Roma “la” capitale metropolitana PER UNA CONSILIATURA COSTITUENTE
fab.rica | 2016
2016 Codice ISSN 2420-8442
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Indice
Claudio Falasca, Premessa PierLuigi Albini, Dai Municipi ai Comuni urbani e Città metropolitana di Roma Antonio Zucaro, L’Amministrazione pubblica come bene comune Simone Ombuen, Pianificazione metropolitana e governo del territorio
Allegati Beni comuni e partecipazione, di PierLuigi Albini Roma zero consumo di suolo, nota di fab.rica Roma “la” Capitale Metropolitana, nota di fab.rica
Materiali del Seminario Le scelte di fondo per una consiliatura costituente tenutosi il 25 febbraio 2016 – negli Allegati, materiali di altri Seminari preparatori dell’Associazione fab.rica
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Claudio Falasca Presidente di fab.rica
PREMESSA
Tanti cittadini si pongono la domanda di come uscire dalla profonda crisi che vive la città, quali sono le politiche in grado di portare a soluzione i problemi del lavoro, dei diritti, della unitarietà e integrazione urbana, della povertà, della rigenerazione, del traffico, degli inquinamenti, dell’efficienza dei servizi, del consumo del suolo, della bellezza della forma urbana, della tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio artistico storico e contemporaneo di Roma e, soprattutto, la questione morale. Tutte queste domande per la sinistra democratica si possono riassumere in un unico quesito: quale idea di Roma la capitale metropolitana? I cultori del liberismo nostrani si sono illusi e si illudono che il mercato senza responsabilità e regole, le forze economiche “spontanee” della città, sarebbero state in grado di risolvere per incanto ogni questione. Le smentite sono state dure e le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini, dei giovani, dei servizi e dell’economia sono peggiorate e hanno determinato nuove povertà, perdita del lavoro, lavoro precario e sottopagato, insicurezze, giovani vite precarizzate, rigurgiti xenofobi e omofobi, violenza diffusa e in particolare verso le donne. Nelle ultime elezioni amministrative, la maggioranza dei romani si è rivolta al PD e a Marino, per uscire dalla crisi con il cambiamento e il rinnovamento della città. Quella fiducia e speranza tuttavia non è stata ripagata. È mancata al governo cittadino, come ai partiti, una visione della città in grado di unire e dare un indirizzo di futuro ad una vasta comunità, è mancato il coinvolgimento che impegna e chiama alla responsabilità tutte le forze popolari e sociali sane, è mancato un progetto politico e culturale condiviso, sono mancate le azioni, i percorsi e gli obiettivi concreti che scandiscono l’avvio del cambiamento. A ben vedere è stata questa la vera causa del tracollo della giunta Marino, certamente aggravata da comportamenti poco trasparenti e dalle infiltrazioni criminali della amministrazione capitolina. Oggi, alla vigilia di una nuova competizione elettorale, la risposta alle domande dei cittadini non la si trova illustrando un lungo elenco di cose che non vanno e che sicuramente andranno risolte. Come non la si trova in un vuoto avvicendamento di volti alle cariche amministrative della città. E certamente le penose rappresentazioni che stanno dando i partiti nella scelta delle candidature non è di certo di buon auspicio. C’è bisogno di un di più e di diverso. Il sindaco Petroselli, che è stato un amministratore efficiente ed efficace, non si stancava di ripetere che chi governa Roma (amministratori e partiti) deve “essere qualcosa
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di più e di diverso da un comitato di gestione anche corretto”, deve essere “un grande riferimento civile e morale per la città e i giovani”. Per molti versi questo insegnamento è andato perduto. Ora è il tempo di recuperare un’alta concezione e azione del governo della città metropolitana e va presentata e messa in essere un’idea innovativa di città capitale, adeguata all’epoca nuova, agli attuali bisogni sociali e morali. Un’idea-progetto fondata su valori alternativi a quelli delle destre, su cui costruire la nuova capitale metropolitana dell’Italia e quei valori sono: il lavoro come identità, bisogno e benessere; la solidarietà; l’uguaglianza; i diritti civili e della differenza; la condivisione e la partecipazione; la responsabilità verso i beni comuni, la cultura e la natura. Valori che uniscono la dignità della persona all’identità della città. Sono “valori bussola”, essenziali all’individuazione di scelte politiche e amministrative, capaci di combattere le diseguaglianze, di qualificare la democrazia, l’economia e la società, basi per rinnovare la burocrazia e le istituzioni, per mettere in movimento le forze dell’impresa innovativa e responsabile, per unire e accogliere, per creare lavoro e tutelare i beni comuni, per garantire la libertà, il benessere e la bellezza, il futuro alle nuove generazioni. Sono valori opposti a quelli liberisti. Recuperare questi valori e farne l’architrave di un progetto per Roma è ancora possibile perché, nonostante fenomeni crescenti di degrado urbano, di emarginazione sociale delle periferie, di solitudini e di povertà, una grande capitale come Roma possiede importanti risorse umane, altissime competenze e una storia di umanità in grado di vincere la sfida del cambiamento. Risorse che vanno però mobilitate e coinvolte nella costruzione della nuova capitale metropolitana dell’Italia, capitale dell’Europa e del Mediterraneo, capitale di pace e del dialogo multirazziale e multireligioso. Capitale mondiale della cultura e del cattolicesimo, della ricerca scientifica e dei beni comuni, del paesaggio e dei beni culturali. Non ci nascondiamo che per le caratteristiche politiche e sociali su cui si è costruita nel tempo la Roma capitale d’Italia e per la profondità dell’attuale crisi, la città vive la propria condizione di capitale con un certo smarrimento identitario. Roma è una città che accoglie, chi viene a viverci dopo pochi anni si sente di Roma, ma non fino in fondo anche perché le dimensioni, la forma urbana, i modelli di vita, la frammentazione sociale e le solitudini rendono difficile concepirsi come comunità. Quando nel resto del paese si dice “Roma ladrona”, formula che nasconde i veri approfittatori che non sono di Roma, la maggioranza dei cittadini romani sono convinti che essi non sono chiamati in causa. Ma non è così. E di questo occorre avere consapevolezza e rispondere con fermezza e dignità. Per la sinistra democratica Roma capitale metropolitana è una scelta, non un’imposizione o una meschina opportunità. La classe dirigente della capitale, quella onesta, popolare e del lavoro deve convincersi a farsi carico fino in fondo del suo ruolo e interpretare con intelligenza la missione della capitale metropolitana con l’ambizione di rappresentare al meglio i valori costituzionali e realizzare una capitale moderna e avanzata per moralità, solidarietà, sobrietà, bellezza, accoglienza, integrazione e dialogo. In questa ambizione c’è un interesse nazionale e un bisogno cittadino per dotare Roma capitale metropolitana dei più alti standard di qualità urbana (servizi, trasporti, scuole, università, sanità, tutela e valorizzazione dei beni culturali, paesaggistici e ambientali, pulizia, centri anziani, asili, verde, parchi, centri culturali e sportivi).
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È questa la capitale che occorre all’Italia e ai romani. Va superata quell’immagine folkloristica di una Roma un po’ spaparanzata, parassitaria, opportunista e che vivacchia sperperando le risorse dello Stato. Viceversa, la sinistra democratica vuole altro, vuole una Capitale di cui tutti gli italiani dovranno esserne fieri e i romani orgogliosi. Questo obiettivo, politico e culturale, è possibile realizzarlo se la sinistra democratica saprà rendere consapevoli di esso le forze popolari del lavoro dipendente pubblico e privato, dell’artigianato, del commercio, del ceto medio e dell’intellettualità, i giovani e le donne e gli anziani lavorando alla costruzione di un rinnovato “blocco sociale” che nella qualità del progetto per la capitale trova il suo collante. Chiamare alla partecipazione le forze popolari è assolutamente necessario sia perché le destre hanno ridotto la cultura popolare a populismo egoistico, sia perché i grandi e duraturi cambiamenti non si fanno dall’alto con ristrette élite abbarbicate nelle istituzioni. Viceversa, il cambiamento è opera di una comunità che sappia essere classe dirigente che guardi agli interessi generali, che sia autonoma, autorevole e onesta, che sia permanentemente connessa coi bisogni e le intelligenze della città, del paese e dell’Europa. Qualche dato può aiutare a comprendere cosa è la complessità della città metropolitana: 4,3mln di cittadini, su una popolazione del Lazio di oltre 5,8mln, di cui 2,8mln del comune di Roma; comprende 121 comuni; una costa di 133 km; importanti servizi pubblici (acqua, rifiuti, energia) per un valore di oltre 7mld di giro economico con una pluralità di aziende; importante rete viaria e ferroviaria con poli strategici portuali e aeroportuali; forte insediamento di enti e istituti della ricerca; alta concentrazione di università pubbliche e private; ricco tessuto economico: imprese dell’innovazione (dall’aerospaziale a quelle 3D), editoria, artigianato, commercio, PMI, prevalenza di piccole piccolissime imprese, turismo, chimica di qualità, edilizia, restauro, economia dell’arte, cinema, teatri, musei, tv, audiovisivo, agricoltura; servizi socio-sanitari di grande qualità e dimensioni economiche; aree verdi, parchi e mare; presenza di istituzioni, ministeri, sedi diplomatiche; sedi nazionali di categorie sociali e associati. Come si comprende, Roma capitale metropolitana poggia su un tessuto economico, sociale, culturale di prima qualità che in questa fase di crisi va aiutato per renderlo efficiente, efficace, competitivo, in grado di creare lavoro e innovazione. Ciò impone di ripensare il governo urbano. La costruzione di Roma capitale metropolitana rappresenta un’occasione da non perdere per elaborare e affermare una nuova idea di capitale e per innalzare la qualità della vita e l’unitarietà dei territori e dei comuni della disciolta provincia di Roma. Per questo le istituzioni cittadine vanno ripensate per essere più aderenti alla società, più trasparenti, presenti e dialoganti, che affermino prassi partecipative innovative. In particolare i municipi debbono essere trasformati in comuni ad elezione diretta e dotati di poteri e risorse adeguati ai problemi che quotidianamente sono chiamati ad affrontare. Inoltre occorre fare della pubblica amministrazione la più importante e qualificata “infrastruttura” metropolitana rendendola un “bene comune” di cui ogni cittadino si sente fiero e responsabile PAGINA 5
Lungo queste linee è possibile affermare l’idea che la democrazia è il “governo del popolo” che è cosa diversa dal governo “per” il popolo che sta nelle mani di pochi eletti, sostenuti da élite lobbistiche finanziarie e immobiliari e da comitati elettorali. Per raggiungere questo obiettivo come fab.rica proponiamo che la consiliatura che inizierà con le prossime elezioni sia di carattere costituente. Qui di seguito riportiamo alcune delle elaborazioni di fab.rica come contributo a quanti hanno a cuore il destino di Roma.
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PierLuigi Albini
Dai Municipi ai Comuni urbani, alla Città metropolitana di Roma
Di recente si sono moltiplicati convegni e dichiarazioni sulla necessità di una nuova architettura istituzionale delle amministrazioni locali, di una riforma dei poteri e delle competenze. Si pone una domanda: perché mai i cittadini potrebbero e dovrebbero interessarsi a un tema così astruso e così lontano dal loro orizzonte come la Città metropolitana e le nuove architetture istituzionali? In effetti, il dibattito politico su questi temi sembra riguardare le prospettive future, la necessità di cose comprensibili ma talmente abusate da essere diventate una formula vuota, come semplificazione e trasparenza (se guardate il sito del Dipartimento patrimonio del Comune di Roma è un inno alla trasparenza!). Slogan, insomma, più che programmi e comportamenti conseguenti. E ragionamenti e analisi soprattutto istituzionali e di diritto amministrativo. È possibile capovolgere l’impostazione e partire, per così dire, dal basso? La seconda domanda che si pone riguarda le prospettive, appunto. È vero che l’attuale legislazione su questi temi è un gran pasticcio, con norme contraddittorie e clamorosi buchi, ma davvero per intervenire subito e concretamente occorrono nuove leggi, oppure è possibile, semplicemente e coraggiosamente, aprire una vera stagione riformatrice, una consiliatura costituente, come appunto si dice nel sotto titolo di questo Seminario? A questa seconda domanda si può rispondere subito che – a legislazione invariata, che è la chiave di lettura di queste note, in cui non si parla volutamente di progetti di riforma legislativa riguardanti l’assetto e le competenze regionali, metropolitane e comunali – mettendo insieme le norme esistenti sugli enti locali (la legge sulle aree metropolitane), lo Statuto della Città Metropolitana di Roma, i poteri assegnati al Comune di Roma capitale e la normativa regionale, sia possibile intervenire immediatamente con una iniziativa riformatrice profonda ed efficace per riordinare competenze, assetti e distribuzione dei poteri delle istituzioni locali. Una legislazione più razionale (legge elettorale, soprattutto, compiti di Roma capitale, specificità della Città metropolitana di Roma) è necessaria, ma non è necessario attenderla per cominciare a costruire un modello di amministrazione efficiente, responsabile, trasparente e partecipato. La riposta che si può dare alla prima domanda, quella che riguarda i cittadini, è che occorra partire da loro, dai loro bisogni, dalle loro attese, dalle loro speranze e, sì, anche dalla loro assunzione di responsabilità. Così, piuttosto che far procedere il discorso proponendo nuove e futuribili architetture istituzionali è meglio partire dal basso, dai cittadini e dall’amministrazione pubblica più vicina a loro, cioè da Municipi, e da ciò
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che è necessario e possibile fare, qui ed ora, con le norme esistenti. Quindi senza alibi, seguendo il principio che la gestione dei servizi e molte competenze debbono esser spostate il più in basso possibile e che mano mano che si sale nell’architettura istituzionale le funzioni di indirizzo, progettazione e controllo debbono prevalere sulle altre attività. Ecco perché si deve parlare di Consiliatura costituente. C’è però, prima di entrare nel merito delle proposte, un punto 0: la legalità, un’amministrazione onesta e non corruttibile e efficiente. Non se ne parla qui ma è chiaro che una lotta senza quartiere ai comportamenti deviati e devianti dell’amministrazione unita ad un’azione per suscitare le migliori energie e capacità dei dipendenti - ciò che non è molto riuscito alle precedenti amministrazioni, seppure ci hanno provato - ma che invece ci sono e tante, troppo spesso inascoltate e emarginate (un po’ come in questo Paese, che sta in piedi perché c’è chi tira la carretta), ebbene se non si dà a tutto ciò la priorità si andrà poco lontano. Non basta cambiare il conducente, è stato detto, occorre cambiare anche la macchina. L’obbiettivo, dunque, è di “affermare con forza il ruolo di Roma “la” capitale facendone un punto di riferimento per l'intera comunità nazionale e internazionale con la qualità delle sue politiche e della sua amministrazione”, come è scritto nel documento di fab.rica del febbraio 2015 Roma “la” capitale metropolitana. Il documento continuava: “In particolare, riteniamo che questo obiettivo si debba realizzare lavorando con coerenza in tre direzioni: promuovendo strategie e azioni per rispondere alla domanda di lavoro con specifica attenzione a quello delle donne e dei giovani; assumendo a fondamento del governo della città i principi dello “sviluppo equo, sostenibile e duraturo” nelle sue componenti fondamentali: economiche, sociali, ambientali ed istituzionali; valorizzando, coinvolgendo e responsabilizzando nella presenza nel territorio e nell'azione quotidiana di governo, l'insieme delle energie di cui è ricca la città costruendo un rapporto virtuoso tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa. È a partire da questi impegni che si può fare di Roma “la” grande, democratica, autorevole, multietnica, capitale europea e del mediterraneo di cui i suoi cittadini vogliono andare orgogliosi.” Ora, perché ai cittadini dovrebbe interessare la trasformazione dei Municipi in Comuni urbani coordinati dal Campidoglio e dall’Area Metropolitana di Roma? E comunque, in assenza di una nuova legge, essere interessati ad un radicale potenziamento delle competenze dei Municipi e alla loro trasformazione in Comuni urbani? Perché senza un rinnovamento profondo delle strutture amministrative e dei governi locali e uno spostamento dei poteri verso i cittadini qualsiasi programma, anche eccellente, è destinato a naufragare. Obbiettivo primario deve essere perciò quello di considerare il lavoro pubblico “come “Bene comune”. “La pubblica amministrazione è la più importante “infrastruttura” della città metropolitana. Dalla sua qualità dipende in larga misura la vita dei cittadini. Qui si impone un profondo cambiamento di sostanza e di immagine del “lavoro pubblico”. Il
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cambiamento necessario è rendere la Pubblica Amministrazione ed i Servizi pubblici “Beni comuni” di cui ogni cittadino si sente responsabile”. Insomma, da dove si può cominciare? Dai Municipi di Roma – dai prossimi futuri Comuni urbani, come è possibile fare usando le norme già esistenti. Lo sappiamo e lo sanno (ma non sempre) i romani che l’attuale Comune di Roma trattiene competenze e gestioni centrali, lontane e farraginose, spesso sovrapposte, poco efficienti e anche poco trasparenti, funzioni che potrebbero essere svolte da organismi (i Municipi/Comuni urbani) più vicini ai cittadini, più controllabili e più partecipati e - se si passa l’espressione – “più prendibili di petto”. I quali Municipi sono da tempo investiti da domande e da richieste di intervento da parte dei cittadini a cui non possono rispondere perché non hanno autonomia di bilancio, non possono decidere come e dove spendere i fondi che gli vengono dati, e questi fondi sono pochi, e hanno poche competenze e poco personale; il che non fa che alimentare il sentimento di distacco, di delusione e di qualunquismo nei confronti dell’Amministrazione locale. Qual’è la situazione secondo lo Statuto attuale del Comune di Roma? In un primo tempo c’è stato un “decentramento circoscrizionale”, con l’adozione di una delibera di principio ma senza indicare competenze da trasferire. In seguito, le Circoscrizioni sono state trasformate in Municipi, con un aumento (ma non sufficiente) delle competenze (Deliberazione di Consiglio Comunale 8 febbraio 1999 e ss.mm.ii.): 1. i servizi demografici; 2. i servizi sociali e di assistenza sociale; 3. i servizi scolastici e educativi; 4. le attività e i servizi culturali, sportivi e ricreativi in ambito locale; 5. le attività e i servizi di manutenzione urbana, gestione del patrimonio comunale, disciplina dell'edilizia privata di interesse locale; 6. le iniziative per lo sviluppo economico nei settori dell'artigianato e del commercio, con esclusione della grande distribuzione commerciale; 7. le funzioni di polizia urbana nelle forme e modalità stabilite dal Regolamento del Corpo della polizia municipale di Roma. Tutto qui. E poi manca del tutto l’autonomia finanziaria e la certezza delle risorse disponibili; l’amministrazione municipale risente di continue sovrapposizioni e interventi da parte degli Uffici centrali, dei ritardi di questi ultimi, di intralci e pastoie burocratiche non in linea con le normative e le attese dei cittadini, insomma di una tenace e inefficiente cultura accentratrice.
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Fonte: studi per il Piano regolatore generale di Roma, territorio di Roma capitale
L’attuale Comune di Roma capitale è troppo esteso per essere ben governato dal centro da chicchessia, per non parlare del fatto che sul suo territorio insistono molti poteri, anche autonomi (Città del Vaticano, Ambasciate, Organismi internazionali) assolutamente non coordinati e non coordinabili. Per non parlare dei cosiddetti “poteri forti” che nessuno ha democraticamente eletto. Un confronto del territorio di Roma capitale con altre città italiane (vedi figura sopra) dà un’immagine immediata della situazione. Si segnala anche che Parigi Comune è tutta dentro le mura aureliane e che, a differenza dello Stato francese quello italiano si disinteressa discretamente – è un eufemismo - della propria capitale. Ma qui il discorso diventerebbe lungo e dovrebbe risalire alla formazione dello Stato unitario e alla stessa storia italiana. Dei quindici Municipi attuali, il più piccolo per popolazione (l’VIII Appia Antica) ha 135.420 abitanti e il più grande (il VII San Giovanni Cinecittà) ha 308.207 abitanti. Nessun Municipio ha una popolazione al disotto di una media città. Come è stato detto, Roma è troppo piccola (in termini di competenze e di autonomia amministrativa) ed è troppo grande (per accentramento di poteri, per popolazione e per territorio). Per non parlare del fatto che la scarsissima trasparenza normativa – c’è una incredibile PAGINA 10
sovrapposizione di leggi nazionali, regionali, provinciali e regolamenti – favorisce una cattiva amministrazione, in tutti i sensi, permettendo eccessivi poteri di interpretazione (si può fare/non si può fare) e favorendo la corruzione. Ora, la costituzione della Città metropolitana di Roma, il cui Statuto è entrato in vigore il 1° gennaio 2015, come si vedrà più avanti, può invece essere l’occasione – anche a legislazione invariata – per un’evoluzione dei Municipi verso l’assetto del Comune urbano e comunque per un loro potenziamento, che, del resto, è già previsto dallo Statuto della Città metropolitana di Roma. Ma è anche l’occasione per una radicale trasformazione del sistema burocratico in direzione dell’efficienza, di un’amministrazione amica del cittadino, di una semplificazione, di un maggiore controllo e di una responsabilizzazione degli addetti, a tutti i livelli. Intanto, nello Statuto della Città metropolitana di Roma si dice che:
Nulla è stato fatto per le zone omogenee e questa sarebbe anche l’occasione per ridisegnare i Municipi attuali (zone omogenee, infatti, è un orientamento-guida, non una cartografia) i cui perimetri attuali sono stati tracciati “a caso” (per essere benevoli), senza uno studio di sistema che identificasse aree coerenti tra loro dal punto di vista socioeconomico, storico e urbanistico; né sono state fatte le altre cose promesse nello Statuto. Ma l’attuazione di quelle norme significherebbe (o potrebbe significare, a seconda del tasso di volontà politica riformatrice) per i Municipi/Comuni urbani e, quindi, per un’amministrazione vicina ai cittadini: 1. La piena autonomia di bilancio e di organizzazione dei Municipi/Comuni urbani 2. una redistribuzione delle risorse e del personale del Comune di Roma Capitale, ma anche della Città metropolitana, spostando verso il basso le attività gestionali 3. un forte aumento delle competenze dei Municipi/Comuni urbani come da alcuni esempi che si si faranno più avanti 4. un potenziamento delle capacità gestionali, di risposta e di intervento sul territorio
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5. una esplicita e sistematica politica dei “Beni comuni”, in quanto il Municipio/Comune urbano deve essere una struttura “partecipata” per Statuto; del resto, il concetto è già presente nello Statuto dell‘Area metropolitana di Roma 6. deleghe dirette di funzioni dell’Area metropolitana ai Municipi, come previsto dall’art. 22 dello Statuto vigente 7. una riqualificazione del Comune di Roma Capitale nel senso di incrementarne le funzioni di progettazione e di controllo a scapito di quelle gestionali e amministrative, trasferendo queste ultime verso i Municipi/Comuni urbani 8. riordinare le Aziende autonome nel senso di separare la proprietà, che rimane del Comune di Roma (in futuro della Città metropolitana) assieme alla competenza su indirizzi, progettazione e controllo, dalla gestione dei servizi che va negoziata con i Municipi/Comuni urbani 9. una politica degli interventi differenziata e mirata, con cognizione di causa, sui tanti territori e quartieri di cui sono composti i Municipi (Roma, è stato detto, è tante città); si vedano le mappe analitiche della città [ #Mappa Roma, di Keti Lelo, Salvatore Monni, Federico Tomassi] 10. la riqualificazione dell’amministrazione capitolina deve essere però accompagnata da un grande piano di formazione e di riconversione degli addetti, che deve coinvolgere anche il personale dei Municipi/Comuni urbani; in particolare l’addestramento per l’accesso ai fondi europei, per l’uso corrente delle ICT e la gestione delle banche dati, che debbono obbligatoriamente fare parte dei programmi di formazione, di tutti i programmi. Oltre alle competenze attuali previste nello Statuto di Roma Capitale vanno quindi spostate a livello dei Municipi/Comuni urbani le seguenti altre: Pulizia delle strade e raccolta rifiuti Si tratta di uno dei problemi più sentiti, anche laddove si è passati alla raccolta differenziata e porta a porta. Dare competenza al Municipio/Comune urbano significa: Che il contratto di servizio comunale generale sarebbe una cornice, all’interno della quale ogni Municipio/Comune urbano precisa con l’Azienza Municipale Ambiente (Ama) tutte le caratteristiche del servizio e viene investito delle funzioni di controllo; ciò significherebbe anche una ristrutturazione dell’Ama in una migliore e pienamente responsabilizzata articolazione territoriale il Municipio/Comune urbano deve attivare delle strutture in contatto con l’Ama “locale” e svolgere funzioni di controllo; deve organizzare la ricezione di segnalazioni da singoli e da associazioni di cittadini (via email o via smartphone, come già avviene in diversi casi), mentre le associazioni potrebbero/dovrebbero svolgere un vero e proprio servizio di vigilanza diffuso, con tanto di banca dati fotografica organizzata dal Municipio/Comune urbano; il Municipio/Comune urbano deve promuovere interventi di pulizia straordinaria tramite le associazioni di cittadini, come peraltro sta già avvenendo in diverse parti della
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città, come politica che affianca quella del contratto di servizio, nella linea della gestione dei Beni comuni; il recentissimo accordo tra Ama e l’Associazione Retake, che organizza diverse realtà di volontariato, che prevede 900 interventi in un anno nei 15 Municipi, si muove in questa direzione; però in questo caso è previsto che l’iniziativa di individuare le aree in cui intervenire spetti a Retake il Municipio/Comune urbano deve svolgere/promuovere, insieme all’Ama, delle sistematiche campagne di educazione ambientale e per la gestione dei rifiuti, non solo nelle scuole ma anche presso la popolazione il Municipio/Comune urbano coinvolto partecipa di diritto alla progettazione e alla decisione per un programma (necessario) della Città metropolitana per risolvere la questione del trattamento e del ciclo industriale dei rifiuti, facendo finalmente dei rifiuti una risorsa economica rilevante. Verde pubblico e giardini Già l’Amministrazione Marino aveva predisposto una delibera per decentrare il servizio giardini e assegnare alla competenza dei Municipi la cura del verde; alla struttura centrale rimarrebbero le competenze per la formazione, la gestione delle ville storiche, la progettazione e il supporto tecnico Occorre riprendere il progetto, decentrare e potenziare il servizio, raggiungere accordi locali con associazioni di cittadini per la gestione di aree limitate, qualora il nuovo servizio non abbia le potenzialità per coprire tutto il territorio di competenza; le associazioni firmatarie degli accordi debbono avere accesso ai servizi e concorrono a formare i piani di intervento ordinario e straordinario Il Municipio/Comune urbano, sulla base di uno schema valido per tutta la città, organizza e controlla l’attività degli Orti urbani Mobilità locale I Municipi/Comuni urbani sono competenti per la mobilità intra territoriale; per quella tra territori coinvolti debbono rilasciare un parere obbligatorio L’attrezzatura e la distribuzione dei parcheggi – salvo quelli multipiano - è di competenza dei Municipi/Comuni urbani Ogni x anni il Municipio/Comune urbano deve convocare una conferenza per discutere i problemi di mobilità del territorio competenze; la segnalazione dei problemi relativi alla mobilità intercomunale deve essere un’attività costante Edilizia, urbanistica e decoro Oltre alla disciplina dell’edilizia privata di interesse locale, già prevista, il Municipio/Comune urbano ha competenza per quanto riguarda il decoro del territorio e la promozione di iniziative pubbliche e private per rendere più vivibili e esteticamente accettabili i vari agglomerati abitativi, commerciali e industriali presenti
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Il Municipio/Comune urbano ha il diritto di proposta per il territorio competente nella formazione dei Piani regolatori generali (urbanistici e per la mobilità); non può essere escluso dalle Conferenze dei servizi riguardanti il territorio di competenza Individuazione e utilizzazione delle aree dismesse e degli edifici abbandonati e proposte per la loro utilizzazione qualora siano di interesse metropolitano La manutenzione della viabilità locale intra Municipio/Comune urbano Ambiente, territorio e cultura Valorizzazione dei beni culturali locali e concorso nella formazione dei parchi urbani e delle riserve naturali, comunali e regionali Proposte in ordine alla costituzione/gestione di una rete di biblioteche, che vanno potenziate, per esempio sul modello della Pasolini di Spinaceto e di altre biblioteche, e musei di interesse locale Piani concordati con le scuole di ogni ordine e grado per la visita/utilizzazione dei beni culturali e ambientali e a istituzioni scientifiche del territorio e non Progetti da concordare con le scuole per la formazione permanente degli adulti e per la diffusione della cultura digitale Sanità e sicurezza Le competenze rimangono ovviamente a livello regionale, ma i Municipi/Comuni urbani sono autorizzati a istituire Osservatori sul funzionamento della sanità a livello territoriale, monitorando servizi pubblici e privati, segnalando periodicamente al livello regionale disfunzioni e proposte di miglioramento; la Regione è obbligata a tenerne conto nelle sue politiche sanitarie Rafforzamento e politiche di promozione del volontariato per la rete locale della Protezione civile Incremento della disponibilità della polizia municipale e politiche adeguate di controllo dell’attività svolta Decentramento sub municipale Considerato che l’estensione degli attuali Municipi è in un gran numero di casi molto ampia, fino a toccare le dimensioni, per abitanti e per territorio, di una città di medie dimensioni, i Municipi/ Comuni urbani debbono decentrare taluni loro servizi, in modo da renderne più facile l’accesso a tutta la cittadinanza; Il personale è coinvolto a rotazione e il periodo di servizio in una struttura decentrata deve essere considerato come elemento positivo nelle valutazioni Beni comuni e partecipazione La partecipazione dei cittadini è prevista in tutti gli Statuti vigenti, ma è praticata in modo non organico e saltuariamente e, soprattutto, con rapporti spesso personali con gli amministratori; essa deve invece diventare un asse fondamentale delle
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amministrazioni locali, specialmente nella gestione dei Beni comuni, di cui vanno individuate le categorie e le modalità di gestione. In un prossimo testo di parlerà più ampiamente della questione la gestione dei Beni comuni deve essere sempre sottoposta a proposte delle associazioni operanti nel territorio e dei cittadini, stimolando progetti e affidando le gestioni a soggetti collettivi in grado di farlo, secondo il modello risultato molto efficiente utilizzato di recente dall’Acea nel bando “Acea per Roma” la funzione dell’amministrazione e degli organi politici deve essere limitata alla progettazione del bando, all’assegnazione e al controllo, secondo procedure trasparenti e controllabili da parte della cittadinanza naturalmente la partecipazione non si limita alla questione dei Beni comuni, essa va strutturata in una serie di obblighi politico-amministrativi, istituti e procedure: 1. è necessaria una mappatura degli stakeholders, delle associazioni e dei soggetti sociali collettivi in base alla loro tipologia: per esempio soggetti istituzionali, pubblici, privati, comitati, gruppi, aggregazioni transitori di cittadini, sindacati, centri anziani e così via; 2. esistono già, presso i Municipi, elechi di associazioni, ma l’azione amministrativa deve essere attiva nella loro ricerca e nel sollecitane la formazione; così come deve essere certificata la loro reale consistenza, la democraticità e la sfera di attività effettiva; 3. è necessario “definire le modalità di coinvolgimento dei diversi stakeholder e della comunità, anche in termini operativi e concreti, con il fine di instaurare un dialogo aperto e continuo con i diversi soggetti, nell'ottica anche di rendere conto delle decisioni e delle relative azioni intraprese, comunicandole efficacemente, e rendendosi disponbili alla coprogettazione: per esempio forum, commissioni, gruppi di lavoro, tavoli consultivi”; [documento UNI PdR 9:2014] 4. tutte queste forme di contatto/presenza, per così dire tradizionali, non sono però sufficienti: impegni di lavoro, tempi della mobilità, sfera familiare e ricreativa, ampiezza dei territori dei Comuni urbani rendono difficile al cittadino una presenza e un coinvolgimento, come sarebbe necessario; per quanto possano essere diffuse sul territorio e preziosa la loro funzione, le forme associative non raccolgono comunque la grande maggioranza della popolazione; per queste ragioni occorre che il Comune urbano si doti di strumenti di comunicazione digitali, molto diversi dalla semplice, per quanto necessaria, messa a disposizione di documentazione e di informazioni (vedi più avanti) Dirigenza e personale La rotazione degli incarichi all’interno dell’amministrazione del Municipio/Comune urbano, tra Municipi/Comuni urbani e il Comune di Roma Capitale deve essere norma; la dirigenza sottoposta a rotazione, nel caso le nuove funzioni lo richiedano, ha diritto ad un periodo di formazione. È chiaro che saranno necessari degli adeguamenti degli istituti contrattuali nei quali vengano valorizzate le capacità (il merito è un’altra cosa) e la flessibilità e la mobilità siano considerate preminenti nella valutazione
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Informatizzazione e referendum telematico Come componente strategica della partecipazione popolare, la questione delle ICT deve assumere un ruolo centrale nell’organizzazione del Municipio/Comune urbano. In particolare: I Municipi/Comuni urbani debbono attrezzare piattaforme digitali, omogenee secondo uno schema di massima valido per la Città metropolitana ma articolate e implementate localmente, in grado di aprirsi al dialogo con i cittadini, di mettere rapidamente a disposizione la documentazione secondo il principio di trasparenza (accesso agli atti degli enti locali, di cui all’ art. 10 del decreto legislativo n. 267/2000) con appositi spazi per consultazioni online, come condizione essenziale per monitorare la volontà dei cittadini e limitare il potere delle lobbies Il sistema telematico deve essere usato non solo nel dialogo amministratore/utente – si sottolinea: nei due sensi – ma anche con il sistema peer-to-peer, in modo che i cittadini possano intrecciare le loro opinioni e le informazioni, sul modello dei gruppi dei social network; naturalmente, è necessaria una regolamentazione per evitare gli abusi correnti sulla Rete, che non imbrigli però l’agilità e l’efficacia di queste forme di contatto Va imposta alle aziende comunali un trasparenza effettiva attraverso l’open-data, adeguatamente strutturato in funzione della leggibilità e interpretabilità e – a livello di Municipi/Comuni urbani – vanno coinvolti nelle valutazioni del servizio associazioni di cittadini-utenti
Lo schema partecipativo del Comune urbano dovrebbe in sostanza funzionare secondo quanto proposto dal documento UNI PdR 9:2014, derivato da una positiva esperienza sul campo: “Il processo di identificazione e coinvolgimento degli stakeholder e della comunità si fonda soprattutto sui seguenti principi: - consapevolezza che al centro di tutti gli obiettivi ed azioni ci sia l'interesse del Bene comune, del cittadino e del territorio, ampliando il concetto di stakeholder in modo da non far prevalere un soggetto sugli altri; […]- necessità di definire delle azioni concrete che tengano conto degli eventuali impatti sui diversi stakeholder e sulla comunità.”
Già previsto nello Statuto del Comune di Roma, il referendum telematico non risulta mai attivato. I Municipi/Comuni urbani debbono essere obbligati a dotarsi di questo strumento, per consultazioni e per decisioni controverse, e a informare sistematicamente la popolazione coinvolta, inserendo anche nei regolamenti – dopo una
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consultazione – le modalità di ricezione dei risultati e gli obblighi derivanti agli organismi decisionali del Municipio/Comune urbano Funzioni delegate dalla Città metropolitana di Roma e altre competenze Poiché tra gli organismi amministrativi della Città metropolitana di Roma, lo Statuto prevede, tra gli altri, gli attuali Municipi di Roma capitale (art. 27) e l’art 29 permette di conferire funzioni della Città metropolitana agli organismi sottostanti, i Municipi/Comuni urbani potrebbero/sono investiti di queste ulteriori funzioni:
immigrazione e integrazione, con azioni di sostegno, programmi obbligatori di educazione costituzionale e linguistica, ricettività sviluppo sociale e culturale, al di là dei servizi che in materia i Municipi già svolgono i Municipi/Comuni urbani che ospitino nel loro territorio Università, Centri di ricerca e Laboratori pubblici e privati sono abilitati a sottoscrivere convenzioni per studi, ricerche e progetti, con particolare riguardo ai problemi ambientali, all’innovazione nell’artigianato e nel commercio, alla formazione dei dipendenti, alle procedure e ai sistemi informatici, alla valorizzazione dei beni culturali; anche i Municipi/Comuni urbani che non abbiano nel loro territorio gli organismi predetti possono ricorrere a convenzioni concorso con pareri e proposte alla Città metropolitana per la pianificazione strategica e territoriale, e per i piani della mobilità iniziative sugli atti amministrativi della Città metropolitana da parte dei Municipi/Comuni urbani sono parimenti previste dallo Statuto (art. 31) accordi o intese con i Comuni confinanti, urbani e tradizionali (art. 31 dello Statuto) Le funzioni di cui sopra da assegnare al Municipio/Comune urbano sono solo una prima esemplificazione; l’implementazione della proposta va corredata dai contributi degli amministratori municipali, che hanno l’esperienza sul campo, necessaria per definire un più preciso perimetro delle competenze. Città metropolitana di Roma capitale La compongono i 121 Comuni della ex Provincia di Roma. Già nella Premessa Claudio Falasca ha fornito alcuni dati di insieme sulla dimensione e le potenzialità della Città metropolitana. Certo, la sua ampiezza e complessità pongono in prospettiva la questione dell’assetto territoriale, in vista di una possibile futura revisione costituzionale delle Regioni. Con la Città metropolitana di Roma il territorio marino è il più esteso d’Italia (la costa va da Civitavecchia a Nettuno) e si estende poi da Carpineto Romano a Monteflavio, a Trevignano Romano, e comprende alcune Comunità montane. Da sola, Roma è già il più grande comune agricolo d'Europa, con una superficie agricola di 517 km², circa il 40% della superficie comunale totale, mentre il suo verde urbano (giardini e parchi) è il più esteso in Italia (dato Istat).
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Il Territorio della Città metropolitana di Roma e all’interno quello di Roma Capitale
Si sottolinea, poi, che la Città metropolitana, ha diverse Università, tra le più grandi, pubbliche e private, e ha la più alta concentrazione di strutture pubbliche di ricerca del Paese e di Istituti di eccellenza, ivi compresi due Poli tecnologici (Tiburtina e Castel Romano), quattro Aree di ricerca pubbliche (Casaccia, Montelibretti, Tor Vergata, Frascati) e private, diversi Istituti scientifici di alta qualificazione come l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Istituto nazionale della nutrizione, alcuni Centri di ricerca per l’agricoltura (CRA) e diversi altri Centri di studio nel campo sociale economico, politico e della formazione. Dal punto di vista dei Beni culturali, poi, e della ricerca in campo umanistico, Roma, e ancora di più la Città metropolitana di Roma, registrano la più alta concentrazione di beni archeologici, storici, architettonici e archivistici al mondo e conservano una stratificazione di vita ininterrotta che si snoda lungo quasi tre millenni. Un insieme di risorse e competenze difficilmente reperibili altrove così concentrate che, se fossero gestite come “sistema”, produrrebbero un scarto culturale e produttivo in grado di risolvere molti dei problemi, anche occupazionali, del territorio. Roma non è più solo edilizia, è ormai anche alta tecnologia, biomedicina e servizi avanzati, ma è anche cultura in senso ampio, per non parlare delle altre numerose funzioni. Le funzioni previste per la Città metropolitana nella legislazione vigente permetterebbero, almeno sulla carta, di affrontare i temi sopra detti. Le sue competenze sono infatti:
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Art. 7 – Pianificazione strategica Art. 8 – Pianificazione territoriale e ambientale Art. 9 – Sviluppo economico e attività produttive e turistiche Art. 10 – Sviluppo della rete della mobilità metropolitana Art. 12 – Sviluppo sociale e culturale Art. 13 – Scuola, università ed edilizia scolastica. [Questo appare molto interessante: “Al fine di attivare politiche di sviluppo basate sulla conoscenza e sull’innovazione, la Città metropolitana promuove la ricerca, in particolare attraverso la collaborazione con l’Università, valorizzandone il ruolo e le potenzialità nel contesto economico e sociale del territorio.”] Art. 14 – Immigrazione e integrazione Art. 31 – Municipi di Roma Capitale Art. 34 – Cooperazione metropolitana in materia di gestione e valorizzazione delle risorse umane. (ottimizzare l’efficienza dei rispetti uffici e servizi, semplificazione e valorizzazione delle professionalità di dirigenti e dipendenti; in particolare: formazione, reclutamento e aggiornamento professionale; adempimenti per la gestione del rapporto di lavoro; assistenza legale in materia di lavoro; promozione della contrattazione collettiva decentrata; assistenza in materia di relazioni sindacali). Art. 46 – Processi di riorganizzazione: Osservatorio sui processi di riorganizzazione, Comitato per le pari opportunità, attività anti discriminazione e per il benessere lavorativo ecc Come si vede, si tratta di un insieme di competenze notevoli, anche se per un’area metropolitana che comprende una Capitale con le caratteristiche di Roma non sembrano sufficienti, come ammette la stessa documentazione di fonte governativa. In prospettiva, sarà necessaria una nuova legge riguardante Roma.
Proposta di legge n. 269 della Regione Lazio
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Per l’immediato, ciò significa che, a legislazione invariata, occorre trasferire funzioni dalla Regione Lazio alla Città Metropolitana di Roma Capitale. In effetti, il Consiglio regionale del Lazio sta discutendo un’apposita legge regionale. Intervenire sulla macchina capitolina e sui Municipi con il corredo di una normativa della Città metropolitana e dalle decisioni regionali, incrementerebbe parecchio l’efficacia di una riforma: il sistema è ormai talmente intrecciato, non solo dal punto di vista giuridico, ovviamente, che interventi che non tengano conto di una tale complessità sono destinati al fallimento. La proposta di legge regionale n. 269 della Giunta regionale è intitolata “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alla Città metropolitana di Roma Capitale, a Roma Capitale e riallocazione delle funzioni amministrative a livello locale”, che prevede le procedure di implementazione di funzioni e competenze da trasferire/potenziare. Premesso che, sulla base delle leggi vigenti, si mantiene la distinzione tra la Città metropolitana di Roma Capitale e il Comune di Roma Capitale, dovuta da norme costituzionali – la qualcosa crea qualche complicazione, cosa prevede in estrema sintesi il progetto di legge?
Nell’art. 7 [Sviluppo economico e attività produttive], la proposta prevede per i mercati un potenziamento delle competenze di Roma capitale (non per la Città metropolitana), anche in deroga alle leggi regionali e, inoltre, prevede per l’artigianato pari competenze tra le Province e Roma capitale. La medesima devoluzione di competenze a Roma capitale si registra per il governo del territorio. Parità di competenze è invece prevista
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per il turismo tra Comuni e Città metropolitana di Roma. L’agricoltura e la sanità veterinaria rimane in capo alla Regione. Sull’ambiente e sulla formazione professionale le competenze previste per i Comuni e per la Città metropolitana di Roma sono le stesse. Per i beni, servizi e attività culturali c’è nello stesso tempo una devoluzione di competenze ai Comuni e alla Città metropolitana di Roma e un potenziamento delle funzioni e delle competenze per Roma capitale. Potrebbero cambiare sensibilmente compiti e distribuzioni dei poteri ai vari livelli. Allo stato attuale, la proposta di legge è in discussione nella I Commissione – che ha iniziato le audizioni - e si ha notizia di circa 800 emendamenti presentati. Si ha però l’impressione di un itinerario di devoluzione non molto lineare, dovuto forse alla sovrapposizione di normative diverse e alla preoccupazione di parificare il ruolo delle ex province con quello della Città metropolitana e alla preoccupazione di accentuare le differenze tra i territori della Regione. Per ora, il progetto di legge non riesce infatti a distinguere tra una ex provincia di 4 milioni di abitanti e una di 160.000. Ma c’è ancora spazio per interventi correttivi. Inoltre, c’è la complicazione del complesso rapporto tra Città metropolitana e Roma capitale, che il progetto di legge risolve rinviando l’ulteriore potenziamento delle funzioni e competenze della Città metropolitana ad una Conferenza istituzionale, del resto prevista nella legge e nello Statuto.
Il Sindaco della Città metropolitana Nel caso romano, la legge prevede che il Sindaco di Roma Capitale sia di diritto il Sindaco della Città metropolitana di Roma, ma che – a nuova legge elettorale approvata (la qualcosa non è stata ancora fatta) – il Sindaco e il Consiglio metropolitani potranno essere eletti direttamente dai cittadini, oltre a poter completare formalmente la trasformazione dei Municipi in Comuni urbani. Perciò il prossimo Sindaco eletto a Roma Capitale sarà anche di diritto il Sindaco metropolitano e non potrà invocare la scusante che “i poteri superiori gli impediscono di operare”, perché il “potere” superiore e inferiore sarà sempre lui, anche se ovviamente legato a procedure democratiche. In ogni caso, un progetto politico di riforma che tenga fermi gli assi della costituzione dei Comuni urbani, di un funzionamento pieno dell’Area metropolitana e di una politica dei Beni comuni e della partecipazione, rappresenta l’unica strada per intervenire in modo incisivo e non casuale sul funzionamento delle macchine amministrative locali e per fare finalmente funzionare una città che ha parecchie risorse materiali, culturali e sociali che attendono solo di essere utilizzate e di uscire dal cono d’ombra gettato sull’intera città dalle vicende di corruzione e di delinquenza.
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Antonio Zucaro
L’Amministrazione pubblica come Bene comune Premessa Nel nostro Paese, e in particolare a Roma, la corruzione fiorisce su una distorsione profonda del sistema istituzionale-amministrativo: quella per cui i soggetti investiti di un potere pubblico tendono ad usarlo non per i fini istituzionali previsti dalla legge, ma per i propri fini particolari, di parte o privati. Questa distorsione, naturalmente, è presente in tutti i sistemi pubblici e, entro certi limiti. Si potrebbe considerare fisiologica, ma in Italia la prevalenza dell’uso di parte dei poteri pubblici assume dimensioni patologiche (un esempio fra tutti: la vicenda del conflitto di interessi di Berlusconi). Sia per i soggetti istituzionali sia per quelli amministrativi, i poteri pubblici vengono esercitati non (tanto) per soddisfare gli interessi pubblici cui sono finalizzati, ma soprattutto per difendere ed allargare la quota di potere che ciascun soggetto ha nel sistema. I soggetti istituzionali, ovvero politici, operano scelte che mirano ad ottenere voti e finanziamenti, a favorire sodali ed alleati e a danneggiare gli avversari; i soggetti amministrativi producono decisioni che puntano ad ampliare i poteri dei propri uffici, ad aumentare budget e organici, a garantirsi posti e retribuzioni. Si parla, perciò, di politica autoreferenziale e di amministrazione autoreferenziale, ma occorre evidenziare che tra le due distorsioni c’è una stretta connessione, uno scambio complice a danno del buon funzionamento del sistema, di una spesa razionale e della soddisfazione degli interessi della collettività. Questo rapporto perverso tra politica e amministrazione si colloca in un quadro più generale in cui, nonostante le leggi in materia, ancora non v’è una sostanziale trasparenza sulle spese, le attività, i risultati conseguiti dalle amministrazioni. Nella maggior parte delle situazioni le competenze istituzionali e amministrative sono frammentate e intrecciate tra loro in modo da rendere impossibile individuare le responsabilità per l’esercizio delle singole funzioni. L’insieme delle leggi e dei regolamenti in vigore è proliferato in una giungla di norme che producono una situazione di incertezza generale del diritto ma producono potere per quei soggetti che conoscono a fondo il proprio pezzo di giungla. È in questo ambiente che si sviluppa la metastasi della corruzione, nonostante l’impegno dei politici onesti e dei funzionari fedeli (ve ne sono), che rispettano la prescrizione dell’art. 54 della Costituzione: I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore. Al fondo, è una questione di ETICA PUBBLICA. Al di là delle varie considerazioni possibili sulla storia o il costume degli italiani, il problema PAGINA 22
che abbiamo, qui ed ora, è come riformare il sistema istituzionale e amministrativo, in particolare a Roma, in modo da ribaltare la tendenza all’autoreferenzialità della politica e dell’amministrazione, da rimettere al primo posto le funzioni pubbliche e gli interessi dei cittadini, da ricondurre entro limiti fisiologici la corruzione.
*************** Punto I: Le Istituzioni Il Comune di Roma va governato insieme al suo hinterland. Centinaia di migliaia di persone abitano nei Comuni dell’ex Provincia e lavorano, studiano, spendono tempo libero a Roma, spostandosi ogni giorno. I problemi dell’edilizia, dei trasporti, dei servizi sono intrecciati in tutta l’ area dell’ ex Provincia, dunque vanno affrontati a questo livello. Perciò, in primo luogo occorre unificare “Roma Capitale “ e “ Città metropolitana “ in un solo Ente che ricomprenda tutto il territorio dell’ex Provincia, attribuendogli un ruolo di definizione delle politiche necessarie ad una città che è una delle Capitali del mondo, ed forte potere di programmazione, indirizzo e coordinamento degli altri Comuni e degli attuali Municipi, da trasformare in Comuni. L’attuale Comune, ovvero “Roma Capitale “è troppo debole sulle grandi questioni collegate al ruolo di Roma nel mondo e, insieme, è troppo distante dai problemi quotidiani dei cittadini: il traffico, le buche nelle strade, gli autobus, l’immondizia, le cento situazioni di degrado urbano. I Municipi, coi Presidenti e i Consiglieri eletti dai cittadini, stanno sul territorio ad affrontare questi problemi, ma senza poteri e senza risorse. È necessario, perciò, elevare i Municipi al rango di Comuni, con piena autonomia di bilancio, di organizzazione, di rapporto con le Aziende comunali, in un quadro reso coerente dall’azione di programmazione e coordinamento del nuovo Ente unificato. In che modo? Le vie possibili sono note: la prima è quella di una riforma costituzionale che unifichi l’ex Comune e l’ex Provincia in un Ente con il rango di Regione e il conseguente potere legislativo; sarebbe l’ideale, perché si configurerebbe come una sorta di Distretto federale, com’è in molti Stati federali, ma comporterebbe un ridisegno dell’attuale Regione Lazio e dell’insieme delle Regioni, oggi impraticabile. La seconda è quella tracciata dalla proposta di legge di Walter Tocci, che arriva all’unificazione dei due Enti partendo dall’intricata normativa della legge 56/2014 e dallo Statuto della città metropolitana approvato nel dicembre 2014, nel generoso tentativo di rendere possibile l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio dell’ Ente unificato già da questa tornata elettorale; obiettivo improbabile, e comunque poco incisivo sulla situazione dei Municipi, trasformati in “zone omogenee “ in accordo alla legge 56, ma non in Comuni. Una terza ipotesi sarebbe quella di un doppio intervento legislativo, a livello nazionale per unificare
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i due Enti, e a livello regionale – come prevede la Costituzione – per trasformare i Municipi in Comuni. Tramontata l’ipotesi di una legge “veloce“, utile per le prossime elezioni, la soluzione migliore appare la terza, centrata su una legge nazionale che superi la legge 56 e disciplini compiutamente la specificità di Roma Capitale. Saranno poi decisivi, al riguardo, oltre alla legge regionale istitutiva dei nuovi Comuni, sia lo Statuto dell’Ente unificato, sia, in coordinamento con questo, gli Statuti dei Comuni. Per decentrare responsabilità e funzioni, sia a livello politico-istituzionale, sia a livello amministrativo. Punto II: L’Amministrazione Riprendendo dalla premessa, l’apparato amministrativo - come le Aziende del Comune, di cui qui non trattiamo - è autoreferenziale; ovvero, esiste più per sé che per dare servizi ai cittadini. Troppi Uffici centrali, troppe strutture di staff o di supporto rispetto alle strutture di linea, troppe risorse impiegate nelle procedure burocratiche, una contabilità incomprensibile, poca trasparenza. Difetti che si riproducono, in scala minore, negli apparati dei Municipi. È in questa palude che si sviluppa la mala pianta della corruzione. Perciò è necessario ribaltare l’autoreferenzialità, nel senso di rendere l’amministrazione un BENE COMUNE, della comunità e non degli addetti ai lavori. Per realizzare ciò occorre riformare l’amministrazione, lungo gli assi del decentramento, della connessione tra Uffici, funzioni e Bilancio, del controllo democratico su spesa ed attività amministrativa. a) Sul decentramento: all’Ente unificato devono andare le funzioni di indirizzo, coordinamento, programmazione e controllo, nei confronti dei Comuni vecchi e nuovi, delle Aziende, dei Corpi. Le funzioni di indirizzo competono agli Uffici di diretta collaborazione degli organi politici; le funzioni di programmazione strategica, a cominciare dal bilancio, vanno affidate a strutture con una forte connotazione tecnica; la funzione di coordinamento si connette alle prime due e richiede la creazione di una rete di collegamento coi Comuni; la funzione di controllo e valutazione investe sia l’ attività dell’ Ente unificato, sia il rispetto degli indirizzi e dei programmi da parte dei Comuni. Ai Comuni, vecchi e nuovi, vanno tutte le funzioni operative spettanti a questo livello istituzionale, nel quadro degli indirizzi, dei programmi e dei controlli stabiliti dall’ Ente unificato. b) Sul collegamento tra conti ed amministrazione, sia nell’ Ente unificato che nei nuovi Comuni: 1) gli Uffici – come previsto dalla legge 196/2009 per tutte le Amministrazioni e i Bilanci pubblici - vanno riorganizzati sulla base delle funzioni, ovvero per missioni, programmi, progetti, azioni, non per “competenze“ astratte, in verticale (Patrimonio, Urbanistica, Servizi sociali, etc.); l’identificazione di missioni, programmi, progetti, è un punto politico essenziale, sul quale è fallita la riorganizzazione dei Ministeri, dove questa articolazione è stata ricalcata sulle competenze delle Direzioni generali esistenti.
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2) anche il Bilancio va riarticolato per missioni, programmi, progetti, corrispondenti agli Uffici, così che ognuno di questi abbia il suo budget. E il Bilancio da sottoporre all’Assemblea va redatto in termini di cassa, e non di competenza giuridica, com’è oggi; perché si ragioni sui quattrini e non sul titolo giuridico ad averli o a darli, evitando i giochi contabili sull’intervallo di tempo tra il perfezionamento del titolo giuridico e il movimento effettivo delle risorse. 3) Vanno collegati, per ogni Ufficio, i documenti di performance e i documenti contabili. Ovvero, insieme al bilancio preventivo di un Ufficio va presentato il piano di performance, e insieme al bilancio consuntivo la relazione sulla performance, così che l’Assemblea sia in grado di valutare il rapporto tra il costo di una attività ed i risultati dell’attività stessa e decidere di conseguenza. 4) Per realizzare ciò, diviene centrale la funzione della valutazione, a partire dalla valutazione degli effetti sociali (outcome) delle attività svolte, oltre che della quantità di atti prodotti (output). Per questa funzione è necessaria una struttura autonoma, altamente professionalizzata, che si rapporti direttamente all’Assemblea, superando i limiti burocratici dimostrati dall’esperienza della valutazione impostata sulla base della Legge 15/2009 (Brunetta). E tenendo fermo il controllo di legalità sugli atti, necessario, ma che non basta ad assicurare la sostanziale correttezza di questi. 5) La ristrutturazione degli apparati e delle funzioni svolte non può non coinvolgere anche i dirigenti, i funzionari professional e l’insieme del personale: per le maggiori responsabilità, il cambiamento di funzioni, il mutamento del posto di lavoro. Progetti così complessi non possono essere elaborati trascurando i contributi che possono arrivare dall’interno degli apparati e soprattutto sottovalutando la necessità di poter contare su un’area di consenso all’innovazione. Perciò, è necessario progettare e realizzare questi interventi attraverso un confronto con le organizzazioni sindacali del personale, senza concedere diritti di veto, ma proponendo, in sostanza, uno scambio tra mobilità, territoriale e funzionale, e valorizzazione, anche attraverso la formazione. c) Sul controllo democratico: è l’obiettivo politico delle innovazioni proposte. Nel sistema vigente ci sono già norme (un intero Titolo dello Statuto del Comune), istituti, esperienze, accordi, ma con scarsi risultati, per via della scarsa trasparenza, dei bilanci di competenza e della confusione delle attribuzioni. Soprattutto, della mancanza di un preciso indirizzo politico da parte delle forze politiche di maggioranza e dei vertici istituzionali degli Enti, nel senso della continuità e dell’organicità di queste procedure. Sia nell’Ente unificato che nei nuovi Comuni, il controllo democratico va realizzato a due livelli (Assemblee elettive e cittadinanza) e su due ordini di questioni (Atti generali: Bilancio, PEG, Piano regolatore, e singoli procedimenti, dalle gare d’appalto ai concorsi o alle concessioni). Ad entrambi i livelli, su entrambi gli ordini, per quanto giuridicamente e tecnicamente possibile.
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d) In particolare sul Bilancio: all’Assemblea vanno sottoposti non solo il rapporto tra entrate e spese e l’articolazione di entrambe, ma anche, Ufficio per Ufficio, missione per missione, progetto per progetto, le risorse assegnate insieme al piano di performance, coi relativi obiettivi. Questo, in sede di bilancio preventivo. Poi, in sede di approvazione del bilancio consuntivo, per ogni Ufficio - missione - progetto va presentata la relazione di performance, con gli obiettivi raggiunti, insieme al quadro delle risorse impiegate. Dalla valutazione del rapporto spese/attività/risultati, col supporto decisivo dell’organo di valutazione, deriveranno le scelte dell’Assemblea in ordine al successivo Bilancio di previsione. Ufficio per Ufficio. All’insieme dei cittadini, singoli e organizzati in Associazioni, va fornita attraverso l’open data una informazione completa su tutti i documenti di cui sopra, per metterli in grado di segnalare ai componenti dell’Assemblea le criticità emergenti dal punto di vista dell’utenza. Sull’ insieme di ciascun documento contabile, e in particolare sul Bilancio di previsione, va generalizzata una procedura di consultazione della cittadinanza, come il Bilancio partecipato. e) Sull’esercizio delle singole funzioni, le Assemblee esercitano una funzione di controllo in sede di approvazione del Bilancio, come detto al punto precedente. Inoltre, con l’ausilio dell’organo di valutazione, dovranno esercitare un controllo sulla rispondenza delle attività, in corso d’opera, ai piani e ai programmi approvati dalle Assemblee medesime. La cittadinanza, con le sue Associazioni, va coinvolta in procedure di customer satisfaction, decisive per valutare l’impatto delle politiche ed anche i risultati prodotti dalla gestione dei singoli Uffici. Va attivata, inoltre, una funzione di segnalazione alle Assemblee delle criticità emergenti sul territorio. Per concludere su questo punto, va sottolineato come queste forme di controllo democratico partecipato ed informato possono costituire la strategia vincente contro la corruzione, perché fanno emergere le alterazioni del rapporto tra costi, attività amministrative e risultati ottenuti. Conclusioni Come s’è detto, questa relazione non tratta delle Aziende comunali; tuttavia, il modello qui proposto può contribuire ad impostare il dibattito sulle privatizzazioni in termini più razionali e meno ideologici, superando la contrapposizione tra un “privato“ più efficiente ed un “pubblico“ corrotto e spendaccione. L’esperienza ci insegna che le Aziende comunali, anche con la veste giuridica di società per azioni, magari quotate in Borsa, non funzionano come Aziende private tout court, perché la fornitura di servizi pubblici rende inevitabili alcune diseconomie rispetto ad una logica di puro profitto; perché questa fornitura avviene in regime di monopolio o di oligopolio; perché in ogni caso la proprietà dei pacchetti azionari di maggioranza resta nelle mani della vecchia politica autoreferenziale, che con l’alibi delle diseconomie e del monopolio usa le Aziende per
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operazioni clientelari o peggio. Finché la politica rimarrà a questo livello, le Aziende “private“ continueranno a funzionare peggio delle strutture pubbliche, comunque sottoposte a vincoli procedurali e controlli che le Aziende non hanno. Se invece, partendo dagli Uffici comunali, ogni apparato che produca servizi per i cittadini di Roma deve rendere conto puntualmente di come spende per fare cosa, sia all’Assemblea che ai cittadini, conta poco che sia una Divisione amministrativa, un’Azienda a regime privatistico o una Cooperativa: si tratta di scegliere il soggetto più adatto a svolgere quella determinata funzione nel modo più efficace e meno costoso. Quel che conta è avere una amministrazione per obiettivi (o, se si vuole, un performance management), una rendicontazione veritiera e il controllo democratico a valle. E una politica che si occupi, più che delle proprie manovre di piccolo cabotaggio, di definire e attuare politiche pubbliche rispondenti alle esigenze dei cittadini, rese ineludibili dalla crisi economica e sociale in atto.
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Simone Ombuen
Pianificazione metropolitana e governo del territorio
Premessa di metodo
Il declino di Roma ha visto negli ultimi otto anni una rapida accelerazione, e nelle precarie condizioni economiche internazionali e di scarsa dinamica nazionale un tracollo della città capitale rischia di trascinare l’intero Paese lontano dai suoi obiettivi di integrazione europea, verso oscure prospettive. Per questo appare necessario che tutte le forze politiche che concorrono al governo della città, preliminarmente all’entrare nel merito dei contenuti programmatici dei loro programmi elettorali, si impegnino nel periodo della prossima consiliatura a partecipare positivamente ad una fase costituente di ricostruzione della Capitale, del suo ente di governo metropolitano, della sua città. Non si tratta di sospendere la politica, ma di comprendere che non è più tempo di astuti posizionamenti e di occulte manovre, e che la crisi del modello di sviluppo nella quale siamo entrati nel 2008, ben lungi dall’essersi estinta, richiama all’ordine del giorno la politica capace di sguardo lungo e di scelte audaci e condivise. La politica che abbiamo conosciuto a Roma, in particolare quella dell’ultimo decennio, è ormai alle spalle; i paradigmi politici con i quali saremo tutti chiamati a confrontarci in futuro hanno la misura e la dinamica dei grandi squilibri globali (climatici, demografici, finanziari, produttivi, sociali) che con sempre maggiore evidenza prendono campo nel presente. Per questi motivi si elencano qui i criteri sulla base dei quali valutare la definizione delle priorità di ogni agenda di governo per la Capitale e la sua area metropolitana. 1. centralità della credibilità di una ipotesi politica capace di stabilità e ampio consenso, con forte radicamento nella classe dirigente sia romana che nazionale; 2. ripristino di una piena e credibile agibilità del principio di legalità, stroncando abusivismi illegalità collateralismi e connivenze e rifondando la pratica corrente della democrazia rappresentativa prevista dalla Costituzione, valorizzando il contributo essenziale dei corpi sociali intermedi e della partecipazione civile e politica; 3. priorità al rapido completamento del quadro istituzionale per il governo metropolitano, a partire da rapidi ed efficaci interventi legislativi nazionali e regionali, con scioglimento dei municipi, costituzione dei comuni urbani, formazione delle unioni di comuni nell’hinterland metropolitano, definizione dei bacini gestionali per le funzioni intercomunali;
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4. sostegno al sistema della ricerca e dell’innovazione in grado di dare supporto concreto alla definizione delle agende strategiche attraverso la produzione di aggiornati quadri conoscitivi e la delineazione di credibili e realistici scenari al futuro, fuori dalle ‘distrazioni di massa’ del prevalente story telling; 5. varo di un nuovo quadro normativo per la pianificazione metropolitana, a partire dalla bozza di legge per il governo del territorio messa a punto dalla Regione Lazio, che identifichi ambiti e istituti per una pianificazione condivisa, strettamente connessa alla programmazione socioeconomica e con la partecipazione delle parti economicosociali e delle rappresentanze della cittadinanza organizzata;
Pianificazione metropolitana e governo del territorio
Roma è capitale globale, non solo nazionale, ed è interessata dalla presenza di tre sedi diplomatiche (Stato italiano, Vaticano, FAO) e dal ripetersi di eventi straordinari ad elevato impatto sugli assetti territoriali (es. esposizioni universali, olimpiadi, giubilei, campionati mondiali). La maggior parte dell’infrastrutturazione di Roma si è avuta in occasione di tali eventi, mentre l’insediamento delle funzioni statali connesse alla capitale non si è mai sviluppato secondo le indicazioni della pianificazione urbanistica né ha mai svolto compiti di decentramento funzionale, finendo per confermare l’assetto fortemente polarizzato sugli attestamenti storici e la predominanza dell’impianto radiale delle consolari (e le relative aspettative di rendite immobiliari) anziché seguire le diverse indicazioni dei piani (l’Asse Attrezzato del PRG del 1962 o le centralità urbane e metropolitane del PRG del 2008). Per una corretta impostazione della pianificazione è pertanto indispensabile giungere alla definizione di una agenda interistituzionale condivisa fra i livelli di governo maggiormente coinvolti (Governo nazionale e i suoi ministeri, Regione Lazio, Città metropolitana) e i maggiori stakeholders (ACEA, AMA, ATAC, AdR, FS, ANAS, Unicredit, BNL, Unindustria, URCEL, ACER) alla cui assenza è da imputare la maggior responsabilità per la mancata convergenza nella operatività urbanistica. Lo Statuto della CM di Roma capitale, in attuazione della L. 56/2014, prevede la stesura di un piano strategico metropolitano triennale, a carattere fortemente operativo e raccordato al programma delle opere pubbliche. Per essere credibile e operativo è però necessario che tale piano non resti solo appannaggio del nuovo ente metropolitano, ma pur promosso da quest’ultimo divenga un’agenda condivisa dai diversi livelli di governo e dai maggiori stakeholders, senza il cui impegno concreto non si avrà credibile attuazione di alcun disegno di ampio respiro. È quindi necessaria la definizione preliminare della cornice istituzionale alla quale riferire la pianificazione. Deve essere chiaro a quali livelli e ad enti con quali poteri vengono affidate le funzioni di cura e promozione di interessi pubblici differenziati. Senza tale chiarimento sia gli aspetti più squisitamente politici (consenso, partecipazione) sia gli
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aspetti più tecnici (dimensione opportuna, economie scalari) sono difficilmente identificabili. L’obiettivo da raggiungere al più presto è di avere una città metropolitana pienamente operante. Meglio se dotata di poteri di rango legislativo, come accade per i distretti federali di tutte le maggiori capitali mondiali. Il sistema di pianificazione auspicabile sarà basato su una pianificazione di livello strutturale, alla scala dell’area vasta, incaricata di compiere le maggiori ricognizioni sullo stato delle principali variabili territoriali: sistema insediativo, infrastrutture, sistema ambientale e paesaggistico, sistema produttivo, cicli e flussi delle acque, dell’energia, dei materiali e dei rifiuti. A tale livello competerà la definizione delle grandi politiche della mobilità, gli obiettivi di uso del suolo e di distribuzione residenziale; l’allocazione delle maggiori realtà produttive e dei servizi pubblici e privati, delle piattaforme logistiche e degli impianti di trattamento dei grandi cicli; le politiche ambientali e la realizzazione e gestione dei parchi territoriali e delle infrastrutture verdi e blu; il coordinamento delle politiche di sviluppo del sistema della cultura e della conoscenza, e del turismo. Al livello locale, cioè alle unioni di comuni esterni o ai comuni urbani già municipi, andranno i compiti di specifica definizione della dimensione locale, entro le coerenze del quadro metropolitano: il progetto dello spazio urbano e la dettagliata collocazione dei servizi in stretta integrazione con gli spazi pubblici, la rete della mobilità sostenibile e la fruizione ambientale, la costruzione e la gestione delle regole di gestione ordinaria del sistema insediativo e dell’attività edilizia, la definizione dei contratti di servizio per il trasporto pubblico locale e il coordinamento della raccolta differenziata, le politiche di messa in sicurezza dai rischi territoriali (sismico, climatico, sociale). Obiettivi generali di merito La città e le sue tante periferie vecchie e nuove, urbane e metropolitane, cresciute disordinatamente e secondo logiche per lo più speculative, rappresentano plasticamente un modello insediativo insostenibile e senza futuro. Il progetto non può che partire dalla città esistente, trasformandola; ma tale difficile compito sarà possibile solo se sarà chiaro che l’obbiettivo è una città molto diversa da quella attuale, e che per raggiungerlo è necessario pensarla diversamente. 1. Priorità agli interventi di messa in sicurezza del territorio e di recupero dal grave gap infrastrutturale di cui il sistema metropolitano soffre: ferro, TPL, sistema delle acque, rete dei grandi servizi di welfare e di supporto alle imprese e al mondo produttivo; 2. Misure urgenti di difesa e sostegno ai casi di fragilità sociale estrema, in via di clamorosa espansione, sia dal lato dell’accesso al lavoro e al reddito che ai servizi sociosanitari e abitativi essenziali; 3. Governo dei flussi migratori e inserimento al lavoro degli incomers grazie ad un ampliamento della base produttiva nel settore dei servizi. Riequilibrio fra città centrale e hinterland, riducendo la polarizzazione delle funzioni pregiate e facendo lavorare il territorio a rete; sostegno all’emersione delle vocazioni dei sistemi locali metropolitani
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connesse alle risorse endogene (storico-culturali, naturalistiche, d’impresa e del lavoro) e promozione di modelli di sviluppo locale basati su di esse; 4. Riduzione della dipendenza dai flussi economico-finanziari esterni (trasferimenti statali, incursioni finanziarie speculative) e potenziamento dell’economia locale con il rilancio di servizi, ricerca, cultura, spettacolo, fruizione ambientale, sport, benessere, accoglienza, cura per la terza e la quarta età; 5. Decarbonizzazione progressiva dell’economia metropolitana, tramite interventi strutturali nella gestione dei cicli (energia, materia, acque) e dei flussi (persone, merci, informazioni, finanza); trasformazione delle aree industriali in APEA; 6. Completamento del ciclo integrale dei rifiuti: raccolta differenziata a 5 frazioni per tutta la CM, decentramento del ciclo di trattamento per quadranti territoriali; 7. Rilancio del sistema ambientale sulla base della rete ecologica già delineata dal PTPG, risanamento ambientale e adattamento climatico attraverso il potenziamento delle infrastrutture blu e verdi e la rigenerazione ecologica dell’ambiente urbano; programmi di sviluppo rurale e di gestione boschiva per l’accumulo di sostanza organica nei suoli e l’aumento della fertilità; promozione dell’agricoltura urbana e della complementarietà agricola; realizzazione del parco del Tevere nord; 8. Contrasto al consumo di suolo verso il consumo di suolo zero; rigenerazione urbana all’interno dei perimetri insediativi attuali, avviando programmi di messa in sicurezza del patrimonio dai rischi (climatico, sismico, di degrado sociale, di abbandono), di upgrade infrastrutturale (completamento dei sistemi di raccolta e depurazione delle acque, diffusione della larga banda, potenziamento delle infrastrutture blu e verdi, potenziamento della rete per la mobilità sostenibile e delle sue interfacce con i sistemi locali) e di efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico e privato; 9. Pianificazione energetica metropolitana: caratterizzazione energetica territoriale, costituzione dei distretti energetici territoriali, promozione di una totale transizione alle FER, promozione dell’accumulo distribuito; 10. Rilancio di Roma nel suo ruolo di guida dell’incontro tra Europa e Mediterraneo; decentramento di alcune funzioni direzionali dal centro storico e sviluppo di nuove polarità sulle grandi aree di proprietà pubblica già urbanizzate e servite dal trasporto su ferro: Aeroporto dell’Urbe, Tiburtina/Quintiliani, Casal Bertone, Mandrione, Ostiense, S.Maria della Pietà; conversione degli immobili liberati in centro per le funzioni culturali e della ricerca e per la fruizione turistica e tempo libero; Governo della mobilità Fra i tanti temi la mobilità rappresenta un vertice assoluto fra le priorità; per la gravità dello stato di cose presenti, per l’elevato impatto ambientale prodotto dall’inquinamento, per i pesanti costi e lo spreco di tempo che impone alla popolazione, per il rilevante impatto d’immagine agli occhi dei city users della Capitale, per la potente capacità redistributiva dei valori immobiliari e della fattibilità delle trasformazioni che una politica della mobilità consente, in particolare nell’indirizzo di una piena valorizzazione della città pubblica e del suo patrimonio immobiliare e della riconcentrazione delle trasformazioni più rilevanti attorno ai nodi della rete del ferro.
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Macroobiettivi Trasferimento a Ciampino del traffico privato oggi all’aeroporto dell’Urbe; trasferimento a Fiumicino del low cost oggi a Ciampino; inclusione dell’ex aeroporto dell’Urbe nel parco del Tevere nord; Potenziamento della mobilità sostenibile e rilancio della ciclabilità; redazione del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS); attuazione del piano quadro della ciclabilità di Roma Capitale e del piano provinciale; realizzazione della arteria ciclabile nazionale Nazzano - Prima Porta - San Pietro - Caracalla - Parco Appio - Lanuvio e raccordo con la Via Francigena tramite il Parco di Veio; Allestimento del trasporto bici su tutta la rete metropolitana e del ferro di lunga distanza, con adeguamento accessi e banchine e realizzazione di bici parcheggi; Introduzione di criteri di smartness nella gestione dei flussi, con l’ottimizzazione dei rapporti tra flussi di materia ed energia e flussi d’informazione; Promozione della mobilità elettrica, avvio di programmi locali di elettrificazione della mobilità privata (asse Ostiense-Marconi-EUR-Tor de Cenci; asse tiburtino) Introduzione di misure di road pricing e della congestion charge mediante l’utilizzo delle tecnologie smart, sostegno alle forme di car sharing;
Potenziamento del ferro di lunga distanza Trasformazione delle attuali FR in passanti metropolitani: Orte-Fiumicino (FR1); Civitavecchia-Tiovoli (FR2-FR5); Viterbo-Castelli (FR3-FR4); NettunoCivitacastellana (FR7-FR8-FL1) Interventi di potenziamento del trasporto ferroviario metropolitano: FM1 Fiumicino Ostiense Tiburtina Montertondo Fara Sabina (corse e carrozze, parcheggi di
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scambio), FM2 Tiburtina Guidonia (raddoppiamento fino a Tivoli, corse e carrozze), FM3 Termini Ostiense S.Pietro Cesano (raddoppiamento fino a Bracciano, terminal bus), FM4 Termini Ciampino Castelli (corse e carrozze), FM5 Ladispoli-Cerveteri Civitavecchia, FM8 Termini-Anzio-Nettuno (corse e carrozze), FM6 valle del Sacco verso Frosinone, FM7 Cisterna-Latina-Formia/Gaeta (carrozze) chiusura dell’anello ferroviario e nuovo collegamento con Fiumicino (1° step fino a Tor di Quinto e nodo di scambio con la FL1 Roma Civitacastellana Viterbo) prolungamento della linea C fino alla Giustiniana (1° step fino al Foro Italico/Farnesina e nodo di scambio con l’anello ferroviario)
Potenziamento del ferro urbano e nuovi tram Infittimento della maglia di linee di tram con l’obbiettivo di avere una fermata non più distante di 400 metri in tutta Roma; Passante Tramviario Saxa Rubra – Laurentina, Passante Tramviario Aurelia - Prenestina Passante Tramviario Nomentana – Gianicolense Passante Tramviario Caravaggio - Flaminio Tram della Musica Risorgimento Auditorium Verano Linea Risorgimento - Tiburtina Linea Valle Giulia - Viale Marconi Parcheggi di scambio esterni Costruzione di una corona di parcheggi di scambio esterni appoggiati sia alle consolari che alla rete del trasporto su ferro, in funzione di scambio intermodale, con tariffazione convenzionata al trasporto pubblico:
Ciampino V.le Kennedy/FM4/FM6 Casal Lumbroso Aurelia/FM5 Ipogeo degli Ottavi Trionfale/FM3 Montebello Flaminia/FL1 Settebagni Salaria/FM1
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La Rustica A24/FM2 Casilina/metro C
Per un governo intelligente delle infrastrutture e dei servizi metropolitani Appare opportuno coordinare la costruzione della Città metropolitana all’agenda urbana futura, ed in particolare fra i 17 obiettivi (Millennium goals) definiti dall’ONU come prioritari al 2030 perseguire in particolare i seguenti:
Obiettivo 3 Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età Obiettivo 4 Garantire un'istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovere l'apprendimento permanente come opportunità per tutti Obiettivo 6 Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienici per tutti Obiettivo 7 Garantire l'accesso all'energia a prezzi accessibili, affidabile, sostenibile e moderna per tutti Obiettivo 8 Promuovere una crescita economica dinamica, inclusiva e sostenibile, una piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti Obiettivo 9 Costruire infrastrutture resilienti, promuovere l'industrializzazione inclusiva e sostenibile e l'innovazione Obiettivo 11 rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili Obiettivo 13 Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze Obiettivo 15 Proteggere, restaurare e promuovere l'uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, lotta alla desertificazione, bloccare e invertire il degrado del suolo e fermare la perdita di biodiversità
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Allegato PierLuigi Albini
Beni comuni e partecipazione 1. La questione dei “Beni comuni” deve fare integralmente parte del processo riformatore che investe la Città metropolitana, i Comuni e i Comuni urbani di Roma, del rovesciamento della mentalità amministrativa prevalente. Nella letteratura che se n’è occupata e nelle esperienze che sono venute avanti in questi anni, i Beni comuni rappresentano una terza categoria tra beni privati e beni pubblici e si collocano tra lo Stato garante e le attività/proprietà private. Una triangolazione che, se ben gestita, potrebbe davvero contribuire ad una positiva evoluzione anche campo civile. Da taluni si solleva la questione della non esistenza giuridica dei Beni comuni, ignorando di fatto l’art. 43 della Costituzione che parla di forme di “proprietà comune”. Ma le forze politiche (e l’opinione pubblica prevalente) debbono convincersi che il Bene comune non è assimilabile a quello pubblico, per cui, non appena se ne parla, si pensa subito a burocrazie, regole stringenti, amministrazione “dall’alto”. Si tratta di forme di gestione partecipata, differente dalle logiche della proprietà privata e del governo pubblico (statale). Partecipata da chi? Dai cittadini autorganizzati. Del resto la stessa Costituzione introduce in altra parte il principio di sussidiarietà – che sarebbe però opportuno discutere per le distorsioni a cui è andato incontro come sostitutiva del ruolo partecipativo e come esaltazione del privato - e nella legislazione nazionale se n’è iniziato a parlare. Se la definizione di Bene comune è ancora incerta e i suoi confini tendono a restringersi o allargarsi a seconda delle circostanze, andando dalle cose concrete (un giardinetto) a quelle più impalpabili (la conoscenza), tuttavia già il Comune di Bologna ne ha redatto un Regolamento (che sembra però un po’ farraginoso e molto burocratico): norme troppo minuziose che abbiano la legittima finalità di evitare abusi non debbono tuttavia produrre un eccesso di burocrazia e l’impossibilità di agire. A Roma, per ora, la sola normativa relativa a una sottospecie di Beni comuni riguarda gli Orti urbani e anch’essa andrebbe emendata. Il punto centrale della questione è che insieme alle problematiche riguardanti la Città metropolitana a Roma (e nelle altre città) occorre collocare con forza la questione dell’associazionismo, che del resto è prevista nello stesso Statuto della stessa Città metropolitana di Roma. Uno dei centri della riforma dell’amministrazione locale è perciò il tema dei Beni comuni, in cui aggregati stabili di cittadini si assumono compiti del “fare”, del proporre, dell’incalzare la Pubblica amministrazione. Ovviamente, è necessario verificarne la
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consistenza/attendibilità e ordinare le procedure amministrative in modo da favorire la partecipazione, rivedendo anche tariffe e tasse, manovrando insomma sulla fiscalità locale, come di recente la stessa legislazione nazionale ha previsto. La riforma della macchina amministrativa va affrontata dal basso e dall’alto e i lavoratori pubblici vanno resi protagonisti del processo, motivandoli, anche materialmente. Ma la stessa attenzione va posta alla questione dell’associazionismo, che è di per sé una cosa molto positiva (basti pensare al volontariato), ma che nelle esperienze in campo possono essere un’etichetta vuota e che talvolta si inseriscono nelle burocrazie amministrative in modo da influire in modo non corretto sul loro funzionamento. 2. Occorre anche fare qualche precisazione sul significato/contenuto dei Beni comuni, perché l’ampia e variegata letteratura esistente va dalla loro esaltazione come terza via, ad un poi non tanto nascosto rimpianto per epoche del passato, ad un’assimilazione con l’organizzazione sociale tout court, allo scetticismo. D’altra parte, come si è detto, la nozione di Bene comune e il suo statuto sono tuttora oggetto di controversie e di tentativi di dare loro un fondamento ontologico, oltre che giuridico-politico. In primo luogo, bisogna distinguere tra “beni fondamentali” o “beni pubblici globali” – come sono stati definiti -, ovvero quei “beni funzionali all’esercizio di diritti fondamentali della persona” (Rodotà) rispetto ad altre forme più circoscritte e confinanti se non coincidenti con la materialità del bene. I primi riguardano non solo tutti, ma sono legati alla persona, sono universali e costituzionalizzati. Qui si parla, a proposito di partecipazione, dei secondi. 5. Occorre anche chiarire che il concetto di comunità, così come è tradizionalmente inteso dalle discipline politiche e storiche, non c’entra affatto con i Beni comuni – universali o più limitati che siano. Il comunitarismo è altra cosa, fino alle versioni della comunità organica, nemica della persona, luogo di oppressione e di discriminazione, magari ammantata di credenze religiose. I Beni comuni non possono essere confinati in un circuito sociale ristretto e identitario che funzioni come esclusione verso gli altri. Il Bene comune riveste pur sempre caratteristiche di “pubblico”, nel senso “di tutti”, di essenziale e disponibile per tutti, altrimenti è un’altra cosa: ovvero, diventerebbe un forma di appropriazione collettiva, più vicina al modello del condominio che a quello dell’universalità. Da questo punto di vista, il concetto di Bene comune moderno non può riguardare affatto la riesumazione di forme medievali e tardo medievali, di cui si conoscono bene le diverse caratteristiche: non è una recinzione di interessi di cui gode un più o meno ristretto numero di persone. Vale insomma per i Beni comuni lo stesso concetto di pubblica utilità sancito dalla nostra Costituzione a proposito di talune limitazioni nella gestione della proprietà, che nel caso dei Beni comuni è per definizione esclusa in via personale. 6. In secondo luogo e di conseguenza, occorre definire vincoli espliciti all’uso e alla gestione dei Beni comuni, qualora essi vengano affidati ad associazioni di cittadini: un affidamento responsabile e controllato perché quel gruppo di cittadini gestisce un bene per
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conto di tutti gli altri cittadini, ovvero offre un’attività di servizio, in primo luogo per i cittadini/utenti circostanti, ma potenzialmente per tutti gli altri. Si tratta, insomma, di una sub specie di “servizio civile”. Ciò significa, ai fini di questa riflessione, che le esperienze di Beni comuni affidati ai cittadini, per funzionare davvero, debbono avvenire preferibilmente su scala relativamente ridotta. A Roma esperienze del genere ci sono già e numerose, ma su base volontaria, nei settori più disparati. Per fare qualche esempio: coalizioni transitorie di cittadini che si occupano o adottano giardini e aiuole, ma anche di pulire certe strade, magari in accordo con i Municipi; l’autogestione di aree per cani; gli interventi più o meno organizzati di pressione nei confronti della gestione dei rifiuti. Per non parlare delle centinaia di altre esperienze che vanno dalla Banca del tempo all’assistenza volontaria, dallo scambio favorito da piattaforme digitali ai centri culturali e così via. Esistono anche accordi più strutturati e formalizzati: per esempio tra l’Ente regionale RomaNatura, che è il titolare dei parchi urbani, e coalizioni di associazioni che se ne assumono la gestione (è il caso del Pineto); oppure, il recente accordo tra l’Azienda Municipale Ambiente (AMA) e l’associazione Retake per la lotta contro il degrado urbano. Un approfondimento specifico, sul campo, delle esperienze effettuate o in corso e una ricognizione delle tipologie in cui è possibile una gestione “sociale” di Beni comuni porterebbe sicuramente a poter categorializzare gli ambiti in cui è possibile fare nuove esperienze e differenziare i regimi di partecipazione. 7. Ancora un esempio. Mentre sulla stampa imperversava la questione di “mafia capitale”, a Roma circa settecento associazioni e un centinaio di cittadini hanno risposto al bando dell’Acea per Roma che stanziava 450.000 euro per progetti sociali, ambientali e di servizi. Ne sono stati premiati 54 su circa 800. Ma tutto ciò significa che per alcune settimane 56000 donne e uomini romani (valutazione minima) si sono assunti l’onere di pensare al proprio territorio e agli altri, di perdere tempo a discutere e a definire progetti che hanno imbarazzato l’Acea (sono parole dell’azienda) nella scelta, perché si trattava nella quasi totalità di progetti di alta qualità. La vicenda è solo la punta di un iceberg che va fatto emergere tutto e reso protagonista strutturale dell’amministrazione della città. Esiste a Roma (e dovunque nel Paese) “un’altra città”. 8. La ricaduta di una politica del genere, quella dei Beni comuni come intesi in precedenza, ha poi un effetto di più ampio raggio, incoraggiando una cultura del civismo (di cui a Roma c’è una carenza impressionante, per cui quello che è pubblico “non è di nessuno” e quindi…) e rendendo i cittadini più esigenti e meno refrattaria a intervenire in prima persona, a uscire dall’abulia civica. Non si tratta, come già detto, di una nuova versione del comunitarismo, chiuso nei propri confini, ma di essere nella polis, avvertita come appartenenza, come essere-incomune, come capacità di integrazione e di interscambio.
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In genere, la riposta che molti cittadini danno alle sollecitazioni ad intervenire attivamente, oltre che dovuta alla scarsità di tempo disponibile, è che ci deve pensare il pubblico, che è pagato per questo attraverso imposte e tasse. Non è un’obiezione facile da superare, ma mettendo in evidenza che il modello proposto può ridurre la burocrazia e riqualificarla, che può significare una riduzione delle imposte, dei tributi e delle tariffe (ai sensi del recente art. 24 della legge “Sblocca Italia), che genera un miglioramento della qualità urbana e della vita, oltre che una “pretesa” di cittadinanza che sappia farsi meglio valere nei confronti degli apparati burocratici, forse tali obiezioni possono essere rimosse. 9. Una delle recenti novità è infatti costituita dalla citata legge 11 novembre 2014 n. 164 (Sblocca Italia), che al citato art 24 dispone: “I comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano. In relazione alla tipologia dei predetti interventi, i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L'esenzione è concessa per un periodo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione dell'esercizio dell'attività posta in essere. Tali riduzioni sono concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute.” Qui occorre fare molta attenzione circa la categoria di “privati cittadini”, perché può esserci (e in realtà già c’è) il tentativo di omologare le imprese ai privati cittadini e di utilizzare, per esempio, i beni immobili inutilizzati per finalità economiche e commerciali, mettendo in secondo piano le “finalità di interesse generale” per la genericità della formulazione usata. Ora, a parte la limitazione di stabilire le riduzioni o esenzioni di tributi “per un periodo limitato e finito” - se poi l’attività dei cittadini si protrae a lungo - la norma di legge va implementata dai Comuni, ciò che probabilmente hanno fatto finora in pochi, ed è necessario risolvere alcuni problemi di impostazione, in assenza della cui risoluzione si può rischiare il fallimento o la distorsione di un’esperienza sociale. Qualche Municipio di Roma, per esempio il IX, si sta già muovendo per promuovere iniziative del genere, ma la deliberazione-quadro spetta ancora al Comune centrale. In futuro, con deleghe forti ai Municipi e la costituzioni dei Comuni urbani questa materia andrebbe traferita a livello locale. Occorre aggiungere che questi nuovi regolamenti comunali debbono essere sottoposti ad una vasta consultazione popolare, eliminando il pericolo che interpretazioni troppo burocratiche o interessi più limitati di singoli o raggruppamenti di Comitati di
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quartiere e/o Associazioni possano seppellire sotto norme troppo minuziose l’applicabilità della norma oppure rendere unilaterali le disposizioni regolamentari. 9. Occorre poi che ci si tenga lontani dal mutuare, cioè trasferire, secondo moda, le regole aziendali nella modalità dei Beni comuni, il che non vuole dire affatto disorganizzazione e irresponsabilità. Qui è il valore d’uso che prevale su quello di scambio e il lavoro operativo è, per definizione, lavoro volontario. Non, quindi, un modello aziendale in senso stretto, in connessione con il mercato, perché il fine qui non è il profitto ma un’utilità sociale. Ci sono anche ragioni antropologiche e naturalistiche più generali che, contro la vulgata attuale, spingono verso la cooperazione piuttosto che verso la competizione individuale e distruttiva: nelle specie sociali e in particolare in quella umana, la cooperazione è l’elemento fondamentale dell’avanzamento evolutivo. E, per inciso, spesso anche economisti e politologi e giuristi che hanno affrontato la questione dei Beni comuni con un respiro più ampio sono rimasti prigionieri di un ragionamento che si ferma alle soglie delle età primitive, come se l’umanità fosse nata solo lì e non ci portassimo dietro eredità e comportamenti ancestrali, talvolta comuni con altre specie sociali, dove il vecchio detto latino homo homini lupus è parecchio inconsistente, specialmente se pensiamo ai primati. 10. Poi, è solo l’interazione tra funzione comunale e funzione volontaria che, eventualmente, potrebbe dare un di più di occupazione. In ogni caso, i Beni comuni entrano sì nel circuito economico generale ma vi rimangono con caratteristiche proprie. Come una volta valeva, per un altro versante, per la cooperazione. C’è qui, forte, il principio di reciprocità che si esercita tra appartenenti all’associazione e tra l’associazione e la cittadinanza esterna, quando la gestione di un Bene comune è affidata ad un collettivo. Però, le forme di partecipazione, per quanto riguarda i Beni comuni sono tuttora giuridicamente molto incerte e labili, così come non sono affatto chiari i relativi modelli funzionali. Sicché, questo è un punto essenziale che il legislatore dovrebbe affrontare, cercando di delineare un terzo soggetto attivo, diverso dall’impresa privata e dall’azienda pubblica. Le relazioni di potere interne e nei rapporti con l’esterno debbono poi essere meglio definite, perché si tratta pur sempre di organismi sociali e, come tali, soggetti alle dinamiche che innervano qualsiasi raggruppamento o coalizione. Un reale regime democratico interno dovrebbe mettere al riparo da eventuali distorsioni. Questi ed altri sono approfondimenti che sarebbe necessario fare, se non si vuole cadere in una retorica o in una mistica, a scelta, al termine delle quali c’è il fallimento o l’esaurirsi di un’esperienza: accompagnati da un riflusso civile e politico. Insomma, sarebbe davvero opportuno che la questione ricevesse una sistemazione giuridica più definita, come a suo tempo si è fatto per la cooperazione Infine, l’autorità regolatrice deve prevedere una verifica delle coalizioni di cittadini che si offrono per la gestione di un Bene comune, perché troppo spesso il positivo fiorire dell’associazionismo è accompagnato da scarsa consistenza numerica, da non dichiarate
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finalità privatistiche, da un’effettiva incapacità di gestione, da un’auto dichiarata ma non controllata rappresentatività. Ciò significa che tali coalizioni debbono essere corredate da uno Statuto democratico, da una lista certificata degli aderenti, dalla descrizione verificabile delle attività e delle competenze disponibili, da un progetto la cui elaborazione può/deve essere aiutata dalle strutture comunali e/o municipali - la co-progettazione deve diventare un principio-guida per questo genere di attività -, dalla pubblicità delle azioni svolte e dalla verifica, anche pubblica, dell’attuazione del programma. Qui, come in altre attività amministrative, il principio della trasparenza deve essere centrale.
Per approfondire
Antonello Ciervo, I beni comuni, Ediesse, 2012 Laura Pennacchi, Filosofia dei beni comuni. Crisi e primato della sfera pubblica, Donzelli, 2012 Ermanno Vitale, Contro i beni comuni. Una critica illuministica, Laterza, 2013 Stefano Zamagni, I beni comuni per il bene comune, Casa della cultura, 2014
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Allegato nota di fab.rica
Roma, zero consumo di suolo
Tesi 1 - Il senso di una provocazione Proporre per Roma “zero consumo suolo” rappresenta la volontà di un cambio di paradigma radicale per ripensare il suo futuro e il suo essere “capitale”. L a storia moderna e contemporanea di Roma è stata fortemente condizionata da un insieme di interessi egemonizzati dalla rendita immobiliare e finanziaria e dalle esigenze dell’alta burocrazia ministeriale. La cultura politica di quanti nel tempo sono stati chiamati a governare la città (con alcune rare eccezioni) in larga misura è stata subalterna a questi interessi. Le conseguenze sull’assetto fisico e sul costume civile e politico della città sono sotto gli occhi di tutti. Ribaltare questo progressivo “sgocciolamento” della città verso il basso deve diventare la priorità politica categorica a cui traguardare non solo l'azione dell'amministrazione, ma anche di quell'insieme di organizzazioni e forze sociali, di associazioni, di istituzioni pubbliche e private espressione della società civile organizzata, di singoli cittadini che hanno a cuore il futuro di Roma. Tesi 2 - Superare il “Modello Roma” Il cambio di paradigma che proponiamo per ripensare il futuro di Roma parte dalla presa d’atto del fallimento del cosiddetto “modello Roma” espressione di un sistema di alleanze per il controllo del governo della capitale fondato sulla subalternità verso gli interessi della rendita immobiliare e finanziaria. “Mafia capitale” è l'espressione degradata di questo sistema da quando a guidarlo è arrivato Alemanno e i suoi criminali fascisti. Le conseguenze sono state devastanti per la città, le istituzioni e la politica. Affarismo, spesa pubblica clientelare, bilancio fuori controllo, invasione familistica delle istituzioni, illegalità, evasione fiscale, speculazione urbanistica hanno gettato un progressivo discredito sulla politica e i politici, senza nessuna distinzione, acutizzando la separazione tra cittadini e istituzioni, alimentando sfiducia e malcontento. Tutto questo va superato attraverso una grande opera di trasparenza nel governo della capitale fondata su una chiara e radicale distinzione delle responsabilità nella gestione degli interessi pubblici e privati anche attraverso netti criteri sul conflitto di interessi e sulle incompatibilità.
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Tesi 3. La sostenibilità è l’alternativa per una nuova idea di Roma L'alternativa che proponiamo si fonda sulla assunzione del paradigma dello “sviluppo equo e sostenibile” nelle sue pilastri fondamentali: sociale, ambientale, economico e istituzionali. Una scelta che comporta una grande partecipazione dei cittadini, una chiara selezione delle priorità programmatiche, una forte innovazione nelle pratiche di governo. È nell'ambito di questa scelta che oggi ci sono le condizioni politiche, sociali e culturali per ricostruire un sistema di alleanze fondato su un programma rivolto al futuro che assume come collante gli interessi dei lavoratori, delle famiglie, delle piccole e medie imprese della manifattura, del commercio, del turismo, della cultura, della innovazione, della ricerca. E' nell'ambito di questa scelta che rivendicare per Roma “zero consumo di suolo” perde il suo carattere provocatorio ed assume il valore di scelta programmatica che, in quanto tale, non sta a significare blocco dell'attività edilizia: tutt'altro. Significa l'esatto opposto. Significa rimettere in moto l'economia romana creando le condizioni per una sua riqualificazione industriale nei settori innovativi diretti e indotti della rigenerazione urbana. Tesi 4 – La condizione per il cambiamento Con la Giunta Marino si sono determinate le condizioni per realizzare questo profondo cambiamento. Questo è stato il mandato ricevuto dagli elettori dopo l'indegna esperienza della giunta di centrodestra. Ad oggi questo cambiamento stenta a manifestarsi. Anche se l'amministrazione è impegnata in un faticoso lavoro per ristabilire un rapporto di fiducia con i cittadini fortemente logorato, si deve prendere atto che è necessario un di più di progettualità politica capace di riconquistare ragione e sentimenti dei cittadini. Questo è possibile perché nella città c'è una domanda di nuova e buona politica capace di includere e responsabilizzare. Dare una risposta credibile a questa domanda richiede una maggiore capacità di ascolto e una maggiore empatia con il sentire profondo della città. Per questo è necessario riaffermare pienamente il ruolo della rappresentanza politica così come indicato nella Carta Costituzionale, allontanando ogni suggestione populistica e personalistica e, nel contempo, riaffermare il valore del “dialogo sociale” nel rapporto con il sistema delle organizzazioni della società civile rifuggendo da ogni logica lobbistica. Tesi 5 - Le tre priorità: la rigenerazione politica, urbana e della pubblica amministrazione. Assumere a fondamento del programma e del governo della città la “sostenibilità” richiede fare chiarezza sulle scelte politiche prioritarie da cui dipende, nel bene e nel male, la qualità del processo di cambiamento. Tre sono le scelte politiche che consideriamo prioritarie: la rigenerazione della politica, la rigenerazione urbana, la rigenerazione della amministrazione comunale. Chiare sono le ragioni di questa scelta. Dalla rigenerazione della politica dipenderà quanto la volontà dei cittadini romani tornerà a contare sulle scelte di governo della città; dalla rigenerazione urbana dipenderà quanto la città si andrà configurando per rispondere ai bisogni fondamentali dei cittadini; dalla rigenerazione della Pubblica amministrazione dipenderà se essa tornerà ad essere “amica dei cittadini”.
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Tesi 6 – Rigenerazione politica e partecipazione democratica La sostenibilità come paradigma a base di una nuova idea per Roma comporta scelte complesse e delicate che per essere compiute con equità dovranno coinvolgere e responsabilizzare le organizzazioni della società civile. Questo orientamento ci viene dall'Agenda XXI di Rio '92 e dal Trattato di Lisbona che riconosce la complementarità tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa. A Roma, malgrado i numerosi e generosi tentativi, il processo partecipativo si scontra sempre contro il limite di non essere incardinato nel sistema istituzionale. Oggi questo limite deve essere superato. La proposta che avanziamo è di fare di Roma un laboratorio per una strategia partecipativa fondata sulla “democrazia deliberativa” come metodo attraverso cui i cittadini contribuiscono alle politiche pubbliche ed ai loro processi di formazione e le Istituzioni rispondono del loro operato. Una forma di partecipazione che va oltre la mera attività consultiva per tendere al coinvolgimento nel processo decisionale sulla base del confronto informato, argomentato e orientato alla ricerca di soluzioni condivise. In questo la “democrazia deliberativa” è indissolubilmente connessa a una “opinione pubblica informata”. Realizzare questo obiettivo richiede di rendere esigibile il diritto a partecipare. Questo è possibile promuovendo un processo politico finalizzato a costruire gli istituti per una democrazia deliberativa nel corretto rapporto con le istituzione della democrazia rappresentativa. Per questo è necessario: garantire la qualità dell'informazione istituzionale, superare le asimmetrie informative tra cittadino e pubblica amministrazione, istituire le sedi della partecipazione ed il loro rapporto con le sedi della rappresentanza politica, definire la composizione delle assemblee deliberative, concordare i criteri di valutazione della rappresentanza e rappresentatività, definire il valore delle deliberazioni in rapporto al processo decisionale istituzionale. Tesi 7 – Rigenerazione urbana Il PRG di Roma è “l'atto pubblico” che più di altri rappresenta il “modello Roma”: esso va messo a seria e rigorosa verifica.. Questo non significa che tutto ciò che il Piano contiene sia da considerare non condivisibile. Certamente, però, va rimessa in discussione quella interpretazione del criterio della “compensazione” , una delle sue idee portanti, che nei fatti, riconoscendo il ruolo primario degli interessi della rendita immobiliare e finanziaria, ha spogliato il governo pubblico di ogni possibilità di indirizzare lo sviluppo della città e, nel contempo, ha aperto spazi smisurati all'azione di interessi spesso inconfessabili. Ribaltare questa “filosofia” è condizione prioritaria per restituire voce ai cittadini sul futuro di Roma. Questa “filosofia” proponiamo di sostituirla con quella della rigenerazione urbana intesa come “un insieme coordinato di interventi urbanistici, edilizi e socioeconomici nelle aree urbanizzate che persegua l’obiettivo della sostituzione e del riuso in un'ottica di sostenibilità ambientale, di contenimento del consumo di suolo, di localizzazione dei nuovi interventi di trasformazione nelle aree già edificate, di innalzamento del potenziale ecologico ambientale e di rilancio della città pubblica attraverso la realizzazione di adeguati servizi primari e secondari”. Essere coerenti con questa scelta significa guardare
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al PRG ristabilendo una gerarchia delle priorità che torni a guardare agli interessi dei cittadini a partire dalle periferie, dal diritto alla casa, ai servizi per i giovani e per per gli anziani, dal risparmio e l'efficienza energetica, alla mobilità sostenibile, dalle regole alla trasparenza. Tesi 8 – La rigenerazione della Pubblica amministrazione Consideriamo la pubblica amministrazione la più importante “infrastruttura” della città. Dalla sua qualità dipende in larga misura la vita dei cittadini. Qui si impone un profondo cambiamento di sostanza e di immagine del “lavoro pubblico”. Si tratta di rispondere alla “domanda” di un “governo misurabile” rendendo più penetrante l'attenzione verso i processi volti a incidere sulla effettiva esperienza amministrativa e gestionale delle pubbliche amministrazioni. Solo creando le condizioni per un “governo misurabile” che si determinano le condizioni per rispondere alla nuova “domanda” di democrazia espressa dai cittadini. In questo modo accanto alla domanda di “regole”, cui si lega la garanzia dei diritti soggettivi dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri (esigenza che resta al centro dello Stato di diritto), si esprime anche una nuova domanda di misurazione e valutazione dei risultati e dei costi dell’attività delle pubbliche amministrazioni. In particolare si può rendere “misurabile” l'operato della pubblica amministrazione e il grado di soddisfazione degli utenti, adottando a questo scopo “livelli essenziali di prestazione” definiti e concordati con i cittadini. Trasparenza, partecipazione, affidabilità, snellimento burocratico, eliminazione delle logiche lobbistiche e clientelari, efficienza amministrativa, riduzione dei costi e degli sprechi devono essere gli assi centrali di un cambiamento da realizzare con l’impegno delle energie migliori che lavorano nella pubblica amministrazione.
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Allegato nota di Fabr.ica
Roma “la” Capitale Metropolitana
Premessa Oggi più che mai c'è bisogno di una politica e di una amministrazione che sappia stare vicina ai cittadini, che ne sappia interpretare i bisogni, che sappia dare risposte tempestive ed efficaci. Questo impone un impegno straordinario ed urgente nel rinnovare i modi dell’agire politico rendendolo trasparente, affidabile, responsabile del suo operato e, soprattutto, capace di coinvolgere la cittadinanza nelle scelte amministrative grandi e piccole. È solo ristabilendo un profondo rapporto di fiducia con i cittadini che potranno essere superate le difficoltà che la Citta sta vivendo, che se non governate con intelligenza e sensibilità in un rapporto di vicinanza, potrebbero determinare insanabili lacerazioni nella coesione sociale. È necessario nel contempo affermare con forza il ruolo di Roma “la” capitale facendone un punto di riferimento per l'intera comunità nazionale e internazionale con la qualità delle sue politiche e della sua amministrazione. In particolare riteniamo che questo obiettivo si debba realizzare lavorando con coerenza in tre direzioni: promuovendo strategie e azioni per rispondere alla domanda di lavoro con specifica attenzione a quello delle donne e dei giovani; assumendo a fondamento del governo della città i principi dello “sviluppo equo, sostenibile e duraturo” nelle sue componenti fondamentali: economiche, sociali, ambientali ed istituzionali; valorizzando, coinvolgendo e responsabilizzando nella presenza nel territorio e nell'azione quotidiana di governo, l'insieme delle energie di cui è ricca la città costruendo un rapporto virtuoso tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa. È a partire da questi impegni che si può fare di Roma “la” grande, democratica, autorevole, multietnica, capitale europea e del mediterraneo di cui i suoi cittadini vogliono andare orgogliosi. Roma ha le risorse per compiere questo salto di qualità. Tradurre questi indirizzi in comportamenti, azioni e scelte programmatiche conseguenti, significa assumere come prioritarie quelle aree di intervento che più di altre
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sono in grado di produrre risultati concreti per il lavoro e le condizioni di vita dei cittadini romani attraverso la promozione di circuiti virtuosi, inclusivi e trasparenti nell'uso delle risorse economiche, sociali, ambientali e istituzionali. ROMA “LA” CAPITALE METROPOLITANA La nostra idea di Roma “la” capitale metropolitana, è quella di un ente di governo integrato dell’area romana in grado di gestire unitariamente e in modo più efficiente ed efficace le funzioni strategiche che le sono attribuite dalla legge istitutiva. È una scelta oggettiva e nel contempo una grande opportunità per cui è necessario accelerare al massimo i tempi per pienamente rendere operativi gli organi di governo metropolitano. Al riguardo riteniamo che si debba prevedere la elezione diretta dei rappresentanti del Governo metropolitano al fine conferire loro un pieno mandato democratico. Municipi e decentramento. Poteri, competenze e risorse degli attuali municipi si debbano allineare a quelle degli attuali Comuni della città metropolitana. Partecipazione. Le istanze partecipative vanno incardinate nel sistema istituzionale al fine di rendere la partecipazione delle organizzazioni della società civile un modo di essere ordinario, esigibile e cogente del Governo metropolitano. Per questo va prevista l'istituzione di una “Consulta per la democrazia deliberativa” composta dai rappresentanti delle istituzioni elettive e dai rappresentanti delle principali organizzazioni della società civile. Il bilancio come volano di sviluppo equo e sostenibile. Il bilancio della città metropolitana deve diventare una potente leva per indirizzare lo sviluppo di Roma città metropolitana a favore della equità e della sostenibilità. Proponiamo di integrare il bilancio tradizionale con in “Bilancio di sostenibilità”; adottando, in accordo con la Regione, un sistema di indicatori di benessere sulla base del progetto “BES” elaborato dal CNEL e dall'ISTAT; insediando una commissione per la valutazione delle convenienze delle esternalizzazioni. Il lavoro pubblico come “bene comune”. La pubblica amministrazione è la più importante “infrastruttura” della città metropolitana. Dalla sua qualità dipende in larga misura la vita dei cittadini. Qui si impone un profondo cambiamento di sostanza e di immagine del “lavoro pubblico”. Il cambiamento necessario è rendere la Pubblica Amministrazione ed i Servizi pubblici “beni comuni” di cui ogni cittadino si sente responsabile. LA CULTURA COME IDENTITA' DI ROMA La valorizzazione dell'economia della cultura e della conoscenza, uno dei più importanti comparti produttivi romani, deve diventare il volano di una nuova fase di crescita ad alto valore aggiunto. RAI, produzioni TV e cinema, industria digitale e editoriale, patrimonio storico e culturale, il polo dell'Università e della ricerca, il polo sportivo, sono tutte risorse pregiate, “materia prima” su cui fondare il futuro della capitale. Per realizzare questo progetto il Comune deve farsi carico di coordinare i “sistemi di produzione culturale”, da
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quelli preposti al patrimonio storico e culturale alle nuove frontiere della produzione e diffusione culturale, per farne il carattere identitario di Roma capitale e motore di attrazione culturale e turistica, di promozione di nuove professionalità e produzione di servizi e beni collegati. Sistema universitario e della ricerca scientifica. Roma possiede una chiara vocazione nel campo della ricerca di base e applicata (si pensi alle presenze di ENEA, ISPRA, CNR, ISTAT) ed ha un polo universitario costituito di ben 9 atenei ed una importante presenza di istituzioni culturali nazionali ed internazionali. Questo enorme patrimonio di competenze deve diventare leva per il progresso della capitale intensificando la collaborazione con le Università e gli Istituti della ricerca scientifica, promuovendo la compartecipazione nello sviluppo di progetti e soluzioni per la città anche in rapporto con le future istituzione della partecipazione. , Sistema della RAI, produzioni TV e cinema, industria digitale e editoriale. Roma esprime il più importante cluster industriale nazionale nella produzione cinematografica e audiovisiva (basti pensare all’incidenza sul territorio della RAI, o degli Studi cinematografi di Cinecittà o della DEAR Film, del Centro Sperimentale di Cinematografia) ed ha un ruolo fondamentale nell’industria digitale ed editoriale. Senza contare la quantità di teatri pubblici e privati, festival, produzioni ed edizioni musicali, iniziative e imprese di spettacolo. Questo insieme di risorse devono trovare nella amministrazione capitolina un punto di riferimento capace di orientare le loro iniziative, valorizzandole e favorendo un effetto di risonanza a più ampia scala. Sistema del patrimonio storico e culturale. Roma è una città dove nascono e si sviluppano produzioni creative e culturali grazie ad una identità costruita nei secoli sul suo patrimonio archeologico, storico, artistico, museale. Per porre “La“ capitale all'altezza di questa storia è necessario che l'amministrazione si faccia carico di un forte coordinamento delle grandi istituzioni culturali e di un sostegno a quell'insieme di risorse presenti nel territorio e impegnate nella multiforme galassia di iniziative culturali a partire da una “mappatura” dei luoghi e delle iniziative per la fruizione e la produzione culturale. Sistema delle Rappresentanze Istituzionali Internazionali. A Roma è presente un complesso sistema di istituzioni diplomatiche (nazionale, europeo, delle Nazioni Unite, del Vaticano) che collegano Roma e l'Italia al resto del mondo. Una rete dalle potenzialità straordinarie per iniziative di pace e di scambio culturale. Purtroppo i rapporti tra queste realtà e la città si limitano ai soli “recinti” istituzionali. Questo limite va superato aprendo una “finestra“ su questo complesso mondo, sui suoi rapporti con la città ed i suoi bisogni promuovendo occasioni di incontro di reciproca conoscenza e scambio culturale in particolare verso i Paesi del Mediterraneo. Il sistema sportivo e del tempo libero. Lo sport significa benessere, salute e socialità democratica: è uno straordinario veicolo di aggregazione sociale e di educazione alla solidarietà. Tutto questo non ha nulla a che fare con la realizzazione dello stadio a Tor di Valle o con le olimpiadi. L’Amministrazione deve, invece, favorire e sostenere tutte
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quelle forme di associazionismo sportivo quale strumento di recupero e coesione sociale, soprattutto nelle aree più disagiate della città, impegnandosi nella realizzazione di nuovi centri sportivi e sensibilizzando, attraverso le scuole, i giovani all'importanza dell'attività fisico motoria. L'ICT PER ROMA “LA” CAPITALE “INTELLIGENTE” La capitale continuando a crescere in estensione e volumi sta diventando un organismo ipertrofico con un debolissimo sistema nervoso e circolatorio. Come alternativa proponiamo la “città intelligente” perché la qualità urbana dipende sempre più dalla disponibilità e accessibilità alle infrastrutture immateriali della comunicazione e della conoscenza (agenda digitale). Altre città nel mondo hanno fatto questa scelta e sono quelle che meno hanno risentito della crisi. In questo impegno Roma non parte da zero, occorre rafforzare l'impegno per dotare “La” capitale di un “Agenda digitale” sapendo che dalla diffusione dei sistemi di ICT i benefici che la collettività ed i singoli possono ricavarne interessano tutti i momenti della vita e sono tali da produrre effetti a catena importanti nella organizzazione della città, nei servizi, nell'economia. IL LAVORO E LO SVILUPPO PRODUTTIVO SOSTENIBILE - Grandi sono le potenzialità della capitale metropolitana per uno sviluppo dell'occupazione e delle imprese pubbliche e private. Per far esprimere queste potenzialità è necessario un governo lungimirante capace di liberarne la forza propulsiva. Nel Mercato del lavoro: un Osservatorio comunale sul mondo del lavoro e dell'impresa per analizzare i processi in atto, proporre obiettivi condivisi, coordinare gli interventi, incentivare le buone pratiche e consentire l’incrocio fra domanda e offerta di lavoro; le Aziende pubbliche vanno riformate e potenziate nell’innovazione, rese trasparenti e con la carte dei servizi messe al servizio degli utenti, rendendole protagoniste dello sviluppo sostenibile della capitale e ciò sulla base di innovativi progetti industriali con il pieno coinvolgimento dei lavoratori. Per le attività produttive il commercio ed il turismo: per le Piccole e medie imprese, dell'artigianale e del commercio promuovere il loro rinnovamento favorendo l'alta specializzazioni, i servizi per il credito agevolato, l'informatizzazione dell’offerta, la qualificazione e tutela dei mercati rionali, del piccolo commercio, delle botteghe storiche, ponendo un deciso stop agli ipercentri commerciali ed alla diffusione dei supermercati, regolando e controllando l'occupazione degli spazi pubblici da parte delle attività commerciali, ripristinando la legalità con azioni più energiche di contrasto all'abusivismo, alla contraffazione e al sommerso; per l'Agricoltura e la zootecnia favorire lo sviluppo di tecnologie biologiche e la riqualificazione delle aree agricole per prodotti di alta qualità e commercializzazione a chilometro zero; per il Turismo attivare un coordinamento permanente tra l'amministrazione e gli operatori, stabilendo un rapporto sinergico tra il settore alberghiero e quello della promozione di grandi eventi, regolando e dando sostegno ai progetti cooperativi di “albergo diffuso” nei quartieri popolari e storici della città, elaborando una strategia promozionale e comunicazionale rivolta all'estero, migliorando
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la carente offerta turistica di fascia medio bassa, sviluppando un'offerta specifica rivolta ai turisti portatori di disabilità.. Per l'occupazione femminile come “questione” generale. L'aumento dell'occupazione femminile e la sua qualificazione è un elemento decisivo non solo come indicatore di civiltà, ma come fattore indispensabile per la crescita economica e lo sviluppo sostenibile. Si tratta di un obiettivo assai complesso che implica politiche economiche, industriali, formative, culturali mirate alla promozione di occupazione e alla costruzione di un ambiente favorevole al lavoro femminile. Misure minimali ma essenziali sono: sostegno alle madri lavoratrici, alla maternità e all'organizzazione dei tempi di lavoro; aumento dell'offerta di asili nido, di scuole materne e di assistenza all'infanzia; piena applicazione della legge sulla parità di genere negli organi elettivi ed esecutivi e in tutti gli ambiti di rappresentanza dell'Amministrazione Comunale. Per i giovani: garantire il diritto al sapere, alla conoscenza, alla informazione. All'ingresso nel mercato del lavoro. L’obiettivo strategico è ridare centralità alla scuola, all’università pubblica e l’accesso al sapere e alla conoscenza nell'intero arco della vita. La scuola dell'obbligo deve essere al centro dell'attenzione realizzando il piano per la sicurezza dell’edilizia scolastica, contrastando l'abbandono scolastico, riducendo il numero di alunni per classe, favorendo iniziative di integrazione culturale mantenendo aperte le scuole per l'intera giornata, stabilizzando i precari della scuola ancora senza garanzie; promuovendo e sostenendo programmi di formazione permanente anche usando le risorse del Fondo Sociale Europeo. Per gli anziani come risorsa da valorizzare. È un grave errore pensare che i complessi e delicati problemi che derivano dal progressivo allungamento della vita di noi tutti possano trovare risposte dal mercato. Gli anziani sono una “risorsa” che può dare un importante contributo alla collettività, ma per questo è necessario mettere in campo politiche mirate e integrate (sanitarie, sociali, abitative, urbanistiche, ...) che consentano agli anziani di vivere liberamente la loro vita. Questo anche perché conviene in quanto è ampiamente dimostrato che politiche tendenti a garantire l'invecchiamento attivo della popolazione anziana si traducono in una notevolissima riduzione della spesa pubblica per servizi sanitari e di welfare. Ne consegue che “l'invecchiamento attivo” non va considerato come una delle tante “materie” dello stato sociale, quanto un fenomeno attivo che richiede un innovativo punto di vista sociale, una chiave di lettura, con cui rileggere le infrastrutture economiche, sociali, culturali, urbane maturate nel passato e rispetto a cui elaborare obiettivi politici inediti. IL WELFARE E I DIRITTI La crisi sta producendo nuove aree di povertà che, sommandosi a quelle più tradizionali, stanno portano alla indigenza ed emarginazione quote crescenti di popolazione. É questa una priorità a cui dare risposte attraverso un welfare solidale vicino ai cittadini per contrastare la povertà, ridurre le disuguaglianze, sostenere le famiglie nella cura e nella crescita dei figli, garantire istruzione e formazione dei giovani, realizzare le pari
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opportunità per le donne, garantire una vita dignitosa per gli anziani, i disabili ed i bambini, riconoscere i diritti di cittadinanza per gli immigrati, rendere sicura la città. Per realizzare questi obiettivi è necessario promuovere un'azione capace di agire in modo sistemico in più direzioni a partire dal Piano regolatore sociale potenziando la rete dei servizi territoriali e delle strutture, ridefinendo gli standard di qualità dei servizi e dei costi, rendendo più efficace e verificata l'individuazione dei bisogni reali attraverso lo strumento dell'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), garantendo l'accesso universale alle politiche sociali, lavorando con più determinazione ai servizi di assistenza domiciliare destinando maggiori risorse provenienti dalle entrate fiscali anche con tasse di scopo, sostenendo le azione per la prevenzione dei fenomeni di devianza sociale; estendendo il godimento dei diritti civili alle coppie gay, alle coppie di fatto, agli immigrati, alle comunità nomadi, creando un ufficio per il volontariato e la sussidiarietà; rendendo la città più sicura, anche nella percezione, rafforzando i dispositivi di sorveglianza passiva con tecnologie innovative, pianificando l’attività dei controlli sui cantieri, proseguendo nell’esperienza degli sportelli anti racket e anti usura, d’intesa con l’associazionismo impegnato su questa fronte; realizzando il Piano regolatore e il regolamento per gli impianti ad onde elettromagnetiche e per l’inquinamento acustico. L'URBANISTICA: RIGENERAZIONE URBANA E ZERO CONSUMO DI SUOLO Una politica urbanistica che metta fine all’espansione disordinata e a macchia di leopardo consumatrice di suolo agricolo è un presupposto fondamentale per uno sviluppo sostenibile di Roma e dell'area metropolitana e di prevenzione del rischio idrogeologico. Per invertire questa tendenza occorre spegnere il motore la genera: l’intreccio fra rendita speculativa urbana e finanziaria. Per questo è necessari che il Governo e la regione Lazio, cosi come fatto dalla Germania e dalla Toscana, ponga un deciso stop al consumo di suolo. Solo attraverso questa scelta sarà possibile salvaguardare i beni comuni e la vita urbana. Ciò sarà possibile mettendo nelle mani pubbliche il destino della Capitale e assumendo come prioritarie le seguenti scelte. Nella pianificazione urbana: porre al centro del governo delle trasformazioni urbane la realizzazione di quel sistema di servizi, puntuali e a rete, che rendono la vita dei cittadini meno faticosa e sicura, a partire da quelli più deboli (bambini e anziani), che tutelino l'ambiente ed il patrimonio culturale e storico, favoriscano la crescita dell'occupazione e qualifichino l'impresa. Questo richiede: -
una fase di riflessione sull'impatto che hanno sui PRG i programmi e progetti urbanistici frutto di un interpretazione estensiva della perequazione urbana;
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definire le implicazioni economiche e finanziarie, per il pubblico e per il privato, derivanti dalla attuazione delle previsioni dei PRG da tradurre in precisi programmi pluriennali di attuazione con la indicazione delle fonti delle risorse necessarie alla loro attuazione;
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stabilire, in forma inderogabile, che di ogni trasformazione urbanistica ed edilizia
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pubblica e privata, debba essere indicato il piano finanziario ed i tempi per la sua attuazione, gestione e manutenzione; -
procedere rapidamente alla informatizzazione del catasto facendone uno strumento di conoscenza in tempo reale delle trasformazione edilizie ed urbanistiche e di contrasto alla evasione fiscale immobiliare;
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ridurre le centralità urbane metropolitane per una effettiva trasformazione policentrica della città puntando prioritariamente sulla valorizzazione di quelle pubbliche.
Nella rigenerazione urbana: fare i conti con le realtà urbane esistenti nelle loro dimensioni urbanistiche, edilizie, ambientali e sociali al fine di venire incontro ai bisogni dei cittadini in termini di qualità e costo della vita, ricchezza di relazioni, promozione sociale e culturale, mobilità, sicurezza sanitaria ed ambientale. A tale scopo è necessario porre al centro dell'attenzione non più le pretese della rendita, ma la qualità delle condizioni di vita e del sistema delle relazioni sociali, economiche, culturali, territoriali. Per fare questo è necessario innovare profondamente gli strumenti della trasformazione garantendo un effettivo controllo pubblico delle trasformazioni urbane attivando le opportune strutture quali ad esempio le Società di Trasformazione Urbana; definire un quadro normativo condiviso e trasparente per favorire progetti di riconversione del patrimonio pubblico (aree dismesse, caserme, depositi, ecc.); avviare un programma qualificazione dei luoghi pubblici, anche attraverso il coinvolgimento di risorse private, senza che questo ne limiti la fruizione pubblica. Nelle Periferie: la crescita incontrollata, anche se legale, ha prodotto la proliferazione di aree periferiche urbane prive dei fondamentali servizi che, sommandosi ad aree di edilizia spontanea mai sanate, ha prodotto situazione di grave degrado che richiedono urgenti ed estesi interventi di qualificazione. Recuperare questi ritardi richiede di porre in atto un programma straordinario e prioritario per la realizzazione nei quartieri periferici di servizi, illuminazione, viabilità, spazi pubblici, servizi, trasporti scuole, asili nido, ecc.. Nell'edilizia residenziale e sociale: ancora rilevante è la domanda sociale di edilizia residenziale a cui deve essere data risposta e grave è l'assenza di misure nazionali per l'Edilizia residenziale pubblica. È necessario creare, in collaborazione con il governo nazionale e regionale, un fondo specifico per un programma per l'edilizia sociale per la realizzazione 500 alloggi all'anno, sia recuperando immobili dismessi sia usando le aree individuate dai PRG; accelerare la costituzione dei Fondi di investimento immobiliari per l'attuazione dei programmi di housing sociali capaci di produrre un reale effetto calmierante il mercato dell'affitto; ripristinare la legalità nell’assegnazione degli alloggi E.R.P., contrastando le occupazioni abusive e velocizzando le procedure; garantire risorse certe ed erogazioni regolari per i contributi destinati al sostegno all'affitto; dotare la Città metropolitana dell'Agenzia per la casa come strumento di monitoraggio e controllo e governo del mercato immobiliare.
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Nel sistema della mobilità: è urgente dotare l'area metropolitana romana di un efficiente sistema di mobilità perché è uno dei servizi che sta più a cuore ai cittadini in quanto da esso dipendono la riduzione dell’inquinamento, gli oneri del traffico e gli incidenti stradali, la riduzione dei tempi degli spostamenti in particolare dei pendolari, la qualità dell'aria, la riduzione delle malattie polmonari, la contrazione della spesa sanitaria, la riduzione dei premi assicurativi. La costituzione dell'area metropolitana è una occasione straordinaria per impegnarsi alla massimizzazione dell'effetto rete lavorando per i seguenti obiettivi: dotando l'area metropolitana di un Piano per la logistica e la movimentazioni delle merci; promuovendo un programma straordinario per il rilancio della mobilità cittadina su ferro completando l’anello ferroviario e realizzando la linea di “gronda merci” Ponte Galeria - Campoleone per far bypassare il nodo di Roma dall’attraversamento delle merci Nord-Sud; sviluppando il trasporto tranviario sulla base di un ordine di priorità condiviso; rinnovando la flotta metropolitana e ferroviaria; definendo un programma di innovazione e di potenziamento del servizio di trasporto su gomma incrementando la flotta elettrica e a metano, a GPL e a biogas, potenziando il servizio e razionalizzando le linee, aumentando le corsie preferenziali e sviluppando gli strumenti elettronici di controllo, realizzando un piano pensiline collegate al sistema di infomobilità; regolando e disincentivando il traffico privato creando offerte alternative credibili e convenienti; definendo un programma di potenziamento dell'offerta della mobilità eco-sostenibile aumentando gli investimenti per la realizzazione delle infrastrutture per la mobilità verde (parcheggi dedicati, colonnine elettriche, distributori biogas –metano – GPL) e trasformando le stazioni Metro e FS in Hub per veicoli elettrici; promuovendo l'uso della bicicletta realizzando un vero sistema di piste ciclabili con nodi di interscambio bici/metro bus, completando nei tempi giusti la metro C. L'AMBIENTE: VERDE, RIFIUTI, ENERGIA, ARIA, ACQUA Verde pubblico e diritti degli animali. Il presupposto fondamentale di una politica ambientale è la salvaguardia del verde pubblico e delle aree agricole. Roma con la sua caratteristica di città a bassa densità abitativa (50ab/ha) è ricca di aree verdi urbane e periurbane la cui manutenzione e fruibilità richiede una politica che sappia coinvolgere attivamente anche l’impegno civico dei cittadini. Roma città verde. La valorizzazione del grande patrimonio verde di Roma è condizione prioritaria per garantire una migliore qualità della vita ai cittadini di ogni sesso ed età ed ai suoi ospiti temporanei, ed è condizione essenziale per il contrasto all'inquinamento. Valorizzare questo patrimonio richiede di: creare il sistema delle ville, dei giardini e dei parchi urbani e regionali che rappresentano un valore inestimabile di bellezza, di socialità e di biodiversità; sostenere l'autogestione da parte di comitati dei cittadini degli spazi verdi all’interno dei quartieri; utilizzare i fondi europei per progetti ambientali innovativi e di qualità attraverso una adeguata organizzazione degli uffici. Diritti per gli animali. L'esigibilità di questo diritto richiede la ricostituzione dell'Ufficio per i Diritti degli animali, la completa attuazione del regolamento comunale
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attraverso un capillare monitoraggio del territorio, combattere il randagismo e l’abbandono, il completamento del canile Comunale di Muratella. Rifiuti e recupero di materia. È necessario promuovere una grande opera di sensibilizzazione culturale in rapporto al tema dei rifiuti. Il nostro Paese, per le sue carenze di materie prime, è costretto ad importarle per alimentare la sua industria manifatturiera, che è fondamento della nostra economia, pagando bollette salatissime. E' questo un aspetto che troppo spesso sfugge o che viene sottovalutato. Noi pensiamo che da un governo intelligente del ciclo dei rifiuti, liberato da rendite parassitarie e indirizzato al recupero ed al riciclo dei materiali attraverso la raccolta differenziata possa venire un grande contributo all'economia del paese, a quella cittadina, alle famiglie. Per favorire questo cambiamento, da cui deriva anche la riduzione drastica delle discariche, è necessario costituire il distretto del riciclo con aziende pubbliche e private; diffondere la cultura degli acquisti verdi a partire dalla pubblica amministrazione; impegnare risorse nella scuola e nella formazione professionale. Tutto questo è possibile se si concepisce la gestione del ciclo dei rifiuti in termini industriali e non solo di mera gestione di un servizio pubblico. Energia e qualità dell'aria - Per rendere migliore la qualità dell'aria che respiriamo, per ridurre i gravi danni alla salute e le pesanti ripercussioni sulla spesa sanitaria, si deve agire in due fondamentali direzioni: la prima è il sistema di mobilità dove la scelta strategica è la priorità del mezzo pubblico con la cosiddetta “cura del ferro”; la seconda è rendere sostenibile il sistema energetico. Per realizzare questi obiettivi è necessario realizzare: il Piano urbano per l’efficienza energetica degli immobili e per lo sviluppo della filiera delle fonti rinnovabili; il Piano di risparmio energetico degli impianti caldo/freddo; la diffusione della certificazione energetica degli immobili; della qualità energetica delle nuove costruzioni; della istallazione di pannelli fotovoltaici sugli immobili comunali; di sostenere l'uso delle rinnovabili attraverso la semplificazione delle procedure amministrative; di introdurre la figura dell'energy manager. Acqua e difesa de suolo – È necessario affermare il governo pubblico del servizio idrico integrato eliminando l’ipoteca privatistica sulla Acea ed aprendo a nuove forme trasparenti di gestione partecipata dagli utenti. Per questo è necessario: porre al centro l'attenzione alla qualità e costi del servizio idrico integrato (distribuzione, fognature, depurazione); garantire la sicurezza dei cittadini con il piano di manutenzione e di adeguamento della rete idraulica cittadina non più adeguata alle attuali e sempre più frequenti alluvioni derivanti dai cambiamenti climatici; stabilizzare e rendere pienamente operativo il distretto idrografico del Tevere e approvazione del piano contro le alluvioni e le frane; istituire il servizio per la sicurezza idrogeologica.
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