Le radici della libertà. Vivo e sono partigiano.

Page 1

28° edizione del Concorso “Sesto e i suoi studenti” Anno scolastico 2014-2015 LE RADICI DELLA LIBERTÀ

VIVO E SONO PARTIGIANO Scuola Media “Padre Pio” Torremaggiore (FG) classe 3D

Il fiore dei partigiani (disegno di Annaloreta Vallecoccia)


INCIPIT ORA E SEMPRE RESISTENZA (Piero Calamandrei)

“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra costituzione.” (Piero Calamandrei, Discorso agli studenti sulla Costituzione, 26 gennaio 1955)

Partigiani non sono stati solo coloro che dal 1943 al 1945 hanno combattuto il fascismo e il nazismo nei boschi e sulle montagne dell'Appennino.

La Resistenza esiste ancora oggi. Anzi ne esistono parecchie. Ad esempio: • la Resistenza alla corruzione e alla mafia, alla disonestà e all'illegalità; • la Resistenza al doping e alle droghe, al tabacco e agli alcolici, molto pericolosi soprattutto per i minorenni; • la Resistenza alle mode e al conformismo, che vogliono le persone tutte uguali e dipendenti da tante cose; • la Resistenza al degrado e al disinteresse nei confronti dell'ambiente in cui viviamo e nei confronti delle altre persone; • la Resistenza al razzismo e al bullismo, al pregiudizio e all'ignoranza; • la Resistenza alle ingiustizie e alla violazione dei diritti.


Don Luigi Ciotti dice che la Resistenza oggi è impegno civile e le sue parole sono giuste, infatti bisogna imparare a diventare buoni cittadini e noi possiamo cominciare a farlo nel nostro vivere quotidiano. Essere partigiani oggi significa essere informati su ciò che accade, sapere perché avvengono certe cose, essere consapevoli delle scelte che facciamo. Significa scegliere di stare da una parte piuttosto che da un'altra. E oggi lo possiamo fare, perché abbiamo la libertà di scelta. Possiamo schierarci liberamente dalla parte che ci sembra più giusta e leale. Con i nostri comportamenti possiamo fare Resistenza ogni giorno: la raccolta differenziata, il rispetto nei confronti delle persone, ascoltare gli altri e discutere senza litigare, fare azioni di volontariato. Sono tutti gesti che ci fanno essere cittadini. Cittadini e partigiani. Essere partigiani significa non essere indifferenti, ma impegnarsi attivamente per i valori in cui crediamo e per i nostri diritti. Gli indifferenti non si preoccupano del bastimento che affonda nonostante stiano viaggiando su quello stesso bastimento: sono parole di Piero Calamandrei. Quasi cento anni fa, nel 1917, in piena prima guerra mondiale, Antonio Gramsci scriveva parole simili, che potrebbero essere scolpite a caratteri cubitali: Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e parteggiare. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Vivo, sono partigiano. Non a caso, come dice Don Ciotti, la parola “resistere” ha la stessa radice di “esistere”.

STORIE DI PARTIGIANI

Nicola Sacco. Sacco e Vanzetti sono vissuti prima della Resistenza, ma si possono considerare ugualmente dei partigiani. Nicola Sacco è il personaggio che più sentiamo vicino, perché era originario del nostro stesso paese, Torremaggiore, dove nacque il 27 aprile 1891. Era figlio di una famiglia di agricoltori.


Bartolomeo Vanzetti invece era originario di Villafalletto, in provincia di Cuneo. Entrambi emigrarono in America in giovane età, a un anno di distanza l'uno dall'altro, nel 1908 e nel 1909, e inizialmente non si conoscevano. Si incontrarono nel 1916 quando entrarono a far parte di un gruppo anarchico italo-americano. Quando gli Stati Uniti si schierarono nel primo conflitto mondiale ed entrarono in guerra tutto il collettivo fuggì in Messico per evitare la chiamata alle armi, perché per un anarchico non c'è niente di peggio che uccidere o morire in guerra. Dopo la guerra Sacco e Vanzetti tornarono nel Massachusetts, del tutto ignari di essere ricercati dal Ministero di Giustizia e di essere sorvegliati dagli agenti dei servizi segreti. Continuarono la loro attività clandestina di attivisti anarchici, ma furono arrestati e pochi giorni dopo l'arresto furono accusati di rapina a mano armata ai danni di un calzaturificio e dell'omicidio di un cassiere e di una guardia giurata. Alla base del verdetto vi furono, da parte di polizia, procuratori distrettuali, giudici e giuria, molti pregiudizi e una forte volontà di perseguire una politica del terrore nei confronti del movimento anarchico perché, in quel periodo, gli anarchici erano considerati sovversivi e molto pericolosi. Inoltre Sacco e Vanzetti erano immigrati. Furono condannati a morte dopo tre processi e nonostante ci fossero prove evidenti ed incontrovertibili a favore della loro innocenza: ad esempio uno dei veri colpevoli confessò. Sacco e Vanzetti erano innocenti rispetto al crimine di cui venivano accusati, ma erano anarchici e stranieri: in realtà il loro fu un processo politico, un processo agli ideali in cui credevano, alle loro convinzioni politiche, alla loro condizione di stranieri, potenzialmente sovversivi e portatori di disordine, pericolosi. Quando il verdetto fu reso noto, si tennero manifestazioni di protesta che continuarono fino ad esecuzione avvenuta. L'opinione pubblica degli Stati uniti e dell'Europa ne fu scossa: ci furono manifestazioni a Parigi, Londra, Berlino. In Italia persino lo stesso Mussolini scrisse una lettera in cui chiedeva all'ambasciatore americano di salvare la vita dei due condannati, con la motivazione che “la clemenza dimostrerà la differenza dei metodi bolscevichi da quelli degli americani”. Molti intellettuali, fra cui Albert Einstein, si mobilitarono. Ma senza ottenere nessun risultato. Il 27 agosto 1927 i corpi di Sacco e Vanzetti furono attraversati dalla corrente sulla sedia elettrica. Esattamente 50 anni dopo, nel 1977, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis emanò un proclama per riabilitare le figure di Sacco e Vanzetti: il testo è inciso sul monumento che si trova all'ingresso del cimitero di Torremaggiore, dove sono tuttora conservate le ceneri di Sacco.


Abbiamo scelto di raccontare questa storia perché secondo noi Sacco e Vanzetti possono essere considerati partigiani: nella loro vita si sono schierati da una parte ben precisa, hanno preso posizione e hanno combattuto coraggiosamente fino alla fine per far valere i loro ideali e i loro diritti: l'innocenza, la libertà, l'uguaglianza, il diritto di essere anarchici. Hanno lottato fino all'ultimo contro ogni accusa e contro ogni discriminazione nei loro confronti. Pur essendo consapevoli del loro destino e pur sapendo di essere stati condannati a morte, hanno continuato a resistere e secondo noi non esiste un gesto più ammirevole, coraggioso e partigiano di questo.

Giuseppe Di Vittorio.

Il distacco dalla scuola fu una grande amarezza. Amavo molto la lettura e ogni pagina di libro era come una rivelazione per me. Avevo sete di quelle rivelazioni.

Giuseppe Di Vittorio era pugliese. Nacque a Cerignola (in provincia di Foggia) l'11 agosto 1892. Era figlio di braccianti agricoli che lavoravano la terra dei marchesi Rubino-Rossi di Cerignola. Nel 1902 suo padre morì per un incidente sul lavoro e lui fu costretto a prendere il suo posto. Già da allora imparò da autodidatta a leggere e a scrivere, tenendo un quaderno su cui annotava tutte le parole sconosciute che sentiva, e mettendo da parte faticosamente i soldi per acquistare un vocabolario. Iniziò a occuparsi di politica già da adolescente: prima fu anarchico, poi socialista e infine comunista. Ebbe incarichi importanti nel sindacato fin da giovanissimo. Nel 1921 fu eletto deputato, proprio negli anni in cui il fascismo si avviava al potere. Con il Fascismo, disciolti tutti i partiti e i sindacati, fu condannato dal tribunale speciale a 12 anni di carcere, ma riuscì a fuggire in Francia. Soggiornò persino in Unione Sovietica e fu uno dei primi marxisti a intuire la pericolosità del regime stalinista sovietico. Quando tornò a Parigi entrò nel gruppo dirigente del PCI clandestino e sempre a Parigi fu direttore del giornale antifascista “La Voce degli Italiani”. Ebbe importanti incarichi a livello internazionale e fu anche un uomo d'azione: durante la guerra d'Etiopia inviò una squadra di tre persone - tre comunisti chiamati "i tre apostoli" con l'incarico di organizzare la guerriglia locale contro l'invasione fascista. Insieme ad altri antifascisti partecipò alla guerra civile spagnola e venne ferito a Guadalajara. Fu una delle poche voci autorevoli che si espressero contro le leggi razziali fasciste, perché capì che dietro l'apparenza di leggi "morbide" (rispetto a quelle tedesche), avrebbero in realtà portato col tempo allo sterminio. Nel 1941 fu arrestato e mandato al confino a Ventotene. Nel 1943 fu liberato dal governo


Badoglio e negli ultimi due anni della seconda guerra mondiale fu partigiano e prese parte alla Resistenza tra le file delle Brigate Garibaldi. Nel 1945 fu eletto segretario della CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro), che era stata ricostituita l'anno prima. E nel 1946 fu eletto deputato all'Assemblea Costituente con il PCI. La sua fama e il suo prestigio ebbero enorme seguito in tutto il mondo operaio e sindacale, tanto che nel 1953 fu eletto presidente della Federazione Sindacale Mondiale. Morì a Lecco il 3 novembre 1957, per un infarto, poco dopo un incontro con alcuni delegati sindacali. Giuseppe Di Vittorio è stato un grande partigiano, in tutti i sensi. Non solo è stato un partigiano della Resistenza, ma si è sempre schierato, senza paura. La sua vita, così avventurosa, dimostra che con l'impegno, con la forza degli ideali e dell'onestà, si possono fare grandi cose. Era di umili origini eppure è diventato un padre costituente. Una figura eroica.

Rita Atria.

“Prima di combattere la mafia devi farti un autoesame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”.

Rita Atria nasce a Partanna, in provincia di Trapani, il 4 settembre 1974. Suo padre è un mafioso che viene ucciso in un agguato quando lei ha solo 11 anni e dopo la sua morte Rita si affeziona molto al fratello Nicola e alla cognata Piera Aiello. Ma Nicola è un mafioso come il padre e Rita, attraverso di lui, viene a sapere di tutti gli affari e le dinamiche mafiose a Partanna. Come il padre, anche Nicola viene ucciso. Piera, che era presente all'omicidio del marito, diventa collaboratrice di giustizia e Rita, a soli 17 anni, decide di seguire il suo esempio e diventa collaboratrice di giustizia a sua volta. Entra in contatto con il giudice Paolo Borsellino e comincia a parlare: rivela le sue testimonianze preziose, contribuisce a far avviare indagini e a far arrestare numerosi mafiosi. Si affeziona a Paolo Borsellino come ad un padre. Quando Borsellino viene ucciso dalla mafia, il 19 luglio 1992 a Palermo, nella strage di via D'Amelio, Rita si sente persa e sente di aver perso la sua battaglia. Per questo motivo una settimana dopo si toglie la vita a Roma, dove vive in segreto, lanciandosi dal settimo piano di un palazzo di viale Amelia. Rita Atria per molte persone rappresenta un'eroina, per la sua capacità di rinunciare a tutto, persino agli affetti familiari, per inseguire un ideale di giustizia attraverso un percorso di crescita interiore che la porterà dal desiderio di vendetta al desiderio di una vera giustizia. Rita è stata una partigiana esemplare, perché non è rimasta indifferente al male che la circondava, ma si è schierata coraggiosamente contro la mafia e l'illegalità.


Muhammad Yunus. Il “banchiere dei poveri”.

Laureato in Economia, giovane professore nelle Università di Boulder (Colorado) e Nashville (Tennessee), Yunus è il fondatore della Grameen Bank, che vuol dire banca del villaggio, perché il primo sportello venne aperto in uno dei tanti modestissimi agglomerati di capanne sparsi per il Bangladesh. Questa banca è molto particolare, perché presta ai poveri piccole somme di denaro: una pratica rivoluzionaria che la finanza tradizionale ha battezzato “microcredito senza garanzie”. Dal 1976 Yunus è riuscito a dimostrare, a dispetto di ogni stereotipo, che i poveri sono affidabili e solvibili e che si può prestare loro denaro con altissima probabilità di vederselo restituire. Per tutto ciò che ha fatto ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2006. Yunus è un partigiano perché non è stato indifferente, ma ha preso posizione, ha scelto e ha agito per trasformare una realtà di degrado e di miseria in una realtà più dignitosa e libera.

EXPLICIT Oggi noi abbiamo libertà di scelta e ci possiamo schierare senza correre rischi, ma in altri tempi non è stato sempre così e non lo è nemmeno adesso, da qualche parte nel mondo. In una lettera a sua madre Antonio Gramsci scrisse : La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini. I partigiani non sono indifferenti, non fanno finta di niente.


FONTI •

Piero Calamandrei, “La libertà è come l'aria” in Bissaca-Paolella, BibliotecaTre. Antologia italiana, vol. 3B, pp. 32-33

Silvano Guidi, “Il banchiere dei poveri”, in Bissaca-Paolella, BibliotecaTre. Antologia italiana, vol. 3B, 88-90.

http://it.wikipedia.org/wiki/Sacco_e_Vanzetti

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Di_Vittorio

http://it.wikipedia.org/wiki/Rita_Atria

Gli alunni della 3D Basetti Davide Blasi Rosa Bucz Nadia De Gregorio Federico Di Gioia Giulio Di Gregorio Martina Di Guglielmo Carmela Di Pumpo Edmondo Diomedes Antonio Diomedes Severo Faienza Michele Pio Gagliardi Michele Nardone Giulia Patella Antonio Pio Pettigrosso Domenico Piccolantonio Leonardo Rotolo Antonio Pio Rubino Sabino Soldano Noemi Tedesco Bruno Vallecoccia Annaloreta


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.