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Capitolo 20

Emergenze e urgenze in odontoiatria pediatrica G. PIANA, S. PIZZI, R. BOTTO

L’accesso al Pronto Soccorso odontoiatrico o la visita odontoiatrica urgente sono richiesti quando si ritiene che un bambino necessiti di un intervento immediato a causa di un infortunio o per la comparsa di segni o sintomi che interessano il cavo orale.

Anamnesi Il dolore è il motivo che più spesso conduce il bambino in ambiente odontoiatrico per un trattamento di emergenza/urgenza. Tutto ciò che concerne la cura dei bambini deve essere sempre volto a prevenire, evitare e alleviare il dolore e i concomitanti aspetti emotivi e psicologici della malattia e dei traumi. L’eliminazione del dolore deve dunque rappresentare una priorità per tutti gli operatori sanitari (Pinto et al, 2008). Solitamente il dolore è un sintomo che indica la presenza di un danno tissutale e la sua intensità non è necessariamente proporzionale all’estensione del danno; occasionalmente il dolore può insorgere in assenza di danno organico. In presenza di danno tissutale, il dolore, originato a livello del sistema nervoso periferico per stimolazione di recettori, viene elaborato a livello del sistema nervoso centrale: per questa ragione la percezione del dolore è influenzata da fattori emotivi, culturali, cognitivi (per esempio, attenzione, distrazione) e da pregresse esperienze dolorose. Il dolore è un sintomo soggettivo: non può quindi essere valutato visivamente e deve essere indagato attraverso l’anamnesi. Per inquadrare correttamente il quadro clinico con un paziente collaborativo e con una buona proprietà di linguaggio, si utilizzano domande quali: “che aggettivi usi per spiegare il tuo dolore (acuto, sordo, pulsante)?”; “dove è più forte?”; “da dove parte?; “quanto è forte?”; “non ti fa dormire oppure ti sveglia la notte?”; “quando è iniziato?”; “è continuo o va e viene?”; “se va e viene, quanto dura ogni volta?”; “c’è qualcosa che lo fa iniziare?”; “c’è qualcosa che lo fa migliorare?”; “c’è qualcosa che lo fa peggiorare?”; “ci sono altri problemi?”. Dall’anamnesi emergono numerose indicazioni che aiutano a formulare la diagnosi corretta, presupposto indispensabile per attuare il piano di trattamento più appropriato. La raccolta delle informazioni può essere estremamente problematica nei primi anni di vita del bambino, a causa dell’incompleto livello di maturazione e della scarsità del bagaglio linguistico; gli interlocutori (genitori, tutori) possono rispondere alle domande solo parzialmente. 419


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Caratteristiche. Un dolore descritto come acuto è spesso associato a dentina esposta (ca-

rie, frattura di origine traumatica, otturazione fratturata), pulpite reversibile, pulpite irreversibile, nevralgia del trigemino (di raro risconto in età evolutiva). Un dolore descritto come sordo-pulsante è spesso associato ad ascesso apicale di origine endodontica, ascesso di origine parodontale (di raro riscontro in età evolutiva), gengivite ulcero-necrotica, alveolite postestrattiva, herpes zoster, sinusite, patologie dell’articolazione temporo-mandibolare. Intensità. Per quanto riguarda i dati anamnestici, il dolore è da inquadrare come non in-

tenso se il paziente non ha fatto ricorso ad analgesici e come intenso se impedisce al bambino di dormire e/o di mangiare. L’intensità del dolore può essere valutata mediante l’utilizzo della Scala analogica visiva (VAS) di Scott, Ansell e Huskisson. Può essere utilizzata anche la Scala delle espressioni facciali nelle varianti più conosciute come la scala di Wong e Baker e la scala di Bieri. Localizzazione. Spesso la localizzazione del dolore è difficile: il dolore di origine pulpa-

re può essere irradiato (sinalgie dento-dentali, dento-mucose e dento-cutanee), ma sempre nell’ambito dello stesso emisoma; la sinusite può determinare dolore in corrispondenza di più denti dell’arcata superiore. Durata. Un dolore di breve durata che recede dopo l’eliminazione dello stimolo scatenante (freddo, zuccheri ecc.) è sintomo di pulpite reversibile; un dolore spontaneo duraturo è sintomo di pulpite irreversibile o di ascesso. Fattori esacerbanti. Un dolore scatenato da stimoli termici (freddo, caldo) od osmotici

(zucchero, acidi) è solitamente di origine pulpare, mentre un dolore avvertito durante la masticazione o la percussione è di origine parodontale.

Esame obiettivo e diagnosi Dopo la raccolta dei dati anamnestici, si procede con l’esame obiettivo all’individuazione del dente responsabile della sintomatologia; si focalizza l’attenzione sulla presenza di lesioni cariose, di pregresse otturazioni estese e/o con infiltrazione marginale, di modificazioni di colore, di gonfiore e/o di fistole. Nel bambino, i test di sensibilità pulpare termici ed elettrici sono scarsamente affidabili, in particolare nei denti decidui con apice in via di riassorbimento e nei denti permanenti con apice non completamente formato. Il test termico al freddo può essere utilizzato per fare una diagnosi differenziale tra pulpite reversibile (il dolore recede alla rimozione dello stimolo) e irreversibile (il dolore perdura dopo la rimozione dello stimolo) (Gopikrishna et al, 2009). Gli esami radiografici endorali, oltre a evidenziare lesioni cariose e patologie periapicali con esteso riassorbimento osseo, permettono di valutare il livello di rizolisi dei denti decidui, orientando il piano di trattamento. 420


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La causa più frequente di dolore a livello del cavo orale è di origine dentale (Tab. 20.1) (Milsom et al, 2002; Lewis e Stout, 2010). Uno studio effettuato su 1166 bambini (range di età: 0-14 anni) mostra le cause che più frequentemente portano il bambino dal dentista per una visita di urgenza: 62% per dolore in seguito a lesioni cariose, 18% per trauma dentale, 14% per problemi di eruzione (Sakai et al, 2005).

Dolore di origine pulpare Pulpite Nella carie dentale, inizialmente asintomatica, il dolore si manifesta quando nella polpa si sviluppa un processo infiammatorio. Nella fase iniziale di pulpite reversibile, il dolore è provocato da stimoli (freddo, caldo, dolce ecc.) e si risolve spontaneamente dopo pochi secondi. Il trattamento comporta la rimozione del tessuto cariato e il restauro del dente. Tabella 20.1 Urgenze di origine pulpare

Diagnosi

Definizione

Sintomi

Complicanze

Pulpite reversibile

Infiammazione pulpare reversibile

Dolore in seguito a stimoli termici (freddo, caldo) e osmotici (zuccheri, acidi)

Pulpite irreversibile, Conservativa ascesso periapicale, flemmone

Pulpite irreversibile

Infiammazione pulpare irreversibile

Dolore intenso, spontaneo, persistente, scarsamente localizzato

Parodontite apicale acuta, ascesso periapicale, flemmone

Endodontica o estrazione

Parodontite apicale acuta

Infezione batterica Dolore forte, circoscritta alla zona spontaneo, del periapice persistente, localizzato

Parodontite apicale acuta, ascesso periapicale, flemmone

Farmacologica del dolore, terapia endodontica o estrazione

Ascesso

Infezione batterica Dolore e gonfiore circoscritta ai tessuti localizzati periapicali

Flemmone

Antibiotica, drenaggio, incisione. In seguito terapia endodontica o estrazione

Flemmone

Infezione batterica estesa ai tessuti molli

Complicanze sistemiche

Antibiotica. In seguito terapia endodontica o estrazione

Dolore, eritema e gonfiore estesi

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Terapia


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Se la lesione cariosa causa di pulpite reversibile non viene trattata, la pulpite diventa irreversibile. Il dolore diventa intenso, spontaneo, duraturo, se viene scatenato da uno stimolo non si risolve in pochi secondi e può irradiarsi. Il trattamento d’urgenza consiste nella pulpotomia o nell’estrazione del dente, quando la terapia endodontica è controindicata anche in relazione all’epoca della permuta dell’elemento. L’urgenza del trattamento odontoiatrico è stabilita in base al dolore del paziente; in caso di trattamento differito è indicata una terapia farmacologica secondo l’intensità del dolore: • dolore lieve: paracetamolo 10-15 mg/kg per os (per via rettale 20 mg) pro dose, ripetibile ogni 4-6 ore (dosaggio massimo 80 mg/kg/die); 1-5 anni 120-250 mg, 6-12 anni 250-500 mg; • dolore di media entità: ibuprofene 5-10 mg/kg ogni 8 ore (dosaggio massimo 40 mg/kg/die) oppure 1-2 anni 50 mg; 3-7 anni 100 mg; 8-12 anni 200 mg 3-4 volte/die max 2,4 g/die; • dolore intenso: codeina o codeina e paracetamolo. Parodontite Il passaggio di batteri e tossine dalla polpa sede di infiammazione irreversibile e/o di necrosi causa parodontite apicale acuta. Il dolore è forte, spontaneo e persistente, ma, a differenza di quello della pulpite irreversibile, è localizzato al dente interessato. Il dente è sensibile alla percussione. Può essere presente linfoadenopatia regionale. Come trattamento d’urgenza è indicata una terapia farmacologica del dolore con paracetamolo o ibuprofene. La terapia definitiva è la terapia endodontica o l’estrazione. ASCESSO APICALE L’ascesso apicale è una forma localizzata e purulenta di parodontite apicale. Clinicamente, si presenta come un gonfiore fluttuante buccale o palatale, con o senza fistola. Spesso è presente adenopatia regionale. Se il pus è drenante, il dolore di solito non è intenso. Il trattamento d’urgenza per favorire il drenaggio della lesione – quando il livello di collaborazione del paziente lo consente – è l’apertura della camera pulpare e la strumentazione oltre apice di circa 1 mm rispetto alla lunghezza di lavoro, valutata sulla radiografia preoperatoria. Se si ottiene il drenaggio, questo deve essere favorito con l’alta velocità di aspirazione ed eventualmente con una delicata compressione della mucosa sede del gonfiore; al termine della fuoriuscita dell’essudato, il dente viene otturato, previo posizionamento di pellet di cotone a livello della camera pulpare, con otturazione provvisoria. L’incisione della mucosa con bisturi è da riservare ai casi di gonfiore con presenza di zona fluttuante declive. La terapia antibiotica con penicilline o macrolidi (in caso di allergia alle penicilline) è sempre indicata ed è indispensabile quando non è possibile ottenere il drenaggio. In caso di dolore, è indicata la terapia con paracetamolo o ibuprofene. Il trattamento definitivo è la terapia endodontica o l’estrazione. FLEMMONE Il flemmone rappresenta una complicanza dell’ascesso causata dalla diffusione della flogosi settica nei tessuti circostanti, sede di un gonfiore diffuso, teso e doloroso (Fig. 20.1). La linfoadenopatia regionale è frequente e può essere presente la febbre. 422


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Figura 20.1 Flemmone.

È indispensabile instaurare una terapia antibiotica e controllare il paziente a distanza di 1-2 giorni; qualora il quadro clinico non migliori, è necessario un consulto con il chirurgo maxillo-facciale. Gli effetti sistemici dell’infezione sono più pronunciati nei bambini piccoli, con un rapido innalzamento della temperatura, un maggiore rischio di disidratazione e una rapida diffusione dell’infezione. L’infezione può diffondersi negli spazi fasciali della testa e del collo, con il conseguente rischio di compromissione delle vie aeree; nel mascellare, l’infezione può diffondersi anche nella zona periorbitale, con il rischio di gravi complicanze quali perdita della vista, trombosi del seno cavernoso e coinvolgimento del sistema nervoso centrale. I casi di flemmone di origine dentale in cui il paziente ha accesso diretto a un Pronto Soccorso pediatrico e in cui si rende necessario il ricovero ospedaliero per terapia antibiotica endovenosa sono frequenti (Thikkurissy et al, 2010). La terapia definitiva è la terapia endodontica o l’estrazione. Si evidenzia come in tutti i casi in cui sia presente gonfiore, l’estrazione debba essere differita fino alla sua risoluzione, sia per la ridotta efficacia dell’anestetico nel controllo del dolore sia per l’aumentato rischio di batteriemia. A questo proposito, in tutti i pazienti a rischio di endocardite batterica (per esempio i pazienti affetti da cardiopatie congenite) in caso di gonfiore è necessario instaurare immediatamente la terapia antibiotica anche come profilassi dell’endocardite.

Lesioni dentali di origine traumatica Quando l’urgenza è la conseguenza di un trauma dento-facciale, per formulare una diagnosi corretta e completa delle lesioni ai tessuti molli e duri, e quindi intervenire con la terapia più appropriata (Andreasen e Andreasen, 1985; Bakland e Andreasen, 1996; Andreasen et al, 2007) (vedi Capitolo 9), è indispensabile un esame scrupoloso e attento del bambino; per poter fare questo è necessario: • pulire il viso e la cavità orale con acqua o soluzione fisiologica. Se sono presenti ferite dei tessuti molli, si può usare un detergente delicato. Questa pulizia sarà confortevole per il paziente e faciliterà l’esame extra- e intraorale; • raccogliere una breve anamnesi medica e odontoiatrica. L’anamnesi medica potrebbe evidenziare allergie, disordini ematici e altre informazioni in grado di influenzare la 423


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terapia (per esempio la presenza di cardiopatie congenite che necessitano della profilassi antibiotica per l’endocardite batterica). L’anamnesi dentale potrebbe evidenziare traumi pregressi che potrebbero giustificare reperti radiologici come l’obliterazione del canale pulpare e le patologie apicali. Durante la prima osservazione del bambino traumatizzato possono risultare molto utili le risposte ad alcune domande relative al trauma: • dove è avvenuto il trauma? Questa informazione può avere implicazioni legali per il paziente e può talora indicare la possibilità di contaminazione e quindi la necessità di adozione di misure profilattiche (tetano); • come è avvenuto il trauma? Questo può portare all’identificazione delle parti interessate: per esempio, una lesione del mento si accompagna spesso a fratture coronali o corono-radicolari dei premolari o dei molari e, soprattutto nei pazienti giovani, a fratture dei condili della mandibola; • quando si è verificato il trauma? Questa informazione può essere fondamentale per molte lesioni. In caso di avulsione, il tempo intercorso e le condizioni di conservazione extraorale sono determinanti per il trattamento successivo; • c’è stato un periodo di perdita di coscienza? Se sì, per quanto tempo? Amnesia, nausea e vomito sono tutti segni di danno cerebrale e necessitano di osservazione medica; • sono presenti alterazioni dell’occlusione? Una risposta affermativa può indicare una lussazione con dislocazione, una frattura alveolare o dei mascellari o una frattura condilare; • sono presenti reazioni dei denti all’esposizione al freddo o al caldo? Una risposta positiva evidenzia l’esposizione di dentina o della polpa. Nel corso dell’esame clinico è importante: • esaminare faccia, labbra e muscoli orali per verificare l’eventuale presenza di lesioni delle parti molli; • palpare lo scheletro della faccia per evidenziare segni di fratture; • ispezionare la bocca per evidenziare fratture, dislocazioni dentali, mobilità dei denti e risposte anomale alla percussione. Bisogna osservare la direzione della dislocazione dentale in caso di lussazione e, in caso di fratture, la relazione con il solco gengivale per escludere un interessamento della polpa; • i test pulpari (solitamente elettrici) completano l’esame clinico, anche se si è già detto che le risposte nei bambini possono non essere affidabili. Una volta effettuato l’esame clinico dell’area interessata dal trauma, bisogna procedere con un esame radiografico per esaminare la parte. L’obiettivo è identificare sia la dislocazione del dente nell’alveolo – importantissima anche nel caso di avulsione senza il reperimento del dente per fare una diagnosi differenziale con la lussazione intrusiva con completa risalita del dente nell’alveolo – sia la presenza di fratture radicolari (Andreasen e Andreasen, 1985). L’esame radiografico più indicato è la radiografia endorale; l’ortopantomografia può essere richiesta quando si sospettano lesioni alle basi scheletriche. In presenza di ferite penetranti delle labbra, può essere necessaria la radiografia delle parti molli per l’identificazione di corpi estranei. 424


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Emorragie alveolari Tra le urgenze odontoiatriche bisogna considerare le emorragie alveolari immediate e tardive, complicanze di un’estrazione dentaria. Per quanto riguarda le emorragie alveolari immediate, più frequenti in caso di estrazioni chirurgiche, sono legate principalmente all’interessamento di un’arteriola intraossea durante l’estrazione e il controllo dell’emostasi viene eseguito nell’immediato. La situazione è leggermente più complessa quando si presenta un’emorragia postestrattiva tardiva. In questi casi è d’obbligo indagare su eventuali problematiche di tipo emocoagulativo misconosciute. Tali problematiche possono essere sia di tipo congenito sia di tipo acquisito e possono interessare sia la coagulazione primaria (difetti piastrinici) sia la coagulazione secondaria (difetti di fattori della coagulazione). Dal punto di vista terapeutico, se nelle emorragie immediate è sufficiente mettere in pratica tutte le misure di emostasi locale, in caso di difetti di fattori della coagulazione è necessario provvedere anche a un intervento di tipo sistemico. L’emostasi locale può essere effettuata con compressione, utilizzo di emostatici locali come la cellulosa ossidata o le spugne di collagene, suture con accollamento dei lembi mucosi dell’alveolo (Della Valle et al, 2003) e, nei casi più importanti, con l’utilizzo di pinze bipolari, bisturi a risonanza quantica o laser. In caso di difetti emocoagulativi, è necessario provvedere anche a terapie sistemiche. Se si tratta di difetti piastrinici, si può richiedere l’infusione di concentrati piastrinici, se si tratta di difetti dei fattori della coagulazione congeniti, come i vari tipi di emofilia, è spesso necessaria l’infusione di fattori sostitutivi o di farmaci che amplifichino l’azione dei fattori residui, per cui si rende necessario l’invio del bambino a un reparto di pediatria o a un centro emostasi (Brewer e Correa, 2006). In ogni caso è sempre consigliabile il tamponamento locale con un fibrinolitico come l’acido tranexamico.

Emergenze pediatriche in odontoiatria L’odontoiatra deve tenere presente che, nell’ambito della propria attività professionale in una struttura pubblica o in uno studio privato, la cura dei piccoli pazienti può incorrere in situazioni di emergenza conseguenti a manovre legate alla specialità o derivanti dall’anamnesi patologica del bambino oppure intercorrenti per il verificarsi di eventi casuali (Vanelli, 2006). Tra le emergenze in odontoiatria si ricordano le difficoltà respiratorie, che possono complicarsi fino ad arrivare all’arresto respiratorio acuto, conseguenti a un episodio di broncospasmo in un paziente asmatico noto o a un broncospasmo sintomo di una reazione allergica provocata dall’esposizione a un allergene (un farmaco: anestetico, antibiotico ecc.; il lattice: guanti, diga di gomma ecc.; punture di insetti). Il broncospasmo può insorgere in seguito a ostruzione acuta delle vie aeree superiori da parte di un corpo estraneo (un dente, uno strumento o parte di esso ecc.). Una serie di quadri clinici possono verificarsi nello studio odontoiatrico prima dell’inizio del trattamento, durante o dopo un trattamento farmacologico (per esempio, con anestetici e/o adrenalina, antibiotici), durante una manovra estrattiva, in corso di sutura, durante o al termine della seduta odontoiatrica. 425


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Il dolore in particolare può rappresentare il primum movens di una risposta vagale, che può causare un episodio lipotimico-sincopale o una crisi convulsiva, potenzialmente responsabili di caduta a terra con trauma cranico.

Lipotimia e sincope Con il termine lipotimia si intende la sensazione di imminente perdita di coscienza (presincope) in seguito alla comparsa di sintomi premonitori quali: perdita delle forze, capogiro, sudorazione, brivido, annebbiamento del visus, polipnea, nausea. Per sincope si intende la perdita di coscienza transitoria e acuta, causata da ipossia cerebrale o ipoglicemia; la durata va da pochi secondi a pochi minuti e solitamente non si accompagna a movimenti anormali e a incontinenza urinaria (a differenza della convulsioni). Una volta ripresa conoscenza, il paziente appare normale o leggermente confuso. Le cause possono essere: • metaboliche: ipoglicemia; • psicologiche: isteria, ansia; • vasomotorie: ambienti chiusi e caldi, stimoli dolorosi; • cardiovascolari: tachicardia, ipotensione ortostatica. Gli episodi di svenimento non correlabili a cause evidenti richiedono un’immediata valutazione da parte del pediatra. CHE COSA FARE In presenza di alterazione della coscienza, bisogna favorire l’afflusso di sangue al cervello mettendo il soggetto sdraiato in posizione Trendelenburg e mantenendo pervie le vie aeree. Qualora sia possibile supporre uno svenimento dovuto a ipoglicemia, per esempio a seguito di un prolungato digiuno o all’assunzione di farmaci, quali insulina o antidiabetici orali, è necessario fare bere acqua e zucchero al risveglio del paziente. Occorre invece rivolgersi al Sistema di emergenza 118: • quando un secondo svenimento sopravviene dopo poco tempo dal primo; • in caso di svenimento che non si risolva rapidamente; • se compaiono dolore al petto, respiro affannoso, cefalea, vertigini, spiccato aumento della frequenza cardiaca; • se compare dolore al dorso o all’addome; • se compaiono dolore associato a parestesie o senso di bruciore alle braccia o alle gambe; • se compaiono convulsioni; • se si verificano perdite di sangue (ematemesi, enterorragia).

Epilessia L’epilessia è una malattia del sistema nervoso che provoca una scarica improvvisa di segnali elettrici nel cervello che scatena le convulsioni. Un singolo episodio di convulsio426


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ni non è considerato epilessia in quanto essa non è l’unica causa delle convulsioni nei bambini e i soggetti che ne sono affetti manifestano diversi attacchi nel tempo. La gravità, la frequenza e la durata delle convulsioni sono estremamente variabili in relazione alle zone del cervello coinvolte. Le convulsioni possono durare da alcuni secondi a diversi minuti. Si conoscono due tipi principali di crisi epilettiche: le crisi generalizzate (che colpiscono tutto il cervello) e le crisi parziali, dette anche focali (che coinvolgono solo alcune aree del cervello). I segni clinici più eclatanti sono rappresentati dai movimenti convulsivi tonico-clonici con rovesciamento dei globi oculari, associati a prolungata assenza di coscienza, a cui possono aggiungersi incontinenza urinaria e rilasciamento dello sfintere anale. Le sincopi convulsive più lievi lasciano i bambini confusi o inconsapevoli di ciò che li circonda, con un disorientamento che può durare da una decina di minuti a qualche ora (fase post-critica). Piccolo male epilettico. Colpisce spesso i bambini; è caratterizzato da un’improvvisa

perdita di coscienza (circa 5-10 secondi) con arresto improvviso dell’attività, sguardo fisso e spesso rotazione in alto degli occhi; le assenze possono essere semplici (solo perdita di coscienza) o complesse (accompagnate da contrazioni cloniche, ipotonia muscolare, ipertonia dei muscoli assiali). Dopo l’assenza, il bambino si rende conto dell’accaduto dallo sguardo attonito e interrogativo dei presenti. Grande male epilettico. È una varietà di epilessia più drammatica, caratterizzata da un

iniziale spasmo massimo di tutti i muscoli scheletrici (fase tonica) seguita dopo poche decine di secondi da contrazioni muscolari rapide, più o meno regolari, con movimenti ampi e veloci (fase clonica), perdita di coscienza per 5-10 minuti, possibili incontinenza urinaria e rilasciamento dello sfintere anale. CHE COSA FARE In caso di convulsioni, è necessario: • inserire in bocca l’apribocca di gomma oppure una cannula di Mayo o una di Guedel; • trasferire il paziente dalla poltrona al pavimento in decubito supino proteggendo il capo da traumi e allontanando mobili e oggetti senza contrastare le convulsioni; • assicurarsi della pervietà delle vie aeree, tenendo il collo in estensione e liberandolo da costrizioni causate dall’abbigliamento; • aspirare la saliva dal cavo orale, per evitare che sia inalata accidentalmente; • controllare la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa per la diagnosi differenziale con accidenti cardiovascolari; • terminate le convulsioni, mettere il paziente in posizione comoda, tranquillizzarlo, in caso si addormenti non forzarne il risveglio, assicurarsi che sia completamente ristabilito prima di accompagnarlo in sala di attesa; • nel caso in cui la crisi non si risolva spontaneamente in pochi minuti, somministrare benzodiazepine (diazepam o midazolam) per via endovenosa o rettale e richiedere l’intervento dell’ambulanza per il trasferimento immediato presso una struttura ospedaliera. 427


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Ipoglicemia Per ipoglicemia nel bambino si intende il riscontro di valori glicemici su sangue intero <70 mg/dL. L’ipoglicemia è un evento comune che può verificarsi occasionalmente anche in un bambino sano in seguito a un digiuno prolungato. Quando si manifesta in un bambino diabetico è spesso possibile identificarne le cause: • mancata assunzione di un pasto o di una merenda; • non corretto utilizzo dell’insulina: sovradosaggio insulinico e/o somministrazione di un tipo di insulina sbagliato (insulina rapida invece di insulina Lantus); • iniezione in sede di lipodistrofia; • iniezione effettuata a livello di un muscolo troppo in profondità; • iniezione effettuata in un vaso sanguigno; • aumentato flusso di sangue nella sede d’iniezione per surriscaldamento: doccia o bagno caldo dopo l’iniezione; • eccessivo strofinamento prima o dopo l’iniezione; • iniezione praticata in una sede sottoposta a sforzo muscolare; • recente ipoglicemia; • intenso esercizio fisico non programmato. SINTOMI I sintomi e gli effetti dell’ipoglicemia possono essere distinti in quelli prodotti dai sistemi di regolazione ormonale (adrenalina e glucagone) che si innescano al diminuire della glicemia e in quelli neuroglicopenici prodotti dall’insufficiente apporto di glucosio al cervello. Il quadro clinico dell’episodio ipoglicemico è in relazione con la durata e la gravità dell’evento: può variare dalla comparsa di sfumati sintomi al coma ipoglicemico. L’attivazione del sistema nervoso autonomo con rilascio di catecolamine è responsabile di sudorazione fredda, tremori, tachicardia, pallore, ansietà; la neuroglucopenia è responsabile di confusione, cefalea, affaticamento, convulsioni, coma. TRATTAMENTO È importante effettuare un dosaggio ematico della glicemia. Bisogna interrompere l’attività in corso e si devono immediatamente fare assumere degli zuccheri semplici (zucchero in polvere, bevande zuccherate, succo di frutta, frutta, caramelle) che vengono assorbiti rapidamente e hanno la capacità di aumentare rapidamente la glicemia. Per essere efficace, il trattamento richiede una decina di minuti ed è ripetibile dopo 15 minuti, se la situazione non si risolve. Considerando che 10 g di glucosio aumentano la glicemia di un adulto di 35 mg/dL in 15 minuti, i bambini avranno bisogno di circa 1,5 g/10 kg di peso per avere lo stesso effetto glicemico. Per esempio, in un bimbo di 10 kg, 1,5 g di glucosio aumentano la glicemia di 35 mg/dL, mentre 3 g di glucosio aumentano la glicemia di 70 mg/dL. Sono equivalenti a 10 g di glucosio: 1 bustina e mezza di zucchero, 1 cucchiaio da tavola di miele, mezzo bicchiere di succo di arancia. In caso di ipoglicemia grave, se il bambino è parzialmente cosciente, gli si deve mettere in bocca zucchero, possibilmente sotto la lingua, per permettere la ripresa della co428


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noscenza. Se la situazione non migliora o la crisi è più grave, con stato soporoso o convulsioni, si utilizza il glucagone (1 fiala da 1 mg), che va iniettato intramuscolo e non sottocute ed è efficace in 10-15 minuti; se la situazione non migliora, l’iniezione è ripetibile dopo 30 minuti. Se non si ottengono risultati, è necessario attivare il 118 o il Pronto Soccorso, per effettuare quanto prima un’iniezione in vena di glucosio al 30% e poi al 10% in infusione continua fino alla stabilizzazione della glicemia. Non bisogna dimenticare che sia l’ipoglicemia sia la somministrazione di glucagone possono avere un effetto emetico, quindi occorre evitare di porre il paziente in posizione supina per evitare un ab ingestis.

Traumi cranici I traumi cranici rappresentano una delle più importanti cause di morbilità e mortalità nell’età pediatrica. L’odontoiatra deve sapere riconoscere e gestire un trauma cranico qualora, durante il primo intervento per un trauma dentale, un bambino presenti segni che possano far sospettare un interessamento del sistema nervoso centrale (SNC). Vi sono delle peculiarità caratteristiche di origine anatomofisiologica e di sviluppo che differenziano il trauma cranico del bambino da quello della popolazione adulta. Nel bambino, il cervello è protetto meglio dalla flessibilità della volta cranica con ossa indipendenti, fontanelle larghe e uno spazio subaracnoideo molto sviluppato. La grande vascolarizzazione delle ossa craniche e della dura madre giustificano la notevole frequenza di ematomi subcutanei ed epidurali anche in assenza di fratture del cranio. Molto frequentemente è possibile osservare ematomi extracranici. I sintomi clinici di un trauma cranico nel bambino sono in relazione con la causa e l’età. Bisogna distinguere il trauma cranico in: • lieve; • moderato. • grave. Il trauma cranico lieve è solitamente l’esito di cadute accidentali o di urti diretti contro la teca cranica. Non ci sono segni immediati oltre al pianto e, in alcuni casi, al vomito; lo stato di coscienza non è mai compromesso. Possono comparire cefalea e vomito, che possono perdurare per diverse ore. Nell’adolescente può essere osservata una cefalea confusionale. Il trauma cranico moderato è caratterizzato da una breve e immediata perdita di coscienza, spesso seguita da amnesia post traumatica. I segni e i sintomi sono: perdita di coscienza, vomito, cefalea, pallore e irritabilità, amnesia retrograda e anterograda. In entrambe le situazioni sopra descritte non si rendono necessarie manovre particolari. Si consiglia di ospedalizzare il bambino per un periodo di osservazione e di non somministrare alimenti per bocca nelle prime quattro ore dopo il trauma o dopo il più recente episodio di vomito. Il trauma cranico grave è caratterizzato da una prolungata perdita di coscienza che può anche non essere immediata: in alcune situazioni può intercorrere un po’ di tempo tra il momento del trauma e la comparsa dei segni neurologici. Nella maggioranza dei casi, un 429


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bambino con un trauma cranico si presenta al Pronto Soccorso cosciente: la perdita di coscienza iniziale è presente nel 25% dei casi. Nel 30% dei bambini traumatizzati si osservano sonnolenza, confusione, irritabilità. Il vomito è il sintomo più frequente nei bambini piccoli (al di sotto dei 3 anni), mentre nei più “grandicelli” è presente nel 1530% dei casi. Lo stato di coscienza deve essere valutato sulla base della Glasgow Coma Scale (GCS) per i bambini di almeno due anni e della Children Coma Scale (CCS) per quelli di età inferiore a due anni. Il trattamento immediato consiste in una valutazione neuro-anestesiologica e nel trattamento della ventilazione e dei parametri di ossigenazione cerebrale. Il trasferimento immediato in un’unità di terapia intensiva pediatrica si rende necessario dopo il monitoraggio completo di tutti i parametri ventilatori e pressori.

Complicanze agli anestetici locali Parestesia La parestesia è un’anestesia persistente oltre la durata prevista. Una causa può essere la lesione di un nervo conseguente all’intervento chirurgico. Un’altra causa può essere il trauma causato dall’ago durante l’iniezione, quando il paziente avverte uno “shock elettrico” durante l’inoculazione dell’anestetico nella zona del nervo coinvolto. La parestesia può anche essere provocata da un’emorragia intorno al nervo. La parestesia non correlata alla chirurgia coinvolge più spesso la lingua, seguita dal labbro, ed è più comune se si utilizzano soluzioni di articaina o prilocaina al 4%. La maggior parte dei casi si risolve in otto settimane circa. Lesioni postoperatorie alle parti molli I traumi autoindotti alle parti molli sono una spiacevole complicanza clinica dell’anestesia locale nella cavità orale. La maggior parte delle lesioni da morsicatura delle labbra e delle guance è autolimitante e guarisce senza complicanze, anche se possono manifestarsi sanguinamenti e infezioni.

Figura 20.2 Lesione del labbro inferiore da morsicatura dopo anestesia tronculare.

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Capitolo 20

Le morsicature della lingua responsabili di abbondante sanguinamento richiedono l’applicazione di punti di sutura. L’uso del blocco mandibolare bilaterale non aumenta il rischio di traumi ai tessuti molli se confrontato con il blocco mandibolare unilaterale o l’infiltrazione mascellare omolaterale, la frequenza di traumi ai tessuti molli è infatti maggiore quando viene anestetizzato un solo lato (Fig. 20.2). L’infiltrazione mandibolare non diminuisce il rischio di lesioni se confrontata con il blocco mandibolare. Tossicità (overdose) La maggior parte delle reazioni avverse agli anestetici si verifica durante l’iniezione oppure entro i primi 5-10 minuti. L’overdose di anestetico locale può determinare elevati livelli ematici causati da una singola inavvertita iniezione intravascolare o da ripetute iniezioni. L’anestetico locale causa una reazione bifasica (per esempio eccitazione seguita da depressione) nel SNC. I segni di tossicità precoci soggettivi coinvolgono il SNC e includono capogiri, ansietà e confusione; questi possono essere seguiti da diplopia, tinniti, sonnolenza, torpore e formicolio periorale. I segni obiettivi possono includere contrazioni convulsive, tremori, loquacità, discorsi rallentati e brividi. Anche la risposta del sistema cardiovascolare (SCV) alla tossicità dell’anestetico locale è bifasica. Il SCV è più resistente agli anestetici rispetto al SNC. Inizialmente, durante la stimolazione del SCV, la velocità cardiaca e la pressione potrebbero aumentare. Appena i livelli di anestetico nel plasma aumentano, si ha una vasodilatazione seguita da una depressione del miocardio con successiva caduta della pressione sanguigna. Potrebbero seguire bradicardia e arresto cardiaco. Gli effetti cardiodepressivi degli anestetici locali non sono manifesti finché non vengono raggiunti livelli sanguigni di anestetico locale significativamente alti. La tossicità locale dell’anestetico può essere prevenuta da una cauta tecnica di iniezione, da un’attenta osservazione del paziente e dalla conoscenza del dosaggio massimo in rapporto al peso. Prima di ogni iniezione bisognerebbe aspirare e iniettare lentamente. Dopo l’iniezione, l’odontoiatra, l’igienista o l’assistente dovrebbero rimanere con il paziente in attesa dell’effetto dell’anestetico. Il riconoscimento precoce di una reazione tossica è cruciale per poter attuare un’efficace gestione. Quando compaiono segni e sintomi di tossicità, la somministrazione dell’anestetico locale deve essere interrotta. La gestione dell’emergenza dipende dalla severità della reazione. Allergie Le reazioni allergiche non sono dose-dipendenti, ma sono dovute all’accresciuta capacità del paziente di reagire anche a una piccola dose. Le allergie si possono manifestare in diversi modi: dermatiti, orticaria, angioedema, febbre, fotosensitività o anafilassi. La gestione dell’emergenza dipende dalla velocità e dalla severità della reazione. Durante una seduta odontoiatrica possono verificarsi manifestazioni di ipersensibilità scatenate dal contatto con un allergene. I più comuni allergeni in causa sono i farmaci (antibiotici, anestetici) e i materiali odontoiatrici. L’allergia al lattice riveste molta importanza e deve essere tenuta in grande considerazione in quanto sono numerosi i materiali e gli oggetti utilizzati in ambiente odontoiatrico che contengono lattice (Tab. 20.2). 431


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Tabella 20.2 Principali dispositivi medici contenenti lattice

• Guanti • Cerotti • Contagocce • Componenti di siringhe • Lacci emostatici • Bracciali per sfigmomanometro • Cateteri • Palloni di ambu

• Maschere anestesiologiche • Circuiti per anestesia • Tubi endotracheali e di drenaggio • Agocannule • Elastici per apparecchi ortodontici • Apparecchi ortodontici in gomma • Diga di gomma • Apribocca

Tabella 20.3 Principali manifestazioni cliniche dell’allergia al lattice

• Dermatite da contatto • Orticaria • Congiuntivite • Asma bronchiale • Rinite

• Aspirasaliva • Protezioni per attrezzature odontoiatriche • Strumenti odontoiatrici non metallici e con manici in gomma • Componenti della poltrona odontoiatrica • Kit per le emergenze

Tabella 20.4 Principali patologie a rischio per lo sviluppo di allergia al lattice in età pediatrica

• Spina bifida • Malformazioni urogenitali • Ano imperforato • Fistola tracheoesofagea • Atresia esofagea • Sindrome di Vater

• Edema periorbitario • Angioedema • Edema labiale • Anafilassi

Figura 20.3 Allergia al lattice.

La prevalenza cresce in relazione alla frequenza di esposizione; l’esposizione precoce (per esempio nei bambini che subiscono interventi chirurgici durante i primi anni di vita) condiziona la comparsa di allergia. Esiste inoltre allergia crociata con numerosi alimenti, soprattutto frutta e verdura (ananas, avocado, banana, arancia, albume, mela, uva ecc.). Il lattice può quindi essere responsabile di reazioni allergiche cutanee (dermatite da contatto, orticaria, angioedema) (Fig. 20.3), di tipo respiratorio (oculorinite, asma) e generalizzate (anafilassi) (Tab. 20.3). 432


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È compito dell’odontoiatra, attraverso l’anamnesi medica, individuare i soggetti a rischio di manifestazioni allergiche al lattice, focalizzando in particolare l’attenzione su coloro che hanno subito interventi chirurgici e frequenti ospedalizzazioni nei primi anni di vita (Tab. 20.4). Nel caso di sospetta o documentata allergia, deve essere allestito un ambiente libero da lattice e devono essere utilizzati materiali alternativi (vinile, poliuretano, silicone, nylon, stirene-butadiene, plastica) per tutti i dispositivi che vengono a contatto con il paziente (guanti, diga di gomma, elastici per ortodonzia ecc.). L’allestimento di un ambulatorio latex-free non presenta attualmente difficoltà particolari in quanto le aziende mettono a disposizione numerosi materiali non contenenti lattice. Tuttavia, poiché le particelle di lattice possono disperdersi nell’ambiente, in previsione di una seduta con un paziente allergico, occorre areare la zona operativa e programmare la seduta a inizio giornata. In pazienti non individuati allergici al lattice possono manifestare reazioni allergiche durante o al termine della seduta operatoria. In caso di manifestazioni da contatto è necessario allontanare il dispositivo contenente lattice e lavare abbondantemente la superficie coinvolta. È comunque raccomandato l’invio del paziente all’allergologo, fornendogli i dispositivi ritenuti responsabili della reazione allergica, al fine di documentare la condizione di allergia con test diagnostici. Le evenienze più gravi – dalla crisi asmatica allo shock anafilattico – devono essere trattate farmacologicamente in modo tempestivo, in quanto è a rischio la sopravvivenza del paziente (Cocchi e Piana, 2000; Piana, 2005; Clark ed Ewan, 2002; Hashim Nainar, 2001). Le allergie da contatto al nickel-cromo e al cobalto, relativamente frequenti, vanno tenute in considerazione quando il piano di trattamento preveda l’applicazione di manufatti ortodontici e/o protesici, sia fissi sia mobili, contenenti questi metalli. Anche le resine acriliche utilizzate nella costruzione di manufatti protesici e ortodontici possono essere responsabili di reazioni allergiche cutanee e respiratorie. Si ritiene che l’agente responsabile sia la frazione libera di monomero metilmetacrilato. Attualmente le resine sono prodotte in modo da ridurre il più possibile la quantità di monomero libero. In pazienti che abbiano presentato manifestazioni allergiche alle resine acriliche è consigliato l’uso di resine composite micro- o macroriempite. TRATTAMENTO La strategia ottimale di prevenzione delle reazioni allergiche consiste nell’individuazione dei soggetti a rischio e nell’eliminazione delle sostanze e dei materiali che provocano le reazioni allergiche. Nei casi in cui si presentino reazioni allergiche, il trattamento dipende dal tipo di manifestazione. I farmaci per il trattamento delle reazioni allergiche da contatto, angioedema e asma bronchiale sono riportati nella Tabella 20.5 con i relativi dosaggi e vie di somministrazione. Lo shock anafilattico, condizione di emergenza che mette in pericolo di vita il paziente, deve essere tempestivamente riconosciuto e necessita del trattamento immediato dell’edema laringeo, del broncospasmo e dell’ipotensione. In caso di reazione anafilattica è necessario prendere i seguenti provvedimenti: • chiamare il 118; • controllare e mantenere la pervietà delle vie aeree; • stendere il paziente e sollevare le gambe per facilitare il recupero pressorio; 433


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Tabella 20.5 Farmaci per il trattamento delle reazioni allergiche da contatto, angioedema e asma bronchiale

Farmaco

Formulazione

Dosaggio

Via di somministrazione

Antistaminici fiala 1 mL (10 mg) (es. clorfenamina maleato)

<1 anno: 250 mcg/kg >1 anno: 2-5 mg 2-5 anni: 2,5-5 mg 6-12 anni: 5-10 mg >12 anni: 10-20-mg

sc, im Se ev: diluita in 5-10 mL di soluzione fisiologica

Corticosteroidi (es. idrocortisone)

flacone 100 mg In 1 mL (flaconi da 1 e 5 mL)

0-1 mese: 2,5 mg/kg 1 mese-12 anni: 4 mg/kg (fino a 100 mg) >12 anni: 100-500 mg

ev, im

Broncodilatatori uso topico (es. salbutamolo)

flaconi o puff

1-2 puff ogni 5-10 min fino a 3 somministrazioni o 5 gocce in 3 mL di fisiologica ripetibile dopo 15 min

Aerosol

Tabella 20.6 Posologia di adrenalina 1:1000 secondo l’età

Età

Posologia

2-6 mesi

0,07 mL

12 mesi

0,10 mL

18 mesi-4 anni

0,15 mL

5 anni

0,20 mL

6-9 anni

0,30 mL

10-13 anni

0,40 mL

≥14 anni

0,50 mL

Tabella 20.7 Principali sintomi allergici e non allergici

Sintomi non allergici

Sintomi allergici

• Agitazione • Disorientamento • Nausea • Apprensione • Tremori-convulsioni • Ipotensione • Depressione miocardica • Depressione respiratoria

• Ipotensione • Broncospasmo • Sensazione di calore • Edema • Macule eritematose • Papule • Dispnea • Nausea • Edema laringeo/faringeo 434


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• somministrare per via intramuscolare: nei bambini in una dose di 0,01 mg/kg di adrenalina 1:1000, negli adulti una dose di 0,3-0,5 mg/kg di adrenalina 1:1000 (secondo le linee guida USA) o di 0,5-1 mg/kg di adrenalina 1:1000 (secondo le linee guida europee); in alternativa è possibile la somministrazione sottocutanea o sublinguale; nel caso in cui non sia possibile stabilire il peso del paziente, il dosaggio viene effettuato in base all’età (Tab. 20.6); • evitare la somministrazione di idrocortisone nel trattamento iniziale dello shock anafilattico poiché l’azione farmacologica inizia solo dopo qualche ora; • somministrare ossigeno; • sostenere il circolo con infusione di liquidi a cui può essere aggiunto un antistaminico come la clorfenamina cloridrato per prevenire la recidiva; • nel caso di un peggioramento della sintomatologia, utilizzare 2-agonisti (salbutamolo in flaconi o puff: fino a 3 somministrazioni o 5 gocce in 3 mL di fisiologica ripetibile dopo 15 minuti oppure 1-2 puff ogni 5-10 minuti), approntare respirazione assistita ed eventuale tracheotomia d’urgenza. La corretta diagnosi di shock anafilattico deve essere fatta attraverso il riconoscimento dei sintomi di base (Tab. 20.7).

Parametri vitali In ogni intervento, dopo aver garantito le condizioni di sicurezza proprie e del bambino, occorre procedere alla valutazione del paziente per comprendere e inquadrare il problema di salute, quantificando il grado di criticità dell’evento. I parametri vitali forniscono informazioni immediate e obiettive sulla gravità della situazione clinica del bambino e sono indispensabili per stabilire quale tipo di assistenza debba essere prestato; dalla prima valutazione dei segni e dei sintomi si possono individuare i problemi che minacciano la sopravvivenza del paziente preparandosi a risolverli tempestivamente con un’assistenza intensiva immediata, senza essere forzatamente rianimatori o professionisti dell’emergenza. L’accuratezza della misurazione è fondamentale: un valore sbagliato o la sua errata interpretazione può avere conseguenze molto importanti per la vita. La valutazione è un processo dinamico che, oltre a richiedere una serie di procedure da eseguire secondo una sequenza determinata, permette un accurato e costante monitoraggio del bambino, evidenziando tempestivamente improvvise variazioni nelle sue condizioni: attraverso il confronto con le valutazioni precedenti si può evidenziare il peggioramento, il miglioramento o la stabilità della situazione e si può gestire correttamente l’intervento richiedendo al Sistema di emergenza 118 l’invio sul luogo dell’evento delle risorse più idonee. I principali parametri vitali sono: • stato di coscienza; • respirazione; • circolazione; • cute; • temperatura corporea. 435


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Tabella 20.8 Schema AVPU

Alert (vigile )

Il bambino è sveglio, cosciente, ben orientato

Verbal (obnubilato)

Il bambino non è vigile, ma è in grado di rispondere a stimoli verbali più o meno intensi in modo più o meno coerente

Painful (reattivo al dolore)

Il bambino reagisce a uno stimolo dolorifico attraverso movimenti coordinati volti ad allontanare lo stimolo o con movimenti scoordinati o non efficienti nelle situazioni più gravi

Unresponsive (non risponde)

Il bambino NON risponde ad alcun stimolo sia verbale sia dolorifico

Stato di coscienza Lo stato di coscienza è generalmente definito dal grado di consapevolezza che il bambino ha di sé e dell’ambiente che lo circonda. Le alterazioni sono sempre correlate a eventi che suppongono l’alterazione traumatica o patologica delle funzioni cerebrali; la valutazione si ottiene con l’esame del sensorio, effettuato tramite lo schema AVPU (Tab. 20.8) o attraverso la GCS modificata per il bambino e il neonato. Respirazione L’arresto cardiorespiratorio (ACR) nei bambini origina comunemente da un arresto respiratorio. Le cause più frequenti possono essere: • ostruzione da corpo estraneo; • traumi; • SIDS (morte in culla); • annegamento; • malattie respiratorie (difterite, laringiti, asma); • shock anafilattico; • malattie neurologiche. È quindi fondamentale assicurare in rapida successione (1) la pervietà delle vie aeree, (2) l’attività respiratoria artificiale e, in contemporanea, (3) la circolazione sanguigna artificiale, attraverso la procedura denominata ABC (Airways, Breathing, Circulation). OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE L’ostruzione delle vie aeree rappresenta una causa molto frequente di arresto cardiorespiratorio per il paziente pediatrico nei primi anni di vita. L’inalazione di corpi estranei provoca ogni anno circa il 27% di tutte le morti accidentali dei bambini sotto i 4 anni di età. Solitamente, l’ostruzione delle vie aeree si verifica mentre il bambino mangia o gioca, per l’aspirazione di cibo (uva, noccioline, caramelle, prosciutto), di palloncini di gomma e di piccoli oggetti. Durante una seduta odontoiatrica può insorgere broncospasmo in seguito a ostruzione acuta delle vie aeree superiori da parte di un corpo estraneo, per esempio un dente durante l’estrazione, uno strumento o parte di esso in seguito alla rottura accidentale, un restauro infiltrato. Il bambino presenta accessi di tosse e/o stridore e/o sibili prevalenti in fase espiratoria, in pieno benessere, associati a difficoltà respiratoria di gravità variabile, dipendente dalla localizzazione anatomica e dal grado di ostruzione. 436


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Ostruzione parziale. Il bambino è vigile, tossisce, emette suoni, respira anche se con difficoltà. Deve essere tranquillizzato, incoraggiato a tossire e mantenuto nella posizione che preferisce, evitando di intervenire con manovre che potrebbero trasformare l’ostruzione parziale in ostruzione completa. La tosse efficace (rumorosa) è segno di un certo grado di ventilazione spontanea che, se si mantiene, può consentire l’ospedalizzazione rapida attraverso il Sistema di emergenza 118, trasportando il paziente nella posizione semiseduta. Se il bambino continua a tossire si può somministrare ossigeno (5-8 L/min). Deve essere tenuto ripiegato sull’avambraccio o prono sulle cosce del soccorritore, con la testa in posizione più declive rispetto al tronco. Con il palmo della mano si danno 4 colpi interscapolari con via di fuga laterale, poi 4 colpi a metà della linea mediana dello sterno, provocando una tosse artificiale che può favorire l’espettorazione del corpo estraneo. Occorre fare molta attenzione a non tenere mai il bambino a testa in giù, reggendolo per le caviglie: questa posizione, a causa della sproporzione tra le grosse dimensioni della testa e la debolezza della colonna vertebrale, dei muscoli e dei legamenti, può essere causa di lesioni vertebrali. In emergenza, se il bambino ha un’età superiore a 1 anno, si può praticare la manovra di Heimlich (forte e brusca compressione epigastrica dal basso verso l’alto con i pugni sovrapposti, stando dietro al paziente). Ostruzione totale. Il bambino non tossisce, smette di respirare, non emette alcun suo-

no. Solo quando la tosse non risulta più efficace e contemporaneamente si verifica una rapida alterazione dello stato di coscienza (fino al livello di non coscienza), ci si deve preparare a mettere in atto le manovre rianimatorie per la disostruzione delle vie aeree. Nel bambino si inizia la sequenza di rianimazione cardiopolmonare (RCP) con 30 compressioni toraciche e 2 ventilazioni, avendo l’accortezza di controllare l’eventuale presenza nella cavità orale di corpi estranei affioranti, 3 cicli completi e rivalutazione del paziente dopo un minuto (rapporto 30/2) (ILCOR; AHA, 2010; ERC, 2010) (Tab. 20.9). Tabella 20.9 Rianimazione cardiopolmonare Parte A

Parte B

Parte C

Valutazione dell’attività Valutazione dello stato respiratoria di coscienza Eseguire il GAS entro 10 secondi Chiamare ad alta voce il bambino applicando uno stimolo doloroso tattile

Valutazione dell’attività circolatoria e presenza dei segni vitali Ricerca del polso centrale e dei segni vitali per non più di 10 secondi

Se il bambino si muove o risponde Valutare velocemente se il bambino ha qualche lesione traumatica evidente e se necessita di assistenza medica

Se il bambino respira Fare assumere la posizione laterale di sicurezza (in assenza di traumi) ed effettuare periodiche rivalutazioni

Se i segni vitali (mo.to.re) sono presenti Sostenere l’attività respiratoria (20 atti/min)

Se il bambino non si muove o non risponde Chiamare rapidamente aiuto (118) Posizionare il bambino e instaurare la pervietà delle vie aeree

Se il bambino non respira Eseguire 5 ventilazioni di soccorso

Se i segni vitali (mo.to.re) non sono presenti Iniziare le manovre di rianimazione cardiopolmonare

30 compressioni e 2 ventilazioni per un totale di 3 cicli (circa 1 minuto). Dopo 1 minuto: rivalutazione del paziente (C-B-A). Alla prima valutazione negativa: attivazione del soccorso avanzato. GAS, guardo-ascolto-sento; mo.to.re, movimenti tosse respiro.

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Capitolo 20

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