In prima linea

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Scuola Media Statale “Padre Pio” Torremaggiore ­ FG classe 3D

Al fronte e nelle retrovie, l’Italia durante la Prima Guerra Mondiale

IN PRIMA LINEA

a.s. 2014­2015


IN TRINCEA Caro diario, è il 28 luglio 1916 e qui, nella trincea, le cose si aggravano. E' sempre più umido e freddo, anche se è estate. La stessa trincea che noi soldati abbiamo scavato. Ogni tanto crolla qualche pezzo di terra e noi tutti allerta, con la paura di un attacco nemico. Ci sentiamo male, assonnati e sempre stanchi. Ogni tanto qualcuno sonnecchia, ma subito qualcosa lo costringe a svegliarsi. Avevo un compagno che era un disertore: appena iniziò la guerra fuggì subito. Era un pacifista e giurò che nella sua vita non avrebbe mai ucciso nessuno. Anch'io feci la stessa promessa. Ma un giorno, mentre c'era un attacco, un soldato nemico era alle mie spalle e, appena mi voltai, mi venne subito l'istinto di sparare. Ci rimasi molto male perché avevo ucciso una persona come me, che aveva una famiglia e degli amici. Nel tempo lasciato libero dai combattimenti ci sono delle persone che, quando muore un soldato, devono inviare una lettera a casa e comunicare alla famiglia l'accaduto. Io penso cosa si prova, per una madre e un padre, a sapere che il proprio figlio giovane andato in guerra è morto. Ho cercato dei lati positivi nella guerra e non ne ho mai trovati. La guerra porta traumi fisici, ma anche psicologici. Se sopravviverò, quando tornerò a casa, non sarò più come prima, questo è sicuro. Specialmente per un soldato che combatte in trincea tutti questi danni sono ancora più gravi. Viviamo in condizioni disumane e impensabili per chiunque. Credo che questa guerra sarà inutile perché non servirà a risolvere i problemi, ma li aggraverà soltanto.


LA GUERRA: INUTILE STRAGE 1 luglio 1915 Cara Melissa, mi dispiace tanto di averti lasciata sola, figlia mia. Purtroppo la vita di un soldato è così: dobbiamo combattere, anche se sinceramente per me questa guerra è un'inutile strage, come ha ben detto anche papa Benedetto XV. Ti abbraccio forte e ti bacio. Il tuo caro papà.

LETTERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV AI CAPI DEI POPOLI BELLIGERANTI

Fino dagli inizi del Nostro Pontificato, fra gli orrori della terribile bufera che si era abbattuta sull'Europa, tre cose sopra le altre Noi ci proponemmo: una perfetta imparzialità verso tutti i belligeranti, quale si conviene a chi è Padre comune e tutti ama con pari affetto i suoi figli; uno sforzo continuo di fare a tutti il maggior bene che da Noi si potesse, e ciò senza accettazione di persone, senza distinzione di nazionalità o di religione, come Ci detta e la legge universale della carità e il supremo ufficio spirituale a Noi affidato da Cristo; infine la cura assidua, richiesta del pari dalla Nostra missione pacificatrice, di nulla omettere, per quanto era in poter Nostro, che giovasse ad affrettare la fine di questa calamità, inducendo i popoli e i loro Capi a più miti consigli, alle serene deliberazioni della pace, di una « pace giusta e duratura ». Chi ha seguito l'opera Nostra per tutto il doloroso triennio che ora si chiude, ha potuto riconoscere che come Noi fummo sempre fedeli al proposito di assoluta imparzialità e di beneficenza, così non cessammo dall'esortare e popoli e Governi belligeranti a tornare fratelli, quantunque non sempre sia stato reso pubblico ciò che Noi facemmo a questo nobilissimo intento. Sul tramontare del primo anno di guerra Noi, rivolgendo ad Essi le più vive esortazioni, indicammo anche la via da seguire per giungere ad una pace stabile e dignitosa per tutti. Purtroppo, l'appello Nostro non fu ascoltato: la guerra proseguì accanita per altri due anni con tutti i suoi orrori: si inasprì e si estese anzi per terra, per mare, e perfino nell'aria; donde sulle città inermi, sui quieti villaggi, sui loro abitatori innocenti scesero la desolazione e la morte. Ed ora nessuno può immaginare quanto si moltiplicherebbero e quanto si aggraverebbero i comuni mali, se altri mesi ancora, o peggio se altri anni si aggiungessero al triennio sanguinoso. Il mondo civile dovrà dunque ridursi a un campo di morte? E l'Europa, così gloriosa e fiorente, correrà, quasi travolta da una follia universale, all'abisso, incontro ad un vero e proprio suicidio?


In sì angoscioso stato di cose, dinanzi a così grave minaccia, Noi, non per mire politiche particolari, né per suggerimento od interesse di alcuna delle parti belligeranti, ma mossi unicamente dalla coscienza del supremo dovere di Padre comune dei fedeli, dal sospiro dei figli che invocano l'opera Nostra e la Nostra parola pacificatrice, dalla voce stessa dell'umanità e della ragione, alziamo nuovamente il grido di pace, e rinnoviamo un caldo appello a chi tiene in mano le sorti delle Nazioni. Ma per non contenerci sulle generali, come le circostanze ci suggerirono in passato, vogliamo ora discendere a proposte più concrete e pratiche ed invitare i Governi dei popoli belligeranti ad accordarsi sopra i seguenti punti, che sembrano dover essere i capisaldi di una pace giusta e duratura, lasciando ai medesimi Governanti di precisarli e completarli. E primieramente, il punto fondamentale deve essere che sottentri alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto. Quindi un giusto accordo di tutti nella diminuzione simultanea e reciproca degli armamenti secondo norme e garanzie da stabilire, nella misura necessaria e sufficiente al mantenimento dell'ordine pubblico nei singoli Stati; e, in sostituzione delle armi, l'istituto dell'arbitrato con la sua alta funzione pacificatrice, secondo e norme da concertare e la sanzione da convenire contro lo Stato che ricusasse o di sottoporre le questioni internazionali all'arbitro o di accettarne la decisione. Stabilito così l'impero del diritto, si tolga ogni ostacolo alle vie di comunicazione dei popoli con la vera libertà e comunanza dei mari: il che, mentre eliminerebbe molteplici cause di conflitto, aprirebbe a tutti nuove fonti di prosperità e di progresso. Quanto ai danni e spese di guerra, non scorgiamo altro scampo che nella norma generale di una intera e reciproca condonazione, giustificata del resto dai beneficai immensi del disarmo; tanto più che non si comprenderebbe la continuazione di tanta carneficina unicamente per ragioni di ordine economico. Che se in qualche caso vi si oppongano ragioni particolari, queste si ponderino con giustizia ed equità. Ma questi accordi pacifici, con gli immensi vantaggi che ne derivano, non sono possibili senza la reciproca restituzione dei territori attualmente occupati. Quindi da parte della Germania evacuazione totale sia del Belgio, con la garanzia della sua piena indipendenza politica, militare ed economica di fronte a qualsiasi Potenza, sia del territorio francese : dalla parte avversaria pari restituzione delle colonie tedesche. Per ciò che riguarda le questioni territoriali, come quelle ad esempio che si agitano fra l'Italia e l'Austria, fra la Germania e la Francia, giova sperare che, di fronte ai vantaggi immensi di una pace duratura con disarmo, le Parti contendenti vorranno esaminarle con spirito conciliante, tenendo conto, nella misura del giusto e del possibile, come abbiamo detto altre volte, delle aspirazioni dei popoli, e coordinando, ove occorra, i propri interessi a quelli comuni del grande consorzio umano. Lo stesso spirito di equità e di giustizia dovrà dirigere l'esame di tutte le altre questioni territoriali e politiche, nominatamente quelle relative all'assetto dell'Armenia, degli Stati Balcanici e dei paesi formanti parte dell'antico Regno di Polonia, al quale in particolare le sue nobili tradizioni storiche e le sofferenze sopportate, specialmente durante l'attuale guerra, debbono giustamente conciliare le simpatie delle nazioni. Sono queste le precipue basi sulle quali crediamo debba posare il futuro assetto dei popoli. Esse sono tali da rendere impossibile il ripetersi di simili conflitti e preparano la soluzione della questione economica, così importante per l'avvenire e pel benessere materiale di tutti gli stati belligeranti. Nel presentarle


pertanto a Voi, che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, siamo animati dalla cara e soave speranza di vederle accettate e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage. Tutti riconoscono, d'altra parte, che è salvo, nell'uno e nell'altro campo, l'onore delle armi; ascoltate dunque là Nostra preghiera, accogliete l'invito paterno che vi rivolgiamo in nome del Redentore divino, Principe della pace. Riflettete alla vostra gravissima responsabilità dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini; dalle vostre risoluzioni dipendono la quiete e la gioia di innumerevoli famiglie, la vita di migliaia di giovani, la felicità stessa dei popoli, che Voi avete l'assoluto dovere di procurare. Vi inspiri il Signore decisioni conformi alla Sua santissima volontà, e faccia che Voi, meritandovi il plauso dell'età presente, vi assicuriate altresì presso le venture generazioni il nome di pacificatori. Noi intanto, fervidamente unendoci nella preghiera e nella penitenza con tutte le anime fedeli che sospirano la pace, vi imploriamo dal Divino Spirito lume e consiglio. Dal Vaticano, 1° Agosto 1917.

BENEDICTUS PP. XV

Fonte: http://w2.vatican.va/content/benedict-xv/it/letters/1917/documents/hf_ben-xv_let_19170801_popolibelligeranti.html


'O SURDATO 'NNAMMURATO

25 dicembre 1915 Buon Natale, amore! Non so per quale motivo, ma oggi siamo andati nella trincea nemica. Il nostro caporale ed il loro hanno deciso di fare una tregua. Questi austriaci sono più simpatici di quanto mi aspettavo. Non parlano bene la nostra lingua, e noi non parliamo bene la loro, ma riusciamo a capirli, e loro a capirci. Alcuni di loro hanno cambiato le bende della mia ferita con delle garze migliori. Dopo un'ora siamo tornati nella nostra trincea e abbiamo riposato tutto il giorno, però c'erano sempre delle vedette attente ai nemici, non si sa mai! In quell'ora che siamo mancati, senza i fornelli accesi, la nostra trincea cavernosa era gelata più di prima, ma l'importante era che potevamo riposare con calma. Prima che mi addormenti voglio di nuovo farti gli auguri e non vedo l'ora di ritornare a casa ad abbracciarti. Mi manchi tanto. Speriamo che questo incubo finisca presto. Buon Natale, ti amo!

Staje luntana da stu core, a te volo cu 'o penziero niente voglio e niente spero ca tenerte sempe affianco a me! Si' sicura 'e chist'ammore comm'je so' sicuro 'e te...

Sei lontana da questo cuore, da te volo con il pensiero: niente voglio e niente spero che tenerti sempre a fianco a me! Sei sicura di questo amore come io sono sicuro di te…

Oje vita, oje vita mia oje core 'e chistu core si' stata 'o primmo ammore e 'o primmo e ll'urdemo sarraje pe' me!

Oh vita, oh vita mia… Oh cuore di questo cuore… sei stata il primo amore… e il primo e l'ultimo sarai per me!

Quanta notte nun te veco, Quante notti non ti vedo, nun te sento 'int'a sti bbracce, non ti sento tra queste braccia, nun te vaso chesta faccia, non ti bacio questa faccia, nun t'astregno forte 'mbraccio a mme. non ti stringo forte tra le mie braccia?! Ma scetannome 'a sti suonne, Ma, svegliandomi da questi sogni, mme faje chiagnere pe' te... mi fai piangere per te…


Oje vita, oje vita mia oje core 'e chistu core si' stata 'o primmo ammore e 'o primmo e ll'urdemo sarraje pe' mme!

Oh vita, oh vita mia… Oh cuore di questo cuore… sei stata il primo amore… e il primo e l'ultimo sarai per me!

Scrive sempe e sta' cuntenta: io nun penzo che a te sola Nu penziero me cunzola, ca tu pienze sulamente a mme. 'A cchiù bella 'e tutt'e bbelle, nun è maje cchiù bella 'e te...

Scrivi sempre che sei contenta: io non penso che a te solamente… Un pensiero mi consola, che tu pensi solamente a me… La più bella di tutte le belle, non è mai più bella di te!

Oje vita, oje vita mia oje core 'e chistu core si' stata 'o primmo ammore e 'o primmo e ll'urdemo sarraje pe' mme!

Oh vita, oh vita mia… Oh cuore di questo cuore… sei stata il primo amore… e il primo e l'ultimo sarai per me!

'O surdato 'nnammurato (in italiano Il soldato innamorato) è una delle più famose canzoni in lingua napoletana. Il testo fu scritto dal poeta Aniello Califano e messo in musica da Enrico Cannio nel 1915. E' il lamento di un soldato, lontano dalla sua amata perché è al fronte a combattere durante la prima guerra mondiale. La canzone è stata interpretata da molti grandi artisti, napoletani e non-napoletani. E' da ricordare la bellissima interpretazione di Anna Magnani nel film “La sciantosa” (del 1970), ambientato proprio durante la guerra, in cui la famosa attrice interpreta una cantante che si esibisce davanti a un pubblico composto di soldati e feriti di guerra.

Fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/%27O_surdato_%27nnammurato http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=1777 https://www.youtube.com/watch?v=rZM9Qizy--Q


LA TREGUA DI NATALE

Natale 1915 Caro diario, oggi è la vigilia di Natale e si sente un'altra atmosfera qui nelle trincee, anche perché ci hanno comunicato che c'è la tregua per due giorni. Verso le 6.00 del mattino una truppa tedesca è uscita allo scoperto, senza armi, e ci ha chiesto di passare il Natale da amici e non da nemici. Noi abbiamo accettato ed è iniziata una grande festa. Abbiamo iniziato a cantare il "Ta-pum" e il "Piave", e poi anche canzoni natalizie, e nel pomeriggio abbiamo giocato persino a calcio nella terra di nessuno e la Germania ha perso la partita. E' stato il Natale più bello di tutta la mia vita di soldato: per la prima volta mi sono sentito felice. E' stato come un miracolo, ma... c'è sempre un "ma". Il 26 dicembre ritornerà la guerra. E noi soldati ritorneremo a combattere di nuovo, ognuno nelle proprie trincee, ognuno per difendere la propria patria. Per ora ci godiamo questo miracolo di Natale. Poi toccherà di nuovo fare la guerra.

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Tregua_di_Natale


SOLDATI

24 ottobre 1917 Caro diario, anche oggi mi trovo al fronte, in trincea. Le condizioni non sono delle migliori: insetti, specialmente pidocchi, che danno un maledettissimo fastidio; e una continua puzza di marciume che aumenta ogni giorno di più. Ci è stato appena comunicato che la Russia si è ritirata dalla guerra a causa della rivoluzione e quindi le truppe austriache si stanno spostando sul nostro fronte. Dobbiamo prepararci per un nuovo combattimento. La tensione sta salendo, e sale sempre di più ogni volta che sappiamo di dover combattere e rischiare di morire, ma questo è il nostro dovere, siamo qui per questo. Il mio umore è decisamente a terra, mi sento depresso, angosciato, ho voglia di rivedere mia moglie e le mie figlie. Porca miseria quanto mi mancano! Alcuni soldati si sono ammalati a causa dell'ambiente schifoso che c'è qui... Siamo tutti ricoperti di fango e gli insetti ci ronzano attorno come se fossimo merde, data la nostra sporcizia.


Vivere qui è molto duro. Nel tempo libero ognuno si dedica a qualche attività, come il disegno. Oppure c'è chi, come me, scrive un diario o risponde alle lettere della propria famiglia. Quando arriva la posta quel fottutissimo e odioso dolore e quell'angoscia se ne vanno via e nei nostri cuori arrivano gioia e felicità. Chi non vorrebbe avere notizie dalla propria famiglia? Eccola la posta! Finalmente! Mia moglie e le mie figlie stanno bene: almeno loro! Qui vicino un soldato sta per morire a causa di una ferita che ha fatto infezione e non c'è più niente da fare. Questo è il destino che aspetta la maggior parte di noi. Adesso sta anche iniziando a piovere...merda! Odio la pioggia, oltre alla sporcizia! Il cielo sembra rispecchiare il nostro stato d'animo: è grigio, cupo, piove come se stesse piangendo, stanco anche lui di guerra. E noi stanchi di combatterla. Durante i combattimenti bisogna avere un cuore di pietra perché i compagni ti muoiono accanto e tu non puoi neanche stringergli la mano negli ultimi istanti della loro vita, perché devi pensare a pararti il culo dal quel cazzo di proiettili e di granate dei nemici. Odio tutto questo. Voglio la pace.


Caro diario, ormai sono passati quasi quattro anni dall'inizio di questa guerra e quest'anno ci sono stati nuovi cambiamenti di fronte e nuovi schieramenti. Ma la vita di noi, soldati di prima linea, non è cambiata. Viviamo in condizioni misere, tra cadaveri, sangue, gas tossici, pidocchi, bombardamenti, pallottole, ed in più siamo malnutriti e malvestiti. Durante questi anni ho provato poche emozioni: 1 - la PAURA: provo questa sensazione ogni singolo momento perché in ogni singolo momento rischio di morire; 2 - la DEPRESSIONE: ormai sono abituato alla guerra, però ci sono dei momenti di calma in cui non succede niente e allora provo un senso di vuoto dentro di me, come se io non servissi a nulla; 3 - la GIOIA: sono felice solo quando arrivano le lettere dai miei familiari e posso leggere quello che mi scrivono e posso vedere le foto dei miei due bambini che giocano insieme. Quando poi mi rendo conto che sono in guerra e che non potrò rivedere i miei cari fin quando tutto questo non sarà finito, allora metto la foto dei miei ragazzi nella tasca del giubbotto protettivo, prendo il fucile e le cesoie, e scendo sul campo di battaglia. Io sono l'addetto a tagliare il filo spinato ed è un compito molto rischioso, ma per la mia patria faccio questo ed altro. Quando avanziamo tutti insieme verso la trincea nemica, molti dei nostri vengono uccisi dai cannoni e quindi non sempre riusciamo a conquistare la


posizione, allora siamo costretti alla ritirata. Nei pochi momenti di tempo libero mi diverto (si fa per dire) a fare dei ritratti ai miei compagni e, quando ci sono delle lettere dei miei familiari, scrivo. Adesso sono le sei di mattina ed è arrivato il mio turno di guardia. Ti scriverò alla prossima occasione.


Caro papà, ti voglio scrivere questa lettera per spiegarti dove sono, come sono e cosa faccio. Essere soldato di trincea: questo volevo e questo ho avuto. Avevo deciso di essere un interventista come il poeta Gabriele D'Annunzio. E adesso mi dispiace, papà, perché quando tornerò (se tornerò) mi troverai sicuramente cambiato. In trincea si fa una vita di merda. Scusa papà per questa parola, però mi devo sfogare, perché i nostri bisogni li facciamo a cielo aperto, se piove camminiamo nel fango tutti sporchi ed è difficile perché a volte il fango arriva fino al ginocchio, oppure quando nevica, che fa un freddo cane, non riusciamo neanche ad aprire la bocca per il troppo freddo.


Cara famiglia, vi scrivo questa lettera per informarvi che sono ancora vivo, di stanza a Caporetto, sul fronte italiano. Qui al fronte a vita non è come la si immaginava. Le trincee sono scavate ad una minima profondità , tanto che alcuni soldati non possono nemmeno stare in piedi, altrimenti sarebbero immediatamente fucilati dai cecchini nemici, che sono i nostri "angeli della morte", perchÊ vegliano su di noi e seguono ogni nostro movimento, sempre pronti a sparare. Dopo l'ultimo attacco di ieri la nostra trincea è sull'orlo della distruzione: ci sono morti ovunque, ammassati, arti mutilati e altri resti su cui fanno banchetto i corvi. Quei dannati austriaci hanno lanciato un altro attacco. Per fortuna siamo riusciti a respingerlo e io ne sono uscito quasi illeso. Mi faceva pena vedere quei poveretti correre incontro alla nostra trincea: alcuni non riuscivano nemmeno ad attraversare la terra di nessuno, dove c'erano grovigli di filo spinato. Era ovvio che non ce l'avrebbero fatta, lanciati contro soldati, cecchini e mitragliatrici che li falciavano come fossero grano. Io ero alla mitragliatrice e si scuotevano le fondamenta della mia anima a vederli cadere, in fondo erano come noi, sparavo ad occhi chiusi.



Quando siamo arrivati qui la natura era bellissima. Si sentiva un delizioso odore di fresco e un profumo di aghifoglie, l'aria purissima ci entrava nei polmoni e ce li apriva tutti. C'erano piccoli scoiattoli innocenti e si udiva il cinguettio degli uccelli. Ora invece si sente un odore di polvere da sparo, di sangue, e di escrementi ovunque. Il terreno è pieno di fosse scavate dalle granate. Qui si è al confine tra la vita e la morte e siamo costantemente affidati al caso. Come scrive il soldato Giuseppe Ungaretti:

Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie


VEGLIA Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Un’intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore Non sono mai stato tanto attaccato alla vita Giuseppe Ungaretti


2 dicembre 1918 Cara Melissa, finalmente la guerra è finita. Sto per ritornare a casa. Sono molto stanco e mi ritrovo invalido, per cui non posso ritornare a lavoro. Ieri il mio amico Carlo è morto per l'epidemia di spagnola: sono molto dispiaciuto e tutto ciò mi fa stare molto male. Tu come stai? Salutami mamma, nonno e nonna. Ci vediamo tra qualche giorno. Mi manchi. Un abbraccio. Tuo papà.


LE RETROVIE Il fronte interno Donne in prima linea

E mentre tu vivi in trincea, io prendo il tuo posto in fabbrica e divento operaia. La fabbrica di munizioni lavora a ciclo continuo. E' un lavoro ingrato. E' una fabbrica di morte. Anche tu potresti usare queste armi. Anche tu potresti essere colpito da queste armi. Ma se non prendo il tuo posto in fabbrica, come faccio? Chi tira avanti qui, se tu non ci sei?


E mentre tu vivi in trincea io prendo il tuo posto in campagna e divento contadina. E' faticoso lavorare questa terra sotto questo sole che brucia la pelle e inaridisce l'anima. Ma se non lo facciamo noi, chi potrebbe farlo? Gli uomini sono tutti andati soldati. E la terra va lavorata, sennò diventa avara.


Ci metto tutto il mio impegno e tutta la mia abilità per cucire una bella divisa, perché è la divisa di un soldato che va a fare la guerra. Non potrà proteggerlo dai colpi che gli saranno inferti. Non potrà renderlo invulnerabile né immortale. Ma deve essere perfetta e bella perché dovrà avere una lunga vita e perché potrà finire colpita, stracciata, logorata, bruciata, perduta. E' la divisa del soldato. E' la divisa dei miei soldati. E io ci metto tutto il mio impegno e la mia abilità.


Ho scelto di essere crocerossina. Vivo nelle retrovie e accolgo i soldati feriti provenienti dalla prima linea. Non mi fa impressione il sangue che sgorga copioso dalle ferite di guerra. Sono sempre ferite molto gravi e difficili da curare e da guarire. Io tampono la ferita, la lavo, la disinfetto, procedo a suturarla. Assisto il chirurgo nelle operazioni e seguo le sue istruzioni. Assisto i feriti e li curo. Assisto il cappellano mentre somministra l'estrema unzione. Assisto chi guarisce e chi muore. Sono una crocerossina.


Gli alunni della 3D

Basetti Davide Blasi Rosa Bucz Nadia De Gregorio Federico Di Gioia Giulio Di Gregorio Martina Di Guglielmo Carmela Di Pumpo Edmondo Diomedes Antonio Diomedes Severo Faienza Michele Pio Gagliardi Michele Nardone Giulia Patella Antonio Pio Pettigrosso Domenico Piccolantonio Leonardo Rotolo Antonio Pio Rubino Sabino Soldano Noemi Tedesco Bruno Vallecoccia Annaloreta


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