Capitolo 6
Prelievi intraorali D.A. DI STEFANO, A. CAZZANIGA, L. DE STAVOLA, F. SMORTO, J-F. GAUDY, A. BARUFFALDI, R. VINCI
PRELIEVO DALL’AREA RETROMOLARE BRANCA ASCENDENTE DELLA MANDIBOLA Il prelievo dal ramo mandibolare è attualmente il prelievo osseo intraorale di elezione. L’area di prelievo è quella compresa tra il primo molare e il ramo ascendente della mandibola, in corrispondenza della linea obliqua esterna. È di tipo prevalentemente corticale perché la presenza del canale mandibolare limita la possibilità di un prelievo anche di osso spongioso. Poiché la qualità dell’osso è di tipo I-II, il prelievo, rigido, mal si adatta al sito ricevente e richiede un’adeguata modellazione nella forma e nelle dimensioni. La compattezza della corticale rende inoltre difficile anche la sua riduzione a osso particolato, se non con appositi strumenti. Il prelievo osseo dal ramo mandibolare è un intervento ben accetto dai pazienti. Si caratterizza per (Figg. 6.1-6.3): • Assenza o quasi di complicanze neurologiche postoperatorie. • Vicinanza tra sede del prelievo e sito ricevente. • Qualità dell’osso di tipo membranoso prevalentemente corticale. • Possibilità di esecuzione del prelievo in anestesia locale. • Decorso postoperatorio favorevole.
Figura 6.1 L’area della mandibola interessata al prelievo osseo dalla zona retromolare e dal ramo mandibolare si estende dalla superficie distale del primo-secondo molare fino alla regione del ramo, dove inizia il processo coronoideo. Nell’area è ben evidente la linea obliqua esterna sotto forma di rilievo osseo che parte dal tubercolo mentoniero e si continua sul margine anteriore del ramo ascendente.
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Figura 6.3 La presenza di osso spongioso è molto scarsa e si trova soprattutto in corrispondenza della linea obliqua esterna, dove la distanza del canale mandibolare dalla superficie esterna corticale è di circa 10-12 mm. Scende a 6-8 mm a livello del secondo molare.
Figura 6.2 Il prelievo osseo dal ramo ascendente ha la forma di un rettangolo grossolano, formato da osso corticale di qualità I-II, della lunghezza di 3-4 cm, con un’altezza di 2 cm e con uno spessore di 4-8 mm.
Indicazioni Il prelievo osseo intraorale dall’area retromolare-branca ascendente della mandibola permette di ottenere fino a 12-15 mL di osso corticale, particolarmente adatto a ricostruzioni crestali orizzontali e verticali e trova indicazione nella ricostruzione ossea di difetti che interessano zone edentule di 1-4 elementi. È possibile ricostruire difetti più estesi duplicando il prelievo con la tecnica di Koury (Figg. 6.4 e 6.5). Nel rialzo del seno mascellare, può essere utilizzato per formare il neotetto sinusale al di sotto del quale la neocavità ottenuta può essere riempita con osso autologo particolato, osso eterologo o miscele di queste due componenti.
Figura 6.4 Scheletrizzazione dell’area retromolare eseguita con lembo a tutto spessore.
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Figura 6.5 (a) Con apposito disco diamantato si eseguono le osteotomie verticali e orizzontali. (b, c) Con fresa dedicata si completa l’osteotomia lungo la linea longitudinale anteriore. (d, e) Con lo scalpello si ottiene il distacco del prelievo. (segue)
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f
g Figura 6.5 (seguito) (f-h) Con disco diamantato si duplica, dividendolo, il prelievo, ottenendo di fatto un raddoppio dell’osso a disposizione. (MicroSaw FRIOS®, Dentsply).
h
Anatomia topografica La regione molare della mandibola rappresenta la porzione ossea che va dal forame mentoniero alla branca ascendente. La mandibola è attraversata dal canale mandibolare che dà passaggio al nervo alveolare inferiore e all’arteria e alla vena omonime. Ha una superficie vestibolare leggermente convessa e liscia e una superficie linguale caratterizzata da una cresta obliqua, detta linea miloioidea. Il bordo superiore è occupato dal processo alveolare con gli elementi dentari, mentre il bordo inferiore è liscio e molto più stretto. Posteriormente all’ultimo molare, la cresta ossea si volge verso l’alto formando l’angolo mandibolare e la branca ascendente, che ha un piano più laterale rispetto al corpo. Il margine anteriore del ramo si continua lateralmente sul corpo, formando un rilievo osseo detto linea obliqua esterna. Sulla faccia esterna si inserisce il margine inferiore del muscolo massetere. La faccia interna presenta, a metà tra il margine anteriore e posteriore, il forame mandibolare limitato in avanti dalla spina di Spix, dove il nervo alveolare inferiore e l’arteria omonima penetrano nel canale mandibolare. Superiormente forma il processo coronoideo e il condilo della mandibola. L’irrorazione di quest’area è fornita dall’arteria miloioidea, ramo dell’arteria alveolare inferiore, mentre l’innervazione è fornita, oltre che dal nervo alveolare inferiore, dal nervo linguale, che decorre più medialmente (Figg. 6.6 e 6.7). 144
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Figura 6.6 Superficie vestibolare: leggermente convessa e relativamente liscia. A livello dell’angolo retromolare si rilevano le inserzioni tendinee del muscolo massetere, mentre il forame mentoniero appare evidente tra i due premolari. In corrispondenza del punto di unione della branca e del corpo si può apprezzare una leggera doccia, che segna il passaggio dell’arteria facciale (incisura antigoniale).
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Figura 6.7 Superficie linguale: è attraversata da una cresta obliqua interna, diretta anteriormente e verso il basso, detta linea miloioidea, che rappresenta l’inserzione del muscolo miloioideo. Al di sotto di questa, la superficie ossea diventa concava delimitando con il muscolo miloioideo la loggia sottomandibolare. In corrispondenza della porzione inferiore del ramo mandibolare, a livello dell’angolo mandibolare, è possibile apprezzare in rilievo l’inserzione del muscolo pterigoideo interno.
Anatomia chirurgica L’area della mandibola, interessata al prelievo osseo dall’area retromolare e dal ramo mandibolare, si estende dalla superficie distale del secondo molare fino alla regione del ramo, dove inizia il processo coronoideo. Il primo piano che si incontra è quello mucoso, al di sotto del quale si ha il muscolo massetere, deputato all’elevazione della mandibola che ricopre lateralmente e in parte il corpo mandibolare. L’arteria facciale penetra in questa regione passando al di sotto del bordo inferiore della mandibola, anteriormente alla vena facciale e al margine anteriore del massetere. Sulla faccia antero-laterale della mandibola è bene in evidenza la linea obliqua esterna, sotto forma di un rilievo osseo che parte dalla protuberanza mentoniera e termina, dopo un decorso diagonale, sul margine anteriore del ramo ascendente. La struttura nervosa più importante, il nervo alveolare inferiore, decorre all’interno dell’osso mandibolare. Il decorso del nervo, accompagnato dall’arteria e dalla vena omonime, risulta più superficiale a livello del terzo molare e più profondo a livello del primo e secondo molare. La distanza media verticale, tra il tetto del canale mandibolare e la superficie esterna corticale, in corrispondenza della sede di prelievo, ossia a livello della linea obliqua esterna, è di circa 10-12 mm a livello del terzo molare e scende a 6-8 mm a livello del secondo molare. In senso vestibolo-linguale la distanza maggiore tra canale mandibolare e superficie ossea corticale si riscontra a livello del primo molare ed è di circa 4-5 mm (Fig. 6.8). 145
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Figura 6.8 Le immagini dissettive mostrano il tragitto del fascio vascolo-nervoso composto dal nervo alveolare inferiore, dall’arteria e dalla vena omonime all’interno del canale mandibolare del nervo alveolare.
Tecnica chirurgica Anestesia Anche se è attuabile in anestesia locale, è tuttavia preferibile effettuare questo tipo di prelievo in sedazione sia per la durata complessiva dell’intervento, comprendente prelievo e ricostruzione ossea, sia per lo stress che si genera anche in un paziente molto collaborante. Si esegue l’anestesia plessica locale-regionale con infiltrazione di articaina all’1:200.000 sul versante vestibolare e linguale, allo scopo di ridurre il sanguinamento dei lembi durante l’intervento e per favorire una dissezione più agevole del piano muco-periosteo dal piano osseo sottostante.
Tecnica di incisione Gli accessi sono tre e si diversificano per la diversa localizzazione dell’incisione a livello del vestibolo (Figg. 6.9-6.11): • Paramarginale. • Crestale. • Intrasulculare.
Scollamento del lembo Lo scollamento inizia a livello della linea obliqua esterna e viene esteso posteriormente, verso il margine anteriore del ramo e parte della sua superficie laterale per almeno 3 cm, inferiormente verso il bordo inferiore della mandibola, in prossimità dell’inserzione del muscolo massetere, senza oltrepassarlo. 146
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Figura 6.9 L’incisione paramarginale è la più utilizzata per il prelievo dall’area retromolare-branca ascendente. L’incisione è condotta medialmente alla linea obliqua esterna, partendo dai premolari ed estendendosi fino al margine anteriore del ramo mandibolare. L’incisione è di fatto condotta lungo la linea muco-gengivale con il vantaggio di un facile riaccostamento dei lembi al momento della sutura.
Figura 6.10 L’incisione crestale è eseguita nei pazienti edentuli nell’area interessata. Può essere intrasulculare o paramarginale in corrispondenza dei premolari eventualmente presenti, per poi dirigersi posteriormente in cresta nella mucosa cheratinizzata. In caso di atrofia marcata bisogna porre attenzione all’eventuale superficializzazione del nervo alveolare che può essere lesionato.
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Figura 6.11 L’incisione intrasulculare inizia a livello del secondo premolare, si dirige posteriormente all’ultimo molare presente, generalmente il secondo, e prosegue distalmente, medialmente alla linea obliqua esterna e lateralmente al trigono retromolare. La presenza di tessuto parodontale sano è una condizione essenziale per condurre tale incisione. Conservando le papille si facilita la sutura, riducendo il rischio di recessioni gengivali.
Se è necessario eseguire uno scollamento sottoperiosteo dal lato linguale, per motivi ricostruttivi e implantari, deve essere condotto con cautela, per non lesionare il nervo linguale. Può essere utile iniziare lo scollamento in un punto dove è minore l’adesione tra periostio e piano osseo, per esempio lingualmente al primo molare, e poi procedere posteriormente. Nello scollamento e nella divaricazione dei lembi si deve porre attenzione a non provocare lesioni di continuo nel periostio o dei fasci muscolari del massetere, per non avere complicanze postoperatorie, nell’area del prelievo, che possono interessare il nervo linguale e l’arteria facciale (Figg. 6.12-6.15).
Prelievo osseo Le incisioni osteotomiche delimitanti il prelievo dal ramo mandibolare possono essere effettuate con frese trephine, con frese a rosetta o a fessura, con microseghe oscillanti/reciprocanti, con dischi diamantati (MicroSaw Frioss®, Dentsply) e, più di recente, con strumenti a ultrasuoni (Figg. 6.16 e 6.17). 147
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Figura 6.12 L’area retromolare-branca ascendente della mandibola sede del prelievo. Sulla faccia antero-laterale si può apprezzare, al di sotto della mucosa, la linea obliqua esterna. Il divaricatore vestibolare permette di evidenziare il bordo anteriore del muscolo massetere che può essere maggiormente apprezzato facendo serrare i denti al paziente.
Figura 6.13 Nella figura si può apprezzare l’incisione paramarginale a partenza dal primo molare fino al margine anteriore del ramo mandibolare. Lo scollamento del lembo a tutto spessore viene effettuato con uno scollatore tipo Prichard, partendo dalla linea obliqua esterna, per poi essere esteso posteriormente verso il ramo.
Figura 6.14 Lo scollamento viene esteso inferiormente verso il bordo inferiore della mandibola, in prossimità dell’inserzione del muscolo massetere, utilizzando una spatola malleabile che rimane adesa al piano osseo per evitare il pericolo di lesionare l’arteria facciale.
Figura 6.15 Lo scollamento dal lato linguale non viene mai eseguito. L’incisione paramarginale permette un’ampia visione sul campo operatorio con un facile scollamento del lembo vestibolare a tutto spessore.
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Figura 6.16 L’ampia mobilizzazione del lembo permette di eseguire con estrema sicurezza le incisioni osteotomiche per delimitare il prelievo osseo. Le incisioni possono essere effettuate con frese a rosetta o a fessura, con dischi diamantati o, più di recente, con strumenti a ultrasuoni che permettono il taglio del solo tessuto mineralizzato senza il pericolo di ledere i tessuti molli e le strutture vascolonervose adiacenti sottostanti all’area di prelievo.
Figura 6.17 Dopo aver delimitato il prelievo con le incisioni osteotomiche verticali e longitudinali, il distacco sarà portato a compimento con l’utilizzo di scalpelli ossei introdotti a livello dell’osteotomia longitudinale anteriore, con direzione parallela alla superficie laterale del ramo mandibolare.
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Figura 6.19 Il prelievo osseo distaccato può presentare una modesta quantità di tessuto osseo spongioso adeso alla corticale e ha mediamente una forma vagamente rettangolare e curvilinea lunga 3-4 mm, larga 1-1,5 cm, e uno spessore di 3-4 mm. Non deve preoccupare la presenza, nella parte spugnosa, di un tessuto corticale riconducibile al tetto del canale mandibolare.
Figura 6.18 L’azione degli osteotomi, di spessore via via maggiore, deve essere delicata, con una progressione paziente nella spongiosa, con piccoli movimenti avanti e indietro e di leva, fino a ottenere la frattura della linea longitudinale laterale e di conseguenza il distacco del prelievo.
Figura 6.20 Le incisioni osteotomiche delimitanti il prelievo sono, nella maggior parte dei casi, eseguite con l’utilizzo di una fresa a fessura montata su un manipolo diritto. Il vantaggio è la rapidità di esecuzione; gli svantaggi sono la relativa imprecisione e il consumo di tessuto osseo.
Figura 6.21 Di recente introduzione in chirurgia orale, gli strumenti a ultrasuoni hanno il vantaggio di ottenere delle incisioni osteotomiche molto precise, rispettando i tessuti molli e le strutture non mineralizzate. Le nuove apparecchiature hanno superato quasi completamente lo svantaggio, rispetto alle frese tradizionali, della bassa velocità di taglio.
Figura 6.22 Quando è necessario avere una maggiore quantità di tessuto osseo corticale per ricostruire un difetto di ampie proporzioni, è possibile estendere ulteriormente e mesialmente l’area del prelievo, soprattutto in pazienti che non presentano in arcata i denti premolari.
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Le incisioni devono delimitare un rettangolo osseo corticale, dello spessore di circa 3-4 mm, della lunghezza di 3-3,5 cm, della larghezza di circa 1,5 cm e dalla conformazione vagamente rettangolare e curvilinea. La delimitazione del prelievo avviene attraverso l’esecuzione di quattro linee osteotomiche: due longitudinali e due verticali. Si procede dapprima alla delimitazione della linea longitudinale anteriore, che inizia a livello del ramo e prosegue, con decorso parallelo e mesiale alla linea obliqua esterna, fino alla regione del secondo o primo molare, approfondendo la fresa fino al superamento della corticale. Si eseguono successivamente le due linee verticali, che hanno un decorso perpendicolare alla linea longitudinale precedentemente tracciata, dirette esternamente sulla superficie del corpo mandibolare e del ramo. La più mesiale delle due, quella vicino ai molari, è condotta, facilmente, verso l’esterno, ossia verso il margine inferiore della mandibola, per circa 1-1,5 cm. La più distale, un poco più difficile da tracciare, è più corta della mesiale. Infine, si procede alla delimitazione della linea longitudinale postero-laterale o laterale, parallela alla linea longitudinale anteriore e che congiunge le due linee verticali. È l’osteotomia più difficile da eseguire, per il difficile accesso e la scarsa visibilità che si riscontra in quest’area, per cui risulta più facile l’utilizzo di una fresa a rosetta che esegua di fatto solo un solco, in modo tale da creare una zona di minor resistenza e consentire un’agevole separazione del prelievo osseo, mediante un successivo utilizzo di scalpelli di vario diametro e spessore (Figg. 6.18-6.20). Il recente utilizzo di strumenti a ultrasuoni ha il vantaggio di ottenere delle incisioni osteotomiche molto precise senza rischio di lesioni del canale mandibolare e dei tessuti molli circostanti perché la loro azione si esplica solo sui tessuti mineralizzati, ossia sulla superficie ossea (Figg. 6.21 e 6.22). Distacco del prelievo osseo Il distacco finale del prelievo è effettuato con l’utilizzo di scalpellini ossei, la cui azione deve essere molto delicata, facendo attenzione a non penetrare troppo in profondità per non lesionare il canale mandibolare e con una progressione paziente nella spongiosa, grazie a piccoli movimenti avanti e indietro e di leva, fino a ottenere la frattura della linea longitudinale laterale senza coinvolgere la parete ossea supero-laterale del canale mandibolare. Si veda il box clinico 1 illustrato nella figura 6.23.
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BOX CLINICO 1
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Figura 6.23 (a) Perimplantite degli impianti in posizione 47 e 45, con perdita di osso anche sul 48 e con mobilità della ricostruzione protesica; si è proceduto alla rimozione sia degli impianti sia del dente pilastro di ponte. (b) A 6 mesi dalla rimozione degli impianti e del dente naturale esita un importante difetto tridimensionale dell’area interessata con una quasi completa scomparsa della gengiva aderente. (c) Viene eseguito, dalla branca omolaterale, un prelievo di osso autologo, innestato a ricostruire il difetto osseo. Se possibile, le viti da osteosintesi vanno posizionate lontano dalla presumibile area dove saranno eseguiti i tunnel implantari. A tale scopo è importante utilizzare la mascherina diagnostico-chirurgica, che guida nella fissazione dell’innesto mediante viti da osteosintesi. (d) A 3 mesi dall’innesto si procede al posizionamento implantare. È ben visibile come i tunnel implantari non interferiscano con le viti da osteosintesi. (e) Gli impianti sono posizionati senza interferenza con le viti da osteosintesi; questa tecnica permette di anticipare il posizionamento implantare, garantendo la fissità dell’innesto. (f) Riabilitazione protesica: la normale morfologia della mandibola è stata ripristinata, il rapporto corona-impianto è corretto ed è presente un’adeguata gengiva aderente attorno agli impianti.
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Sutura La sutura dei lembi di accesso viene eseguita in un unico strato, a punti staccati, utilizzando un filo 4/0 o 5/0 in poliammide o in PTFE.
Decorso e complicanze postoperatorie Il decorso postoperatorio è caratterizzato da edema locale, dolore poco significativo facilmente dominabile con i più comuni farmaci antinfiammatori, ed ematomi di scarsissima entità. Oltre alla terapia antibiotica, antinfiammatoria e loco-regionale con clorexidina allo 0,2%, il paziente deve seguire una dieta liquida e/o morbida per circa una settimana. Le complicanze postoperatorie possono essere rappresentate da: • Lesione del nervo alveolare inferiore. • Lesione del nervo linguale. • Lesione dell’arteria facciale. • Lesione dell’arteria alveolare. • Lesione dell’arteria miloioidea. • Lesioni degli apici dei molari, eventualmente presenti. • Frattura della mandibola. • Infezione. • Deiscenza della ferita chirurgica. Lesioni del nervo Lesione del nervo alveolare inferiore. Può
essere dovuta a una mancata determinazione preoperatoria del decorso del canale mandibolare, all’utilizzo, senza l’adeguato controllo, di strumenti meccanici o manuali, o all’utilizzo sconsiderato della diatermocoagulazione di un vaso nelle immediate vicinanze del decorso del nervo.
Lesione del nervo linguale. Può
derivare da uno scollamento non perfetto periostale sul versante linguale della mandibola o da incisioni di rilascio periostale su questo stesso versante mandibolare, a livello del trigono retromolare. Possono esitare in: • Neurapraxia: lesione causata da stiramento o compressione nervosa ma con il nervo integro nella sua struttura. • Assonotmesi: lesione del nervo ma con integrità della guaina di rivestimento. • Neurotmesi: lesione sia dell’assone sia delle guaine perineurali.
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Figura 6.24 L’immagine dissettiva mostra il decorso del nervo linguale nella compagine del pavimento orale. Il nervo origina dallo stesso tronco nervoso da cui deriva l’alveolare inferiore, che si intravede inferiormente nella mandibola, e decorre anteriormente e medialmente rispetto al nervo alveolare per raggiungere la loggia sublinguale.
Figura 6.25 L’immagine dissettiva mostra, sul margine inferiore della mandibola, davanti al margine inferiore del muscolo massetere (la cui inserzione arriva al livello del secondo molare) il passaggio dell’arteria facciale, che a questo livello emette l’arteria sottomentale.
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Lesioni vascolari Le lesioni vascolari che possono essere conseguenza di prelievo osseo dal ramo mandibolare interessano principalmente l’arteria alveolare inferiore, l’arteria miloioidea e l’arteria facciale. Essendo un’arteria di piccolo calibro, non è molto importante. Il suo sanguinamento viene facilmente dominato utilizzando una compressione con una garza imbevuta di fisiologica o con l’impiego di materiali riassorbibili come la cellulosa ossidata. È ovvio che bisogna assolutamente evitare la diatermocoagulazione, per non lesionare irreparabilmente il nervo alveolare inferiore. Emorragia dell’arteria alveolare inferiore.
Emorragia dell’arteria miloioidea. Può
derivare da uno scollamento non adeguato sul versante linguale della regione molare. Può dare un’emorragia tale da non essere controllabile dalla semplice compressione con una garza imbevuta di fisiologica o con la diatermocoagulazione. Possono rendersi necessari il suo riconoscimento e la sua legatura per via extraorale, con una cervicotomia sottomandibolare, poiché l’infarcimento emorragico intraorale ne rende impossibile la localizzazione e la legatura per via intraorale (Figg. 6.24 e 6.25).
Emorragia dell’arteria facciale.
Altre complicanze Frattura della mandibola. È assai rara, ma temibile. Viene provocata da un pre-
lievo troppo esteso in una mandibola atrofica e dall’impiego di forze eccessivamente traumatiche nel distacco del prelievo stesso, che non tengono nella giusta considerazione il rapporto volumetrico tra mandibola e prelievo. Infezione. È
una complicanza rarissima.
È un’evenienza rara. In caso di deiscenza precoce può essere effettuata una risutura, dopo aver disinfettato l’area, e sotto copertura antibiotica. Se la deiscenza compare più tardivamente o dopo la rimozione dei punti, ed è di piccole dimensioni, può essere indicata una guarigione per seconda intenzione, instaurando una terapia disinfettante loco-regionale con clorexidina, per evitare l’insorgenza di un’infezione. Se la deiscenza è di dimensioni più grandi si deve valutare se portare a guarigione la ferita per seconda intenzione o eseguire una risutura, dopo aver cruentato i margini dei lembi, con il rischio di una conseguente infezione per la contaminazione già in atto della zona interessata. Si veda il caso clinico illustrato nelle Figure 6.26-6.49 e il box clinico nella Figura 6.50.
Deiscenza della ferita.
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Caso clinico 1
Figura 6.27 Nella visione occlusale intraorale si può apprezzare l’atrofia determinatasi anche in senso vestibolo-linguale. L’osso rimasto non permette il posizionamento implantare e richiede una ricostruzione del difetto osseo con un prelievo intraorale e il successivo posizionamento implantare.
Figura 6.26 Paziente di 48 anni che presenta un importante difetto tridimensionale in sede di 45, estratto molti anni prima in seguito a una frattura dopo una devitalizzazione. Il paziente richiede una riabilitazione su impianto ed esclude una protesi fissa tradizionale che utilizzi il dente mesiale e distale come pilastri di ponte.
Figura 6.28 Si decide per un prelievo intraorale dall’area retromolare omolaterale in modo da avere un’unica area chirurgica. Data la presenza dei denti e la necessità di scheletrizzare la zona dell’innesto, si esegue un’incisione intrasulculare attorno ai denti e crestale nella zona edentula. Nell’immagine si evidenzia come il lembo a tutto spessore permetta di apprezzare la linea obliqua esterna che inizia anteriormente al primo molare e si dirige posteriormente verso la branca ascendente. Il lembo viene mantenuto in trazione con una spatola malleabile che protegge anche il margine anteriore del muscolo massetere dove emerge l’arteria facciale.
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Figura 6.29 Per eseguire la prima osteotomia longitudinale anteriore si utilizza uno strumento ultrasonico che permette di eseguire un taglio micrometrico con risparmio di osso. Lo strumento può approfondirsi fino alla midollare senza timore di ledere, se correttamente utilizzato, le strutture vascolo-nervose del canale mandibolare. L’effetto di cavitazione dello strumento permette di avere un campo esangue con una visione sempre ottimale.
Figura 6.30 Si eseguono successivamente, sempre con lo strumento a ultrasuoni, le due osteotomie verticali che hanno un decorso perpendicolare alla linea longitudinale eseguita, dirette esternamente sulla superficie del corpo mandibolare. Il modesto sanguinamento che ne deriva sta a indicare che le osteotomie sono penetrate fino alla midollare. L’osteotomia distale è più corta della mesiale.
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Figura 6.31 Viene eseguita, a delimitare completamente il prelievo, l’osteotomia longitudinale postero-laterale, parallela alla linea longitudinale anteriore e che congiunge le due linee verticali. È l’osteotomia più difficile da eseguire, per l’accesso difficoltoso, per la scarsa visibilità dell’area e per il rischio di ledere i tessuti molli. In questo caso si è scelto di utilizzare i dischi diamantati, montati su un manipolo sia diritto sia angolato, che permettono un’osteotomia sicura grazie alla protezione dei tessuti molli inserita nei manipoli.
Figura 6.33 L’uso degli scalpelli smussi, inizialmente sottili e poi di spessore maggiore, deve essere particolarmente delicato lungo la linea longitudinale anteriore, per evitare di penetrare nel canale midollare con possibili lesioni delle strutture neurovascolari che vi decorrono. Con una delicata azione di leva degli scalpelli, il prelievo osseo viene infine completamente staccato dalla mandibola.
Figura 6.32 Il distacco del prelievo viene eseguito con l’utilizzo di scalpelli ossei, che vengono delicatamente introdotti con piccoli colpi di martello nella spongiosa, lungo la linea longitudinale anteriore e le linee verticali. Bisogna porre attenzione alla direzione degli scalpelli, che deve essere parallela o lievemente convergente alla superficie laterale dell’area retromolare-branca ascendente.
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Figura 6.34 Prelievo osseo dalla caratteristica forma grossolanamente rettangolare. L’osso ha una qualità III, è costituito solo da corticale, è lungo 3,5 cm e largo 1-1,5 cm, con uno spessore di 3,4 mm.
Figura 6.35 La cavità residua ha i contorni ossei ben delimitati dal taglio micrometrico dell’apparecchio a ultrasuoni. Il fondo è di osso corticale e non presenta segni di eccessivo sanguinamento. Il semplice riempimento della cavità residua con materiale riassorbibile, spugne di fibrina o cellulosa ossidata, è sufficiente ad assicurare la completa restitutio ad integrum. Può essere utile utilizzare un biomateriale con una membrana riassorbibile per mantenere un corretto profilo osseo.
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Figura 6.36 Con un raschietto osseo si raccoglie osso particolato dall’area di prelievo, in modo particolare dai margini della cavità, che vengono così arrotondati e non sono taglienti. L’osso, così particolato, aumenta di tre volte il volume di partenza e sarà utilizzato in sede di innesto.
Figura 6.37 Vengono praticate, con una fresa a rosetta, perforazioni nella corticale del letto ricevente, per favorire l’apporto ematico all’innesto. Il lembo linguale è stato delicatamente scollato per facilitare la sutura.
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Figura 6.39 Nella visione occlusale si apprezza la tecnica utilizzata. L’innesto non è a contatto con il letto ricevente, ma lascia uno spazio vuoto di 2-3 mm per ottenere un maggiore volume in senso linguo-vestibolare. L’innesto è perfettamente stabile.
Figura 6.38 L’innesto è stato modellato per adattarsi meglio al sito ricevente. Tutti gli spigoli sono stati rimossi ed è stato fissato con una vite da osteosintesi di diametro 1,5 mm alla corticale del letto ricevente. La parte di maggiore spessore e larghezza dell’innesto è situata mesialmente, dove l’atrofia è più marcata.
Figura 6.40 Lo spazio tra letto ricevente e innesto è colmato dall’osso autologo particolato, prelevato con il raschietto dall’area del prelievo.
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Figura 6.41 Nella visione occlusale si può apprezzare il completo riempimento, con osso autologo particolato, dello spazio esistente tra la corticale ricevente e l’innesto. Con questa tecnica, ideata da Koury, è possibile ottenere un notevole aumento della ricostruzione ossea.
Figura 6.43 La cavità residua è riempita con materiale eterologo costituito da collagene e coperto da una membrana in pericardio.
Figura 6.42 A protezione dell’innesto, e per contenere l’osso particolato, viene utilizzata una membrana in pericardio (OX by Bioactive).
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Figura 6.44 La membrana in pericardio è modellata e posizionata al di sopra dell’innesto. Impregnandosi di sangue presente nell’area chirurgica, diventa facilmente modellabile e ben adattabile alla morfologia dell’innesto, assicurando nel contempo un’adeguata stabilità, senza bisogno di alcuna fissazione.
Figura 6.45 La sutura è eseguita con un filo di poliammide 5/0, a punti staccati a U verticale, per accostare correttamente i margini dei lembi. La delicata mobilizzazione del lembo linguale e del lembo vestibolare, con un’incisione periostale, permette l’accostamento dei lembi senza trazione.
Figura 6.46 La ferita deve avere una corretta gestione postoperatoria. Se i lembi sono stati correttamente incisi e la sutura non è in tensione, la guarigione per prima intenzione è assicurata. I punti sono rimossi a dieci giorni dall’intervento.
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Figura 6.47 Alla riapertura a quattro mesi dall’intervento, si apprezza l’attecchimento ottimale dell’innesto con il ripristino di un volume idoneo al posizionamento implantare.
Figura 6.48 A tre mesi dal posizionamento implantare si può procedere alla scopertura dell’impianto e a posizionare la vite di guarigione. Contestualmente, si esegue un approfondimento di fornice per creare un’adeguata banda di gengiva aderente attorno al moncone implantare e a eliminare aderenze o inserzioni di frenuli che possono, nel tempo, non garantire il mantenimento del risultato raggiunto.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
Figura 6.49 Al momento della finalizzazione protesica si può osservare la salute dei tessuti molli perimplantari e l’adeguata presenza di gengiva aderente attorno all’impianto.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
BOX CLINICO 2
Figura 6.50 (a) Riassorbimento di classe IV a carico del mascellare superiore in zona 25-26. La cresta alveolare non ha altezza e spessore sufficienti al posizionamento implantare.
Figura 6.51 PoichÊ la distanza interarcata è corretta, si deve eseguire un rialzo del seno mascellare per via laterale, per ottenere un aumento verticale del volume osseo.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
BOX CLINICO 2
Figura 6.52 L’immagine documenta il prelievo dall’area molare: è stata praticata un’incisione paramarginale lungo la linea obliqua esterna della mandibola da 35 a 37. Due incisioni di scarico, mesiale e distale, hanno permesso di allestire un lembo trapezoidale che, scollato fino al margine inferiore della mandibola, ha reso possibile eseguire un prelievo osseo corticale lungo 2 cm e largo 1 cm vestibolarmente ai molari. La lontananza del canale mandibolare ha permesso, inoltre, la raccolta di una piccola quantità di tessuto osseo midollare.
Figura 6.53 Il tessuto osseo midollare è stato mescolato a tessuto eterologo e utilizzato per il riempimento del seno mascellare. Il prelievo corticale, adeguatamente modellato, è stato fissato all’osso basale residuo per ricostruirne lo spessore vestibolo-palatale, così da ottenere, complessivamente, un volume adeguato al posizionamento di due impianti.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
PRELIEVO DALLA SINFISI MENTONIERA La sinfisi mentoniera ha rappresentato a lungo la sede d’elezione per il prelievo osseo intraorale, nella ricostruzione di difetti ossei a scopo implantare; negli ultimi anni, però, il prelievo dalla branca mandibolare sta riscuotendo un gradimento maggiore, in considerazione della minore morbilità postoperatoria. Nei pazienti che conservano la loro dentizione, il mento consente di prelevare, tra i due forami mentonieri e al di sotto degli apici dentali, nello spazio compreso tra i due canini, fino a 10 mL di osso corticale di tipo membranoso. In questi pazienti, il prelievo è prevalentemente corticale, per evitare che, nel tentativo di recuperare osso spongioso andando esageratamente in profondità, si possano provocare, nel decorso postoperatorio, fastidiose parestesie dentali dovute a lesione del ramo incisivo del nervo alveolare inferiore. Nei pazienti che hanno perso il gruppo incisale inferiore, è invece possibile approfondire il prelievo corticale rimuovendo la spongiosa presente, prestando attenzione a non asportare la corticale ossea linguale, con il rischio di ledere i vasi sottomentonieri, sottolinguali e le loro anastomosi. La lesione di uno di questi vasi può causare un’emorragia importante con infarcimento del pavimento della bocca, che ne rende molto indaginoso il dominio. Inoltre le potenzialità rigenerative di quest’area con un prelievo bicorticale sono notevolmente ridotte per l’invasione del tessuto connettivale. Dopo il prelievo monocorticale, invece, si ha una rapida rigenerazione ossea della sede del prelievo, disponibile per un nuovo prelievo già dopo 12 mesi (Figg. 6.54-6.56).
Figura 6.54 Area di prelievo dalla sinfisi mentoniera. Il prelievo dovrebbe essere eseguito, in pazienti dentuli, almeno 5 mm inferiormente all’apice radicolare di incisivi e canini e a 5 mm dal margine inferiore della mandibola, limitandosi alla corticale vestibolare.
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Prelievi intraorali
Figura 6.55 Il prelievo osseo dalla sinfisi mentoniera, nei pazienti dentuli, ha un volume in media di 4-5 mL con una dimensione media del blocco di circa 22 x 12 x 7 mm.
Capitolo 6
Figura 6.56 Il prelievo è in genere cortico-spongioso. La quantità di tessuto osseo spongioso adeso alla corticale dipende dalla profondità del prelievo verso la corticale linguale, in funzione della presenza o meno degli elementi dentari.
Indicazioni Il prelievo osseo dalla sinfisi mentoniera trova indicazione soprattutto nella ricostruzione di difetti verticali, a sella, o, trasformato in osso particolato, per il rialzo di un seno mascellare. Il prelievo osseo dalla sinfisi mentoniera è un intervento facilmente accettato dai pazienti che necessitano di piccoli interventi ricostruttivi del mascellare a scopo preimplantare, grazie alle seguenti caratteristiche: • Facile accessibilità chirurgica. • Vicinanza al sito ricevente. • Ottima qualità dell’osso. • Bassa morbilità • Possibilità di esecuzione in anestesia locale. • Assenza di cicatrici cutanee.
Anatomia topografica La regione mentale della mandibola rappresenta la porzione ossea mediale compresa tra i due forami mentonieri (Figg. 6.57-6.60). È attraversata dai rami incisivi dei nervi alveolari inferiori con i relativi vasi che si sfioccano a livello della sinfisi propriamente detta, che ne rappresenta la parte centrale. L’osso ha uno spessore e una resistenza notevoli, raramente è sede di frattura. Lingualmente presenta i tubercoli di inserimento dei muscoli genioioideo e genioglosso, che rappresentano il punto di maggiore spessore dell’osso 169
Capitolo 6
Prelievi intraorali
Figura 6.57 Preparazione anatomica dell’intera mandibola, con l’area di prelievo dalla sinfisi mentoniera, che ne rappresenta la porzione mediale, compresa tra i due forami mentonieri. Ha una forma quadrangolare con uno spessore osseo notevole. La linea mediana si trova fra i due incisivi centrali.
Figura 6.58 Preparazione anatomica in cui si evidenzia il forame mentoniero con l’emergenza del nervo alveolare inferiore, con i vasi omonimi.
Figura 6.59 Preparazione anatomica in cui si evidenzia l’origine del nervo mentale che, dopo essere fuoriuscito dal canale mandibolare, si suddivide in tre rami, destinati alla cute del mento, alla mucosa della superficie alveolare labiale e al labbro.
Figura 6.60 Una rara situazione anatomica è rappresentata da un duplice forame mentoniero. È indispensabile, per evitare complicanze intraoperatorie, una corretta diagnosi con l'ausilio della TC.
Figura 6.61 L’ultimo strato muscolare della regione mentale è rappresentato dai muscoli quadrati del mento.
Figura 6.62 Nell’immagine, sono in evidenza le arterie sottomandibolari, che si anastomizzano con le arterie sottolinguali.
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Capitolo 6
mandibolare. Nella depressione che questi muscoli creano, avvicinandosi ai tubercoli dalla loro origine, scorre l’arteria sottolinguale che raggiunge la superficie linguale della mandibola, anastomizzandosi con i rami dell’arteria sottomentoniera (Figg. 6.61 e 6.62). È ricoperta dal periostio, da uno strato muscolo-adiposo formato dal muscolo triangolare, dal muscolo quadrato del labbro inferiore e dal muscolo mentale e dalla cute.
Anatomia chirurgica L’area del corpo mandibolare interessata dal prelievo dalla sinfisi mentoniera si estende distalmente e bilateralmente fino all’emergenza del nervo mentoniero. Il primo piano che si incontra è quello mucoso, con una presenza variabile di gengiva aderente, in relazione alla presenza o meno degli elementi dentari. Se si stira verso l’esterno il labbro inferiore, si può apprezzare, nella sottomucosa, una sottile trama vascolare, composta dai rami collaterali del circolo arterioso mentale e sottomentale. Dopo avere sezionato il piano mucoso, si trova il piano muscolare. I muscoli mentali appaiono subito al di sotto della sottomucosa e costituiscono la maggior parte del tessuto muscolare apprezzabile palpatoriamente nella regione mentale; a volte, congiungendosi tra di loro sulla linea mediale, formano un setto fibroso che in alcuni soggetti maschera del tessuto adiposo. Al di sotto si trovano i muscoli triangolari delle labbra, le cui fibre si intrecciano tra di loro medialmente a livello del bordo inferiore della mandibola e lateralmente ricoprono il nervo mentoniero, difficilmente riconoscibile. Subito al di sotto appare, infine, il muscolo quadrato del mento, ultimo strato muscolare prima del periostio che ricopre tutto il corpo mandibolare. Lateralmente una lieve depressione ossea sta a indicare il forame mentoniero, dove il nervo alveolare inferiore si divide nei suoi rami terminali, il nervo incisale e il nervo mentoniero. Il piano osseo è quello del corpo mandibolare e nasconde al suo interno il nervo incisale che decorre a 7-8 mm apicalmente agli incisivi laterali, a 5-6 mm dagli apici dei canini, a 2-3 mm di profondità rispetto alla corticale della sinfisi mentoniera.
Tecnica chirurgica Anestesia Negli interventi con pazienti collaboranti, è possibile eseguire un prelievo osseo dalla sinfisi mentoniera con la semplice esecuzione di un’anestesia plessica nello spazio che intercorre tra i forami mentonieri. 171
Capitolo 6
Prelievi intraorali
Figura 6.64 L’anestesia plessica è eseguita iniettando l’anestetico molto in profondità nel vestibolo, in senso caudale, nello spazio che intercorre tra i forami mentonieri. Raramente può rendersi necessario associare un’anestesia tronculare dei nervi alveolari inferiori.
Figura 6.63 Veduta intraorale della regione mentoniera dove sarà eseguito il prelievo osseo. L’assenza di denti facilita il prelievo stesso per l’assenza di complicanze postoperatorie legate alla lesione dei nervi incisali.
Se si ha la necessità di scheletrizzare la faccia linguale del corpo mandibolare è sufficiente praticare un’anestesia locale, infiltrando il periostio nell’intera area da scheletrizzare a livello della faccia linguale del corpo mandibolare. L’intervento può essere condotto con tecnica ambulatoriale, in anestesia locale. Tuttavia, può rendersi necessaria una sedazione venosa, che consente una condotta chirurgica più agevole e non condizionata dal comportamento più o meno collaborante del paziente e perché il tempo chirurgico del prelievo si somma a quello della ricostruzione del difetto osseo a livello mascellare e a quello dell’eventuale posizionamento di impianti osteointegrati (Figg. 6.63 e 6.64).
Tecnica di incisione L’incisione è condizionata dallo stato di edentulia o dell’area, dallo spessore della gengiva aderente e dalla profondità del vestibolo. Il tipo di incisione necessario a esporre la sinfisi mentoniera, in genere, non necessita dell’esposizione e dell’isolamento del nervo mentoniero e può essere: • Crestale (Fig. 6.65). • Intrasulculare con incisioni di scarico verticali. • Orizzontale nella gengiva aderente (Fig. 6.66). • Verticale (Fig. 6.67). • Orizzontale nella mucosa alveolare (Fig. 6.68). 172
Prelievi intraorali
Capitolo 6
Scollamento Si può procedere allo scollamento del lembo mediante la tecnica del cosiddetto degloving, ossia mediante l’utilizzo di una garza imbevuta di fisiologica che viene premuta sul piano osseo e spinta verso il basso per ottenere uno scollamento rapido e atraumatico, oppure si può utilizzare uno scollatore smusso che consente di avere una migliore visibilità sull’atto chirurgico che si sta effettuando.
Figura 6.65 Incisione crestale in gengiva aderente; è praticabile solo in pazienti edentuli. Se il riassorbimento è marcato, classe V o VI di Cawood e Howell, si deve riconoscere e isolare il nervo mentoniero. In questi pazienti una tale incisione permette una scheletrizzazione agevole della faccia linguale della sinfisi mandibolare.
Figura 6.66 Incisione intrasulculare e orizzontale in gengiva aderente; è indicata in pazienti con limitata profondità del vestibolo e con parodonto integro. Ha il vantaggio di lasciare integri i muscoli mentali, scollati con il lembo a tutto spessore. Richiede, tuttavia, incisioni di scarico verticali per potere divaricare il lembo che sarà, in tal modo, mantenuto difficilmente in trazione. L’incisione orizzontale in gengiva aderente si può eseguire quando questa è ben rappresentata e con un vestibolo poco profondo. Entrambe queste incisioni sono eseguite raramente.
Figura 6.67 L’incisione verticale è condotta sulla linea mediana. È molto rispettosa dell’anatomia locale perché interessa solo alcuni fasci del muscolo mentale. La scarsa visibilità sul campo operatorio permette il prelievo solo utilizzando una fresa trephine o un raschietto raccogli-osso.
Figura 6.68 L’incisione orizzontale nella mucosa alveolare è utilizzata più di frequente. Permette di eseguire agevolmente prelievi ampi e profondi, rispettando il parodonto dei denti inferiori. La sezione della mucosa e della sottomucosa è eseguita 5-8 mm inferiormente alla linea di giunzione muco-gengivale. La sezione dei muscoli mentali e del periostio è eseguita perpendicolarmente al piano osseo, disassata rispetto all’incisione della mucosa.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
Lo scollamento segue il naturale piano di clivaggio che esiste tra periostio e osso, senza lacerare il periostio stesso o le fibre del muscolo mentale, e deve essere condotto sino al margine inferiore della mandibola, senza però oltrepassarlo, per evitare l’alterazione del profilo e la ptosi del mento (Figg. 6.69-6.71).
Figura 6.69 Lo scollamento del lembo muco-periostale avviene senza oltrepassare il margine inferiore della sinfisi, evitando di praticare soluzioni di continuo nel periostio e nel muscolo mentale. Il sanguinamento di piccoli vasi è dominato con la diatermocoagulazione bipolare.
Figura 6.70 Nell’immagine è visibile la sinfisi mentoniera, ben scheletrizzata dopo lo scollamento del lembo a tutto spessore.
Figura 6.71 È visibile il margine inferiore della sinfisi mentoniera con il lembo divaricato. Nel caso si riscontrassero residui connettivali adesi all’osso da prelevare, devono essere rimossi, per non interferire in sede di innesto nell’attecchimento del prelievo trapiantato.
Figura 6.72 Nella delimitazione del prelievo, l’osteotomia orizzontale craniale è ad almeno 5 mm dall’apice radicolare e scende a 2-3 mm nel caso ci si estenda in prossimità dei canini. Caudalmente, l’osteotomia rimane a 3,5 mm dal bordo incisale. Le ostetomie si approfondano fino all’inizio del tessuto spongioso, messo in evidenza da un aumento del sanguinamento.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
Delimitazione della finestra ossea L’area dove eseguire il prelievo dalla sinfisi mentale è delimitata, superiormente, da una linea che passa 5 mm apicalmente agli apici dentali, lateralmente, da una linea verticale a 5 mm dai forami mentonieri e, inferiormente, da una linea di 3-5 mm dal bordo inferiore della mandibola (Fig. 6.72). L’area così delimitata assume una forma vagamente pentagonale in quanto il limite superiore deve tenere conto che gli apici dei canini si estendono più apicalmente di quelli degli incisivi.
Prelievo osseo Le incisioni osteotomiche delimitanti il prelievo osseo dalla sinfisi mentoniera possono essere effettuate con frese a rosetta o a fessura, con microseghe oscillanti/reciprocanti, con strumenti a ultrasuoni o con dischi diamantati (MicroSaw Frios®, Dentsply). La prima incisione osteotomica delimitante il prelievo è condotta orizzontalmente 5 mm dall’apice radicolare degli incisivi inferiori, abbassandosi a livello dei canini per rispettare la distanza di sicurezza, onde evitare lesioni dei rami nervosi apicali, e approfondendosi fino alla midollare, messa in evidenza da un aumento del sanguinamento. A volte può essere utile eseguire prima l’osteotomia caudale a 3-5 mm dal margine mandibolare, per evitare che il sanguinamento non ostacoli eccessivamente le manovre chirurgiche. Quando le osteotomie orizzontali sono estese oltre il canino, sono indispensabili il riconoscimento e l’isolamento del nervo mentoniero. Le incisioni osteotomiche laterali mettono in congiunzione fra loro le osteotomie orizzontali, evitando lo sviluppo di sottosquadri, che potrebbero rendere difficoltosa la rimozione del prelievo. L’approfondimento delle osteotomie deve limitarsi al piano corticale e all’inizio della midollare, per evitare lesioni al nervo incisale. Si veda il box clinico 3 illustrato nelle Figure 6.73-6.76.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
BOX CLINICO 3
a
b
Figura 6.73 Delimitazione del prelievo osseo con frese trephine del diametro massimo di 8 mm, montate su un manipolo contrangolo e sotto abbondante irrigazione. Le osteotomie sono un massimo di 4-6 e sono eseguite con molta attenzione non solo nella profonditĂ del prelievo ma anche alla sua distanza dagli apici, in presenza di elementi dentali.
Figura 6.74 Osteotomia eseguita con una fresa a fessura montata su un manipolo diritto e sotto adeguata irrigazione.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
BOX CLINICO 3
a
b
Figura 6.75 In alternativa alle frese a fessura possono essere utilizzati dischi diamantati, molto maneggevoli e con adeguata protezione per i tessuti molli. Hanno il vantaggio di eseguire incisioni osteotomiche molto precise anche se in un tempo piĂš lungo rispetto alle frese a fessure.
Figura 6.76 L’utilizzo della chirurgia a ultrasuoni permette di eseguire ostetomie micrometriche, con una superficie ossea di taglio con minore presenza di tessuto necrotico. I vantaggi dell’utilizzo di queste apparecchiature compensano il tempo chirurgico maggiore impiegato nella delimitazione del prelievo.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
Distacco del prelievo osseo La rimozione del prelievo osseo avviene mediante scalpelli sottili, con i quali esercitare movimenti di leva. Nel caso di prelievi estesi, è preferibile dividere in due l’osso corticale, mobilizzando i due frammenti separatamente. Se il paziente presenta un’evidente prominenza del mento, il cui profilo è determinato dalla linea del piano osseo, è preferibile praticare due fenestrazioni ossee, lasciando integra, a sostegno dei tessuti molli, la parte centrale della corticale ossea (Fig. 6.77).
Prelievo di midollare In pazienti edentuli, è possibile rimuovere, con un escavatore o un cucchiaio chirurgico, tutta la midollare presente, fino alla corticale linguale della sinfisi mentoniera, avendo cura di non perforare in alcun modo la corticale e di non provocare emorragie dei vasi contigui anastomotici tra l’arteria sottolinguale e l’arteria sottomentoniera. In pazienti dentuli, è possibile raccogliere, con un cucchiaio alveolare, piccole quantità di osso spongioso eseguendo il prelievo non verso gli apici dei denti, ma verso il bordo mandibolare (Fig. 6.78).
Figura 6.78 Viene utilizzata una pinza per il distacco definitivo del prelievo dalla sede donatrice.
Figura 6.77 Con l’utilizzo di uno scalpello, che viene inserito alternativamente da tutti i lati, si procede al distacco del prelievo, facendo attenzione a non provocare un brusco distacco del prelievo stesso.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
Emostasi È sempre presente un sanguinamento più o meno marcato, che ha origine dai vasi endostali. Un sanguinamento ridotto può essere arrestato con una semplice compressione effettuata con una garza imbevuta di fisiologica. Tuttavia, per assicurare la stabilità dell’emostasi, è spesso richiesto l’utilizzo di materiale emostatico riassorbibile, come le spugne di collagene o la cellulosa ossidata. La cera da osso deve essere utilizzata unicamente nei casi di sanguinamento persistente e possibilmente solo nelle zone di reale sanguinamento.
Trattamento della cavità residua La reale utilità di riempimenti della cavità residua non è stata dimostrata, allo scopo di mantenere il profilo dei tessuti molli o nel promuovere una più rapida guarigione, tuttavia a volte, nei casi di abbondante prelievo, possono essere utilizzati materiali eterologhi e riassorbili, che vengono zeppati nella cavità residua e mantenuti in sito dal posizionamento di una membrana riassorbibile. Può essere utilizzata anche una lamina di tessuto osseo spongioso deantigenato, flessibile e a totale riassorbimento che, dopo essere stata reidratata in una soluzione fisiologica, viene adattata alla cavità residua (Figg. 6.79 e 6.80).
Sutura La sutura dei lembi di accesso viene eseguita in due strati. Il primo piano è quello muscolo-periosteo, con lo scopo di riposizionare correttamente i capi sezionati del muscolo mentale con un filo riassorbibile di diametro piccolo. Il piano mucoso è poi facilmente accostabile con punti in materiale non riassorbibile del diametro 4/0 (Figg. 6.81 e 6.82). Si veda il box clinico 4 illustrato nella Figura 6.83.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
Figura 6.79 Cavità residua in sede donatrice. La midollare presente può essere rimossa fino alla corticale linguale, nei pazienti edentuli, avendo cura di non perforarla.
a
b
Figura 6.80 (a) Con l’utilizzo di un raschietto raccogli-osso è possibile smussare gli angoli vivi rimasti nell’area di prelievo e raccogliere dalla corticale contigua ulteriore osso particolato. (b) L’osso particolato raccolto è posizionato nella cavità residua per favorire una rigenerazione ossea che permetta un ripristino ottimale dal punto di vista estetico.
Figura 6.82 La mucosa è suturata a punti staccati, come il piano del muscolo-periosteo profondo, utilizzando una sutura sintetica 4/0, in poliammide medicale o in PTFE.
Figura 6.81 Se l’incisione di accesso è stata condotta correttamente, non è un problema suturare per primo il piano del muscolo-periosteo profondo, utilizzando una sutura riassorbibile 4/0 a punti staccati.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
BOX CLINICO 4
a
b
c
d
e Figura 6.83 Trattamento della cavità residua e sutura. (a) Anche se non è stata dimostrata la reale utilità di riempimenti della cavità residua al fine di mantenere il profilo dei tessuti molli o di promuovere una più rapida guarigione, può essere utile, soprattutto nei casi di grandi prelievi, riempire la cavità residua con materiali eterologhi e riassorbibili, eventualmente mantenuti in sito da una membrana. (b) Dopo aver effettuato l’emostasi della cavità residua può essere posizionata cellulosa ossidata che ha funzione non solo emostatica ma anche di riempimento della cavità residua. (c) Al fine di un ripristino morfostrutturale ottimale può essere utilizzata una lamina di tessuto eterologo deantigenato opportunamente sagomata e adattata alla sede di prelievo. Se l’incisione è stata correttamente eseguita, non ci sono problemi ad accostare i lembi, dapprima (d) con la sutura del muscolo mentale e (e) successivamente della mucosa.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
Prelievo con incisione verticale Il prelievo dalla sinfisi mentoniera effettuato mediante un’incisione verticale e l’utilizzo di frese trephine di diametro variabile rappresenta il prelievo dalla sinfisi di più semplice attuazione, capace di fornire una discreta quantità di osso, sufficiente a ricostruire difetti del mascellare fino a 3 mL (Fig. 6.84).
Tecnica di incisione È verticale, in genere mediana. Dopo aver inciso la mucosa lungo la stessa direzione si prosegue, in un unico tempo, lungo il muscolo mentale e il periostio, estendendo l’incisione verso il margine inferiore della mandibola e ponendo attenzione a non oltrepassare tale limite. I due lembi vengono separati con dei divaricatori, in modo tale da mettere in evidenza la sinfisi mentoniera, che deve essere ben scheletrizzata con l’utilizzo di uno scollatore periostale (Figg 6.85 e 6.86).
Figura 6.84 Il prelievo dalla sinfisi mentoniera effettuato mediante un’incisione verticale rappresenta la metodica di più semplice attuazione. L’area di prelievo è infiltrata fino alla profondità del fornice con un anestetico, nello spazio compreso tra i due canini.
Figura 6.86 I due lembi così delimitati vengono separati con dei divaricatori, in modo da mettere in evidenza la sinfisi mentoniera, che deve essere ben scheletrizzata con l’utilizzo di uno scollatore periostale.
Figura 6.85 L’incisione viene condotta sulla linea mediana e si sezionano, in un unico tempo, mucosa, muscolo mentale e periostio fino al margine inferiore della mandibola, senza oltrepassarlo. Se necessaria, viene effettuata un’accurata emostasi.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
Prelievo Con l’utilizzo di una fresa trephine del diametro massimo di 8 mm, si procede al prelievo, effettuando le perforazioni che la morfologia della sinfisi del paziente consente, in rapporto con la necessità di osso per la ricostruzione richiesta, ponendo attenzione a interrompere la penetrazione della fresa allorché ci sia un evidente sanguinamento, segno dell’avvenuto superamento corticale e della penetrazione nell’osso spongioso (Figg. 6.87-6.89). Il prelievo può essere effettuato anche con l’utilizzo di un raschietto raccogliosso, provvisto di un serbatoio interno di raccolta della capacità di 2 cc. In tal caso è possibile estendere bilateralmente la superficie ossea di prelievo, facendo attenzione allo scollamento periostale (Fig. 6.90).
Figura 6.87 Con l’utilizzo di una fresa trephine del diametro massimo di 8 mm, si procede al prelievo, effettuando perforazioni che la morfologia della sinfisi consente, in rapporto con la necessità di osso richiesta.
Figura 6.88 La penetrazione della fresa deve essere interrotta se si verifica un aumento del sanguinamento, segno della penetrazione nell’osso spongioso. Il prelievo viene asportato con l’utilizzo di un escavatore.
Figura 6.89 Nell’immagine è visibile la cavità residua dopo aver asportato i prelievi ossei delimitati con le frese trephine.
Figura 6.90 Il raschietto raccogli-osso permette il prelievo di ulteriore osso corticale sia dai margini del prelievo, che vengono arrotondati, sia dalla corticale adiacente. L’osso così prelevato può anche essere utilizzato per riempire la cavità di prelievo.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
Figura 6.92 In genere è sufficiente suturare, a punti staccati, mucosa e muscolo mentale, in un unico strato, per accostare in maniera adeguata il muscolo mentale stesso, senza avere alcuna complicanza postoperatoria.
Figura 6.91 L’accostamento dei piccoli fasci muscolari del muscolo mentale, con un filo riassorbibile 4/0, si effettua solo nei casi in cui l’incisione o la divaricazione del muscolo stesso abbiano provocato una lesione delle fibre muscolari.
Chiusura dei lembi Non è indispensabile riempire la cavità residua, se non per motivi estetici e con osso eterologo ricoperto da una membrana riassorbibile. È sufficiente suturare la mucosa per accostare in maniera idonea il muscolo mentale, senza avere alcuna complicanza postoperatoria (Figg. 6.91 e 6.92).
Decorso postoperatorio L’edema, il modico dolore e il formarsi di un modesto ematoma, sono sequele sempre presenti nel decorso postoperatorio. È presente, con alta frequenza, una parestesia transitoria del labbro e del mento dovuta allo scollamento dei tessuti e alla loro divaricazione, manovra indispensabile per potere accedere alla sede del prelievo. Nei pazienti dentuli, invece, il comparire della parestesia degli elementi incisali anteriori sta a indicare una lesione del nervo incisale, spesso inevitabile se il prelievo si è approfondito eccessivamente nell’osso spongioso. Oltre alla terapia antibiotica, antinfiammatoria e loco-regionale con clorexidina allo 0,2%, il paziente deve seguire una dieta liquida e/o morbida per circa una settimana. 184
Prelievi intraorali
Capitolo 6
Complicanze postoperatorie Le complicanze in questo tipo di prelievo possono essere rappresentate da (Fig. 6.93): • Lesione del nervo incisale. • Emorragia da lesione dell’arteria sottomentoniera. • Emorragia da lesione dell’arteria sottolinguale. • Ptosi del mento. • Infezione. • Deiscenza della sutura. Nei pazienti dentuli è molto frequente registrare, nel decorso postoperatorio, fenomeni di ipoestesia o parestesia nella regione cutanea del mento e dei denti del gruppo antero-inferiore a causa di una lesione del nervo incisale. Questi sintomi sono solitamente transitori, ma in alcuni casi possono perdurare per lunghi periodi. Dal punto di vista clinico le lesioni nervose possono essere definite: • Ipoestesia: ridotta sensibilità nel territorio innervato dal nervo interessato. • Parestesia: alterata sensibilità nella zona innervata. • Disestesia: parestesia associata a dolore nella stessa zona. • Anestesia: assenza di sensibilità nella zona di innervazione. • Iperestesia: ipersensibilità nella zona di innervazione. Lesioni nervose.
Lesioni vascolari. Il
sanguinamento dell’arteria sottomentoniera può causare un importante infarcimento emorragico del pavimento del cavo orale e il formarsi di un cospicuo ematoma che, in situazioni estreme, può determinare un’ostruzione del vie aeree superiori. In tal caso, si deve ricorrere a una tracheotomia d’urgenza e provvedere alla sutura dell’arteria per via extraorale. Anche il sanguinamento dell’arteria sottolinguale, o dei suoi rami anastomotici, con l’arteria sottomentoniera può causare un infarcimento emorragico del pavimento del cavo orale ma, dato il calibro inferiore dell’arteria, il sanguinamento può essere bloccato, o con la legatura del vaso o, più semplicemente, mediante diatermocoagulazione. Ptosi del mento. Si previene questa evenienza attuando uno scollamento del pe-
riostio, che non deve essere spinto oltre il margine inferiore della mandibola. Se residua una ptosi, questa comporta un’alterazione dei tessuti molli che il paziente non tollererà.
185
Capitolo 6
Prelievi intraorali
a
Figura 6.93 In pazienti dentuli, l’elevata morbilità del prelievo dalla sinfisi mentoniera è determinata dalla possibile lesione delle strutture, come il fascio vascolo-nervoso incisivo, che si impegna all’interno del canale mandibolare incisivo e del ramo mentale che fuoriesce dal foro mentoniero. (Le frecce in (b) indicano piccoli vasi sanguigni che sanguinano dal fascio incisale.)
b
Infezione. È
una complicanza estremamente rara. La terapia antibiotica di supporto e le norme comportamentali e di igiene orale postoperatorie contribuiscono a evitarne l’insorgenza.
Deiscenza della ferita. Se
la deiscenza è precoce, ossia si manifesta entro le prime 48 ore dall’intervento, è indicata una risutura, dopo aver disinfettato l’area e sotto copertura antibiotica. Nel caso la deiscenza della ferita sia tardiva, ossia dopo la rimozione dei punti, se è di piccole dimensioni la si lascia guarire per seconda intenzione, instaurando una terapia loco-regionale con clorexidina. Se la deiscenza è estesa, è necessario eseguire nuovamente la sutura, dopo aver cruentato i margini dei lembi e somministrato al paziente una terapia antibiotica di supporto. Si veda il caso clinico 2 illustrato nelle Figure 6.94-6.113. 186
Caso clinico 2
Capitolo 6
Figura 6.94 Difetto osseo mandibolare, in zona incisale. Veduta frontale in cui si apprezza l’atrofia verticale.
Figura 6.95 Nella veduta occlusale si evidenzia anche la perdita ossea orizzontale. Il difetto si presta a essere ricostruito con un prelievo dalla sinfisi mentoniera, nella stessa area chirurgica.
Figura 6.96 Data la necessità della ricostruzione tridimensionale dell’atrofia, si esegue un’incisione crestale nell’area edentula e ci si estende lateralmente con un’incisione intrasulculare fino ai primi premolari. Si esegue anche uno scollamento del lembo a livello linguale.
Figura 6.97 Sono eseguite le due incisioni di scarico distali all’altezza dei primi premolari, mettendo bene in evidenza l’emergenza, bilateralmente, del forame mentoniero. Il lembo trapezoidale così ottenuto e scollato fino al margine mandibolare senza oltrepassarlo.
Figura 6.98 Le osteotomie che delimitano il prelievo sinfisale sono effettuate con apparecchiatura a ultrasuoni.
Figura 6.99 L’atrofia richiede un prelievo dalla sinfisi relativamente ampio. Viene, dapprima, delimitato un prelievo con l’osteotomia orizzontale craniale a 7 mm dall’apice radicolare degli incisi rimasti in arcata e, in seguito, con l’osteotomia caudale a 5 mm dal margine mandibolare.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
Figura 6.100 Il primo prelievo, di forma quadrangolare, è rimosso dalla sede donatrice.
Figura 6.101 Sempre con apparecchiatura a ultrasuoni, dopo la rimozione del primo, è delimitato anche il secondo prelievo.
Figura 6.102 Il distacco del secondo prelievo è più agevole del primo, perché permette allo scalpello curvo di insinuarsi più agevolmente nella spongiosa ossea al di sotto della corticale.
Figura 6.103 Dopo l’iniziale distacco del prelievo, la rimozione viene completata con l’utilizzo di uno scalpello retto.
Figura 6.104 Il prelievo osseo è cortico-spongioso. Nei pazienti dentuli, si deve evitare un approfondimento maggiore del prelievo per evitare le complicanze nervose postoperatorie.
Figura 6.105 Nella zona di edentulia ci si può spingere maggiormente verso la corticale linguale, utilizzando un raschietto raccogli-osso, utile anche per smussare gli angoli vivi rimasti nella sede donatrice.
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Prelievi intraorali
Figura 6.106 È ben evidente il difetto osseo mandibolare. Il prelievo osseo corticale deve essere modellato per adattarsi alla sede ricevente.
Figura 6.107 I due prelievi dalla sinfisi sono modellati per adattarsi alla sede donatrice. La possibilità di adattare tale prelievo a un’area ricevente può essere a volte difficoltosa per le caratteristiche della qualità ossea di questo prelievo.
Figura 6.108 Con l’apposita fresa del diametro di 1,5 mm sono allestite le perforazioni per le viti da osteosintesi, sia sull’innesto sia sulla corticale ricevente.
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Capitolo 6
Capitolo 6
Prelievi intraorali
Figura 6.109 I prelievi sono fissati al sito ricevente con viti da osteosintesi. La midollare presente sugli innesti permette un adeguato contatto con la corticale del sito ricevente senza che residuino spazi vuoti.
Figura 6.110 Gli angoli vivi degli innesti sono rimossi e sono utilizzate bone chip prelevate con il raschietto raccogli-osso per colmare i residui spazi vuoti.
Figura 6.111 A protezione dell’innesto viene posizionata una membrana in collagene di origine equina, in doppio strato.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
Figura 6.112 I lembi sono accostati senza tensione, dopo aver eseguito una plastica di Rerhmann. La sutura è a punti staccati, a materassaio verticale e semplici, con un filo sintetico in poliammide 4/0.
Figura 6.113 Nell’immediato postoperatorio viene posizionata una medicazione compressiva che sarà rimossa entro 24 ore.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
PRELIEVO DAL TUBER Il tuber, ossia regione retromolare del mascellare superiore, è una sede di elezione per la ricostruzione di difetti ossei di utilizzo non frequente. Infatti, la quantità di osso prelevabile dal tuber non è elevata e la sua qualità, rappresentata da una scarsa corticale e da una spongiosa poco densa, non è eccelsa. I tessuti molli che lo ricoprono sono di spessore relativamente ampio e non sono indicativi della quantità di osso sottostante prelevabile, essendo la struttura ossea più palatina rispetto ai tessuti molli stessi (Figg. 6.114-6.118). Il volume osseo che è possibile prelevare si aggira mediamente attorno ai 2-3 mL, non paragonabile a quanto potenzialmente prelevabile dal ramo mandibolare o dalla sinfisi mentoniera.
a
b
Figura 6.114 Le immagini intraorali documentano un tuber, ossia l’osso della regione retromolare superiore, molto voluminoso anche a distanza di tempo dalle estrazioni dei molari, e secondo premolare omolaterale.
Figura 6.116 Le sezioni trasversali della TC documentano più dettagliatamente la scarsa mineralizzazione dell’osso tuberale. Se non fosse per la presenza della sottile corticale, sarebbe difficile distinguere la struttura ossea dai tessuti molli sovrastanti.
Figura 6.115 La TC del mascellare superiore mostra l’osso tuberale. Nell’immagine computerizzata, sezione orizzontale, viene documentato il volume del tuber costituto da tessuto osseo di qualità D4, con una corticale sottile e poco rappresentata e una midollare scarsamente mineralizzata.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
Figura 6.118 Le sezioni trasversali mostrano infatti una mineralizzazione migliore della midollare, con una corticale più rappresentata.
Figura 6.117 Sezione orizzontale di una TC, che mostra un tuber maggiormente mineralizzato rispetto alle precedenti immagini.
Indicazioni È un prelievo utilizzato nella ricostruzione di difetti ossei molto piccoli, solitamente in un’area chirurgica limitrofa. Trova indicazione per: • Colmare deiscenze e/o fenestrazioni vestibolari che possono determinarsi dopo l’inserimento di impianti. • Colmare difetti ossei che permangono nella porzione coronale di impianti immediati postestrattivi. • Ricostruzione di parte della parete vestibolare di elementi che sono stati forzatamente mantenuti in arcata per un lungo periodo di tempo. • Riempimento di neocavità sinusali ottenute dopo intervento di rialzo del seno mascellare e il contestuale posizionamento implantare, mescolato con osso eterologo. L’osso particolato prelevato dal tuber, vista la sua scarsa consistenza, può essere utilizzato miscelato con biomateriali o sostituti ossei, come mantenitore di spazio.
Tecnica chirurgica Il prelievo osseo dal tuber mascellare è di semplice attuazione ed è facilmente accettato dal paziente perché limitrofo alla sede di impiego, quasi sempre nella stessa sede chirurgica. Dopo l’esposizione del tuber che si può ottenere con l’allestimento di un lembo triangolare a tutto spessore o prolungando un’incisione 193
Capitolo 6
Prelievi intraorali
crestale precedentemente effettuata, si esegue il prelievo utilizzando raschietti ossei, frese trephine di adeguato calibro o pinze ossivore (Figg. 6.119 e 6.120). Si veda il box clinico 5 sul prelievo laterale illustrato nelle Figure 6.1216.125 e il caso clinico illustrato nelle Figure 6.126-6.138. Dal punto di vista protesico non va dimenticato che l’alterata morfologia del tuber che ne deriva potrebbe in futuro compromettere la stabilità di una protesi mobile totale.
a
b
Figura 6.119 (a) La metodica più semplice e diffusa di prelievo osseo dal tuber è quella che prevede l’utilizzo di un raschietto osseo. Con questo strumento può essere facilmente raccolto osso particolato per un volume di 2 mL. (b) In alternativa al raschietto, quando è necessaria una maggiore quantità di tessuto osseo, può essere utilizzata una fresa trephine di calibro adeguato.
Figura 6.120 Il prelievo di tessuto osseo dal tuber è sempre nella stessa area chirurgica, per ricostruire, come nel caso, deiscenze o fenestrazioni ossee che si determinano durante il posizionamento guidato protesicamente di impianti osteointegrati.
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Prelievi intraorali
Capitolo 6
BOX CLINICO 5
Figura 6.121 Per prelevare tessuto osseo dal tuber senza modificare la morfologia dell’osso tuberale, che in un futuro potrà compromettere la stabilità di una protesi mobile totale, può essere necessario il prelievo dalla parete vestibolare. Il tuber deve essere ben scheletrizzato dopo aver allestito e scollato un lembo a spessore totale trapezoidale.
Figura 6.122 Con il lembo ben divaricato e protetto da un divaricatore si procede al prelievo utilizzando una fresa trephine di adeguato calibro sotto abbondante irrigazione con fisiologica. L’azione della fresa deve essere la più perpendicolare possibile rispetto alla corticale vestibolare del tuber.
Figura 6.123 Attraverso la breccia provocata dalla fresa trephine è possibile utilizzare un cucchiaio alveolare con lo scopo di prelevare ancora del tessuto osseo midollare. (segue)
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
BOX CLINICO 5 (seguito)
Figura 6.124 Il prelievo dalla faccia vestibolare del tuber è terminato. La morfologia del tuber è stata conservata e il decorso postoperatorio sarà quello determinato dallo scollamento e dalla ricostruzione nell’area contigua.
Figura 6.125 La quantità del prelievo è esigua ed è utilizzata per ricostruire una piccola fenestrazione, nella stessa area chirurgica, determinatasi in seguito al posizionamento implantare.
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Caso clinico 3
Capitolo 6
Figura 6.126 Veduta intraoperatoria dell’area chirurgica con un tuber ben rappresentato con una normale dimensione verticale e una distanza interarcata che si è mantenuta dopo le estrazioni dei denti.
Figura 6.127 L’intervento chirurgico prevede un rialzo del seno mascellare e un prelievo di tessuto osseo dal tuber da miscelare con osso eterologo. Il lembo trapezoidale deve permettere un adeguato accesso all’area chirurgica. L’incisione verticale prossimale è posta sul davanti del canino.
Figura 6.128 L’incisione verticale distale è condotta nella parte posteriore del tuber. Lo scollamento a tutto spessore del lembo permette un adeguato accesso al prelievo dell’osso tuberale e al grande rialzo del seno mascellare.
Figura 6.129 Dopo aver ben scheletrizzato il tuber, si procede al prelievo osseo con l’utilizzo di un raschietto osseo, il cui serbatoio può contenere fino a 2 mL di osso particolato. Il prelievo rimuove tutta la corticale ed espone la midollare.
Figura 6.130 Dopo la rimozione dell’esiguo osso corticale presente, la midollare ossea è prelevata con l’aiuto di un cucchiaio alveolare.
Figura 6.131 L’area donatrice come appare dopo aver eseguito il prelievo dal tuber. Sono state mantenute le pareti vestibolare e palatale per contrastare il rimodellamento osseo.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
Figura 6.132 Il prelievo osseo è conservato in una scodellina prima di essere mescolato all’osso eterologo.
Figura 6.134 La membrana sinusale è scollata dalle pareti del seno con l’utilizzo di punte ultrasoniche per ridurre il rischio di una lacerazione. Lo scollamento può essere portato a termine con degli scollatori manuali, dalla forma che meglio si adatta all’anatomia del seno quando si agisce in profondità.
Figura 6.133 La finestra della parete anteriore del seno mascellare può essere disegnata con una pallina diamantata di 2 mm di diametro o con uno strumento a ultrasuoni. Tale strumento è ancora oggi più lento rispetto alla fresa ma la sua azione si applica solo sui tessuti mineralizzati, risparmiando i tessuti molli adiacenti come, nel caso, la membrana di Schneider.
Figura 6.135 L’osso eterologo e la membrana in collagene di origine bovina sono impiegati nell’intervento di rialzo del seno mascellare (Bio-Oss® e Bio-Gide®, Geistlich).
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Capitolo 6
Figura 6.136 Il tessuto eterologo di origine bovina è mescolato con il tessuto osseo prelevato dal tuber ed è innestato nel seno mascellare, avendo cura di porre l’innesto ben a contatto con le pareti mesiale e posteriore, senza lasciare spazi vuoti.
Figura 6.137 A protezione dell’innesto viene posizionata e adattata la membrana in collagene. Si intravede, posteriormente, l’area del prelievo tuberale.
a
b
Figura 6.138 Veduta (a) laterale e (b) occlusale della sutura dei lembi. Il filo sintetico utilizzato è in poliammide, che provoca una scarsa reazione infiammatoria e non trattiene placca. I punti staccati sono a materassaio orizzontale intercalati a punti semplici.
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Capitolo 6
Prelievi intraorali
Decorso postoperatorio Il decorso postoperatorio ha di per sé un’irrilevante morbilità, spesso conseguente a quella della sede ricevente contigua, caratterizzata da un modestissimo dolore ed edema locale, facilmente dominata dalla terapia farmacologica di supporto instaurata.
Complicanze postoperatorie Le complicanze che possono derivare da questo tipo di prelievo sono: • Emorragia dall’arteria palatina maggiore. • Lesione del nervo palatino. • Creazione di una comunicazione oro-antrale. • Deiscenza e infezione della ferita. Va, tuttavia, sottolineato che se il chirurgo orale attua una corretta tecnica chirurgica, la comparsa delle più gravi complicanze postoperatorie è praticamente nulla. Lesioni vascolari. Se,
durante uno scorretto scollamento sottoperiosteo o durante le manovre di prelievo, si lede l’arteria palatina maggiore, l’emorragia che ne deriva può essere dominata con difficoltà, sia con l’utilizzo di una compressione attuata sul canale palatino con materiali riassorbibili come la cellulosa ossidata sia, più raramente e nel caso in cui il vaso sia ben riconoscibile, con la sua legatura.
Lesioni nervose. La lesione del nervo palatino non pone particolari problemi sen-
sitivi al paziente. Uno scollamento adeguato sottoperiosteo dal lato palatale, con la visione diretta del canale palatino, è in grado di prevenirne la lesione. Nel prelievo osseo dal tuber questa complicanza è eccezionale e può derivare dall’utilizzo di strumenti rotanti, senza aver esattamente valutato, con indagini preoperatorie, la quantità di osso presente disponibile per il prelievo. La chiusura della comunicazione può essere attuata con l’allestimento di un lembo vestibolare e, in caso di deiscenza della ferita chirurgica, con la mobilizzazione della bolla del Bichat o, con maggiore difficoltà, con l’allestimento di un lembo palatino.
Comunicazione oro-antrale.
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