Tesi Bauen / Johannes Itten / Collana Editoriale

Page 1

johannes

2.

itt en


.2 Johannes Itten progetto grafico e impaginazione Alessandra D’Ottavio testi composti in Futura (Paul Renner, 1927) titoli dei capitoli composti in P22 Bayer Universal (Denis Kegler, Richard Kegler, 1997) stampato da gs copy dicembre 2015, Macerata


.2 itten

johannes


indice


11

i primi anni del bauhaus

12 32

Il corso propedeutico Divergenze tra Ittene e Gropius L’abbandono dell’utopia

34

8

59

bibliografia

introduzione

56

biografia

39

la torre del fuoco

43 45 48 52

Struttura Componenti cromatiche Ispirazione Ricostruzione della Torre del Fuoco,1996



introduzione


johannes itten

Johannes Itten fu una figura centrale del primo Bauhaus. Esercitò una grande influenza sulla scuola e sulle sue vicende. Da lui ideato e diretto, il corso propedeutico costituì un elemento fondamentale della concezione pedagogica della scuola e nonostante le modifiche apportate, ha continuato a svolgere un ruolo decisivo nell’ambito della didattica artistica.

Nei primi mesi del Bauhaus la nuova scuola era impersonata da Gropius, che andava formulando e propagandando gli indirizzi teorici, senza però quasi riuscire a insegnarli; dal suo socio Meyer, che stava a Weimar solo occasionalmente e si occupava dei compiti pratici dello studio d’architettura di Gropius (che in un primo tempo continuò a rimanere aperto a Berlino); da Lyonel Feininger, al quale gli studenti potevano rivolgersi soltanto un giorno alla settimana; da Gerard Marcks, che seguiva il laboratorio di scultura e contemporaneamente cercava il modo di aprire un laboratorio di ceramica; e infine dai docenti dell’Accademia, di orientamento piuttosto conservatori, come Walther Klemm, Max Thedy e Richard Engelmann. Se si aggiunge la precarietà dei presupposti materiali in cui la nuova scuola versava in quegli anni economicamente disastrosi del dopoguerra, tutto sommato ciò non costituiva una base granché brillante per l’attività artistica che il Bauhaus proponeva al dichiarato scopo di cambiare il mondo.

8


introduzione

L’istanza di rinnovamento pedagogico restava, per il momento, a livello teorico, soprattutto per il fatto che, a eccezione dei professori ereditati dalla struttura precedente, non c’era nessuno che disponesse delle esperienze pratiche per insegnare nelle discipline artistiche. La situazione cambiò solo con la chiamata di Johannes Itten. Gropius, che dalla fine della guerra andava intensamente cercando insegnanti adeguati per la sua scuola, aveva conosciuto Itten presumibilmente nell’autunno del 1918 grazie alla moglie Alma, e lo chiamò al Bauhaus subito dopo la sua entrata in carica nell’aprile 1919. Alla fine di maggio Itten arrivò a Weimar per i colloqui e, dapprima come ospite, prese parte alla prima seduta del Consiglio dei maestri del Bauhaus il 1 maggio 1919: ma il suo insegnamento cominciò soltanto nell’ottobre dell’anno successivo. Con la propedeutica artistica introdotta e praticata da Itten, che divenne nota in tutto il mondo come metodica preparatoria (Vorkurs-Methodik), si avviò propriamente la strutturazione della scuola imperniata sulla riforma pedagogica.

9



i primi anni del bauhaus


johannes itten

Esercitazione per il corso di Johannes Itten Studio chiaro-scuro, 1920, Friedl Dicker

Il corso propedeutico

Itten fu una figura centrale del primo Bauhaus. Svolse un ruolo guida ed esercitò una grande influenza sulla scuola. Da lui fu ideato e diretto il corso propedeutico, tirocinio per tutti gli studenti intenzionati a frequentare il Bauhaus. Alla fine del semestre propedeutico, il Consiglio dei Maestri (Meisterrat) avrebbe deciso l’ammissione alla scuola e assegnato lo studente a uno dei laboratori. Il corso prevedeva sperimentazioni, esercizi ginnici e di respirazione. L’obiettivo principale del corso preliminare era liberare le energie creative e l’autonomia degli studenti, esaltando le loro capacità. Fra le esercitazioni svolte ci furoni gli accostamenti cromatici, lo studio degli antichi dipinti da rielaborare in maniera personale e prendere in esame forme ritenute stimolanti. Per Itten il fondamento della sua teoria della forma era una “didattica dei contrasti”: bianco/nero, appuntito/ piatto, liscio/ruvido, ecc. e i sette contrasti cromatici. Il corso costituì un elemento fondamentale della concezione pedagogica della scuola e, nonostante le modifiche, è rimasto decisivo nella didattica artistica.

12


i primi anni del bauhaus

13


johannes itten

1

14


i primi anni del bauhaus

Esercitazioni per il corso di Johannes Itten: Teoria della forma 1 rilievo in gesso con caratteri formali quadrati e rettangolari, 1920-1921, Rudolf Lutz 2 studio plastico in gesso con diversi caratteri formali, 1920-1921, Rudolf Lutz 3 foglio di appunti, Franz Singer 2 3

15


1 Esercitazione per il corso proedeutico di Johannes Itten: Studio di materiali 1 legno, legno carbonizzato,pelliccia, 1920-1921, Vincent Weber 2 stoffa e trucioli di legno, 1921, Herbert Bayer 3 lampadina, bottoni, lametta, 1922, Franz Frahm-Hessler 4 metallo e stoffa, 1921, Margarete Willers

2


3

4


1

Esercitazione per il corso di Johannes Itten 1 cardo, 1920, Gunta Stölzl 2 studio di movimento, Friedl Dicker 3 studio di ritmo, 1920, Werner Graeff 4 analisi della “Nascita di Cristo”, di maestro medievale tedesco, 1919, Anny Wottiiz-Moller

18


i primi anni del bauhaus

La “pedagogia del Bauhaus”, che da qui prese a svilupparsi, non cominciò tuttavia da zero, così come da zero non era cominciato il già abbozzato principio del laboratorio. Itten era uno sperimentato insegnante, ma soprattutto, e già dai tempi dei suoi studi a Stoccarda con Adolf Hölzel (1913-16), si era misurato a fondo con questioni tanto di storia e di teoria dell’arte quanto di pedagogia artistica.

2 3

19

4


johannes itten

1 3 Esercitazione per il corso di Johannes Itten: Studio del nudo 1 studio ritmico, 1920, Franz Singer 2 uomo che cammina, Franz Singer 3 nudo maschile, Franz Singer 4 nudo femminile, Franz Singer 5 donna anziana, Franz Singer 6 nudo femminile, Friedl Dicker 7 nudo maschile di schiena, Friedl Dicker

20

2


i primi anni del bauhaus

4

5

6 7

21


johannes itten

1

3 2

Esercitazione per il corso propedeutico di Johannes Itten 1 esercizio cromatico, 1922, Ludwig Hirschfeld-Mack 2 esercizio di valori, 1922, Ludwig Hirschfeld-Mack 3 studio di proprietà cromatiche rosso-bianco-nero in quattro schemi compositivi (tripartizione, parogressione aritmetica, progressione geometrica, sezione aurea), 1922, Ludwig Hirschfeld-Mack 4 l’uomo nel cerchio dei colori, 1919, Johannes Itten

4


23


johannes itten

1

1 disco cromatico a dodici parti, Johannes Itten 2 Sfera dei colori in sette gradazioni luminose e dodici tonalitĂ , 1921, Johannes Itten

24


i primi anni del bauhaus

2

25


johannes itten

Nei suoi anni viennesi (dal 1916) si era dedicato ancor più a problemi filosofico-religiosi, al patrimonio concettuale idealistico e mistico delle culture europee e orientali, incluse le tradizioni esoteriche e occulte. La persuasione che nella ricerca dei fondamenti della creazione artistica si dovessero oltrepassare i limiti del sapere razionale e positivo, ritenuto certo e sicuro, Itten la condivideva con altri artisti di punta del tempo; anche Kandinsky, Schonberg o Mondrian, per esempio, si erano occupati a fondo di teosofia. Itten era alla ricerca di un nuovo orientamento spirituale per la riconquista della perduta unità di vita, spirito e creazione. Sua guida divenne Mazdaznan, una dottrina alquanto eclettica formulata da Otoman Zar-Adusht Hanisch (Poznan 1854 – Los Angeles 1936), nella quale erano confluite varie mitologie orientali, soprattutto dell’antica Persia, e tesa all’attuazione di uno stile di vita improntato al salutismo, all’alimentazione vegetariana, e alla respirazione ritmica. Itten si fece portavoce del movimento Mazdaznan su molte pubblicazioni artistiche, arrivando perfino a sostenere in uno scritto una teoria razziale fondata sulla superiorità culturale della razza bianca, è quindi probabile che la litografia “La casa dell’uomo bianco” sia stata realizzata sotto l’influsso di tale teoria.

26


i primi anni del bauhaus

Per noi appartenenti al circolo Mazdaznan, che tra gli allievi costituiva un gruppo ben distinto, Itten era come circondato da un alone tutto particolare. Considerato poco meno di un santo, ci si avvicinava a lui con voce sommessa e quasi in punta di piedi. Avevamo per Itten un rispetto enorme ed eravamo rapiti ed estasiati quando egli si intratteneva benevolmente con noi.

incontri di ogni tipo, conferenze, esercizi, funzioni religiose, dibattiti, riunioni conviviali e tutto questo allo scopo di raggiungere la perfezione... Casa dell’uomo bianco, 1920, Johannes Itten

27


johannes itten

Quel che a Itten premeva era una nuova visione unitaria del mondo; ed egli era persuaso che ciò non fosse nelle possibilità della civiltà tecnico-scientifica dell’Occidente, pervenuta ormai alla sua crisi. Solo la personalità creativa era a suo avviso in grado non soltato di vivere e di comprendere adeguatamente la dimensione artistica, ma anche di porla in essere.

L’opera d’arte rinascerà in me. Noi diciamo: vivere un’opera d’arte significa ricreare quest’opera d’arte. Infatti da un punto di vista spirituale non c’è alcuna differenza tra una persona che vive un’opera d’arte e una persona che rappresenta esteriormente nell’opera una forma vissuta.

Itten sostanziò di questo criterio le sue Analisi di antichi maestri, lo scritto di maggior rilevanza della più significativa e influente sua pubblicazione a Weimar, che recava l’emblematico titolo Utopia – Dokumente der Wirklichkeit (Utopia – Documenti della realtà). Oggetto delle lezioni sull’ “Analisi di antichi maestri” erano soprattutto dipinti medievali, come l’altare di Isenheim, opera di Mathias Grünewald. L’analisi doveva consentire di rivivere e di trasformare il tragico avvenimento. A riguardo, Itten scrisse nel 1921:

28


i primi anni del bauhaus

Non lasciarti prendere dallo sconforto se la tua riproduzione non corrisponde all’originale. Quanto più compiutamente il dipinto rivivrà in te, tanto più perfetta sarà anche la tua riproduzione che è una misura estremamente precisa della tua capacità di immedesimazione. Se tu senti profondamente l’opera d’arte, allora essa è destinata a rinascere dentro di te.

29


johannes itten

Esercitazione per il corso di Johannes Itten 1 Analisi della struttura compositiva: La creazione di Eva, 1921, Johannes Itten 2 Analisi del ritmo: La creazione di Eva, 1919-1920, Franz Singer

1

2

30


i primi anni del bauhaus

La realtà di cui qui si tratta non è quella della vita di ogni giorno, bensì una controrealtà spirituale – di qui il termine utopia – e i documenti di cui si parla sono fonti dell’esoterismo filosofico, testi indiani antichi, tibetani, cinesi, buddisti e cristiani. In ultima analisi tutto ciò rientra in un contesto religioso; cogliere il divino nelle sue opere come fondamento originario dell’umana esistenza è per Itten la vocazione dell’artista in quanto tale. Queste concezioni, e la straordinaria intensità umana e pedagogica con la quale, a detta di tutti coloro che ne riferiscono, egli sapeva trasmetterle, contribuendo in modo essenziale al suo insegnamento e al suo crescente successo; dapprima a Vienna, dove dal 1917 egli gestì una scuola d’arte privata, poi, dall’ottobre 1919, forte dell’esperienza viennese, al Bauhaus. Il corso propedeutico che vi istituì, quantunque non previsto nel programma di fondazione e reso obbligatorio nell’autunno 1920, divenne la base più importante dell’attività successiva del Bauhaus. Il fondamento filosofico e pedagogico della sua attività didattica Itten l’aveva elaborato a Vienna, come si è visto, prima cioè di arrivare al Bauhaus. A Vienna egli si era aperto alle correnti dell’”esperimento fine del mondo” della monarchia danubiana in dissoluzione. Quanto alla pedagogia artistica, poteva avvalersi delle esperienze compiute presso il suo insegnante Adolf Hölzel a Stoccarda, ma in seguito elaborò una metodologia completamente autonoma. Che fosse stata Alma Mahler ad attirare l’attenzione di Gropius su Itten non fu dovuto solo a motivi di conoscenza personale, ma all’atteggiamento antiaccademico nel quale i due uomini si sapevano assolutamente d’accordo nel quale a lungo perseverarono. Gropius intendeva evitare le angustie delle tradizioni accademiche nella formazione degli artisti; e questo voleva anche Itten, il quale nelle sue lezioni propedeutiche puntava sulla liberazione dell’energia creativa dell’individuo. Ma, in fondo, a Itten e a Gropius, interessavano cose diverse.

31


johannes itten

divergenze tra itten e gropius

Itten, di ritorno in preda all’entusiasmo, nell’estate del 1921, da un congresso di Mazdaznan a Lipsia, vedeva nell’orientamento su questa dottrina (come Schlemmer riferisce) l’“unica possibilità di generare l’ ‘uomo nuovo’, egli crede in una trasformazione del modo di pensare e di sentire come condizione preliminare di ogni altra cosa [...]. Itten vuol fare del Bauhaus un monastero, con tanto di santi o di monaci”. La concezione di una clausura monacale per lo meno temporanea non era estranea nemmeno a Gropius, anche se negli scontri e nelle discussioni intorno al Bauhaus lo irritava la tendenza, a suo avviso crescente, verso forme di fanatismo. Nei mesi successivi i contrasti tra i due si svilupparono in modi sempre più intensi e radicali. È di nuovo Schlemmer a far chiarezza su questo punto: Itten ha ragione quando vuole assicurare agli studenti la quiete del lavoro. Gropius dice invece che non dobbiamo collocarci lontani dalla vita e dalla realtà, pericolo (se di un pericolo si tratta) che è insito nel metodo di Itten, per il quale, ad esempio, per gli allievi del laboratorio la meditazione e i riti sono più importanti del lavoro. Itten intende educare l’artigiano, per il quale il meditare e il pensare il lavoro ha più importanza che non il lavoro stesso [...]. Gropius ha in mente un uomo che sappia vivere e lavorare, che maturi nel confronto con la realtà e nella prassi. Itten vuole il talento che si formi nel silenzio, Gropius il carattere dentro la corrente del mondo (oltre che il talento).

Tempio di Mazdaznan, 1920, Johannes Itten

32


i primi anni del bauhaus

33


johannes itten

l’abbandono dell’utopia

Il conflitto si inasprì nel 1921-22, e non soltanto per l’insistenza di Itten su posizioni filosofico-esoteriche e sulle pratiche che vi si connettevano e che al di fuori dei suoi diretti seguaci - in particolare il “nucleo duro” di adepti che l’avevano seguito a Weimar da Vienna - non di rado scatenavano gli sfottò; il verso “Itten, Muche, Mazdaznan”, cantato su un’allegra melodia, diventò l’ironico segno di riconoscimento degli appartenenti al Bauhaus. Nello stesso tempo Gropius perseguiva sempre più la tendenza a riaccogliere le idee che aveva coltivato prima della guerra, di un’unità di arte e tecnica, a puntare perciò sul design industriale e a dare al problema della formazione una soluzione razionale e pragmatica; il crescente influsso di De Stijl sul Bauhaus grazie al lavoro di Theo van Doesburg a Weimar nel 1921-22 e il congresso dei dadaisti e dei costruttivisti tenutosi nell’autunno del 1922, al quale partecipò anche El Lissitzky, potrebbero aver dato un’ulteriore spinta in questo senso. Itten, per contro, sottolineava la peculiarità del suo insegnamento, che mirava all’uomo nella sua interezza, alla cooperazione delle energie e delle capacità del corpo, dei sensi, della psiche e dell’intelletto. Il conflitto, pertanto, era inevitabile, e quasi si sarebbe tentati di definirlo tragico, giacché tutti e due - Itten e Gropius - avevano, ciascuno a modo suo, ragione. Itten non era disposto in nessun caso a considerare il suo insegnamento unicamente alla stregua di un corso preparatorio alla formazione pratica di designers industriali, obiettivo in direzione del quale Gropius sempre più stava spingendo. La fase utopistico-romantica del Bauhaus - a giudizio di Itten il suo periodo universalistico - era finita. Se il Bauhaus intendeva trasformarsi in una scuola di design, il ritiro di Itten era inevitabile.

34


Mostra del Bauhaus a Weimar, 1923, Sala con i lavori del corso propedeutico di Johannes Itten

Egli stesso diede le dimissioni il 4 ottobre 1922 e lasciò il Bauhaus ancor prima della grande mostra preparata per l’estate del 1923, che in una sezione assai cospicua avrebbe presentato anche i suoi lavori e quelli dei suoi allievi. In questa contestata uscita di scena può aver avuto parte la personale rivalità tra quei due uomini così antitetici: Itten, che Schlemmer ironicamente, ma anche con ammirazione, chiamava un “millantatore pedagogico” aveva palesato una considerevole capacità di imporre le sue idee, e Gropius inoltre temeva l’attività che gli appariva settaria del gruppo di studenti da lui dominati. Ma il fattore decisivo fu la graduale revisione cui Gropius sottopose gli obiettivi originari della sua scuola e anche la dura critica che iniziò a muovere al suo interno a quanto vi si faceva, insegnamento di Itten compreso. Se ancora pochi anni prima egli aveva tracciato degli “spartiacque netti tra sogno e realtà, tra nostalgia delle stelle e lavoro quotidiano”, ora questi “spartiacque” venivano oltrepassati a vantaggio del lavoro quotidiano.

35


johannes itten

Ancora una volta fu Schlemmer a riconoscerlo, già nel giugno 1922: Abbandono dell’utopia. Noi possiamo e sappiamo fare cose quanto mai reali, vogliamo perseguire la realizzazione delle idee. Anziché cattedrali, la macchina per abitare. Distacco dunque dal medioevo e dal concetto medievale di artigianato, e, da ultimo, di artigianato come tale, inteso come semplice addestramento e come mezzo per il fine della configurazione. Il distacco dai manifesti utopistici dell’immediato dopoguerra era già avvenuto prima del 1922 e si poteva avvertire non soltanto al Bauhaus. Da tempo l’espressionismo aveva perduto vigore, l’avanguardia si orientava in parte sul costruttivismo, in parte sulla “nuova oggettività”; la concezione della vita prendeva sempre più le distanze dall’agitazione, dai turbamenti e dai miti comunitari degli anni postbellici e si faceva via via più “tecnica” e sobria.” Anche il pubblico era stanco di utopie e di risoluzioni continue e voleva vedere dei risultati. Il Bauhaus si trovava sotto pressione e risolse perciò - in fondo nella persuasione che fosse ancora troppo presto - di presentare per la prima volta un compendio dei risultati del suo lavoro. Nel libro redatto per la mostra del 1923, all’insegna del nuovo motto “Arte e tecnica: una nuova unità”, Gropius pubblicava il suo saggio che additava la direzione per gli anni a venire, intitolato Idee und Aufbau des Staatlichen Bauhauses (Idea e costruzione del Bauhaus statale). Questo saggio invero si riallaccia in tutto e per tutto all’idea della fondazione e richiama “la riunificazione di tutte le discipline artistiche in una nuova architettura” e il “fine lontano del Bauhaus [...] l’opera d’arte unitaria”, ma ormai l’istanza di fondo suona come segue: “Lavoro pratico fondamentale in laboratori di produzione in stretta connessione con una rigorosa teoria degli elementi della figurazione e delle loro leggi costruttive.”

36


i primi anni del bauhaus

Il conflitto si era acceso precisamente sulla produttività dei laboratori, e la rigorosa teoria degli elementi della figurazione Gropius si aspettava ormai che fosse portata avanti dai pittori che aveva chiamato a Weimar, Wassily Kandinsky e Paul Klee, ma soprattutto da Laszló Moholy-Nagy, l’unico costruttivista tra i docenti-artisti al Bauhaus. Da allora quell’estetica geometrico-normativa del prodotto prese il sopravvento, e a essa il Bauhaus deve una parte considerevole della sua fama postuma. Si è spesso visto in questo mutamento di tendenze un consolidamento, il che può essere vero per quanto riguarda i successi a livello mondiale raggiunti negli anni successivi dal Bauhaus nel campo della figurazione. Senza lo slancio utopistico della fase di fondazione e senza la “lotta degli spiriti” che costrinse a fare di continuo i conti con le idee e gli esperimenti del Bauhaus, quei successi difficilmente si sarebbero toccati. La nascita e l’azione del Bauhaus si debbono a un insieme di fattori che presumibilmente non si ripresenterà tanto facilmente: il crollo politico, sociale ma anche culturale del 1918-19, che schiuse lo spazio a sviluppi nuovi: il programma che architetti e artisti da lungo tempo avevano preparato, di una riforma nella formazione degli architetti e degli artisti; le disposizioni, la volontà e l’istinto di un singolo uomo, Walter Gropius, che osò in quella situazione di caos tentare un nuovo cominciamento e che tale tentativo impose e realizzò; le impostazioni pedagogiche di Johannes Itten che guardavano all’uomo nella sua globalità; e, infine, l’irripetibile e fortunata circostanza che vide artisti di livello mondiale riuniti a cooperare a quell’esperimento rischioso.

Certo, verso la fine del primo Bauhaus, la scuola cambiò il proprio indirizzo, e l’avrebbe fatto altre volte ancora negli anni successivi. Se tuttavia il Bauhaus potesse in seguito riallacciarsi un’altra volta all’orientamento umanistico e universalistico degli anni iniziali rimane una questione aperta.

37



LA TORRE DEL FUOCO


johannes itten

40


la torre del fuoco

La Torre del fuoco è generalmente considerata il capolavoro di Itten negli anni del Bauhaus di Weimar. Sulla sua origine si sa tuttavia molto poco, come si sa molto poco sul preciso aspetto della torre, e in particolare sul cromatismo della costruzione di vetro nel suo insieme. La struttura venne certamente realizzata come un modello che raggiungeva la rispettabile altezza di 3,00 m. All’epoca non esistevano ancora i laboratori di pittura su vetro, ne maestranze in possesso di una formazione specifica. Nell’estate del 1920 la torre fu eretta davanti all’atelier di Itten, nella Tempelherrenhaus (Casa dei Templari), nel parco sulla Ilm. Il 14 giugno Itten scriveva alla sua amica viennese Anna Hollering: “Adesso sto aspettando la mia torre di vetro, che può arrivare da un momento all’altro dallo studio del pittore su vetro.” All’infuori di alcune fotografie e di numerosi schizzi e appunti nei diari di Itten non disponiamo però di altra documentazione sull’opera e pertanto le nostre conoscenze sono piuttosto limitate. Analogamente alla famosa xilografia del manifesto del Bauhaus eseguita da Feininger nel 1919 con la Cattedrale dal cui campanile si dipartono fasci di luce che rappresentano la potenza delle arti, i disegni di Itten per il progetto della Torre del fuoco contengono messaggi simbolici che abbracciano il significato cosmologico dell’intero universo. Che Itten a Weimar abbia lavorato a un progetto architettonico simbolicamente pregnante, trova giustificazione da una parte nella sua opera pittorica e plastica del precedente periodo viennese e dall’altra in quegli obiettivi programmatici che Gropius aveva indicato nel manifesto del Bauhaus, “nella nuova costruzione del futuro, la quale sarà tutto in una sola forma: architettura e scultura e pittura”. La Torte del fuoco di Itten, in quanto espressione più alta dei suoi primi lavori, si ispira appunto a questa idea. Il 15 dicembre 1919 egli scriveva ad Anna Hollering: “Costruire il Bauhaus, edificare, comporre insieme - costruire insieme forze diverse […] in vista dell’organismo unitario.” E in una seconda lettera aggiungeva: “Trasformiamo le grandi sale di mia umanità più alta, disegnamo l’arte nei laboratori per gli uomini […]. Costruiamo la nostra casa.” La Torre del fuoco davanti alla Tempelherrenhaus di Weimar, 1920, Johannes Itten

41


johannes itten

1

3

1-2 studio per la Torre del fuoco, 1920, Johannes Itten 3 studio per la Torre del fuoco, 1919, Johannes Itten

2

42


la torre del fuoco

struttura

La sua Torre del fuoco mostra in senso formale l’applicazione delle composizioni pittoriche a spirale alla tridimensionalità che deriva dai cubi posti uno sopra l’altro in modo che la loro forma sostanzialmente statica, grazie alla nuova disposizione, produca una spirale protesa verso l’alto. La spirale giocava un ruolo essenziale in molte opere del suo periodo viennese. Nei quadri astratti come nei disegni di nudo e nelle composizioni plastiche di cubi è il dualismo di quiete e movimento ascendente nella spirale a determinare l’opera creativa di Itten. Nello stesso tempo forme cariche di tensione forme in equilibrio si fondono per costituire un’unità armonica. Nel dominio della polarità Itten vede uno degli scopi principali della sua arte. “Essere artista significa avere esperienza vissuta del caos e anelare all’unità nella propria opera”. Nella Torre del fuoco da costruire in vetro, le riflessioni del periodo precedente vengono condensate in forma colore, in una costruzione complessa ma realizzabile, nella quale quiete movimento infinito devono creare quell’unità armonica cui tanto si anela. In senso puramente costruttivo la torre consiste di dodici cubi posti uno sopra l’altro che si rimpiccioliscono verso l’alto. Gli angoli dei cubi, sfasati l’uno rispetto all’altro, sono raccordati nel modello da sezioni coniche in vetro colorato. Il motivo di questa torre era già stato prefigurato prima del periodo weimariano. Nella tarda estate del 1918 Itten compì un viaggio da Vienna nell’altopiano di Berna, a Sigriswil, vicino a Thun, dove aveva seguito i primi studi. Da ragazzo aveva abitato in casa dello zio, tra la chiesa e il castello, ed evidentemente era rimasto impressionato dalle svettanti costruzioni sul monte del castello con le casette a ridosso l’una dell’altra, le vie strette e gli innumerevoli gradini. Già nel 1912 aveva fatto dei disegni di quelle case e del castello secondo stilemi cubisti e aveva dipinto il quadro Casa con scala.

43


johannes itten

Il campanile della chiesa e il maestoso cubo del castello, ma anche le case con le scale di legno che si intersecano sulle facciate, trovano un riflesso nei rilievi di Itten e in alcuni schizzi dei diari dal 1918 al 1920. A Sigriswil nell’agosto 1918 Itten lavorò tra l’altro al progetto di una chiesa. Nel diario, accanto a diverse vedute e piante, si può notare lo schizzo di un “campanile a quattro piani, nel quale ogni piano superiore è fatto ruotare di un ottavo”. Tornato a Vienna, nel 1919 egli aveva elaborato una serie di progetti architettonici nei quali veniva nuovamente ripreso il principio costruttivo dei cubi ruotati. A Weimar, per quanto se ne sa, Itten tornò a occuparsi del progetto della torre all’inizio del 1920: uno schizzo poco appariscente in uno dei diari mostra un numero maggiore di cubi sovrapposti. Si tratta di un disegno a pianta quadrata con linee e fasce a zig-zag che si incrociano ritmicamente e che appaiono come una trasposizione delle scale e dei gradini del castello di Thun. Nell’angolo destro si riconosce il tetto di una chiesa. Nel febbraio 1920 scriveva ad Anna Willering: “I miei progetti di architettura mi danno una grande gioia. Del mio campanile mi sto facendo costruire un modello alto 3,60 metri con vetro colorato.” Nello stesso periodo nel diario compaiono una serie di disegni dai quali progressivamente emerge la forma definitiva della torre. In collegamento con i progetti della

44

Torre del fuoco, il cui modello fu approntato nel giugno 1920, Itten sviluppò riflessioni cosmologiche tese a definire il monumento nella sua totalità come simbolo dell’intero universo. In questi ragionamenti curiosamente attribuiva un grande significato al numero dodici, analogamente alla sua teoria dei colori e alle teoria musicale di Matthias Hauer.) In uno schizzo di particolare chiarezza vengono riuniti in gruppi quattro cubi di una torre fatta di dodici elementi. Il primo gruppo è di pietra, il secondo di metallo, il terzo di vetro. Il cubo più basso della torre deve raffigurare i minerali in “dodici sistemi cristallini”. Gli altri tre cubi sono assegnati alle piante, agli animali e agli uomini. I quattro cubi centrali devono accogliere in tutto dodici campane. L’ultimo gruppo è attribuito ai quattro elementi. Il vertice deve consistere di quattro “sfere di luce” che simboleggiano il “logos” e il “sole”.


la torre del fuoco

componenti cromatiche

Il modello della torre fu realizzato con diversi materiali, in particolare vetro. Ma dato che non possediamo materiale documentario né schizzi colorati, non possiamo stabilire il cromatismo della torre. Dal diario di Itten ricaviamo solo scarse indicazioni: “Nella torre dai dodici elementi un colore compare sei volte. Ora, supposto che la torre venga illuminata dallo zenit, si porrebbe il compito di utilizzare le sei gradazioni cromatiche di un colore. Di modo che risulti in basso scuro e in alto chiaro. Ma poiché dalle nostre parti l’illuminiazione è una illuminazione limitata, allora il colore dovrebbe essere reso così da creare un effetto il più possibile ampio. Facendo sì per esempio che il colore venga illuminato sulla parte in ombra. O quando la torre sta in un posto in cui deve predominare un effetto fortemente plastico, allora i colori freddi scuri sarebbero da mettere sulla parte in ombra, e il lato giallo del primo cubo sarebbe da collocare verso sud.” La frequenza del numero dodici (dodici sistemi cristallini, dodici campane), i dodici settori del cerchio cromatico, così come le indicazioni cromatiche e la ricorrenza dei colori che dovevano comparire permettono quantomeno di supporre che anche i rivestimenti di vetro piombato della torre consistessero almeno di dodici diverse tonalità di colore che evidenziavano un percorso cromatico dallo scuro al chiaro. L’indicazione secondo cui “un colore deve comparire sei volte” e secondo cui “devono essere utilizzate sei gradazioni cromatiche di un colore” non permette di fare deduzioni più precise dato che le superfici dei coni dei singoli rivestimenti potevano consistere di più vetri dai colori diversi, e dato che non sappiamo se ogni colore “comparisse sei volte”.

Un interessante rimando al cromatismo della torre lo fornisce un appunto nello schizzo di cui abbiamo appena parlato nel diario di Itten. Accanto a diverse idee iconografiche sulla configurazione della torre si dice tra l’altro: “Sarebbe meglio rappresentare le immagini dello zodiaco, in verticale.” Nei diari del 1919-20 si

45


johannes itten

ritrovano spesso i dodici segni dello zodiaco, che Itten ripetutamente collega allo spettro dei colori in dodici parti e alla musica dodecafonica. E più avanti annota: “La mia torre un segno della luce (della verità), insieme al suono delle campane, la musica.” I dodici segni zodiacali vengono associati da Itten ai colori seguenti: ariete/rosso, toro/azzurro, gemelli/giallo, cancro/violetto, leone/giallo oro, vergine/rosso arancio, bilancia/azzurro, scorpione/rosso, capricorno/verde, sagittario/porpora, acquario/indaco, pesci/grigio argento. Già nei diari viennesi Itten aveva posto mano ad analoghe associazioni cromatiche. Le componenti cromatiche del grigio argento e del verde, che nei lavori didattici del Bauhaus generalmente non compaiono quasi, si trovano però nei lavori di Gertrud Grunow, che giunse al Bauhaus grazie a Itten e che insegnò teoria dell’armonia a Weimar fino al marzo 1924. Il suo insegnamento pedagogico, affine a quello di Itten, si basava sul fatto che colori e tonalità, forme e sensazioni devono costituire un’unità. Un lavoro scolastico di Benita Otte, del 1923, presenta una composizione cromatica dall’effetto plastico che potrebbe accostarsi da vicino ai colori della Torre del fuoco. ricostruzione della Torre del fuoco, 1995-96, Michael Siebenbrodt, Fondazione Antonio Mazzotta, Milano

46


la torre del fuoco

47


johannes itten

ispirazione

La supposizione che la critica ha avanzato di uno stretto rapporto tra la Torre del fuoco e la relazione che legava Itten alla sua amica viennese Emmy Anbelang, precocemente scomparsa, non ci dice granché. Nel 1919 Itten aveva sposato a Thun la sorella della defunta. L’idea che Itten veda il campanile di Thun “come segno di ricordo e anello di congiunzione con l’amata defunta”, e che quindi progetti la Torre del fuoco di Weimar “come una unione che si innalza in cielo con la defunta Emmy Anbelang”, non è condivisibile. Anche la teoria, formulata nelle stesse pagine, che vede il principio della rotazione direttamente predeterminato dal campanile di Thun, appare poco convincente. L’architettura della chiesa del castello a Thun non consente deduzioni di questo tipo. Inoltre i primi schizzi di una torre costruita a spirale risalgono già all’estate del 1918, prima quindi della tragica morte dell’amica. Non è un fatto raro, anzi è piuttosto una regola, che gli artisti vengano stimolati a creare dalle esperienze personali. Questo vale anche per Itten. Ma pur tenendo conto delle sue conoscenze storico-artistiche ampiamente diversificate, dalla situazione del Bauhaus e dell’impostazione universalistica del pensiero di Itten, sarebbe veramente troppo frettoloso pensare di far derivare la Torre del fuoco in primo luogo da ricordi personali. La torre di Itten va piuttosto collegata con i progetti di torri a spirale che già dall’inizio del XIX secolo avevano visti impegnati numerosi artisti. In proposito è stato già ricordato dagli studiosi un modello di Rodin per una Torre del lavoro del 1889, come pure un progetto di Hermann Obrist per un monumento. Anche il famoso Monumento alla Terza Internazionale di Tatlin rientra in questo filone, pure se non è detto che Itten li conoscesse o che ne sia stato influenzato. A tutti gli esempi citati è comune il movimento verticale a spirale e un ordine di grandezza monumentale, per cui rientrano nel più ampio

48


la torre del fuoco

contesto delle raffigurazioni della Torre di Babele, su cui pittori architetti si erano cimentati nel corso dei secoli. Dal tardo medioevo la Torre di Babele era vista non solo come esempio di presunzione degli uomini, ma anche come un’opera meravigliosa, come simbolo di una rappresentazione cosmologica del mondo. La raffigurazione più famosa della Torre di Babele è quella del quadro di Pieter Bruegel conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna, che Itten difficilmente avrà trascurato di vedere all’epoca del suo soggiorno in quella città. In arte come in letteratura, comunque, era sempre stato l’aspetto positivo a predominare su quello negativo di critica della presunzione umana nella rappresentazione della Torre di Babele. Tra gli altri, Goethe cita Erwin von Steinbach che era riuscito con il Duomo di Strasburgo a “produrre nell’anima un pensiero di Babele”, e in Poesia e verità definisce il Duomo di Colonia “come modello di quelle concezioni gigantesche il cui senso anela babilonicamente al cielo”. Oltre alle illustrazioni e alle descrizioni devono essere compresi nel contesto complessivo anche i progetti architettonici e le costruzioni. La sommità del Duomo di Strasburgo, fatta a gradoni, trova una corrispondenza nella copertura della torre del Duomo di Friburgo, completamente risolta nel traforo. Quando Itten nel 1913 si mise in viaggio da Berna verso Stoccarda visitò anche il Duomo di Friburgo, il cui

49

campanile lo impressionò a tal punto che scattò una fotografia rivolto verso la guglia, foto che poi utilizzò nel 1921 nella pubblicazione Utopia apparsa a Weimar. Si ha l’impressione che Itten non fosse solo influenzato dai progetti utopistici di torri del suo tempo, ma anche dalle interpretazioni offerte dalle cattedrali gotiche in senso cosmologico. Nella sua biblioteche c’era il libro di Louis Herre, Fonchungsergebnisse zum Munster in Freiburg, in cui si cerca di spiegare l’architettura della cattedrale soprattutto attraverso l’astrologia. Il confronto tra le zone del campanile del duomo con i dodici segni zodiacali, in collegamento con le armonie sonore, le regolarità geometriche o lo schema della punta a tabernacolo del campanile contiene riflessioni assai vicine ai pensieri di Itten. Le frequenti contrapposizioni di coppie concettuali antitetiche, come alba e crepuscolo, giorno e notte, tempio e campanile ecc.. fanno pensare alle esercitazioni di Itten nel corso propedeutico al Bauhaus. Un altro importante esempio è rappresentato dalla chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza di Roma, portata a compimento da Francesco Borrommi nel 1652. Il campanile della chiesa termina in una lanterna a spirale che culmina in una corona di fiamme. La torre di fiamme diventa la sede della saggezza divina, e insieme alla Torre di Babele che svetta nel cielo verso Dio si innalza contemporaneamente la propria pretesa universale sul globo terrestre.


johannes itten

Si deve presumere che la costruzione del Borromini fosse nota a Itten, anche se la più recente interpretazione iconografica gli era certamente sconosciuta. La chiesa del Borromini era riprodotta in una incisione, e alcuni disegni dell’architetto erano conservati all’Albertina di Vienna, tra cui anche un progetto del campanile di Sant’Ivo. Inoltre il disegno del campanile era stato pubblicato nel 1910 a Vienna in un lussuoso volume. Si può pensare che questi eventi contemporanei non siano sfuggiti all’attenzione di Itten, tanto più che le idee per la Torre del fuoco ebbero origine da forme cubiche. Per capire meglio il progetto della torre di Itten si deve fare riferimento, per il periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, anche alle utopie architettoniche dell’epoca, da cui si sviluppò la nuova architettura tedesca. Citiamo come esempio solo i progetti per un grattacielo di Scharoun e Mies van der Rohe eseguiti per il concorso per la stazione Friedrichstrasse a Berlino. Nel 1919 Bruno Taut pubblicò i progetti risalenti al tempo di guerra della sua Stadtkrone e la Alpine Architektur accompagnati dagli inni entusiastici di Paul Scheerbart all’architettura di vetro. Nello stesso anno Wenzel Hablik presentò nell’opuscolo del Consiglio del lavoro per l’arte il progetto di un palazzo per esposizioni. In quasi tutti quei progetti utopistici l’architettura della torre e il vetro come materiale da costruzione giocavano un ruolo predominante.

50

Al corso propedeutico di Itten venivano eseguiti lavori plastici come lo Studio di materiali - Composizioni di forme plastiche e ritmiche semplici, che presentavano gli elementi della spirale e della torre che si assottigliava verso l’alto. Fotografie dell’epoca dei laboratori di ceramica e di scultura mostrano “templi della luce” e altre varianti di torre. Quanto sia decisivo il periodo storico per capire la torre di Itten che si innalza a spirale lo indica un progetto, finora sconosciuto, elaborato nel 1920 dall’artista Hilma af Klint. La sua torre a spirale si conclude in un simbolo che, come per la torre di Itten, vuole appunto rappresentare il logos divino. Hilma af Klint viveva in Svezia e i suoi contatti con l’ambiente artistico europeo dell’epoca erano praticamente inesistenti, anche se per la verità manteneva rapporti con Rudolf Steiner che ebbe su di lei un’influenza decisiva. Dato che la Torre del fuoco di Itten non esiste più, la mancanza di documenti ci costringe più volte a supposizioni. In un punto Itten ha però lasciato un’indicazione concreta, che è stata spesso citata senza essere considerata con la dovuta attenzione. Con riferimento a una pubblicazione alla quale egli stava lavorando nel 1964, Itten ha annotato sul retro di una foto storica che mostra la Torre del fuoco davanti alla Tempelherrenhaus di Weimar: Questo riferimento puntuale alla torre “come segnalazione di una città per aerei!” ha una base concreta che dà


la torre del fuoco

La forma della torre si sviluppa da un cubo che viene fatto ruotare ogni volta di un quarto di lato; i collegamenti degli angoli così formati danno luogo a superfici coniche (di vetro colorato). Di sera le pareti di vetro dovrebbero essere illuminate dall’interno (come segnalazione di una città per gli aerei!). Nella sua realizzazione è pensata come molto alta. Sulla sommità dovrebbe stare un faro rotante.

al progetto della torre una connotazione più reale di quanto si sia finora supposto. Nel 1910 l’Unione del traffico aereo aveva predisposto alla periferia di Weimar una zona di atterraggio e di decollo che venne utilizzata durante la prima guerra mondiale come pista per aerei militari. Il 6 febbraio 1919, in accordo con l’Assemblea nazionale di Weimar, questa zona fu attrezzata come aeroporto della prima linea aerea civile tedesca. Giornalmente la Deutsche Luft-Reederei (DLR) effettuava due voli tra Berlino e Weimar. Se pensiamo la torre di Itten come una torre di aeroporto, potrebbe allora trovare una giustificazione la costruzione relativamente costosa di un modello di quasi quattro metri. Che poi la torre non sia stata realizzata potrebbe essere messo in rapporto con la situazione finanziaria dell’aeroporto di Weimar. Nel 1921, infatti, i voli vennero sospesi per motivi di opportunità economica. La torre di vetro di Itten fu esposta solo per poco tempo davanti al Tempelherrenhaus di Weimar. Secondo la testimonianza della signora Anneliese Itten, il maestro portò con se la torre quando se ne andò da Weimar. Probabilmente la torre, smontata e riposta in alcune casse, andò distrutta durante i bombardamenti aerei su Krefeld. Il fatto di aver portato con sé la torre potrebbe suggerire che Itten l’avesse costruita a proprie spese. Ciò spiegherebbe il motivo per cui negli archivi non si trovino fonti documentarie.

51


johannes itten

Con il contributo della Fondazione Antonio Mazzotta la Torre del fuoco è stata ricostruita a Weimar. Le ricerche scientifiche preliminari, in particolare l’esame dei diari di Itten, sono state compiute da Rolf Bothe in occasione della mostra “Das fruhe Bauhaus und Johannes Itten” nel 1994. Michael Siebenbrodt si è assunto il compito della progettazione e ha seguito il lavoro di ricostruzione. Per le parti in vetro ha collaborato la vetreria artistica Ernst Kraus che già aveva realizzato l’originale nel 1920; alla costuizione dei cubi ha lavorato lo scenografo Rainer Zollner.

ricostruzione dellatorre del fuoco, 1996 Torre del fuoco, ricostruzione, 1971

Per la ricostruzione sono stati dettagliatamente studiati e interpretati con un approcio interdisciplinare gli unici documenti originali disponibili, le due fotografie conservale nell’archivio di Johannes Itten. Ha fatto parte di questo lavoro anche l’analisi critica del primo tentativo di ricostruzione realizzato nel 1971 per la Kunsthalle di Norimbergae che oggi si trova al Bauhaus-Archiv di Berlino. Questa figura composta da cubi bianchi e da elementi colorati in plastica sembra rispecchiare lo spirito del suo tempo, piuttosto che poter essere considerata un serio tentativo di avvicinamento all’originale. Ciò è testimoniato dall’errata premessa matematica per definire la geometria dei cubi (rapporto di riduzione dei lati di 1:2 invece che di 1:3), come pure dall’arbitraria eliminazione dello zoccolo e dalla scelta modernistica dei materiali utilizzati.

52


la torre del fuoco

L’esame comparato delle foto ha individuato un’altezza totale della scultura di 3,60 m con una lunghezza dello spigolo della base di 1,20 m. Questa misura, diventata il punto di partenza per il modello matematico-geometrico della configurazione dei cubi su dodici livelli. I cubi diventano via via più piccoli verso l’alto, dato che la lunghezza del lato di ogni cubo si riduce nel rapporto di 3:1. I punti di intersezione così ottenuti determinano la lunghezza del lato dei cubi che stanno sopra, i quali ruotano in senso antiorario, generano la forma a spirale.

Itten trascura consapevolmente la schematica legge di costruzione geometrica dinamizzando il piedistallo della spirale che sale con regolarità. Riduce così il primo cubo con una lunghezza del lato di 75 cm in un parallelepipedo con un’altezza di 23,5 cm. La Torre del fuoco storica, per essere fotografata venne posta su un banco di lavoro davanti all’atelier di Itten a Weimar nella Tempelherrenhaus, senza un basamento particolare. Ma evidentemente la lastra di base non doveva essere collocata per terra, come le ricerche su un modello di lavoro in scala 1:10 hanno confermato in modo convincente. Per questa ragione l’autore propone un nuovo basamento per la scultura deducendolo dalle sue regole costruttive matematiche; con lunghezza del lato di 133,5 cm e un’altezza del basamento di 44,5 cm (rapporto 3:1) risulta un rapporto dimensionale con l’altezza complessiva di 4 metri. Colori e materia delle superfici dei 53

cubi non possono più essere ricostruiti esattamente. Le fotografie dell’originale testimoniano differenti sfumature di grigio e nero nel basamento e nelle superfici riflettenti sui cubi che stanno sopra. Ciò corrisponde a uno schizzo in cui Itten assegna alle singole zone, dal basso verso l’alto, i materiali pietra/metallo/vetro. Basandosi sulle sue teorie, per la ricostruzione sono state prese le seguenti decisioni: i primi quattro livelli del basamento hanno una tinta opaca grigio pietra nella scala dal grigio chiaro fino al nero; i cubi superiori hanno un rivestimento in lamiera di zinco ripreso anche negli elementi di vetro; i cubi della sommità della torre sono tinteggiati con un bianco brillante per ottenere un effetto di vetro bianco. Assolutamente decisivo per la Torre


johannes itten

del fuoco è l’impiego degli elementi di vetro piombato in forma di sezioni coniche ricoprono la struttura cubica. Il contrasto di forma di cubi statico-costruttivi e di sezioni coniche dinamico-tondeggianti è risolto da Itten in una unità carica di tensione. Le parti in vetro sono montate in modo tale che in una linea che sale da sinistra a destra racchiudano uno spazio aperto verso il basso. Qui lo spigolo sinistro unisce con ripida inclinazione i piani dei cubi mentre lo spigolo di destra sfocia nello spigolo del cubo superiore. Tutte le parti della torre vengono montate infilandole semplicemente l’una sull’altra. Particolare attenzione meritano le strutture degli elementi di vetro piombato, che non servono solo per definire le zone cromatiche all’interno delle singole parti e non hanno un contenuto solo tecnico. Esse applicano fin nei dettagli il simbolismo numerico di Itten. Partendo dal centro, le linee che corrono a raggiera verso l’esterno articolano l’elemento conico in dodici sezioni incrociate da una rete di linee che, tendendo verso il centro, vi convergono a spina di pesce. Movimento e contromovimento sono dunque anche qui l’intento figurativo. Schizzi e appunti indicano che Itten ha utilizzato il suo cerchio cromatico in dodici parti come base per le parti in vetro della torre. Per questa ragione alle parti in vetro corrisponde a ogni piano un quarto della Rosa dei colori. E in ogni elemento di vetro si trovano tre colori ravvicinati in diverse tonalità che

54

dall’esterno all’interno diventano più chiare. In modo analogo la luminosità aumenta a causa delle diverse superfici dei cubi verso l’alto: anelito ascendente alla luce! Nella ricostruzione i vetri sono stati scelti sulla base delle differenti sfumature cromatiche e con superfici irregolari che si possono osservare nel reperto fotografico. Essi conferiscono all’opera raffinate nuances cromatiche ed elementi di casualità dovuti alla lavorazione artigianale di ogni singolo pezzo. Alle molteplici componenti visive che caratterizzano la Torre del fuoco si aggiunge quella acustica data dalle campane. Alcune di esse sono identificabili nella fotografia dell’originale sul terzo livello dei cubi, evidentemente piccoli campanacci da mucca o campanelli. Se fossero mosse dal vento o mediante un dispositivo meccanico non è dato sapere.. Matematica e intuizione artistica, spazio, materia e colore, la luce del sole con tutte le variazioni cromatiche dovute all’ora del giorno e alle condizioni atmosferiche, simbolismo, giocosità e naiveté della sperimentazione artistica, tutto questo è racchiuso insieme da Johannes Itten nella sua opera d’arte totale, la Torre del fuoco. In questo modo il suo capolavoro plastico si pone al di là del primo periodo “espressionista” del Bauhaus. Dopo la mostra milanese esso entrerà nella collezione del Bauhaus Museum di Weimar.



biografia

johannes itten

1888 nasce a Sudernlinden, Svizzera.

1904-08 frequenta una scuola magistrale ottenendo il diploma di maestro.

1910-12 studia matematica e scienze naturali.

1913 frequenta l’Accademia di Belle Arti di Stoccarda ed è allievo di Adolf Holzel.

1919-23 invitato da Gropius, insegna al Bauhaus.

1916 tiene la sua prima mostra personale alla galleria berlinese Der Sturm. Si trasferisce a Vienna e insegna in una scuola d’arte privata. Si interessa di mistica e teosofia.

56


1938-53 dirige la Scuola e il Museo di arti applicate di Zurigo.

1926

1949-56

apre a Berlino una scuola d’Arte moderna, che verrà chiusa nel 1934 dai nazisti.

organizza e dirige il Museo Rietberg per l’arte extraeuropea.

1923

1967

1937 alcuni suoi quadri vengono esposti alla mostra di “arte degenerata” a Monaco.

lascia il Bauhaus in seguito a una rottura con Gropius.

1932-38 dirige una Scuola d’arte tessile a Krefeld.

1920 insegna nel corso propedeutico e tiene un corso di teoria della forma. Da allora fu “maestro della forma” di quasi tutti i laboratori. Si avvicina alla setta esoterica Mazdaznan, di cui diffonde le idee all’interno della scuola.

57

muore a Zurigo.



bibliografia

Bauhaus 1919-1933, da Kandinsky a Klee, da Gropius a Mies van der Rohe Mazzotta, Milano, 1996 Bauhaus, Bauhaus archiv, Magdalena Droste, Taschen, 2013


2.

johannes itten

La collana Bauen ha come obiettivo quello di mettere in luce i padri fondatori della scuola del Bauhaus, coloro che hanno posto le basi per dare luogo a un’opera d’arte totale, sintesi e fusione di diverse discipline con un unico fine: costruire. Composta da sei volumi, la collana si rivolge alle figure fondamentali come Gropius, Itten, Schlemmer, Bayer, Moholy-Nogy e Breuer, i quali, nelle rispettive discipline, hanno apportato un cambiamento radicale all’interno della scuola e uno stile che abbraccia il mondo del design ancora oggi.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.