diffondere i propri file video. Quindi, in realtà, abbiamo usato un’ampia gamma di software e di siti web diversi a seconda dei diversi scopi”. V.7. b Utilizzo del VLE per l’insegnamento della matematica Quanto osservato nel resoconto più dettagliato del progetto School Report descritto in precedenza è stato rispecchiato anche dal lavoro svolto con il VLE in altre materie. Gli insegnanti di tre delle scuole partecipanti al progetto T3 hanno, infatti, dimostrato interesse nei confronti dell’applicazione del VLE al programma di matematica studiando i possibili utilizzi del VLE in argomenti quali il calcolo delle percentuali e la somma di frazioni. Un approccio elaborato dal formatore quale mezzo destinato alla presentazione di questa tecnologia all’inizio del corso prevedeva l’inserimento di sequenze animate nel VLE per illustrare tecniche matematiche utilizzabili da parte di studenti impegnati a lavorare con computer con accesso al VLE nell’aula stessa. Così, ad esempio, sono state dimostrate illustrazioni di operazioni aritmetiche relative all’elaborazione di tassi di interesse e a diverse modalità di pagamento degli interessi e una serie di attività incentrate sulla risoluzione di problemi con classi di studenti delle scuole in cui insegnavano i docenti. Quest’idea è stata adottata e adattata da un insegnante che ha registrato le illustrazioni di due metodi per il calcolo delle percentuali avvalendosi di BB FlashBack per l’acquisizione delle schermate Allo stesso modo, usando la tecnica illustrata, è stato quindi creato uno spreadsheet raffigurante una serie di problemi successivamente inserito nel VLE. Lo spreadsheet ha previsto l’utilizzo di macro affinché si potesse inoltre fornire un feedback immediato sulle reazioni degli studenti. Sebbene sia possibile affermare che nessuna di queste risorse richiedesse l’impiego di un VLE, se si eccettuano i vantaggi della comodità della divulgazione e della presentazione dei lavori, si sono comunque discusse le possibilità di potenziare l’apprendimento degli studenti tramite la collaborazione. La prima fase di questo processo ha presupposto l’uso del VLE per fornire un sistema di valutazione che consentisse agli studenti di indicare il loro metodo preferito. Oltre a chiedere loro di valutare i metodi presentati, gli studenti coinvolti nell’esperimento sono stati quindi invitati a indicare il motivo della loro scelta. Agli studenti è stato inoltre chiesto di dimostrare di aver compreso il significato delle percentuali e di valutare il loro livello di gradimento nei confronti di questa attività. Far scrivere agli studenti dei commenti, ciononostante, è soltanto uno dei tanti modi possibili in cui incoraggiare la collaborazione e la partecipazione online. Poiché leggere i commenti è importante quanto scriverli, si è pensato che in questo contesto sarebbero


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state necessarie delle strategie per indurre gli studenti a riesaminare i loro scritti o quelli dei loro compagni. Così, per incoraggiare questo approccio, durante lo svolgimento della lezione, agli studenti è stata avanzata una semplice richiesta: “Leggete attentamente tutti i contributi scritti sul forum durante la lezione. Spiegate qual è il post migliore secondo voi (indicandone il nome) e per quale motivo”. V.7. c Valore del feedback immediato agli studenti per gli insegnanti I commenti degli studenti coinvolti nell’esperimento hanno riguardato il feedback immediato fornito dal sistema: “Puoi scoprire subito se hai sbagliato o no”. “Puoi correggere i tuoi errori immediatamente”. Alcuni commenti hanno riguardato invece la possibilità di lavorare da soli al computer: “Mi è piaciuta la lezione perché abbiamo lavorato autonomamente e preferisco i computer ai libri perché così non bisogna scrivere”. Malgrado gli studenti fossero consci del potenziale comunicativo del VLE, particolarmente gradito è risultato il senso di privacy assicurato da questa attività: “È molto più veloce e più facile capire e non bisogna preoccuparsi di sbagliare perché nessuno ti vede”. Altri commenti, ancora, hanno rispecchiato il potenziale comunicativo del sistema: “Ho preferito questo sistema perché abbiamo potuto comunicare di più con i nostri compagni di classe” e “Secondo me il commento di Jack è il migliore perché diceva qual è il metodo spiegato più in dettaglio e quindi il più facile da capire”. Inoltre, sono state sondate anche le opinioni degli insegnanti riguardo al valore di questo tipo di feedback. Per citare un insegnante di matematica: “Per me è importante dare ai ragazzi il tempo di riflettere e di fornire un riscontro su quanto appreso. Questo sistema dà proprio la possibilità di rispondere a domande come: ‘Cosa hai imparato?’ ‘Come l’hai imparato?’ ‘Come miglioreresti quello che hai fatto?’ ‘Gli altri come potrebbero migliorare ciò che hanno fatto?’ Permette quindi di gettare luce su questo tipo di apprendimento ‘vertice-base’ e di rispondere alla domanda: ‘Hanno veramente capito o sanno fare l’operazione e basta?’. È un argomento che mi ha sempre interessato immensamente”. La docente aveva programmato e sperimentato l’uso del VLE per ottenere un feedback dai propri studenti: “Ora credo di avere a disposizione uno strumento più concreto per ottenere un riscontro dai ragazzi usando le schede di feedback e le relative cartelle in cui salvarle. Per me è semplicemente un altro modo per capire realmente cosa hanno imparato”. V.7. d Un forum di poesia Per illustrare i possibili benefici percepiti derivanti dal potenziale comunicativo delle nuove tecnologie, viene fornito un altro breve esempio di lavoro svolto nell’ambito del progetto T3. Quale parte integrante del programma scolastico di lingua inglese, lo scopo dell’esperimento era quello di discutere e di commentare la poesia “Dulce et Decorum Est” di Wilfred Owen per approfondire una riflessione tra compagni tramite il VLE, come dimostrato da una sessione svolta con sei studenti del


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10ºanno (di età compresa tra i 14 e i 15 anni) usando Elluminate Live! (ora Blackboard Collaborate), uno strumento di web conferencing in grado di creare uno spazio virtuale, ovvero una “Liveroom”, in cui potessero incontrarsi gli studenti e il loro insegnante. Sebbene questo strumento di conferencing potesse essere impiegato in una serie di modalità diverse, il suo utilizzo in questa occasione si è limitato alla sezione delle chat dal vivo (assumendo, dunque, la forma di un testo scritto) e al ricorso a una bacheca virtuale in cui è stata esposta la poesia e in cui gli studenti hanno potuto fornire il loro contributo evidenziando con colori diversi frasi e parole chiave della poesia nel corso del dibattito. Nonostante una parte sostanziale degli scambi fosse costituita dall’interazione diretta tra gli alunni, l’insegnante ha funto da moderatore indirizzando leggermente la discussione dando agli studenti l’opportunità di contribuire con le proprie idee al riguardo. Durante l’esperimento, gli studenti hanno imparato ad usare Liveroom molto rapidamente e il dibattito è durato mezz’ora. Poiché nessuno degli alunni ha studiato latino, i ragazzi hanno dovuto cercare su Google il significato del titolo e, osservando gli scambi avvenuti nel forum della Liveroom (riquadro 5.1), risulta evidente come siano stati in grado di sostenersi a vicenda cogliendo l’ironia trasmessa dal titolo della poesia e conseguentemente il significato dell’ultimo verso. Moderatore: Secondo voi perché è stata scritta questa poesia? Moderatore: C’è qualche parola nella poesia che riesce a darvi qualche indizio? D: Secondo me “Gas! Gas! Svelti ragazzi” ci dà un indizio su questa poesia. Moderatore: Che indizio ci dà? – B? J? L? qualche idea? Moderatore: Per aiutarvi, vi evidenzierò qualche immagine chiave… D: la poesia parla anche di “goffi elmetti… Moderatore: Bene… e quindi a cosa si riferiscono queste frasi? D: secondo me sono riferimenti alla guerra, anche se la data in alto non mi sembra giusta… Moderatore: Il tema è la guerra, giusto… ma quale guerra? E: La Somme? Moderatore: Che è stata una battaglia di quale guerra? D: Ah ho capito… forse la prima guerra mondiale? Moderatore: Secondo voi D ha ragione? S: La prima guerra dei Matabele L: anch’io ci avevo pensato E: sììì D: cos’è la guerra dei Matabele…? Moderatore: La poesia descrive un attacco di gas nelle trincee in Francia durante la prima guerra mondiale. E: Il titolo è in francese? S: Ci sono state due guerre dei Matabele, la prima guerra dei Matabele (dal 1893-1894) e la seconda guerra dei Matabele dal 1896-97… Moderatore: È latino, chi ne cerca il significato su Google? E: quindi è proprio la Somme L: è latino? Moderatore: Bravo L! D: un attimo…devo cercare il titolo della poesia su Google?


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Moderatore: Chi riesce a trovare e a evidenziare una similitudine che descrive un attacco di gas? S: è dolce e bello L: gli elmetti sono gli antenati delle maschere antigas Moderatore: Evidenziate le similitudini in rosa S: È quello che dice: “È dolce e bello”?? Moderatore: Sì, guardate l’ultimo verso: troverete il resto della citazione in latino B: significa “è dolce e bello”? J: “mettendosi i goffi elmetti appena in tempo”. Sono d’accordo con L, si parla di maschere antigas? Moderatore: Credo che gli elmetti rappresentino senz’altro le maschere: ottima deduzione! D: Ho evidenziato una similitudine☺ E: loool D Moderatore: Giusto, bravo D. Chi riesce a trovarne un’altra nella seconda strofa? L: è bello e terribile morire per la patria. B: secondo questo sito, l’ultima riga significa “è bello e dolce combattere per la patria”. B: e morire D: Ho evidenziato l’altra similitudine… ;) L: Anch’io☺ Moderatore: Cosa pensate dell’ultimo verso: la poesia fa sembrare la morte “dolce e onorevole”? S: Morire per la patria. È L’ULTIMO VERSO ☺ D: Secondo me in questo periodo della guerra la morte sembra la cosa giusta e “patriottica” da fare. E: sì. La poesia sottolinea come, nonostante il dolore della morte in guerra, sia la scelta giusta e onorevole da fare J: La parte “come sotto un mare verde, l’ho visto affogare”, su Google trovo che i sintomi della morte da asfissia da gas erano come quelli dell’affogamento. Moderatore: Owen descrive l’attacco con il gas come qualcosa di orrendo, descrive gli uomini che affogano nel gas. Evidenziate in blu le immagini negative e violente della poesia. Moderatore: Siete tutti d’accordo con l’opinione di E qui sopra? Qualcuno non è d’accordo? L: Sono d’accordo con la traduzione del titolo, anche se mi sembra di vedere molti punti negativi e questo potrebbe implicare una critica Moderatore: Guardate quanti nomi avete evidenziato in blu. La vostra idea riguardo al tono e al significato della poesia è cambiata? D: Secondo me il tono della poesia è duro e serio, e anche abbastanza violento B: Decisamente, guardando la poesia più da vicino prevale più che altro un tono negativo… E: secondo me lo scrittore stava cercando di creare una specie di contrasto tra il contenuto della poesia e poi il titolo e l’ultimo verso S: Secondo me la poesia significa che in guerra morire significa aver lottato per la patria MA la guerra è qualcosa di brutto e mortale. La poesia è molto negativa.


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E: Moderatore: S: E: Moderatore:

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contesto È ironico. Sapete cosa significa? è come il sarcasmo? sì, ma non so come spiegarlo È come il sarcasmo, giusto, ma l’ironia è più sottile, meno diretta.

Riquadro 5.1 Stralcio estrapolato dalla sezione di chat di LiveRoom usata per la discussione relativa a “Dulce et Decorum Est” di Wilfred Owen (le lettere indicano abbreviazioni dei nomi degli studenti).

Il feedback fornito dagli studenti ha sottolineato l’aspetto collaborativo dell’apprendimento conseguito tramite l’uso delle tecnologie: “Ho trovato la chat della liveroom molto utile perché, mentre stavamo parlando tutti della poesia, ci aiutavamo a vicenda a riempire gli spazi quando non sapevamo qualcosa e perché mi ha aiutato a capire meglio la poesia che stiamo analizzando. Secondo me potrebbe essere utile soprattutto nelle lezioni in cui può partecipare tutta la classe e potrebbe farci imparare di più”. “La liveroom sarebbe utile anche per gli studenti che così potrebbero aiutarsi tra di loro invece di dover dipendere sempre da un insegnante”. “Mi è piaciuta anche la funzione che ti permette di chattare con gli altri e con gli insegnanti dal vivo, perché l’ho trovata un buon modo per imparare, discutere e contribuire con le nostre idee personali”. Ma gli studenti hanno segnalato anche altri usi del VLE: “Penso che la liveroom sia un buono strumento per avviare delle discussioni tra gli studenti. Secondo me sarebbe un modo utile per fare comunicare gli studenti tra loro quando rivedono il testo a casa”. “Ho trovato la liveroom molto facile da usare e ritengo sia una buona idea perché è facilmente accessibile e potrebbe essere utile per quando si studia da soli a casa e per rimettersi in pari con i compiti di inglese”. V.8 Riflessioni sul corso La formazione come sintesi creativa A giudicare dai resoconti precedenti e grazie a numerose osservazioni fornite durante le sessioni con gli insegnanti, è emerso uno schema formativo a cui hanno in parte contribuito coloro che rivestono il ruolo di formatori, in qualità di esperti di una particolare tecnologia, e in parte gli insegnanti stessi in veste di esperti nel loro campo. È importante sottolineare che i risultati del corso di formazione in termini di risorse e strategie di insegnamento non sono stati sempre prevedibili, benché possano essere stati giudicati innovativi e vantaggiosi: sia i formatori, sia i docenti hanno tratto beneficio dalle idee emerse. Ciò ha implicazioni rilevanti, poiché la formazione viene vista, piuttosto che come un semplice trasferimento univoco di competenza ed esperienza, come un processo simmetrico in cui sia il formatore, sia il tirocinante propongono le proprie conoscenze, dando vita a una sintesi creativa. Attraverso questo modello di esperti che collaborano viene espressa un’innovazione in grado di assumere molte forme impreviste.


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Dal tutto alla parte La decisione di adottare un’area didattica e i possibili risultati di apprendimento come punto di partenza nel tentativo di venire a patti con una tecnologia potenzialmente complessa può essere considerata contraria alla logica di iniziare da elementi di base per poi costruire una struttura olistica più articolata. Tuttavia, gli insegnanti non agivano da soli, bensì con un formatore qualificato che consentiva loro di mantenere un equilibrio con problematiche più ampie, di natura pedagogica e legate al programma scolastico, oltre che con i dettagli operativi della tecnologia utilizzata. Attraverso questa forma di “supporto tecnico situato”, i concetti tecnologici non venivano presentati globalmente, ma introdotti in contesto e appresi tramite la loro applicazione. È stato così possibile creare una struttura che permettesse di colmare altre lacune. Un esempio della profonda conoscenza tecnica acquisita è rappresentato dal giudizio espresso da uno degli insegnanti impegnati nel progetto School Report presentato in precedenza: “Ero molto frustrato perché avevo trascorso circa tre ore nel tentativo di creare tre contenitori in una stanza Fronter che avessero le stesse dimensioni e che includessero un filmato di YouTube. Mi sono ritrovato in una situazione difficile perché, benché fossi riuscito a inserire i filmati di YouTube e i ragazzi potessero accedervi, mi turbava l’aspetto del prodotto, in parte perché i tre contenitori non avevano esattamente le stesse dimensioni né lo stesso tipo di sfondo. Se avessi seguito un corso di un giorno, non mi sarei mai preoccupato di tutto ciò. Penso che sia stato perché sapevo che stavo cercando di creare qualcosa che i ragazzi potessero usare e che quindi volevo avesse un bell’aspetto. Era un prodotto finito per un pubblico reale e, perciò, ho iniziato a preoccuparmi di questi dettagli che io consideravo triviali. Tuttavia, proprio perché si trattava di un pubblico vero e volevo che potesse durare per anni, mi sono impuntato sulle modalità di realizzare una cosa del genere e ho iniziato a esplorare le opportunità offerte da Fronter, studiando il codice HTML per scoprire come centrare un oggetto all’interno di una casella di testo. Credo di aver imparato molto di più sulle funzionalità e sui difetti di Fronter di quanto non avrei fatto in una situazione normale. La sessione mi è stata molto utile, ora so come procedere e non penso che sarebbe così se non ci fosse stato quel contesto reale alla fine del progetto”. In loco: autenticità nella formazione e responsabilità Anche i colloqui con i docenti hanno offerto un riscontro sull’effetto del corso svoltosi in loco durante un certo periodo di tempo e relativo a un particolare contesto di insegnamento: “Ho trovato che fosse più interessante seguire il corso a scuola piuttosto che trascorrere un giorno intero in un’altra sede, perché a scuola ci si trova in una situazione molto più simile al lavoro quotidiano. Ho potuto vedere come il mio prodotto veniva accolto dagli studenti, non ho avuto un solo giorno per imparare, ma ho potuto dedicarmi ad attività diverse, come la creazione di forum”. “Ho capito che lavorare intensamente con [altri membri del dipartimento] ci ha consentito di capire molto rapidamente alcuni aspetti piuttosto complicati dell’uso di Fronter. Abbiamo avuto molti


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problemi tecnici, ma abbia saputo affrontarli in modo pratico, partecipando attivamente, e siamo stati in grado di creare, progettare e realizzare risorse e strutture a cui i ragazzi possono dare il proprio contributo. Uno degli aspetti più positivi è stato che non ci trovavamo in un corso di formazione dove imparare a usare un software”. Nello stesso modo in cui l’autenticità nell’apprendimento all’interno di una comunità di pratica è stata considerata applicabile per gli studenti, tale nozione è valida anche per gli insegnanti: “Penso che si possa usare uno strumento se si vuole raggiungere un certo scopo. Non si può imparare a utilizzare uno strumento senza una reale applicazione pratica. Poiché avevamo un compito reale da svolgere e stavamo cercando di creare questo schema di lavoro che funzionasse, eravamo costretti a concentrarci e ad analizzare il prodotto, imparando in fretta a usare Fronter”. Ciò si ricollega a un principio di responsabilità, nel senso che l’esigenza per gli insegnanti di assumersi responsabilità, negoziare ed elevare gli obiettivi per servire i propri interessi è stata considerata essenziale sotto molti punti di vista: “È una situazione analoga a quando viene sviluppato un percorso didattico innovativo all’interno di un istituto; [L’innovazione è] qualcosa che si sviluppa personalmente e su cui si ha il controllo, piuttosto che qualcosa che viene imposto”. Un quadro teorico Un elemento considerato centrale per lo sviluppo del corso, benché vi sia stata dedicata una quantità di tempo relativamente ridotta, era il quadro che tentava di offrire una panoramica esauriente su prospettive più teoriche relative agli aspetti sociali e cognitivi dell’apprendimento. Esso è stato introdotto all’inizio del corso durante la discussione del diagramma rappresentato nella Figura 1 nel primo capitolo di questo libro. Ciò ha permesso di spostare l’attenzione sulle modalità di apprendimento largamente cognitive lungo l’asse orizzontale e i tipi di impegni sociali espressi dall’asse verticale. Il risultato è stato che l’idea di mappare le attività di una lezione, come l’uso di una tecnologia, all’interno di un elemento spaziale è stata subito assimilata e la discussione faceva naturalmente riferimento ai due assi e alle relazioni tra le dimensioni sociali e cognitive evocate dallo spazio delineato dagli assi stessi. Partendo dall’asse orizzontale, proponiamo i commenti di un esperto insegnante di matematica, che lo mette in relazione con la tecnologia VLE: “Ho trovato molto rilevanti i modelli di apprendimento. Mi sono concentrato su studenti di abilità media intorno ai dodici anni di età, a cui accade spesso di pensare di non capire la matematica e che quindi incontrano difficoltà nell’esprimere creatività e nel risolvere i problemi. La nuova tecnologia ha permesso loro di affrontare la matematica con un approccio diverso, in modo che non si sentissero come se avessero una pagina intera di addizioni da svolgere. È sembrato loro di avere un problema da risolvere, hanno potuto lavorare in gruppo, dove la tecnologia ha eliminato la paura di sbagliare ed è stato possibile procedere lungo l’asse dei paradigmi di apprendimento fino al punto in cui sono diventati matematici più creativi”. Questo stesso docente ha inoltre introdotto nella discussione gli aspetti sociali rappresentati sull’asse verticale del modello: “Ha consentito loro di lavorare in gruppo, nonostante la matematica sia una materia che si può studiare in modo indipendente”. Un altro punto in grado di controbilanciare la precisione spesso associata alla matema-


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tica è rappresentato dal modo in cui l’insegnante ha modellato l’opportunità di discutere e di fornire feedback durante l’uso del VLE: è stato importante “poter chiedere come è stata fatta una cosa ed essere coinvolti nella discussione senza avere torto o ragione, una dicotomia invece spesso presente in una materia come la matematica”. La qualità del coinvolgimento sociale rappresentata dall’asse verticale del modello è stata commentata anche dal punto di vista di un insegnante di inglese: “Il modello era molto rilevante ed è stata una sorta di rivelazione che mi ha consentito di vedere la tecnologia VLE sotto una nuova luce. […] All’inizio la consideri un modo per condividere le risorse con i ragazzi, ma quando abbiamo analizzato i diversi modelli di apprendimento e abbiamo scoperto che gli studenti erano portati a lavorare interattivamente o a collaborare, allontanandosi dalla tipica lezione condotta dall’insegnante per avvicinarsi a una comunità di pratica, la mia opinione sui VLE si è trasformata. Sono strumenti che facilitano la collaborazione, il dialogo, la discussione e l’organizzazione di un programma tenendo presente i progetti che i ragazzi vogliono esplorare, coinvolgendoli nel processo decisionale e consentendo loro di allargare le comunità di apprendimento oltre il docente e la classe”. Come spiegato nel Capitolo 1, l’idea di una comunità di pratica (Lave & Wenger, 1998) sottintende un’attività autentica e situata, in cui è presente uno scopo comune. Il tipo di apprendimento che ne consegue è stato illustrato anche attraverso il lavoro svolto per il progetto School Report: “Di norma, ciò che i ragazzi producono è destinato solo all’insegnante. Il concetto di avere un pubblico e un prodotto reali […] si è rivelato molto adatto al VLE e al modello di apprendimento. Dopotutto, è il modo in cui funziona il progetto sul giornalismo della BBC, dove sono presenti un pubblico e un contesto reali e dove viene trasformato il modo in cui i ragazzi imparano, perché il pubblico non è solo l’insegnante. In ogni schema di lavoro che sviluppo desidero che questo aspetto assuma un ruolo importante”. Un altro collegamento con l’autenticità e l’impatto della tecnologia sull’ambiente scolastico è stato messo in rilievo dall’osservazione secondo cui “il modello è molto vicino al reale mondo del lavoro e delle industrie creative”. Tutti gli insegnanti hanno affermato che la discussione dei modelli formativi è stata estremamente utile e ha introdotto in modo molto efficace l’idea dell’“apprendimento come partecipazione”. L’asserzione che “la struttura era molto rilevante e ha aperto numerose opportunità di apprendimento” è rappresentativa delle conclusioni generali a cui si è giunti. Un’insegnante ha avanzato l’ipotesi di usare il modello per mappare un’intera lezione. Per quel che concerne il contributo al progetto T3, il modello è stato largamente considerato come uno strumento da utilizzare con i colleghi: “Se dovessi condividere quanto appreso con altri docenti, penso che prenderei le discussioni sui modelli di apprendimento come punto di partenza, in quanto spiegano perché usiamo il VLE”. Quando durante la valutazione è stato chiesto se ci fosse qualcosa da cambiare o aggiungere, i suggerimenti sono stati molto pochi. Uno di essi era incentrato sul modo in cui l’insegnante guida la classe e costruisce i rapporti, sul suo livello di fiducia e sulla capacità di assumere rischi. È stata esaminata l’idea di aggiungere una terza dimen-


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sione, ma il problema riguardava il fatto se ciò non influenzasse maggiormente gli insegnanti, piuttosto che gli studenti. Riassumendo, la struttura teorica sull’apprendimento è sembrata essere completa, ampiamente applicabile all’uso di tecnologie diverse nella didattica e di facile comprensione. È importante notare come essa abbia agito da stimolo per un dialogo costante, rivelando o attivando alcune dimensioni formative da esplorare e fornendo uno strumento attraverso il quale concettualizzarle e articolarle. Il modello ha inoltre rappresentato un elemento a cui ispirarsi, in quanto tutti gli insegnanti si sono impegnati, nella loro pianificazione, a colmare lo spazio sociale e cognitivo. Azione di sostegno L’impatto di un’innovazione può a volte avere vita breve, sia a causa della natura di tale innovazione, sia del modo in cui viene introdotta in un particolare contesto. Come spiegato, la decisione di concentrarsi sull’uso del VLE è stata presa dopo attenta considerazione sulla sua disponibilità e sulla portata della sua applicazione. La collaborazione con le scuole ha dimostrato che il VLE è accettabile da entrambi questi due punti di vista. Relativamente alla disponibilità e applicabilità, un partecipante ha affermato che “in particolare, l’elemento chiave sono i collegamenti che è possibile stabilire usando la tecnologia corrente, come gli smartphone”. L’ampia disponibilità di VLE che offrono strumenti simili nelle scuole londinesi ha permesso di effettuare un confronto tra istituti. Poiché i formatori lavoravano all’interno di scuole note le une alle altre, vi era interesse nel sapere come altri istituti stavano affrontando particolari aree didattiche ed è stato possibile condividere le soluzioni a problemi comuni. Ci sono state occasioni in cui un insegnante di una scuola ha visitato l’istituto presso cui il formatore insegnava per osservare un certo metodo mentre veniva messo in pratica. Benché ciò avrebbe potuto favorire l’uniformità, si è scoperto che in realtà quello che veniva svolto in un istituto non corrispondeva a quello che accadeva in un altro, fattore ritenuto una forma di arricchimento. Il VLE è stato inoltre percepito come un modo per aprire molte nuove opportunità tra le scuole. Un vicepreside ha espresso l’intenzione di “esplorare le attività Liveroom tra scuole e paesi diversi, essendo rappresentante di un istituto umanistico con dei contatti in Cina che è consigliabile sviluppare”. Forme più dirette di un’azione di sostegno nell’uso della tecnologia all’interno del corso hanno avuto luogo quando gli insegnanti hanno iniziato a trasmettere quanto appreso ai loro collaboratori: “Ho imparato una nuova abilità. L’ho potuta sviluppare appieno e l’ho trasmessa a colleghi di altri dipartimenti”. La trasmissione a cascata del sapere è avvenuta a volte a livello individuale e si è estesa lungo i principi che stanno alla base del corso T3. In alternativa, l’azione di sostegno si è svolta attraverso riunioni dei dipartimenti o del corpo docente. Essa ha sicuramente consentito di aumentare la consapevolezza, ma è avvenuta in un contesto in cui il personale interessato era disponibile e poteva essere consultato in momenti diversi. In alcuni casi, come per il programma radiofonico realizzato nell’ambito di School Report, i risultati sono stati tangibili nel senso che sono stati presentati a docenti e studenti durante un’assemblea d’istituto.


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A livello direttivo, un vicepreside che era stato coinvolto nel progetto T3 ha anticipato il passo successivo in termini di sostegno dell’iniziativa “integrandola in tutte le materie e tutti gli schemi di lavoro, pianificandola meglio e rendendola parte delle attività quotidiane”. Un altro vicepreside ha sottolineato l’importanza del piano di miglioramento scolastico “perché al giorno d’oggi, nella maggior parte delle scuole ci sono problemi di costi e di fondi e se un progetto non è parte del piano di miglioramento, non verrà realizzato”. Sarebbe così possibile sviluppare l’uso innovativo di una tecnologia al di fuori dell’ambito di una singola materia: “Stiamo cercando di organizzare una sessione di tutoring al pomeriggio, in modo che sia molto articolata. Anche in questo caso si tratta di partire dai concetti appresi per realizzare una struttura dal punto di vista della scuola. Penso che sia l’unico modo in cui può diventare parte della pratica”. È stata inoltre messa in rilievo l’importanza di coinvolgere una persona che abbia sufficiente influenza all’interno di una scuola, per evitare il rischio che un progetto resti un episodio isolato. Un altro fattore a cui si è accennato è l’idea di rivolgersi a individui che ricoprono un ruolo direttivo non solo all’interno di una scuola, ma anche presso le autorità locali. Tuttavia, oltre a fare in modo che queste persone si incontrino, è fondamentale “avere tempo a sufficienza per lavorare individualmente con le scuole, perché ognuno deve sentire che ciò che sta facendo è importante”. Le tensioni tra le cosiddette influenze “dall’alto verso il basso” e “dal basso verso l’alto” in termini di gerarchia organizzativa sono, com’è naturale, ben note, e il ruolo dell’influenza esercitata a livello degli insegnanti è largamente riconosciuto. La problematica relativa agli ambiti in cui introdurre l’innovazione sollevata all’inizio di questo capitolo è riemersa durante i colloqui con i vicepresidi: “Quest’anno ho cercato di collegare questo progetto ad altre iniziative che stiamo portando avanti nella nostra scuola riguardo alle competenze di lettura e la scrittura avanzata, senza dimenticare il London Region Curriculum Innovation Grant, un fondo che ci può fornire il denaro necessario a sviluppare le nostre idee”. “Il modo in cui si insegnano l’inglese e la matematica sta cambiando considerevolmente. In particolare, la matematica si concentra di più sulle capacità, mentre per valutare il livello di inglese di uno studente non si ricorre più ai compiti svolti durante un corso: queste per me sono delle nuove opportunità”. V.9 Sintesi e conclusioni Confrontando il lavoro con gli insegnanti nelle scuole britanniche, è possibile rilevare due filoni principali. Il primo riguarda il metodo d’introduzione di una pratica innovativa collegata a una tecnologia, mentre il secondo nasce da ciò che si è appreso sull’uso della tecnologia stessa, in questo caso il VLE. Introduzione di una pratica innovativa collegata a una tecnologia Benché esistano numerose nuove tecnologie che hanno il potenziale di migliorare l’apprendimento, una loro effettiva comprensione può non avvenire automaticamente. Da un lato, ciò può essere dovuto alla scelta della tecnologia. Le scuole, come molte


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altre istituzioni, dispongono di un budget limitato e la redditività dell’investimento in una tecnologia sarà riflessa nella sua adattabilità, in particolare lungo tutto il programma didattico, che per definizione è piuttosto ampio. L’affidabilità e la disponibilità della tecnologia per coloro che ne fanno uso sono, inevitabilmente, considerazioni separate. L’innovazione all’interno di un ambiente scolastico non è qualcosa che accade in modo isolato e deve essere considerata unitamente ad altre iniziative, ad altri cambiamenti e ad altre esigenze che nascono nello stesso contesto. Di conseguenza, è necessario analizzare con cura gli ambiti in cui introdurre l’innovazione e stabilire il momento giusto in cui quest’ultima deve essere messa in atto. L’innovazione comporta dei costi, che non sono riflessi solo nel tempo dedicatovi dal corpo docente o da altre risorse, ma anche nei rischi legati al progresso degli studenti, in particolare se insegnanti qualificati ed esperti devono essere sottratti alle classi per periodi di tempo significativi, al fine di prendere parte a corsi di formazione. È quindi necessario negoziare accortamente la disponibilità degli insegnanti, poiché spesso una semplice remunerazione finanziaria non è la soluzione. Un aspetto forse ancora più fondamentale è rappresentato dal fatto che l’uso di una nuova tecnologia non richiede solo familiarità con le meccaniche del suo funzionamento, ma impone anche richieste innovative a livello pedagogico e pratico, sia da parte degli alunni, sia dei docenti. È necessario del tempo per identificare e adattare risorse adeguate, per strutturare il contenuto e sviluppare nuove modalità operative. Molto del lavoro associato allo sviluppo può apparire come “invisibile”, perché è svolto prima dell’impiego effettivo della tecnologia. Le scuole devono mettere a disposizione un programma scolastico ai propri ragazzi e il successo verrà giudicato in base ai risultati ottenuti da questi ultimi in relazione a tale programma. Benché la sua natura possa mutare in seguito a un’innovazione, per i responsabili del cambiamento il punto di partenza sarà legato a un programma esistente. Inoltre, la conoscenza della tecnologia non deve essere un fine in sé: ogni forma di sviluppo dipende da un uso della tecnologia più significativo e improntato al programma scolastico. In relazione a ciò, l’approccio formativo adottato in occasione dei workshop ha utilizzato i risultati di apprendimento dei programmi scolastici come punto di partenza, da cui sono scaturiti dettagli operativi della tecnologia, e si è trattato quindi di un approccio dal tutto alla parte. Altre qualità del corso di formazione sono state identificate nel fatto che fosse in loco e autentico, il che ha dato origine a un senso di responsabilità e di impegno. È stato inoltre possibile notare come l’apprendimento sia molto sfaccettato e come nella sua realizzazione entri in gioco una varietà di fattori sociali e cognitivi. È stata perciò presentata una struttura teorica in grado di stimolare il dialogo. Per quel che riguarda le sessioni dei workshop, infine, si è giunti alla conclusione che l’innovazione può assumere forme diverse, che dipendono in larga parte dal contesto e che si rivelano imprevedibili tanto per l’insegnante quanto per lo studente. In questo senso, è stata suggerita la teoria per cui la formazione è una sintesi creativa che nasce dall’interazione di diversi campi di competenza, piuttosto che un trasferimento di conoscenze preesistenti dal formatore al tirocinante.


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La durata dell’effetto di un’innovazione resta un problema, influenzato anche da fattori legati alla sostenibilità, inclusi quelli relativi allo sviluppo di una pratica efficace da parte di insegnanti che agiscono in modo armonico e a questioni più ampie a livello direttivo. Il VLE in uso Una volta analizzata, la tecnologia VLE si è rivelata essere innovativa, in particolare riguardo al suo potenziale di connettività. È stata inoltre vista come disponibile e, sulla carta, adattabile se utilizzata per tutto il programma scolastico di un istituto. Il giudizio iniziale sul VLE era basato sulla sua capacità di immagazzinare un insieme di risorse di apprendimento a cui accedere in remoto. Lavorando al corso, è stato possibile esplorare il potenziale comunicativo del VLE a fini formativi. Benché la comunicazione tra individui a distanza sia considerata come la direzione ovvia da imboccare per lo sviluppo dell’uso del VLE, ci si è resi conto che il suo impiego per consentire agli studenti della stessa classe di comunicare comporta un valore formativo che può essere sfruttato. Sia gli alunni, sia gli insegnanti hanno giudicato utile ricevere un feedback immediato tramite applicazioni incorporate nel VLE o attraverso blog e forum. L’uso di strumenti comunicativi come la messaggistica istantanea e i forum può portare all’apprendimento attraverso una partecipazione e collaborazione peer-to-peer. È risultato tuttavia chiaro che l’insegnante ricopre un ruolo importante in questo senso, poiché è in grado di fornire un contesto entro il quale possono avvenire la partecipazione e la collaborazione e dove gli studenti possono esprimere liberamente i propri pensieri. Un programma di studi potenziato o trasformato? All’inizio di questo capitolo, è stata proposta come punto di partenza pratico l’idea che lo sviluppo dell’uso del VLE fosse improntato al programma scolastico. Ciò consentirebbe di raggiungere gli stessi obiettivi formativi, ma in modo più efficiente e affidabile, mentre l’apprendimento sarebbe visto come potenziato dalla tecnologia. In alternativa, l’uso del VLE potrebbe dare vita a nuovi risultati, che derivano da un mutamento nell’approccio all’insegnamento, e incoraggiare i docenti ad andare oltre le pratiche esistenti, così da adottare un programma scolastico trasformato. L’uso del VLE comporta implicazioni per il ruolo dell’insegnante e dello studente. Il lavoro svolto durante il progetto ha messo in evidenza il fatto che l’insegnante non era solo uno strumento per trasmettere un insieme di conoscenze prestabilite. Gli insegnanti fungevano da mediatori, contribuendo con la loro esperienza di studiosi in un ambiente formativo in stretta collaborazione con gli alunni. Benché un programma scolastico esistente sarà inevitabilmente il punto di partenza per lo sviluppo dell’uso del VLE nell’apprendimento, esiste la possibilità di realizzare un mutamento paradigmatico nel modo in cui si affronta l’insegnamento. Se si riesce a vedere un programma non solo in termini di risultati didattici, ma tenendo anche in considerazione gli strumenti e un contesto di apprendimento più ampio, l’impatto delle tecnologie VLE può avere implicazioni rilevanti. Il lavoro descritto in questo capitolo illustra, ad esempio,


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come la tecnologia possa essere usata sia per potenziare obiettivi educativi prefissati, sia per trasformare un programma esistente e introdurre nuove sfide. Riferimenti bibliografici BBC (2011) BBC New School Report. Disponibile su: http://news.bbc.co.uk/1/hi/school_report Lave, J., and Wenger, E. (1998). Communities of Practice: Learning, Meaning, and Identity: Cambridge: Cambridge University Press.



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VI. Un’esperienza di formazione alle nuove tecnologie per docenti universitari in Spagna Juana Bretón-López, Soledad Quero, Cristina Botella, Rocío Herrero, Luis Farfallini e Rosa Baños

VI.1 Introduzione L’istruzione è un diritto di tutti. Nessuno dubita del fatto che fornisca opportunità altrimenti impossibili. Sfortunatamente il nostro sistema educativo deve far fronte una serie di problemi, molti dei quali si ripercuotono negativamente sull’istruzione ricevuta dagli studenti. In qualità di docenti, il nostro impegno è quello di tentare di migliorare il nostro lavoro e di risolvere tali questioni nel modo più adeguato possibile al fine di fornire agli studenti un’istruzione di migliore qualità. Nei primi anni dell’istruzione pubblica possiamo riscontrare un’ampia varietà di problematiche come il sovraffollamento delle aule, la scarsità di strumenti di lavoro o di libri di testo, la presenza di studenti con difficoltà di attenzione o incapaci di stare fermi, ecc. Sebbene ciò si verifichi anche nell’ambito dell’istruzione privata, secondo Boyer e Hamil (2008), in questo periodo del loro percorso formativo, gli studenti sembrano risentirne di meno. Tutte queste sono problematiche molto complesse, tuttavia, tra i fattori che potrebbero spiegare l’insorgenza di tali fenomeni, spiccano l’elevato numero di studenti, le risorse disponibili per far fronte a detta domanda e lo stanziamento del bilancio destinato a questa attività. A livelli più avanzati, come nel caso dell’istruzione universitaria, alcuni di tali questioni si ripresentano sebbene in misura minore. In generale, in questo contesto, è la motivazione degli studenti a diventare uno dei problemi più evidenti. La motivazione è necessaria per un’esperienza di apprendimento efficace, soprattutto quando gli alunni si ritrovano a dover lavorare a distanza (Keller e Suzuki, 2004). Ma questo cosa significa esattamente? La motivazione è un concetto molto articolato e oggetto di studio da parte della psicologia, ma è anche una nozione di difficile definizione. Malgrado esistano diverse teorie che tentino di fornire una descrizione di questo concetto, in sintesi si potrebbe definire come una forza che tiene conto dell’entusiasmo, della selezione, della direzione e della continuazione del comportamento (Fernández-Abascal, Martín Díaz e Domínguez Sánchez, 2001). In ambito scientifico, si opera una distinzione tra due tipi principali di motivazione: motivazione intrinseca ed estrinseca. La motivazione intrinseca è interna e ha luogo nel momento in cui le persone si sentono obbligate a fare qualcosa per soddisfare un piacere o un desiderio. La motivazione estrinseca, invece, si


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verifica quando fattori esterni obbligano l’individuo a fare qualcosa. Si tratta di un concetto centrale per promuovere l’adozione di un dato comportamento da parte di una persona e in grado di svolgere un ruolo di prim’ordine nel miglioramento del rendimento accademico degli studenti universitari (Porter, Bigley e Steers, 2003). Aumentare la motivazione degli studenti è uno dei compiti più importanti di cui deve farsi carico un insegnante. Nel caso dell’insegnamento universitario, una delle fonti di motivazione proviene dalla scelta operata dagli studenti stessi. Per quanto attiene alla motivazione intrinseca, la maggior parte degli studenti “desidera” sapere e acquisire determinate conoscenze, abilità e competenze che possa successivamente applicare. Spesso, tuttavia, questa motivazione intrinseca non è sufficiente ai fini del conseguimento di tale obiettivo e sono richiesti “fattori esterni” o estrinseci generalmente promossi dal docente. Uno dei modi in cui raggiungere tale scopo è quello di migliorare i metodi di insegnamento a livello universitario, includendo strumenti in grado di consentire al corpo docente di essere più efficiente e, al contempo, agli studenti di apprendere di più. Ai fini dell’utilizzo di strategie e strumenti in grado di promuovere l’apprendimento e di facilitare l’acquisizione di abilità e conoscenze, può essere estremamente utile introdurre nei metodi di insegnamento le Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Tale passo riveste un’importanza particolare presso questi soggetti, trattandosi di persone che hanno trascorso buona parte della loro vita ad usare le TIC: di fatto è possibile parlare di veri e propri “nativi digitali” (Prensky, 2009). Al contempo le TIC offrono determinati vantaggi: mettono a disposizione degli studenti un’ampia gamma di informazioni; facilitano l’aggiornamento delle informazioni nonché dei contenuti del programma di studi e l’autonomia degli studenti; e favoriscono la formazione di gruppo e collaborativa (Cabero Almenara, 2006). Per adottare tali tecnologie, tuttavia, occorre innanzitutto conoscere l’opinione generale degli insegnanti, a prescindere dalla materia impartita, in merito all’utilità di determinati strumenti tecnologici per l’insegnamento (Davis, 1989; Davis, Bagozzi e Warshaw, 1989; Toral, Barrero e Martínez-Torres, 2007). Nelle pagine seguenti descriveremo dettagliatamente la nostra esperienza relativa a un corso di formazione destinato a docenti universitari inerente all’uso di nuovi strumenti tecnologici incentrati sull’insegnamento. VI.2 La nostra prospettiva dell’insegnamento Molti studi hanno dimostrato che maggiore è l’interazione tra studenti e tra studenti e insegnanti, migliori sono i risultati ottenuti durante i processi di apprendimento (Lytras e Ordóñez de Pablos, 2007, 2009; Phielix, Prins e Kirschner, 2010; Zhao e Ordóñez de Pablos, 2010a, 2010b). Per migliorare e ampliare l’integrazione tra studenti e docenti, è inoltre importante utilizzare metodi nuovi e intuitivi finalizzati a una maggiore qualità dell’insegnamento. L’Università Jaume I (UJI) incentra la propria partecipazione al Progetto T3 sul collaudo delle TIC e dell’e-learning (apprendimento per mezzo della tecnologia) presso docenti universitari (Bretón-López, Botella, Vizcaíno, Quero, Baños e Molés, 2010;


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Bretón-López, et al., 2011). Le TIC possono rivelarsi molto utili e il loro impiego si è esteso a diversi campi nell’ultimo decennio. Ciò risulta evidente se si osserva la nascita di un’ampia varietà di metodologie, risorse e strumenti tecnologici destinati all’apprendimento e all’insegnamento di qualsiasi disciplina nell’arco degli ultimi anni. Ciononostante, malgrado l’aumento dello sviluppo di nuove tecnologie finalizzate all’insegnamento e all’apprendimento, nella pratica il loro utilizzo appare molto limitato. Nella maggior parte dei casi, l’uso comune di sistemi di e-learning si basa ancora su video, siti web o classi virtuali volti a fornire materiali didattici e a favorire i contatti con gli alunni. In tal senso, le TIC possono stimolare l’acquisizione di determinate abilità rendendo l’apprendimento un processo più interattivo, flessibile e attraente e consentendo all’utente/alunno di svolgere con entusiasmo determinate attività. Nel presente capitolo illustreremo i risultati dell’attivazione di un corso di formazione di 6 giorni destinato a docenti universitari di diverse discipline e inerente all’utilizzo di tre sistemi utili ai fini dell’insegnamento universitario (Bretón-López, Quero, Botella, Baños, Farfallini e Herrero, 2011). Tali tecnologie rispondono al nome di e-Adventure, PalMa ed Eutopia. Mediante l’uso di questionari questa occasione formativa ha permesso la raccolta di informazioni rilevanti sui partecipanti del corso per contribuire al raggiungimento del proprio obiettivo principale: generare un nuovo programma capace di favorire e migliorare i processi didattici e, pertanto, l’acquisizione di conoscenze in diverse aree e, più concretamente, in ambito universitario. Il secondo obiettivo è stato quello di sondare il livello di gradimento dei docenti nei confronti delle tecnologie impiegate nel corso al fine di incorporare tali dati in successive analisi. Di seguito viene illustrata in dettaglio la nostra esperienza e viene avanzata, sulla scorta di un esempio pratico, una proposta sulle modalità operative di svolgimento di un corso comprendente ambienti virtuali in 3D utilizzabili come strumenti educativi o contesti di e-learning. VI.3 La nostra esperienza LabPsiTec è un gruppo di ricerca specializzato in psicologia e TIC. Questo campo di applicazione, in particolare, e i nostri anni di esperienza nell’ambito dell’insegnamento universitario ci hanno consentito di partecipare al Progetto T3. L’Unità di Sostegno all’Istruzione dell’Università Jaume I di Castellón da noi contattata si mostrò subito interessata agli obiettivi del Progetto T3 e ci invitò a partecipare al piano di formazione per docenti di tale ateneo. Per poter soddisfare gli obiettivi del progetto nel miglior modo possibile, venne quindi svolta un’analisi per selezionare la metodologia più adatta all’insegnamento delle tecnologie selezionate. La conclusione fu che l’attivazione di un corso avrebbe rappresentato il metodo migliore per insegnare ad usare i sistemi prescelti, le loro funzioni principali e il loro impiego specifico in ambito universitario. Così, con il sostegno dell’università, fu organizzato un corso intitolato “L’uso delle nuove Tecnologie dell’informazione e della comunicazione per il miglioramento


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della docenza”. Obiettivo del corso era quello di imparare ad utilizzare una serie di strumenti concepiti per dare risalto alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie e alle loro capacità di potenziare l’apprendimento in ambito universitario. Le tecnologie utilizzate durante il corso sono state selezionate in conformità ai principi già descritti nel capitolo II. Ai fini della classificazione delle tecnologie di e-learning illustrate in tale capitolo, si tenne conto di due variabili: il tipo di tecnologia (basata sulle istruzioni o di tipo costruttivista) e il tipo di insegnamento (ad es. il potenziamento di soft skills o di abilità esplorative). In base a tale classificazione, tenuto conto del contesto universitario e considerata l’importanza attualmente attribuita alla necessità di una formazione complessiva per gli studenti, soprattutto in seguito all’attuazione del Processo di Bologna, reputammo che la formazione nel campo delle abilità trasversali (soft skills) ed esplorative (exploring) sarebbe stato un tema centrale per il conseguimento dell’obiettivo del corso. Inoltre, stabilimmo che il ricorso a una didattica di tipo costruttivista sarebbe stato il metodo migliore per l’insegnamento di tali contenuti. Come già detto, le tre tecnologie ritenute più adatte al perseguimento dei nostri scopi sono state e-Adventure, Eutopia e PalMa. Di seguito procederemo a una breve descrizione di ognuno di questi sistemi. VI.3. a e-Adventure La piattaforma e-Adventure è il risultato di un progetto di ricerca volto a facilitare l’integrazione di giochi educativi e di simulazione nel processo educativo. Sviluppata da un gruppo di ricerca di e-learning dell’Università Complutense di Madrid (e-UCM) diretta dal Dott. Baltazar Fernández Manjón, è sostanzialmente una piattaforma per lo sviluppo di classici videogiochi d’avventura (come Monkey Island) caratterizzati da un obiettivo educativo. La piattaforma è costituita da due applicazioni: una per l’emulazione del gioco e l’altra per la sua modifica. Il vantaggio principale della piattaforma è rappresentato dal coinvolgimento diretto dei docenti nella produzione di giochi educativi tramite il ricorso all’editor (Torrente, Moreno-Ger, Fernández-Manjón e del Blanco, 2009). La piattaforma permette di collegare diverse scene tra loro, inserire oggetti, personaggi e dialoghi (Martínez-Ortiz, Moreno-Ger, Sierra e Fernández-Manjón, 2006). Il sistema e-Adventure offre funzioni specifiche per l’istruzione, quali la possibilità di stabilire diverse regole di valutazione all’interno dei giochi che trovano applicazione man mano che vengono soddisfatte svariate condizioni. Al termine del gioco, viene generata una relazione di valutazione contenente tutte queste informazioni. Gli insegnanti possono accedere ai risultati via Internet e le informazioni possono inoltre essere inviate agli studenti. La Figura 1 mostra una schermata dell’applicazione dell’editor di e-Adventure. Per maggiori informazioni, è possibile visitare il sito web della piattaforma: http://e-adventure.e-ucm.es/.


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Figura 1. Editor di e-Adventure

VI.3. b Eutopia Eutopia è una piattaforma concepita per la teledidattica, idonea alla creazione e all’organizzazione di giochi di ruolo online multigiocatore di tipo educativo (EMORPG: Educational Multiplayer On-Line Role Playing Games). Tale approccio consente a un gruppo ridotto di persone di realizzare una rappresentazione teatrale a fini educativi o psicologici. Ogni utente dirige un avatar e interagisce con altri avatar all’interno di uno scenario virtuale in 3D. Gli educatori possono svolgere diverse funzioni: definire e assegnare ruoli, obiettivi, personaggi e caratteristiche della personalità di ognuno degli avatar. Inoltre, a gioco avviato, possono osservare ciò che accade nell’ambiente virtuale, intervenire in qualunque momento, inviare messaggi ai giocatori o attivare eventi o situazioni speciali. Al termine della sessione di gioco, l’educatore può invitare gli avatar a partecipare a una sessione informativa o a condurre un dibattito in gruppo e può analizzare le strategie comunicative e i comportamenti adottati dai giocatori. In ambito educativo, Eutopia consente l’interazione in tempo reale tra studenti, permette al docente di osservare e rafforzare tali interazioni e dà modo all’insegnante stesso di interagire con uno o tutti i giocatori contemporaneamente. La Figura 2 mostra una schermata dell’editor di Eutopia. Per maggiori informazioni su questo strumento, è possibile consultare il sito web: http://www.nac.unina.it/eutopia/download.htm.


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Figura 2 – Editor di Eutopia

VI.3. c Palma PalMa è uno strumento informatico tipo serious game (letteralmente “gioco serio”) appositamente progettato e concepito per essere utilizzato nel corso di processi di formazione. Tale strumento consente all’utente di sviluppare determinate capacità quali leadership, capacità di negoziazione ai fini di una comunicazione efficace, abilità oratorie e di persuasione, gestione del lavoro di squadra, gestione dei clienti, incisività personale e abilità commerciali. Il luogo di riferimento di PalMa è uno scenario, una situazione in cui un giocatore deve conseguire un obiettivo (vedi Figura 3). Il giocatore agisce nell’ambiente rappresentato da un avatar. L’interlocutore è il computer che, mediante un altro avatar, interagisce con il “corpo virtuale” dell’utente rispondendo alle sue frasi e ai suoi atteggiamenti in un determinato modo. In ogni situazione possono essere stabiliti diversi obiettivi: persuadere qualcuno a svolgere un compito, dirimere un conflitto, fungere da intermediario tra altre persone, incoraggiare un compagno di lavoro, ecc. Al termine dello scenario proposto, il sistema PalMa fornisce informazioni dettagliate sul rendimento del giocatore. Tali informazioni e il sostegno forniti al giocatore possono essere predefiniti in funzione degli obiettivi prefissati. In ambito educativo, PalMa consente agli educatori di elaborare esercizi con diversi livelli di difficoltà, con l’obiettivo di formare e valutare gli studenti relativamente


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ad abilità specifiche prestabilite. La Figura 3 mostra una schermata del sistema. Per maggiori informazioni su questo sistema, è possibile visitare il sito web: http://www.entropykn.net/edugames/Pagine/Palma.htm

Figura 3 – Scenario di Palma

VI.4 I partecipanti al corso e la selezione del campione Durante il processo di selezione della tecnologia più adatta ad essere impiegata nel corso, abbiamo contattato una serie di potenziali soggetti interessati. A tale scopo, è stata inviata un’e-mail con informazioni sul corso a docenti iscritti all’Unità di Sostegno all’Istruzione dell’Università. Gli insegnanti interessati a partecipare hanno compilato quindi una richiesta di ammissione. Sebbene inizialmente si fossero iscritti 22 docenti, due di essi non poterono prendervi parte per problemi di orario e quattro dei partecipanti furono esclusi dal computo del campione finale per non aver soddisfatto il requisito della frequenza minima prevista. Il gruppo finale è risultato pertanto costituito da 16 partecipanti: 10 donne e 6 uomini. I partecipanti provenivano da corsi di formazione e di laurea diversi: Psicologia (5), Ingegneria (6), Chimica (2), Traduzione e Interpretazione (1), Scienze della Comunicazione e Pubblicità (1) e Informatica (1). L’eterogeneità del gruppo ha rivestito


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un ruolo molto importante per la nostra esperienza, dato il nostro obiettivo di promuovere l’adozione di tali tecnologie di e-learning a prescindere dalla formazione precedente dei partecipanti e indipendentemente dalla materia impartita. Tutti i docenti partecipanti facevano parte dell’UJI, ma rispondevano a diversi profili di assunzione: borsisti di livello pre-dottorato (6), assistenti universitari (4), professori associati (3), ricercatori universitari a contratto (2) e ricercatori universitari docenti (1). Analogamente, il gruppo presentava una certa eterogeneità anche in termini di esperienza dei partecipanti, data la presenza di docenti con un’esperienza didattica a livello universitario compresa tra 1 e 8 anni. VI.5 Il corso Una volta selezionati partecipanti e tecnologie, il corso ha avuto inizio. Sono state organizzate sei sessioni, ognuna della durata di 6 ore circa, strutturate con l’obiettivo di illustrare le tecnologie selezionate ai docenti partecipanti al corso. Il seminario è stato condotto da due docenti e ricercatori del nostro gruppo di ricerca specializzati negli argomenti trattati. Al momento del corso entrambi gli insegnanti, laureati in psicologia e in possesso di un titolo ufficiale di master universitario, erano impegnati negli studi di dottorato. I docenti, che avevano inoltre ricevuto una preparazione specifica in merito alle tecnologie utilizzate durante il corso, avevano un’esperienza nell’uso delle nuove tecnologie applicate alla psicologia di più di 3 anni. La Prima sessione del corso si era prefissa l’obiettivo di fornire una presentazione generale del Progetto T3 e di conoscere i diversi interessi dei docenti partecipanti nei confronti delle applicazioni tecnologiche utilizzate nella prassi didattica, le loro conoscenze in merito all’utilizzo della tecnologia in ambito didattico e le esperienze da essi maturate riguardo alla tecnologia in generale. Ad essi venne quindi chiesto di rispondere a un questionario intitolato Frequenza d’uso della tecnologia destinato a verificare l’esperienza dei partecipanti riguardo all’uso di 23 tecnologie, utilizzando una scala di valori compresa tra 1 a 5, in cui 1 equivaleva a “Mai” e 5 a “Molto spesso”. Tale questionario comprendeva inoltre domande finalizzate alla raccolta di informazioni sociodemografiche e inerenti alla formazione accademica dei partecipanti. Successivamente si passarono brevemente in rassegna tutte le tecnologie che sarebbero state utilizzate nel corso. L’obiettivo della seconda, terza e quarta sessione è stato quello di presentare dettagliatamente ognuna di tali tecnologie sulla scorta di esercizi specifici. Riportiamo di seguito una descrizione approfondita di ognuna di queste sessioni. Durante la Seconda sessione, si è fornita innanzitutto un’illustrazione teorica delle cosiddette “soft skills” o “competenze trasversali” al fine di contestualizzare l’uso dei diversi strumenti che i partecipanti avrebbero visto nell’arco del corso. Quindi, è stato spiegato il funzionamento di PalMa, rivolgendo particolare attenzione alle possibilità e ai limiti offerti da questo strumento. Una volta che i partecipanti dimostrarono di aver acquisito una certa dimestichezza con il programma, è stata realizzata una sessione pratica con tale strumento affinché i docenti potessero osservarlo in funzione. Questa ses-


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sione pratica consistette nell’elaborazione di un piccolo esempio in cui ogni partecipante mise in atto quanto appreso, realizzando uno schema di un’ipotetica applicazione del sistema alla propria materia. In seguito, è stato tenuto un dibattito sull’esperienza maturata durante tale sessione pratica e sono state tratte alcune conclusioni in merito al futuro utilizzo di queste tecnologie con gli studenti. Durante la Terza sessione è stato illustrato il sistema Eutopia, evidenziandone caratteristiche, similitudini e differenze rispetto a PalMa. Al termine di detta parte teorica, si passò alla parte pratica della sessione ovvero, in questo caso, all’uso di Eutopia. I partecipanti del corso sono stati così suddivisi in diversi gruppi e venne chiesto loro di interagire usando uno scenario esemplificativo del sistema. Al termine della parte pratica ebbe luogo un dibattito sull’esperienza con Eutopia e sulle sue possibili applicazioni. Anche la Quarta sessione seguì la stessa struttura: innanzitutto è stata fornita una spiegazione teorica del sistema e-Adventure; quindi, dopo aver acquisito familiarità con le funzioni dello strumento, ai partecipanti fu chiesto di svolgere un’attività pratica nel corso della quale ognuno avrebbe dovuto seguire una serie di passi guida per costruire un gioco. Conclusa questa parte, ancora una volta, l’esperienza e le possibili applicazioni in ambito educativo della stessa furono oggetto di un dibattito. La Quinta e Sesta sessione sono state sessioni completamente pratiche volte entrambe principalmente a fornire ai partecipanti l’opportunità di progettare scenari reali che potessero utilizzare durante le proprie lezioni. Tenendo presente questo obiettivo, innanzitutto si procedette a uno scambio d’idee con i partecipanti e quindi si chiese loro di scegliere lo strumento con cui avrebbero realizzato tale idea. Una volta scelta l’idea da tradurre in pratica, ognuno cominciò a sviluppare il proprio scenario. Al termine della Sesta sessione ogni partecipante condivise con il resto del gruppo il proprio progetto e ricevette commenti dai colleghi. Infine, è stato applicato il protocollo di valutazione di fine corso e vennero raccolte informazioni sul parere dei partecipanti riguardo al corso stesso. Sono stati distribuiti due questionari: il Questionario di soddisfazione nei confronti delle tecnologie, destinato a valutare ogni tecnologia utilizzata durante il corso in termini di progettazione e utilizzabilità, e il Questionario di valutazione del corso, volto a sondare l’opinione dei partecipanti riguardo all’utilità percepita del corso per comprendere i concetti di elearning, il grado di innovazione, l’utilità delle tecnologie e le applicazioni future degli strumenti mostrati. La scala di risposte di entrambi gli strumenti era compresa tra 1 e 5, in cui 1 equivaleva a “Ampiamente in disaccordo” e 5 a “Ampiamente d’accordo”. Nelle sezioni seguenti vengono presentati i principali risultati ottenuti durante la nostra esperienza mediante le misure incluse nel corso. VI.6 Frequenza d’uso della tecnologia da parte dei docenti partecipanti al corso Per quanto riguarda la frequenza d’uso della tecnologia, la Figura 4 fornisce subito una sintesi delle informazioni relative alle tecnologie più utilizzate dai partecipanti del corso in base alla loro esperienza in qualità di docenti. Come è possibile osservare,


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la tecnologia più impiegata è quella associata a software generici (media di 4,88 in una scala compresa tra 1 e 5, in cui 1 equivale a “Mai” e 5 a “Molto spesso”). In questa categoria rientrano le presentazioni (PowerPoint), i grafici, l’editing di file audio e video, la gestione di dati e i programmi di composizione di testi (Word). Il secondo posto è occupato dai computer fissi e da quelli portatili (con una media di 4,75), seguiti al terzo da diversi strumenti di telecomunicazione quali Skype, e-mail, chat (media di 4,69) e infine da Internet, in qualità di fonte di informazioni (media di 4,5). È opportuno sottolineare che tutte le aule dell’UJI sono dotate di tali tecnologie e provviste di importanti risorse per impartire le lezioni. Perciò, poiché tale ateneo dispone di un’ampia gamma di risorse tecnologiche, tutti partecipanti al corso hanno accesso a diversi strumenti tecnologici destinati all’insegnamento, indipendentemente dal profilo individuale di ogni docente.

Figura 4 – Tecnologia utilizzata dai partecipanti

La Figura 4 illustra inoltre altre tecnologie con la relativa frequenza media di utilizzo (media tra 2 e 4) nella prassi didattica dei partecipanti. Tra gli strumenti più adottati in tale categoria spiccano gli ambienti virtuali e gli ambienti virtuali di apprendimento (media di 3,13) e le tecnologie web 2.0, quali le wiki, i social network o gli strumenti concepiti per l’apprendimento collaborativo (media di 3,06). Gli strumenti caratterizzati da una bassa frequenza d’uso nella prassi didattica dei partecipanti (media


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tra 1 e 2) risultano infine le cosiddette Hand-held technologies (media di 1,44) e l’impiego di robot o di altri dispositivi comandati da computer (media di 1,38). La complessità dell’utilizzo di queste tecnologie, nonché il loro uso specifico, unito al costo di tale tipo di dispositivi, possono essere fattori che incidono su questi risultati. VI.7 Valutazione del corso e delle tecnologie I risultati ottenuti mediante il protocollo di valutazione di fine corso vengono illustrati in due parti:la prima riguarda il grado di soddisfazione generale nei confronti di ogni tecnologia quale strumento per l’ambiente educativo; la seconda mira a sondare le opinioni dei partecipanti in merito al corso di formazione ricevuto su tali tecnologie. Per quanto attiene alla prima parte, ovvero il grado di soddisfazione nei confronti degli strumenti impiegati, i partecipanti ritengono che le tre applicazioni siano buoni strumenti da implementare nel contesto educativo.Come indicato dalla Figura 5, in linea con il parere dei partecipanti, e-Adventure risulta lo strumento più indicato per questo tipo di contesto (media di 4,05), seguito dalla piattaforma Eutopia (media di 3,66) e, al terzo posto e con una valutazione meno positiva, da PalMa (con una media di 3,33).

Figura 5 –Grado di soddisfazione nei confronti delle tecnologie.

Riguardo alla seconda parte, ovvero l’opinione espressa dai partecipanti nei confronti del corso ricevuto, è possibile osservare i risultati della valutazione della Figura 6. In tale analisi viene sottolineata l’utilità del corso per la comprensione dei concetti collegati all’apprendimento supportato dalle nuove tecnologie (media di 3,81) e in essa le tecnologie impiegate durante il corso vengono definite “innovatrici” (media di 4) e


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“utili” (media di 3,72).Riguardo alle possibilità di implementare queste tecnologie in futuro, i partecipanti si sono detti intenzionati ad approfondire l’utilizzo di tali strumenti e desiderosi di motivare altre persone a provarli come metodo didattico (media di 3,54).Le considerazioni espresse dai docenti partecipanti al corso sull’uso delle nuove tecnologie in futuro sono molto importanti.Ecco perché è necessario dare seguito all’impiego degli strumenti studiati per poterli utilizzare con i beneficiari secondari del progetto T3:gli studenti universitari (nel caso dell’ambito universitario).

Figura 6 – Valutazione del corso

VI.8 Conclusioni L’idea di ricorrere alle tecnologie quali strumenti educativi è frutto in particolar modo della volontà di generare/aumentare la motivazione degli studenti e di rinnovare, in qualche modo, i metodi e le tecniche di insegnamento (Martínez-Torres, Toral, Barrero, Gallardo, S., Oliva e Torres, 2008). Le tecnologie che consentono di elaborare strategie di istruzione innovatrici, nonché di imparare mediante attività o serious game, possono risultare molto attraenti agli occhi degli utenti finali del contesto universitario (gli studenti). L’obiettivo del corso era quello di illustrare una serie di strumenti appositamente progettati per mostrare le possibilità offerte dalle TIC quali potenziali mezzi di sostegno volti a migliorare l’apprendimento in ambito universitario. Ciò significa sviluppare metodologie didattiche più accessibili e più vicine al sistema dello Spazio europeo dell’istruzione superiore. I partecipanti al corso hanno definito le tecnologie appropriate e di facile utilizzo. Sebbene tutti i sistemi presentati abbiano ricevuto un punteggio superiore al 50% nella


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scala di valutazione fornita, l’applicazione valutata più favorevolmente è stata eAdventure. Ciò è probabilmente dovuto alla maggiore versatilità e alla maggiore facilità di adeguamento di questo sistema a un determinato contesto didattico, considerate le svariate aree di studio da cui era costituito il campione (psicologia, ingegneria, chimica, informatica, ecc.). Durante la messa in pratica del progetto è stato necessario formare approfonditamente i docenti sulle tecnologie selezionate. Una caratteristica della metodologia impiegata degna di nota è rappresentata dal lungo tempo dedicato alla formazione di tali docenti riguardo all’utilizzo di tutti gli strumenti. In ogni sessione è stata rivolta particolare attenzione all’illustrazione della teoria alla base di ciascun sistema e ai partecipanti è stato dato modo di svolgere un miniprogetto personale imperniato su ogni tecnologia presentata. L’obiettivo finale era quello di agevolare una migliore comprensione dei sistemi. Per questo motivo il corso si è prefisso di fornire ai docenti conoscenze sufficienti di questi strumenti affinché potessero poi applicarle all’insegnamento. I docenti hanno espresso una valutazione e un’opinione favorevoli nei confronti del corso, specialmente per quanto riguarda la pedagogia e la metodologia impiegata, che ha facilitato la comprensione dei diversi strumenti illustrati, nonché il carattere innovativo dei contenuti del corso stesso. Nella valutazione degli insegnanti è stato dato particolare risalto anche alle notevoli possibilità di utilizzo di questi strumenti nel futuro, sottolineandone l’utilità ai fini dei processi didattici. I dati raccolti tramite lo studio appaiono inoltre interessanti in quanto rispecchiano direttamente il grado di soddisfazione dei docenti nei confronti degli strumenti e della didattica prescelta per la formazione (si tratta di una metodologia innovativa rispetto a iniziative precedenti). Ciononostante, malgrado le TIC presentino indubbiamente un notevole potenziale nell’ambito dell’istruzione universitaria, restano ancora alcuni nodi da sciogliere. Docenti e studenti hanno opinioni divergenti riguardo all’uso delle TIC come strumento utile per il miglioramento dell’attività docente. Come già visto, alcune TIC sono molto diffuse (come l’uso di PowerPoint) tra il personale docente, altre, invece, vengono impiegate molto di meno. Si è inoltre constatato che, sebbene tutti gli strumenti utilizzati durante il corso siano stati valutati positivamente dai partecipanti, lo strumento che ha riscosso maggiori consensi è stato quello caratterizzato dalla maggiore versatilità. Infine, ci si è resi conto della necessità di dedicare tempo e sforzi alla formazione dei partecipanti. Alla luce di tutto ciò, è possibile trarre una serie di importanti conclusioni in grado di contribuire a promuovere l’uso delle TIC nell’insegnamento. Da una parte, sembra innanzitutto necessario ricorrere a strumenti di facile utilizzo: strumenti divertenti e intuitivi faranno sì che gli utenti siano più inclini ad usare altri strumenti simili in futuro. Dall’altra, risulta anche evidente il vantaggio di progettare TIC destinate a un’ampia gamma di discipline didattiche e caratterizzate da una grande versatilità. Infine, occorrerebbe prodigarsi per l’elaborazione di modalità di formazione integrabili nei vari strumenti o, in altri termini, sarebbe opportuno progettare strumenti in grado di “spiegarsi da sé”: un obiettivo indubbiamente meritevole di essere perseguito in un prossimo futuro. Il primo passo è già stato compiuto e, in generale, è possibile concludere che le tecnologie presentate hanno incontrato una buona accettazione da parte dei docenti. Ciò ci induce a pensare che il passo successivo potrebbe essere l’impiego di


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questi strumenti nel contesto dell’insegnamento universitario con gli utenti finali: gli studenti. Ci troviamo dinanzi a una nuova realtà: la coesistenza di docenti, studenti e TIC in uno stesso luogo. Ne consegue l’importanza di integrare tutti questi elementi nei processi didattici. Un primo passo potrebbe tuttavia essere quello di consentire ai docenti di utilizzare le TIC, individuare possibili difficoltà e sviluppare strategie per la loro risoluzione. L’obiettivo principale del corso descritto nel presente capitolo era quello di avvicinare i docenti universitari alle TIC già esistenti affinché potessero utilizzarle e applicarle nei propri ambiti didattici. Un primo e importante beneficio sarà l’aumento della motivazione estrinseca degli studenti, un fattore di grande rilevanza in termini didattici; mentre un secondo e cruciale vantaggio sarà rappresentato da una formazione più adeguata per gli studenti e da un maggior grado di soddisfazione da parte degli insegnanti nei confronti delle attività svolte. Riferimenti bibliografici Bretón-López, J., Quero, S., Botella, C., Baños, R. M., Vizcaíno, Y., Farfallini, L., & Herrero, R. (2011).T3 European Project:Advanced New Technology to Improve the Learning Process.Cybertherapy. Canadá, 19 de Junio. Bretón-López, J., Quero, S., Botella, C., Baños, R. M., Farfallini, L., & Herrero, R. (2011).El Proyecto Europeo T3:Resultados preliminares del uso de nuevas tecnologías para la docencia universitaria.SPDECE-2011. Almagro, Ciudad Real, 15 de Junio. Bretón-López, J., Botella, C., Vizcaíno, Y., Quero, S., Baños, R., & Molés, M. (2010).El proyecto europeo T3 (enseñando a enseñar con nuevas tecnologías).VII Congreso Nacional de la Asociación Española de Psicología Clínica y Psicopatología, Benicàssim, 21-23 de Octubre.ISBN: 978-84-8021-788-0. Boyer, A., & Hamil, B. (2008).Problems facing american education. Focus on Colleges, Universities, and Schools, 2, 1-9. Cabero Almenara, J. (2006).Bases pedagógicas del e-learning. Revista De Universidad y Sociedad Del Conocimiento, RUSC, 3(1). Davis, F. D. (1989).Perceived usefulness, perceived ease of use, and user acceptance of information technology.MIS Quarterly 13, 319–339. Davis, F. D., Bagozzi, R. P., & Warshaw, P. R. (1989).User acceptance of computer technology:a comparison of two theoretical models.Management Science, 35, 982–1002. Fernández-Abascal, E. G., Martín Díaz, M. D., & Domínguez Sánchez, F. J. (2001). Procesos Psicológicos. Madrid:Pirámide. Keller, J.M., & Suzuki, K. (2004).Learner motivation and E-learning design:a multinationally validated process.Journal of Educational Media, 29, 229-239. Lytras, M. D., & Ordonez de Pablos, P. (2007).Red gate corner:A web 2.0 prototype for knowledge and learning concerning china business and culture. International Journal of Knowledge and Learning, 3(4), 542-548. Lytras, M. D., & Ordonez de Pablos, P. (2009). Social web evolution:Integrating semantic applications and web 2.0 technologies Information Science Reference-Imprint of:IGI Publishing.


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VII. Un’esperienza di formazione alle nuove tecnologie di apprendimento per formatori aziendali in Italia Roberto Vardisio, Michela Fiorese

VII.1 Introduzione Secondo il GlobalInformation Technology Report2010-2011 (Rapporto sulla Tecnologia per l’Informazione Globale),di recente pubblicato dal Forum Economico Mondiale(FEM), l’Italia occupa il 51° posto nella classifica sulla capacità di sfruttare le nuove tecnologie come veicolo per lo sviluppo economico e sociale. L’Italia, preceduta da paesi come Tunisia(35ª) ed Estonia(26ª), è scivolata sensibilmente in classifica rispetto, ad esempio, al 2006, in cui figurava in 38ª posizione. Se analizziamo in dettaglio le ragioni per cui il FEM abbia espresso un giudizio così severo sul nostro paese, scopriremo implicazioni interessanti. Non è la diffusione dei telefoni cellulari e di Internet a influenzarne la posizione, al contrario, l’Italia è uno dei paesi in cui l’uso di queste tecnologie è più frequente, ma piuttosto la qualità dell’istruzione e delle politiche nazionali volte a promuovere l’innovazione e lo sviluppo. La difficoltà del nostro paese a comprendere e sfruttare il potenziale offerto dalle nuove tecnologie come strumenti di progresso assume forme diverse a seconda dell’area interessata. Per coloro che lavorano quotidianamente al servizio delle imprese italiane, un caso di particolare rilevanza è l’uso di tali tecnologie nell’ambito dei programmi formativi e dell’apprendimento a livello aziendale. Benché l’e-learning abbia riscosso qualche successo nel recente passato, soprattutto all’interno di grandi compagnie, è purtroppo un dato di fatto che non sia riuscito a varcare la “soglia della credibilità”, ormai superata in altri paesi, come Germania e Regno Unito. La consapevolezza del potenziale educativo di altre tecnologie, che costituiscono il cosiddettoTechnology Enhanced Learning (TEL, apprendimento potenziato dalla tecnologia), tra cui figurano serious game, realtà aumentata, formazione tramite la robotica e così via, non si trova nemmeno allo stato embrionale, mentre altrove il loro impiego è pratica comune, specialmente nei paesi del Nord Europa. La difficoltà di introdurre tali strumenti e le loro risorse nelle pratiche didattiche delle compagnie è dovuta in parte a fattori strutturali, quali la mancanza di infrastrutture tecnologiche, la complessità nell’effettuare investimenti, problemi comunicativi tra il mondo della ricerca e quello del lavoro, e in parte, senza dubbio, all’assenza di ag-


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giornamento per coloro che si occupano di formazione aziendale, che a volte si trasforma in diffidenza, se non addirittura in ostilità culturale. Di conseguenza, l’analisi del FEM dimostra chiaramente una situazione critica che i collaboratori al servizio delle imprese italiane vivono ogni giorno sulla loro pelle e che conferma l’esperienza sul campo di chi lavora a stretto contatto con le realtà aziendali. Inoltre, il contesto finanziario corrente, in cui l’economia mondiale è minacciata da una recessione generale, costituisce un’urgenza in termini di ciò che viene richiesto a una formazione aziendale moderna per essere competitiva e per rendere le imprese competitive. Il programma T3 tenta di offrire un contributo proprio in questa direzione: lo scopo è convincere i formatori della validità e delle opportunità inerenti alla tecnologia per l’apprendimento, per l’elaborazione di meta-modelli da utilizzare e per mettere a disposizione strumenti che consentano di acquisire una nuova mentalità. Tra i motivi generali per cui aziende e formatori dovrebbero affidarsi alle iniziative TEL si annoverano: 1. maggiore accesso, per cui il TEL permette di soddisfare le richieste formative di qualsiasi azienda, in particolare offrendo una flessibilità finalizzata a conciliare i molti problemi di tempo e spazio imposti dalle responsabilità e dagli impegni personali; 2. minori limiti di capienza, vantaggio dovuto al fatto che, essendo condotti per la maggior parte o interamente a distanza, i sistemi TEL riducono la richiesta di infrastrutture istituzionali, come gli edifici; 3. profitto da mercati emergenti: il TEL promuove un’accettazione crescente da parte della popolazione del valore di un apprendimento permanente, anche nel settore della didattica aziendale, mentre le imprese possono trarne un beneficio finanziario riducendo i costi formativi. Inoltre, il settore dirigenziale e gestionale delle risorse umane è più lucrativo rispetto ai mercati tradizionali; 4. funzione di catalizzatore di trasformazione istituzionale: il mercato moderno è competitivo e richiede cambiamenti e innovazione rapidi, per cui i programmi TEL possono agire da catalizzatori; 5. funzione di catalizzatore per un mutamento metodologico: a causa della complessità delle moderne problematiche formative, l’approccio offerto dal TEL consente di affrontare e imparare a gestire un ampio spettro di situazioni, mettendo a disposizione percorsi personalizzati. Le iniziative TEL possono rappresentare una risposta preziosa alla crisi economica, la quale impone nuovi vincoli, ma anche la necessità di un mutamento paradigmatico e di un cambiamento “linguistico” ispirato dalle tecnologie moderne e determinato dalle esigenze formative delle nuove generazioni. In questo senso, le tecnologie e gli esempi forniti durante il percorso formativo sono volti a coprire il più ampio potenziale di impiego negli ambienti aziendali, a seconda dei diversi obiettivi didattici.


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Tecnologie

Esempi forniti

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Obiettivi didattici

Serious game

PalMa Inside disaster Game4manager IBM City One Get Marketing Underground Mining

Competenze manageriali trasversali Risoluzione dei problemi Competenze manageriali (aziende) Competenze manageriali (sistemi complessi) Competenze manageriali (aziende) Problemi di sicurezza e prevenzione

Realtà aumentata

Strumenti Inglobe Technologies

Conoscenze procedurali

Mondi virtuali multigiocatore

Sinapsi Second Life Digital spaces Active Worlds Blue Mars Project Wonderland Cobalt

Competenze trasversali (formazione e valutazione) Competenze trasversali (formazione e valutazione) Conoscenze procedurali Competenze trasversali (formazione) Competenze trasversali (formazione) Competenze trasversali (formazione) Competenze trasversali (formazione)

Web 2.0

Editor di contenuti online Feed + aggregatori Mash-up Social bookmarking Crowdsourcing Portfolio elettronico e PLE Web operating system

Creazione di contenuto e conoscenze Condivisione di conoscenze Condivisione di conoscenze Condivisione e distribuzione in rete di riferimenti Creazione di una rete di contatti professionali Creazione di contenuto e conoscenze Miglioramento della produttività

Giochi di ruolo multigiocatore

Dread-Ed

Risoluzione dei problemi

Tab 1. Tecnologie ed esempi forniti

Un’iniziativa TEL deve ovviamente essere sostenibile anche a breve termine da punto di vista dei costi, dell’efficienza generale e dell’efficacia. In effetti, la redditività dell’investimento (ROI) e una riduzione positiva della mole di lavoro del settore delle risorse umane vengono percepiti come indici cruciali del successo di un programma di formazione TEL.


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Di conseguenza, la scelta della tecnologia che meglio si adatta agli obiettivi didattici è un passo fondamentale. VII.2 Obiettivi formativo-didattici e scelta degli strumenti all’interno di programmi aziendali TEL Quando si affrontano problemi formativi a livello aziendale, l’adozione di nuove tecnologie e di nuovi strumenti mette in evidenza la necessità per formatori e responsabili delle risorse umane di concentrarsi su due aspetti: da un lato, una profonda consapevolezza delle potenzialità e delle possibili modalità con cui servirsi di ognuna di queste tecnologie e, dall’altro, la capacità di tenere sempre in considerazione le esigenze dei tirocinanti, inseguendo quindi specifici obiettivi didattici. Il programma T3 ha dimostrato molto chiaramente quanta influenza venga esercitata da ogni strumento tecnologico sulla natura stessa del corso di formazione, il che pone all’insegnante alcune domande di vitale importanza riguardo agli obiettivi dei programmi. Inoltre, questa situazione così complessa richiede la presenza di una struttura di base per comprendere appieno i punti di forza e di debolezza, oltre alle opportunità e alle minacce (in breve, un’analisi SWOT) di ciascuno strumento e, di conseguenza, la capacità di identificare il collegamento diretto tra strumenti tecnologici specifici e obiettivi formativo-didattici. Quando si affronta la pianificazione generale di un programma TEL, il punto di partenza dovrebbe essere la definizione degli obiettivi didattici, come accade per i programmi faccia a faccia tradizionali, con l’aggiunta di un’ulteriore domanda: quali sono gli strumenti tecnologici che meglio si adattano a questi obiettivi? Oggigiorno, gli esperti dell’apprendimento sono chiamati a riconsiderare l’intero processo formativo, implementandolo con un nuovo approccio strumenti-obiettivi. Devono perciò affrontare un radicale mutamento paradigmatico, passando dai programmi tradizionali a un metodo più completo, che risulterà ampliato e approfondito dall’efficace integrazione di nuovi strumenti tecnologici, in combinazione con modalità più coinvolgenti per raggiungere obiettivi formativi vecchi e nuovi. Uno dei primi passi che il formatore deve intraprendere è considerare il tipo particolare di conoscenza che desidera trasmettere attraverso il programma TEL. Ciò significa che questi si deve chiedere se il suo obiettivo è sviluppare una conoscenza dichiarativa o proposizionale (ossia, una conoscenza che per natura viene espressa in frasi dichiarative o proposizioni indicative), oppure una conoscenza procedurale (cioè una conoscenza che permette di sapere come svolgere un compito e, in particolare, come svolgerlo al meglio). Una questione collegata da valutare è il tipo di fruizione del programma. In altre parole, ciò che meglio si adatta agli obiettivi didattici è una modalità individuale e di autoapprendimento o un programma incentrato sulla dimensione sociale dell’istruzione? Naturalmente, come accennato in precedenza, la scelta di uno strumento particolare, o di una combinazione di strumenti, è influenzata dalla natura stessa delle risorse tecnologiche e dal paradigma di apprendimento che promuovono.


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Il seguente schema è considerato una guida pratica per i formatori aziendali, che consente loro di identificare la “famiglia” di strumenti da usare per obiettivi di apprendimento e modalità di formazione specifici.

Fig. 1 – Obiettivi di apprendimento e strumenti formativi

Se l’obiettivo è ottenere una conoscenza dichiarativa tramite una fruizione individuale dei contenuti e delle attività formative (quadrante 1), gli strumenti più adatti allo scopo sono lezioni multimediali, o semplicemente basate su libri, e la navigazione in rete su ipertesti. Questo tipo di strumenti è definito CBT (Computer Based Training, insegnamento basato sul computer) o WBT (Web Based Training, insegnamento basato sul Web), a seconda che venga o meno utilizzata una connessione Internet per accedere ai contenuti didattici. In caso di progetti formativi che vogliono trasmettere una conoscenza dichiarativa con l’aggiunta però di una dimensione sociale all’apprendimento (quadrante 2), consentendo di contribuire alla creazione e alla condivisione del sapere, promuovendo così la comunicazione e la collaborazione tra tirocinanti, gli strumenti più adatti sono i software di mappatura mentale e i blog. I primi visualizzano in forma grafica i concetti e i legami tra di essi, che possono essere modificati e arricchiti in modo collaborativo. I secondi sono strumenti personali di pubblicazione digitale sul Web e rappresentano un metodo prezioso per aggiornare e condividere informazioni con un largo numero di persone. Considerata la necessità di fornire una formazione sulla conoscenza procedurale (know-how) tramite nuove tecnologie mediate da interazione e da una modalità di ap-


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prendimento sociale o collaborativa (quadrante 3), gli strumenti maggiormente indicati sono i moblog (mobile blog), i MOO (dominio Multi-user Object Oriented, un tipo particolare di simulazione di ruolo multigiocatore), giochi di simulazione collaborativi e ambienti virtuali collaborativi. Tutte queste risorse hanno in comune l’attenzione all’interazione attiva tra i partecipanti e possono vantare un’efficacia comprovata nell’insegnamento delle cosiddette competenze trasversali (comunicative, collaborative e manageriali). Se il nostro scopo è la formazione sulla conoscenza procedurale (know-how) senza la necessità di interazioni mediate e, di conseguenza, una modalità di autoapprendimento è sufficiente per tutti i nostri scopi didattici (quadrante 4), dovremmo adottare uno dei seguenti strumenti o una loro combinazione: giochi di simulazione individuale, realtà aumentata o robotica. Le simulazioni ludiche individuali consentono ai partecipanti di sperimentare una riproduzione di situazioni verosimili e sono particolarmente indicate per esercitare le capacità di risoluzione dei problemi. Grazie alla realtà aumentata, gli utenti possono visualizzare informazioni aggiuntive su flussi video relativi ad ambienti reali ed è perciò adatta a insegnare, tra le altre cose, le misure di sicurezza e prevenzione in determinati ambienti lavorativi. Con la robotica è possibile applicare al mondo reale concetti matematici e scientifici per mezzo della progettazione ingegneristica, il che rende questo strumento ideale per la formazione scientifica a diversi livelli, benché l’augurio sia che il suo impiego in un contesto aziendale avvenga principalmente per addestrare la forza lavoro nella gestione dei processi industriali. Un’altra utile struttura per i formatori interessati alla pianificazione di programmi TEL è rappresentata dal seguente schema, che può essere inserito nel medesimo approccio strumenti-obiettivi citato in precedenza.

Fig. 2 – Struttura T3: mappatura dell’uso della tecnologia in un ambiente educativo


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In questo caso, l’attenzione è rivolta all’apprendimento di paradigmi e obiettivi, raggruppati in quattro categorie principali: memorizzazione e comprensione (conoscenza dichiarativa), risoluzione dei problemi e creazione (conoscenza procedurale). Inoltre, quando esamina obiettivi didattici specifici, il formatore deve considerare cosa si adatta meglio all’impiego di nuove tecnologie: un programma online, un programma faccia a faccia o uno misto? Infine, il formatore che si occupa della pianificazione di attività TEL deve essere a conoscenza della distinzione tra strumenti sincroni e asincroni. Gli strumenti sincroni consentono di trasmettere contenuti mentre tutti i partecipanti sono "presenti" nello stesso momento. Benché questi ultimi siano in realtà collegati a distanza, tali strumenti sono simili ai metodi tradizionali di insegnamento in un ambiente chiuso e richiedono una tabella di marcia ben organizzata. Al contrario, la modalità di apprendimento asincrona è più flessibile, poiché i partecipanti accedono ai materiali e agli strumenti del corso seguendo un loro piano di studio e non devono essere insieme nello stesso momento. Com’è naturale, questi due metodi possono essere combinati nella creazione di un singolo programma didattico, a seconda degli obiettivi specifici da raggiungere. Oltre alla scelta della tecnologia o della combinazione di tecnologie corrette e al miglior metodo di realizzazione, la pianificazione e l’organizzazione rivestono un ruolo fondamentale nell’assicurare l’efficacia di un programma TEL. Per quel che riguarda i corsi di formazione tradizionali, la fase di pianificazione deve focalizzarsi principalmente sull’analisi delle necessità e su uno studio preliminare dei vincoli presenti, ad esempio in relazione agli strumenti che è possibile utilizzare in modo efficace nel programma e, cosa più importante, al livello di competenza tecnologica mostrata dai soggetti, da cui dipendono tempo e costi da investire in un eventuale corso preventivo incentrato su questo argomento. La seguente checklist riassume alcuni punti da tenere presente nella pianificazione dei corsi TEL: • • • • • • •

analisi delle necessità del gruppo target rilevamento di obiettivi didattici principali e secondari (conoscenza dichiarativa o procedurale) studio preliminare su possibili vincoli e limiti (strumenti disponibili, competenza tecnologica ecc.) analisi SWOT e scelta degli strumenti secondo specifici obiettivi didattici metodo di realizzazione: autoapprendimento o modalità di formazione sociale (o una loro combinazione) programma online o faccia a faccia (o misto) utilizzo di strumenti sincroni o asincroni (o una loro combinazione)

Una volta che gli obiettivi didattici sono chiari, così come la scelta degli strumenti e il metodo di realizzazione più adatto, il formatore deve affrontare alcune problema-


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tiche a livello di pianificazione e organizzazione, anch’esse fondamentali per la buona riuscita di un programma TEL. VII.3 Problematiche di pianificazione e organizzazione dei programmi TEL aziendali La selezione degli strumenti e di un metodo di realizzazione è un aspetto fondamentale delle attività TEL, ma l’attenzione inizialesulle risorse non deve far passare in secondo piano l’elemento cruciale di un programma formativo aziendale, anche se mediato dalla tecnologia, ossia le esigenze dei tirocinanti. Perciò, un’altra domanda che i formatori devono porsi riguarda il modo in cui pianificare e organizzare il processo perché meglio si adatti a tali esigenze. Semplificando, le problematiche di pianificazione e organizzazione riguardano soprattutto i vincoli di tempo e spazio, dove quest’ultimo punto è particolarmente rilevante se scegliamo un programma formativo faccia a faccia o misto.I vincoli temporali e spaziali sono legati in via di principio alle opportunità e alle minacce rilevate durante lo studio preliminare della nostra proposta TEL e devono essere analizzati con cura. Ad esempio, se il nostro fine è una formazione su specifiche abilità comportamentali o comunicative (quindi, problemi di collaborazione in un team) e ci rendiamo conto che la tecnologia adeguata a questi obiettivi didattici è un serious game, ma non abbiamo tempo a sufficienza per crearne uno personalizzato, dovremo considerare l’opzione rappresentata dall’outsourcing, ossia individuare e usare uno strumento che è già stato sviluppato per gli stessi obiettivi didattici, invece di idearne uno nuovo. I vincoli spaziali rivestono un ruolo altrettanto importante nella fase organizzativa di un’iniziativa TEL, poiché influenzano profondamente la scelta degli strumenti di cui ci serviremo durante il programma.Se desideriamo raggiungere un ampio gruppo target, in cui i partecipanti sono distribuiti al di fuori di confini geografici delimitati, e dobbiamo inoltre ridurre i costi generali del corso di formazione, l’impiego di tecnologie online (sincrone o asincrone) sarà sicuramente più consigliabile che non un’iniziativa faccia a faccia con gli stessi obiettivi. È inoltre possibile trovare una soluzione intermedia pianificando un programma misto, dove affiancare strumenti online a incontri personali.Al contrario, se il nostro gruppo target è relativamente ridotto e delimitato a livello geografico, sceglieremo sessioni faccia a faccia tradizionali, potenziando il programma con strumenti tecnologici (ad esempio, serious game individuali o collaborativi, a seconda degli obiettivi didattici). Un’altra problematica organizzativa riguarda il numero di persone che partecipano a un corso TEL, cosa che influenzerà la scelta del metodo di realizzazione più adatto, oltre al tipo particolare di attività, individuali o collaborative, che i tirocinanti dovranno svolgere. Se il programma TEL è destinato a molte persone, è utile organizzare attività collaborative assegnate a diversi sottogruppi, al fine di massimizzare l’efficacia nella ritenzione delle conoscenze, oltre che per trasmettere e praticare specifiche competenze trasversali. Nel caso di gruppi in numero limitato con obiettivi di conoscenza dichiara-


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tiva, sono adatte anche modalità di apprendimento individuali. In aggiunta, la minore possibilità di monitorare, tenere traccia e controllare alcune attività TEL rispetto ai programmi formativi tradizionali fa sorgere la necessità di una forte “cooperazione formativa” tra insegnanti e tirocinanti, la cui importanza aumenta progressivamente lungo l’asse programma in presenza-misto-online. In effetti, è difficile ottenere un controllo completo sulle attività dei partecipanti, soprattutto quando si tratta di progetti in cui la “mediazione tecnologica” è preponderante. Di conseguenza, i formatori e i progettisti della formazione devono concentrarsi in modo particolare, anche durante questa fase di pianificazione, sugli aspetti motivazionali.Ad esempio, l’introduzione di un elemento competitivo all’interno delle attività svolte dai sottogruppi (competizione tra team diversi) può stimolare la coesione del gruppo, aumentando così il coinvolgimento personale dei partecipanti. La seguente checklist riassume alcuni punti da tenere presente durante la fase di pianificazione e organizzazione: • • • • •

vincoli temporali e spaziali opzioni di outsourcing numero di persone che partecipano al corso pianificazione delle attività: individuali o collaborative pianificazione delle attività: aspetti motivazionali

Quest’altra checklist contiene linee guida da seguire durante la fase di pianificazione e organizzazione, al fine di ottenere una coerenza generale tra obiettivi didattici e strumenti tecnologici all’interno del percorso formativo aziendale. • • • • • • •

Obiettivi didattici Competenze tecniche Competenze trasversali Conoscenza dichiarativa Valori Risoluzione dei problemi Informazioni contestuali

Tipo di tecnologia selezionata: • • • • •

Reale e verosimile Metaforica Osservazione Sperimentazione Risoluzione dei problemi (analisi e decisione)

Scenario: • •

Fruizione individuale Attività di gruppo o sociali


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Logica di funzionamento e uso: • •

Inserimento all’interno del percorso formativo Realizzazione e gestione di iniziative TEL aziendali

In generale, come accade di solito nei programmi formativi tradizionali, anche un’iniziativa TEL deve combinare alcuni aspetti teorici introduttivi e altri pratici, oltre a un’ulteriore analisi e descrizione delle attività. Quest’ultimo punto rientra nel concetto di feedback, che sta diventando sempre più un elemento chiave, se consideriamo che non tutti gli strumenti che possiamo scegliere includono opzioni di feedback incorporate, forzandoci quindi a trovare soluzioni altrettanto efficaci per mettere in pratica questa fase didattica fondamentale. Feedback regolari nei progetti TEL consentono di motivare e animare la partecipazione al programma, coinvolgendo i tirocinanti in attività individuali o collaborative o invitandoli a ripensare e a ricordare aspetti particolari del corso. Quando si introduce e si attua un’iniziativa TEL completamente nuova, possono rivelarsi utili feedback correttivi, ad esempio in quei casi in cui i partecipanti sono “tentati” di utilizzare strumenti tradizionali a cui sono più abituati o modalità diverse, non mediate dalla tecnologia, per svolgere i propri compiti o coordinare le proprie attività con gli altri (servendosi di meeting in presenza invece che di strumenti di comunicazione). Di solito, gli individui o i gruppi che preferiscono affrontare le attività TEL nel modo tradizionale ottengono i risultati peggiori durante il corso, perciò i formatori devono tentare di prevenire o correggere questi comportamenti. Ciò significa che per garantire l’efficacia di un’iniziativa TEL, il mutamento paradigmatico verso nuove opportunità didattiche aperte dalle tecnologie moderne non deve essere accolto solo dai formatori che pianificano e organizzano il corso, ma anche dai tirocinanti, che costituiscono il punto focale di qualsiasi approccio, innovativo o tradizionale che sia. In caso contrario, le tecnologie verranno viste più come un ostacolo che un aiuto. Per evitare ciò, è necessario organizzare le attività e i contenuti TEL in modo coerente, usando lo stesso nuovo “linguaggio”, in modo che l’intero sistema formativo venga percepito come funzionale. Il formatore deve inoltre essere a conoscenza di alcuni vincoli che dipendono dalla tecnologia impiegata, ad esempio l’utilizzo di strumenti online senza uno stimolo collaborativo al lavoro di squadra o senza un supporto di e-tutoring introduttivo porta a un calo della motivazione. La diminuzione o la crescita del livello di automotivazione sono strettamente legate al livello di autocontrollo e consapevolezza del proprio sviluppo personale mostrato dai partecipanti. In questo caso, lo strumento o la combinazione di strumenti adottati nel programma definisce lo stile di insegnamento, che può essere più o meno direttivo, oltre che più o meno di supporto. Tirocinanti altamente capaci e motivati non avranno bisogno di uno stile direttivo, ma di una qualche forma di delegazione e autonomia. Al contrario, tirocinanti poco capaci e demotivati dovranno essere monitorati e coinvolti regolarmente nelle attività formative, ricevendo feedback correttivo, se necessario.


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Fig. 3 – Stili di insegnamento e livelli di competenza nell’uso delle nuove tecnologie

Uno stile più direttivo e di guida prevede attività a ritmo serrato (pacchetti di lavoro generali con compiti e doveri secondari ben definiti) e deriva principalmente da un atteggiamento difensivo verso l’innovazione e il cambiamento o da un basso livello di competenza mostrato dai partecipanti nell’uso di alcuni strumenti tecnologici, che causano, in alcuni casi, un’errata organizzazione del lavoro individuale o collettivo. Per evitare questa situazione, è necessario promuovere regolarmente lo scambio di feedback tra tirocinanti durante il corso, così che le loro opinioni possano agire da punto di controllo intermedio a disposizione dei gruppi per discutere i contenuti di lavoro o gli aspetti decisionali e comunicativi. Da questo punto di vista, stili di insegnamento che favoriscono la delega e offrono supporto sono in grado di assicurare ai partecipanti strategie di feedback più libere, che possono essere sollecitate in caso di necessità o semplicemente delegate all’organizzazione interna delle attività da parte degli individui e dei gruppi. La seguente checklist riassume alcuni punti da tenere presente durante la fase di realizzazione: • •

feedback (per coinvolgere, motivare o correggere) strumenti e stili di insegnamento (direttivi, di supporto o basati sulla delega)

A seconda degli strumenti utilizzati durante il programma, altri aspetti potrebbero richiedere uno studio approfondito, in particolare per quelle tecnologie la cui fruizione


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avviene a distanza e che vengono utilizzate in modalità di autoapprendimento individuale senza alcun tipo di e-tutoring. Il seguente elenco contiene suggerimenti utili per promuovere un impiego efficace di determinate tecnologie durante la fase di realizzazione. VII.4 Serious game (PalMa – Managerial Gym) Questo particolare software è stato sviluppato con la stessa tecnologia e lo stesso tipo di progettazione dei videogiochi, ma il suo scopo non è l’intrattenimento, bensì specifici obiettivi didattici. L’unità principale del gioco è costituita da uno scenario, una situazione nella quale il giocatore deve ottenere un determinato risultato. Questi agisce per mezzo di un avatar e l’unico strumento a sua disposizione è rappresentato da scelte di dialogo. Come può essere usato? PalMa può essere impiegato in un contesto aziendale per i seguenti fini: • • •

formazione manageriale e vocazionale: strategia, marketing, competenze trasversali giudizio e valutazione coaching e sviluppo

Obiettivi principali L’introduzione di PalMa in un percorso didattico aziendale consente ai formatori e agli specialisti delle risorse umane di: • • • • • • •

avere una misura obiettiva dell’efficacia di certe competenze “insegnare” competenze manageriali strategiche lavorare su specifiche aree che necessitano di sviluppo monitorare il progresso nel tempo rispetto allo sviluppo di precise competenze contribuire indirettamente alla diffusione di una cultura e di valori interni diffondere pratiche migliori attraverso la formalizzazione di modelli di efficienza riconosciuti dall’azienda realizzare strumenti altamente raffinati e calibrati rispetto alla cultura aziendale di riferimento

VII.4 a Valore aggiunto Il vantaggio principale dei serious game, e in particolare di PalMa – Managerial Gym, è l’utilizzo di un’esperienza simulata per comprendere il funzionamento basilare di un fenomeno o di un problema complesso. Inoltre, il valore aggiunto per un corso


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aziendale è la possibilità di analizzare e creare modelli di efficacia, che spingono i partecipanti a concentrarsi sul processo lavorativo e sulle strategie riparative in cui sono di solito coinvolti, in modo da diffondere e rafforzare valori innovativi, oltre a nuovi comportamenti e atteggiamenti personali. Infine, questo strumento assicura un elevato livello di personalizzazione in termini di scenario, dialoghi e configurazione. La partecipazione è facilitata dall’”approccio ludico” e dal conseguente coinvolgimento emotivo. Suggerimenti: Se usati a fini di formazione o sviluppo, i feedback alla fine delle sessioni di gioco devono essere chiaramente strutturati, al fine di fornire indicazioni sul livello di comprensione relativo al fenomeno e sull’efficacia della strategia adottata per affrontare opportunità e minacce della situazione. Se il loro fine è invece la valutazione, i feedback non vengono comunicati ai partecipanti e i dati provenienti dalle sessioni di gioco saranno usati dai formatori per elaborare un giudizio. VII.5 Giochi di ruolo multigiocatore (Dread-Ed) Come i serious game, anche queste applicazioni software sono state sviluppate sfruttando la tecnologia e la progettazione dei videogiochi, venendo però messe a disposizione soprattutto online, in modalità sincrona, con la simultanea partecipazione di più utenti. Come possono essere usati? Il modo migliore di introdurre gli MRG, in particolare Dread-Ed, nei progetti TEL, è di organizzare un programma formativo misto con lo scopo di migliorare la capacità di prendere decisioni efficaci e lavorare in gruppo all’interno di situazioni di emergenza simulate. Obiettivi principali: Dread-Ed consente a formatori e specialisti delle risorse umane di trasmettere, valutare o sviluppare competenze trasversali e capacità di risoluzione dei problemi. In particolare, gli studenti apprenderanno a comunicare in modo efficace, a condividere strategie informative, a gestire le risorse, le emozioni e lo stress e a dare vita a un processo decisionale. Saranno inseriti in un ambiente collaborativo e per concludere il gioco saranno costretti a mettere alla prova le proprie competenze comunicative e sociali. Valore aggiunto: Il gioco consente ai partecipanti di immergersi in dinamiche realistiche all’interno di un ambiente simulato, e pertanto sicuro, mentre la sessione di discussione condotta dal tutor li spingerà a riflettere sulle decisioni prese dal gruppo.


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Suggerimenti: Il tutor ha la possibilità di scegliere il “copione”, di registrare le sessioni e di modificarle con commenti al fine di fornire un feedback. È importante che questi svolga una sessione introduttiva con il gruppo prima dell’inizio del gioco, assicurandosi in particolare che i partecipanti siano tutti online e pronti a cominciare, assegnando a ognuno di essi un ruolo specifico all’interno della simulazione. VII.6 Valutazione di un progetto TEL aziendale La tentazione nella quale si rischia di cadere quando si valutano le iniziative TEL aziendali è di utilizzare strumenti o categorie datate di un metodo tradizionale, che mal si adattano al nuovo linguaggio formativo. Inoltre, è molto difficile e spesso inutile confrontare problemi di valutazione di progetti TEL con quelli passati.Per questo motivo è fondamentale ricordare di mantenere una coerenza generale tra il percorso formativo e il protocollo di valutazione. Gli elementi da valutare durante le iniziative TEL dipendono principalmente dal tipo di tecnologia (o combinazione di tecnologie) utilizzata e del suo ruolo all’interno del percorso formativo, a seconda degli obiettivi generali e specifici del progetto. Per semplificare, elenchiamo tre aspetti chiave che il protocollo di valutazione di un progetto TEL deve prendere in considerazione (vedere il capitolo 8 per maggiori dettagli): • • • • • •

conoscenze precedenti e pratica di nuove tecnologie (studio preliminare) uso della tecnologia all’interno del percorso formativo: fruibilità assimilazione accettazione obiettivi didattici e percorso fornito

Uno studio preliminare che introduce l’adozione di una nuova tecnologia per la formazione aziendale dovrebbe essere volto principalmente a individuare le risorse utilizzate dal gruppo target nel proprio ambiente lavorativo, ad esempio, simulazioni, serious game, strumenti collaborativi e comunicativi online e così via, in modo da determinare il livello di familiarità dei partecipanti con questo tipo di tecnologia.I dati ottenuti con questo studio serviranno a scegliere gli strumenti e le attività più adatte agli obiettivi didattici (per maggiori dettagli, vedere la sezione sulle problematiche di pianificazione e organizzazione dei programmi TEL aziendali), oltre alla migliore strategia di feedback (vedere in questo caso la sezione sulla realizzazione e la gestione delle iniziative TEL). Un altro aspetto chiave nella valutazione dei programmi TEL è rappresentato dall’efficacia di utilizzo di ogni singola tecnologia all’interno del percorso formativo, sulla base dei seguenti principi: fruibilità, assimilazione e accettazione. Più specificamente, il principio della fruibilità si riferisce alla facilità di utilizzo e all’accessibilità degli strumenti quando servono.Attraverso la sua valutazione è necessario stabilire se


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gli elementi di cui i partecipanti avevano bisogno fossero chiaramente visibili e semplici da trovare e se le istruzioni operative fossero a loro volta visibili e facilmente accessibili. Il principio dell’assimilazione prende invece in considerazione il livello di coinvolgimento durante l’uso della tecnologia e l’eventuale difficoltà di provare interesse quando viene impiegata per scopi didattici. Un ulteriore aspetto legato ai due principi precedenti è la percezione dell’utilità degli strumenti a disposizione, ossia, in parole povere, l’accettazione di tali strumenti come risorse formative. Essi devono essere accettati dal gruppo target, il che significa che i partecipanti sono spinti a consigliarli agli altri o sono inclini a iscriversi a corsi futuri in cui sono impiegate metodologie e tecnologie simili. Per tutti questi motivi, i principi appena descritti rivestono un’importanza fondamentale nella valutazione degli strumenti introdotti nel programma, se confrontati con quelli tradizionali. Ad esempio, se l’impiego di una tecnologia promette dei miglioramenti, ma alla fine non risulta essere completamente utilizzabile o viene percepita dai partecipanti come poco coinvolgente, gli obiettivi didattici verranno raggiungi con maggiore difficoltà rispetto ai metodi tradizionali. È inoltre necessario ricordare che, una volta che la fase di realizzazione ha avuto inizio, le persone coinvolte nell’iniziativa approfondiscono di solito la loro capacità di usare strumenti diversi e potrebbero suggerire miglioramenti nel sistema secondo le proprie esigenze. È perciò consigliabile organizzare una sessione di feedback intermedia anche durante lo sviluppo di un programma TEL (per maggiori dettagli, vedere il successivo paragrafo, che tratta dello studio di un caso aziendale). In aggiunta, una strategia di feedback e valutazione deve sempre prevedere un canale comunicativo per accogliere le idee e i suggerimenti dei partecipanti. Un errore comune in questo senso è di relegare la fase valutativa alla fine del progetto didattico, il che impedisce ai formatori e agli specialisti delle risorse umane di intraprendere azioni correttive durante lo svolgimento del corso. L’assenza di sessioni di feedback regolari o intermedie può portare, in alcuni casi, a uno sviluppo negativo della formazione TEL o addirittura al fallimento dell’iniziativa. Ultimo aspetto, non meno importante, è la valutazione degli obiettivi didattici e del percorso fornito, che deve essere pianificata secondo gli scopi specifici e generali del progetto, con particolare attenzione sul ruolo rivestito dagli strumenti usati durante il programma e sulle attività formative svolte per raggiungere un fine preciso. VII.7 Studio di un caso aziendale: il progetto Auriga All Stars - Rai Way La possibilità di mettere alla prova alcune nuove tecnologie presentate durante il workshop T3 che potesse influenzare anche beneficiari indiretti è stata offerta da un’attività di sviluppo delle risorse umane organizzata da Rai Way, l’azienda pubblica leader in Italia nel settore delle telecomunicazioni. Tale attività ha coinvolto circa 100 persone sul territorio nazionale per un periodo di 3 mesi, da aprile a metà giugno. Tutti i partecipanti avevano preso parte a progetti


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precedenti, caratterizzati sia da metodologie tradizionali, sia sperimentali, a partire dal 2005 fino al 2010, tanto che il progetto “All Stars” può essere considerato una continuazione dell’intero percorso formativo Auriga. I partecipanti hanno affrontato più volte l’esigenza di avere una nuova opportunità di incontrarsi e rispolverare competenze acquisite nelle edizioni precedenti e di creare un momento di condivisione globale tra gruppi di età diverse. Partendo da questi presupposti, sono stati stabiliti 4 obiettivi principali: • • • •

offrire un momento di sviluppo delle competenze personali che riprendesse i contenuti principali trattati durante l’edizione precedente del progetto; diffondere e rafforzare valori, legami personali e il clima positivo generato dal progetto attraverso un’attività che coinvolge partecipanti di edizioni differenti; usare una metodologia stimolante e innovativa adatta alle sfide tecnologiche che Rai Way sta affrontando; realizzare un percorso formativo avanzato i cui risultati saranno resi disponibili in tutta l’azienda come strumenti di apprendimento sulle competenze manageriali.

Lo scopo fondamentale dell’attività era sviluppare competenze manageriali e favorire o migliorare la collaborazione in un lavoro di squadra. La tecnologia scelta era un portale Web 2.0 (Moodle 2), in cui i partecipanti usarono svariati strumenti di comunicazione (messaggistica istantanea, chat, forum di notizie e del progetto), oltre ad alcune risorse collaborative per la modifica dei contenuti online (wiki). In particolare, questa attività collaborativa di modifica dei contenuti era finalizzata a realizzare una sceneggiatura dei dialoghi da implementare in un serious game (PalMa – Managerial Gym), che venne peraltro testato all’inizio del programma formativo. Tecnologie

Obiettivi

Metodo di realizzazione

Serious game (PalMa)

Sviluppo di competenze manageriali trasversali

In presenza

Portale Web 2.0 (Moodle 2)

Favorisce/migliora la collaborazione in un team

Online

Strumenti Web 2.0 (editor di contenuti online)

Creazione di contenuto e conoscenze

Online

Tab. 2 – Auriga “All Stars”: tecnologie, obiettivi e metodi di realizzazione

Ai partecipanti, divisi in 10 gruppi, venne chiesto di creare il contenuto, sotto forma di dialoghi, di un videogioco educativo personalizzato che potessero usare insieme ad altri colleghi per esercitarsi nelle proprie competenze manageriali.


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L’unità principale del gioco era costituita da uno scenario, una situazione in cui i giocatori dovevano raggiungere uno specifico obiettivo agendo nei panni di un avatar, cioè di un corpo virtuale di cui decidevano il comportamento. L’interlocutore dei giocatori era rappresentato da un BOT, ossia un agente software programmato per rispondere in un certo modo a seconda delle scelte effettuate.In ogni situazione veniva presentato un obiettivo: convincere qualcuno a svolgere un compito, risolvere un conflitto, mediare tra due gruppi, motivare un dipendente e così via, in modo che il giocatore influenzasse lo svolgimento degli eventi attraverso le proprie scelte di dialogo. Alla fine della sessione di gioco, PalMa forniva un feedback dettagliato sulla prestazione degli utenti, in modo da consentire una valutazione anche in termini di idee di sviluppo personale. Il percorso formativo era inteso come una sfida sia da un punto di vista creativo, sia collaborativo all’interno di un team, supportata dalla sede in cui si svolse il progetto, che consentì il lavoro in remoto e una regolare attività di e-tutoring asincrona. Tuttavia, la progettazione del gioco non rappresentò unicamente un’opportunità di discussione e di collaborazione nella risoluzione dei problemi, ma dimostrò di contenere un importante elemento di sviluppo personale. Dovendo creare un dialogo basato su una specifica competenza manageriale, i partecipanti furono spinti a ripensare in modo analitico a tale competenza. Questo è forse uno dei più grandi vantaggi del cosiddetto metodo di simulazione: per simulare e riprodurre il comportamento di un certo fenomeno, esso deve essere completamente “compreso” in anticipo. Il progetto identificava quattro momenti chiave(allestimento, verifica, perfezionamento e presentazione) a cui tutti dovevano partecipare, ad eccezione della fase di perfezionamento. Di conseguenza, la formula scelta era una metodologia di formazione mista. Il primo meeting faccia a faccia introduceva il progetto e comunicava gli obiettivi principali, oltre a una panoramica degli strumenti TEL. Il secondo mirava a controllare il lavoro svolto fino a quel punto dai partecipanti e a definire le linee guida per il completamento del gioco. Il perfezionamento del progetto aveva lo scopo di “raffinare” il prodotto che doveva essere infine svelato durante l’evento di presentazione alla conclusione del percorso formativo.

Fig. 4 – Auriga “All Stars”: momenti chiave della strategia mista


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Per facilitare la collaborazione remota, fu pianificata una serie di milestone, obiettivi specifici e risultati intermedi. In effetti, il lavoro era organizzato in pacchetti generali, contenenti compiti secondari da svolgere e prodotti da rilasciare con una scadenza ristretta. Questo particolare piano d’azione si rese necessario data la consapevolezza che il livello di competenza nell’uso delle nuove tecnologie (e in particolare del TEL) era fondamentalmente medio-basso e che, perciò, una maggiore autonomia avrebbe causato problemi nell’effettivo completamento dei pacchetti di lavoro (cfr. gli stili di insegnamento e la competenza d’uso citati nella sezione relativa alla realizzazione e alla gestione delle iniziative TEL aziendali). La piattaforma finalizzata alla collaborazione consentì inoltre di tenere traccia del contributo di ciascun partecipante, al fine di evitare ed eventualmente rettificare alcuni “squilibri” tra colleghi coinvolti nelle attività dei sottogruppi. Alla fine dei PL1 e 2 vennero pianificate alcune sessioni di feedback interne per rispondere all’esigenza di una valutazione tra colleghi dell’esperienza di collaborazione. Durante lo sviluppo del programma vennero forniti feedback regolari sul lavoro svolto dai partecipanti attraverso i forum del progetto sulla piattaforma Moodle. Alcune proposte per migliorare gli strumenti a disposizione vennero ricevute subito dopo aver completato la prima sessione di feedback interno e suggerivano in particolare di inserire domande aperte per offrire un feedback più personalizzato ai colleghi. Relativamente agli stili di insegnamento e alla competenza d’uso, il fatto che una percentuale ridotta di partecipanti si servì di tali domande una volta implementate potrebbe essere indice di poca maturità dei gruppi. Occorre infine aggiungere che lungo tutto l’arco del programma formativo fu presente un’attività di e-tutoring, che forniva linee guida su problemi legati al processo e ai contenuti, oltre a supporto su questioni tecniche. Il seguente schema riassume le dettagliate attività svolte dai partecipanti e dai formatori nel corso del progetto. Pacchetti di lavoro

Compiti del partecipante

E-tutoring

Sessioni di feedback

PL 1: allestimento

1.1 Rilevare una competenza da migliorare 1.2 Elaborare l’idea 1.3 Definire l’obiettivo del gioco 1.4 Sceneggiatura (macro)

- Processo - Contenuto - Supporto tecnico

Feedback interno sull’attività dei sottogruppi

PL 2: verifica

2.1 Sceneggiatura (micro) 2.2 Definire l’equazione di efficienza

- Processo - Contenuto - Supporto tecnico

Feedback interno sull’attività dei sottogruppi

PL 3: perfezio- 3.1 Finalizzare il gioco personaliz- - Processo namento zato (dialoghi del serious game) - Contenuto - Supporto tecnico

Nessuno


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PL 4: presentazione

Nessuno

Nessuno

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Valutazione del percorso: feedback esterno da una giuria di esperti di gestione della formazione

Tab. 3 – Auriga “All Stars”: pacchetti di lavoro, compiti, e-tutoring e sessioni di feedback

Nella globalità, il percorso formativo ha portato diversi vantaggi: • • • • • • •

è stato valutato come altamente innovativo nei contenuti e nella metodologia grazie alle opzioni di personalizzazione dello strumento PalMa, il risultato fu completamente pertinente al linguaggio aziendale interno e alla cultura di Rai Way è stato in grado di assicurare una formazione sia a livello individuale sia di gruppo, sia in termini teorici sia empirico-pratici ha consentito di proseguire e approfondire i precedenti percorsi formativi Auriga ricreando il clima positivo dell’iniziativa ha fornito un feedback tangibile sulla qualità del lavoro e quindi sull’efficienza generale dei gruppi ha fornito un esempio concreto dei temi trattati a coloro che non avevano mai partecipato ad Auriga ha espresso i valori del progetto relativi allo sviluppo personale e aziendale, anche al di fuori dell’impresa.

I dati provenienti dalla sessione di feedback alla conclusione del progetto e dal protocollo di valutazione dell’iniziativa confermarono appieno i vantaggi sopraelencati. Inoltre, le tecnologie adottate consentirono di sperimentare nuove strategie di risoluzione dei problemi, il lavoro di squadra ricevette un sostegno efficace e i feedback furono utili per favorire la crescita professionale dei partecipanti. Lo sviluppo di un serious game venne percepito come stimolante per pensare alle dinamiche del gruppo, così che il giudizio complessivo fu che le tecnologie impiegate in Auriga “All Stars” riuscirono a valorizzare la formazione aziendale rispetto ai percorsi didattici precedenti, caratterizzati da una metodologia tradizionale.


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Fig. 1 Le tecnologie adottate consentirono di sperimentare nuove strategie di risoluzione dei problemi

Fig. 2 Le tecnologie adottate per collaborare all’interno del gruppo promossero in modo efficace il lavoro di squadra

Fig. 3 Il feedback ricevuto durante il progetto fu utile per la crescita professionale


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Fig. 4 - Lo sviluppo di un serious game fu utile per pensare alle dinamiche del gruppo

Dalle sessioni di feedback emersero inoltre aree che richiedevano un miglioramento e possono essere riassunte come segue: • •

necessità di un numero maggiore di meeting in presenza carico di lavoro e calendario

Il numero totale di meeting in presenza e il programma delle attività da svolgere erano vincolati da considerazioni relative ai costi e all’efficacia durante la fase di pianificazione, oltre che da alcuni limiti organizzativi, ma erano adatti ai fini del progetto. Per quel che riguarda il primo punto, la necessità espressa dai partecipanti di avere a disposizione più meeting può essere considerata una diretta conseguenza dell’atteggiamento difensivo verso l’innovazione e il cambiamento già evidenziato dallo studio preliminare. Inoltre, il livello, generalmente basso, di competenza nell’uso di alcuni strumenti tecnologici, in particolare di risorse comunicative e collaborative, mette in evidenza una difficoltà iniziale nel servirsi di questa nuova metodologia formativa. In seguito a queste riflessioni, anche la proposta di attività con scadenze meno rigide e una migliore distribuzione del carico di lavoro per la durata del progetto sembra evidenziare la difficoltà dei partecipanti nel raggiungere determinati livelli di rendimento e coordinazione attraverso l’uso di strumenti TEL, piuttosto che un problema di organizzazione o realizzazione. VII.8 Conclusioni Le iniziative TEL in ambienti aziendali hanno la potenzialità di favorire un cambiamento sia a livello individuale siacollettivo, ma perché siano veramente efficaci, i formatori e gli specialisti delle risorse umane devono prendere in considerazione alcuni aspetti chiave. Questo capitolo ha tentato di mettere in evidenza le principali possibilità


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di applicazione del TEL, concentrandosi in particolare sulle diverse fasi e attività che gli esperti sono chiamati a pianificare e gestire. Sono stati inoltre descritti gli eventuali vincoli e limiti di un’iniziativa TEL, in modo da fornire al lettore suggerimenti utili per indirizzare la scelta degli strumenti migliori secondo specifiche necessità formative. Quando si riuscirà a supplire alla generale mancanza di aggiornamento da parte dei dipendenti e a superare una certa resistenza culturale verso nuovi metodi educativi, i progetti TEL potranno rappresentare il veicolo per un reale sviluppo economico e sociale. Questo mutamento nel paradigma didattico aziendale e questo cambiamento nel “linguaggio” diventeranno sempre più evidenti man mano che aumenterà il numero di progetti sviluppati e realizzati con l’ausilio delle nuove tecnologie. L’esperienza sul campo suggerisce che l’innovazione nei contenuti e nella metodologia non è solo possibile, ma anche urgente e necessaria. Le nuove iniziative formative devono partire a tutti gli effetti dal presupposto che i cosiddetti “nativi digitali” sono più abituati alla tecnologia rispetto alle generazioni precedenti, perciò l’impiego delle metodologie TEL non è un’opzione, ma piuttosto una necessità. Inoltre, il nostro paese deve recuperare nella classifica sulla capacità di sfruttare le nuove tecnologie come incentivo per l’innovazione nel campo economico e sociale, o saremo costretti ad abbandonare la prospettiva di una crescita futura per la certezza di una recessione generale. Le tecnologie possono essere un elemento su cui fare leva, ma è una leva che deve essere azionata, conferendo una nuova centralità ai responsabili delle risorse umane e ai formatori, che ora hanno la possibilità di condurre la didattica aziendale verso una sicura evoluzione. Riferimenti bibliografici AA.VV. (2002), E-learning, il Sole 24 Ore, Milano. Alberici, A. (2002), Imparare sempre nella società della conoscenza, Mondadori, Milano. Al-Sayed, R., Ahmad, K. (2003), Shared languages and shared knowledge, The Electronic Journal of Knowledge Mangement, in Internet, URL: http://www.ejkm.com Argyris, C., Schön, D. A. (1995), Organizational Learning: Theory, Method and Practice, AddisonWesley, Palo Alto, CA; trad. it. Apprendimento organizzativo. Teoria, metodo e pratiche, Guerini e Associati, Milano, 1998. Attewell, J., Savill-Smith, C. (eds.) (2004), Learning with mobile device: research and development, Learning and Skills Development Agency (LSDA) Paper, in Internet, URL: http://www.mobilearn.org Bonani, G.P. (2003), Formazione digitale, Franco Angeli, Milano. Brown, J. S., Duguid, P. (1991), Organizational learning and communities of practice: towards a unified view of working, learning and innovating, Organization Science, vol. 2, nº 1. Davenport, T. H., Prusak, L. (1998), Working Knowledge. How Organizations Manage What They Know, Harvard Business School Press, Boston, MA; trad. it. Il sapere al lavoro. Come le aziende possono generare, codificare e trasferire conoscenza, Etas, Milano, 2000.


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Sitografia Serious games PalMa – Managerial Gym: http://www.entropykn.net/palma/ Inside disaster: http://insidedisaster.com/haiti/ Game4manager: http://www.insidedisaster.com/experience/Main.html IBM City One: http://www-01.ibm.com/software/solutions/soa/innov8/cityone/index.jsp Multiplayer Virtual Worlds Sinapsi: http://www.nac.unina.it/sinapsi/ Second Life: http://www.secondlife.com Active Worlds: http://www.activeworlds.com Cobalt: http://www.opencobalt.org/ Project Wonderland: https://lg3d-wonderland.dev.java.net Digital Spaces: http://www.digitalspaces.net Blue Mars: http://www.bluemars.com Augmented Reality Inglobe technology tools: http://www.inglobetechnologies.com/it/ Web 2.0 Online content editors: http://ckeditor.com/demo


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Social bookmarking: http://www.netvibes.com/it http://digg.com/ http://www.pageflakes.com/ http://www.wikio.it/ E-portfolios and PLEs: http://mahara.org/ http://elgg.org/index.php http://moodle.org/ Web Operating Systems: http://www.eyeos.org/ http://www.jolicloud.com/ https://www.oodesk.com/desktop/desktop.php Multiplayer Role Games Dread-Ed: http://www.dread-ed.eu/


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VIII. La valutazione del percorso formativo: materiali, suggerimenti, modelli Soledad Quero, Juana Bretón-López, Rosa Baños, Yolanda Vizcaíno, Cristina Botella

VIII.1 Introduzione L’e-learning si sta affermando come concetto di grande rilevanza nel campo dell’istruzione (Sun, Tsai, Finger, Chen & Yeh, 2008).Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) offrono strumenti estremamente utili per i processi didattici e di apprendimento consentendo di insegnare e migliorare alcune abilità, conoscenze e contenuti importanti tramite il ricorso alle tecnologie. Le TIC comprendono un’ampia gamma di applicazioni come Internet, gli ambienti virtuali o i serious game. Questi nuovi strumenti possono inoltre essere impiegati in contesti educativi diversi a prescindere dal background o dal tema specifico oggetto dell’insegnamento o dell’apprendimento. Lo scopo strategico del Progetto T3 è stato quello di sviluppare e corroborare un programma didattico innovativo volto a promuovere l’uso dell’e-learning avanzato in diversi contesti. Il progetto ha compresp tre esperimenti svolti in paesi diversi (Regno Unito, UK; Spagna, SP; e Italia, IT) usando tecnologie diverse (tecnologie basate sul web, formazione basata su Internet e ambiente virtuale di apprendimento) in diversi contesti educativi (scuola secondaria, università e aziende). Di conseguenza, anche i partecipanti a cui sono stati rivolti i corsi sperimentali sono stati diversi: insegnanti della scuola secondaria, docenti universitari e dipendenti di aziende. In linea generale, tali esperimenti consistono in un periodo di formazione caratterizzato da lezioni teoriche e pratiche. All’inizio e al termine dei corsi, inoltre, ai partecipanti viene chiesto di compilare un protocollo di valutazione finalizzato alla raccolta di dati pertinenti per lo scopo del progetto: corroborare l’utilità di alcune tecnologie didattiche e di e-learning. Nei capitoli precedenti del presente libro sono stati illustrati i risultati principali ottenuti nel corso di tali esperienze. Sebbene la metodologia e lo svolgimento della formazione siano stati adattati alle caratteristiche e alle capacità del campione specifico di ogni paese, è stato creato un quadro metodologico comune per applicare e valutare i corsi di formazione relativi alle nuove TIC destinate all’apprendimento. In generale, gli obiettivi del Progetto T3 sono stati conseguiti con successo. Gli insegnanti delle scuole superiori, i docenti universitari e i dipendenti di aziende (in qualità di beneficiari primari) sono stati coinvolti direttamente nel processo di apprendimento di nuove tecnologie da utilizzare in futuro affinché potessero trasmettere quanto appreso ai propri colleghi (beneficiari secondari).


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In questo capitolo viene presentata la metodologia comune seguita durante i tre esperimenti. Lo scopo finale principale è quello di offrire una guida da utilizzare nel corso di esperienze di e-learning con diversi utenti (in contesti educativi e aziendali). Vengono inoltre esaminate affinità e differenze tra i risultati ottenuti nei tre contesti, rivolgendo innanzitutto particolare attenzione alle caratteristiche dei campioni e, in secondo luogo, alle opinioni e al grado di soddisfazione nei confronti delle tecnologie selezionate e del corso di formazione. Questa analisi consente di fornire linee guida ai lettori in merito alle caratteristiche specifiche che incidono sui risultati di un processo di e-learning. Infine, vengono esposte alcune considerazioni sulla base dei dati ottenuti e le relative implicazioni. VIII.2 Una metodologia comune per la formazione in e-learning Come già detto, i trials del Progetto T3 miravano a corroborare l’impiego delle tecnologie per l’e-learning tra i professionisti attivi nel settore didattico. Le principali differenze tra gli esperimenti hanno riguardato le tecnologie specifiche scelte quale oggetto del corso di formazione e la popolazione target specifica. Cionondimeno, la metodologia ha seguito una logica e una struttura comuni. Complessivamente,in tutti i trials, sono stati valutati due elementi chiave: innanzitutto, le caratteristiche precedenti degli utenti che avrebbero insegnato avvalendosi dell’e-learning e, in secondo luogo, la loro opinione finale in merito alle tecnologie e ai corsi di formazione in seguito a un’esperienza diretta di entrambi. Questi due tipi di variabili (le caratteristiche e le opinioni degli utenti) sono in grado di incidere notevolmente sul grado di soddisfazione finale degli utenti stessi e sulla probabilità che questi utilizzino le tecnologie sperimentate nelle loro future attività didattiche. Inoltre è stata passata in rassegna la letteratura in materia per individuare le variabili principali collegate agli utenti e alle tecnologie incidenti sul grado di soddisfazione espresso nei confronti delle TIC. Lo scopo finale era quello di approfondire la conoscenza delle variabili che influiscono sull’accettazione e sull’uso finale delle tecnologie concepite appositamente per l’e-learning. Per quanto riguarda le caratteristiche degli utenti, alcuni studi sottolineano che aver maturato precedenti esperienze nel campo dell’uso del computer e delle nuove tecnologie (contrapposizione tra utenti esperti in sistemi tecnologici e utenti inesperti) costituisce un fattore chiave che influisce sulla decisione di utilizzare o meno tali tipi di sistemi (Mahmood, Burn, Gemoets, & Jacquez, 2000;Taylor &Todd, 1995a, b; Thompson, Higgins, & Howell, 1994). Sulla scorta di tali studi, questa caratteristica rappresenta un indicatore importante della predisposizione di un individuo a impiegare uno strumento tecnologico e può spiegare l’esistenza di diversi gradi di soddisfazione degli utenti nei confronti di questi sistemi (Mahmood et al. 2000). Altri studi hanno evidenziato la correlazione esistente tra esperienze precedenti e l’adozione di un comportamento finalizzato all’impiego delle tecnologie (Ramayah, Ignatius & Aafaqi, 2004). L’affinità o le opinioni maturate nei confronti di una data tecnologia possono inoltre incidere sulla decisione di ricorrere o meno a un nuovo sistema tecnologico (Thompson, Higgins, & Howell, 1994). Poiché l’esperienza dell’utente nel campo delle TIC è


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un fattore chiave e risulta collegato al grado di soddisfazione dell’utente (Guimaraes et al., 1992), si è deciso di includere tale fattore nel protocollo di valutazione di tutti gli esperimenti. Legato all’opinione degli utenti in merito alle tecnologie, il modello di accettazione della tecnologia (Technology Acceptance Model, TAM) si afferma comeuna delle più influenti teorie riguardanti i sistemi d’informazione. Il TAM, sviluppato da Fred Davis e Richard Bagozzi (Bagozzi & Warshaw 1992; Davis 1989) quale estensione della teoria dell’azione ragionata (Theory of Reasoned Action, TRA) elaborata da Ajzen e Fishbeins (Ajzen & Fishbein, 1980; Fishbein, & Ajzen, 1975), asserisce che, quando gli utenti impiegano una nuova tecnologia, i due fattori determinanti principali che incidono sul loro grado di soddisfazione e sull’utilizzo della tecnologia sono l’utilità percepita e la facilità d’uso percepita (vedere Figura 1). Davis (1989) definisce l’utilità percepita come “la misura in cui un individuo reputa che l’utilizzo di un determinato sistema migliorerà le proprie prestazioni lavorative” e afferma inoltre che essa risulta direttamente influenzata dalla facilità d’uso percepita. Secondo Davis (1989), la facilità d’uso percepita è "la misura in cui un individuo reputa che l’utilizzo di un dato sistema non richiederà sforzi" (Davis, 1989, pag. 320).

Figura 1. Modello di accettazione della tecnologia (TAM). Fonte: Davis et al. (1989), Venkatesh et al. (2003).

Alcuni studi hanno messo in correlazione tra loro l’esperienza dell’utente e le variabili individuate dal modello TAM. Così, Taylor e Todd (1995a,b) hanno impiegato il modello TAM per predire l’intenzione e il comportamento di utenti esperti e non esperti. La relazione tra l’intenzione e l’utilizzo appare più forte tra gli utenti esperti rispetto a quanto non avvenga tra gli utenti alle prime armi. Analogamente, Thompson et al (1994) hanno riscontrato che tale variabile (una precedente esperienza con la tecnologia considerata) ha un effetto diretto su credenze, atteggiamenti e intenzioni. L’autore sottolinea inoltre che il livello di esperienza maturato da un individuo in una data tec-


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nologia modera la forza delle relazioni esistenti tra credenze, atteggiamenti e intenzioni (Thompson et al., 1994). In definitiva, il grado di soddisfazione nei confronti di una tecnologia è collegato all’esperienza degli utenti e a caratteristiche delle tecnologie quali la facilità d’uso percepita o l’utilità percepita. Tali variabili facilitano altresì l’accettazione e l’utilizzo delle TIC come può essere evinto dalla letteratura in materia (Goya, Purohit, Bhaga, 2011; Hayden et al., 2005; Norzaidi et al., 2008a, b; Wixom & Todd, 2005). Al fine di analizzare il ruolo svolto dall’esperienza degli utenti, dall’utilità percepita e dalla facilità d’uso percepita, sono stati redatti tre questionari per valutare tali variabili. Per la stesura dei questionari, si è proceduto a un esame della letteratura pertinente in merito e si sono tenuti svariati incontri con esperti dedicati alle nuove tecnologie e alla formazione. Ne sono risultati i seguenti tre questionari: – Questionario 1: Questionario sulla frequenza d’uso delle nuove tecnologie. Il questionario mirava a valutare le precedenti esperienze maturate dagli utenti riguardo all’uso delle TIC sul posto di lavoro. Il questionario era composto da 23 domande con una scala di valutazione compresa tra 1 (corrispondente a "mai") e 5 ("molto spesso”). I diversi punti concernevano varie tecnologie che i partecipanti al corso di formazione avrebbero potuto usare nei propri contesti educativi. Per procedere a una migliore analisi dei dati, questi 23 punti sono stati suddivisi in quattro categorie: strumenti comuni (1), strumenti avanzati (2), Internet e strumenti di comunicazione (3) e, infine, strumenti educativi (4). Il formatore poteva così rinvenire nel questionario un facile strumento con cui valutare la frequenza d’uso delle nuove tecnologie da parte degli utenti prima di iniziare il processo di e-learning. Gli utenti stessi dovevano compilare il questionario sulla base delle loro esperienze d’uso delle TIC in un intervallo di tempo molto limitato (5 minuti circa). L’adozione di questo tipo di questionario ha consentito al formatore di definire più da vicino il profilo tecnologico dei partecipanti al corso che avrebbero studiato i sistemi di e-learning da insegnare quindi ai propri colleghi. – Questionario 2 e 3: Questionario sul grado di soddisfazione nei confronti delle tecnologie e Questionario di valutazione del corso di formazione. I questionari miravano a valutare il grado di soddisfazione nei confronti delle TIC e del corso di formazione ricevuto. I questionari erano composti da 8 domande con una scala di valutazione compresa tra 1 (corrispondente all’affermazione "Assolutamente in disaccordo") e 5 ("Assolutamente d’accordo”). Entrambi i questionari hanno messo a disposizione dei formatori strumenti in grado di fornire loro innanzitutto un feedback in merito al grado di soddisfazione nei confronti delle tecnologie e, in secondo luogo, riguardo alla valutazione del corso di formazione al termine del processo di formazione stesso. Mediante questi strumenti i lettori dei questionari hanno avuto modo di valutare l’adeguatezza delle tecnologie illustrate e le principali caratteristiche del corso di formazione. I due questionari potevano inoltre essere applicati ai diversi tipi di tecnologie considerate e il loro completamento richiedeva 3-4 minuti circa. La compilazione di tali questionari ha accomunato tutti e tre gli esperimenti ed è stata impiegata con tutti e tre i campioni esaminati. Nell’appendice il lettore può trovare il protocollo di valutazione completo adottato durante la nostra esperienza di forma-


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zione in e-learning utilizzabile come possibile guida per lo svolgimento di altri corsi di formazione simili. La procedura comune seguita nei tre trial viene mostrata nella Figura 2. Per valutare le principali variabili pertinenti allo scopo del progetto sono state svolte una valutazione preliminare e una valutazione conclusiva. Durante le 6 sessioni di formazione è stata utilizzata una strategia cooperativa tra formatori e studenti volta a facilitare la trasmissione di conoscenze teoriche e pratiche in merito alle tecnologie trattate negli esperimenti. L’obiettivo principale delle sessioni di questo tipo di processo di formazione era quello di garantire una conoscenza adeguata delle TIC da parte dei partecipanti affinché essi potessero impiegarle nei propri contesti educativi. Le informazioni teoriche sui dispositivi tecnologici e sulle esercitazioni pratiche collegate al programma scolastico/di formazione dell’utente sono caratteristiche importanti da considerare attentamente per l’elaborazione di un corso di e-learning. Per altri punti rilevanti da includere in un corso di formazione sull’e-learning si rimanda all’appendice (vedere la tabella riportata nell’appendice). POST-VALUAZIONE PRE-VALUTAZIONE - Questionario sulla frequenza d’uso delle nuove tecnologie

- Questionario sul grado WORKSHOP DI FORMAZIONE 6 SESSIONI DA 8 ORE CIASCUNA

di soddisfazione nei confronti delle tecnologie - Questionario di valutazione del corso di formazione

Figura 2. Procedura comune ai tre esperimenti.

Di seguito vengono passati in rassegna i risultati principali conseguiti nel corso di un’esperienza nel campo dell’e-learning usando la struttura definita per l’applicazione e la valutazione del corso di formazione. VIII.3 Principali risultati degli esperimenti svolti nei tre contesti Al fine di analizzare le precedenti esperienze maturate dai partecipanti riguardo all’uso delle tecnologie sul posto di lavoro, si è ricorso al Questionario sulla frequenza d’uso delle nuove tecnologie. Nella fattispecie, lo scopo prefissato era quello di scoprire se i partecipanti fossero utenti esperti (fruitori frequenti delle tecnologie) e se esistessero delle differenze fra i tre diversi campioni (insegnanti delle scuole secondarie, docenti universitari e dipendenti di aziende). Come è possibile osservare nella Figura 3, i tre campioni mostrano una simile frequenza d’uso. Il paese che ha fatto registrare la media più alta nell’uso delle tecnologie (media del 2,77, SD=0,96) è risultato il Regno Unito (insegnanti di scuole secon-


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darie superiori), seguito da Spagna (media del 2,75, SD=1,05) e Italia (media del 2,40, SD=1,09). Stando alla scala di valutazione, i tre paesi si trovano in un punto intermedio dell’impiego della tecnologia nel loro contesto lavorativo. Inoltre, le tecnologie più utilizzate si sono rivelate gli strumenti comuni (personal computer tradizionali, software generici, ecc.), Internet e gli strumenti di comunicazione (Skype, e-mail, chat, ecc.). La scelta di questi strumenti può essere motivata dalla loro ampia disponibilità e dalla loro facilità di gestione. Tali tecnologie presentano anche costi ridotti e sono più ampiamente diffuse tra la popolazione. Le tecnologie meno utilizzate sono costituite dagli strumenti avanzati (tecnologia immersiva, ambienti gestiti di apprendimento, ecc.) e dagli strumenti educativi (e-portfolio, e-assessment, ecc.). Motivi di questo risultato potrebbero essere dei costi economici più elevati e la necessità di una formazione più specifica per il loro utilizzo. Probabilmente le risorse e le tecnologie più o meno impiegate sono state adattate da ogni professionista ai bisogni e alle abilità degli studenti o dei tirocinanti interessati.

Figura 3. Frequenza d’uso delle nuove tecnologie nei tre paesi.

La Figura 4 mostra i risultati relativi al Questionario sul grado di soddisfazione nei confronti delle tecnologie. Anche in questo caso sono stati registrati dati simili nei tre paesi, con una media del 3,8 (D.T.= 0.42) per il Regno Unito, seguito dall’Italia con 3,84 (D.T.= 0,13) e, infine, dalla Spagna, con un grado di soddisfazione medio nei confronti delle tecnologie pari al 3,76 (D.T. = 0,14). I dati rivelano un livello di soddisfazione medio-alto nei confronti delle tecnologie da parte dei partecipanti al corso di formazione. È importante tuttavia sottolineare che i campioni esaminati hanno ricevuto corsi di formazione che vertevano su diversi tipi di tecnologie finalizzate all’e-learning. In particolare, le tecnologie sono state valutate come facili da usare, utili, dotate di una struttura chiara e organizzata e caratterizzate da un linguaggio comprensibile.


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Soddisfazione

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Figura 4. Grado di soddisfazione degli utenti nei confronti delle tecnologie.

Opinione

La Figura 5, infine, mostra i dati tratti dal Questionario di valutazione del corso di formazione. I partecipanti hanno mostrato un grado di soddisfazione medio-alto. Il campione britannico ha ottenuto una media del 4,31 (D.T.= 0,22), seguito da quello italiano con 4,12 (D.T.=0,27) e, infine, dal campione spagnolo con un risultato del 3,81 (D.T.= 0,24). I partecipanti hanno segnalato in particolar modo come il corso si sia rivelato importante per migliorare l’acquisizione di nuovi concetti di e-learning, trovare modi in cui adattare la tecnologia ai propri contesti di apprendimento e comprendere come la tecnologia potesse essere usata a sostegno del proprio programma (scolastico o aziendale). I partecipanti hanno inoltre espresso la loro soddisfazione nei confronti del corso definendolo uno strumento innovativo e una risorsa capace di individuare e comprendere i vantaggi della tecnologia nel campo dell’istruzione. La maggior parte dei partecipanti si è detta infine intenzionata a continuare a usare le tecnologie apprese all’interno del proprio ambito didattico.

Figura 5. Opinione dei partecipanti in merito al corso.


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VIII.4 Conclusioni Allo stato attuale, esistono diversi dispositivi tecnologici in grado di consentire e potenziare la comunicazione e il trasferimento delle conoscenze. Date le notevoli potenzialità e l’elevata utilità nel campo dell’istruzione di questi nuovi strumenti tecnologici, è estremamente importante implementarli nel miglior modo possibile per promuovere nuovi metodi di apprendimento come l’e-learning. L’e-learning offre nuovi ambienti in cui le persone hanno l’opportunità di apprendere in modo interattivo, efficiente, facile e accessibile. Per quanto riguarda il contesto accademico, gli studenti di oggi sono indubbiamente circondati dalle nuove tecnologie e per la maggior parte sono veri e propri “nativi digitali” (Hansen, 2003; Prensky, 2001). Queste caratteristiche e il vertiginoso sviluppo delle tecnologie a cui si è assistito negli ultimi anni hanno creato un contesto adatto a facilitare un’importante diffusione di questo tipo di apprendimento in tutto il mondo. È necessario prodigarsi per includere questi strumenti e farne elementi visibili in diversi contesti di apprendimento fornendo, al contempo, un’adeguata valutazione dell’utilizzabilità di tali tecnologie. I risultati ottenuti durante la nostra esperienza forniscono un contributo in tal senso. Innanzitutto, i dati forniscono ai lettori una metodologia utilizzabile in corsi di formazione dalle caratteristiche simili e, in secondo luogo, mostrano l’esperienza maturata dai partecipanti nell’ambito di queste tecnologie innovative rivelando una certa soddisfazione nei confronti degli strumenti impiegati e del corso. In generale, questi risultati implicano un primo passo sulla strada della diffusione delle conoscenze inerenti ai diversi strumenti innovativi tra insegnanti e formatori. Un importante secondo passo sarà quello di tradurre in pratica queste tecnologie tra i beneficiari secondari (studenti universitari o delle scuole superiori e dipendenti aziendali) e richiedere l’analisi del grado di soddisfazione nei confronti di questi sistemi. Il valore aggiunto del Progetto T3 è stato inoltre quello di comprendere tre paesi diversi (caratterizzati da differenti politiche in materia di istruzione) con tecnologie di e-learning e contesti didattici diversi da analizzare. Il protocollo di valutazione e il programma del corso, testati su campioni così eterogenei, hanno permesso di raccogliere dati sufficienti e interessanti per il proposito del progetto. Tali dati hanno rivelato risultati molto simili nei tre paesi in termini di esperienze precedenti degli utenti e di grado di soddisfazione nei confronti delle tecnologie e del corso di formazione. Malgrado fosse legittimo attendersi esigenze diverse, data l’esistenza di tre contesti diversi, i dati raccolti hanno mostrato risultati simili e un utilizzo delle tecnologie e un livello di gradimento nei confronti del loro impiego paragonabili. Questi risultati sostengono pertanto l’idea della possibilità di includere diversi tipi di tecnologie in contesti diversi in cui siano coinvolti processi didattici e di apprendimento. Infine, ci preme enfatizzare l’importanza della metodologia adottata nel Progetto T3 finalizzata all’uso di un programma di formazione incentrato su un’ampia gamma di tecnologie. Alcuni autori hanno sottolineato l’importanza della formazione ricevuta dagli utenti (Mahmood et al., 2000), motivo per cui, durante le lezioni teoriche del workshop, sono stati discussi i vantaggi e le caratteristiche delle nuove tecnologie e una nuova metodologia didattica imperniata sul loro utilizzo (e-learning). Nelle lezioni


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pratiche, i partecipanti hanno simulato le sessioni di apprendimento e hanno acquisito dimestichezza con le tecnologie TIC e i diversi ambienti potendo contare sul sostegno dei formatori coinvolti durante l’intero processo. In definitiva, i partecipanti al corso hanno potuto avvicinarsi alle nuove tecnologie emergenti e hanno ricevuto l’assistenza e il feedback necessari per implementare quelle in linea con il proprio obiettivo educativo. Il sostegno, l’assistenza e il feedback sono ingredienti essenziali durante un corso di formazione di queste caratteristiche. L’e-learning ha creato nuovi modi di interagire nell’ambito del sistema educativo. Le ricerche future dovrebbero continuare a studiare in che modo le TIC possono potenziare i processi didattici e di apprendimento. L’obiettivo finale è quello di offrire i migliori ambienti educativi ai principali attori coinvolti in questi importanti processi: insegnanti e studenti. La capacità tecnologica del mondo contribuirà al conseguimento di questo scopo con forza e determinazione e il crescente sviluppo delle TIC in tutto il pianeta fornirà ulteriori, diverse e interessanti modalità di interazione per l’apprendimento nei contesti educativi del futuro. Riferimenti bibliografici Ajzen, I. & Fishbein, M. (1980). Understanding attitudes and predicting social behavior. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall. Bagozzi, R. P., Warshaw, P. R. (1992). Development and test of a theory of technological learning and usage.Human Relations, 45, 660–686. Davis, F. D. (1986). A technology acceptance model for empirically testing new end-user information systems: Theory and results. (Doctoral dissertation, Sloan School of Management, Massachusetts Institute of Technology). Davis, F. D. (1989). Perceived usefulness, perceived ease of use, and user acceptance of information technology. MIS Quarterly, 13, 319-339. Davis, F. D., Bagozzi, R. P., & Warshaw, P. R. (1989). User acceptance of computer technology: A comparison of two theoretical models. Management Science, 35, 982-1003. Fishbein, M. & Ajzen, I. (1975). Belief, attitude, intention, and behavior: An introduction to theory and research. Reading, MA: Addison-Wesley. Guimaraes, T., Igbaria, M. & Lu, M. (1992). The determinants of DSS success: an integrated model. Decision Sciences, 23, 409-429. Guimaraes, T., Staples, D. S. & McKeen, J. D. (2003). Important Human Factors for Systems Development Success: A User Focus. In M. Igbaria & C. Shayo (Eds.), Strategies for Managing IS/IT Personnel. Idea Group, Inc., Hershey, PA, pp. 300-320. Goyal, E., Purohit, S. & Bhaga, M. (2011). Study of satisfaction and usability of the Internet on student´s performance. International Journal of Education and Development using Information and Communication Technology, 7, 110-119. Hansen, D. J. (2003). Book review: E-Learning: Strategies for Delivering Knowledge in the Digital Age (Author: M. Rosenberg). Educational Technology & Society, 6, 80-81. Hayden, H., O´Brien, T., & Rathaille, M. O. (2005). User survey at Waterford Institute of Technology Libraries: How a traditional approach to surveys can inform library service delivery. New Library World, 106, 43-57.


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Mahmood, M. A., Burn, J. M., Gemoets, L. A. & Jacquez, C. (2000). Variables affecting information technology end-user satisfaction: a meta-analysis of the empirical literature. International Journal of Human-Computer Studies, 52, 751-771. Norzaidi, M. D.,& Intan Salwani, M. (2008a). Information Technology Management (IT). Models: An Introduction, University Publication Centre, Shah Alam, Selangor. Norzaidi, M. D. & Intan Salwani, M. (2008b). Internet and Electronic Data Interchange (EDI) Usage in Malaysia Port Industry, University Publication Centre, Shah Alam, Selangor. Prensky, M. (2001). Digital Natives, Digital Immigrants Part 1. On the Horizon, 9, 1-6. Ramayah, T., Ignatius, J. & Aafaqi, B. (2004). PC Usage among Students: The Case of a Private Institution of Higher Learning, The Proceedings of the International Conference on Management Education Kuala Lumpur, Malaysia. Sun, P., Tsai, R. J., Finger, G., Chen, Y. & Yeh, D. (2008). What drives a successful e-Learning? An empirical investigation of the critical factors influencing learner satisfaction. Computers & Education, 50, 1183-1202. Taylor, S.,& Todd, P. (1995a). Assessing IT usage: The role of prior experience. MIS Quarterly, 19, 561–570. Taylor, S. & Todd, P. A. (1995b). Understanding information technology usage: A test of competing models. Information Systems Research, 6, 144-176. Thompson, R. L., Higgins, C. A., and Howell, J. M. (1994). Influence of experience on personal computer utilization: Testing a conceptual model. Journal of Management Information Systems, 11, 167–187. Venkatesh, V., Morris, M. G., Davis, G. B., & Davis, F. D. (2003). User acceptance of information technology: Toward a unified view. MIS Quarterly, 27, 425-478.Wixom. B. H. & Todd, P. A. (2005). A Theoretical Integration of User Satisfaction and Technology Acceptance. Information Systems Research, 16, 85-102.


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Appendice a Questionario 1 Frequenza d’uso delle nuove tecnologie

Scopo del presente questionario è la raccolta di dati in merito alle tecnologie che ha utilizzato con gli studenti in classe/presso l’azienda in cui lavora. La preghiamo di rispondere a tutte le domande. Non è necessario dedicare molto tempo ad ogni domanda. La compilazione del questionario dovrebbe richiedere solo alcuni minuti. Tutte le Sue risposte saranno trattate in modo confidenziale. Indichi il numero adatto corrispondente alla frequenza d’uso delle seguenti tecnologie: Mai 1 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18.

Raramente 2

A volte 3

Spesso 4

Molto spesso 5

PC tradizionali o computer portatili Software generici (ad es. PowerPoint, grafici, editing audio e video, gestione di dati, trattamento e pubblicazione di testi) Internet (Web 1) quale risorsa di dati e informazioni Simulazioni (ad es. processi biologici/fisici, interpersonali) Videogame a fini educativi Videogame commerciali Serious game Computer modelling Tecnologia Web 2.0 (wiki, software di social network, ecc.) per l’apprendimento collaborativo Tecnologie portatili Ambienti virtuali/Ambienti virtuali di apprendimento (VLE) Ambienti gestiti di apprendimento (MLE, ad es. Fronter) E-portfolio E-assessment Fotocamere digitali, registratori audio e videocamere Audio digitale / editing/produzione video Tecnologia immersiva Utilizzo di robot o altri dispositivi comandati da computer


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19. 20. 21. 22. 23.

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Authoring tool individuali (ad es. blog, portfolio personali) Strumenti di condivisione delle informazioni (ad es. glossari, repository, social tagging) Strumenti di comunicazione (ad es. Skype, mail, chat) Strumenti finalizzati al lavoro di squadra (ad es. calendari condivisi, mappe mentali) Creazione di strumenti di conoscenza (ad es. wiki, social network, blog)


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Appendice b Questionario 2 Questionario sul grado di soddisfazione nei confronti delle tecnologie

Scopo del presente questionario è quello di stabilire se ritiene che le tecnologie da Lei usate siano ben strutturate e facili da usare. La preghiamo di rispondere a tutte le domande. Non è necessario dedicare molto tempo ad ogni domanda. La compilazione del questionario dovrebbe richiedere solo alcuni minuti. Tutte le Sue risposte saranno trattate in modo confidenziale. Nome/codice: Nome della tecnologia usata: Cerchi il numero adatto per ogni affermazione riportata di seguito: Assolutamente in disaccordo 1

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

In disaccordo 2

Né d’accordo né in disaccordo 3

D’accordo 4

Assolutamente d’accordo 5

Ho trovato questa tecnologia facile da usare Ciò che mi serviva era visibile e facile da trovare La struttura era chiara e di immediata comprensione Le istruzioni sul funzionamento erano chiaramente visibili e facilmente accessibili Il sistema forniva feedback utile quando ne avevo bisogno Il vocabolario e il linguaggio usati erano comprensibili Raccomanderei la tecnologia utilizzata ad altri colleghi Ho trovato questa tecnologia utile


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Questionario 3: Questionario di valutazione del corso di formazione

Nome: Scopo del presente questionario è quello di valutare quale sia stato per Lei il grado di utilità delle varie parti del corso. La preghiamo di rispondere a tutte le domande. Non è necessario dedicare molto tempo ad ogni domanda. La compilazione del questionario dovrebbe richiedere solo alcuni minuti. Tutte le Sue risposte saranno trattate in modo confidenziale. Cerchi il numero adatto per ogni affermazione indicata di seguito. Assolutamente in disaccordo 1

In disaccordo 2

Né d’accordo né in disaccordo 3

D’accordo 4

Assolutamente d’accordo 5

1. Il corso mi ha aiutato a comprendere concetti quali il Technology Enhanced Learning (apprendimento potenziato dalla tecnologia) 2. Il corso mi ha aiutato a trovare metodi per utilizzare la nuova tecnologia in diversi contesti di apprendimento. 3. Il corso mi ha aiutato a capire come l’uso delle nuove tecnologie può essere di sostegno al mio programma 4. Ritengo che tecnologia venga utilizzata nel corso in modo innovativo. 5. Ritengo che la tecnologia stessa utilizzata nel corso sia innovativa. 6. Il corso mi ha aiutato a spiegare i vantaggi delle tecnologie 7. Continuerò ad usare e a sperimentare le nuove tecnologie 8. Il corso mi ha aiutato a individuare e a capire tecnologie rilevanti per la mia attività didattica/formativa

Tabella – Programma di formazione – Introduzione. – Panoramica della tecnologia: storia, applicazioni passate/presenti, prospettive. – Presentazione dei concetti e del vocabolario comune dell’e-learning.


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– Presentazione delle migliori pratiche in tale campo da parte di ospiti speciali/esperti – Sperimentazione della tecnologia da parte dei partecipanti all’interno di sottogruppi con esercitazioni pratiche. – Coinvolgimento dei partecipanti nella progettazione di un esercizio specifico relativo al proprio programma (didattico/formativo). – Analisi e discussione delle attività. – Tavola rotonda sulla condivisione di temi chiave emersi durante l’esperienza. – Sintesi e conclusioni.



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I curatori

Orazio Miglino È Professore Ordinario di Psicologia Generale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Ricercatore associato presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie Cognitive del CNR di Roma. La sua attività di ricerca si focalizza sulle Scienze Cognitive e la Vita Artificiale. Nello specifico, i suoi interessi sono orientati alla costruzione di modelli formali basati sulle Reti Neurali e sullo sviluppo di robots che stimolano i processi cognitivi, di apprendimento e adattamento. Inoltre, il gruppo di ricerca che dirige è impegnato nell’ estensione dei sistemi aritificiali sviluppati nella ricerca di base nei contesti educativi (centri scientifici, ambienti di e-lerning, strumenti terapeutici). Maria Luisa Nigrelli Lavora in ISTC CNR, dove si occupa della gestione di progetti finanziati dall’Unione Europea e cura il trasferimento d’innovazione dal contesto di ricerca a quello di business. Il suo background è in lingue straniere e psicologia dell’apprendimento. Ha preso il master di second livello presso l’Università di Pavia in nuove tecnologie per la didattica e strategie di gestione della conoscenza. E’ stata visiting scholar presso l’Indiana University a Bloomington, nel Dipartimento di Psicologia dell’apprendimento. Ha lavorato in KPMG e in Telecom Italia, con un focus particolare sullo sviluppo del business internazionale e finanziato dall’UE programmi. Luigia Simona Sica È psicologa, dottore di ricerca in Scienze Psicologiche e Pedagogiche. Attualmente è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino; docente a contratto (didattica integrativa nel settore di Psicologia dello Sviluppo) presso il corso di Laurea di Teorie e Tecniche Psicologiche dell’Univeristà degli Studi di Napoli “Federico II”. I suoi principali ambiti di ricerca sono relativi,in generale, alla psicologia dello sviluppo e all’approccio quali-quatitativo di ricerca; più nello specifico a: processi di costruzione e sviluppo dell’identità nel ciclo di vita, creatività, impatto delle nuove tecnologie sulla definizione del sé, transizioni normative e non-normative in adolescenza e in emerging adulthood.



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Gli autori dei contributi

Rosa M. Baños è Professore Ordinario di Psicopatologie presso l’Università di Valencia, in Spagna. I suoi interessi di ricerca includono la psicopatologia, il trattamento dei disturbi psicologici, e l’applicazione di Information and Communication Technologies to Psychology. È il direttore del master “Interventions for Eating Disorders and Personality disorders” presso University of Valencia. Cristina Botella è Professore Ordinario di Psicologia Clinica presso Jaume I University (UJI) dal 1992. I suoi principali ambiti di ricerca riguardano il design e il testing di applicazioni cliniche basate su ICTs per il trattamento di disturbi emozionali. È stata responsabile di più di 30 progetti di ricerca, ha pubblicato più di 100 articoli in riveste nazionali e internazionali, 20 libri e più di 30 capitoli in volumi. Juana María Bretón-López si è laureata in Psicologia alla Granada University (Spain) nel 2001,e ha conseguito il dottorato di ricerca in Psicologia Clinica presso la medesima università. Nel 2006 è confluita nel gruppo di ricerca Labpsitec, diretto dal Professor Cristina Botella. Attualmente è Post-Doctoral Lecturer di Psicologia Clinica presso Jaume I University (Spain). Rocio Herrero Camarano si è laureato in Psicologia all’Università di Buenos Aires (Argentina), e il Master Degree in Psychopathology, Health and Neuropsychology presso Jaume I University (Spain). Attualmente è membro del LabPsiTec team e dottorando. Soledad Quero Castellon è dottore di ricerca in psicologia Clinica presso Jaume I University (UJI) in Castellón (Spain); è lettore presso UJI dal 2004. I suoi principali interessi di ricerca sono, da una parte, relativi allo studio delle basi cognitive dei disturbi emozionali, e, dall’altra, l’adattamento e la validazione del programma CBT per i disturbi emozionali. Luis Farfallini si è laureato in Psicologia all’Università di Buenos Aires (Argentina), e il Master Degree in Psychopathology, Health and Neuropsychology presso Jaume I University (Spain). Attualmente è membro del LabPsiTec team e dottorando. Michela Fiorese è psicologa del lavoro, da 9 anni nella gestione delle risorse umane presso grandi organizzazioni nazionali e internazionali. Nello specifico si è occupata di progettazione, docenza e gestione di percorsi di formazione manageriale e commerciale, di valutazione del personale e di ricerca in ambito nuove tecnologie applicate alla formazione. Dal 2008 è coinvolta come Project Manager in diversi progetti rivolti all’innovazione delle pratiche di apprendimento.


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John Jessel è capo del Head of the Mphil/PhD Programme in the Department of Educational Studies alla Goldsmiths, University of London. I suoi interessi di ricerca si focalizzano sui processi sociali, culturali e cognitivi che sottostanno all’apprendimento e allo sviluppo, sia all’interno che all’esterno dei contesti istituzionali, e in relazione all’uso delle nuove tecnologie digitali. Ha coordinato numerosi progetti finanziati che esaminano l’influenza delle nuove tecnologie sul linguaggio, la letteratura e il pensiero che emergono dalle attività collaborative tra discenti. Angelo Rega è psicologo e dottore di ricerca in psicologia della salute e del rischio individuale e sociale. Le sue attività sono focalizzate sulla progettazione e lo studio di prototipi sperimentali di ambienti reattivi e adattativi da utilizzarsi come protesi cognitive. Attualmente è assegnista di ricerca presso il laboratorio di cognizione naturale e artificiale dell’Università Federico II di Napoli (www.nac.unina.it), dove collabora a differenti progetti finanziati dalla Comunità Europea nell’ambito delle tecnologie a supporto dell’apprendimento. Roberto Vardisio è psicologo del lavoro, da 12 anni si occupa di formazione manageriale, valutazione del personale, ricerca in ambito organizzativo. È stato senior consultant all’interno di società di consulenza di livello internazionale e collabora con importanti atenei italiani tra i quali l’Università di Roma La Sapienza e la Federico II di Napoli.



Orazio Miglino è Professore Ordinario di Psicologia Generale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Ricercatore associato presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie Cognitive del CNR di Roma. La sua attività di ricerca è orientata alla costruzione di modelli formali basati sulle Reti Neurali e sullo sviluppo di robots che stimolano i processi cognitivi, di apprendimento e adattamento. Maria Luisa Nigrelli lavora in ISTC CNR, dove si occupa della gestione di progetti finanziati dall’Unione Europea e cura il trasferimento d’innovazione dal contesto di ricerca a quello di business. Il suo background è in lingue straniere e psicologia dell’apprendimento. Luigia Simona Sica è psicologa, dottore di ricerca in Scienze Psicologiche e Pedagogiche. Attualmente è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino. I suoi principali ambiti di ricerca sono relativi alla psicologia dello sviluppo e all’approccio qualiquatitativo di ricerca.

Videogiochi di ruolo, simulazioni al computer, robot e realtà aumentata come nuove tecnologie per l’apprendimento: una guida per insegnanti, educatori e formatori

Attraverso le tecnologie digitali di nuova generazione, con carattere connettivo, l’apprendimento non è più soltanto una relazione solitaria tra l’utente e il suo computer, ma acquista una dimensione sociale in termini fino a pochi anni fa inimmaginabili. Le nuove tecnologie (video-games, robot, realtà-aumentata) hanno assunto, infatti, un carattere pervasivo, soprattutto presso le giovani generazioni, ma non soltanto, che le rende uno strumento prezioso di diffusione delle informazioni e non più soltanto uno strumento di intrattenimento. Questo manuale è rivolto ai formatori (insegnanti e formatori aziendali) interessati ad utilizzare le nuove tecnologie nelle loro lezioni e fornisce le informazioni necessarie per capirne i vantaggi pedagogici e per imparare a usarle come risorsa didattica e formativa. Sulla base dei risultati della sperimentazione effettuata in un progetto europeo, vengono delineate linee guida, materiali ed indicazioni operative per l’utilizzo delle nuove tecnologie in contesti di apprendimento.

Videogiochi di ruolo, simulazioni al computer, robot e realtà aumentata come nuove tecnologie per l’apprendimento: una guida per insegnanti, educatori e formatori

a cura di Orazio Miglino, Maria Luisa Nigrelli, Luigia Simona Sica

ISBN 978-88-8338-121-8

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