Luce e Ombra, vol. 114, fasc. 2, aprile-giugno 2014, pagg. 139-143
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Il 19 marzo, presso la Biblioteca Bozzano De Boni di Bologna, Mariarosa Genitrini, antropologa, e Bhola Nath Banstola, sciamano, hanno tenuto una conversazione e praticato un rito di purificazione. Bhola Nath Banstola è nepalese, sciamano per tradizione familiare. All’età di sette anni ha ricevuto l’iniziazione sciamanica. Ha conseguito la laurea in Antropologia Culturale presso l’Università di New Delhi e ha studiato Medicina alternativa all’Università di Calcutta. Tiene seminari esperienziali in Europa e Stati Uniti per divulgare l’insegnamento sciamanico come via di crescita personale e per condividere la sua esperienza dello sciamanesimo, antica pratica spirituale ancora attuale ai nostri giorni. Mariarosa Genitrini, moglie di Bhola, è una profonda conoscitrice della cultura e dello sciamanesimo dell’area himalayana. Da molti anni frequenta l’Oriente e questo le permette di essere un ponte culturale fra Occidente e Oriente. Ha frequentato sciamani nepalesi, indiani, tibetani, mongoli e condivide la sua esperienza con le persone che partecipano ai viaggi culturali e ai seminari che organizza insieme a Bhola. Sulla base della sua vasta esperienza in campo sciamanico, Mariarosa Genitrini ha scritto per noi l’articolo che segue. Il ritmo del tamburo aumenta, la stanza si riempie del fumo dell’incenso, di voci, di canti, il corpo dello sciamano inizia a scuotersi, a sobbalzare, il copricapo di penne di pavone si muove al ritmo del tamburo, come se l’uccello stesse prendendo il volo, la bandoliera di campanelle fa da sottofondo al suono del tamburo, in un ritmo convulso, apparentemente disordinato, che sembra congelare il tempo, paralizzare l’aria. Da millenni lo sciamano incarna il mediatore fra il mondo fenomenico e quello spirituale, e il suo corpo, luogo di convergenza di esseri soprannaturali provenienti dalle direzioni cosmiche, accoglie le divinità che, per bocca sua, parlano, danno responsi, rimproverano, consolano. Il termine sciamano deriva da una parola dei Tungusi della Siberia: saman, e si riferisce a un uomo o donna che ha la capacità di “viaggiare” in uno stato alterato di coscienza indotto dal suono del tamburo e, in alcuni casi, dall’uso di sostanze allucinogene, allo scopo di diagnosticare malattie, stabilire contatti con il mondo degli spiriti, entrare nel regno dei morti, mantenere il fragile equilibrio sociale e psicologico della comunità. La funzione dello sciamano come intermediario fra il mondo fenomenico e quello sovrannaturale è basata su un sistema di credenze secondo le quali le difficoltà presenti ad ogni passo della vita sono rappresentazioni del mondo degli spiriti e possono essere eliminate con l’aiuto di spiriti benevolenti.
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Il tamburo è fondamentale nei riti sciamanici
Il ruolo sociale dello sciamano si enfatizza nel concetto di malattia considerata non solo nell’aspetto fisico, ma soprattutto spirituale. È suo compito non tanto curare i sintomi quanto risalire alla causa spirituale che, alterando un equilibrio, ha portato alla condizione di malattia. Il tamburo è lo strumento sciamanico per eccellenza, il mezzo per entrare in uno stato alterato di coscienza. Il suono ripetuto, monotono, che attiva tutti i centri del cervello, induce lo sciamano a uno stato di concentrazione intensa e di espansione della coscienza: abbandonata ogni barriera spazio-temporale, lo sciamano entra nel mondo degli spiriti. Lo stato di coscienza sciamanica è l’essenza dello sciamanesimo, il perno attorno al quale ruota la sua attività. Davanti a un problema da risolvere egli, anziché usare il pensiero razionale, si rivolge a esperienze interiori. Usando l’astrazione e il simbolismo, si abbandona al flusso delle immagini del suo inconscio, senza lasciarsi condizionare dal giudizio critico dell’attività intellettuale per rivolgersi a una memoria antica che non può essere conosciuta nello stato normale di coscienza. Durante il rituale percepisce gli oggetti come reali (io li vedo, quindi esistono), sente le voci che gli parlano, quando danza attorno al fuoco imitando i movimenti di un animale è l’animale stesso a danzare, non lo sciamano. Si apre un oriz-
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zonte sacro nel quale prende forma la sacralità dell’universo. L’attività sciamanica è caratterizzata non dalla possessione da parte degli spiriti, ma dal controllo su di essi: lo sciamano rimane vigile, determinato e concentrato nel suo non facile compito, recitando la parte dell’attore, del regista, del danzatore cosmico, del cantastorie universale, del traduttore di antiche saggezze che l’uomo moderno ha dimenticato. Nella cultura sciamanica, lo scopo della vita è lo sviluppo spirituale personale. Lo stato di salute non è solo assenza di malattia, è armonia con l’ambiente, è un’intuitiva percezione dell’universo come la trama di un tessuto, con i fili interconnessi, è mantenere una comunicazione con gli animali, le piante, l’acqua, le stelle, è la consapevolezza che non c’è differenza fra la vita e la morte, che noi siamo parte del Tutto. Gli sciamani furono i primi a riconoscere nell’uomo una natura spirituale, uno spazio interiore che, se esplorato, permette di viaggiare in altri mondi, di dialogare con gli spiriti, di avere le risposte ai quesiti, per raggiungere una personale e spirituale trasformazione. L’importanza che lo sciamano dà al mondo interiore, allo spazio spirituale sia del guaritore che del paziente, contrasta con l’alienante tendenza della medicina occidentale a guardare il malato solo dal punto di vista clinico, fisico, in un approccio oggettivo, mentre lo sciamanesimo prende in considerazione diversi piani della realtà. Non percepisce l’isolamento del corpo del paziente dall’Universo, ma sente che il respiro del sole fluisce in ogni momento,
Bhola Nath Banstola in abito da cerimonia, mentre suona il tamburo
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si serve della danza delle stelle, della voce delle piante, del movimento degli animali, coinvolgendo nel processo di guarigione l’intero Universo. È importante prendere coscienza della presenza degli spiriti: danno supporto alla nostra esistenza aiutandoci nel processo di trasformazione e quindi di guarigione. È un linguaggio ancestrale, un linguaggio dell’anima, non verbale ma simbolico, non limitato dalle parole. Ogni oggetto usato dallo sciamano “parla”, è un dono imbevuto del Divino, è un ponte che lo unisce con le energie cosmiche, con il sovrannaturale, senza più barriere spazio-temporali. Lo sciamanesimo ci insegna a non separare la forma fisica da quella spirituale, il visibile dall’invisibile, a tradurre il linguaggio della natura, degli animali che sono simboli di una particolare energia, modelli di comportamento. Non è un fenomeno legato esclusivamente a società tribali, è invece anche una nostra tradizione che è andata distrutta e che dobbiamo recuperare, un ritorno alla nostra vera natura, un riconnettersi con il potere delle piante, degli animali, dell’Universo. Nella società occidentale, che è rivolta all’eccesso alla tecnologia e all’intellettualizzazione, c’è bisogno di recuperare il ruolo costruttivo dello sciamano e di imparare noi stessi ad essere sciamani, per riappropriarci di un antico potere che ci appartiene, per recuperare il dialogo con gli spiriti degli animali in un periodo in cui molti si sentono estranei agli istinti vitali, per riconquistare la libertà di muoverci da una realtà all’altra scegliendo quella che soddisfa i nostri bisogni e usare la nuove conoscenze così acquisite per nutrire il nostro essere, per prenderci cura di noi stessi e degli altri con amore e compassione, per sentirci “a casa” nell’Universo, per salvare noi stessi e l’ambiente. Nello sciamanesimo la mente si svuota, anziché riempirsi di discorsi, di parole, per lasciare il posto al suono del tamburo e alla voce dello sciamano. È un mondo da ascoltare non con la mente ma con il cuore, senza speculazioni intellettuali, per poter andare oltre, in un altro mondo, quello spirituale, che non richiede prove per esistere, non si nutre di chiacchiericcio mentale. È un percorso iniziatico, un messaggio di progresso spirituale, una disciplina che incoraggia una diretta e personale esperienza spirituale. Concludo con queste belle parole di Jeanne Achtenberg, che spiegano molto bene cosa sia lo sciamanesimo: «Nella tradizione sciamanica il “sacro” significa riconoscere che il controllo non è nelle nostre mani, che non governiamo totalmente la trama delle nostre vite e che esistono sistemi di energie superiori che dirigono il nostro cammino. Lo sciamano rispetta questi sistemi più ampi, riconosce la loro esistenza e le loro intenzioni e collabora con essi».